Tangentopoli

14 SETTEMBRE 2022: L’INASPETTATO INCONTRO NEL DISTRETTO SANITARIO DI VASTO TRA MIA MADRE E L’EX MAGISTRATO DI TANGENTOPOLI ANTONIO DI PIETRO

ANTONIO DI PIETRO, IL FAMOSO MAGISTRATO DI TANGENTOPOLI, INCHIESTA CHE SCOPPIO’ CON L’ARRESTO DEL SOCIALISTA MARIO CHIESA NEL 1992 E DURATA FINO AL 1994, INCHIESTA CHE DECRETO’ LA FINE DELLA PRIMA REPUBBLICA. OGGI FA L’AVVOCATO ED E’ TORNATO NELLA SUA NATALE MONTENERO DI BISACCIA (CB) IN MOLISE

Antonio Di Pietro

https://biografieonline.it/biografia-antonio-di-pietro

Dati sintetici

Politico ed ex magistrato italiano

DATA DI NASCITA

Lunedì 2 ottobre1950

LUOGO DI NASCITA

Montenero di BisacciaItalia

ETÀ

71 anni

Biografia • Mani pulite

Nato il 2 ottobre 1950 a Montenero di Bisaccia (CB), è l’uomo simbolo di quella stagione politica che va sotto il nome di “Tangentopoli“. Antonio Di Pietro, l’ex poliziotto e magistrato tutto d’un pezzo, è stato il protagonista di anni difficili, l’eroe di un periodo esaltante ma anche il bersaglio di un riassetto politico avvenuto in un clima rovente. Sul suo nome l’Italia si è spaccata in due: c’è chi lo considera una sorta di salvatore della Patria e chi invece lo accusa di aver distrutto un intero sistema politico in maniera non propriamente in linea con i valori garantisti.

Giudizi che saranno gli storici ad avvalorare oppure a ridimensionare.

Sta di fatto che come minimo Antonio di Pietro è un personaggio eccezionale e basta dare uno sguardo alla sua biografia per capirlo. Difficile pensare che un uomo di umile estrazione come lui, costretto ad emigrare in Germania per trovare lavoro (e nello stesso tempo a studiare di notte), potesse diventare l’ago della bilancia di un’intera nazione, il grimaldello con cui il sistema giudiziario ha disintegrato una classe politica che resisteva inchiodata alla poltrona da decenni.

Ripercorriamo le tappe di questa straordinaria vicenda umana:

molisano, da adolescente ha trascorso un breve periodo in seminario a Termoli per poi trasferirsi a Roma dove si diploma perito tecnico.

In seguito, a causa dell’endemica penuria di lavoro che affliggeva l’Italia di quegli anni, emigra in a Bomenkirch (Germania), dove lavora la mattina alla catena di montaggio, il pomeriggio in una segheria e la sera studia Legge.

Nel 1973 torna in Italia e sposa Isabella Ferrara, che gli darà Cristiano, il primo figlio. Impiegato civile dell’Aeronautica Militare, si iscrive a Giurisprudenza, conquistando la sospirata laurea nel 1979. Il primo impiego con il nuovo titolo in mano è quello di segretario comunale in un paese del Comasco; entra poi in polizia dove diventa commissario del IV distretto di Milano. Ma Antonio Di Pietro non è un poliziotto qualsiasi, e si vede subito.

Non solo dimostra di avere acume e tenacia ma anche un particolare fiuto nel risolvere i casi apparentemente impossibili.

È Di Pietro, ad esempio, che risolve l’enigmatico caso del “mostro di Leffe”, rivelando che dietro la mano che aveva sterminato un’intera famiglia si celava la figura di un bancario.

Nel 1981 la scelta che gli cambierà la vita e che cambierà il corso del Paese: vince il concorso in Magistratura e, dopo un breve periodo presso la Procura della Repubblica di Bergamo, passa alla Procura di Milano in qualità di Sostituto Procuratore, specializzato nei reati informatici e nei crimini contro la Pubblica Amministrazione.

Il 17 febbraio 1992, giorno dell’arresto di Mario Chiesa – militante di spicco del Partito Socialista Italiano – inizia l’era di “Mani Pulite“. Bettino Craxi, l’allora segretario del PSI, tenta di sminuire il fatto definendo Chiesa un “mariuolo”, ma l’inchiesta dilaga e travolge inaspettatamente tutto il mondo della politica.

A conclusione della vicenda le persone indagate saranno oltre tremila e il valore delle tangenti e dei fondi neri scoperti ammonterà a migliaia di miliardi di lire. Il nome di Di Pietro viene scandito nelle piazze, ormai è lui il moralizzatore d’Italia.

Per se stesso il magistrato venuto dal niente prospettava un futuro diverso. Forte del consenso popolare, decide di lasciare la magistratura e di entrare in politica. A Milano rimane fino al 6 dicembre 1994 quando, a conclusione dell’ultima sua requisitoria nel processo Enimont, si toglie la toga, si rimette la giacca e chiude la sua carriera di magistrato.

Pochi mesi prima il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi gli aveva offerto inutilmente il ministero dell’Interno nel suo governo.

Di Pietro comincia a muoversi nell’agone politico da battitore libero, anche se, come prevedibile, qualcuno cerca di infangare la sua immagine.

Esce indenne da accuse di corruzione e concussione, così come da varie polemiche strumentali.

Nel 1996 Romano Prodi vince le elezioni e Di Pietro diventa ministro dei Lavori Pubblici. Dopo pochi mesi è però costretto ad abbandonare il dicastero perché indagato a Brescia nell’ambito dell’inchiesta sul banchiere Pacini Battaglia. Prosciolto torna in politica nel novembre 1997. L’Ulivo lo candida nel collegio del Mugello, lasciato vacante dal sociologo Pino Arlacchi, delegato presso l’ONU. Antonio Di Pietro stravince con quasi il 68% dei voti, contro il 16% di Giuliano Ferrara, candidato per il Polo e il 13% di Sandro Curzi, candidato di Rifondazione comunista.

Il 21 marzo 1998 presenta il movimento “L’Italia dei valori”. Raccoglie l’adesione di alcuni parlamentari ed aderisce al gruppo misto.

Nelle elezioni europee del 1999 Prodi fonda la “Lista dell’Asinello”, facente parte della più ampia coalizione dei Democratici, e Di Pietro decide di aderirvi. La formazione ottiene un ottimo 7,7% ma nel 2000 l’ex magistrato di ferro se ne va per contrasti insanabili con il segretario Arturo Parisi.

L’ex PM torna dunque a muoversi in piena libertà nelle acque sempre caotiche e incerte della politica italiana.

Per le elezioni del 13 maggio 2001 non si schiera con nessuno dei due poli ed annuncia una battaglia durissima in nome delle legalità e della democrazia. Arriva al 3,9% e per un soffio non entra in Parlamento.

Rimane per qualche tempo un po’ in ombra rispetto al tumultuoso scenario della politica italiana, ma comunque un punto di riferimento non solo per i media che ormai lo hanno eletto a simbolo, ma anche per numerosi cittadini, i quali vedono in lui un personaggio sempre affidabile e onesto.

Nel 2006 si presenta alle elezioni con il partito “Italia dei valori”, appoggiando il centrosinistra e il suo leader Prodi. Quest’ultimo nomina Di Pietro Ministro per le Infrastrutture.

In occasione delle elezioni politiche del 2008, Di Pietro entra in coalizione con il Partito Democratico. Il partito Idv ottiene il 4,4% alla Camera dei Deputati e il 4,3% al Senato raddoppiando i suoi voti.

Frasi di Antonio Di Pietro

“La politica è l’arte del compromesso”

Mani Pulite 30 anni dopo. Il paladino Antonio Di Pietro

Quella volta che intervistai l’ex magistrato Antonio Di Pietro simbolo di Mani Pulite: l’inchiesta che celebrò il funerale della Prima Repubblica. Mi disse: «Io sto dalla parte di Davide».

Scritto da Nicoletta Pasqualini

https://www.semprenews.it/news/Mani-Pulite-30-anni-dopo-il-paladino-Antonio-Di-Pietro.html

Era il 17 febbraio 1992 quando sui giornali apparve per la prima volta l’espressione Mani Pulite, nome coniato per l’inchiesta che mandò in frantumi il mondo politico. Simbolo dell’operazione l’allora magistrato Antonio Di Pietro.

Il 17 febbraio 1992, esattamente 30 anni fa, ha inizio l’operazione denominata Mani Pulite. Tangentopoli parte con l’arresto dell’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di spicco del PSI milanese, colto in flagranza di reato con una mazzetta di sette milioni di lire appena consegnata da Luca Magni, un anticipo sul 10 per cento di un appalto da 140 milioni assegnato ad un’impresa di pulizie.
Il giovane imprenditore aveva deciso di ribellarsi al sistema consolidato di tangenti così i carabinieri avevano segnato le banconote, messo una telecamera nella valigetta ed infilato un registratore nella sua giacca facendo scattare l’operazione coordinata dall’allora sostituto procuratore Antonio Di Pietro con il capitano dei carabinieri Roberto Zuliani.

Il 3 giugno 1992, sempre lo stesso Chiesa, incastra Bettino Craxi, l’allora segretario del PSI che lo aveva definito un «mariuolo isolato»: lascerà l’Italia per rifugiarsi in Tunisia.

Mani Pulite diede il via ad una indagine che scoperchiò un sistema di pratiche illecite a base di corruzione e tangenti che coinvolgevano i principali partiti italiani e il mondo dell’imprenditoria e che provocherà un vero e proprio terremoto nella politica italiana.
I partiti italiani iniziarono a scricchiolare. La DC e il PSI si sciolsero e ciò decretò la fine della Prima Repubblica e l’inizio della Seconda.  
L’uomo acclamato dalla stampa come il fautore di tutto ciò, simbolo di Mani Pulite, è l’ex magistrato Antonio di Pietro che Sempre ha incontrato del 2003.

Chi è Antonio Di Pietro

L’immagine pubblica era quella di un uomo tutto d’un pezzo, di origini modeste. Di un uomo che si era fatto da sé, lavorando di giorno e studiando di notte.
Antonio Di Pietro, classe 1950. L’uomo venuto da Montenero di Bisaccia, un paesino del Molise, cresciuto in una famiglia di contadini.
Nel 1969 dopo il diploma a Roma come perito elettrotecnico emigra in Germania, dove lavora la mattina in una catena di montaggio e il pomeriggio in una segheria. Nel 1973 torna in Italia. Lavora e studia giurisprudenza. Da segretario comunale a commissario di polizia fino a diventare magistrato. Alla Procura di Milano dal 1984, in qualità di sostituto procuratore specializzato nei reati informatici e crimini contro la Pubblica Amministrazione, si guadagna il soprannome di “Tonino il telematico”, per il metodo da lui messo a punto utilizzando le nuove tecnologie, che gli permetterà di condurre le indagini di Mani Pulite in maniera innovativa.  
Ma quello che colpirà ancora di più l’opinione pubblica sarà la decisione di Di Pietro di lasciare la toga. È il 1994 quando, a conclusione dell’ultima requisitoria nel processo Enimont, si toglie con gesto plateale la toga. Chiude la carriera di Magistrato per approdare poi a quella politica.
Ministro dei lavori pubblici nel 1996 con il Governo Prodi. Ma mentre si trova in viaggio a Instabul riceve un avviso di garanzia a mezzo stampa. Si dimette.
Da inquisitore e paladino della giustizia, diventa inquisito per ben ventisette volte.

Un duro colpo per l’uomo. «In qualche modo bisognava fermarmi» mi disse.

Ma l’uomo che viene dalla terra non si abbatte. Prosciolto nel 1998 entra in politica e fonda un Movimento, L’Italia dei valori. Di nuovo sarà Ministro delle infrastrutture nel Governo Prodi II dal 17 maggio 2006 all’8 maggio 2008.

Di Pietro, al di là di quello che proponeva, colpiva per la determinazione che metteva nel perseguire il proprio ideale di giustizia.

Antonio Di Pietro con Nicoletta Pasqualini, giornalista di Sempre, durante l’intervista del 2003. Foto di Caterina Balocco

News

17 Febbraio 2022

Ultima modifica: 17 Febbraio 2022 ore 08:07

L’incontro con Antonio Di Pietro in una scuola superiore

Mi capitò di incontrarlo nel corridoio di una scuola superiore dove lo invitarono a commentare il principio di uguaglianza enunciato nel terzo articolo della Costituzione italiana. Era la fine del 2003. Nel brevissimo tempo che ci fu concesso ebbi la possibilità di conoscere un po’ più da vicino l’uomo che si celava dietro il “paladino della giustizia”. Quali erano le motivazioni che lo spingessero a spendersi contro le ingiustizie.

«Quando ero ragazzo – mi raccontò – stavo in campagna e ho pensato che forse bisognava fare qualcosa in più, rispetto al punto di partenza, perciò mi sono impegnato. Cammino facendo mi sono accorto che c’erano molte ingiustizie e che soprattutto, a differenza di ciò che diceva la Bibbia, vinceva più spesso Golia che Davide. Allora mi è piaciuto di più stare dalla parte di Davide.»

Volevo stare con Davide

Una forza legata alle sue origini o c’è qualche altro motivo?
«Quando ho fatto il muratore cercai di fare i muri dritti; quando ho fatto il poliziotto di arrestare i delinquenti; quando ho fatto il giudice di assicurare davanti alla legge che la legge fosse uguale per tutti, e se faccio il parlamentare mi batto per la difesa delle fasce sociali più deboli. Faccio soltanto il mio dovere. Rifiuto chi dice che ci sia una missione. C’è un dovere civico e quel che faccio è solo l’esercizio di un dovere.»

Nel momento di maggior consenso, lei ha lasciato la toga. Perché?
«L’ho lasciata più che spiegabilmente, anche se ogni giorno qualcuno dice: “inspiegabilmente”. Provate a ripassare quello che successo per Telecom-Serbia oggi: è successo a me anni fa. Io mi sono dimesso per la ragione opposta per la quale Berlusconi non si dimette oggi. Facevo il magistrato e la mattina dovevo incriminare, arrestare, processare, interrogare, perquisire, sequestrare materiale di persone che il pomeriggio diventavano i miei teste d’accusa. In pieno conflitto di interessi, chi avrebbe creduto più all’inchiesta Mani pulite?
Dimettermi e mettermi a disposizione della Magistratura l’ho fatto per riaffermare il principio che tutti siamo uguali di fronte alla legge, e quando c’è qualcuno che viene accusato di qualcosa, si deve affidare alla giustizia, altrimenti non è credibile.
L’anomalia non sono io che mi sono dimesso: mi sono dimesso perché sono stato accusato, anche se ingiustamente. L’anomalia è di chi non si dimette o quanto meno non si fa processare.»

Ero il terzo uomo da ammazzare 

Quanto ne ha sofferto?
«A me è dispiaciuto dal punto di vista umano e professionale. Certamente non l’avrei fatto di mia scelta, se avessi potuto scegliere. Il problema, come dice di recente anche un provvedimento dei giudici di Caltanisetta, che a quell’epoca io ero il terzo uomo da ammazzare. In qualche modo bisognava fermarmi. Nei miei confronti è stata scelta una strada diversa da quella dell’omicidio: quella della delegittimazione morale, che è un po’ la morte civile. È chiaro, quindi, che le dimissioni erano necessarie per poter rivendicare e salvare il mio onore. Dal punto di vista umano un prezzo altissimo. Felice sarà quel paese in cui chi fa il proprio dovere, poi, non ne deve pagare le conseguenze.»

Chi è oggi Antonio di Pietro?
«Sono un politico che fa attività politica con un partito: l’Italia dei valori, con l’intenzione di rilanciare la questione morale nel sistema della politica. Noi vogliamo che ci sia una politica degli interessi dei cittadini e non una politica come strumento per gli interessi propri.
Vediamo che oggi, sempre più, si ritorna alle pratiche e anche ai personaggi di un tempo, a scapito di una migliore economia e di una migliore democrazia nel nostro paese.»

Ai cittadini si chiede un comportamento eticamente corretto e ai politici?

Cos’è per lei la giustizia?
«È semplicemente il minimo etico. L’etica ancora di più della giustizia. La giustizia quella parte dell’etica che non si dovrebbe mai violare e quindi viene codificata. Il problema è un altro, ed è che non si può chiedere ai cittadini un comportamento eticamente più corretto di quello che dimostrano di avere i propri governanti: non lo dico io ma il sociologo Ralf Dahrendorf.»

C’è uguaglianza in Italia?
«La nostra Costituzione, dal punto di vista formale, è all’avanguardia nel mondo perché afferma dei principi universali. La Costituzione materiale è un’ altra: quella dei fatti concreti. Ci sono due pesi e due misure nella giustizia, nel lavoro, nella sanità, nell’assistenza, nella solidarietà. C’è chi può e chi non può, chi ha un santo in paradiso o i mezzi economici per ottenere i suoi diritti, e chi no. È questa la ragione per cui mi sono messo in politica: cercare di fare in modo che vi sia un livellamento al rialzo e non al ribasso.»

E i giovani?
«I giovani in questo momento stanno traendo un cattivo esempio tra un condono, un indulto, un delitto che resta impunito. Il messaggio che si passa ai giovani è un altro: il delitto paga. E questo comporta che molti meno giovani rispettino le regole.»

ANTONIO DI PIETRO NELLE FOTO DA BAMBINO IN CAMPAGNA DOVE E’ TORNATO: “PRODUCO OLIO E VINO A MONTENERO”

ANTONIO DI PIETRO ALLEVATORE NEI CAMPI DA BAMBINO RITRATTO ASSIEME AI SUOI GENITORI https://www.corriere.it/cronache/20_luglio_31/produco-olio-vino-montenero-11634532-d309-11ea-8623-4e2dec5054a7.shtml

Antonio Di Pietro alle prese con la vendemmia, la foto fa il giro del web
L’ex magistrato impegnato nella fase della torchiatura, riveste ancora una volta gli abiti del contadino

https://quotidianomolise.com/antonio-di-pietro-alle-prese-con-la-vendemmia-la-foto-fa-il-giro-del-web/

MONTENERO DI BISACCIA

Settembre e ottobre, tempo di vendemmia e come ogni buon agricoltore molisano che si rispetti anche l’ex magistrato Antonio Di Pietro, insieme al figlio Cristiano, è al lavoro per la torchiatura dell’uva. Dinanzi a loro un enorme catino pieno di grappoli d’uva e un ammostatoio di legno utile alla mesciatura. Un lavoro tutt’altro che pesante per l’ex magistrato che “armato” di reti metalliche, pronto per la fase di filtraggio che segue la pigiatura, ride di gusto magari pregustando già il buon vino che ne deriverà e che sicuramente sarà il primo ad assaggiare. Non è la prima volta che vediamo l’ex magistrato, proprietario di un’azienda agricola a Montenero di Bisaccia (suo paese di origine), spogliarsi dei suoi abiti istituzionali per indossare quelli che lo tengono sempre molto legato alla sua terra. Ricordiamo quella dell’ex Pm di Mani Pulite a bordo del suo trattore. Memorabile la sua frase: «Da grande farò il contadino».

https://www.vanityfair.it/news/politica/2019/02/06/antonio-di-pietro-contadino-social-youtuber-trattore-terra-uguale-per-tutti-foto

Antonio Di Pietro, contadino social: «La mia nuova vita, da youtuber del trattore»

L’ex politico, che si è rimesso in gioco come neo-coltivatore diretto, racconta l’agricoltura 4.0 in «La Terra è uguale per tutti», su Pop Economy: «Usavo la “rete” già ai tempi di Mani Pulite. Sogno un algoritmo che cancelli tutte le falsità online (pure alcune sul caso Diciotti)»

UN SORRIDENTE TECNICO INFORMATICO ANTONIO DI PIETRO RITRATTO MENTRE LAVORA CON UN VECCHIO IBM

Antonio Di Pietro

«Ho fatto una scelta di campo». Durante la sua carriera politica, Antonio Di Pietro lo ha ripetuto parecchie volte. Stavolta però i campi sono quelli veri, di terra, che ha ricominciato a coltivare come faceva suo padre. Ed è in questa sorta di ritorno alle origini che l’ex magistrato ha deciso di mettersi in gioco con «La Terra è uguale per tutti», una rubrica della piattaforma multimediale Pop Economy in cui affronta questioni legate all’agricoltura 4.0. «È un modo per comunicare con i giovani», ci racconta il fondatore dell’Italia dei Valori. «Io poi ho da sempre la passione per la connessione».

In che senso?«Sono sempre stato attratto dalla possibilità di interloquire con le persone oltre le quattro mura. Nasco perito elettronico e quando facevo il magistrato sono stato il primo ad utilizzare l’informatica per cercare di mandare il mio pensiero».

Si spieghi meglio.«Ai tempi dell’indagine su Mani Pulite la rete non c’era: io, che dovevo interrogare e sentire contemporaneamente più persone, misi in fila sette computer con sette marescialli, così che ognuno poteva riferirmi subito quel che accadeva».

Quindi anche questo potremmo definirlo un ritorno alle origini?«Il mio ritorno alle origini è rappresentato dai campi, l’attività dei miei genitori. Poi ho deciso di mettermi in rete per dare un messaggio ai giovani, che spesso sono connessi per fare battaglie virtuali o litigare sui social».

E che messaggio vuol dare?

«Il mio è un invito alla riflessione: sono preoccupato perché oggi si cerca il profitto a tutti i costi. Ma la massimizzazione del risultato oggi, crea danni collettivi a lungo termine».

Il riferimento è all’agricoltura 4.0?«Certo, la produzione massificata distrugge il pianeta. Lo vedo nel mio piccolo: vado al supermercato e trovo una lattina d’olio al prezzo di 2,50 euro. Ma io produttore con quei soldi non ci compro neppure il contenitore e il tappo».

Quindi c’è qualcosa che non va?«Vede, qui vicino ai miei campi c’è un signore che riesce a fare cinque raccolti all’anno, mentre io ne faccio uno. Significa che immette nelle terra qualcosa: dovrebbe cambiare tutta la filiera».

Crede che i social siano il canale migliore per creare questa consapevolezza?«Spesso vedo gente che discute con la pancia non con la testa. La rete è uno strumento di democrazia, ma quando la si usa non dobbiamo mai rinunciare alla riflessione. Bisogna scindere ciò che è vero da ciò che è falso, analizzando tutte le fonti».

La rete è piena di contenuti, a volte può creare anche idee distorte. Non crede?«Io spero che un giorno qualcuno inventi un algoritmo che riesca a cancellare tutte le affermazioni online che sono state accertate false. E poi sta a noi informarci sui fatti: io mi chiedo, ma chi sta decidendo in parlamento se dare o no l’autorizzazione a procedere contro il ministro Salvini, l’ha letto il provvedimento del giudice?».

Perché dice così?

«La legge dice che non puoi arrestarlo, non intercettarlo, ma puoi procedere: quindi il giudice ha chiesto l’autorizzazione chiedendo al parlamento di stabilire se fosse o meno un atto politico. Insomma, il giudice ha fatto un provvedimento a favore di Salvini, non contro come si legge ovunque».

Dall’agricoltura alla politica. Le manca un po’? Ha qualche rimpianto? «Mi rimane solo l’amarezza di non aver potuto continuare a fare il magistrato, sono stato delegittimato ingiustamente: un’amarezza personale ma, credo, anche un danno per il Paese».

Vede qualche connessione tra l’agricoltura e la politica?«La politica parla tanto di agricoltura, ma ne fa poca. In vita mia ho visto pochi politici con i calli alle mani».

E qualche connessione tra l’agricoltura e la legge?«La Terra è uguale per tutti è appunto una citazione. Chi viola la terra è come se violasse anche la legge. Un conto è lo sfruttamento della terra, un conto è lo stupro della terra, la violenza sulla terra: un danno per tutti».

Adesso la sua giornata tipo come si svolge?«Ho rimesso in piedi l’attività dei miei genitori, i terreni li ho dati in affitto perché a 68 anni non riesco a fare tutto da solo. Poi sono avvocato, esercito la professione, ma ogni momento libero lo dedico all’agricoltura».

Cosa pensa dei politici che si stanno spostando sui social?«Al di là del mezzo di comunicazione, io apprezzo chi dice oggi cos’ha fatto ieri. Non cosa farà domani, come invece è abitudine purtroppo».

Se si potesse fare un selfie da conservare, con chi lo farebbe?

«Con nessuno, alla mia età non faccio da sponda a nessuno. Se dovessi scegliere qualcuno, sceglierei solo i miei figli. Se dovessi scegliere qualcosa, lo farei col mio trattore».

Non a caso, lo «youtuber del trattore».

E CHE CI AZZECCA?
CHIESA MARIA SANTISSIMA DI BISACCIA https://www.google.it/maps/place/Maria+Santissima+di+Bisaccia/@41.9527638,14.7831979,556m/data=!3m2!1e3!4b1!4m5!3m4!1s0x1330c6ef94976c89:0x2ee7526d8e39396b!8m2!3d41.9528338!4d14.7854392
MONTENERO DI BISACCIA https://www.google.it/maps/place/86036+Montenero+di+Bisaccia+CB/@41.9654927,14.7636176,4449m/data=!3m2!1e3!4b1!4m5!3m4!1s0x1330c6949899fb03:0x644b5dd679b1bef2!8m2!3d41.9575175!4d14.7813309
ANTONIO DI PIETRO BIKE TOUR IDEATO DA ALESSIO BRANCACCIO DI VASTO (CH) ABRUZZO

Antonio Di Pietro: “vi racconto perché sono tornato in campagna”

ANTONIO DI PIETRO IN TENUTA DA ALLEVATORE MOLISANO TIENE IN MANO IL SUO CAVALLO ED IL SUO ASINO
https://www.corriere.it/sette/politica/19_maggio_24/antonio-pietro-7-vi-racconto-perche-sono-ritornato-campagna-5713dad2-7da7-11e9-bf38-280379b6a560.shtml

MASSERIA DI PIETRO, CONTRADA PISCONE SP13 KM 46, MONTENERO DI BISACCIA (CB) MOLISE

MASSERIA DI PIETRO, CONTRADA PISCONE MONTENERO DI BISACCIA (CB) MOLISE
https://www.google.it/maps/place/Masseria+Di+Pietro/@41.9370554,14.7884487,556m/data=!3m2!1e3!4b1!4m5!3m4!1s0x1330c7038515c5c7:0xaa1cd8791be8d428!8m2!3d41.9370514!4d14.7906374
https://www.mindat.org/feature-11952312.html

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo