Ayrton Senna

3 GIUGNO 1984 – 3 GIUGNO 2024: 40 ANNI DALLO STORICO GRAN PREMIO DI MONACO 1984

Oggi 3 Giugno 2024 sono passati 40 anni da Monaco GP 1984, scriverò un articolo sulla mia community del Capeta Sim Racing Team tutto dedicato a Stefan Bellof, il pilota tedesco che arrivò terzo nel famoso GP di Montecarlo 1984 vinto politicamente da Prost, secondo arrivò Senna e terzo proprio Bellof.

Quando Senna e Bellof fecero tremare la F1: GP di Monaco, 3 Giugno 1984

Nuvole. Nuvole a perdita d’occhio. Nuvole basse, nuvole fitte, nuvole cupe, che senza pietà alcuna sfiguravano con pioggia battente il profilo frastagliato del piccolo Principato di Monaco. Era il 3 giugno del 1984, e a Montecarlo, quel giorno, le condizioni ideali per correre un GP di Formula 1 vennero impietosamente offuscate assieme al sole da una coltre impenetrabile di grigio. Ma se è vero che quel diluvio inarrestabile, quelle stradine ormai sommerse, quei flutti d’acqua sollevati dalle gomme posteriori delle monoposto non erano le condizioni ideali per correre, è altrettanto vero che erano le condizioni perfette per far qualcos’altro. Erano le condizioni perfette per far nascere delle Leggende.

In Pole per quel GP, al volante della velocissima McLaren MP4-2 motorizzata TAG Porsche, c’è Alain Prost. Dietro di lui, il branco freme: mostri sacri del calibro di Nigel Mansell, René Arnoux, Niki Lauda, Nelson Piquet e Keke Rosberg ringhiano, rabbiosi, pronti ad azzannarsi a vicenda nella strettoia della Santa Devota. La pioggia è fitta, battente, implacabile. I piloti chiedono di bagnare artificialmente il tratto di pista sotto il Tunnel per rendere uniformi le condizioni del tracciato, i Commissari ritardano la partenza della gara di ben 45 minuti: la F1, all’improvviso, si riscopre impotente di fronte alla forza della natura, che riversa la propria furia tra gli angusti muretti di Monaco non accennando a placarsi ed anzi nascondendo ulteriori insidie nel dedalo del Principato. Qualcuno guarda al cielo nella speranza di trovare uno scampolo di azzurro, ma mentre pericolosi rigagnoli d’acqua s’ingrossano sempre più sull’asfalto di Monaco neppure un raggio di sole riesce ad attraversare la coltre di nubi che, fitta, avvolge in un abbraccio d’oblio la piccola cittadina di Montecarlo. Rinviare Gran Premi per motivi meteorologici, tuttavia, è un’ipotesi che il mondo della F1 non contempla, nel 1984. E così, su una pista che sanguina acqua in ogni suo punto, si spengono i semafori del GP di Monaco: la corsa, finalmente, ha inizio. Prost, partito dalla Pole, scappa via. Dietro di lui, implacabile, Santa Devota inizia ad esigere il proprio tributo: Warwick, Tambay e De Cesaris terminano la loro gara dopo poche decine di metri, con il resto dello schieramento che sfila invece via compatto.

Le condizioni sono proibitive. La pioggia non accenna a smettere, la visibilità è minima: gli enormi pneumatici posteriori delle F1 sollevano vere e proprie colonne d’acqua, attraversate ciecamente d’istinto dai piloti costretti alla rimonta. Tra questi, pian piano, inizia a farsi largo un casco giallo. Quel casco giallo che, di lì a qualche anno, diventerà il casco giallo più veloce del mondo. Un giovane brasiliano, Ayrton Senna da Silva, fa sua la tempesta: al volante della sua Toleman-Hart domina il diluvio, alleandosi con quelle condizioni climatiche che stanno mettendo in ginocchio piloti più esperti e famosi. Senna è più forte. Più forte dei limiti della sua vettura, più forte dei suoi avversari, più forte di quelle divinità che gli stanno scagliando addosso tutta la loro furia. Il brasiliano risale la classifica con veemenza, rabbia, furore, sfruttando ogni errore degli avversari e guidando al limite con una naturalezza che solamente chi ha in sposa la Velocità può avere. Monaco 1984, semplicemente, è Ayrton Senna. E’ il primo sguardo tra due innamorati che hanno sempre saputo di appartenere l’uno all’altro prima ancora di incontrarsi, è l’inizio di un amore mai nascosto che portò sino all’altare della Leggenda entrambi gli innamorati, quel circuito così atipico da un lato e quel pilota con la faccia da bravo ragazzo e quel sorriso malinconico dipinto sul volto dall’altro. Ma se è vero che Monaco 1984 è Ayrton Senna, è altrettanto vero che Monaco 1984 non è solo Ayrton Senna.

Dalla ventesima ed ultima casella dello schieramento infatti, affogata dai turbinii sollevati da tutti i piloti che la precedevano, è partita la Tyrrel-Ford 012 con il #4 sulla carena. Al volante c’è un giovane tedesco: in pochi lo conoscono, ma quei pochi sanno che quel pilota, l’anno prima, aveva fatto qualcosa di irreale lassù, tra le viscere dell’Inferno Verde, del ‘Ring. Quei pochi sanno che Stefan Bellof, consegnato alla Tyrrell dopo che il suo sponsor Rothmans aveva posto un veto al prosieguo dei test che il biondo di Giessen stava svolgendo assieme a Senna con la McLaren, è un pilota che sa essere velocissimo. Soprattutto quando, come l’anno prima sull’Anello Nord, Stefan decide di sfidare non l’auto, non gli avversari, ma se stesso e la pista. In condizioni, per di più, che permettono di livellare le differenze tecniche tra le varie vetture, lasciando che siano piedi, mani e testa del pilota fare la differenza.

La tempesta sferza la scogliera di Montecarlo, lasciando che il caos scorra veloce assieme all’acqua sull’asfalto infido del Principato. Prost, nella limpida solitudine della sua prima posizione, colpisce con la propria auto un Commissario di Gara. Mansell, dopo aver preso il comando della corsa, viene graziato dal muro di Beau Rivage prima che quello del Mirabeau non si renda suo giustiziere. Lauda si gira al Casino. E invece, dalle retrovie, Senna e Bellof risalgono la classifica addomesticando la furia della natura. Entrambi giovani, entrambi velocissimi, entrambi consapevoli che su quel circuito, con quelle condizioni, in quel Gran Premio si poteva fare qualcosa destinato a rimanere nella Storia. I due, inconsapevoli gemelli figli della tempesta, tengono un ritmo inavvicinabile per gli altri, girando al limite in ogni passaggio, privi di timori riverenziali verso chiunque gli si pari davanti. Al brasiliano non resiste Lauda, che al 19° giro prima di ritirarsi viene infilato alla staccata di Santa Devota. Al tedesco non resistono né Rosberg, superato all’uscita del Tunnel, né Arnoux, superato alla staccata del Mirabeau. Ed è il 27° giro di una gara assurda quando Senna e Bellof si ritrovano 2° e 3°. Sono i più veloci in pista e, in quelle condizioni, i più veloci al mondo. Allo sventolare della bandiera a scacchi, lo sanno entrambi, mancano ancora diversi giri. E ai due, come se Velocità stessa avesse deciso di indirizzare le loro menti verso un unico splendido obiettivo nonostante diversi secondi li separassero ancora, balena in mente un’idea pazza, un sogno folle, un’utopia magnifica: andare a prendere Alain Prost.

Il francese, ramingo esule tra i flutti, ha dalla sua una McLaren vicina quell’anno al limite dell’inarrestabile. Ma quel giorno, quel 3 giugno del 1984, la sua fida e velocissima MP4-2 non è sufficiente per salvarsi dalla furia di Senna e Bellof. I due divorano i secondi che li separano dalla vetta: Senna recupera su Prost, Bellof recupera su Senna sfruttando al meglio il minor traffico incontrato. Prost, nel corso del 29° passaggio, si vede esporre un Pit Board che gli cristallizza il sangue nelle vene, schiaffeggiandolo sul volto con più violenza di quanta ne avesse usata la pioggia fino a quel momento: il vantaggio su Senna, pari a circa mezzo minuto nel corso del 16° giro, ora si è ridotto ad una manciata di secondi. Alain riflette, capisce che lì, sotto il pianto infinito di quel cielo impietoso che sovrasta il Principato, non ha armi per resistere a Senna. E, su una distanza di gara normale, neppure per resistere a Bellof. Ma, all’improvviso, proprio l’acqua che fino a quel momento stava plasmando un incubo alle sue spalle diventa la sua più fida alleata: il fortunale aumenta infatti la propria intensità, riducendo ulteriormente la visibilità. Prost si sbraccia dall’abitacolo della sua McLaren, cerca di far capire ai Commissari che, in quelle condizioni, non si può continuare a correre. Senna e Bellof, dal canto loro, non vengono neppure accarezzati dalla confortante mano del ritiro: sono entrambi sul podio, entrambi annusano la possibilità di una vittoria, nessuno è più veloce di loro e la forza con cui la tempesta li colpisce non riesce neppure ad intaccare la loro volontà di portarsi sempre oltre il limite, ogni giro più veloci del precedente. Perché Senna e Bellof, quel 3 giugno del 1984, erano semplicemente invincibili.

Ma Ayrton e Stefan sono giovani, esaltati dal risultato che sta maturando davanti ai loro occhi, non riescono a giudicare con lucidità la situazione. O almeno, questo è quello che devono aver pensato i Commissari di Gara. Che invece, al più esperto Prost, danno ascolto dopo pochi giri. Al termine del 31° passaggio infatti, quando solamente due erano i secondi di vantaggio rimasti al francese sul brasiliano, sulla linea del traguardo compare, sventolata dal Direttore di Gara del GP, una bandiera rossa, subito seguita da quella a scacchi. La gara, quando Senna supera Prost sul rettilineo dopo che la McLaren del francese aveva rallentato alla vista dell’invocata bandiera rossa, è ormai finita e fa fede l’ordine di arrivo del giro precedente. Senna esulta, credendo di aver vinto; Bellof esulta, credendo di aver ottenuto un grandissimo podio partendo dall’ultima posizione. Ma la gioia di nessuno dei due è destinata a durare. Quella di Senna dura il tempo di un giro, fino a quando il brasiliano non si rende conto che a far fede per la classifica finale del GP è appunto l’ordine di arrivo del giro precedente l’interruzione; quella del tedesco dura pochi GP, fino a quando la Tyrrell non verrà squalificata – con conseguente cancellazione di tutti i risultati ottenuti quell’anno – per aver corso sottopeso. E se per Senna la delusione fu mitigabile, visto che il podio ed il secondo posto rimasero, quella di Bellof fu incomparabilmente più cocente, tanto da segnare una frattura insanabile tra la Carriera del tedesco e la F1, un mondo che il Re del ‘Ring abbandonò con pochi ricordi e tanti rimpianti per tornarsene nell’Endurance.

Ayrton Senna Toleman Hart TG184 at Loews, Monaco F1 GP 3 June 1984
Ayrton Senna Toleman Hart TG184 at Massenet, Monaco F1 GP 3 June 1984

Che giorno strano, quel 3 giugno del 1984. Soprattutto considerando che racchiuso nella figura del Direttore di Gara che sventolava quella bandiera rossa sotto la pioggia martellante e tambureggiante del GP di Monaco, quell’unica bandiera che mise fine ad una rincorsa che pareva inarrestabile, c’era racchiuso, ad insaputa di Senna e Bellof, il futuro di entrambi. Quello di Senna, perché il brasiliano probabilmente non cancellò mai dai propri ricordi il fatto che Prost lo avesse battuto solamente grazie ad un’interruzione, ponendo il seme per quella che è stata una delle rivalità sportive che più hanno segnato il volto della F1. E quello di Bellof, perché il tedesco, quando tentò quel sorpasso azzardato che gli costò la vita al Raidillon, il 1° settembre del 1985 durante la 1000 km di SPA, stava cercando di sorpassare, nella lotta per la prima posizione, proprio lui. Proprio il Direttore di Gara che gli aveva sventolato la bandiera rossa davanti agli occhi in un grigio pomeriggio monegasco due anni prima: Jacky Ickx.

F1 | Quella volta che… a Monaco 1984 c’era un pilota più veloce di Ayrton Senna

Il GP di Monaco 1984 di F1 è passato alla storia come la gara in cui il mondo ha scoperto il talento di Ayrton Senna. Ma quel 3 giugno c’era un pilota che fu capace di andare più forte del brasiliano.

Quasi tutti i fan del motorsport sono a conoscenza delle vicende del GP di Monaco 1984 di F1. Sotto una pioggia torrenziale, Alain Prost, alla guida della McLaren equipaggiata dal motore turbo TAG Porsche, approfittò dell’errore di Nigel Mansell per portarsi in testa. Ma quello che catturava l’interesse era quanto stava accadendo alle sue spalle.

Stefan Bellof al volante della Tyrrell durante la stagione 1985 – Credits: escapeauthority.com

Il 24enne Ayrton Senna, alla sua sesta gara in carriera in Formula 1, scattò tredicesimo con la modestissima Toleman. Il brasiliano rimontò una posizione dopo l’altra, finché al 18° giro si portò in seconda posizione superando niente meno che Niki Lauda sull’altra McLaren. Senna non si accontentò e nell’arco di pochi giri recuperò i 35 secondi che lo separavano da Prost e si portò nei tubi di scarico della MP4/2 numero 7. Ma proprio sul più bello, il direttore di gara, l’ex pilota Ferrari Jacky Ickx, interruppe la corsa per la troppa pioggia dopo appena 31 dei 76 giri previsti.

La vittoria di Prost fu così salva e Jacky Ickx venne accusato di una sorta di conflitto di interessi. Al belga, pilota ufficiale Porsche nel mondiale Endurance, venne infatti imputato di aver favorito la McLaren del francese che, come detto, montava il motore della casa di Stoccarda.

Sia Ayrton Senna che Jacky Ickx li ritroveremo ancora, ma non è di loro che vogliamo parlare nella storia di oggi, bensì del pilota che in quel GP di Monaco era giunto alle spalle del brasiliano e la cui grande prestazione venne appunto oscurata da quella di Senna. Quest’oggi vogliamo parlare di Stefan Bellof.

Le origini di Stefan Bellof

Nato il 20 novembre 1957 a Giessen, nel cuore dell’allora Germania Ovest, Stefan inizia a correre nei kart relativamente tardi, nel 1973. Il suo debutto in monoposto avviene sul finire del 1979 quando partecipa ad Hockenheim ad una gara del campionato tedesco di Formula Ford 1600. Il debutto è da stropicciarsi gli occhi: taglia infatti il traguardo al secondo posto.

L’anno seguente, disputa l’intera stagione e con 8 vittorie su 12 gare si laurea campione. Quell’anno, fa doppietta aggiudicandosi anche il titolo tedesco nei kart. Negli anni successivi, mette in mostra tutto il suo talento tant’è che la sua scalata nelle categorie minori è rapidissima. Nel 1981 vince tre gare nella Formula 3 tedesca e giunge terzo in campionato, nonostante abbia dovuto saltare le prime due corse.

Nel 1982 passa al campionato europeo di Formula 2, dove trionfa nei primi due appuntamenti di Hockenheim e Silverstone. Il campionato però non prosegue nello stesso modo in cui era iniziato e Bellof deve accontentarsi della quarta posizione.

Nato il 20 novembre 1957 a Giessen, nel cuore dell’allora Germania Ovest, Stefan inizia a correre nei kart relativamente tardi, nel 1973. Il suo debutto in monoposto avviene sul finire del 1979 quando partecipa ad Hockenheim ad una gara del campionato tedesco di Formula Ford 1600. Il debutto è da stropicciarsi gli occhi: taglia infatti il traguardo al secondo posto.

L’anno seguente, disputa l’intera stagione e con 8 vittorie su 12 gare si laurea campione. Quell’anno, fa doppietta aggiudicandosi anche il titolo tedesco nei kart. Negli anni successivi, mette in mostra tutto il suo talento tant’è che la sua scalata nelle categorie minori è rapidissima. Nel 1981 vince tre gare nella Formula 3 tedesca e giunge terzo in campionato, nonostante abbia dovuto saltare le prime due corse.

Nel 1982 passa al campionato europeo di Formula 2, dove trionfa nei primi due appuntamenti di Hockenheim e Silverstone. Il campionato però non prosegue nello stesso modo in cui era iniziato e Bellof deve accontentarsi della quarta posizione.

Lo strepitoso record del Nordschleife

Il suo talento non è però passato inosservato e il suo nome è finito sul taccuino della Porsche che lo mette sotto contratto come pilota ufficiale per la stagione 1983. Il tedesco guiderà la 956 nel mondiale Sportprototipi in coppia con Derek Bell, mentre sull’altra vettura di Stoccarda ci sono Jochen Mass e proprio Jacky Ickx.

Alla sua stagione di debutto nella serie, Stefan Bellof entra subito nella storia. Quale miglior palcoscenico del Nurburgring Nordschleife, il circuito più difficile al mondo, per dare un saggio della propria classe? Nelle qualifiche della celebre 1000 Km, Stefan sbalordisce tutti. Ha compiuto i 20,832 Km dell’Inferno Verde in 6 minuti 11 secondi e 13 centesimi, ad una media di oltre 202 Km/h. Questo è ancora oggi il giro più veloce mai compiuto al Nordschleife in una gara regolamentata.

Bellof però non si accontentò perché fece segnare il record della pista anche in gara in 6:25.91. Neanche a dirlo, anche questo è un record tuttora imbattuto.

La Porsche 956 con cui Stefan Bellof fece segnare il record del Nordschleife durante le qualifiche della 1000 Km del Nurburgring 1983 – Credits: Road and Track

L’esordio in Formula 1

Sul finire del 1983, la McLaren decise di far disputare un test a Silverstone a tre giovani piloti. Uno di questi era proprio il tedesco, mentre gli altri erano i primi due classificati della Formula 3 inglese, ossia Ayrton Senna e Martin Brundle.

Per la stagione 1984, come detto, Senna finì alla Toleman mentre sia Brundle che Bellof si accasarono alla Tyrrell. La scuderia di Ken era ormai lontanissima parente di quella che circa un decennio prima era stata capace di assicurarsi due titoli mondiali con Jackie Stewart al volante.

Erano gli anni in cui le wing car e le minigonne erano state abbandonate per motivi di sicurezza ed fu reso obbligatorio implementare il fondo piatto nella parte inferiore delle monoposto. Era quindi ormai chiaro che l’unico modo per restare ai vertici era dotarsi di un motore turbo.

Ebbene, nel 1984, la Tyrrell era una delle pochissime scuderie che utilizzava ancora un propulsore aspirato, il famigerato Ford-Cosworth V8, che tante gioie aveva regalato negli anni passati ma che era ormai passato di moda.

Nonostante questo, i risultati della Tyrrell nella prima pare del 1984 furono tutt’altro che malvagi. Bellof ottenne infatti il suo primo punto in carriera grazie al sesto posto finale nella terza gara dell’anno a Zolder, in Belgio, e ne conquistò un altro bissando il risultato nella gara successiva di Imola.

L’impresa nel GP di Monaco 1984

Siamo nell’epoca in cui nel Principato il numero massimo di vetture partenti era di 20 unità. Viste le 27 vetture iscritte alla gara, era chiaro che le qualifiche non avrebbero solo decretato l’ordine di partenza, ma anche le sette monoposto che sarebbero rimaste escluse.

Il tedesco strappò l’ultima posizione utile per prendere il via, beffando di un decimo e mezzo la Arrows di Mark Surer. La sua Tyrrell fu l’unica vettura con motore aspirato in grado di qualificarsi. E’ chiaro che, partendo dalla 20esima casella su una pista come quella di Monte Carlo e con un mezzo non così competitivo, le sue speranze di ottenere un buon risultato erano davvero ridotte al lumicino.

Ma ecco che domenica 3 giugno 1984 si manifesta un violento acquazzone a scombinare le carte. Dall’ultima posizione, Bellof riesce a tenersi lontano dal groviglio della prima curva che coinvolge le due Renault, la Lotus di De Angelis e l’Alfa Romeo di Patrese e inizia a recuperare una posizione dopo l’altra.

Basti pensare che, alla conclusione del terzo giro, il tedesco è già decimo. La regia internazionale lo pesca dopo qualche giro, quando occupa la sesta posizione ed è nei tubi discarico della Williams di Keke Rosberg. All’ingresso della Chicane del Porto, supera il finlandese e approfitta poi dell’errore di Niki Lauda per prendersi la quarta piazza. Stupenda poi la manovra con cui infila Renè Arnoux al Mirabeau. E’ infatti costretto a mettere le due ruote interne sul marciapiede per sorpassare la Ferrari e prendersi il gradino più basso del podio.

A questo punto, Bellof inizia anche a recuperare su Senna e Prost che lo precedono, prima che la sua rimonta venga appunto interrotta dal direttore di gara, Jacky Ickx, che dichiara la fine delle ostilità. Viene così classificato terzo con un gap di 21 secondi dal vincitore.

Conquista così il suo primo podio in Formula 1, a Monte Carlo. Anzi, avrebbe conquistato il suo primo podio. Infatti, poco meno di un mese dopo, in seguito al secondo posto ottenuto da Martin Brundle a Detroit, la federazione scopre il trucco che permetteva alla Tyrrell di giocarsela con le monoposto dotate di motore sovralimentato. Nelle verifiche post-gara, nel serbatoio dell’acqua delle 012 vennero trovati 60 chili di palline di piombo.

Questo permetteva alle vetture di Ken Tyrrell di disputare buona parte della gara sottopeso, finché, in un pit stop effettuato a pochi giri dalla fine, veniva effettuato un rabbocco di questo strano fluido. Ciò consentiva alle Tyrrell di superare brillantemente le verifiche. Scoperto l’inganno, la FIA usò il pugno duro e cancellò i risultati ottenuti finora dalla Tyrrell e la estromise dal mondiale 1984. Stefan Bellof perse così quello che sarebbe stato il suo unico podio in Formula 1.

La tragica scomparsa che ne impedì l’approdo in Ferrari

La vita e la carriera di Stefan Bellof termineranno tragicamente il 1° settembre 1985 a causa di un incidente avvenuto nel corso della 1000 km di Spa Francorchamps. Mentre è in corso un duello con Jacky Ickx, ancora una volta lui, le due Porsche vengono a contatto mentre stanno affrontando il punto più pericoloso del circuito, l’Eau Rouge. La vettura di Bellof termina la sua corsa contro il guardrail. L’impatto avviene a velocità elevatissima e per lo sfortunato tedesco non ci sarà nulla da fare.

Nonostante la squalifica di Monaco, la sua prestazione non rimase fine a se stesso. Il tedesco finì infatti nel mirino della scuderia più prestigiosa di tutte, la Ferrari. Renè Arnoux era infatti in scadenza di contratto al termine del 1985 e Enzo Ferrari inserì Bellof fra i piloti candidati per affiancare Michele Alboreto nel 1986. Sarebbe stato anche programmato un meeting con il Drake. Incontro che però non avvenne mai perché il destino decise diversamente.

Articolo Capeta Sim Racing Team Forum Community

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