Campione del Mondo

ADDIO DARIO ACQUAROLI. MALORE FATALE PER IL CAMPIONE

Conquistò per due volte il titolo iridato con la sua mountain bike, nel 1993 e nel 1996. Professionista già a 16 anni, è stato stroncato a 48 anni mentre pedalava in Val Brembana

di Marco Marangoni

aggiornato alle 20:43 09 aprile 2023

© AFP – Dario Acquaroli, a destra, in una foto del 1997 ai campionati mondiali di mountain bike
https://www.agi.it/sport/news/2023-04-09/ciclismo_morto_per_malore_ex_iridato_mountain_bike_acquaroli-20893019/

AGI – Dario Acquaroli, ex campione del mondo di mountain bike, è morto nel pomeriggio di Pasqua a causa un malore mentre stava pedalando in Val Brembana. IL 48enne bergamasco di San Giovanni Bianco, il miglior specialista delle ruote grasse in Italia negli anni ’90, si era laureato due volte campione del mondo di mountain bike, nel 1993 tra gli juniores e nel 1996 tra gli Under 23.

Quella di Acquaroli è stata una carriera ricca di successi. Già a all’età di 16 anni il primo contratto da professionista con il team Bianchi. Nel suo palmares, 19 partecipazioni ai Campionati mondiali di mountain bike tra cross-country e distanze marathon, due ori iridati (1993 e 1996) e due europei (1992 e 1993).

Per cinque volte si è laureato campione italiano (1992, 1993, 1996, 2000, 2005) e nella sua carriera ha indossato le maglie di diverse squadre (Team Bianchi, Full-Dynamix e Sintesi Larm). Lo sport italiano lo ha insignito del Collare d’Oro al Merito Sportivo dal Coni. 

Fonte: AGI

Dario Acquaroli, il campione di mountain bike morto come suo padre per un malore alla stessa età

di Donatella Tiraboschi 

Il racconto di Bruno Zanchi, che con Dario Acquaroli condivise la carriera: «Dario aveva 16 anni, fu il primo a soccorrere il papà e a praticargli il massaggio cardiaco»

Il campione di mountain bike Dario Acquaroli, in alto a destra in compagnia di Felice Gimondi ed in basso a destra testimonial di Vittoria, l’azienda italiana produttrice di componenti per il ciclismo
https://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/23_aprile_10/dario-acquaroli-il-campione-di-mountain-bike-morto-come-suo-padre-per-infarto-alla-stessa-eta-921b40c7-ff09-4c3b-b48a-5401ed852xlk.shtml

Non avrebbe mai pensato Bruno Zanchi che quella telefonata dello scorso venerdì, per parlare di una fornitura di biciclette, sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe sentito la voce di Dario Acquaroli. Più che un compagno di carriera, quasi un fratello con cui aveva diviso tanto. Chilometri, gare, fatiche e gioie assolute come, la più grande di tutte, quella di trovarsi sul tetto del mondo: lui campione iridato di downhill e Acquaroli di cross country, la disciplina dove si pedala di più. «Siamo brembani tutti e due, fieri e battaglieri. E di battaglie ne abbiamo fatte tante». 

L’amico: «Sembra che il destino ti aspetti per sfidarti»

Zanchi parla al presente, non al passato. «Sono incredulo. Sembra che il destino ti aspetti per sfidarti e per lasciare senza parole chi ti vede andare via». Dario se ne è andato il giorno di Pasqua, in una mattina di festa che aveva deciso di passare facendo quello che più ha amato al mondo. Lui e la sua bici su per qualche sentiero della valle, prima del pranzo con tutta la famiglia. Che lo ha aspettato prima di dare l’allarme non vedendolo rientrare, quando erano passate le 13. Dario era già morto. Accanto alla sua bicicletta era stato trovato da alcuni passanti lungo una mulattiera che da Cespedosio porta a Camerata Cornello. 

«Anche il papà morì per un infarto»

Un malore all’origine della caduta, il caschetto rotto sul terreno, i tentativi disperati delle squadre territoriali del Soccorso alpino e speleologico della VI Delegazione Orobica, con tredici tecnici, (a supporto dell’équipe dell’elisoccorso decollato da Como). Dario Acquaroli se ne è andato così e l’unica consolazione è che la morte lo abbia colto mentre era in sella felice per l’uscita di primavera, dopo una vita che,seppur di successo, resta breve. Quarantotto anni sono troppo pochi anche se il destino crudele aveva già colpito la sua famiglia. «Anche il suo papà era morto così improvvisamente, per un infarto  – ricorda Zanchi –  anche lui, quando successe la cosa, aveva più o meno 47 anni e Dario, che allora aveva solo 16 anni, fu il primo a soccorrerlo e a praticargli il massaggio cardiaco».

Il legame con Felice Gimondi 

 Era l’inverno del 1991, la famiglia Acquaroli gestiva l’hotel La Ruspinella all’ingresso di San Pellegrino e di lì a qualche settimana Dario, che fino ai 14 anni era stata una giovane promessa dello Sci Club Selvino, sarebbe approdato alla Bianchi trovando la sua strada (sportiva) e un secondo «papà» in Felice Gimondi, pronto a dargli consigli e ad affiancarlo in una carriera a dir poco esplosiva. 

Le vittorie europee e mondiali 

Una bacheca straordinaria la sua: due titoli europei (1992 e 1993), due mondiali (1993 e 1996) e cinque titoli italiani (1992, 1993, 1996, 2000 e 2005), correndo inoltre 19 mondiali con la Nazionale Italiana tra cross-country e marathon. Insomma, il più forte di tutti. E senza mai tirarsela. «Gentile, cordiale, misurato. Da lui mai una parola di troppo, anche se spesso gli si leggeva un velo di tristezza negli occhi, dovuta proprio al fatto che a soli 16 anni, da solo, aveva dovuto affrontare una carriera impegnativa», rimarca Carlo Brena, a capo dell’agenzia che cura la comunicazione di Merida Italia realtà del mondo bike dove Acquaroli ricopriva da tempo il ruolo di marketing manager, dopo aver lavorato per Sidi e Vittoria. 

Un omaggio dello scultore Luigi Oldani a Dario Acquaroli

Il ritorno sui libri durante il Lockdown

«Dario aveva conseguito solo il diploma di terza media, forse un po’ questa cosa gli pesava, ma la sua volontà di mettersi alla prova era stata la molla che, durante il lockdown, lo aveva fatto tornare sui libri. Aveva, infatti, frequentato un corso di marketing per affrontare al meglio la sua sfida professionale»,  conclude Brena a cui, proprio lo scorso venerdì, Acquaroli aveva consegnato una sua bicicletta in vista di una gara che Brena affronterà presto. 

Merida: «Una passione straordinaria»

Anche Merida Italia lo ha ricordato con parole dolci con un post sui social: «Quando sei arrivato da noi hai portato competenza, precisione, attaccamento al lavoro e passione, tanta e straordinaria passione. Ci hai spronato a sviluppare nuovi progetti e a guardare oltre gli ostacoli, ma soprattutto hai sempre iniziato tutto con un sorriso: che fosse un’azione di marketing o una spedizione urgente, hai sempre voluto fare tutto con l’obiettivo di raggiungere il massimo». 

I funerali mercoledì mattina 

Si stenta a credere che Dario riposi adesso in quella bara, ricoperta dalle sue maglie, nella chiesetta di San Nicola a San Pellegrino dove è stata allestita la camera ardente. Quando mercoledì mattina verranno celebrati i funerali , saranno in molti a pensarlo così. Con il sorriso «guascone» con cui lo piange Zanchi, adesso impegnato in un viaggio bellissimo, fatto di pedalate leggere, tonde. Infinite.

10 aprile 2023 ( modifica il 12 aprile 2023 | 17:27)

Fonte: Bergamo Corriere

https://www.tuttobiciweb.it/article/2023/04/10/1681150877/podcast-blablabike-ghirotto-acquaroli

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalsta Ultima Generazione e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

MORTO VITTORIO ADORNI, CICLISTA CHE VINSE IL GIRO D’ITALIA NEL 1965 E FU ANCHE CAMPIONE DEL MONDO

di Marco Bonarrigo

A darne la notizia, Norma Gimondi, figlia di Felice, tra i suoi più grandi avversari negli anni Sessanta. Adorni aveva 85 anni

Il grande ciclista della FAEMA Vittorio Adorni: vinse il Giro d’Italia nel 1965 e divenne Campione del Mondo ad Imola nel 1968 https://www.corriere.it/sport/ciclismo/22_dicembre_24/morto-vittorio-adorni-vinse-giro-d-italia-1965-23381f10-8376-11ed-8cce-4b72b0db0f83.shtml

Grandissimo campione, grande signore, grande italiano: Vittorio Adorni è morto a Parma alla vigilia di Natale, a 85 anni. Nato a San Lazzaro Parmense il 14 novembre 1937, Adorni è stato una leggenda assoluta dello sport azzurro (professionista dal 1961 al 1970, vincitore del Giro d’Italia nel 1965, campione del mondo nel 1968) e un formidabile ambasciatore del ciclismo in tanti ruoli diversi, pedalati e non. Ricoverato a Parma la mattina del 23, si è spento poche ore dopo: era il più anziano trionfatore del Giro d’Italia vivente e da 57 anni deteneva il record del distacco più ampio inflitto ai rivali nella classifica finale della corsa rosa: 11’26” a Italo Zilioli e 12’57” a Felice Gimondi, suo grandissimo avversario e amico, mancato tre anni fa.

Di una carriera relativamente breve rispetto a corridori coevi come Gimondi e Merckx, si ricorda sopratutto il trionfo solitario al Mondiale di Imola nel 1968 (era stato argento a Sallanches quattro anni prima), a due passi dalla sua Parma, quando dopo un’epica fuga solitaria di 90 chilometri Adorni staccò il secondo e il terzo di dieci minuti. Ripercorse l’impresa per l’ennesima volta pochi mesi fa al Festival dello Sport di Trento, strappando un lungo applauso alla platea. Vinse in tutto 42 corse vestendo la maglia rosa per 19 giorni.

Stile pacato, eloquio forbito, Adorni fu tra i primissimi atleti azzurri a diventare un personaggio televisivo. Opinionista impeccabile ed elegantissimo al Processo alla Tappa di Sergio Zavoli nell’anno in cui vinse il Giro, Adorni condusse a fine carriera il telequiz «Ciao Mamma» con Moira Orfei e poi fu una sorta di proto commentatore tecnico al fianco di Adriano De Zan nelle telecronache del ciclismo negli anni Ottanta e Novanta. In virtù anche del suo ottimo francese e dei buoni rapporti a livello internazionale, Adorni è stato per lunghi anni rappresentante e presidente del movimento professionistico all’interno dell’Unione Ciclistica Internazionale viaggiando in lungo e largo per il pianeta. Assessore allo sport a Parma, quando lasciò il ciclismo diventò un broker assicurativo di grande successo. Tra i primi a salutarlo ieri Norma Gimondi, la figlia del grande Felice: «Fai buon buon viaggio Vittorio e salutami papà».

Del Processo alla Tappa del 1965 resta celebre un puntata in cui — capovolgendo lo schema della trasmissione (un intellettuale ospite rivolgeva una domanda a uno o più corridori) — Adorni prese in mano il microfono a Sergio Zavoli e si rivolse così a Pier Paolo Pasolini: «Volevo chiederle, Pasolini, come mai lei è qui in studio al Processo. Perché è venuto? Per farsi pubblicità, per vedere qualche nuovo soggetto o magari per progettare un film o per scrivere dei libri? È convinto che noi siamo solo pedalatori o faticatori della strada o crede che dentro di noi ci sia qualcosa di buono da tirar fuori, qualche bella storia o qualche bel personaggio?». E Pasolini rispose. «Sono qui perché mi è stato chiesto — replicò lo scrittore friulano — e non ho fatto nessuna fatica ad accettare. Il ciclismo è uno sport che amo fin da ragazzino. Lei sai chi era Canavesi, Adorni? Io sì e lo seguivo. Sono qui per amore del ciclismo. Io prenderei Dancelli e Taccone per un film, dopo quello che hanno detto». Adorni di nuovo: «Non volevo offenderla o criticarla, mi scuso, è che lei è un grosso personaggio: i giornalisti ci chiedono sempre dei rapporti che usiamo, delle fughe, del perché abbiamo mangiato questo o quello ma lei è un grandissimo scrittore e tutto quello che ha fatto è criticato o elogiato. Volevo ripetere la domanda: lei crede davvero che i corridori siano faticatori di strada o qualcosa di più?». Pasolini: «Non si possono dividere pedalatori e uomini in due categorie nette. Ci sono molti casi interessanti tra voi, molte vicende umane e tanto materiale ricco per l’ispirazione di uno scrittore o un regista».

Fonte: Corriere della Sera

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo

SEBASTIAN VETTEL GUIDA LA WILLIAMS RENAULT FW14B 1992 DI NIGEL MANSELL A SILVERSTONE

Vettel e il giro di pista a bordo della Williams Renault FW14B

SEBASTIAN VETTEL GUIDA A SILVERSTONE LA WILLIAMS RENAULT FW14B 1992 CAMPIONE DEL MONDO CON NIGEL MANSELL
https://www.guerinsportivo.it/news/formula1/2022/07/07-5545009/vettel_e_il_giro_di_pista_a_bordo_della_williams_fw14b