Giovanni Falcone

TRENT’ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI. MOLTI I MISTERI IRRISOLTI

https://www.byoblu.com/2022/05/23/trentanni-dalla-strage-di-capaci-molti-i-misteri-irrisolti/

23 maggio 1992: sono passati trent’anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.
Il livello operativo della strage, manovalanza e vertici mafiosi, sono stati condannati. La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità di: Totò Riina, Bernardo Provenzano, Francesco e Giuseppe Madonia, Pippo Calò, Pietro Aglieri e Matteo Messina Denaro.
Restano ancora occulti i nomi dei mandanti di livello superiore.

A quel tempo Falcone ricopriva la carica di direttore degli Affari penali presso il Ministero della Giustizia, nominato dal guardasigilli Claudio Martelli. Era solito passeggiare senza scorta nei pressi di via Arenula e piazza Campo dei Fiori a Roma, dove un qualsiasi sicario della mafia avrebbe potuto ucciderlo con estrema facilità, come testimoniano le cronache. Come mai invece fu organizzato l’Attentatuni, una strage con tritolo capace di sventrare l’ormai tristemente noto tratto autostradale tra Punta Raisi e Palermo?

L’attentato avvenne mentre era in corso l’elezione del presidente della Repubblica. Favorito a succedere a Francesco Cossiga era Giulio Andreotti. Sull’onda emotiva della strage venne invece eletto Oscar Luigi Scalfaro. Secondo l’ex pm della trattativa Stato-mafia Nino Di Matteo, Oscar Luigi Scalfaro mentì sulla sostituzione dell’allora direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Nicolò Amato, con Adalberto Capriotti.
Scalfaro ricevette una lettera di minaccia dei familiari di detenuti che lamentavano la durezza del regime carcerario sotto la gestione di Amato, definito come un dittatore. Dopo pochi mesi Amato fu sostituito. Poco tempo dopo venne revocato anche il 41 bis, il regime del carcere duro, a 334 appartenenti a Cosa Nostra.

A livello politico, poi, è impossibile non ricordare che tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio in cui morì Paolo Borsellino, ci fu nel giugno del 1992 lo sbarco del Britannia, la nave da crociera della corona inglese in cui si decisero le privatizzazioni dei beni pubblici italiani. Organizzatore dell’evento e della cessione di beni pubblici a privati che seguirono a quell’evento mondano fu l’allora direttore generale del Tesoro, Mario Draghi.

Su cosa stava concentrando il suo lavoro Giovanni Falcone? Rimangono ancora un mistero i numerosi viaggi del giudice negli Stati Uniti, compiuti presumibilmente tra aprile e i primi giorni del maggio 1992. Con chi si incontrò più volte Falcone? Un’ipotesi è che vide Tommaso Buscetta, il principale pentito di mafia, che avrebbe potuto aver anticipato a Falcone le stragi del 1993 al patrimonio artistico italiano prima ancora che fossero attuate. Buscetta era al corrente di un piano di destabilizzazione dell’Italia e ne aveva avvisato Falcone? I fatti e le ipotesi sono ricostruiti dal giornalista d’inchiesta Edoardo Montolli nel libro “I diari di Falcone. Le verità nascoste nelle agende elettroniche del giudice”.

Proprio le agende elettroniche, i databank e i computer di Falcone sono oggetto di un mistero mai chiarito. Pur custoditi nella stanza sigillata del giudice al ministero di Giustizia, furono oggetto di manipolazione da parte di mani ancora ignote.

Altro mistero è poi l’incontro di Falcone con il magistrato russo Valentin Stepankov. Questi ha raccontato che il giudice italiano gli rivelò che l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga gli aveva chiesto di “chiarire alcune circostanze” dei finanziamenti del Partito comunista sovietico al Pci. “In particolare” – ha aggiunto Stepankov – “Falcone avrebbe voluto chiarire dove andavano quei soldi, come e perché venivano spesi“.
Stepankov ha detto anche che Falcone era stato invitato a recarsi a Mosca, ma morì “tre settimane prima” della visita che doveva compiere in Russia.
successori del partito comunista, che avrebbero preso il potere anni dopo, avrebbero potuto essere oggetto delle indagini del più noto giudice italiano?

Di certo c’è solo che Falcone, come Borsellino, stava toccando con il suo lavoro i poteri forti e “le menti raffinatissime, che sono dietro le pagine oscure della storia italiana e che si servono della mafia, compresi i vertici di quest’ultima, come bassa manovalanza.

Fonte: Byoblu, la TV dei cittadini canale 262 del Digitale Terrestre

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo