Eccidio dei Limmari

LA BATTAGLIA DI ORTONA, ORTONA’S BATTLE, ABRUZZO, ITALIA ITALY, 20-28 DICEMBRE 1943 20-28 DECEMBER 1943, LA “STALINGRADO D’ITALIA”

Vasto (CH) Abruzzo, lì 12 Dicembre 2023 ore 18.09

Buonasera a tutti e a tutte coloro che sono appassionati/e di Storia come me: questa sera andremo insieme alla riscoperta di una battaglia molto importante combattuta durante la Seconda Guerra Mondiale ad Ortona in Abruzzo, 40 km da Pescara tra il Canadian Regiment canadese di liberazione dal Nazismo ed i nazisti tedeschi per il controllo strategico della città di Ortona a Mare, città costiera che sorge lungo il lato del Mare Adriatico dove finisce la linea difensiva Gustav o Gustav Line voluta da Adolf Hitler in persona per la difesa dei territori italiani occupati dal nazismo a Nord dell’Italia e dal fascismo, come la Repubblica di Salò in Lombardia. Chi vi scrive in questa sede è un uomo che ha vissuto per 21 anni ad Avezzano, il capoluogo del distretto interno della Marsica, meglio conosciuta come Caput Frigoris per quanto è freddo ed umido il clima d’inverno, una città dove tra il 1939 ed il 1944, a pochi passi dalla mia ultima casa, vi era il quartier generale del Villino Cimarosa a via Domenico Cimarosa 2 del camerata Albert Konrad Kesselring, il Feld maresciallo considerato la mente strategica della Luftwaffe, la principale forza aerea difensiva della Germania nazista ed al quale Hitler in persona affidò il compito di difendere ad ogni costo la Linea Gustav, la linea difensiva che partiva da Anzio nel Lazio sul Mar Tirreno ed arrivava a Ortona in Abruzzo, sul Mare Adriatico, passando per paesi interni dell’Alto Sangro, come Castel di Sangro, Pietransieri vicino Roccaraso, dove vi fu l’Eccidio dei Limmari: il 21 Novembre 1943 i nazisti trucidarono per rappresaglia, per aver appoggiato la Resistenza partigiana e gli inglesi che si nascondevano tra le montagne intorno al paese 128 persone, tra i quali 60 donne, 34 bambini e molti anziani, un evento terribile di rappresaglia contro civili inermi che sconvolse l’intero Abruzzo e l’Italia intera.

Pietransieri Racconta, l’Eccidio dei Limmari, Pietransieri Alto Sangro, Abruzzo, Italia 21 Novembre 1943
https://www.pietransieri-racconta.com/la-storia-di-pietransieri/eccidio-di-limmari/

La vera storia della battaglia di Ortona, la Stalingrado d’Italia

Il 19 e 20 dicembre del 1943 nella cittadina abruzzese il sacrificio di 2 mila soldati canadesi del Canadian Regiment, venuti a morire in territorio abruzzese per liberarci dalla tirannia e dall’odio del nazifascismo

Rappresentazione iconografica della Battaglia di Ortona, combattuta tra canadesi e tedeschi tra il 19 ed il 28 Dicembre 1943
https://www.lastampa.it/cultura/2016/12/19/news/la-vera-storia-della-battaglia-di-ortona-la-stalingrado-d-italia-1.34758776/

ANDREA CIONCI

19 Dicembre 2016 alle 06:00

In pochi conoscono la vera storia e gli inquietanti retroscena della Battaglia di Ortona (20-28 dicembre 1943) passata alla storia come la “Stalingrado d’Italia”: gli errori di Montgomery, l’accanimento su un obiettivo inutile, ma irrimediabilmente enfatizzato dalla propaganda, il sacrificio di duemila soldati canadesi per tranquillizzare i sovietici, la falsa attribuzione della distruzione della cattedrale, gli stupri perpetrati dalle truppe indiane.

