demografia

“GENERAZIONI A PERDERE” L’INCHIESTA DI REPORT RAITRE SULLA FUGA DEI GIOVANI ALL’ESTERO

Vasto (CH), lì 6 Gennaio 2024 ore 22.23

Buonanotte a tutti e a tutte voi, in questo articolo tratteremo lo scottante tema della fuga dei giovani neolaureati italiani all’estero, un fenomeno migratorio che non conosce sosta, è senza fine, dalla seconda metà degli anni ‘2000 ad oggi e nessuno al Governo vuole mettergli un freno, perché nessuno ha interesse di farlo, né il governo di centro-sinistro del PD e né tantomeno il governo attuale di centro-destra Meloni del Melonistan, per non parlare di quello tecnico di Draghi del Draghistan nel 2021, a cavallo tra queste due “belle epoque”, bensì si tende a parlare sempre delle stesse stronzate, come l’immigrazione clandestina, i diritti degli LGBT, proprio per fuorviare l’attenzione dell’opinione pubblica in merito al problema posto in questa sede ed impedire che si parli della fuga dei giovani all’estero, giovani che rappresentano il futuro del nostro Paese, un futuro in questo momento irrimediabilmente compromesso. L’Italia è sempre più un Paese più a misura di anziani che di giovani, non a caso l’Italia è un paese che vive ancora in un passato remoto medioevale che tende ad andare avanti con moto retrogrado all’indietro e non in avanti, è un Paese che ogni anni presenta un indice di crescita economica pari a zero, sia per un debito pubblico spaventoso in continuo aumento, si parla già di più di 2000 miliardi di euro di debito che ogni nato in Italia da qui in poi dovrà già accollarsi sulla propria testa, mentre per gli uomini e le donne adulte in età da lavoro, quando si mettono alla ricerca di un lavoro, si accorgono che quei pochi lavori che si trovano nel mercato del lavoro italiano sono tutti precari e senza contratto a tempo indeterminato: con tutte queste incertezze legate sia al presente che al futuro prossimo, un uomo di 40 anni come me tende a vivere ancora con i propri genitori e non ci pensa su neanche minimamente a farsi una famiglia ed avere dei figli, non per colpa propria, ma per colpa di un Governo che non fa mai niente per far sentire i propri giovani a casa propria, è normale, una persona sana di mente ragiona sempre in questo modo, sono gli altri al di fuori di me a ragionare male, per non scrivere altro! E’ inutile prevedere dei sussidi come il bonus maternità per le donne per ogni figlio o figlia fatti, provvedimento che vigeva anche al tempo dell’Italia del Ventennio Fascista, se non si vuole creare nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato ed adeguare gli stipendi alla media europea (1600-2200€ al mese), dato che gli stipendi in Italia sono miseri, da fame, da “Paese balcanizzato” come dice sempre lo youtuber Lorenzo Lambrughi, alias Lambrenedetto XVI, il punto è tutto qui, il resto sono solo chiacchiere mosse dai soliti politici del cazzo che guadagnano diecimila anche ventimila euro al mese, con quello che guadagnano loro ero buono pure io a parlare e ad aggirare il problema senza affrontarlo di petto!

“Prendiamo quegli stronzi di petto!” Il mio approccio per affrontare gli abruzzesi da anni.

Come tanti altri giovani in Italia, anch’io sono stato più volte sul punto di dire: “Basta, mi hanno tutti rotto il cazzo qui in Abruzzo, me ne voglio andare all’estero”, ma non l’ho né potuto e né voluto fare fino ad ora, perché è il mio sconfinato incondizionato amore che ho verso i miei genitori mi ha impedito di farlo, perché se avessi vissuto da solo lo avrei sicuramente già fatto da un pezzo senza neanche pensarci un minuto, sicuramente sin dai primi mesi del 2016, da ben prima dell’attuale pandemia di COVID19 ancora vigente in tutto il Mondo, ne avrei avuto tutte le ragioni, visto che l’ultima mia esperienza di formazione lavoro in tirocinio di sei mesi l’ho avuta tra il 3 Giugno ed il 30 Novembre 2015 come tirocinante tecnico archivista per la gestione ed archiviazione delle domande della Politica Agricola Comunitaria (PAC), presso il Centro Assistenza Agricola (CAA) della sede Coldiretti di Avezzano (AQ) nella Marsica in Abruzzo, nell’azienda privata Impresa Verde Abruzzo Srl che fornisce ancora oggi servizi fiscali (CAF) e tecnici (CAA) in supporto alla Coldiretti, la principale organizzazione governativa italiana che difende i diritti degli agricoltori e che in Abruzzo, che i politici di merda locali li hanno fatti entrare in contrasto di proposito con le politiche relative alla difesa degli ecosistemi naturali, della flora endemica e della fauna selvatica che si rinvengono nei Parchi nazionali e regionali.

Ho deciso di tornare su un tema a me molto caro e che mi vede coinvolto in prima persona nella regione dell’Abruzzo in cui vivo purtroppo da 34 anni e per parlare di tale tema, ho deciso di mostrarvi un’inchiesta del 2011 portata avanti dal programma tv Report su RaiTre condotto dall’ottima giornalista d’inchiesta Milena Gabanelli: “Generazione a perdere”. Rinnovo il mio appello a tutti i giovani d’Italia a sollevarsi e a far cadere il Governo di regime fascista sotto il quale siamo finiti ancora una volta, ma lo lancio anche a tutti quegli anziani che hanno ancora a cuore la sorta dei loro nipoti.

Buona visione!

Milena Gabanelli, “Generazione a Perdere”, Report RaiTre, 2011
https://www.raiplay.it/video/2011/05/Generazione-a-perdere—Report-73b98cdf-498f-4f67-9906-3c7bdda10343.html

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto al Cambiamento Climatico in atto

NEL 2022 TOCCATO IL MINIMO DELLE NASCITE IN ITALIA, SOTTO I 400 MILA

07 aprile 2023 | 11.55 Redazione Adnkronos

I dati Istat indicano il numero più basso dall’Unità d’Italia

https://www.adnkronos.com/istat-nel-2022-toccato-il-minimo-delle-nascite-sotto-le-400mila_7vGkv1KoT6PiBnZ6P4BUxl

Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184mila nati, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in avanti.E’ quanto emerge dal report dell’Istat sugli ‘Indicatori demografici 2022’. sottolineando che questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano molto tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni).

Se nel corso del 2022 si fosse procreato con la stessa intensità e lo stesso calendario del 2019, il calo dei nati sarebbe stato pari a circa 22mila unità, totalmente attribuibile, pertanto, alla riduzione e all’invecchiamento della popolazione femminile in età feconda. La restante diminuzione, di circa 5mila nascite, risulterebbe invece causata dalla reale diminuzione dei livelli riproduttivi.

Fonte: Adnkronos

L’agghiacciante profezia di Elon Musk sul destino dell’Italia

I nuovi dati forniti dall’Istat sul numero di nascite in Italia hanno fatto il giro del mondo, fino ad arrivare agli occhi di Elon Musk, che si è lasciato andare a un’agghiacciante profezia sul destino del nostro Paese (come, del resto, aveva già fatto in passato).

CROLLO DELLE NASCITE IN ITALIA: GLI ULTIMI DATI DELL’ISTAT

In base agli indicatori demografici dell’Istat relativi all’anno 2022 risulta che la natalità in Italia ha raggiunto i minimi storici, mentre la mortalità nel nostro Paese resta ancora alta: meno di 7 neonati e più di 12 decessi per 1.000 abitanti è il dato aggiornato fornito dall’Istituto Nazionale di Statistica.

Nel 2022 si è registrato anche un record negativo: per la prima volta dall’Unità d’Italia, il numero dei bambini nati in Italia è sceso sotto il limite delle 400mila unità. Nello specifico, nel 2022 questo numero si è attestato a quota 393mila. A partire dal 2008, cioè dall’ultimo anno in cui in Italia si è rilevato un aumento delle nascite, il calo è pari a circa 184mila unità, di cui circa 27mila dal 2019 in poi.

Stando a quanto reso noto dall’Istat, risulta in calo anche la popolazione residente nel nostro Paese: in Italia, nel 2022, la popolazione era di 58 milioni e 851mila unità, 179mila in meno rispetto all’anno precedente. In 20 anni, inoltre, risulta triplicato il numero di ultracentenari, che alla data del 1° gennaio del 2023 erano 22mila. Per quanto riguarda, invece, la speranza di vita alla nascita, in Italia risulta essere pari a 82,6 anni. Questo dato è in crescita per gli uomini e stabile per le donne.

LE REGIONI ITALIANE DOVE SI NASCE DI PIÙ E DI MENO

La situazione relativa alle nascite non è omogenea in tutto il Paese: ci sono regioni d’Italia dove si nasce di più e altre, invece, dove il crollo è più accentuato. Nello specifico, stando nuovi dati diffusi dall’Istat, la Sardegna risulta essere la regione in cui si nasce meno. Non solo: la Sardegna è anche l’unica regione con una fecondità inferiore all’unità (il suo valore è pari a 0,95 figli per donna). La regione con la fecondità più alta è, invece, il Trentino-Alto Adige: il valore, in questo caso, è pari a 1,51 figli per donna. A seguire, in questa speciale classifica, ci sono la Sicilia e la Campania, che hanno valori pari, rispettivamente, a 1,35 e 1,33.

LA PROFEZIA DI ELON MUSK SUL DESTINO DELL’ITALIA

Su Twitter (il social network di sua proprietà), Elon Musk ha commentato i recenti dati Istat rispondendo all’analista Andrea Stroppa, che aveva scritto: “Novità: ‘La natalità in Italia è ai minimi storici e la mortalità resta alta, ha reso noto venerdì l’Istituto nazionale di statistica Istat’. La situazione sta peggiorando. Stiamo andando a tutta velocità verso il declino e il potenziale dimezzamento della popolazione italiana”. L’imprenditore nato a Pretoria, in tutta risposta, ha profetizzato in maniera secca: “L’Italia sta scomparendo!“.

La frase di Elon Musk non sorprenderà i più attenti: già il ‘New York Times’ aveva ipotizzato la scomparsa dell’Italia e lo scorso anno, sempre su Twitter, lo stesso Elon Musk aveva già commentato il calo delle nascite nel nostro Paese. Sempre in risposta a un tweet di Andrea Stroppa, Elon Musk, in quell’occasione, aveva scritto: “Se continua così, l’Italia non avrà più abitanti“.

Fonte: Initalia Virgilio

https://initalia.virgilio.it/profezia-elon-musk-italia-71008

Si fanno sempre meno figli. Ma c’è omertà sul perché

di Francesco Piccioni

https://contropiano.org/news/politica-news/2023/04/08/si-fanno-sempre-meno-figli-ma-ce-omerta-sul-perche-0159095

Avevamo promesso di tornarci perché eravamo certi che l’”allarme poche nascite” si sarebbe ripetuto sempre uguale, ad ogni rapporto dell’Istat. E infatti eccoci qui, puntuali come la siccità.

Viene pubblicato il rapporto e veniamo travolti da riassuntini, grafici, citazioni, immagini immaginifiche che tutto descrivono ma niente spiegano.

Anzi, dilagano “narrazioni” che vorrebbero in qualche modo colpevolizzare soggetti o fasce sociali che – a ben guardare – sono le prime vittime di questa situazione: giovani “sul divano che non vogliono lavorare”, anziani “egoisti che prendono la pensione”, donne “che non vogliono responsabilità”,  immigrati “che ci rubano il lavoro” (che non c’è, e infatti pure loro vanno altrove insieme ai “nostri” giovani).

Prendiamo ad esempio il lancio dell’Agenzia Agi, dal titolo per cinefili (L’Italia è un paese per vecchi), visto che la pigrizia mortale dei sedicenti giornalisti italiani è prontissima a copiare, riprendere, sintetizzare, fantasticare proprio a partire dai lanci delle principali agenzie stampa (Ansa, AdnKronos, Agi, Dire).

L’agenzia controllata dall’Eni ci dice subito che “Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento, il calo è di circa 184mila nati, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in avanti.”

Per somma sfortuna anche l’Istat semina parecchia confusione, sottolineando che “questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano tanto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni)“.

Ma se è dovuta “solo in parte” a questi due fattori – che peraltro dipendono anche loro da altre cause – a cosa si deve questo calo pluridecennale delle nascite?

Silenzio…

Però subito dopo l’anonimo cronista indugia sui dettagli che dovrebbero aiutare ad indicare qualche “colpevole”.

Un italiano su quattro ha almeno 65 anni. Nonostante l’elevato numero di decessi avvenuto in questi ultimi tre anni, oltre due milioni e 150mila, di cui il 90% riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito – spiegano i ricercatori – portando l’età media della popolazione da 45,7 a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023.”

Si noterà il velato sollievo con cui si registra che, “per fortuna”, negli ultimi anni – complice la pandemia e le politiche dei governi in materia – sono morti più anziani del solito. “Purtroppo” (immaginiamo…) un sacco di anziani sono rimasti lo stesso vivi, e dunque “il processo di invecchiamento della popolazione è continuato”.

Altro “colpevole” potenziale sono ovviamente le donne. E anche in questo caso il solerte raccoglitore di senso comune spicciolo ci ricorda che “Dopo il lieve aumento del numero medio di figli per donna verificatosi tra il 2020 e il 2021, riprende il calo dell’indicatore congiunturale di fecondità, il cui valore si attesta nel 2022 a 1,24, tornando così al livello registrato nel 2020.

Prosegue quindi la tendenza alla riduzione dei progetti riproduttivi, già in atto da diversi anni nel nostro Paese, con un’età media al parto stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni.”

Un essere umano pensante si chiederebbe come mai le donne abbiano – senza peraltro mettersi d’accordo tra loro – “scelto” di fare più figli proprio “tra il 2020 e il 2021”. E, se non è decerebrato o immemore, si risponderebbe che probabilmente i lunghi lockdown hanno contribuito a tenere più a lungo le coppie in casa, “liberandole” – paradossalmente – dal dover correre tutto il giorno in giro per lavoro, magari con orari diversi e non coincidenti.

Insomma, un essere umano pensante comincerebbe a sospettare che la dinamica delle nascite non dipende dalle “scelte ideologico-culturali” (rifiuto di assumersi la responsabilità genitoriale, voglia di divertirsi, e stupidaggini simili) ma da condizioni sociali, lavorative, reddituali decisamente stringenti. E che ostacolano grandemente le possibilità di riproduzione.

Restando al lancio di agenzia, sorvoliamo sulla lunghissima disamina delle differenze e similitudini tra regioni italiane, perché non restituisce alcuna informazione indicativa sulle possibili cause di un disastro demografico che sta portando questo paese verso un punto di non ritorno.

Non è un’esagerazione: i nuovi nati sono attualmente il 40% di quelli sbocciati negli anni del “boom” (1948-1964). Non è complicato immaginare quale deserto sociale attende le nuove generazioni (peraltro protagoniste di una nuova emigrazione di massa verso paesi che pagano salari meno infami), e soprattutto quali conseguenze economiche avrà questa “carenza oggettiva di manodopera”.

Dal canto nostro, a meno di tre anni di distanza da analoghe “notizie” su numeri situati lungo l’identica linea discendente, non possiamo che riproporre la stessa spiegazione.

In fondo stiamo parlando di fenomeni di lungo periodo, con cause strutturali che non vengono minimamente toccate – anzi: peggiorate – dalle politiche economiche e sociali imposte dal capitale multinazionale e dai governi italioti. Dunque sono ancora, purtroppo, valide.

Buona lettura.

*****

Si fanno meno figli. Perché?

Francesco Piccioni

I numeri sono sempre ostici, specie quando rappresentano una situazione reale, in termini statistici. Girarci intorno non si può, a meno di non rifugiarsi nei giochi (matematici) o truccare i dati.

E dunque ha sollevato preoccupazione il report dell’Istat sul censimento permanente della popolazione italiana. Durerà un giorno, questa preoccupazione, come tutto ciò che dovrebbe essere meditato perché segnala che viviamo in un sistema malato.

Non se ne parlerà più, se non come battuta da talk show, fino al prossimo report, che descriverà una situazione peggiorata, ancora più grave e irrimediabile nel breve periodo. Ma anche allora tutto durerà un giorno.

E allora.

I motivi di preoccupazione sono due. Da un lato il numero dei morti, dall’altro quello delle nascite. Stiamo parlando di demografia, del resto…

Nel 2020, ancora non concluso «supereremo i 700 mila morti, come nel 1944 quando eravamo nel pieno della seconda guerra mondiale».

Giancarlo Blangiardo, presidente dell’Istat e demografo di professione, ha scelto l’analogia bellica per dare più forza emotiva ai dati. L’anno scorso erano stati 647mila, non pochi. Ma quest’anno il Covid ha fatto strage, soprattutto – ma non solo – nella popolazione anziana: le oltre 65.000 vittime della pandemia si aggiungono a tutte quelle, incalcolabili, per patologie che non hanno potuto essere affrontate adeguatamente a causa del collasso del sistema sanitario sotto le due ondate, primaverile ed autunnale.

E’ chiaro che gli oltre 700.000 morti di oggi hanno un peso diverso rispetto all’analoga cifra degli anni di guerra. La popolazione attuale è molto più numerosa (59,6 milioni contro i 45,5 del 1945), e dunque la percentuale attuale è minore.

Ancor più importante è la composizione anagrafica delle perdite, visto che in guerra sale drasticamente la percentuale di giovani che perdono la vita, soprattutto maschi (anche se i bombardamenti e la fame hanno falciato senza troppi riguardi per l’età).

Dunque la situazione demografica bellica era certamente più grave, perché si usciva da un disastro con minori “forze fresche” da impegnare nella ricostruzione.

Ma proprio questa constatazione dovrebbe far saltare sulla sedia: se stiamo facendo questi paragoni, la situazione deve certamente essere terribile.

Lo capiamo subito vedendo che le nascite sono ulteriormente diminuite – in termini assoluti e dunque anche percentuali – collocandosi al punto più basso del dopoguerra: poco più di 400.000 l’anno, mentre erano state circa un milione dal ‘45 fino alla fine degli anni ‘70 (709.000 nel 1978).

E’ lampante che un Paese con questa dinamica non può sopravvivere a lungo. Le vecchie generazioni, ancorché costrette al lavoro da continui aumenti dell’età pensionabile, dovranno prima o poi uscire di scena (la dinamica è stata accelerata dal Covid, come sappiamo), mentre le nuove sono numericamente insufficienti a coprire i vuoti che si aprono.

Peggio ancora: le classi di età in maturità riproduttiva (under 45, soprattutto per le donne) sono anche quelle con la situazione reddituale peggiore. Anche quando vanno a coprire un posto di lavoro lasciato scoperto da un lavoratore andato in pensione, la loro retribuzione è molto minore. E la speranza di migliorarla praticamente nulla.

Chi non ha un reddito sufficiente neanche per sostenere se stesso (la situazione non migliora molto “facendo coppia”, perché al massimo si dimezzano le spese fisse per casa e bollette) difficilmente può programmare la nascita di un figlio. E meno ancora penserà a farne un secondo o un terzo.

Questa situazione ha spiegazioni politiche ed economiche di lungo periodo. Dipendono insomma dalle “riforme” messe in atto – guarda caso – dal 1980 in poi, quando una/un lavoratrice/ore dipendente poteva con un solo stipendio mantenere tutta la famiglia.

Oggi, anche lavorando in due, si fa fatica ad arrivare a fine mese.

La precarietà contrattuale, divenuta la “nuova normalità”, ha ridotto a zero il potere di contrattazione dei lavoratori dipendenti. Sia per quanto riguarda le condizioni di lavoro (orario, turni, festività, periodi di malattia, ecc), sia e soprattutto per quanto riguarda l’entità del salario.

Nel linguaggio marxiano, si può dire, quel salario è sceso sotto il livello di riproduzione della forza lavoro. E se a livello individuale la situazione può apparire meno drammatica – il “welfare familiare”, finché ci saranno pensionati a integrare i redditi di figli e nipoti, attenua percentualmente la percezione della miseria profonda dei lavoratori precari – a livello collettivo è chiarissima: le nuove generazioni di lavoratori e disoccupati si riproducono molto meno.

Perché non possono, non perché non vogliano (siamo pur sempre dei normali esseri viventi, con le stesse finalità delle altre specie).

E’ comprensibile – ma da maiali, sul piano intellettuale – che i media di regime diano ai giovani “la colpa” di non fare figli per motivi “culturali”, edonistici (“ve la volete spassare senza prendervi responsabilità”), egoistici e quant’altro.

Ma proprio questo denota la follia di un sistema malato. Che non riesce più a riprodursi perché l’ansia di profitto vede ogni cosa naturale o relazione umana come un “elemento della merce”. Insomma: solo un modo per fare soldi.

Possiamo affrontare questo problema epocale dal punto di vista del clima e dell’ambiente (l’insieme entro cui possiamo sopravvivere oppure estinguerci come genere umano), oppure dal punto di vista sanitario (la gestione della pandemia ha fatto strage soprattutto nel cuore del neoliberismo occidentale, mandando in crisi profonda proprio quell’economia che si intendeva anteporre alla salute e alla vita). O anche da altri punti di vista.

In tutti i casi arriviamo allo stesso punto: la riproduzione (quella umana e quella della natura) è ormai negata dallo sviluppo capitalistico. Questo, sì, irresponsabile.

Viene da pensare a quei maiali – sul piano intellettuale – che ci smenano continuamente con la solfa del “debito pubblico che lasciamo ai nostri figli”.

A quei figli stanno lasciando – loro che lo difendono a suon di bigliettoni, non certo noi che lo combattiamo – un mondo invivibile. Dentro cui è già ora diventato impossibile riprodursi.

(17 dicembre 2020)

Fonte: Contropiano, 8 Aprile 2023

https://www.la7.it/intanto/video/il-razzo-di-spacex-esplode-in-volo-le-immagini-incredibili-20-04-2023-481497

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e mebro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus