Day: 20 giugno 2023

LOTUS 88 F1: LA GENIALE SOLUZIONE DEL DOPPIO TELAIO IN FIBRA DI CARBONIO VOLUTA DA COLIN CHAPMAN CHE PERO’ VENNE BANDITA ANCORA PRIMA DI ESSERE MESSA IN PISTA

Lotus 88 F1 1981, progettata dal genio creativo di Colin Chapman guidata dai piloti Elio De Angelis e Nigel Mansell: aveva le “minigonne”, ovvero delle bandelle laterali all’anteriore che scendevano verso il basso ogni volta che la monoposto andava più veloce, sfruttando l’Effetto Venturi, l’effetto suolo che si genera ogni volta che si avvicina il fondo della monoposto verso il suolo tramite l’aumento del carico aerodinamico o downforce. La soluzione delle minigonne venne però bandita dalla FIA e non permise alla vettura di scendere in pista con successiva squalifica.
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La Lotus 88 fu il geniale tentativo di Colin Chapman di mantenere la reputazione del Team Lotus come pioniere d’avanguardia nella Formula 1, ma la sua soluzione a doppio telaio fu bandita prima che potesse correre ufficialmente. Non a caso, la Lotus fu la prima ad adottare la monoscocca in alluminio sulla Lotus 25. Con la Lotus 72, invece, fu stata definita la forma a cuneo, con le altre scuderie che successivamente adottarono la stessa forma con l’alloggiamento dei radiatori nelle fiancate. Con la Lotus 78, invece, si riuscì ad integrare perfettamente l’effetto suolo per la prima volta. Dopo le molteplici novità, però, la Lotus non vinse neanche una gara in Formula 1 negli anni 1979 e 1980.

Con la Lotus 88, pertanto, l’obiettivo era quello di riportare in cima alla classifica il team, riuscendo a raggirare il regolamento che vietava le minigonne aerodinamiche a paratie scorrevoli proprio prima della stagione 1981. Tuttavia quell’auto fu resa illegale ancora prime di mettere le ruote sull’asfalto e fu così che non vide mai la pista.

La nascita dell’effetto suolo

L’effetto suolo è un termine generico usato per descrivere il principio aerodinamico applicato alle vetture progettate alla fine degli anni ’70, quando i team si affrettarono a copiare la soluzione che portò Lotus a vincere un campionato piloti e uno costruttori nel 1978 con Mario Andretti.

I progetti, noti anche come “Wing Cars”, includevano grandi tunnel Venturi alloggiati sotto i fianchi che si estendevano sul retro dell’auto. Per sfruttare al massimo questi tunnel, Lotus aveva aperto la strada a una soluzione con minigonne usando pannelli di plastica che erano stati appesi al bordo delle fiancate e che toccavano la superficie della pista.

Ciò chiuse i tunnel, migliorando il flusso attraverso di essi e riducendo l’uscita del flusso d’aria, con conseguente maggiore carico aerodinamicoMinigonne sempre più complesse arrivavano col tempo mentre i team svilupparono la soluzione e riprogettarono le loro auto per trovare maggiori prestazioni. L’illustrazione seguente della Lotus 79 – lo sviluppo vincente di Chapman della 78 – mostra lo sforzo fatto dal team per creare un corpo il più stretto possibile al fine di avere tunnel Venturi più ampi e più lunghi.

Differenze aerodinamiche tra Lotus 79 e Lotus 80, disegni di Giorgio Piola

Questa filosofia fu stata portata avanti con la Lotus 80, sebbene l’auto sia stata una delusione e sia stata abbandonata a favore di continuare proprio con la 79. Comunque, alla fine del decennio, con le velocità che salivano più velocemente rispetto ai miglioramenti della sicurezza, l’organo governativo intervenne per ridurre al minimo l’impatto dell’effetto suolo vietando le minigonne e imponendo una costante altezza da terra di 60 mm. Chapman, si mise, quindi, alla ricerca di modi per compensare la perdita di carico aerodinamico.

Nasce la Lotus 88

Lotus aveva già lavorato su un’auto che utilizzava il concetto di doppio telaio: la Lotus 86. Tuttavia, la 86 fu costruita quando le minigonne erano ancora regolari. Pertanto, si doveva aggiustare un po’ la struttura, ma grossomodo si adottò nuovamente il doppio telaio: uno interno ed uno più esterno. Questa volta fu usata una monoscocca in carbonio molto simile alla McLaren MP4/1 di John Barnard.

A corto di tempo e con l’affiliazione che la McLaren ebbe con lo specialista composito Hercules Aerospace, Lotus fu costretta a costruire la propria versione internamente. Sebbene probabilmente migliore della sua controparte in alluminio, la monoscocca utilizzava tecniche completamente diverse da quelle di Barnard nella sua costruzione, favorendo un centro a nido d’ape Nomex sul nido d’ape in alluminio utilizzato da McLaren.

Una procedura di posa a umido che non è stata polimerizzata in autoclave ha ridotto ulteriormente la resistenza complessiva.

Il doppio telaio della Lotus 88

L’idea del concetto di doppio telaio era quella di avere due telai molleggiati, il telaio interno, in cui era alloggiato l’abitacolo, che era responsabile delle forze meccaniche esercitate sull’auto e l’esterno che si occupava delle forze aerodinamiche. Il telaio esterno era quello risucchiato dall’effetto suolo a velocità elevata e la forza veniva esercitata sul telaio interno.

Quello esterno non aveva ali ed era in realtà un enorme sistema di generazione dell’effetto suolo, che iniziava subito dietro al muso della vettura e si estendeva fino alle ruote posteriori producendo un elevato carico aerodinamico.

Come motore la vettura utilizzava il Ford Cosworth DFV. I piloti del team, Elio De Angelis e Nigel Mansell, dichiararono che la vettura era un disastro e che ne avevano paura quando ad alte velocità l’aria si infilava fra i due telai.

Per impedire l’uso di tali progetti, i regolatori citarono il regolamento che affermava come: “le parti aerodinamiche devono rimanere immobili in relazione alla parte sospesa della vettura“. La formulazione specifica è stata adattata per soddisfare le norme prevalenti nel corso degli anni, ma può ancora essere trovata nell’articolo 1.4 del regolamento tecnico di oggi. Chapman fu indignato dalla decisione e fece diversi tentativi di correre con la Lotus 88, ma, con una forte opposizione ad ogni tentativo, fu infine costretto ad abbandonare il progetto.

Autore:

FRANCESCO MENNA

Mi chiamo Francesco, classe 96. Laureato in Ingegneria Meccanica e studente alla magistrale di Ingegneria Meccanica per l’Energia e l’Ambiente alla Federico II di Napoli. Passione sfrenata per tutto ciò che ha un motore e va veloce. Per info e collaborazioni inviare una mail a framenna96@gmail.com

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus