Nuovo Partito Comunista Italiano

COMUNICATO CC 10/2022 15 APRILE 2022 SPEZZARE LA TRAPPOLA DI BORGOMEO! TENERE IN MANO L’INIZIATIVA E AVANZARE FINO A VINCERE!

Borgomeo come Marchionne, per confondere le acque la spara grossa. Nel 2010 il non compianto Sergio Marchionne proclamò che con Fabbrica Italia la FIAT intendeva triplicare nel giro di breve la produzione di autoveicoli e diventare uno dei maggiori produttori mondiali. Più modestamente, ma in modo analogo dalle pagine delTirreno 12 aprile 2022 Francesco Borgomeo ha assicurato che per la ex GKN lui ha in mente una “sfida unica al momento in Italia di riconversione da automotive a motori elettrici”, che “non si tratterà solo di motori per la nuove quattro ruote ma del ‘cuore elettrico’ delle macchine: robot iperdigitali che popoleranno le nostre vite e quelle delle industrie. Faremo impianti industriali iperdigitali, sistemi Iot con forti elementi di cybersecurity [come i preti di un tempo usavano il latino per confondere e imbrogliare i fedeli, gli imbroglioni di oggi usano l’americano e parole nuove per confondere e imbrogliare i lavoratori, ndr], sistemi guidati attraverso internet, con programmazione a distanza, molta tecnologia, nello stabilimento ci sarà dalla meccanica alla meccatronica all’informatica. Si andranno a realizzare dei sistemi tagliati sulle richieste dei clienti. Faremo tanta formazione, presto il laboratorio di ricerca che già esiste si andrà a posizionare dentro lo stabilimento”.

Il risultato delle mirabolanti promesse di Sergio Marchionne è sotto gli occhi di tutti: con la creazione di Stellantis FCA è stata di fatto venduta a Peugeot, in tutta Italia gli stabilimenti ex FIAT funzionano a singhiozzo, lo smantellamento della produzione di autoveicoli e componenti sta proseguendo rapidamente: la GKN che produceva semiassi per autoveicoli è un esempio.

Per capire dove portano le promesse di Borgomeo, spacciato per “specialista in riconversioni industriali e rilancio di siti ed aree in crisi”, basta vedere che ne è delle fabbriche che “ha salvato” negli anni scorsi tra Latina e Frosinone. Solo una, la Saxa Gres (ex Ideal Standard, gruppo della pietra ceramica con siti produttivi ad Anagni (FR), Roccasecca dei Volsci (LT), Gualdo Tadino (PG), Modena) è ancora in vita. È stata effettivamente riconvertita con grande battage pubblicitario a proposito del “riciclare, riutilizzare, recuperare materiali di scarto in processi virtuosi per realizzare nuovi prodotti ad alta gamma, innovando nel totale rispetto dell’ambiente”: è quella che Borgomeo ha venduto al gruppo finanziario inglese Clementy Asset Manager! E tra qualche anno vedremmo che fine il gruppo finanziario le farebbe fare se in Italia lasciassimo che i gruppi finanziari continuino a comandare.

Marchionne ricattava apertamente gli operai e le organizzazioni sindacali non complici: “o fate come dico io oppure chiudo”. Borgomeo invece lavora dietro le quinte: è come il “poliziotto buono” che entra in gioco quando il “poliziotto cattivo” ha fallito.

Sempre sul Tirreno del 12 aprile Borgomeo assicura che assumerà altre persone oltre le 340 che ancora ci sono, “fino a 400. Inizialmente ci rivolgiamo al bacino ex GKN, tutti quelli che ci hanno lavorato e poi giovani ingegneri elettrici, informatici. Tutto in collaborazione con le università e le scuole toscane”. Nel frattempo tira per le lunghe, ritarda il pagamento degli stipendi, incentiva gli operai a cercare altri impieghi (perché la sola cassintegrazione non basta per campare, pagare il mutuo, mantenere i figli, ecc.), ma giura che li riassumerà appena la ex GKN riaprirà… “nell’ultimo quadrimestre del 2023”.

Assicura che ci sono aziende interessate al progetto, che “questo progetto è solidissimo ed è già partito”, ma rimanda in continuazione la presentazione di qualsivoglia piano industriale e non fa i nomi delle aziende interessate, così i tavoli su tavoli al MISE concretamente servono solo a trattare di ammortizzatori sociali con l’incalzo della scadenza a breve.

Ha vincolato la RSU alla riservatezza sul piano industriale (che non c’è!), ma intanto lui dice sui giornali quello che gli fa comodo dire.

Il risultato è la situazione di stallo che la RSU ex GKN denuncia nel suo comunicato del 13 aprile. Borgomeo passa per il “salvatore” dell’azienda, le istituzioni locali (in mano al PD) hanno il pretesto per disinteressarsi dell’azienda senza perdere la faccia (a giugno ci saranno, forse, le elezioni amministrative) perché tanto la situazione sarebbe felicemente risolta, i docenti e ricercatori delle università toscane sono tentati di dare credito a Borgomeo più che agli operai (e il piano per la costruzione di un Polo Pubblico della Mobilità Sostenibile resta carta), gli operai sono messi nella posizione per cui se aspettano quello che fa Borgomeo lui continuerà a logorarli mentre se “fanno casino” allora Borgomeo potrà dire che il mirabolante ma ancora segreto piano industriale salta per colpa loro.

Nel 2010 e fino al 2011 era stata la FIOM di Landini a rilanciare la lotta degli operai della FIAT contro il ricatto arrogante e aperto di Marchionne: in questo modo era diventata il centro di aggregazione del movimento di tutte le categorie e le classi delle masse popolari per far fronte alla crisi. La FIOM non ha osato però fare il passo avanti che proprio i risultati ottenuti rendevano possibile e necessario, cioè tenere in funzione le fabbriche che Marchionne e il resto del padronato volevano smantellare facendosi promotrice della costituzione di un governo d’emergenza formato espressamente a tale scopo. In questo modo la FIOM è arretrata, si è arresa alle imposizioni padronali, si è allineata maggiormente ai sindacati collaborazionisti FIM e UILM fino ad aderire alla linea padronale di aziendalizzazione del contratto di lavoro.

Con la manifestazione dello scorso 26 marzo il Collettivo di Fabbrica e gli operai ex GKN hanno mostrato cosa può fare un gruppo di operai anche senza il supporto delle organizzazioni sindacali del regime e anzi facendo fronte all’indifferenza se non all’ostilità della FIOM e della CGIL. La manifestazione del 26 marzo promossa a Firenze dal CdF della ex GKN ha mostrato che un organismo operaio, che alla prepotenza padronale (lettere di licenziamento del 9 luglio 2021) ha reagito occupando l’azienda e uscendo dall’azienda, è diventato un centro promotore nazionale della mobilitazione delle masse popolari contro lo smantellamento dell’apparato produttivo del nostro paese e contro i tanti altri attacchi della borghesia imperialista (dal carovita alla devastazione dell’ambiente e cambiamento climatico, dalla guerra alla privatizzazione e sfacelo dei servizi, ecc.). In realtà il CdF ex GKN è diventato anche un centro promotore nazionale della creazione delle quattro condizioni per la costituzione del Governo di Blocco Popolare: il CdF della GKN non si è ancora posto apertamente questo obiettivo, ma lo sta di fatto perseguendo e giungerà anche a porselo apertamente se non si arrenderà alle manovre dei vertici della Repubblica Pontificia e allo smantellamento dell’azienda che Francesco Borgomeo sta facendo.

Ribellandosi al licenziamento e combinando la lotta per la difesa del proprio posto di lavoro e del proprio salario con la mobilitazione di lavoratori di altre aziende private e pubbliche, di studenti e di altri settori delle masse popolari, gli operai ex GKN hanno ottenuto l’annullamento dei licenziamenti e la continuazione del pagamento dei salari. Queste sono le posizioni conquistate sul terreno della difesa del posto di lavoro. Le “posizioni rimaste in mano al nemico” sono l’interruzione della produzione di semiassi e quindi il proseguimento dello smantellamento del settore degli autoveicoli e componenti, che il CdF e gli operai GKN non sono riusciti a evitare perché non si sono occupati a fondo e per tempo di prendere contatto con gli operai delle aziende fornitrici e clienti della GKN per muoversi assieme nella lotta contro lo smantellamento del settore che li riguardava tutti. Ora per gli operai della GKN si tratta di spezzare il ricatto mellifluo di Borgomeo (“la trappola”: se “fanno casino” Borgomeo può dire che il piano industriale salta per colpa loro, se non fanno nulla lui continua a logorarli).

– Incalzare e far incalzare Borgomeo, il governo e le istituzioni locali perché rendano pubblico cosa Borgomeo ha comprato da Melrose, a quali condizioni e quanto ha pagato. Saperlo è importante. Anche su questo ricordiamo Marchionne alla ex Bertone di Grugliasco (TO), chiusa da sei anni e con più di mille operai in cassa integrazione: la FIAT l’aveva comprata per quattro soldi e concordando una piccola penale in caso di rinuncia all’acquisto, quindi se ne poteva disfare senza grossi problemi. Giornalisti, parlamentari, esponenti delle istituzioni locali e altri vanno mobilitati a questo fine, approfittando anche della campagna elettorale per le amministrative e le politiche: è anche un modo per verificare quelli che fanno solo “bla, bla, bla” a scopo elettorale e quelli che sono disposti a sostenere senza riserve gli operai.

– Aiutare e portare altri gruppi di lavoratori, a partire da quelli già organizzati ma non fermandosi a loro, a imboccare la stessa strada del CdF della GKN. Con numerosi di essi il CdF GKN è già in contatto ed erano presenti in delegazione alla manifestazione del 26 marzo: Alitalia, TIM, Caterpillar, Stellantis di Cassino, Same, Electroux, Dana Graziano, Pasotti, ecc. Usati a questo fine, anche il piano per la costruzione di un Polo Pubblico della Mobilità sostenibile e il DDL antidelocalizzazioni sono due utili strumenti che gli operai della GKN hanno già a disposizione.

– Promuovere, sostenere e lanciare iniziative di lotta contro il carovita e di disobbedienza (come quelle dei lavoratori dell’aeroporto di Pisa) contro l’invio di armi e la partecipazione del nostro paese alla guerra USA-NATO contro la Federazione Russa: il CdF e gli operai della GKN hanno l’autorevolezza per farlo, le mobilitazioni per il 25 Aprile e il 1° Maggio sono altrettante occasioni per farlo.

In sintesi bisogna puntare in alto, mobilitare su scala più ampia, sistematicamente e apertamente lavoratori avanzati e organismi operai e popolari di ogni genere a creare le condizioni e costituire un governo popolare di emergenza, il Governo di Blocco Popolare.

I contrasti e la confusione che regnano ai vertici della Repubblica Pontificia e persino nel governo Draghi sono un’ottima cosa per il campo delle masse popolari se passa all’attacco e prende la via della costituzione del Governo di Blocco Popolare. Persino ai vertici delle Forze Armate c’è opposizione al governo Draghi e sono già numerose anche le espressioni pubbliche di generali ed ex generali: all’ex generale Fabio Mini si sono aggiunti il generale Marco Bertolini, l’ex generale Antonio Li Gobbi e altri.

Ed è una situazione universale di tutti i paesi imperialisti, in ogni paese in una sua forma specifica.Parlano chiaro la guerra in corso che dall’Ucraina si allarga a tutti i paesi NATO e già alimenta l’inflazione e il carovita in gran parte del mondo, i risultati (10 aprile 2022) del primo turno delle elezioni presidenziali in Francia, i risultati delle elezioni dovunque ce ne sono state in questo periodo (dalla Serbia all’Ungheria), la sparatoria nella stazione della metropolitana di Brooklyn a New York, il malcontento crescente in tutti gli USA per la politica di guerra del presidente Biden.

“Diventare nuova classe dirigente” è la parola d’ordine che il CdF ex GKN ha già lanciato agli altri gruppi operai, ai comitati studenteschi, ambientalisti, contro la guerra, ecc.: questo concretamente significa prendere in mano la direzione del paese attraverso un proprio governo d’emergenza.

Nessuna delle lotte in corso è solo una lotta rivendicativa sindacale o politica. Salvo eccezioni e risultati precari, ognuna delle lotte rivendicative oggi condotte dalle migliaia di organizzazioni operaie e popolari può avere successo solo con una soluzione che le combina tutte insieme: solo grazie a una trasformazione politica del paese, alla costituzione del Governo di Blocco Popolare!

Organizzarsi per combattere a modo nostro fino a vincere!

Non sono i padroni a essere forti, sono i lavoratori e le masse popolari che devono organizzarsi e coordinarsi per far valere la loro forza!

L’emancipazione delle masse popolari è possibile! Ciascuno può e deve dare il suo contributo!

Il partito comunista è il fattore decisivo della vittoria!

Costituire Comitati di Partito in ogni azienda, scuola, istituzione pubblica e in ogni territorio!

Il primo passo da compiere per arruolarsi è costituire un gruppo di studio del Manifesto Programma del (n)PCI.

Il secondo passo è mettersi in contatto nel modo appropriato con il Centro del Partito!

Nuovo PCI (Partito Comunista Italiano)

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila

COMUNICATO CC 9/2022 – 7 APRILE 2022 APPELLO AI MILITARI A NON OBBEDIRE, A RIBELLARSI AGLI ORDINI CHE VIOLANO L’ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE SU CUI HANNO GIURATO, A BOICOTTARE E A SABOTARE LA PARTECIPAZIONE DELL’ITALIA ALLA GUERRA!

http://www.nuovopci.it/

Appello ai militari a non obbedire, a ribellarsi agli ordini che violano l’articolo 11 della Costituzione su cui hanno giurato, a boicottare e sabotare la partecipazione dell’Italia alla guerra!

Appello a tutti gli elementi avanzati della popolazione a sostenere i soldati che rifiutano di obbedire, a mobilitarsi e a mobilitare contro la partecipazione dell’Italia alla guerra con la quale i gruppi imperialisti USA mirano a occupare tutto il territorio che fu un tempo dell’Unione Sovietica!

Appello ai comunisti a unirsi nel promuovere la mobilitazione delle masse popolari contro la partecipazione dell’Italia alla guerra che USA e NATO combattono tramite le variegate formazioni militari ucraine che hanno arruolato nel corso della loro espansione nell’Europa orientale!

Il governo Draghi ha già pienamente coinvolto l’Italia nella guerra: l’articolo di Antonio Mazzeo che riportiamo in Appendice illustra abbastanza il livello di coinvolgimento già raggiunto.

I vertici della Repubblica Pontificia conducono una sistematica campagna di manipolazione e intossicazione delle menti e dei cuori: devono frenare e deviare contro la Federazione Russa e i suoi dirigenti e profittatori la ribellione delle masse popolari alla guerra USA e NATO. La “strage di Bucha” vale quanto le stragi di Timisoara in Romania (1989), di Srebrenica in Bosnia (1995), di Racak nel Kosovo (1999), del Kuwait (1991), come le armi di distruzione di massa in Iraq esibite da Colin Powell all’ONU, la guerra chimica in Siria e le mille altre “documentatissime” campagne propagandistiche con le quali i gruppi imperialisti UE, USA e sionisti hanno cercato di smorzare l’opposizione delle masse popolari dei paesi imperialisti europei e degli USA alle guerre alle quali essi devono ricorrere per prolungare il loro dominio nel mondo.

Come i governi DC e i successivi governi Berlusconi, Prodi e delle Larghe Intese, il governo Draghi viola sistematicamente l’articolo 11 della Costituzione che riportiamo in Appendice. È un governo incostituzionale. Disobbedire, boicottarlo e sabotarne l’attività è un dovere. Ancora oggi in Italia stanno morendo militari colpiti da armi USA all’uranio impoverito durante le guerre contro la Jugoslavia alle quali l’Italia ha partecipato.

Il governo Draghi è un governo che non ha neppure una legittimazione elettorale. È solo il risultato della rivalsa dei vertici della Repubblica Pontificia sulla breccia che le masse popolari con il voto del 4 marzo 2018 avevano aperto nel sistema delle Larghe Intese dei partiti della borghesia imperialista. Questa rivalsa i vertici RP sono riusciti a realizzarla approfittando cinicamente della combinazione di arretratezze, ingenuità, dabbenaggine, infiltrazioni che caratterizza il M5S, un frutto acerbo cresciuto nel fertile terreno della resistenza spontanea (cioè ancora senza direzione dei comunisti) delle masse popolari alle misure reazionarie dei gruppi imperialisti e alla degradazione delle condizioni generali dell’umanità e della Terra che il prolungamento del loro dominio comporta.

Il M5S non ha saputo approfittare della breccia che le masse popolari avevano aperto nel sistema delle Larghe Intese della RP con il voto del 4 marzo 2018, analogamente a come il CLN (PCI, PSI, PdA, PRI, PLI, DC) non ha saputo approfittare del ruolo che aveva assunto nel governo sabaudo nel periodo 1944-1947. Lezioni di cui farà tesoro il Governo di Blocco Popolare che risulterà dalla vasta rete di organismi operai e popolari che si sta formando in tutto il paese: CdF ex GKN, NO TAV Val di Susa, Fridays For Future ne sono campioni esemplari.

Osare combattere, osare vincere!

Non sono i padroni a essere forti, sono i lavoratori e le masse popolari che devono organizzarsi e coordinarsi per far valere la loro forza!

L’emancipazione delle masse popolari è possibile! Ciascuno può e deve dare il suo contributo!

Il partito comunista è il fattore decisivo della vittoria!

Costituire Comitati di Partito in ogni azienda, scuola, istituzione pubblica e in ogni territorio!

Il primo passo da compiere per arruolarsi è costituire un gruppo di studio del Manifesto Programma del (n)PCI.

Il secondo passo è mettersi in contatto con il Centro del Partito!

Riprodurre e affiggere ovunque, con le dovute cautele, la locandina di pag. 72 di La Voce 70 appena pubblicato e gli adesivi dell’Avviso ai naviganti 103 è un’operazione della guerra delle masse popolari contro i padroni: vedere che il (n)PCI clandestino è presente anche dove non se l’aspettano infonde fiducia nei lavoratori e smorza l’arroganza dei padroni!

Appendice

1.

Articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

2.

L’Italia è in guerra già da tempo

di Antonio Mazzeo | antoniomazzeoblog.blogspot.com

25/03/22

Intervento di Antonio Mazzeo al Convegno “Dalle Università ai Teatri di Guerra blocchiamo la Filiera della Morte”, Torino, 18 marzo 2022, organizzato dal collettivo Cambiare Rotta Torino nell’ambito del Sottosopra fest V Edizione – Contro la guerra e il riarmo!

Non vorrei essere pessimista ma in tutta sincerità, ogni giorno che passa, vivo in prima persona la profonda preoccupazione di un conflitto che si sta estendendo. E un conflitto che può diventare veramente totale e globale, oltre che ovviamente nucleare.

Un conflitto che ci vede già in prima linea. L’Italia è in guerra. E non siamo in guerra soltanto perché quotidianamente da Pratica di Mare o da Pisa partono quei cargo pieni di armi, che verranno consegnati non sappiamo in che modo e a chi – accontentandoci di sapere che sono indirizzati in Ukraina, ma sapendo che contribuiranno ad estendere e ulteriormente infiammare la gravità della situazione.

Siamo in guerra perché le forze armate italiane e il territorio italiano è già, in questo momento, un territorio di guerra. E un territorio da dove continuamente partono operazioni che sono di provocazione e che contribuiscono ad aggravare le situazioni di conflitto.

I compagni portuali che hanno parlato prima in questo convegno, sanno benissimo il ruolo che Genova, Livorno, La Spezia. Trieste, Pisa, hanno avuto in questi anni nell’armare i conflitti, principalmente nell’area medio orientale. Da parte nostra come Movimento NoMUOS ci siamo dati appuntamento prima a Niscemi (sabato 12 marzo) e poi a Sigonella (domenica 20 marzo) due luoghi che, come nel caso della Val di Susa, sono proprio il simbolo della condanna dei territori, che vengono espropriati e direi stuprati per finalità di morte e distruzione. Siamo stati a Niscemi perché all’interno di una riserva naturale, una delle aree più belle della Sicilia, è stato realizzato uno dei quattro terminali terrestri del MUOS, il sistema di telecomunicazioni satellitari ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi.

Chiariamo subito che non è un progetto NATO e non è neanche un radar, è un sistema di telecomunicazioni che ha proprio il compito di far transitare dati, comandi e attività di intelligence. Non c’è utente delle forze armate americane, non c’è sottomarino, missile balistico nucleare, portaerei, cacciabombardiere, unità navale, non c’è un singolo militare o reparto che non faccia circolare le informazioni, le immagini, i comandi all’interno di questo sistema satellitare. Sono stati realizzati quattro terminali terrestri di questo tipo, uno alle Hawaii, uno in Australia, uno direttamente in Virginia e uno in Sicilia, a dimostrazione di come l’Isola abbia un ruolo geostrategico globale nelle operazioni di guerra. Per questo siamo stati a Niscemi perché sappiamo che ogni attività di comando, ogni decisione che può eventualmente alzare l’asticella di questo conflitto, passerà dal territorio italiano: passerà dal territorio siciliano e dalla riserva naturale di Niscemi.

E poi Sigonella, che negli ultimi 40 anni ha avuto un ruolo direi centrale in tutti i conflitti, dalla guerra dello Yom Kippur nel 1973 con Israele, alla prima e seconda guerra nel Golfo, e poi le operazioni di guerra in Afghanistan, quelle del 2011 rispetto alla Libia… Da Sigonella decollano quotidianamente i droni della marina militare statunitense e i droni AGS della NATO, per tutte quelle operazioni di provocazione al confine con la Russia, con la Bielorussia, in Ukraina, sorvolando il Mar Nero e la Crimea. Sono attività d’intelligence fondamentali che deliberatamente accentuano il braccio di ferro con la Russia. Per il fatto di accentuare ulteriormente la situazione di crisi e di conflitto, impediscono scelte di diplomazia che sarebbero le sole in grado di imporre alle parti di sedersi al tavolo dei negoziati, o come minimo tentare di ottenere un cessate il fuoco in nome del diritto alla vita per le popolazioni dell’Ukraina e ovviamente del Donbass.

Ma da Sigonella non partono soltanto gli aerei che fanno operazioni d’intelligence, partono anche gli aerei che hanno una funzione di guerra elettronica, che è il primo passo di un’escalation armata: prima accechi i sistemi radar e i sistemi di telecomunicazione degli avversari, poi scateni i bombardamenti con sistemi missilistici, con armi nucleari, con i cacciabombardieri eccetera. Quotidianamente i pattugliatori Poseidon della Marina militare statunitense decollano da Sigonella e fanno lo stesso tragitto dei droni, sorvolando a poche miglia di distanza il confine con la Russia. Il ruolo dell’Italia anche in questo caso non è indifferente: da Sigonella partono infatti anche i pattugliatori dell’aeronautica italiana con la funzione di controllo di tutto lo specchio del Mediterraneo, sorvolano particolarmente la Siria dove c’è la base strategica della flotta russa. E raggiungono e sorvolano poi il Mar Nero.

Dalla Sicilia, dalla base di Trapani-Birgi (una base che è diventata tristemente famosa nel 2011 perché è da lì che è decollato il 70% delle operazioni di bombardamento in Libia, da parte della coalizione multinazionale a guida statunitense e poi NATO) decollano dunque gli aerei radar della Nato, con questa duplice funzione: come radar di controllo ma anche di disturbo elettronico.

C’è stata un’operazione di guerra recentemente, che la stampa ha volutamente occultato. Due bombardieri strategici B52 che erano stati trasferiti in Europa prima dell’attacco della Russia all’Ucraina, sono decollati dalla Gran Bretagna, hanno attraversato buona parte dell’Europa e in una tipica operazione muscolare, di provocazione, hanno raggiunto il confine con la Russia. Si tratta di vere e proprie fortezze volanti, sono aerei che possono trasportare testate nucleari come le B61, cioè quelle a caduta libera, che oggi sono ospitate nelle basi di Ghedi, a Brescia, e di Aviano in provincia di Pordenone. Questi bombardieri possono anche imbarcare missili da crociera a doppia capacità, convenzionale e nucleare…

Ebbene, dopo aver raggiunto i confini con la Russia sono tornati indietro, quasi a voler dimostrare che l’ipotesi di una guerra nucleare non è soltanto qualcosa di propagandistico che viene lanciato ogni tanto per minacciare, ma viene concretizzato e sperimentato giorno per giorno. Quasi a voler dire che se la situazione peggiora, siamo disponibili a pensare anche all’uso, nel migliore dei casi limitato, o all’occorrenza totale, dell’arma nucleare.

Ma la cosa grave è che questi due bombardieri, nelle loro operazioni di provocazione, sono stati scortati fino al confine con la Russia da cacciabombardieri italiani. Sono partiti da Amendola in provincia di Foggia gli F35, diventati ormai operativi, aerei che hanno una doppia capacità, sono aerei convenzionali ma in caso di crisi possono imbarcare quelle B61 che come dicevo poco fa sono già presenti nel territorio italiano. Oltre agli Eurofighters, i cacciabombardieri partiti probabilmente da Grosseto che hanno fatto questa operazione di accompagnamento e di provocazione.

Ma non dimentichiamo il ruolo strategico di Aviano, base di proiezione dei cacciabombardieri F16, anche questi a capacità nucleare dell’aereonautica militare statunitense. Ormai è da anni che esiste un ponte aereo tra Aviano e le basi polacche nell’ambito di questa pressione alla Russia che viene esercitata sia dagli Stati Uniti che dalle truppe NATO. Aviano è anche la piattaforma di partenza delle truppe statunitensi presenti in territorio italiano, mi riferisco alla cosiddetta 173^ brigata aviotrasportata, forza di eccellenza degli Stati Uniti d’America, che è presente a Vicenza – da notare questo duplice ruolo di Vicenza-Aviano di proiezione di guerra.

Tra l’altro la 173^ brigata aviotrasportata è il reparto d’élite che dal 2014 addestra le forze armate ucraine. Ovviamente addestra anche la guardia nazionale, quel reparto dove sono stati cooptati già nel 2014 il cosiddetto battaglione Azov e altre formazioni che un tempo erano gruppi paramilitari, ma che oggi appartengono a tutti gli effetti alle forze armate e all’esercito ucraino. Dico questo perché spesso si pensa che ci siano reparti militari ufficiali e gruppi paramilitari esterni al controllo del governo ucraino: assolutamente no, è dal 2014 che questi battaglioni, che erano nati come reparti paramilitari di attacco alle repubbliche autoproclamatesi del Donbass, sono stati ormai cooptati. Per cui quando andiamo a dare le armi all’Ucraina, si sappia che non le diamo a ufficiali con le stellette che rispondono a un potere politico. Stiamo armando anche gruppi che si sono macchiati di nefandezze, di violazioni e di crimini inauditi.

A tutto questo dobbiamo aggiungere una serie di unità militari che l’Italia ha già direttamente posizionato alle porte della Russia. Noi abbiamo trasferito reparti terrestri in Lettonia e in questo momento facciamo parte dei quattro battaglioni di pronto intervento della NATO già insediatisi nelle tre repubbliche baltiche e in Polonia, mentre un quinto è in via d’insediamento in territorio rumeno…

Proprio qualche giorno fa è stata ufficializzata dal comando della NATO una piantina in cui i numeri sono veramente impressionanti. E’ gravissimo che i media che ormai dedicano 23 ore e 59 minuti ogni giorno al conflitto dell’Ucraina con una narrazione mainstream che non fa altro che accentuare la logica del conflitto e dello scontro, abbia omesso di ricordare che in questo momento, direttamente alle dipendenze della NATO, sono stati insediati più di 40.000 militari nel cosiddetto fianco est dell’alleanza, mi riferisco a Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, e alle tre repubbliche baltiche. A questo si aggiungono i 100.000 militari che gli Stati Uniti hanno attualmente in territorio europeo.

Sono numeri che speravamo di non dover più riscontrare dai momenti più critici della Guerra fredda, e da quando gli americani avevano progressivamente ridotto le loro forze militari, scegliendo di insediare le loro forze in alcuni hub in grossi centri europei. Oggi sono 100.000. A questi si aggiungono 200 unità navali e sottomarini: in questo momento abbiamo in atto la più grande esercitazione militare che si sia mai svolta nel Nord Europa a partire dalla guerra fredda, la cosiddetta Cold Response che starebbe a significare “risposta fredda” anche se di freddo non c’è niente, è piuttosto una risposta calda: 35.000 militari che si stanno addestrando in Norvegia, tra l’altro non soltanto delle Forze NATO perché ormai esiste una NATO de Jure, una NATO di diritto, ma esiste sempre di più una NATO di fatto.

Ci sono paesi che hanno mantenuto un ruolo di neutralità fondamentale durante la guerra fredda contribuendo ad accelerare processi di disarmo e di smantellamento delle testate nucleari tra USA e URSS – penso in particolare alla Svezia e al ruolo che ha avuto la Finlandia, o la stessa Svizzera e che storicamente dalla loro costituzione hanno mantenuto un ruolo neutrale ma che oggi partecipano direttamente alle operazioni di “deterrenza” anti-russa.

Dicevo delle esercitazioni in Norvegia: l’Italia è presente anche in queste esercitazioni, abbiamo dislocato la portaerei “Garibaldi” con le sue centinaia di uomini e i suoi sistemi armati e abbiamo dislocato un reparto degli alpini direttamente ad addestrarsi in Norvegia. A questi si sono aggiunti i cacciabombardieri che abbiamo a Costanza, aeroporto della Romania. E per concludere questo scenario devastante, in questo momento nel Mar Ionio, tra la Grecia e la Calabria stanno giocando alla guerra tre portaerei: due a propulsione nucleare, la francese “Charles De Gaulle” e la statunitense “Truman”, oltre all’italiana “Cavour”, che viene utilizzata per sperimentare gli atterraggi e i decolli degli F35 nella versione navale. Anche questa esercitazione che si svolge nello Jonio rappresenta una chiara proiezione rispetto alla minaccia armata.

E questi numeri, questi militari, questi reparti armati, questi sistemi missilistici già installati nei territori dell’Europa dell’est, rappresentano un ulteriore elemento di drammatizzazione della situazione, un elemento che accresce i rischi reali che si arrivi a una guerra non più localizzata solo nel territorio ucraino, ma che potrebbe estendersi a macchia d’olio. Pensiamo alle recenti farneticanti dichiarazioni del Ministro Guerini, che probabilmente pensa di poter estendere il conflitto dalla Russia anche in altre aree strategiche: quando ha detto che l’Italia deve prepararsi a questo confronto, a monitorare i russi e la Wagner (la società di contractor russa), nei Balcani, nel mediterraneo, nel continente africano, ha chiaramente prefigurato una situazione di preparazione a una guerra che potrebbe non soltanto limitarsi all’Europa ma potrebbe anche estendersi. Anche in caso di risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina, potrebbe replicarsi il braccio di ferro NATO/Russia in altre regioni, fuori dagli occhi dei media e al riparo dalla falsa ipocrisia di forze politiche che denunciano le guerre soltanto quando conviene, dimenticando le centinaia di migliaia di morti come ad esempio accade in Yemen, con l’uso di armi italiane, con le bombe italiane.

Concludo ricordando, oltre ai due appuntamenti NoMUOS già avvenuti a Niscemi e Sigonella, anche quello dell’8 aprile a Palermo, di fronte all’Ufficio Regionale Scolastico siciliano che si è macchiato di una nefandezza. All’interno del processo che mira a trasformare la Sicilia in un laboratorio sperimentale dei processi di militarizzazione del territorio, un laboratorio sperimentale delle guerre del 21imo secolo che si combattono con le armi automatizzate come i droni, come se questo non bastasse, la Sicilia è destinata a diventare anche il laboratorio della trasformazione della scuola in luogo dove costruisci il pensiero militare, il cittadino di guerra, il cittadino-soldato un po’ come è stato realizzato con il modello israeliano in cui si è militari per tutta la vita, si è spie per tutta la vita, si è pronti ad aggredire “difendendosi” per tutta la vita.

L’Ufficio Scolastico Regionale siciliano, 1° in tutta Italia, ha firmato un protocollo con l’Esercito italiano per garantire la famigerata alternanza scuola/lavoro direttamente all’interno delle caserme, nelle strutture di morte, nella basi militari, accelerando un modello di militarizzazione dell’istruzione che ha già devastato la scuola pubblica italiana. Per questo abbiamo ritenuto come NoMUOS che il terzo appuntamento per chiudere questa campagna contro la guerra andasse fatto insieme ai movimenti studenteschi e ai sindacati di base per denunciare una struttura che ha la funzione di costruire un modello educativo funzionale alla logica neoliberista della Guerra.

http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2022/com09-22/Com.CC_9-22_Ribellarsi_agli_ordini_incostituzionali.html

Dott. Alessio Brancaccio, Università di L’Aquila