Giovanni Impastato

“NO PONTE” SULLO STRETTO DI MESSINA: MANIFESTAZIONE NAZIONALE 2 DICEMBRE 2023

https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2023/12/01/no-ponte-manifestazione-nazionale-2-dicembre-2023/

Il Partito Comunista Italiano, condividendone  i contenuti, parteciperà alla manifestazione nazionale “No Ponte” che si terrà a Messina il prossimo Sabato 2 Dicembre. Come sottolineato nella piattaforma posta alla base della stessa è in gioco il futuro delle due regioni interessate, del Mezzogiorno, più in generale del Paese. Ciò che serve è un’altra idea di sviluppo, ecocompatibile, ecosostenibile, non asservita alla mera logica del profitto, che risponda ai bisogni reali, all’interesse generale e non a quello di parte, dei soliti noti. La scelta del “ponte sullo stretto” è sbagliata e dannosa. Serve voltare pagina, ed il PCI c’è. 

Fonte: Nuovo Partito Comunista Italiano

“Lo Stretto non si tocca”, adesioni da tutta Italia per la grande manifestazione No Ponte

A palazzo Zanca la conferenza stampa di presentazione del Corteo che si terrà il 2 dicembre. Così le ragioni e il percorso

https://www.messinatoday.it/cronaca/corteo-no-ponte-percorsi-adesioni-presentazione-2-dicembre-2023.html

Si è tenuta a Palazzo Zanca la conferenza stampa di presentazione del Corteo No Ponte del 2 dicembre a Messina con partenza da piazza Cairoli alle ore 15.30. Mariella Valbruzzi (comitato No Ponte Capo Peloro) e Laura Giuffrida (Invece del Ponte) hanno illustrato, a nome del “Coordinamento Corteo No Ponte 2 dicembre”, le ragioni della manifestazione e le adesioni ricevute da tutta Italia. “Il corteo del 2 dicembre è nazionale perché la tutela dello stretto di Messina contro la costruzione del ponte è questione nazionale e perché abbiamo coinvolto ed abbiamo ricevuto le adesioni da tutta Italia” ha detto la Valbruzzi che ha ricordato come dal corteo di Torre Faro del 17 giugno scorso si è avviato un  percorso costellato da iniziative, convegni, assemblee, che ha portato un variegato coordinamento di forze associative, partitiche e sindacali all’appuntamento del 2 dicembre.

Laura Giuffrida, nell’evidenziare i temi del corteo riguardanti l’inutilità del ponte, lo spreco di risorse, la devastazione che causerebbe di un patrimonio unico ed identitario come lo Stretto di Messina, ha dato lettura del lungo elenco di oltre 60 sigle locali e nazionali che hanno garantito la loro presenza al corteo, oltre a ricordare le attestazioni di solidarietà ricevute da persone impegnate socialmente e politicamente come Luigi De Magistris, Alex Zanotelli, Salvatore Borsellino, Giovanni Impastato con Casa Memoria, Mario Tozzi, Pino Incudine, Nichi Vendola, Mimmo Lucano.

Sono poi intervenuti Aura Notarianni (WWF), e Guido Signorino (Invece del Ponte) che hanno approfondito alcuni aspetti tecnici riguardanti l’impatto ambientale del ponte su tutte le matrici ambientali e sul territorio, le violazioni di legge del progetto, le analisi costi/benefici che fanno del ponte un’opera anti-economica.

A conclusione è stato reso noto il nuovo percorso del corteo del 2 Dicembre che sarà il seguente: partenza da piazza Cairoli ore 15.30, viale San Martino, via S.Cecilia, via Cesare Battisti, via 1° Settembre, piazza Duomo dove si terranno gli interventi finali.

Fonte: Messina Today

Messina, Ponte sullo Stretto: Rifondazione Comunista parteciperà alla manifestazione “No Ponte” del 2 Dicembre

https://www.ilgiornaledipantelleria.it/messina-ponte-sullo-stretto-rifondazione-comunista-sicilia-partecipera-alla-manifestazione-no-ponte-del-2-dicembre/

Granata alla manifestazione contro il Ponte: “Meloni tolga il giocattolo a Salvini prima che il suo sogno diventi incubo”

Il fondatore di Futuro e Libertà tra gli oltre diecimila partecipanti al corteo contro la realizzazione dell’infrastruttura “ciclopica, devastante e destinata a rimanere incompiuta”. Ribadita la necessità di inserire lo Stretto nella lista del patrimonio Unesco.

https://www.messinatoday.it/cronaca/ponte-sullo-stretto-corteo-dicembre-granata-unesco.html

“Alla manifestazione contro il Ponte sullo Stretto di Messina ho ribadito la richiesta di inserimento dello Stretto nella W.H.L. Unesco come Patrimonio ambientale, paesaggistico, geologico e geomorfologico dell’Umanità. La Convenzione Unesco per il Patrimonio Mondiale stabilisce che beni culturali e naturali siti in varie parti del mondo e d’importanza universale debbano essere conservati e preservati quali patrimonio di tutta l’umanità. Lo Stretto deve essere iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale per la sua bellezza e unicità paesaggistica, geologica e geomorfologica”.

Fabio Granata, avvocato tra i fondatori di Futuro e Libertà e attualmente assessore alla Cultura della Città di Siracusa indica la strada maestra contro l’infrastruttura e per uno sviluppo sostenibile dopo la partecipazione ieri alla mega manifestazione che ha visto scendere in piazza migliaia di persone contro “un fantomatico progetto” (nononostante decenni di studi e soldi macinati non c’è un progetto esecutivo, ndr)  che servirebbe “solo a impiegare enormi risorse in chiave propagandistica e clientelare, somme invece indispensabili per affrontare problemi e limiti drammatici che tra la Sicilia e la Calabria restano immutati e irrisolti da sempre”.  

“L’inserimento nella World Heritage List – spiega Granata – costituirà  un riconoscimento straordinario e implicherà un forte impegno e una chiara assunzione di responsabilità in merito alla protezione di questo Luogo dell’Anima e del Mito. Inconcepibile e gravissimo proporre di devastare la magnificenza dello Stretto e il tessuto urbano già compromesso di Sicilia e Calabria con la ricorrente Idea del Ponte, struttura inutile e irrealizzabile, priva di un vero progetto esecutivo. Una proposta arrogante finalizzata solo a tenere in vita e rilanciare un enorme carrozzone clientelare e propagandistico. Abbiamo dimostrato in queste settimane di mobilitazione che la tutela dello Stretto e la promozione di un Modello per la sua Area, supera gli steccati politici e fa incontrare le persone ben al di là delle appartenenze di schieramento, nel nome della ragionevolezza”.

Una mobilitazione che ieri ha visto l’adesione di oltre diecimila persone (duemila alla partenza secondo la Questura) con presenze che sono andate ben oltre le sigle che da sempre mettono in guardia su quello che viene visto solo come un’opera “buffa”, un azzardo sulla pelle dei cittadini, con una montagna di soldi spesi che non sono bastati nemmeno per arrivare ancora alla fine di un progetto che lascia aperti se e ma in maniera più che catastrofica. I milioni spesi fino a oggi  in studi e in progettazione sono serviti solo a spiegarci che molto del lavoro è ancora tutto da fare.

“Il sostegno “ideologico”  al Ponte sembra esser diventata l’unica idea per il sud di chi non ha mai avuto una sola Idea per il sud e per la Sicilia – insiste Granata – Il Ponte peraltro non ha progetto esecutivo e quindi non può avere copertura finanziaria da parte del Governo. La manovra consiste allora nel tentare di impiegare enormi  risorse in chiave propagandistica e clientelare, somme invece indispensabili per affrontare  problemi e limiti  drammatici che tra la Sicilia e la Calabria restano immutati e irrisolti da sempre. Rammendare il territorio e il degrado urbano, agire sul dissesto idrogeologico, contrastare e prevenire gli incendi che distruggono ogni estate enormi quote di biodiversità e paesaggio, collegare con strade e ferrovie degne di questo nome le Città della Calabria e della Sicilia sono la vera priorità invece del Ponte. Non tutti hanno un prezzo e le tante zone grigie di una borghesia amorale attratta solo dalla gestione delle risorse da investire sull’immaginifico progetto del Ponte e dai remuneratissimi incarichi professionali da affidare senza tetto di spesa e controlli sulle modalità di selezione, rappresentano oggi il nemico principale da contrastare”.

Ma sullo sfondo restano anche i profondi dubbi di costituzionalità sull’iter seguito. “Lascia sgomenti la  mancanza di un vero dibattito pubblico che coinvolga la popolazione anche attraverso un Referendum consultivo – conclude Granata –  Riconoscimento Unesco dello Stretto e Referendum Consultivo saranno la nuova frontiera di un impegno per bloccare sul nascere questa follia. Giorgia Meloni ci ascolti e tolga il “giocattolo” dalle mani di Salvini e lo faccia prima che il suo richiamo al sogno diventi l’incubo della ennesima, ciclopica e devastante, incompiuta”.

Fonte: Messina Today

https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/esemprecartabianca20232024/ponte-sullo-stretto-la-rabbia-di-chi-rischia-lesproprio_F312804301032C11

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

9 MAGGIO 2023: 45 ANNI FA’ LA MORTE DELL’ATTIVISTA COMUNISTA FONDATORE DI RADIO AUT GIUSEPPE IMPASTATO, UCCISO DALLA MAFIA A CINISI (PA) IL 9 MAGGIO 1978

Giuseppe Impastato, detto “Peppino dagli amici del partito di Democrazia Proletaria, militante politico attivista e giornalista fondatore della prima radio autofinanziata per la libera informazione Radio Aut a Cinisi (PA) in Sicilia, ucciso dalla Mafia il 9 Maggio 1978
https://tg24.sky.it/cronaca/approfondimenti/peppino-impastato-morte1

Peppino Impastato, 45 anni fa l’omicidio di mafia dell’attivista a Cinisi

L’uomo era il fondatore di Radio Aut, emittente libera e autofinanziata che denunciava e sbeffeggiava Cosa Nostra. Fu ucciso il 9 maggio 1978, a pochi giorni dalle elezioni comunali nelle quali era candidato con Democrazia Proletaria, il partito di sinistra radicale che difendeva i diritti del Proletariato

Quarantacinque anni fa la mafia uccideva Peppino Impastato. Era il 9 maggio del 1978 e l’attivista siciliano, appena trentenne, veniva ucciso a Cinisi, il paese in provincia di Palermo nel quale aveva fondato Radio Aut, emittente libera e autofinanziata in cui sbeffeggiava e denunciava crimini e attività di Cosa Nostra. Dopo un lunghissimo iter giudiziario, durato decenni, per l’omicidio sono stati condannati il boss Gaetano Badalamenti e il suo vice Vito Palazzolo. La figura di Impastato, riportata alla ribalta dal film I cento passi, è diventata negli ultimi anni uno dei simboli dell’antimafia, dando vita ad associazioni in suo onore, iniziative e lotte per la legalità.

Chi era Impastato

Giuseppe Impastato, per tutti Peppino, era nato a Cinisi il 5 gennaio 1948 in una famiglia mafiosa. Il cognato del padre era il boss Cesare Manzella, poi ucciso nel 1963. Il giovane Peppino a 15 anni ruppe i rapporti con il genitore e venne cacciato di casa. Sin da ragazzo avviò un’intensa attività politica e culturale incentrata sull’antimafia. Nel 1965 fondò il giornalino L’idea socialista e aderì al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Dal 1968 il suo attivismo lo portò in prima linea nelle battaglie dei disoccupati e dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, nel territorio di Cinisi.

Radio Aut

Dopo aver costituito il gruppo “Musica e cultura” che organizzava cineforum, dibattiti e concerti, Impastato nel 1977 fondò Radio Aut, un’emittente radiofonica libera con cui denunciava in maniera spesso irriverente gli affari illeciti dei mafiosi locali, in particolare del boss Gaetano Badalamenti, da lui ribattezzato “Tano Seduto”. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica in cui Peppino sbeffeggiava mafiosi e politici.

La candidatura politica e l’omicidio

Nel 1978 Peppino Impastato si candidò nelle liste di Democrazia Proletaria alle elezioni locali, ma dopo numerose minacce, a pochi giorni dal voto, venne ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio. Il suo corpo venne posizionato sui binari della ferrovia Trapani-Palermo e fatto saltare con una carica di tritolo, per inscenare un suicidio nel tentativo di distruggerne anche l’immagine pubblica. Alle elezioni, qualche giorno dopo, gli elettori di Cinisi votarono comunque il suo nome, riuscendo a farlo eleggere, seppur simbolicamente, come consigliere comunale. Il delitto, subito accreditato come tentativo di atto terroristico o suicidio dagli investigatori, venne poi ribaltato dall’inchiesta del giudice Rocco Chinnici dalla quale è scaturito il processo concluso con la condanna all’ergastolo di don Tano Badalamenti, il boss di Cinisi che Impastato attaccava e derideva dai microfoni di Radio Aut. L’uccisione di Peppino Impastato passò quasi inosservata per molti anni anche perché lo stesso giorno venne ritrovato a Roma il corpo del presidente della DC Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse. 

L’iter giudiziario

Solo l’impegno del fratello Giovanni e della madre Felicia permisero di scoprire la vera natura della morte di Peppino, cioè un omicidio di mafia voluto dal boss Badalamenti. Dopo aver rotto pubblicamente con i parenti mafiosi, i due, insieme ai compagni del Centro siciliano di documentazione, riuscirono a raccogliere elementi che portarono alla riapertura dell’inchiesta giudiziaria. Nel 1984 il Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, sulla base delle indicazioni del suo predecessore Rocco Chinnici (ucciso l’anno prima), firmò una sentenza che riconosceva la natura mafiosa dell’omicidio, attribuendolo ad ignoti. Nel 1992 il Tribunale di Palermo decise di archiviare una seconda volta il caso Impastato ritenendo impossibile arrivare ai colpevoli.

La riapertura del caso e le condanne

Nel 1996 l’inchiesta venne riaperta sulla scia delle nuove dichiarazioni del pentito Salvatore Palazzolo, che indicava in Badalamenti e nel suo vice Vito Palazzolo i mandanti dell’omicidio. Il lungo processo ha portato nel 2001 alla condanna di Vito Palazzolo a 30 anni (con rito abbreviato) e nel 2002 alla sentenza di ergastolo per Badalamenti (con rito ordinario). Il boss, intanto, era già stato condannato a New York nel processo sulla Pizza Connection e si trovava in carcere da tempo per il reato di traffico internazionale di droga. Morì due anni dopo in un penitenziario degli Usa. Gli esecutori materiali del delitto, secondo le rivelazioni del collaboratore di giustizia, erano Francesco Di Trapani e Nino Badalamenti, entrambi già morti all’epoca del procedimento. Sullo sfondo è poi rimasto il filone ancora oscuro, relativo alle omissioni e al possibile depistaggio delle indagini in cui sarebbero stati coinvolti alcuni rappresentanti delle istituzioni.

Il ricordo di Impastato

Nel 2000 il regista Marco Tullio Giordana ha realizzato il film I cento passi, ricostruendo le attività di Impastato (interpretato da Luigi Lo Cascio) e le sue battaglie contro il boss Badalamenti, la cui casa distava appunto cento passi dalla sua. Anche grazie alla tenacia della madre Felicia, morta nel 2004, negli ultimi anni la figura del figlio attivista è diventata un simbolo della lotta alla mafia: l’Università di Palermo ha conferito a Peppino una laurea honoris causa postuma in Filosofia, tante città gli hanno dedicato parchi e strade. E ogni anno a Cinisi si svolge il Forum Sociale Antimafia, uno degli appuntamenti più importanti a livello nazionale nella galassia degli eventi legati all’antimafia.

Fonte: Sky Tg24

Peppino Impastato ucciso 45 anni fa, il medico che eseguì l’autopsia: “Nella nostra relazione c’era già la verità”

Il 9 maggio 1978 il corpo del giornalista e militante di Democrazia Proletaria di Cinisi, che attaccava apertamente i boss, venne ritrovato sui binari della Palermo-Trapani. Per molto tempo si è sostenuto che fosse morto mentre preparava un attentato, scartando la pista mafiosa. Il professore Procaccianti: “Il clima era pesante, fui sentito dopo anni dai PM”

Peppino Impastato davanti alla sede di Radio Aut a Cinisi h
https://www.palermotoday.it/cronaca/mafia/omicidio-peppino-impastato-anniversario-procaccianti.html

La mafia ce l’aveva in casa e, peraltro in anni particolarmente bui, non esitò tuttavia a prenderne con coraggio le distanze. Usò una delle armi più potenti contro Cosa nostra: la cultura e, soprattutto, l’ironia dissacrante per polverizzare il potere e l’arroganza dei boss. Peppino Impastato, al quale il titolo di giornalista è stato riconosciuto d’ufficio post mortem, attivista e membro di Democrazia Proletaria nella piccola Cinisi, pagò con la vita la sua ribellione alla mafia e la sua costante denuncia, soprattutto attraverso i microfoni di Radio Aut, di tanti traffici illeciti: esattamente 45 anni fa – il 9 maggio del 1978 – il suo corpo venne ritrovato in brandelli vicino ai binari della ferrovia Palermo-Trapani.

Il professore Paolo Procaccianti (nella foto), che da medico legale di autopsie nella Palermo insanguinata degli Ottanta e Novanta ne ha fatte a centinaia, ricorda nitidamente quel giorno, quando andò sul luogo del delitto assieme al suo Maestro, Ideale Del Carpio: “C’erano ancora una parte dei resti di Impastato, nel casolare accanto alla ferrovia trovai una pezzuola nera, quella in cui probabilmente fu avvolto l’esplosivo utilizzato per ucciderlo”. Perché, anche se ci volle quasi un quarto di secolo per arrivare, nel 2002, alla condanna all’ergastolo del capomafia Gaetano Badalamenti (“Tano Seduto”, come lo chiamava Impastato) per l’omicidio, nella relazione consegnata alla Procura da Del Carpio e Procaccianti subito dopo i fatti gli elementi per comprendere c’erano già.

Paolo Procaccianti, il medico legale che effettuò l’autopsia sui resti del corpo di Giuseppe Impastato



La tesi dominante per anni è stata invece che Impastato, da militante di Sinistra, fosse morto mentre stava preparando un attentato e, successivamente, in seguito al ritrovamento di una lettera, che si fosse suicidato. Il caso non ebbe la giusta eco a livello nazionale perché proprio il 9 maggio del 1978 venne ritrovato in via Caetani, a Roma, il cadavere del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, eliminato dalle Brigate Rosse dopo il sequestro avvenuto il 16 marzo precedente e la prigionia. A livello locale, tuttavia, il cronista giudiziario del Giornale di Sicilia, Mario Francese (ucciso anche lui da Cosa nostra, il 26 gennaio del 1979) non esitò a dar voce alla madre di Peppino Impastato, Felicia Bartolotta, ed ai suoi compagni e amici, indicando subito la pista dell’omicidio.

“Non venni mai sentito – racconta Procaccianti – se non dopo tantissimi anni dal sostituto procuratore Franca Imbergamo che mi disse: ‘Ma voi l’avevate scritto…’. In effetti tra le righe della nostra relazione autoptica mettevamo in luce delle discrepanze. Allora però la medicina legale era agli albori e prevalevano comunque le ricostruzioni investigative”. Sembra strano, visto il ruolo centrale che hanno invece oggi gli accertamenti autoptici nei processi, pensare che all’epoca certi elementi, per nulla secondari e soprattutto di natura scientifica, potessero essere ritenuti poco rilevanti. “Mi fu utile – spiega ancora Procaccianti – l’aver partecipato qualche anno prima all’autopsia dell’editore Giangiacomo Feltrinelli (morto nel 1972 a Segrate mentre cercava di installare una bomba, ndr)”.

“Il clima di quegli anni – ricorda ancora il professore – era pesante e si preferì la pista terroristica, anche perché Impastato era un militante di Sinistra, e l’ipotesi che stava preparando un attentato per distruggere lo Stato, piuttosto che quella mafiosa”. Anche se gli elementi per pensare che Cosa nostra non gradisse la satira, gli attacchi costanti e le potenti denunce di Peppino Impastato c’erano tutti. Ma il Maxiprocesso, in quel 1978, era ancora lontano.

Come anni dopo venne ricostruito, il giornalista venne colpito con un sasso e ucciso (la pietra venne ritrovata a pochi metri di distanza con tracce di sangue di Impastato) e poi fatto saltare in aria col tritolo per simulare un attentato fallito o un suicidio. Più recentemente venne anche aperta un’inchiesta sul depistaggio iniziale nelle indagini sulla morte di Impastato a carico dell’allora maggiore dei carabinieri Antonio Subranni, del brigadiere Carmelo Canale e dei marescialli Francesco Di Bono e Francesco Abramo. Il fascicolo fu archiviato nel 2018 dal gip Walter Turturici anche perché le accuse di favoreggiamento aggravato e falso furono dichiarate prescritte.

Fonte: Palermo Today

I 45 anni senza Peppino Impastato, “eroe civile” ucciso dalla mafia: incontri, cortei e un murale

Come ogni anno sono diversi gli eventi programmati in memoria del militante di Cinisi della Democrazia Proletaria. Il procuratore De Lucia: “Come altri ha sacrificato la sua vita nonostante avrebbe potuto fare un’altra scelta”. A Terrasini intitolato a lui il liceo linguistico. Ecco il calendario completo degli appuntamenti

Il murale realizzato dall’associazione Antudo per Peppino Impastato a Cinisi (Palermo) in Sicilia https://www.palermotoday.it/cronaca/anniversario-omicidio-peppino-impastato-programma-commemorazione-9-maggio-2023.html

ono passati 45 anni da quando la mafia, nonostante i tentativi di depistaggio, ha ucciso Peppino Impastato rendendolo una figura chiave della lotta alla mafia. Un “eroe civile” da non dimenticare, una di quelle “persone che hanno dato sacrificato la loro vita nonostante avrebbero potuto fare un’altra scelta”, ha detto di lui il procuratore capo Maurizio De Lucia intervenendo ieri a un’iniziativa organizzata da Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato proprio in occasione dell’anniversario dell’omicidio del giornalista e militante della Democrazia Proletaria, trucidato a Cinisi nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978. Anche il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha dedicato alla sua memoria un necrologio definendolo un “fulgido esempio di coraggio e fedeltà ai principi di libertà e legalità”.

Il programma della commemorazione

Come ogni anno sono numero gli eventi programmati per commemorare l’impegno civile di Impastato. Il primo questa mattina, alle 10, a Casa Felicia (Contrada Napoli, Cinisi), dove i referenti di alcune associazioni, i familiari e compagni di Peppino. Alle 16 è previsto un corteo antifascista e contro la mafia, da Radio Aut (Terrasini) a Casa Memoria (Cinisi) passando per il liceo linguistico con l’inaugurazione della targa d’intitolazione proprio all’eroe militante. Seguiranno gli interventi, dal balcone di Casa Memoria, di Luisa Impastato (presidente di Casa Memoria), Annalisa Savino (preside del liceo Leonardo da Vinci di Firenze), Serena Sorrentino (segretaria generale Funzione pubblica Cgil), Umberto Santino (presidente Centro Impastato-No mafia Memorial), Carlo Bommarito (presidente associazione “Peppino Impastato”), Ottavio Terranova (presidente Anpi Sicilia) e Adelmo Cervi, sette figlio di uno fratelli Cervi che sono stati fucilati dai fascisti, al poligono di tiro di Reggio Emilia, il 28 dicembre del 1943. A conclusione della giornata il concerto per Peppino Impastato con la partecipazione di Cisco, Serena Ganci, Roy Paci, Shakalab, Angelo Sicurella, Enzo Rao e il coro dei bambini della scuola di Cinisi. A presentare la serata, in corso Umberto I a Cinisi, ci sarà Martina Martorano.

Peppino Impastato

Un murale per Peppino

Per ricordare Peppino Impastato i militati del comitato territoriale Olivella dell’associazione Antudo hanno realizzato un murale in piazzetta San Basilio dedicato dai militanti a “uno dei protagonisti principali della storia del popolo siciliano”. Sotto il suo volto la scritta “Né con la mafia, né con lo Stato”. “Non soltanto un ribelle, ma un vero e proprio rivoluzionario che ha lottato in maniera unica – si legge in una nota dell’associazione – per ottenere l’emancipazione delle classi subalterne e la sconfitta della mafia locale agganciata a una precisa classe sociale di riferimento: quella dei latifondi e dei capitalisti. Lui ha lottato insieme ai suoi compagni per la liberazione della sua terra dal dominio e dal potere, lo stesso in mano oggi a Stato e governi. Lo stesso potere che nella storia si è mescolato tra la politica dei partiti e la prepotenza dei signori latifondisti. Peppino non è stato è non sarà mai un eroe dello Stato. Perché la sua memoria vive nell’organizzazione degli sfruttati, dei territori e della loro lotta per la liberazione della terra dagli abusi di potere, dalla devastazione sociale ed economica a cui siamo sottoposti”.

I partigiani su Twitter

“Domani (scrivevano ieri, ndr), 45 anni senza la sua voce spezzata da criminali mafiosi. Ma Peppino ha continuato ad esistere nella memoria attiva di tanti giovani, tante associazioni, tanto cuore resistente sparso per il Paese. La mafia era e resta ‘una montagna di merda’ e di viltà”. E’ quanto scrive l’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia,  in un tweet pubblicato in occasione dell’anniversario della morte di Peppino Impastato.

Lagalla: “Esempio di ribellione e lotta”

“A 45 anni dalla sua scomparsa, la figura del giornalista e attivista – dice il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla – continua a rappresentare un simbolo e un esempio di ribellione e lotta ai condizionamenti della mafia. Ha portato avanti una rivoluzione culturale, parlando apertamente di mafia in un territorio in cui c’era paura anche solo a nominarla. Il mio pensiero oggi va a lui ai suoi familiari che, dopo la sua uccisione, non si sono mai stancati di lottare per trovare la verità su quell’agguato mafioso di 45 anni fa”.

Fonte: Palermo Today

Peppino Impastato, trascorsi 45 anni dalla sua uccisione per mano della mafia

Cinisi ricorda Peppino Impastato
https://gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2023/05/09/peppino-impastato-trascorsi-45-anni-dalla-sua-uccisione-per-mano-della-mafia-c7300eae-a3c5-43b5-b482-47e2f48bb969/

Ricorre, oggi, il 45esimo anniversario dell’omicidio da parte della mafia di Giuseppe ImpastatoPeppino, come era conosciuto da tutti, era nato il 5 gennaio del 1948 a Cinisi, in provincia di Palermo, da una famiglia legata a Cosa Nostra. Le sue denunce attraverso Radio Out, da lui fondata insieme a un gruppo di amici, davano fastidio al boss Gaetano Badalamenti, tanto da deciderne la morte, mascherandola con un finto attentato dinamitardo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani. Sucecssivamente gli inquirenti parlarono di un possibile suicidio. Ma nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Giudice consigliere istruttore Rocco Chinnici, che aveva concepito e avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emise una sentenza, firmata da Antonino Caponnetto, che aveva sostituito Chinnici dopo la sua morte, in cui si riconobbe la matrice mafiosa del delitto, attribuito però a ignoti. Ma il 5 marzo 2001 la Corte d’assise riconobbe Vito Palazzolo colpevole materialmente dell’omicidio e lo condannò a trent’anni di reclusione. L’11 aprile 2002, a distanza di quasi 24 anni dal delitto, anche don Tano Badalamenti venne riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo.

Fonte: Gazzetta del Sud

Peppino Impastato, 45 anni dall’omicidio dell’attivista di Cinisi

Fabio Pasteris 9 Maggio 2023

L’uomo, che da sempre denunciava Cosa Nostra, è stato ucciso il 9 maggio 1978.

Il 9 maggio di 45 anni fa Peppino Impastato veniva ucciso dalla mafia. L’attivista siciliano aveva fondato a Cinisi, in provincia di Palermo, Radio Aut, emittente libera e autofinanziata con cui denunciava le attività illecite di Cosa Nostra. Dopo decenni di iter giudiziario, sono stati condannati per il suo omicidio il boss Gaetano Badalamenti e il suo braccio destro Vito Palazzolo.

Chi era Peppino Impastato?

Peppino, soprannome di Giuseppe, era nato il 5 gennaio 1948 a Cinisi in una famiglia legata alla mafia. Il cognato del padre, infatti, era il boss Cesare Manzella. A 15 anni, Peppino rompe i rapporti con la famiglia e viene cacciato di casa, avviando fin da subito una forte attività politica di contrasto alla mafia.

Nel 1965 fonda un giornalino, L’idea socialista, e aderisce al Partito Socialista Italiano. Dal 1968 si batte in prima linea contro Cosa Nostra, specie per i contadini espropriati delle loro terre per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo.

Nel 1977 fonda Radio Aut, emittente radiofonica libera con cui smascherava e sbeffeggiava gli affari illeciti dei mafiosi locali, in particolare le attività del boss Gaetano Badalamenti. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica contro mafiosi e politici.

La carriera politica e l’omicidio di mafia

Nel 1978 Peppino si candida nelle liste di Democrazia Proletaria alle elezioni locali, ma venne ucciso tra l’8 e il 9 maggio, a pochi giorni dal voto. Il suo corpo venne posizionato sui binari della ferrovia Trapani-Palermo e fatto saltare in aria. L’obiettivo era quello di inscenare un suicidio, anche per danneggiare l’immagine pubblica di Peppino.

Il delitto venne identificato, inizialmente, come atto terroristico o suicidio da parte degli investigatori. La decisione fu ribaltata dal giudice Rocco Chinnici, che stabilì la natura mafiosa dell’omicidio. L’uccisione di Peppino passò quasi inosservata, dato che lo stesso giorno venne trovato il corpo di Aldo Moro, presidente della DC, ucciso dalle Brigate Rosse.

La riapertura del caso Impastato

Dopo la prima sentenza, il caso di Peppino venne riaperto dal fratello e dalla madre di lui. Dopo aver rotto i rapporti con i parenti mafiosi, i due raccolsero abbastanza elementi per far riaprire l’inchiesta giudiziaria. Nel 1984 Antonino Caponnetto prese in mano il caso seguito da Chinnici, ucciso l’anno prima. Caponnetto firmò, così, una sentenza che riconosceva la natura mafiosa del delitto.

Nel 1992 il caso venne nuovamente archiviato, non essendo riusciti ad arrivare ai colpevoli. Quattro anni dopo si riaprì il caso con alcune dichiarazioni del pentito Salvatore Palazzolo, che indicava come colpevoli della morte di Impastato il boss Gaetano Badalamenti e il suo vice Vito Palazzolo. Il processo di concluse con la condanna di Vito Palazzolo a 30 anni nel 2001, e con l’ergastolo a Badalamenti nel 2002.

Arresto ed ergastolo per Gaetano Badalamenti, il mafioso da anni ritenuto il mandate dell’omicidio di Giuseppe “Peppino” Impastato, è morto in carcere https://newsmondo.it/peppino-impastato-anniversario-morte-45-anni/cronaca/

In base alle rivelazioni del pentito, gli esecutori materiali del delitto furono Francesco Di Trapani e Nino Badalamenti, entrambi già morti all’epoca del processo. Si parlò anche di un possibile depistaggio delle indagini da parte delle istituzioni.

Cinema, parchi e strade: il ricordo di Peppino

Nel 2000 uscì al cinema I cento passi, diretto da Marco Tullio Giordana, che racconta la storia di Impastato e la sua attività di lotta alla mafia. Il film venne chiamato così in quanto la casa di Peppino distava, all’incirca, 100 passi da quella del boss Badalamenti.

L’Università di Palermo ha conferito a Peppino una laurea honoris causa postuma in Filosofia, e molte città hanno dedicato alla sua figura strade e parchi. Infine, ogni anno a Cinisi si svolge il Forum Sociale Antimafia, uno dei massimi appuntamenti tra gli eventi legati alla lotta a Cosa Nostra.

Fonte: Newsmondo

100 passi e 45 anni: il destino di Peppino Impastato

Di Silvia Moscati 9 Maggio 2023

Con le idee ed il coraggio di Peppino noi continuiamo
https://ilnuovoterraglio.it/100-passi-e-45-anni-il-destino-di-peppino-impastato/

Si commemorano oggi i quarantacinque anni dalla morte, per mano della mafia, di Peppino Impastato.

La distanza che divideva la casa del giornalista Giuseppe Impastato da quella di  Tano Badalamenti, boss mafioso e mandante del suo assassinio, era lunga appena 100 passi. Ancor meno distante era il rapporto d’amicizia che univa il boss mafioso e il padre di Peppino; questo non bastò ad impedire la sua uccisione. Quando si compì l’omicidio, la morte di Peppino passò in secondo piano perché quel giorno, il 9 maggio del 1978, fu ritrovato il corpo di Aldo Moro, in una R4 rossa.

Della vita e della morte di Peppino Impastato, il regista Marco Tullio Giordana ne ha fatto il film “I 100 passi”, uno di quelli che ti entrano dentro e non li scordi mai. Presentato alla mostra del Cinema di Venezia nel 2000, a 22 anni di distanza dall’omicidio e dopo indagini e depistaggi, processi e condanne, ha visto Luigi Lo Cascio interpretare la figura di Peppino Impastato.

Nel film, l’attore palermitano Luigi Maria Burruano, nel complesso ruolo del padre di Peppino, ci ha lasciato un’interpretazione memorabile, che lui stesso, quando lo incontrai nel back stage del programma di Maurizio Costanzo “Buon Pomeriggio”, definì: “È stata una cosa bbuona”.

Giuseppe Impastato, per tutti Peppino, era nato a Cinisi, Palermo, nel 1948. Il padre, Luigi Impastato, era un mafioso al servizio del boss locale Gaetano Badalamenti, detto Don Tano.

Peppino non riesce ad accettare la logica della mafia e fin da bambino vive con sofferenza la situazione “d’amicizia mafiosa” del padre, e con lui anche la madre Felicia, che difende Peppino quando se ne va di casa.

A metà degli anni 70, con l’apertura di un’emittente radio locale, Radio Aut, Peppino denuncia la mafia con toni molto forti: “Mio padre! La mia famiglia! Il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”

Oltre l’attività radiofonica, Peppino Impastato scrive articoli, e nel 1978 si candida nelle file di Democrazia Proletaria. Prima che le elezioni si svolgano, viene assassinato su mandato del boss Gaetano Badalamenti, lo stesso per cui aveva lavorato il padre Luigi. Saranno la madre Felicia e il fratello Giovanni, attivisti antimafia, a portare avanti la lotta di Peppino e a non mollare nelle indagini per avere tutta la verità. Questa verità, in un fascicolo sui depistaggi, verrà consegnata alla mamma Felicia, poco prima della sua morte, nel 2004, e lei dirà: “Queste pagine hanno resuscitato mio figlio”.

Il caso della morte di Peppino Impastato è soprattutto una storia di depistaggi, d’intrecci mafiosi, di collusioni e di misteri. Ed è una storia di lotta contro la mafia.

Fonte:Ilnuovoterraglio

“Tutte le energie per dare giustizia a mio fratello”. Peppino Impastato ucciso 45 anni fa

9 Maggio 2023 – 07:30

L’intervista del Giornale.it a Giovanni Impastato, il fratello di Peppino, giornalista ucciso 45 anni fa dalla mafia a Cinisi, in provincia di Palermo, il 9 maggio del 1978

Emanuele Fragasso

Peppino Impastato ritratto davanti alla sede di Radio Aut, giornale di controinformazione radiodiffuso alla frequenza di 98,800 Mhz
https://www.ilgiornale.it/news/nazionale/45-anni-fa-moriva-mio-fratello-peppino-impastato-tutte-mie-2147713.html

Ricorre oggi il quarantacinquesimo anniversario della triste morte di Peppino Impastato, giovane militante della Democrazia proletaria, giornalista, fondatore di Radio aut, ucciso dalla mafia a Cinisi, in provincia di Palermo, il 9 maggio del 1978 quando aveva 30 anni. Impastato era diventato ormai noto nel suo paese per i suoi ricorrenti attacchi alla mafia e le sue denunce a Cosa nostra, nonostante provenisse da una famiglia d’onore. La sua sete di giustizia lo portò a chiudere completamente ogni rapporto con padre Luigi, anche lui noto esponente mafioso di Cinisi. La sua, come quella di molti giornalisti dell’epoca, era una voce scomoda che denunciava pubblicamente i malaffari di Gaetano Badalamenti, che aveva soprannominato ironicamente “Tano Seduto”. Alcuni brandelli del suo corpo furono trovati sopra a dei binari della ferrovia, c’era del tritolo. Cosa nostra aveva intenzione di far passare la sua morte per un attentato terroristico di stampo comunista fallito. In un primo momento ci riuscì, soltanto grazie all’impegno del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta, la verità venne a galla. “La storia di Peppino Impastato è più attuale che mai – ha detto al Giornale Ismaele La Vardera, vicepresidente della commissione Antimafia dell’Ars – la sua lotta ancora oggi fa rumore. Il fatto che ancora oggi la storia di Peppino metta in crisi certe persone da dimostrazione che il suo ricordo deve continuare nelle nostre menti”.

Ecco la nostra intervista per ilGiornale.it al fratello Giovanni, che da anni si batte per dare giustizia a Peppino.


Che ricordo ha di suo fratello Peppino?

“A 45 anni dal suo assassinio i ricordi sono ancora tanti, anzi direi tantissimi. Mi vengono in mente tanti momenti: quando organizzava le mostre fotografiche, quando si cimentava nelle battaglie politiche, mi ricordo anche i litigi in famiglia, che capitavano spesso. Peppino era impegnato nella lotta alla mafia e nostro padre lo sbatteva frequentemente fuori di casa. Ho anche però ricordi umani, ironici. Come dimenticare quando Peppino durante un carnevale si vestì da clown per intrattenere i bambini del nostro piccolo paese”.

Cosa accadde il giorno dopo l’omicidio di suo fratello?

“Subito dopo la morte di Peppino ci sentimmo (io e mia madre n.d.r) come se ci fosse cascata una montagna addosso, non ce l’aspettavamo, nonostante conoscessimo i rischi che mio fratello correva. In quel periodo c’era la campagna elettorale e lui era candidato al consiglio elettorale. Mia madre chiaramente è rimasta traumatizzata dall’accaduto, nonostante nei primi momenti trattenesse le lacrime. Dopo non molto ci siamo resi conto che non avevamo tempo per piangere, bisognava lavorare per dimostrare che Peppino non era un terrorista. Il nostro stato d’animo in quei giorni era pieno d’angoscia”.

Avevate che i mafiosi uccidessero anche lei e sua madre?

“Questa paura c’era, non siamo mai stati presuntuosi, anche dopo la morte di Peppino avevamo paura che la mafia ci uccidesse. C’è voluto tanto tempo prima che noi riuscissimo a uscire di casa senza paura che ci sparassero, ma abbiamo comunque continuato a lottare per mio fratello”.

Suo fratello è stato dimenticato?

“Mio fratello non è stato affatto dimenticato. Oggi se ne parla ancora tantissimo, se ne parla molto più di prima, piano piano, con i processi e le condanne siamo riusciti a far emergere la verità”.

Lo Stato ha fatto sentire vicinanza alla sua famiglia dopo l’omicidio?

“Dopo un bel po’ di tempo. Inizialmente lo Stato revama contro di noi, hanno tentato in tutti i modi di affossare la verità. Dopo la svolta nei processi è cambiato tutto. Per esempio, il procuratore Gaetano Martorana ai tempi aveva fatto passare l’omicidio di mio fratello per un attentato terroristico”.

Crede che per la morte di suo fratello ci sia stata giustizia?

“È chiaro. Abbiamo vinto i processi, Gaetano Badalamenti ha ricevuto l’ergastolo e i suoi sottoposti hanno dovuto scontare tren’tanni di carcere, mentre gli esecutori materiali non sono mai stati trovati. Abbiamo ottenuto risultati importantissimi anche se dopo tantissimi anni”.

Che effetto le fa vedere così tanti giovani ancora oggi scendere in piazza per ricordare suo fratello?

“È una cosa stupenda. Ancora oggi dopo 45 anni si parla di Peppino e ci sono tantissimi giovani coinvolti. Tanti ragzzi oggi si riconoscono nella sua figura”.

Volente o nolente si è dovuto fare carico dell’eredità morale di suo fratello ed ha combattuto molte sue battaglie, a distanza di anni, lo rifarebbe?

“Si lo rifarei senza pensarci. Sicuramente se lui non fosse stato ammazzato io non mi sarei mai impegnato in questa battaglia come sto facendo adesso. Da quando ero solo un ragazzo, avevo 25 anni, ho deciso di dedicare tutte le mie energie per dare giustizia a mio fratello, adesso neho 70, dopo 45 anni di lotte continue”.

Quanto è importante raccontare la storia di suo fratello nelle scuole?

“È importante perchè si mantiene sempre viva la memoria ed è importantissimo raccontare la sua storia. Un paese senza memoria non ha futuro”.

Fonte: Il Giornale

Peppino Impastato, 45 anni dopo in migliaia camminano ancora seguendo le sue orme

Karim El Sadi 10 Maggio 2023

Oggi ricordiamo non solo quanti anni sono passati dalla morte di Peppino ma anche quanto sia importante che a distanza di tutti questi anni il suo messaggio si senta così forte e condiviso da così tante persone, soprattutto dai ragazzi. Credo che Peppino arrivi esattamente a loro”. Sono le parole che la giovane Luisa Impastato, nipote di Peppino Impastato nonché portavoce di “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”, ha rilasciato ai nostri microfoni durante il corteo che ieri ha invaso i paesini di Terrasini e Cinisi in occasione del 45° anniversario dell’uccisione mafiosa del giovane attivista. Era il 9 maggio 1978 quando Peppino venne ucciso dalla mafia, ma, nonostante ciò, migliaia di giovani hanno raccolto la sua eredità e ne hanno fatto tesoro e motivo di lotta sociale, come hanno testimoniato le centinaia di scolaresche che hanno aderito alla manifestazione. Partito da Radio Aut, dove Peppino denunciava il boss Gaetano Badalamenti e la malapolitica di Cinisi (“Mafiopoli”), il corteo ha visto la partecipazione di numerose sigle: da Casa Memoria, appunto, al Forum sociale antimafia; dalle associazioni universitarie e studentesche ai sindacati come la CGIL; dai movimenti come Our Voice ai collettivi come Attivamente. Insomma, un intero ramo di sinistra – e non solo – riunito dietro lo storico striscione sorretto dai vecchi compagni di Peppino e dal fratello Giovanni Impastato: “La mafia uccide il silenzio pure”. Oltre alle sigle, numerosissime anche le bandiere che hanno colorato il fiume di persone. Libera, USB, Potere al popolo, No Muos, No Tav, No Ilva, bandiere della Pace, palestinesi, Wiphala e tanto altro. Colori e slogan che rivendicavano l’intersezionalità della lotta antimafia di Peppino, che oggi più che mai significa lotta per i diritti sociali, contro le guerre e la militarizzazione, per la pace, per la giustizia sociale e ambientale, contro le nuove forme di fascismi e razzismi e contro tutte le forme di occupazione e apartheid, come quella che da 75 anni schiaccia il popolo palestinese.

Forum Sociale Antimafia “Felicia e Peppino Impastato” Con le idee di Peppino noi continuiamo…
https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/95379-peppino-impastato-45-anni-dopo-in-migliaia-camminano-ancora-seguendo-le-sue-orme.html

Tra la gente anche artisti importanti come Roy Paci e Mannarino che hanno poi chiuso la giornata con un concerto assieme ad altri artisti, alcuni dei quali esordienti. “La storia di Peppino oggi è la nostra storia e questo è anche grazie a chi si è impegnato per difendere la sua memoria che dura da 45 anni – ha detto Luisa Impastato dal balcone di Casa Memoria, dove ha sempre vissuto Peppino –. L’antimafia deve tenere conto dell’intersezionalità delle lotte e delle nuove generazioni”. “Abbiamo provato e proveremo a ricordare come accanto all’impegno sociale anche quello culturale sia altrettanto determinante per la costruzione di un pensiero critico e libero. Perché un processo di emancipazione passa sempre anche da una rivoluzione culturale”, ha continuato Luisa prima di passare la parola a suo padre Giovanni che a sua volta ha introdotto Annalisa Savino (Preside del Liceo Leonardo da Vinci di Firenze), Serena Sorrentino (Segretaria Generale Funzione Pubblica CGIL), Steven Palmieri (Sindaco Alpignano, TO), Umberto Santino (Presidente Centro Impastato e No mafia Memorial), Carlo Bommarito (Presidente Associazione Peppino Impastato), Ottavio Terranova (Presidente A.N.P.I. Sicilia), Adelmo Cervi. I primi commenti a caldo del comitato organizzatore ricordavano come “era da molto che non si vedeva una partecipazione così numerosa al corteo”. Immagini e sensazioni che “fanno ben sperare” perché difronte ad una mafia sempre più imprenditoriale e infiltrata nel tessuto sociale, il pericolo di un’escalation nucleare nel conflitto russo-ucraino e una galoppante crisi ambientale e climatica, serve fare fronte compatti, uniti e coesi come Peppino insegna.

Foto © Pietro Calligaris

Fonte: Antimafia Duemila

Quei 100 passi che segnarono il destino di Peppino Impastato

Di Marianna Merola  9 Maggio 2023 15:31  ATTUALITÀ

Il 9 maggio 1978 un tragico destino unì Roma e Cinisi. Aldo Moro venne ritrovato nel portabagagli di una Renaut rossa in via Caetani e Peppino Impastato appena 30enne venne assassinato con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia

https://www.leccenews24.it/attualita/una-data-una-storia-quei-100-passi-che-segnarono-il-destino-di-peppino-impastato.htm

Il 9 maggio 1978 è una data che difficilmente potrà essere dimenticata. Mentre l’Italia era sotto choc per il ritrovamento del cadavere del presidente della Dc Aldo Moro, riverso nel bagagliaio di una macchina in via Caetani a Roma, un’altra notizia, proveniente da Cinisi, un piccolo paese della Sicilia affacciato sul mare, a 30 km da Palermo, gettò ancor più nello sconforto e nello smarrimento. Due fatti lontani, ma drammaticamente comuni, scoperti in un unico giorno.

Giuseppe Impastato, meglio conosciuto come Peppino, moriva a soli 30 anni. Ucciso dalla stessa mafia che nella sua breve vita aveva combattuto con forza. Dilaniato da una violenza esplosione di una carica di tritolo posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia sulla tratta Palermo-Trapani.

«La mafia uccide. Il silenzio pure».

Ammazzato perché aveva parlato, parlato e parlato ancora, dai palchi improvvisati sui quali rappresentava il suo impegno. Nel programma di satira «Onda Pazza» trasmessa dalla Radio Aut da lui fondata nel 1977 per la prima volta aveva fatto nomi e cognomi, cercando di rompere il silenzio che da troppo tempo era calato a Cinisi, quel tabù dell’intoccabilità dei mafiosi che fino a quel momento aveva governato sovrano. E se a farlo era uno che proveniva da una famiglia molto “nota” in paese la storia cambia.

Il marito di sua zia, Cesare Manzella, era un boss di prima grandezza nel firmamento delle coppole. Suo padre, invece, aveva un amico che era il numero uno di Cosa nostra, tale Tano Badalamenti, un nome diventato poi “determinante”.

Il padre Luigi Impastato morì misteriosamente, investito da una macchina, il 19 settembre 1977 poco dopo essere tornato dall’America dove si era recato per cercare di salvare, in qualche modo, la vita del figlio. Nonostante il dolore e la consapevolezza di essere rimasto ormai solo, Peppino si scagliò comunque contro la gente che si era recata a fare le condoglianze, domandando come facessero, proprio loro che lo avevano ucciso, a presentarsi a casa sua. Poi toccò a lui.

A far uccidere Impastato fu proprio don Gaetano Badalamenti, il bersaglio preferito delle trasmissioni in radio, ma anche in tutta la sua attività contro la mafia. Cento passi separano, in paese, la casa degli Impastato da quella dell’assassino, come ricorda il titolo del film di Marco Tullio Giordana che ha fatto conoscere al grande pubblico, attraverso il volto di Luigi Lo Cascio, la figura di quel giornalista, anche se giornalista diventò solo dopo la sua morte (perché Peppino fu iscritto all´albo professionale, quando finalmente Badalamenti, nel 1997, fu incriminato), che intraprese la sua personale battaglia contro le «ingiustizie» schierandosi a fianco dei giovani come lui, dei disoccupati, dei contadini. Una lotta che finì tragicamente su quei binari il 9 maggio 1978.

Pochi conoscono la vera storia di Peppino Impastato. C’è voluto tempo per far sapere a tutti chi fosse in realtà. Lui passato per «pazzo suicida» a causa di un biglietto trovato in mezzo ad un libro. “Medito sulla necessità di abbandonare la politica e la vita… oggi ho provato un profondo senso di schifo…“. Un pensiero intimo, scritto un anno prima, ma nessuno lo disse. La lettera era un testamento, la “prova” che il ragazzo si era tolto la vita.

Passò anche per «terrorista maldestro», morto saltando per aria mentre preparava un attentato dinamitardo, forse ha avuto in qualche modo la sua “giustizia”. Il caso era chiuso. Nessuno, però, gli può restituire i giorni successivi a quel drammatico episodio, quando venne fornita una versione diversa dalla realtà. Fu sepolto senza la verità il ragazzo di Cinisi e la notizia venne relegata nelle “brevi” di cronaca, inghiottita dal clamore per il ritrovamento in via Caetani del cadavere di Aldo Moro.

La verità

Gaetano Badalamenti , l’uomo più potente in quell’angolo di Sicilia, è morto per arresto cardiaco il 29 aprile 2004, all’età di 80 anni, nel carcere di Ayer, negli Stati Uniti. Per inchiodarlo è stata necessaria la testimonianza di un pentito eccellente della mafia di Cinisi, Salvatore Palazzolo. Un calvario finito l’11 aprile del 2002, quando il Tribunale ha emesso la sentenza contro don Tano Badalamenti: ergastolo per l’omicidio Impastato, di cui viene identificato come mandante.

La mamma, Felicia Bartolotta una figura determinante nella vita di Peppino, disse  «Ora tutti sanno qual è la verità. Ora aspetto la condanna di Badalamenti e poi posso anche morire». Morì il 10 dicembre 2004 a 88 anni.

Fonte: Lecce News

I cento passi: trama del film su Peppino Impastato

A cura di Daniel Raffini.

I cento passi: trama, recensione e spiegazione del film di Marco Tullio Giordana su Peppino Impastato, ucciso su mandato del boss mafioso Gaetano Badalamenti

Cosa imparerai

  • La trama del film I cento passi
  • Gli eventi più importanti della vita di Peppino Impastato
  • La filmografia del regista de I cento passi, Marco Tullio Giordana
  1. I cento passi: introduzione al film
  2. Marco Tullio Giordana: il regista de I cento passi
  3. I cento passi: la trama
  4. La vita di Peppino Impastato in breve
  5. I cento passi: le motivazioni del film
  6. Peppino Impastato e la lotta alla mafia
  7. Felicia Impastato, l’impegno della madre per la verità
  8. Guarda il video su Peppino Impastato: storia di un ragazzo che ha sfidato la mafia
  9. Concetti chiave

Infobox

Autore: Marco Tullio Giordana

Cosa: I cento passi

Quando:1 settembre 2000

Caratteristiche: Film incentrato sulla vita di Peppino Impastato, figlio di un mafioso di Cinisi e in seguito assassinato dalla mafia

Lingua: Italiana

Frase celebre del film: «Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall’altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quella che non aveva Peppino. Domani ci saranno i funerali: voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura: perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace! Noi siamo la mafia! E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso! Tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu niente!»

1. I cento passi: introduzione al film

Peppino Impastato, l’uomo a cui si ispira il film I cento passi — Fonte: Ansa https://www.studenti.it/i-cento-passi.html

I cento passi è un film uscito nel 2000 e diretto dal regista Marco Tullio Giordana, che racconta la vita dell’attivista antimafia Peppino Impastato, figlio di un mafioso di Cinisi e in seguito assassinato dalla mafia. Il ruolo del protagonista è interpretato dall’attore Luigi Lo Cascio, mentre alla sceneggiatura collaborarono, oltre al regista, anche Claudio Fava e Monica Zappelli. Al film si è ispirata anche una canzone dei Modena City Ramblers, dall’omonimo titolo I cento passi.

Tutto Storia: schemi riassuntivi e quadri di approfondimento
Per conoscere e ricordare i concetti, gli eventi e i principali avvenimenti della storia dalle origini a oggi.

2. Marco Tullio Giordana: il regista de I cento passi

Un regista di film impegnati e di denuncia Marco Tullio Giordana, regista de I cento passi, inizia la sua carriera come regista nel 1980 con il film Maledetti vi amerò. I suoi lavori si caratterizzano per un forte impegno documentario e di denuncia, attraverso la riproposizione di eventi salienti e tragici della storia italiana del secondo Novecento. In questo senso si possono ricordare, oltre a I cento passi, anche i film:

   

Maledetti vi amerò (1980), in cui riflette sugli esiti del Sessantotto.

La caduta degli angeli ribelli (1981), storia di una ragazza che si ritrova in fuga con un terrorista.

Notti e nebbie (1984), il cui protagonista è un commissario della polizia fascista durante la Repubblica di Salò.

Appuntamento a Liverpool (1988), in cui una ragazza cerca di vendicare la morte del padre, uno dei morti della strage dell’Haysel, avvenuta nello stadio di Bruxelles prima della finale di Coppa dei Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus.

Pasolini, un delitto italiano (1995), che racconto il processo per l’omicidio dello scrittore Pier Paolo Pasolini.

La meglio gioventù (2003), che ripercorre la storia italiana degli ultimi decenni del Novecento attraverso le vicende personali di due fratelli.

3. I cento passi: la trama

Foto dal film I Cento Passi. Fonte: ANSA

Chi era Peppino Impastato? I cento passi ripercorre la vita di Giuseppe Impastato, detto Peppino, nato nel 1948 a Cinisi, in provincia di Palermo. Il padre di Peppino, Luigi Impastato, era un mafioso al servizio del boss locale Gaetano Badalamenti, detto Don Tano. Ma Peppino non riesce ad accettare la logica della mafia e fin da bambino vive con sofferenza l’attività del padre. Da adulto Peppino finirà dunque per diventare un attivista antimafia

I difficili rapporti con il padre Il film I cento passi racconta gli episodi salienti della vita di Peppino. Quando è ancora un ragazzo, nel 1963, assiste alla morte dello zio Cesare Manzella, capomafia locale, ucciso nell’ambito della lotta di potere interna a Cosa Nostra. Anche a seguito di questo episodio Peppino decide di allontanarsi definitivamente dalla famigliarompendo i rapporti con il padre, che non ha la forza di staccarsi dalla mafia. Una figura paterna alternativa è quella del pittore Stefano Venuti, che forma Peppino agli ideali del comunismo.

I Cento Passi foto dal film. Luigi Lo Cascio interpreta Peppino Impastato

La propaganda antimafia di Peppino Impastato Dopo il distacco del padre e dalla famiglia, Peppino Impastato può iniziare la sua attività di opposizione e denuncia della mafia, che culminerà a metà degli anni Settanta con l’apertura di una emittente radio locale, Radio Aut, da cui Peppino denuncia la mafia, spesso con ironia e irriverenza. Tali comportamenti risultano fortemente offensivi per la mentalità mafiosa, fondata su uno stretto codice dell’onore e del rispetto. Oltre all’attività radiofonica, Peppino Impastato scrive articoli, ugualmente taglienti e sprezzanti, come quello rimasto famoso dal titolo La mafia è una montagna di merda.  

I funerali del padre e l’assassinio di Peppino Il padre Luigi muore intanto in un misterioso incidente automobilistico e durante il funerale Peppino Impastato rifiuta di stringere la mano ai boss locali. Il passo successivo nella lotta di Peppino sarà quello di candidarsi alle elezioni comunali nelle liste della Democrazia Proletaria nel 1978. Tuttavia prima che le elezioni possano svolgersi Peppino viene assassinato su mandato del boss Gaetano Badalamenti, lo stesso per cui aveva lavorato il padre Luigi. 

4. La vita di Peppino Impastato in breve

  • Peppino Impastato nasce nel 1948 a Cinisi, figlio di un mafioso legato al boss locale Gaetano Badalamenti.
  • Nel 1963 lo zio Cesare Manzella, capomafia locale, viene assassinato.
  • A partire dalla metà degli anni 60 Peppino rompe con la famiglia e inizia a dedicarsi a un’attività di denuncia della mafia.
  • Nel 1965 fonda il giornale «L’Idea Socialista». In seguito aiuta i contadini a cui sono espropriate le terre per la costruzione dell’aeroporto, in cui risulta coinvolta la mafia locale.
  • Nel 1976 fonda Radio Aut e il gruppo Musica e Cultura.
  • Nel 1978 si candida come consigliere comunale con Democrazia Proletaria, ma viene assassinato prima dello svolgimento delle elezioni su mandato del boss Gaetano Badalamenti.

5. I cento passi: le motivazioni del film

Lo striscione realizzato dopo la morte di Peppino Impastato dai suoi compagni di Democrazia Proletaria

Una storia dimenticata che merita di essere riscoperta Come abbiamo visto, Giordana con suoi film vuole porre l’attenzione su episodi importanti della storia italiana a cui non è stata data l’attenzione che meriterebbero. La morte di Peppino Impastato avviene lo stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Per questo motivo l’episodio è passato inosservato nei mezzi di stampa e di informazione. Tuttavia la storia di Peppino Impastato è un tassello importante per la lotta alla mafia e la sua figura, per il suo grande coraggio nell’affrontare a viso aperto ciò che tutti facevano finta di non vedere, meritava di essere ricordata e rivalutata. Per questo Giordana decide, con I cento passi, di raccontare la vita e l’attività di questo pioniere dell’antimafia.
Il titolo del film fa riferimento ai cento passi che dividono la casa di Gaetano Badalamenti da quella di Peppino Impastato, in Sicilia. Questo vuole sottolineare come in Sicilia e altrove il male si nasconda quasi sempre dietro l’angolo, anche quando le persone fanno finta di non vederlo.  

6. Peppino Impastato e la lotta alla mafia

Gli elementi di rilevanza nella lotta alla mafia di Peppino ImpastatoAbbiamo parlato dell’importanza dell’attività di Peppino Impastato, cui è ispirato il film I cento passi. Vediamo allora quali sono gli elementi che lo rendono così rilevante il suo contributo nel contesto della lotta alla mafia

  • Peppino Impastato è uno dei primi, in un clima di forte omertà, a denunciare apertamente la mafia.
  • Peppino apparteneva a una famiglia mafiosa e distanziandosi dalla mafia distrugge uno dei vincoli più importanti dell’organizzazione mafiosa, ossia la famiglia.
  • Attraverso i suoi interventi Peppino dimostra una totale irriverenza nei confronti della mafia, esprimendo giudizi molto diretti e in molti casi anche ironici, rompendo in questo modo un altro elemento base della mafia, ossia il rispetto e l’onore.

Mio padre! La mia famiglia! Il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!

Peppino Impastato, I Cento passi

7. Felicia Impastato, l’impegno della madre per la verità

Felicia Bartolotta sposa Luigi Impastato Felicia Bartolotta, che nel 1947 aveva sposato per amore Luigi Impastato, scopre presto che il cognato è capomafia del paese e il rapporto con il marito si fa subito conflittuale.

Il figlio Peppino contro la mafia Intanto i figli Giuseppe e Giovanni crescono e il primo, detto Peppinosi impegna in politica schierandosi contro la mafia; quando la morte di Luigi lo lascia privo di difese, continua comunque a denunciare i potenti locali.

Felicia, alla morte di Peppino, si costituisce parte civile Il 9 maggio 1978 muoreFelicia allora si schiera pubblicamente per difendere la sua memoria e si costituisce parte civile, anche per proteggere l’unico figlio rimasto: si allontana dalla famiglia, non parla con i giornalisti né con i compagni di Peppino, sceglie di esporsi da sola.

Felicia riceve una relazione sui depistaggi Poco prima della sua mortela Commissione parlamentare antimafia le consegna una relazione sui depistaggi compiuta negli anni a opera di carabinieri e magistrati.

8. Guarda il video su Peppino Impastato: storia di un ragazzo che ha sfidato la mafia

Concetti chiave

  • Il nucleo narrativo del film I cento passi Il film I cento passi racconta la vita di Peppino Impastato che, nonostante sia figlio di un mafioso, decide di opporsi alla mafia e per questo verrà ucciso.
  • Le motivazioni del film I cento passi Il regista Giordana con I cento passi vuole ridestare l’attenzione su un episodio della storia italiana che non viene ricordato come meriterebbe.
  • L’importanza del caso Peppino Impastato Il caso di Peppino Impastato è importante perché: è uno dei primi attivisti antimafia ad opporsi apertamente alla mafia, viene egli stesso da una famiglia mafiosa e tratta la mafia con irriverenza.

Fonte: Studenti.it

 

 

https://www.raiplay.it/video/2023/05/I-cento-passi-c7718735-579d-4ab7-92b3-99f43b104832.html
https://www.facebook.com/MUSArtsOlogy/videos/-i-cento-passi-2000/185999109321417/

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus