Campagnolo

LE SALITE DEL CICLISMO PIÙ SPETTACOLARI AL MONDO

30 Novembre 2023

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MONT VENTOUX

Durante l’11ª tappa del Tour de France del 2021 abbiamo assistito a un atto di crudeltà che rimarrà a lungo negli annali del ciclismo: il Mont Ventoux, il “Gigante della Provenza”, è stato teatro non di una, ma di ben due scalate nello stesso giorno.

Quell’immensa massa rocciosa che raggiunge quasi i 2.000 metri nel cuore del Vaucluse, su cui le temperature possono essere torride o gelide, e a volte essere sia le une che le altre nello stesso giorno, è stata percorsa più di una volta. Inaspettatamente, il poliedrico Wout van Aert ha battuto gli autentici scalatori aggiudicandosi la vittoria.

Sono tre i percorsi che salgono in vetta partendo dai tre paesi alle pendici della montagna: Malaucène, Sault e Bédoin. La salita da Malaucène è “moderata”, mentre quella da Sault è “facile”.

Con una lunghezza di 21,1 km e una pendenza media del 7,6% con punte del 12%, la salita da Bédoin è considerata la più difficile delle tre ed è quella che normalmente si percorre al Tour. Eddy Merckx, “il Cannibale”, ha vinto cinque volte il Tour de France, sempre contando sulla componentistica Campagnolo.

Ma perfino il campione belga ha sofferto sul Mont Ventoux. Nel 1970, scattò all’inizio della salita lasciandosi alle spalle gli altri concorrenti. Merckx era potente, sembrava invincibile ma, mentre scalava la montagna e si avvicinava al traguardo, faticava a girare i pedali.

Tagliò il traguardo prima di essere colto da un malore e, secondo le cronache, sussurrò: “No, [il Ventoux] è impossibile”. Questo episodio tuttavia non impedisce ogni anno a migliaia di ciclisti amatoriali di seguire le orme di Merckx.

SA CALOBRA

Maiorca si sarà guadagnata la reputazione di meta turistica, ma con la sua offerta di salite e strade perfettamente asfaltate è anche un paradiso per i ciclisti tutto l’anno. La salita probabilmente più famosa – o forse dovremmo dire la più famigerata – è quella di Sa Calobra: 9,5 km di lunghezza, una pendenza media del 7% e punte che giungono al 13,4%.

Come la mitica salita dell’Alpe d’Huez, in Francia, una delle caratteristiche principali di Sa Calobra è il numero dei suoi tornanti: ben 26. 

Ma Sa Calobra spicca anche per un altro aspetto: da qui si deve prima scendere, perché il percorso per questa particolare salita termina proprio in cima. Si tratta di un’arma a doppio taglio per i ciclisti: ammirano il vasto panorama mozzafiato mentre volano in discesa, con la piena consapevolezza che rivedranno quei tornanti dopo poco, a velocità molto inferiori.

Considerando che Maiorca richiama molti vacanzieri, è meglio affrontare questa ascesa fuori stagione.

STELVIO DA PRATO

Lo Stelvio, con i suoi 2.758 m, è il secondo valico asfaltato più alto d’Europa, superato solo dai 2.770 m del francese Col de l’Iseran. Il versante nord del passo dello Stelvio ha una salita iconica lunga 24,3 km e una pendenza media del 7,4% che tocca senza pietà l’11% nell’ultimo chilometro.  

Il Giro d’Italia è transitato per lo Stelvio 13 volte: l’ultima è stata nel 2020, quando Rohan Dennis ha scollinato prima che Jai Hindley vincesse la tappa. Lo Stelvio fu affrontato al Giro d’Italia per la prima volta nel 1953, quando il mitico Fausto Coppi, che come Merckx utilizzava il cambio Campagnolo, diede vita a una delle performance più memorabili nella storia del Giro.

Prima della tappa, Coppi e la Maglia Rosa Hugo Koblet strinsero un patto: Coppi non l’avrebbe attaccato se in cambio Koblet gli avesse lasciato la vittoria della tappa. Koblet accettò, salvo poi sottrarsi all’accordo a metà della salita sullo Stelvio. Questo atteggiamento si rivelò un grave errore che portò Coppi a prendere d’assalto lo Stelvio, vincendo la tappa per quasi tre minuti e aggiudicandosi la Maglia Rosa che indossò fino a Milano per la sua quinta, e ultima, vittoria del Giro.

È necessario essere ben allenati per poter affrontare questa salita imponente che, con i suoi 48 tornanti numerati, potrebbe procurare un po’ di vertigini e togliere il fiato.

MOUNT BUFFALO 

Per molti ciclisti, il Mount Buffalo, è la salita imperdibile dell’Australia. E, secondo VeloViewer, si tratta di un primato meritato perché misura 18 km, con una pendenza media del 5,6% e punte fino al 10,6% (Molti la fanno partire circa 6 km più indietro, anche se è prima che inizi la pendenza). A differenza di molte altre salite di questa parte dell’Australia (ci troviamo nello Stato di Victoria, a sud-est), che presentano un po’ di discese e falsipiani, questa è tutta in verticale.

Man mano che si sale, somiglia sempre di più alle salite in Europa con una linea degli alberi che cambia similarmente a quella in quota nelle zone alpine.

All’avvicinarsi della vetta, si attraversano vaste brughiere e una meravigliosa foresta prima della salita finale che val bene uno sprint fino allo storico Mount Buffalo Chalet.

MOUNT WASHINGTON

Quella del Mount Washington, sull’isola di Vancouver, nella British Columbia, è una delle salite più spettacolari del Canada: oltre 18 km di lunghezza, con una pendenza del 5,8% che sfinisce lentamente fino a sfiancare quando tocca il 13,4%. È una scalata implacabile immersa in una terra verde e fertile. 

Ma una di quelle che si può conquistare con l’allenamento, la determinazione e la dedizione, tutti fattori che il canadese Roger Thomas ha mostrato domando il Mount Washington per il suo 80° compleanno. Thomas si reca annualmente in pellegrinaggio su questa salita e proprio in questa speciale occasione ha raggiunto la cima in un’ora e 42 minuti.

Un’ottima prova anche se appena dietro al compagno canadese Nigel Thomas che detiene il KOM con 49 minuti e 35 secondi. La canadese Kirsti Lay detiene il QOM con un tempo di 1:07.10.

CROCE D’AUNE

Il Croce d’Aune, nelle Dolomiti, occupa un posto speciale nel cuore di Campagnolo: è stato su quel passo infatti che il nostro fondatore nonché leggenda, Tullio Campagnolo, ha avuto l’intuizione di inventare lo sgancio rapido. Ciclista e apprendista meccanico, Tullio amava armeggiare con le bici, tanto da costruirsi da solo i telai.

L’11 novembre 1927 era in testa al Gran Premio della Vittoria sul Croce d’Aune fino a quando non dovette cambiare rapporto. Per farlo era necessario invertire la ruota posteriore, di cui ciascun lato del mozzo presentava un pignone a singola velocità: uno per la salita e uno per la discesa. 

Per invertire la ruota occorreva allentare i dadi, ruotarli di 180° e serrarli di nuovo: a un ciclista esperto occorrevano oltre 30 secondi per compiere questa procedura. Ma quella giornata gelida aveva ghiacciato le dita a Tullio, che non riusciva a girare i dadi. Mentre vedeva che gli altri concorrenti lo superavano, pronunciò (in dialetto vicentino) la famosa frase: “Bisogna cambiare qualcosa dietro”. E fu così che Tullio ebbe l”intuizione dello sgancio rapido.

Oggi, ovviamente, i ciclisti possono sfrecciare sul Croce d’Aune con attrezzatura del calibro delle ruote Hyperon Ultra.

A dire il vero, i professionisti possono sfrecciare. Per tutti gli altri, perfino con l’equipaggiamento di altissimo livello di Campagnolo, quella salita di 11,2 km e con una pendenza media del 6,6% che arriva al 12% potrebbe rivelarsi una sfaticata bella lunga.

Ma mai fermarsi! Mai arrendersi! In cima il premio è un panorama semplicemente magnifico. 

Pensi di cimentarti su una di queste salite prossimamente? Non dimenticare di taggarci nei tuoi post. 

Fonte: Campagnolo, Vicenza Italia

CAMPAGNOLO E LE 5 LEGGENDE DEL CICLISMO

EDDIE MERCKX “IL CANNIBALE” IN MAGLIA IRIDATA FESTEGGIA DOPO AVER VINTO LA SUA QUARTA MILANO-SANREMO!

Nel corso della sua lunga e illustre storia, Campagnolo ha avuto il piacere di supportare i migliori corridori di sempre.

Sin dal 1933, quando il carismatico Tullio Campagnolo fondò l’azienda di ciclismo più bella ed innovativa al mondo, i migliori ciclisti della storia hanno scelto di servirsi della rivoluzionaria gamma di gruppi, ruote e componenti Campagnolo.

È una storia che nasce da un colpo di genio. Gli amanti dello stile, delle prestazioni e della storia del ciclismo conosceranno sicuramente uno dei più famosi aneddoti su Tullio che, alle prese con una foratura ed una ruota che non voleva saperne di sganciarsi, ebbe un’idea folgorante: perché non inventare uno sgancio rapido?

È da questa storia che nasce il marchio più inconico nel mondo del ciclismo. In 89 anni d’esperienza, sono molti i corridori che hanno brillato utilizzando i prodotti Campagnolo.

Vediamo insieme i nomi dei corridori Campagnolo più leggendari.

Eddy Merckx

EDDIE MERCKX, “IL CANNIBALE” BELGA!

Non possiamo che iniziare dal più grande e potente ciclista di sempre. Il belga è sicuramente il corridore più vincente della storia, con 525 vittorie, tra cui il record di cinque edizioni del Tour de France.

Fu anche il primo belga a vincere il Giro d’Italia nel 1968 – corsa che ha vinto altre quattro volte. E poi ci sono ben sette Milano-Sanremo, cinque Liegi, il Giro delle Fiandre, la Roubaix, Il Lombardia… Merckx ha vinto proprio tutto.

All’epoca, Merckx utilizzava numerosi prodotti della gamma Campagnolo, tra cui il gruppo Nuovo Record, introdotto nel 1967.

Il Nuovo Record era uno dei gruppi più rivoluzionari del settore, ed era più leggero dei precedenti, perché era realizzato in alluminio anziché in bronzo cromato.

EDDIE MERCKX VINCE CON LA MAGLIA DI CAMPIONE NAZIONALE BELGA SU STRADA

La sua popolarità ha fatto sì che restasse in produzione fino al 1987.

Merckx ha poi fondato la sua propria ditta di biciclette. Tra i modelli c’era il Professional, costruito in acciaio, completo di leve cambio sul tubo obliquo e lo speciale gruppo Campagnolo del Cinquantenario.

Gino Bartali

GINO BARTALI “IL TOSCANO DI FERRO” “L’INTRAMONTABILE” CAMPIONE NELLA VITA E CAMPIONE DI UMANITA’: NELLA SUA FIRENZE SALVO’ 900 EBREI DALLA DEPORTAZIONE NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO NAZISTI. OGGI E’ RICORDATO COME GUSTO TRA LE NAZIONI AL MUSEO YAD VASHEM DI GERUSALEMME

L’italiano ha avuto l’onore di diventare il primo corridore a vincere il Tour de France utilizzando un gruppo Campagnolo. Era il 1948: il suo secondo trionfo al Tour, esattamente 10 anni dopo il primo.

Bartali, infatti, smise di correre durante la seconda guerra mondiale, durante la quale – si è scoperto nel 2010 – aveva contribuito a portare documenti alla Resistenza italiana.

È venuto anche alla luce che aveva nascosto una famiglia ebrea nella sua cantina, un gesto che, per uno dei sopravvissuti, gli avrebbe salvato la vita.

Bartali ha vinto il Giro tre volte, insieme ad innumerevoli classiche. Indimenticabile è la sua rivalità con Fausto Coppi. Coppi, più giovane di lui, alla fine avrebbe sostituito il suo connazionale vincendo il Tour de France del 1952, con il gruppo Gran Sport di Campagnolo.

Greg LeMond

GREG LEMOND, L’AMERICANO CAMPIONE MENTRE AFFRONTA UNA CRONOMETRO NEGLI ANNI ’80

LeMond ha vinto tre edizioni del Tour de France e avrebbe potuto vincerne di più se non fosse stato per un incidente durante una battuta di caccia che ha quasi messo fine alla sua vita nel 1987.

La sua prima vittoria in Francia arriva nel 1986, dopo uno storico duello con il compagno di squadra Bernard Hinault.

Nel 1989, una volta ripresosi dall’incidente, vinse il suo secondo titolo al Tour, sconfiggendo Laurent Fignon (che utilizzò il Campagnolo Super Record per vincere la gara del 1984) nonostante i suoi 50 secondi di vantaggio nell’ultima tappa a cronometro di Parigi.

Nel 1990, quando gareggiava per il suo nuovo team Z-Tomasso, l’americano vinse il suo terzo e ultimo Tour utilizzando Campagnolo Record. Z-Tomasso quell’anno vinse anche la classifica a squadre.

La carriera di LeMond si è sempre incentrata molto sul Tour, ma il corridore ha anche vinto il Campionato del Mondo due volte, nel 1983 e nel 1989.

Miguel Indurain

MIGUEL INDURAIN MENTRE AFFRONTA UNA CRONOMETRO CON LA MAGLIA DELLA BANESTO, SQUADRA CICLISTICA SPAGNOLA

LeMond ha passato il testimone al fortissimo Miguel Indurain, che ha vinto cinque Tour di fila eguagliando il record di Merckx, dal 1991 al 1995. Lo spagnolo si è guadagnato il soprannome di “Big Mig” per le sue dimensioni: con i suoi 76 kg per 186cm non era di certo il favorito per vincere un Grande Giro.

Ma ogni secondo perso in salita contro corridori più leggeri veniva compensato dalla sua inarrivabile potenza.

Indurain, che è famoso per aver avuto una frequenza cardiaca a riposo di soli 28 bpm, ha usato le cronometro come asso nella manica vincere il Tour.

Lo spagnolo era così forte sui percorsi a cronometro, che vinse il titolo mondiale nel 1995 e il titolo olimpico 12 mesi dopo.

Negli anni ’90, Campagnolo ha vinto ben nove edizioni del Tour de France con Indurain, che utilizzava Campagnolo Record.

Marco Pantani, invece, ha vinto il titolo nel 1998, utilizzando Record Titanium.

Mario Cipollini

MARIO CIPOLLINI “IL RE LEONE” FOTOGRAFATO ASSIEME A MARCO PANTANI “IL PIRATA”

“Mario Cipollini”. Non c’è nome che abbia più stile di questo. E l’italiano di stile ne aveva sicuramente in abbondanza.

La sua eleganza, abbinata alle sue incredibili doti di velocista, gli hanno assicurato ben 170 vittorie da professionista. Tra il 1993 e il 1999, Cipo ha conquistato 12 vittorie di tappa.

Ma è stato proprio al Giro d’Italia che Cipollini si è davvero distinto, vincendo 42 volte e conquistando il titolo della classifica sprint tre volte, tra il 1992 e il 2002.

Cipo ha utilizzato gli impareggiabili gruppi Campagnolo per molti anni – impareggiabili sì, ma mai quanto lui.

Cipollini divenne famoso per la sfacciataggine dei suoi completi, tra cui il famoso completo “Human Muscle”.

Ricevette una sanzione per aver indossato questo completo insolito, che fù però battuto all’asta per beneficienza per $43.710 (quasi cento volte il costo della multa).

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©Yuzuru Sunada

Dott. Alessio Brancaccio, Università di L’Aquila, tecnico sportivo CSEN Abruzzo