Con il contributo degli storici della battaglia, le testimonianze di reduci e civili, e perfino attraverso l’indagine sul campo con metal detector, proveremo a riassumere questa tragica vittoria di Pirro che, per le sue tecniche combattive, rimase un unicum su tutto il fronte occidentale. Come Stalingrado, anche la cittadina abruzzese – sebbene in scala minore – fu un inferno di corpo a corpo, trappole esplosive, combattimenti “stanza per stanza” che spezzarono i nervi ai soldati alleati che vi presero parte, tanto da non poter essere più inviati in prima linea. Molti di questi reduci smisero per sempre di festeggiare il 24 dicembre a causa del terrore che il Natale di sangue del 1943 aveva irrimediabilmente impresso nella loro psiche, 80 anni fà: quest’anno infatti ricorre l’80esimo anniversario della Battaglia di Ortona (1943-2023).

1.La linea Gustav

Erano passati cinque mesi da quando gli anglo-americani erano sbarcati in Sicilia. Nonostante l’eroica – quanto dimenticata – resistenza della divisione “Livorno” del Regio Esercito (che lasciò sul campo 9.000 dei suoi 13.000 effettivi) gli Alleati avevano conquistato, senza ulteriori difficoltà, il sud della penisola e avevano iniziato a marciare verso Roma. Tuttavia, se gli statunitensi, guidati lungo la costa tirrenica dal generale Clark, furono bloccati a Cassino, l’armata anglo-canadese (comprensiva anche di neozelandesi, indiani, sudafricani, australiani) agli ordini di Montgmomery, si impantanò a Ortona mentre risaliva lungo la costa adriatica. Fra le due cittadine si tendeva, infatti, la Linea Gustav, la prima di una serie di fortificazioni e trincee volute da Hitler per arrestare una prevedibile invasione dell’Italia.

Carri armati medi M4 Sherman canadesi schierati sul fonte adriatico
Paracadutisti (Parà) tedeschi sorvegliano il territorio abruzzese dalla Linea Gustav

2.Gli errori della “Faina”

Il piano di Montgomery era quello di sfondare a Ortona, raggiungere Pescara, poco più a nord e da lì percorrere la Tiburtina per prendere Roma da est. “Un piano già pensato male – spiega Marco Patricelli, storico di fama internazionale e autore del volume “La Stalingrado d’Italia”(ed. Utet) – perché gli inglesi sottovalutavano le difficili condizioni meteo che avrebbero trovato cercando di attraversare l’Appennino abruzzese, con un esercito meccanizzato, in dicembre. Un altro errore di Montgomery fu quello di non tentare, immediatamente dopo la faticosa vittoria sul fiume Sangro, di conquistare Ortona, ancora non fortificata dai tedeschi. Prese tempo per dotarsi di mezzi e materiali, come era suo costume, e questo consentì ai nazisti di innescare una delle più micidiali trappole di tutta la Seconda Guerra Mondiale”.

Montgomery sul Sangro inaugura il nuovo ponte. 14 Dicembre 1943
Un ritratto a olio di Montgomery

3.La campagna mediatica

Ortona avrebbe potuto essere tranquillamente aggirata, se non fosse stato per la stampa alleata che, grazie ai suoi giornalisti “embedded”, (integrati al seguito delle truppe), aveva dato un’importanza spropositata alla conquista della cittadina abruzzese. “Si trattava, infatti – continua Patricelli – di un’operazione mediatico-politica: Stalin, dopo la vittoria ottenuta l’anno prima, a carissimo prezzo, a Stalingrado, cominciava a lamentarsi dell’immobilismo degli Alleati in Italia. Occorreva dare un segnale e, non a caso, furono invitati a Ortona ufficiali sovietici in funzione di osservatori”. Di fronte alla campagna mediatica suscitata dal nemico, anche per Hitler divenne imperativo difendere la città: “Die Festung Ortona ist bis zum letzten Mann zu halten!” – “La Fortezza Ortona deve essere difesa fino all’ultimo uomo!” ordinò, perentorio, al Feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante supremo delle forze tedesche in Italia.

Foto di propaganda con soldati canadesi
Il corrispondente di guerra canadese Mattew Halton

4.Gli specialisti della guerra

A Ortona fu quindi fatta confluire la 1° divisione dei Fallschirmjäger (paracadutisti) che, fino ad allora, avevano ceduto elasticamente terreno in Italia meridionale seguendo la strategia difensiva di Kesselring. In Germania erano soprannominati “Pompieri del fronte” perché, analogamente alle Waffen SS sul fronte orientale, erano truppe scelte che venivano inviate per “spegnere” i più pericolosi sfondamenti avversari. “Nonostante vi fossero tra loro giovanissime reclute – spiega Andrea Di Marco, autore del volume “Assolutamente resistere” (ed. Menabò) – in buona parte, questi parà erano reduci delle campagne Creta, di Norvegia, di Russia e soprattutto delle battaglie in area urbana svoltesi a Centuripe, in Sicilia. Formati idealmente nella Hitler Jugend, erano combattenti esperti e possedevano uno spirito di corpo formidabile. Tuttavia, come risulta dai loro diari, sebbene sentissero forte il valore dell’obbedienza agli ordini, (il “Führerprinzip”, “Principio del capo” costituivo dell’onore del soldato tedesco), si domandavano anch’essi che senso avesse difendere ad ogni costo quella cittadina, strategicamente insignificante”.

Equipaggiamento di Fallschirmjaeger 1943

Nel ’43, i tedeschi in Italia erano motivati a combattere anche per difendere la Germania dai bombardamenti alleati. Dalla Sicilia, gli aerei angloamericani potevano raggiungere, all’incirca, solo la Baviera, ma quanto più spazio avessero guadagnato in Italia, tanto più territorio tedesco avrebbero potuto bombardare.

“Come truppe scelte – spiega Massimo Lucioli, vicepresidente dell’associazione di rievocatori Historica XX secolo – i Fallschirmjäger possedevano un equipaggiamento altamente specialistico. Mentre i canadesi avevano in dotazione l’equipaggiamento standard inglese, (elmetto piatto, fucile Enfield e giberne in canapa, con l’unica eccezione del mitra americano Thompson) i parà germanici disponevano di elmetti speciali, dalle falde accorciate per non subire danni al collo durante il lancio, nonché di giubbe, calzature e buffetterie appositamente disegnate per loro”.

Fallschirmjaeger tedeschi

5.Casa Berardi

Per i soldati canadesi comandati dal generale Chris Vokes, dei quali molti appena diciottenni, Ortona era il grande momento per dimostrare al mondo il loro valore. Sapevano che si sarebbero confrontati con l’élite delle forze armate naziste, ma erano ottimisti. Dopotutto, erano numericamente il triplo degli avversari, disponevano di una logistica ben organizzata, di abbondanza di cibo e di una spaventosa artiglieria terrestre e navale. Tuttavia, l’inesperienza, – per quanto unita al coraggiodei canadesi si rivelò fatale, fin da subito, nella conquista del primo avamposto tedesco: Casa Berardi. E’ questo un casale situato ancor oggi alle porte di Ortona, che domina una ripida valle che i canadesi battezzarono “The Gully” – “La Gola” e che si trasformò in breve tempo in un cimitero per i loro carri armati Sherman M4. “Dì a Monty – sbraitò il generale Vokes a una staffetta di Montgomeryche se venisse in questo inferno, a vedere in quale pantano ci siamo ficcati, saprebbe benissimo perché non avanziamo!”

Casa Berardi durante la guerra e com’è oggi
Carri armati M4 Sherman canadesi distrutti nella gola sotto Casa Berardi

6.Un testimone oculare

L’agricoltore Nicola Paolini, di 83 anni, vera memoria storica di Ortona, vive ancor oggi sul crinale opposto a Casa Berardi. Aveva dieci anni quando fu testimone dell’assedio all’avamposto: “Nella casa erano asserragliati cinque soldati tedeschi, con una mitragliatrice, alcuni lanciarazzi e un carro armato (Panzerkampfwagen IV, n.d.r.) nascosto dietro l’edificio. I carri canadesi attaccarono dapprima frontalmente, attraversando il fosso, e nove furono distrutti. Allora, tentarono un aggiramento da sinistra, su strada, ma alla prima curva, altri due furono centrati da un cannoncino anticarro che i tedeschi avevano già nascosto sotto il profilo del terreno”.

Il capitano Triquet con la Victoria Cross

Tutta la battaglia fu, infatti, accuratamente disegnata sul campo dai parà nazisti, che prevedevano i movimenti di carri e fanti nemici e li convogliavano verso punti di annientamento. “Fu solo il colpo di genio del capitano canadese Paul Triquet – continua Paolini – a sbloccare la situazione: ebbe l’ardire di passare a destra della Casa Berardi in un territorio già occupato dai nemici. In questo modo, poté sorprendere il loro unico Panzer e metterlo fuori combattimento. La strada per Ortona era aperta e Triquet fu il primo canadese a essere decorato con la Victoria Cross britannica”.

Una baionetta tedesca rinvenuta nei pressi di Casa Berardi

Ancor oggi, intorno a Casa Berardi, si possono trovare, con il metal detector, un’infinità di schegge di granate alleate. Aperte in quattro petali, le spolette esplose sembrano dei grossi fiori di ottone massiccio, e recano ancora stampigliati modello e anno di costruzione. Per calibro e quantità restituiscono con immediatezza, pur a settant’anni di distanza, il tremendo volume di fuoco che l’artiglieria anglo-canadese scaricò sugli avversari. Il terreno ha restituito perfino una baionetta di fucile Mauser k 98 tedesco, ormai ridotta a uno spezzone di ruggine, ma senza dubbio evocativa.

Una spoletta – esplosa – di proietto d’artiglieria alleata

7.I combattimenti “stanza per stanza”

Fu proprio il combattimento all’arma bianca una delle caratteristiche più cruente e “medievali” della Stalingrado italiana. Come ben spiegato presso il Museo della Battaglia di Ortona, i tedeschi avevano fatto crollare i palazzi delle tre direttrici principali della città, che vanno da Porta Caldari alla piazza del Municipio. I detriti impedivano, così, il passaggio ai carri: non appena uno di questi tentava di salire su un cumulo di macerie, infatti, esponeva il ventre, meno corazzato, ai colpi del Panzerschreck, una versione del bazooka che, dalla Tunisia, i tedeschi avevano copiato dagli americani.

Canadesi avanzano tra le macerie
Canadesi sotto il fuoco nemico. Uno di loro giace ferito o morto
Un soldato canadese del Canadian Regiment spara con il suo fucile di precisione dall’apertura di una casa ad Ortona, Dicembre 1943
Un soldato canadese del Loyal Edmonton Regiment del Canada spara con il suo fucile contro una postazione tedesca ad Ortona, Dicembre 1943

Senza poter avvalersi degli Sherman, i fanti canadesi dovettero impegnarsi nei combattimenti casa per casa, fra le macerie. Continuamente bersagliati, furono costretti a traforare l’interno delle abitazioni pur di avanzare al coperto: una volta liberato uno stabile, dal secondo o terzo piano, facevano saltare le pareti divisorie, per passare nell’edificio contiguo, ma non di rado i Fallschirmjäger li aspettavano dall’altra parte e, approfittando del polverone, colpivano gli avversari ancora frastornati dall’esplosione. Si dovettero quindi innalzare dei ripari prima di minare le pareti delle case. Nonostante questi continui adattamenti, i soldati venuti da oltre Oceano continuavano a cadere per i trappolamenti esplosivi, le mine anticarro e antiuomo, gli agguati corpo a corpo, e il fuoco incrociato dei cecchini. Impiegarono una settimana per conquistare 500 metri di territorio urbano; fu un combattimento così devastante per i loro nervi che dopo Ortona nacquero degli studi psicologici sui danni provocati dallo stress da combattimento. Anche per i più esperti paracadutisti tedeschi, schiacciati dall’inferiorità numerica e dai tassativi ordini di resistenza, fu un’esperienza psicologica terribile. Una drammatica foto ricorda la vicenda del sottotenente Ewald Pick il quale, non potendo più sostenere l’assalto nemico e avendo ricevuto via radio l’ordine di resistere ad ogni costo, ebbe un crollo nervoso. Si alzò dalla postazione, andò tranquillamente a fumare una sigaretta sulla fontana, al centro della piazza, e si fece fulminare dalle fucilate canadesi.

Parà tedeschi con Panzerschreck dietro a uno Sherman distrutto

8.Militari e civili

Le perdite tedesche, tra morti, feriti e dispersi furono circa 870; quelle canadesi intorno alle 2.340 e le vittime civili furono circa 1300. Nonostante gli occupanti si fossero attivati per far sfollare la popolazione prima della battaglia, l’ordine non fu rispettato da tutti i cittadini molti dei quali non si rendevano conto del pericolo incombente. Il rapporto fra militari dei vari eserciti e i civili, riferito dagli ortonesi che vissero quel periodo, fu più complesso rispetto ai cliché sedimentati nell’immaginario comune.

Nicola Paolini, testimone dell’assalto canadese a Casa Berardi

“I miei nonni – racconta Nicola Paolini – si erano riparati in una grotta sotto al crinale dietro il quale si erano accampati gli Alleati. Un giorno, il nonno fu arrestato dai canadesi che lo ritenevano, erroneamente, una spia e la nonna, completamente paralizzata, rimase abbandonata nella grotta. I parà germanici, di notte, passando a pochi metri dai nemici, portavano da mangiare all’anziana rimasta sola”. Ciò che emerge dalle testimonianze è che nonostante i tedeschi avessero fatto saltare il porto di Ortona, per impedire l’attracco alle navi nemiche, avevano mantenuto un rapporto sostanzialmente corretto con la popolazione, forse anche per la rigida disciplina cui erano avvezzi.

Soldati canadesi perquisiscono prigionieri tedeschi

I canadesi furono accolti con grande benevolenza, come liberatori, e aiutarono i civili nella prima riorganizzazione di una vita normale, dopo la battaglia. Tuttavia, dato che erano poco abituati al vino, (le cantine di Ortona ne abbondavano) si verificarono diversi problemi disciplinari dovuti all’ ubriachezza. Gli inglesi erano percepiti come militari intransigenti, ma erano anche quelli che potevano controllare le intemperanze dei loro alleati. I più temuti di tutti dalla popolazione furono gli indiani, presenti nel contingente alleato, che, a detta di numerosi testimoni, compirono stupri su donne e ragazzi.

Un civile ortonese si aggira per le macerie

9.L’ultimo massacro e la distruzione della Cattedrale

Dopo la notte di Natale in cui i canadesi cenarono con birra, maiale in salsa di mele e pudding (l’ultimo pasto per molti di loro) la battaglia entrò nella fase finale, ma si completò con un ulteriore disastro. Una volta riusciti a percorrere le tre vie principali, le forze alleate confluirono e si ammassarono incautamente nella piazza del Municipio. Qui, alcuni cecchini tedeschi appostati sulla torre dell’orologio ne fecero strage. “Ebbi modo di parlare con uno di loro – spiega Marco Patricelli – il quale mi riferì che alla fine, disgustati loro stessi da tanta carneficina, si limitavano a tirare solo su ufficiali e sottufficiali, per lasciare senza guida la truppa”. Nonostante la ferocia dei combattimenti, non furono rari gli episodi di reciproca cavalleria fra i due schieramenti e di comprensione umana per il nemico ferito o catturato.

Danni di guerra della Cattedrale di Ortona

Alle spalle del Municipio sorge la Cattedrale di San Tommaso, il cui campanile e la cupola furono distrutti il 21 dicembre. “Una leggenda vuole – continua Patricelli – che fosse stata minata da un ufficiale germanico, protestante, in odio al culto cattolico delle reliquie di San Tommaso Apostolo ivi custodite. I documenti militari e il diario del maggiore canadese Bert Hoffmeister hanno però dimostrato che la cattedrale fu presa a cannonate dall’artiglieria navale alleata in quanto forniva un punto di osservazione privilegiato al nemico”.

Un infermiere canadese dà da bere a un sottufficiale tedesco ferito
Un parà tedesco caduto

10.Vittoria?

Il 28 dicembre 1943, gli ultimi Fallschirmjäger si ritirarono dalla città, ormai rasa al suolo; si arroccarono appena 5 km a nord, sul fiume Riccio, dove resistettero per sei mesi, fino alla liberazione di Roma, avvenuta il 4 Giugno dell’anno successivo.

Tatticamente, Ortona fu una vittoria alleata, anche se Montgomery non la incluse nelle sue memorie, fermandosi al successo ottenuto sul fiume Sangro. Strategicamente, invece, può essere considerata una vittoria dei tedeschi: con pochi uomini erano riusciti a ritardare l’avanzata dell’avversario angloamericano dissanguandolo per ogni palmo di terreno conquistato. Dopo aver subìto lo sfondamento della Gustav a Cassino, e aver perso Roma, i nazisti nuovamente si attesteranno sulla Linea Gotica, tra Pisa e Rimini, mantenendo il fronte per altri quattro mesi. L’obiettivo di Churchill di far stornare al nemico molte divisioni nella Campagna d’Italia era fallito, e questo renderà, agli Alleati, molto più dura la conquista della Normandia, che prenderà il via con il D-Day del 6 giugno 1944.

Un edificio di Ortona rimasto com’era dal 1943
Il cimitero canadese di Ortona: Moro War Cemetery, località Moro Ortona, Abruzzo Italia
https://www.cwgc.org/visit-us/find-cemeteries-memorials/cemetery-details/2018200/moro-river-canadian-war-cemetery/
Cimitero militare canadese di Ortona, Moro War Cemetery
https://www.google.com/maps/place/Cimitero+Militare+Canadese+di+Ortona/@42.3362449,14.414196,580m/data=!3m2!1e3!4b1!4m6!3m5!1s0x13310388174fc31d:0x7da01775cadbabec!8m2!3d42.3362449!4d14.4167709!16s%2Fg%2F1q6fs73ng?hl=it&entry=ttu

La sorpresa del carro armato medio canadese Sherman M4 nella rotonda all’ingresso di Ortona

Per ricordare il sacrificio del capitano canadese Richard Maurice Dillon, caduto valorosamente in battaglia ad Ortona per mano dei nazisti il 24 Dicembre 1943, il Canadian Regiment di cui il capitano faceva parte donò il carro armato alla vedova Dillon, la quale come atto di magnanimità ad eterna memoria amorevole del marito, decise di donarlo alla comunità degli ortonesi ed oggi il carro armato medio M4 Sherman si trova nella rotonda all’ingresso della città, dove si svolse una battaglia cruciale ai fini dell’esito della Seconda Guerra Mondiale in Italia ed, ancora oggi, la Stalingrado d’Italia è la battaglia meno nota di tutte quelle che sono state combattute durante la Seconda Guerra Mondiale stessa.

Disegno di un carro armato medio M4 Sherman canadese affidato al Canadian Regiment dagli inglesi per liberare dai tedeschi la città di Ortona

Ho voluto ricordare questa mattanza di soldati canadesi e tedeschi narrando questa battaglia storica della Seconda Guerra Mondiale dimenticata che si combattè nella porzione costiera del Mare Adriatico in Abruzzo per mantenere alta, eterna la memoria di tutti quei giovanissimi soldati, i quali partirono da paesi lontanissimi, dal Canada, Nuova Zelanda, Australia, India, percorrendo ben 20 mila km per venire a morire in Italia sottoi colpi dei tedeschi in pieno onverno, senza poter sentire il canto delle cicale in primavera, tutto questo nel nome della difesa della libertà delle persone di tutto il Mondo, per impedire che esso cadesse completamente per 1000 anni nelle mani della follia ideologica nazista e neonazista, che ieri come oggi, ancora non è stata e forse mai verrà sconfitta.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto