Seconda Guerra Mondiale

17 GENNAIO 1944 – 17 GENNAIO 2024: GLI 80 ANNI DALL’INIZIO DELLA BATTAGLIA DI MONTECASSINO, LA LIBERAZIONE DEL PAESE DI CASSINO E DELL’ABBAZIA BENEDETTINA DALL’OCCUPAZIONE NAZISTA

Vasto (CH), lì 20 Gennaio 2024 ore 21.38

Amici ed amiche appassionati di storia non molto lontana dall’Era Moderna, buonasera a tutti: in questo articolo andremo alla riscoperta di una battaglia storica della Seconda Guerra Mondiale combattuta nei pressi dell’abbazia di Montecassino a Cassino in provincia di Frosinone nel Lazio tra le forze alleate anglo-americane e gli occupanti invasori nazisti della Werhmacht appartenenti alle forze dell’asse italo-tedesche il 17 Gennaio 1944 e, proprio il 17 Gennaio scorso sono passati 80 anni esatti da quel giorno in cui sia il paese che l’abbazia benedettina, che domina ancora oggi dall’alto il paese, vennero liberati dall’occupazione nazista. Si tratta di un evento che in Italia oggi le istituzioni non hanno volutamente ricordato, ma sarò lieto di farlo io al posto loro, perché io e la Storia siamo da sempre una cosa sola! Qui entra in gioco la mia indimenticata nonna materna Maria Concetta Gulia, nota con il soprannome di Rosetta a Scurcola Marsicana (AQ), paese di 2000 abitanti in cui ha vissuto per molti anni, ma era nata a Sora in provincia di Frosinone in Ciociaria, luogo in cui ha vissuto poi per gran parte della sua adolescenza: quando frequentavo la terza media dell’Istituto Comprensivo di 1° Grado di Scurcola, durante l’ora di Storia mi venne affidato il compito di procurarmi una testimonianza relativa ad un evento vissuto dai miei nonni durante la Seconda Guerra Mondiale e così pensai di fare un’intervista in merito alla mia cara e dolce nonna Rosetta, l’anima candida della famiglia, che nella vita è stata una mamma amorevole che ha sempre dato l’anima alle sue due figlie una delle quali Carla, la primogenita, è mia madre ed ha sempre saputo mantenere ben salda la famiglia attraverso il duro lavoro, era una stacanovista non si fermava mai e quando nel 1985 dovette lasciare a Roma suo marito mio nonno Carmine e le due figlie per motivi di lavoro, da Responsabile di una concessione Tupperware Srl a Viale del Gran Sasso nel quartiere Torrione di L’Aquila che anche d’inverno dormiva in sede all’interno di cartoni per non dover alimentare un pendolarismo continuo tutti i giorni tra Roma e L’Aquila. Mia nonna accettò di essere intervistata e mi rilasciò un’intervista di circa 17 minuti incisa su una musicassetta che purtroppo ho perso nel tempo, ma mi è rimasta bene in mente la sua testimonianza che adesso vi vado di seguito a riportare integralmente ed alla mia domanda: “Qual’è stato l’evento della Seconda Guerra Mondiale che ha segnato la tua adolescenza?” la risposta fu: “Senza dubbio la battaglia di Montecassino del 17 Gennaio del 1944!” le domandai di nuovo: “Cosa ricordi di quel giorno?” e mia nonna rispose: “Ricordo avevo appena 13 anni, vivevo a Sora, a circa 45 km dal fronte di Montecassino che faceva parte della linea Gustav nell’entroterra dove si affrontarono gli alleati ed i tedeschi: ricordo che per quante batterie di artiglieria tedesca sparavano verso i bombardieri americani che sganciavano dagli aerei sull’abbazia, ogni volta che i tedeschi sparavano dalle loro batterie di artiglieria, la notte si illuminava a giorno!” giusto per farvi rendere bene l’idea di quanti megatoni vennero sganciati dai bombardieri B25 americani in una sola notte in quel punto per stanare i tedeschi che si erano asseragliati nell’abbazia per tentare di respingere l’attacco degli alleati anglo-americani, proveniente prima dalla Sicilia, dove sbarcarono il 9 Luglio 1943, poi dal fiume Volturno il 25 Novembre 1943, prima di arrivare a Cassino sotto l’abbazia di Montecassino, dove vi fu la battaglia che anticipò il secondo sbarco degli alleati ad Anzio, città laziale dove inizia la linea gotica Gustav dal lato del Mar Tirreno, dove i tedeschi nelle vicinanze, a Cisterna di Latina, avevano piazzato un pezzo da artiglieria pesante, il K5E “Annie”, un cannone atomico obice da 280 mm montato su un vagone ferroviario che da mesi colpiva ogni unità alleata in movimento, come la fanteria, i carri armati, l’artiglieria semovente ed aerei incursori nemici, usandolo anche come cannone contraereo.

46 I KM CHE SEPARAVANO MIA NONNA A SORA DAL FRONTE DI CASSINO (FR)

46 chilometri separavano mia nonna Rosetta a Sora dal fronte di Cassino in provincia di Frosinone nel Lazio
https://www.google.com/maps/dir/03039+Sora+FR/Montecassino,+Cassino,+FR/@41.6223288,13.5787694,32533m/data=!3m1!1e3!4m13!4m12!1m5!1m1!1s0x133aaa44d7505e83:0xd1d77b8ca8c186d6!2m2!1d13.6130491!2d41.7188539!1m5!1m1!1s0x133abbf093da4079:0x6c171f25c437c96f!2m2!1d13.8158578!2d41.4916194?hl=it&entry=ttu

LA BATTAGLIA DI MONTECASSINO, 17 GENNAIO 1944 – 17 GENNAIO 2024, 80 ANNI DOPO!

La battaglia di Montecassino è stata una delle operazioni militari più importanti della Seconda Guerra Mondiale. Anche nota come la Battaglia per Roma, non si è trattato di una sola battaglia quanto piuttosto di una serie di assalti militari degli Alleati contro i tedeschi, cominciati il 17 gennaio e terminati nel Maggio inoltrato del 1944.

Montecassino ha avuto un ruolo centrale in questa battaglia poiché non soltanto l’intelligence alleata sospettava che le unità di artiglieria tedesche stessero utilizzando l’Abbazia come validissimo punto di osservazione, ma anche perché si trovava in una posizione strategica utile per poter avanzare sulle difensive tedesche ed entrare in una Roma pesantemente occupata. La perdita di vite umane fu enorme in questa controversa operazione, con gli Alleati che persero 55.000 uomini e circa 20.000 soldati tedeschi feriti e uccisi.

Prima che la battaglia cominciasse, l’ufficiale tedesco Capitano Maximilian Becker e il Tenente Colonnello austriaco Julius Schlegel, avevano predisposto che tutti i manufatti, gli archivi e i documenti della biblioteca, e numerosi altri incommensurabili tesori fossero messi al sicuro presso Città del Vaticano a Roma. Ci vollero mesi perché l’enorme operazione fosse ultimata e centinaia di uomini e monaci a fare da scorta al tutto.
Dopo la fine della guerra, l’abate Ildefonso Rea fu a capo del progetto di ricostruire Montecassino esattamente dove era prima, in tutta la sua gloria precedente e di riportare in sede tutti gli oggetti preziosi e i documenti che erano stati custoditi in Vaticano durante la guerra. La risorta Abbazia fu riconsacrata nel 1964 da Papa Paolo VI.

Fonte: https://abbaziamontecassino.it/storia/la-battaglia-di-montecassino/

La Grande Storia dall’alto. 15 Marzo 1944: battaglia di Cassino

15-MAR- 44, 10:45….” Queste sono la data e l’ora riportate sulla foto che documenta da 6 chilometri di altezza (20.000 piedi di quota) quella che è probabilmente la più controversa delle battaglie concepite per disarticolare la linea Gustav, la Terza Battaglia di Montecassino.
Una mattina di marzo di settantasette anni fa una squadriglia fu inviata a documentare la pioggia di bombe che stava distruggendo la città. Solo trenta giorni prima, il 15 febbraio, era stato raso al suolo l’antico monastero fondato nel 529 da San Benedetto, un monumento artistico e religioso di importanza mondiale. I comandi Alleati avevano deciso di sfruttare la superiorità aerea in modo mai fatto prima, nella convinzione che l’azione dei bombardieri fosse decisiva per rimuovere l’impasse in cui si trovava da mesi la battaglia terrestre. Alle 10.45, quando i ricognitori della nostra foto arrivarono, il bombardamento stava procedendo senza sosta da più di due ore. Dai dati impressi sulla foto sappiamo che a scattarla fu un aereo della 12th Photo Reconnaissance Aerial, quell’annoalla sua485a missione (questo significa la sigla 12PRA485 visibile in basso nella foto).
L’obiettivo si era spostato ai piedi del Monte per un attacco frontale su Cassino e sulla collina del monastero, per aprire la via alle truppe alleate tra lo schieramento nemico grazie allo sforzo congiunto di aviazione e artiglieria. Con questa offensiva la città, già duramente colpita nei mesi precedenti, sarebbe diventata un cumulo di macerie, faticoso da oltrepassare per gli stessi soldati a terra.
La città era già stata colpita gravemente a febbraio, durante le due ore di bombardamento aereo e fuoco di artiglieria che avevano distrutto l’Abbazia. I volantini  lanciati dagli aerei alleati avevano avvisato la popolazione del bombardamento imminente (“Amici italiani ATTENZIONE!”), invitandola a lasciare il “Sacro Recinto” e a mettersi al riparo, ma pochi vi avevano creduto. Sembrava impossibile che una simile azione potesse compiersi su un monumento come quello di Montecassino (3, 4), anche perché vi erano delle norme che regolavano la salvaguardia dei monumenti storici e religiosi in periodo di guerra, emanate nel 1943 dallo stesso generale D. Eisenhower, comandante supremo per le operazioni in Europa.
Il 15 marzo 1944 la città fu letteralmente rasa al suolo. Dalle 8.30 alle 12.30, ad ondate di 10-15 minuti l’una dall’altra, 550 bombardieri medi e pesanti e 200 cacciabombardieri, decollati da aeroporti italiani, nordafricani ed inglesi, sganciarono su Cassino 1250 (per alcuni 2000) tonnellate di bombe, lasciando sepolti sotto le macerie militari e civili. “Ci rendemmo conto che ci volevano annientare […] fu come la fine del mondo” scrisse nei suo ricordi un soldato tedesco.
Al bombardamento aereo seguì, infatti, il fuoco di artiglieria su tutta la montagna contro gli ultimi avamposti tedeschi, e poi l’avanzata di 400 carri armati accompagnati dalla fanteria neozelandese ed indiana. Toccò infatti al corpo neozelandese avanzare in città tra le rovine diventate rifugio per i paracadutisti tedeschi superstiti della 1° Divisione. Questi ultimi, nonostante l’esiguo numero rispetto ai soldati Alleati, resero più difficile la presa dei punti strategici; alla divisione indiana toccò il compito di avanzare sulla montagna fino alla quota 435, l’avamposto più alto, la Hangman’s Hill (‘collina del boia’). Solo dopo sette giorni, il 22 marzo, il generale H. Alexander ordinerà di interrompere gli attacchi sulla città e sul monte. Bisognerà tuttavia aspettare maggio (tra l’11 ed il 18) per vedere il territorio intorno a Montecassino occupato esclusivamente dalle truppe alleate.
Grazie alle foto oggi conservate in Aerofototeca Nazionale, scattate dalla Mediterranean Allied Photo Reconnaissance Wing, è possibile ripercorrere le tragiche vicende della città di Cassino, un tempo ritenuta intoccabile per la sua vicinanza ad un monumento da preservare e divenuta invece una città martire a causa di errori di valutazione strategici, sacrificata sull’altare della “giusta causa” per obiettivi bellici.

Fonte: http://www.iccd.beniculturali.it/it/150/archivio-news/5003/la-grande-storia-dall-alto_-15-marzo-1944-battaglia-di-cassino

Le battaglie per Cassino: dal fiume Volturno a Cassino

Fonte: http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/le-battaglie-per-cassino.asp

La campagna di Montecassino

https://www.liberationroute.com/it/stories/113/the-campaign-of-monte-cassino

La difficile strada per Roma La campagna di Montecassino fu combattuta dagli Alleati in quattro fasi tra gennaio e maggio 1944. La città di Cassino era una roccaforte chiave della linea Gustav, la linea di difesa tedesca nell’Italia centrale, progettata per impedire l’avanzata alleata verso Roma. Gli Alleati subirono circa 55.000 perdite, i tedeschi 20.000.

CHI SIAMOMEDIA

Alla fine di dicembre 1943 l’avanzata delle forze alleate in Italia fu ostacolata dalle forti difese tedesche sulla linea Gustav o linea invernale. L’area intorno alla città di Cassino, con fortificazioni montane e difficili traversate fluviali, era la posizione chiave sulla linea Gustav. Gli Alleati tentarono per quattro volte di sfondare la roccaforte di Montecassino. La prima battaglia avvenne tra il 17 gennaio e l’11 febbraio 1944, e provocò pesanti perdite e un fallimento per gli Alleati. Per alleviare la pressione dalla testa di ponte sulla spiaggia di Anzio, dove gli Alleati erano bloccati dalla forte resistenza tedesca, un secondo attacco venne lanciato tra il 16 e il 18 febbraio. Il 15 febbraio la famosa abbazia di Montecassino venne distrutta dai bombardieri americani. Il comando alleato era convinto che l’antica abbazia fosse un osservatorio tedesco, ma ironicamente le truppe tedesche occuparono le rovine solo dopo il raid aereo. La terza offensiva venne condotta tra il 15 e il 23 marzo, di nuovo senza successo. La quarta battaglia iniziò l’11 maggio. I tedeschi si ritirarono infine dalla linea Gustav il 25 maggio 1944. Dopo cinque mesi di stallo sulla linea Gustav, la strada per Roma fu aperta, ma i costi furono elevati. Si stima che gli Alleati (Australia, Canada, Francia liberata con l’ausilio di soldati marocchini, Regno d’Italia, India, Nuova Zelanda, Polonia, Sudafrica, Regno Unito e Stati Uniti) subirono circa 55.000 perdite, la Germania e la Repubblica Sociale Italiana 20.000.

75° anniversario della battaglia di Montecassino

I 75 anni dalla battaglia di Cassino ricordati dall’Istituto Polacco di Roma
https://instytutpolski.pl/roma/2019/05/18/75-anniversario-della-battaglia-di-montecassino/

La battaglia di Monte Cassino fu una delle più dure e sanguinose battaglie che determinarono l’esito della Seconda guerra mondiale.

1944 – 2019

“Il compito che ci è toccato porterà gloria mondiale al soldato polacco”

La battaglia di Monte Cassino fu una delle più dure e sanguinose battaglie che determinarono l’esito della Seconda guerra mondiale.

Fu il quarto assalto delle truppe alleate sulle truppe tedesche che controllavano l’abbazia benedettina in cima alla collina di Monte Cassino in Italia. Finì con la vittoria del 2 ° corpo polacco che ruppe le linee di difesa tedesche e aprì gli eserciti alleati sulla strada per liberare Roma.

Monte Cassino era la posizione chiave del sistema di fortificazioni tedesco nella parte più stretta della penisola italiana, chiamata la linea Gustav. Nella prima metà del 1944 Monte Cassino fu testimone di aspri combattimenti tra forze alleate e truppe tedesche. Per diversi mesi le truppe tedesche che occupavano posizioni forti respinsero gli attacchi alleati. Tre assalti successivi da parte di forze americane, britanniche, francesi, canadesi, sudafricane, neozelandesi e indiane fallirono.

Il comandante alleato Oliver Leese chiese al generale polacco Władysław Anders, comandante del 2 ° corpo polacco, di unirsi alla battaglia di Montecassino. Il generale Anders fu d’accordo, ritenendo che il coinvolgimento polacco nella battaglia avrebbe dimostrato la solidarietà della Polonia con le nazioni la cui libertà, come quella polacca, fu violentemente violata dalla Germania. L’11 maggio il generale Anders emise un ordine storico per i soldati del 2 ° corpo:

Soldati!

Il compito che ci è toccato porterà gloria mondiale al soldato polacco. In questi momenti di prova saremo nella mente e nel cuore dell’intera nazione polacca. Gli spiriti dei nostri fratelli caduti in armi ci sosterranno.

Lasciate che il leone si risvegli nel vostro cuore!

Soldati – marciamo avanti con il santo motto di “Dio, onore, patria” nei nostri cuori, ricordando l’attacco del bandito tedesco contro la Polonia, le partizioni tedesco-sovietiche della Polonia, le migliaia di città e città in rovina, gli omicidi e le torture inflitte centinaia di migliaia di nostri fratelli e sorelle, i milioni di polacchi deportati in Germania come schiavi, la triste condizione e il dolore del nostro paese, la nostra sofferenza e il nostro esilio, con la fede nella giustizia della Divina Provvidenza.

Dopo una sanguinosa battaglia durata quasi una settimana, l’abbazia fu conquistata. Un altro campo di difesa tedesco, chiamato Linea di Hitler, fu rotto. Il 18 maggio a mezzogiorno, una bandiera vittoriosa in bianco e rosso fu issata sulla collina di Monte Cassino. L’assalto costò la vita a 923 soldati polacchi, 2931 feriti e 345 non furono mai trovati.

La battaglia di Monte Cassino è stata una testimonianza del coraggio e del sacrificio polacchi. Soprattutto, è stata un’espressione di solidarietà con le altre nazioni del mondo che combattono contro il nazismo. La vittoria polacca fu fondamentale per la storia della Seconda guerra mondiale. Voleva anche ricordare ai leader occidentali la necessità di ripristinare l’indipendenza della Polonia nel momento in cui l’Unione Sovietica aveva già occupato metà del territorio della Polonia. Come si è scoperto più tardi, le decisioni sul futuro della Polonia e dei suoi confini erano già state prese da Stalin, Roosevelt e Churchill alla Conferenza di Teheran nel 1943 e ulteriormente suggellate a Yalta.

Dopo la guerra, un cimitero militare polacco fu creato sulla collina e divenne un santuario nazionale.

I combattimenti di Monte Cassino sono stati commemorati da una lapide alla Tomba del Milite Ignoto a Varsavia e da un’iscrizione su una torcia alla Tomba del Milite Ignoto a Cracovia. Un monumento per onorare la battaglia e i suoi eroi polacchi è stato inaugurato nel 1999 a Varsavia, vicino a Via Władysław Anders Street e al Parco Krasinski.

Ripercorriamo insieme le fasi più significative di quella battaglia analizzando foto e video del tempo.

Truppe tedesche della Werhmacht nel cambio della guardia interno all’abbazia di Montecassino, 1944
Il generale Anders
La battaglia di Cassino: il generale Wladyslaw Anders, aprile 1944
The Battle of Cassino: (from left) Lieutenant Colonel Hodgson, Brigadier Thirth, General Keightley, General Anders
Image of La battaglia di Cassino: il generale Kazimierz Sosnkowski
Truppe alleate catturate dai tedeschi della Wehrmacht a Cassino
Due soldati tedeschi catturati dagli alleati tra le rovine dell’Abbazia di Montecassino, 18 Maggio 1944
L’abbazia di Montecassino com’era prima dei bombardamenti che la rasero al suolo durante le quattro battaglie di Cassino
Aerei alleati sorvolano l’area di Cassino
Un bombardiere B25 alleato sorvola l’area di Cassino
Il sacrificio polacco nella battaglia di Montecassino
Le rovine dell’Abbazia di Montecassino dopo i bombardamenti alleati
Mappa militare della seconda battaglia di Cassino
https://www.larchivio.com/xoom/cassino-battaglia03.htm
18 Maggio 1944: divieto di sorvolo dell’area di Cassino da terra a 6000 piedi di quota
La famigerata linea difensiva tedesca Gustav fatta erigere da Adolf Hitler per difendere Roma e la Repubblica di Salò a Nord: si estendeva da Anzio sul Mar Tirreno fino ad Ortona a Mare in Abruzzo sul Mare Adriatico

Guide turistiche Frosinone, tour dei campi di battaglia di Cassino

https://guideturistichefrosinone.altervista.org/campi-di-battaglia/

Indice dei contenuti

Tour dei campi di battaglia di Cassino

Se avete sentito parlare dei tour dei campi di battaglia della Normandia, o avete avuto la fortuna di visitarli, non potete non essere interessati ad un tour dei campi di battaglia della asseconda Guerra Mondiale a Cassino.

Visita guidata dei campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale a Cassino

Per avere una idea generale delle 4 battaglie di Cassino si può cominciare con una visita a SantcAngelo in Theodice dove vicino l’abitato si vede bene il fiume Rapido, che gli Americani circa 80aa fa chiamavano Rapido. Nel attraversarlo il 20-22 Gennaio del 1944 la 36th Divisione Texas , e poi alcuni giorni più tardi la 34th Divisione Red Bull furono decimate. Accanto al moderno ponte sotto l’abitato, dove gli Alleati durante l’ultima battaglia eressero un ponte bailey che chiamarono London Bridge, si vedono la campana della Pace, posta da Severino De Sanctis, che bambino all’epoca delle battaglie, rimase shoccato da ciò che vide, e la targa in bronzo dedicata ai Nisei del 100th Battaglione della 34th Divisione.

I campi di battaglia di Cassino: l’attraversamento del fiume Rapido

Nel centro del paese, sulla piazzetta che sovrasta il fiume dall’alto, si vede bene la pianura che gli Americani dovettero attraversare nella notte per raggiungere il fiume, tra campi minati tedeschi e filo spinato e dove molti di loro persero la vita. La piazzetta costituisce uno splendido punto per apprezzare la semplice strategia tedesca di porsi nei punti più alti ed attendere i nemici, godendo di una vista eccezionale su quelli che sarebbero stati per 4 mesi i campi di battaglia. Sulla stessa piazzetta il monumento ai soldati della 36th Texas.

Tour dei campi di battaglia di Cassino: i Britannici che costruirono e attraversarono l’Amazon Bridge

Proseguendo verso Cassino sulla strada si trovano 2 monumenti: il primo dedicato ai Soldato Britannici che per primi raggiunsero questa sponda del fiume Rapido, e poi il nuovo monumento dedicato ai soldati che costruirono l’Amazon Bridge per permettere l’attraversamento del fiume e ancora più avanti si trova il Cimitero del Commonwealth Britannico con circa 8.000 soldati. Circa la metà di essi sono purtroppo solo menzionati poiché i loro corpi non furono mai ritrovati. Sono presenti naturalmente tutte le nazionalità che a quel tempo combattevano per lo UK, dal Sud Africa, al Canada, passando per il Nepal e la Nuova Zelanda.

L’abbazia di Montecassino e la difesa tedesca della Linea Gustav

Giunti a Cassino dove inizia la via per il monastero un cartello marrone indica la posizione della grotta Foltin, il quartier generale tedesco, che il Capitano Foltin fece spostare dal palazzo dell’hotel Continental ad una grotta prevedendo il bombardamento alleato. Percorrendo la strada che porta al monastero, dopo aver costeggiato il castello chiamato Rocca Janula luogo di battaglia chiave per tante nazionalità durante le 4 battaglie, si raggiunge il belvedere, un ampio slargo da dove si vede tutta la valle sottostante. Da lì si può avere una idea, anche se ridotta del punto di vista tedesco sui campi di battaglia, con una vista mozzafiato che spazia per decine di km in ogni direzione.

I campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale a Cassino

Prima di arrivare al monastero sulla sinistra l’ultima grotta carsica lasciata aperta, dove i tedeschi si ripararono durante il bombardamento dell’abbazia il 15 febbraio 1944, e sulla destra la strada che porta al cimitero Polacco ed ai campi di battaglia polacchi. Oltre al cimitero con più di 100 soldato ricordati, ed al piccolo memoriale che ricorda l’odissea Polacca, sulla sinistra del cimitero, vi è un cancello pedonale che permette di raggiungere il grande obelisco polacco per ricordare i caduti durante l’ultima battaglia a metà maggio 1944.

L’Albaneta e la sua storia: le battaglie di Cassino

Seguendo i cartelli si arriva alla prepositura dell’Albaneta, una piccola abbazia bombardata durante la guerra che divenne sede del comando tedesco, e poco più avanti un carrarmato Polacco lasciato come monumento a ricordare i primi Polacchi morti a Cassino e celebrare l’impresa fatta dagli stessi nel portare attraverso la Cavendish Road (costruita da NZ e Indiani in precedenza) dei carri armati sulle montagne dietro all’Abbazia. Nel punto dove si trova il carrarmato si distingue benissimo la sede stradale della Cavendish Road….

Visita guidata dei campi di battaglia di Montecassino: l’abbazia di Montecassino e i monumenti dedicati a varie nazionalità.

Poi naturalmente tocca visitare l’Abbazia di Montecassino totalmente ricostruita seguendo il motto “com’era e dov’era”, che si è rivelata la scelta giusta. Proprio nei pressi dell’altare maggiore il 18 Maggio 1944 i soldati Polacchi piantarono la propria bandiera, simbolo della presa di Montecassino e della fine delle battaglie iniziate circa 4 mesi prima sul Fiume Rapido.
A questo itinerario che tocca tutti i principale monumenti, aggiungerei 4 luoghi in città: il monumento a Wojtek l’orso Polacco, il busto del Generale Anders, la lapide a ricordo dei Soldati Indiani ed il Cimitero Tedesco con circa 20.000 soldati onorati.

La battaglia di Anzio e Montecassino fu importante anche per un mostro sacro della musica internazionale Roger Waters dei Pink Floyd: è qui che il piccolo Roger perse suo padre dopo lo sbarco

https://www.ilmessaggero.it/frosinone/dalla_battaglia_di_cassino_ai_pink_floyd_dibattito_universita-7753973.html
Roger Waters visita la tomba di suo nonno G.H. Waters, ingegnere reale morto il 14 Settembre 1916 a Verdun nel fronte franco-tedesco durante la Prima Guerra Mondiale
Roger Waters visita ad Aprilia il monumento onorario dedicato a suo padre, il Tenente Eric Fletcher Waters, caduto a Campo di Carne, mitragliato dai soldati tedeschi appostati dentro i bunker di cemento armato da cui mitragliarono i soldati alleati appena sbarcati ad Anzio

Articolo dedicato alla memoria della mia amorevole nonna materna “Rosetta”, Maria Concetta Gulia.

Maria Concetta Gulia (Sora, 29 Luglio 1931 – Celano 12 Marzo 2018)
http://www.infinitamemoria.it/cimiteri/abruzzo/l-aquila/scurcola-marsicana/cimitero-comunale-di-scurcola-marsicana/memorial/maria-concetta-gulia

“DIE GLOCKE”, LA CAMPANA NAZISTA

Vasto (CH), lì 22 Dicembre 2023 ore 21.38

Buonasera a tutti e a tutte, come miglior regalo di Natale per tutti voi, questa sera andremo a scoprire parte del mio archivio digitale contenuto nel mio hard disk esterno della Verbatim da 500 Gb di capienza, in merito delle armi segrete del Terzo Reich studiate dai fisici e ricercatori tedeschi per il Fuhrer Adolf Hitler ed i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale per tentare di ribaltare a proprio favore gli eventi della Guerra e vincerla, una caratteristica che io ho sempre apprezzato dei tedeschi, seppur sono dichiaramente un antinazista praticamente da sempre. Si tratta di progetti come sapete realizzati ma non utilizzati, poiché non c’è stato il tempo per avviare degli esperimenti e metterli sui campi di battaglia, in quanto le forze militari sovietiche ed anglo-americane accerchiarono da Est e da Ovest i tedeschi sul loro territorio tra il 1944 e il 1945: uno di questi progetti top secret nazisti faceva parte dell’arsenale in dotazione ad Hitler grazie anche ad un avvenimento imprevisto da cui esso prese spunto per la progettazione iniziale: una navetta aliena precipitò nel 1936 a Friburgo in Germania, in pieno territorio tedesco, 11 anni prima dell’incidente UFO a Roswell nel deserto del New Mexico negi Stati Uniti d’America del 1947.

https://www.ufopedia.it/1936,_Freiburg_im_Breisgau,_Baden-Württemberg,_Germany,_UE.html
https://www.theguardian.com/world/2016/jul/06/fatal-hike-became-nazi-propaganda-coup

https://www.sffchronicles.com/threads/578311/

Il mio professore universitario di Chimica Fisica Aldo Domenicano di Avezzano nella Marsica in Abruzzo, da considerarsi ancora oggi dopo la sua morte, avvenuta a Luglio 2022, tra i padri fondatori del mio corso di laurea in Scienze e Tecnologie per L’Ambiente presso L’università degli Studi di L’Aquila, riteneva che gli scienziati tedeschi (Max Planck, Werner Heisenberg, Erwin Schrodinger, Wolfgang Pauli, Niels Bohr danese, Robert Oppenheimer) erano i migliori sullo studio dell’atomo e sulla Meccanica Quantistica, in quanto essi possedevano le migliori erudizioni, conoscenze in merito alla manipolazione artificiale dell’atomo e delle strutture atomiche che potessero essere utili a creare una bomba potentissima ed altamente distruttrice che potesse piegare ogni resistenza del nemico durante la Seconda Guerra Mondiale: del resto, le guerre non sono note solo perché scoppiano per motivi economici, energetici, religiosi o etnici, ma vengono storicamente e ciclicamente create e combattute anche per sviluppare armamenti e la tecnologia usate dalle varie potenze militari in campo per mostrare la propria supremazia sull’avversario, per questo vennero portate avanti anche attività di spionaggio militare, anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: dopo aver vinto il secondo conflitto mondiale, nel 1952 gli USA decisero di avviare la militare Operazione Paperclip, per deportare dalla Germania sul loro territorio, come bottino di guerra, tutti gli scienziati tedeschi per avviare esperimenti che potessero garantire agli americani la supremazia definitiva in merito allo sviluppo di armamenti che potessero garantire la loro supremazia su tutte le altre potenze mondiali, per creare una sorta di Quarto Reich sionista ed imperialista che potesse portare a termine tutti gli obiettivi non conseguiti dal fallimentare Terzo Reich di Hitler e durare per almeno un millennio, lo stesso progetto deviato e folle che avevano in mente i nazisti, quello di dominare il Mondo per mille anni, se avessero vinto loro la Seconda Guerra Mondiale. Gli scienziati tedeschi svilupparono diversi esperimenti per sviluppare la bomba atomica prima degli americani: i primi avevano le menti, ma non gli stessi mezzi economici posseduti dai secondi e non avevano neanche il tempo per sviluppare una bomba che per i tedeschi era “sporca”, tempo che invece hanno avuto gli americani per testare e sviluppare meglio la loro bomba atomica elaborata dal fisico italiano Enrico Fermi e dallo scienziato tedesco naturalizzato americano Albert Einstein e da Robert Oppenheimer, attraverso il Progetto Manhattan che iniziò nel 1939 con poche risorse, composto dai più illustri scienziati americani e che crebbe fino ad occupare più di 130 000 persone e costò quasi 2 miliardi di dollari americani, un progetto che portò alla creazione della prima bomba atomica americana, in seguito sganciata due volte sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki nell’Agosto del 1945. Uno di questi armamenti segreti tedeschi per tentare di ribaltare la Seconda Guerra Mondiale a proprio favore fu la Die Glocke, la “Campana Nazista” o la “Campana di Hitler” se preferite: si trattò di un prototipo di oggetto volante terrestre convenzionale sviluppato dall’UFO precipitato a Friburgo nel 1936, un oggetto infernale a forma di campana generante enormi intense radiazioni X, che poteva anche essere armato di testate missilistiche multiple indipendenti e la sua alimentazione come propellente per il volo non usava i classici combustibili fossili moderni, come il kerosene usato dagli aerei, ma addirittura dei circuiti interni alimentati a mercurio liquido, aspetto che consentiva probabilmente alla navetta di generare campi antigravitazionali, di poter annullare la forza di gravità terrestre, mediante annullamento della produzione di campi elettromagnetici e questo permetteva al velivolo di sfruttare l’antigravità, che gli permetteva di compiere delle manovre evasive che avrebbero sfidato qualsiasi legge della Fisica ad oggi nota! In Germania, in prossimità di ex-basi militari tedesche, esistono ancora oggi delle piattaforme di lancio che si sviluppano in altezza, composte da delle pietre megalitiche, delle sorti di menhir diposti a semicerchio e che consentivano alla Campana Nazista di poter decollare direttamente in verticale e non in orizzontale, come un comune aereo convenzionale ed anticipando di anni il velivolo supersonico militare inglese Harrier, oppure rimanendo ferma fluttuante in aria grazie al campo antigravitazionale generato intorno al velivolo. Il progetto Die Glocke, ideato e posseduto dai tedeschi, è stato poi requisito dagli americani e sviluppato negli Stati Uniti: a testimonianza di ciò è il rinvenimento di un velivolo a forma di campana precipitato a Kecksburg in Pennsylvania, il 9 Dicembre del 1965.

Il Prof. Aldo Domenicano, Professore ordinario di Cristallografia e Chimica dei Materiali presso la Facoltà di Medicina dell’ospedale San Salvatore, Università degli Studi di L’Aquila https://www.ilcapoluogo.it/2022/07/18/addio-al-professor-aldo-domenicano/
La campana recuperata da velivoli militari americani il 9 Dicembre del 1965 a Kecksburg, in Pennsylvania

Mediante alcune fotografie specifiche, andiamo a conoscere insieme da vicino la Die Glocke nazista:

Una Die Glocke, la nera campana nazista o macchina antigravità di Hitler, con tanto di simbolo della svastica incisa in un lato della particolare forma. Con quest’arma i nazisti contarono di ribaltare la guerra e di vincerla
https://www.cam.tv/teorieecomplotti/blog/die-glocke/PID1F07C9
https://www.espressione24.it/la-storia-segreta-e-avvolta-nel-mito-della-campana-nazista-che-dova-portare-morte-e-far-vincere-il-fuhrer/
Modello in 3D della campana nazista di Hitler, la macchina antigravitazionale tedesca: https://www.turbosquid.com/it/3d-models/3d-die-glocke-nazis/465406
Sezione laterale e superiori della Die Glocke, la campana nazista o macchina del tempo antigravità nazista https://team557.wordpress.com/2014/01/26/die-glocke/
Particolare di una Die Glocke con dei simboli a lato del velivolo che pare appartenessero ad una lingua aliena sconosciuta, addirittura più antica dell’aramaico e del sanscrito
Raffigurazione di un hangar tedesco in cui ufficiali di regime del Terzo Reich assistono ad un volo sperimentale di una delle creazioni dei loro scienziati: la Die Glocke nazista o macchina del tempo antigravità di Hitler
Raffigurazione che mostra un alieno della razza dei grigi indicare come progettare la Die Glocke a Hitler ed al Capo del Gabinetto di Governo nazista Joseph Gobbels, mentre uno scienziato tedesco rileva i parametri fisici e chimici del velivolo a forma di campana, prima di un volo sperimentale di prova
La campana nazista macchina del tempo di Hitler, la Die Glocke: si trattava di un velivolo a forma di campana alimentato a circuiti contenenti mercurio liquido che generavano l’antigravità e consentiva al velivolo di rimanere fluttuante sopeso nell’aria senza che ricadesse giù per effetto della forza di gravità terrestre!
https://www.popularmechanics.com/military/research/a36560537/die-glocke-nazi-bell-conspiracy/

Disegno della Die Glocke nazista o “Nazi Bell”
Confronto tra la campana nazista di Hitler, la Die Glocke e l’oggetto volante non identificato precipitato a Kecksburg in Pennsylvania, USA il 9 Dicembre 1965
Libro di Bud Ariosis: Die Glocke, la Campana
https://www.ibs.it/die-glocke-campana-libro-bud-ariosis/e/9791259701060

La storia segreta e avvolta nel mito della Campana Nazista che doveva portare morte e far vincere il Führer

“Nessun uomo è un’Isola, intero in se
stesso. Ogni uomo è un pezzo del
Continente, una parte della Terra. Se una
Zolla viene portata dall’onda del Mare,
l’Europa ne è diminuita, come se un
Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica, o la tua stessa
Casa. Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
perché io partecipo dell’umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi
suona la campana: Essa suona per te.”
                             John Donne (1573-1651
)

Questo è l’Incipit del romanzo di Ernest Hemingway “Per chi suona la campana”. Perché questo riferimento letterario? Vorrei raccontarvi una storia sconosciuta a molti e che ha per oggetto una campana letale, costruita dai nazisti, che avrebbe spazzato via tante isole come quelle cantate da John Donne.

LA CAMPANA (Die Glocke)

Immaginiamo per un momento che Joseph Goebbels, ministro della Propaganda nazista, si fosse recato tutto trafelato da Hitler proprio nel periodo in cui la Germania sembrava dovesse finir male, siamo attorno al 1945.

“ FührerFührer!”
“Che c‘è, Joseph
?
 “Abbiamo inventato una congegno antigravità!”
 “Il momento è grave Joseph come fai a scherzare sulle cose gravi?”
 “Ma si tratta di un progetto “V” Mein Führer! … 
.

Valla a spiegare la fisica a un ex imbianchino che fino a poco prima spennellava porte, finestre e nulla più… . In realtà non era uno scherzo ma si trattava di un nuovo ritrovato nazista: La Campana ovvero “Die Glocke” o meglio quello che avrebbe dovuto essere un velivolo dotato di tecnologia antigravitazionale.

Le armi “V”

Nella propaganda nazista, la lettera “V” era l’iniziale della parola  “vergeltung” (vendetta). Per la verità, tolta la famosa V2 non è che ‘ste armi erano così pronte per l’uso. Esistevano, però, altre armi “V” che servivano a solleticare e soddisfare le fantasie del quartier generale del Führer. Questa rientrava nella categoria V7, quella, cioè, di ipotetici velivoli ad alta tecnologia che assieme a delle navi spaziali sarebbero stati sviluppati dai nostri geniali tedesconi durante il secondo conflitto mondiale. A questo proposito si dice che alcuni scienziati nazisti ne avessero continuato lo sviluppo nel dopoguerra in luoghi segreti, come la base 212 in Antartide.

https://oimurschool.ru/it/zdorove/iii-reih-nlo-haunebu-i-antarkticheskaya-baza-nacistov-strannye/

Lo scienziato tedesco Wernher von Braun, inventore della V2, impiegato dagli USA nell’Operazione Paperclip del 1952 e poi alla NASA, stava lavorando a questo mezzo sognato dai teutonici ariani. Restano alcuni bozzetti del veicolo che ne riportano le dimensioni (circa tre metri d’altezza e un metro e mezzo di diametro). Quando la Germania fu invasa dagli Alleati, il progetto della Campana scomparve. I teorici della cospirazione suggeriscono che il tutto fosse stato preso dagli Stati Uniti, insieme a molti scienziati tedeschi, per continuare le ricerche su quella tecnologia. Gli ufologi ritengono, inoltre, che la Campana tedesca sia collegata alla caduta di un UFO avvenuta a Kecksburg in Pennsylvania, il 9 dicembre 1965. Tenete in mente questo fatto perchè lo ritroveremo alla fine.

L’INCIDENTE DI KECKSBURG

Il 9 dicembre 1965 a Kecksburg in Pennsylvania migliaia di persone avvistarono una grossa palla di fuoco. L’avvenimento fu descritto inizialmente dai media come la caduta di un meteorite. I primi soccorritori, fra cui i vigili del fuoco volontari, pare, avessero visto, nel bosco, un oggetto a forma di ghianda sepolto a metà nel punto in cui era caduto. Alcuni residenti sostenevano di averlo trovato prima delle autorità e che si trattava di un oggetto color bronzo-oro, segnato da scritte simili a geroglifici, sempre della forma di una ghianda e abbastanza grande da contenere un unico passeggero.

La scomparsa e ricomparsa dell’oggetto

Qualche testimone vide l’oggetto sopra il rimorchio di un camion mentre lo portavano via. Nel 2005 la NASA rivelò, che si era trattato di un satellite sovietico Kosmos abbattuto. L’Agenzia statunitense dichiarò inoltre che tutte le registrazioni dell’incidente furono smarrite negli anni ‘90. Ulteriori avvistamenti di UFO a forma di campana si verificarono il 5 Aprile 2009, in Maryland, mentre il 15 Gennaio 2013 una cupola UFO fu vista fluttuare nei cieli del Colorado.

STORIA DELLA CAMPANA

Dalla desecretazione di alcuni archivi americani e dell’ex Unione Sovietica, sono recentemente emersi dossier relativi ad un fantasioso (?) progetto nazista. Il dossier, segretissimo, è conosciuto con diversi nomi oltre che Die Glocke (la campana), nome ufficiale, anche come: Die Lanternentraeger e The SS-Bell”, la “campana delle SS”. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli ingegneri e i tecnici tedeschi, infatti, avevano ideato progetti segretissimi molti dei quali possono essere definiti come “Strampalati” e altri che che si sono dimostrati precursori di grandi scoperte tecnologiche. Due esempi: il caccia Messerschmitt-262 a reazione, che poi era stato un progetto rumeno e poi inglese e il già citato razzo V2 di Werner von Braun, quest’ultimo all’origine dei mezzi spaziali che avrebbero portato l’uomo sulla Luna.

La scoperta

Il generale Jakob Sporrenberg

Gli alleati vennero a conoscenza del progetto Glockequando fra le truppe tedesche in fuga verso il Baltico, gli inglesi catturarono un generale delle SS di nome Jakob Sporrenberg. Nel corso del suo interrogatorio il generale fece cenno ad un misterioso progetto segreto relativo ad una macchina ad altissima tecnologia. La sua testimonianza fu poi resa nuovamente davanti a una corte militare polacca e sovietica e raccolta dallo scrittore e giornalista polacco Igor Witkowski. Scienza o fantascienza? Questa storia ha ormai più di 70 anni ma grosse smentite non ce ne sono mai state. Quel che si sa è che in Germania esistono ancora i resti di quella che doveva essere una rampa di lancio apposita.

Ma torniamo alla narrazione. Vicino al confine con la Repubblica Ceca, a due passi dalla miniera di Venceslao, in una struttura segreta, usata per la ricerca di armi e tecnologie speciali, i nazisti sembra lavorassero all’esperimento citato da Sporrenberg. Igor Witkowski, nel suo libro “The Truth About The Wonder Weapon”, fa alcune rivelazioni riguardo questa invenzione. Le informazioni da lui raccolte sembrano provenire da fonti di Intelligence Polacche e descriverebbero lo strumento che sarebbe stato in grado di funzionare anche da macchina del tempo.

La rampa di lancio al confine tra Germania e Repubblica Ceca vicino alla miniera di Venceslao, dove partivano le Die Glocke naziste

Il Progetto Glocke

Die Glocke

Il progetto nasce nel Gennaio 1942. Fu inizialmente chiamato Thor e poi spezzettato in sottoprogetti  quali ad esempio Kronose Laternentraeger, rispettivamente per quanto riguardava l’aspetto della fisica e medico-biologico.

E’ storicamente dimostrato che, fra il 1943 e 1945, scienziati tedeschi effettuarono esperimenti con energia al plasma nella Slesia meridionale in un sito segreto nei pressi di Ohrdruf in Turingia. Il risultato sarebbe stato uno “ione di mercurio” e una soluzione di perossido di berillio e torio, detto in codice Leichmetall. La Luftwaffe, la storica aviazione tedesca, avrebbe dovuto utilizzare la scoperta per bombe ad esplosivo speciale che irraggiavano sostanze altamente radioattive? Ogni esperimento o test avveniva sotto la personale supervisione del generale delle SS Hans Heinz Kammler, responsabile del progetto e capo dei due reparti segreti che conducevano l’operazione, SS-Entwicklungs-stelle IV (più semplicemente SS-E-IV o Centro Sviluppo IV), e un ufficio ancora più misterioso noto solo come SS-U-XIII.

La Tecnologia

Il solito Witkowski fornisce i dati tecnici di questa invenzione indicando che la campana era stata realizzata in metallo pesante, con un diametro di 9 piedi (circa 3 metri) e un’altezza di 15 (circa 4,5 metri). Il dispositivo aveva due cilindri controrotanti, pieni di mercurio liquido di colore bluastro definito come “Xerum 525″. Sembra che le radiazioni emesse dall’oggetto fossero talmente forti da provocare addirittura la morte in alcuni scienziati che vi lavoravano a stretto contatto. Naturalmente la manutenzione di questo “aggeggio” era affidata ai deportati ebrei la cui sorte era del tutto indifferente ai gloriosi eredi di Sigfrido.

Lo Xerum 525

Lo Xerum 525 era un fluido radioattivo e per questo contenuto in recipienti in piombo aventi 3 cm di spessore perché molto tossico. Era, con molta probabilità, un miscuglio di metalli liquidi, come il berillio (metallo alcalino-terroso), il torio (radioattivo) e il mercurio (metallo pesante), che formavano un fluido denominato “mercurio rosso”. L’ossido di mercurio e l’antimonio avevano la caratteristica di emettere una grande quantità di neutroni, se sottoposti ad uno stress esplosivo.

Supposizioni e Illazioni

Cosa diavolo volessero fare con questa “campana” i nostri teutonici amici non è del tutto chiaro. Alcune fonti parlano di anti-gravità, altre addirittura dichiarano che “Die Glocke” sarebbe stata in grado di generare dei wormhole (buchi neri) o di utilizzare alcuni di questi cunicoli Spazio-Tempo che normalmente, in maniera casuale, si aprirebbero sul pianeta, secondo la teoria della schiuma quantistica di John Weeler.

Ed ecco la quantistica

Volete sapere cosa è questa schiuma? E’ uno dei postulati della Meccanica Quantistica che si basa sul Principio di Indeterminazione di Heisenberg, il secondo postulato per la precisione che afferma: “non è possibile determinare con precisione arbitraria e contemporaneamente due variabili coniugate, ossia non è possibile conoscere con esattezza e contemporaneamente due variabili quali posizione e quantità di moto di una particella.”

Questo vuol dire che se misuriamo la posizione e la velocità di una particella, le grandezze che otteniamo sono caratterizzate da errori di misura il cui prodotto sarà sempre maggiore o uguale a h/2 (dove h rappresenta la costante di Planck ridotta).

Una conseguenza di tale principio è che per gli elettroni non si può parlare di traiettorie (orbite) ma di spazi (orbitali, regioni dello spazio dove si vanno a collocare gli elettroni) in cui la probabilità di trovare un elettrone è diversa da zero.

Heisenberg spiegato in parole semplici? Prendete un microscopio potentissimo. Bene, ora inquadrate una particella elementare atomica, che è infinitamente piccola. Per vederla e misurarla avete bisogno di una fonte luminosa e la luce che occorre fornisce energia a quella particella facendola spostare. Più è lontana più luce vi occorre e più quella si sposta. Insomma l’osservatore che fa la misura, non può mai essere considerato un semplice spettatore: il suo intervento nel misurare le cose produce degli effetti non calcolabili e dunque un’indeterminazione delle grandezze misurate che non si può eliminare.

Riprendiamo il discorso

Scusate la digressione. Altre ipotesi ritengono che la Campana fosse un’arma in grado di “sparare” un oggetto con un’accelerazione pari a 1.000 G. Studiosi della materia come Nick Cook ritengono, poi, che sarebbe stata una fonte illimitata di energia, un generatore che, una volta in funzione, ne avrebbe prodotta molta più di quella consumata. Come macchina del tempo, però, avrebbe permesso ai Nazisti di cambiare la storia a loro piacimento.

Dove è finita?

Non si sa. Chi dice che fosse stata inviata negli Stati Uniti a scopo di studio, ma secondo l’ipotesi più accreditata, invece, trasportata in centro-sud America (Paraguay e Cile) sotto la tutela di uno degli stati (Argentina) che diedero copertura agli esuli nazisti. Del gruppo che in Germania progettò e sviluppò la campana, il generale Hans Kammler a capo del progetto è misteriosamente scomparso e con lui i 62 addetti allo sviluppo di questo “attrezzo”.

HANS KAMMLER

Il generale SS Hans Kammler

Due parole su questo signore. Hans Kammler era un generale ed ingegnere a capo di diversi progetti di costruzione di tecnologie avanzate e innovative. Si era distinto nella progettazione ed edificazione di molti campi di concentramento, quindi una vera “star” nazista.

Nel 1944, quando Himmler convinse Hitler a porre il programma V2 sotto il controllo delle famigerate Schultz Staffeln (SS), il generale Kammler guidò anche tutti i progetti missilistici; poco dopo ricevette la nomina di “plenipotenziario generale del Führer per gli aerei a reazione”. Alcune carte della Central Intelligence Agency (CIA) riportano che il nostro generale soggiornò in Italia per due anni, dal 1946 al 1948, a Sant’Angelo Muxaro in provincia di Agrigento, sotto la protezione dei servizi segreti statunitensi e della Mafia, poi sparì.

Nel 2016 la rivista L’Espresso pubblicò un articolo sostenendo che Little Boy, l’ordigno nucleare lanciato su Hiroshima avesse avuto come “padre” lo stesso Kammler. Siccome la fantasia corre più di qualsiasi mezzo noto, lo scrittore Jim Marrs sostiene che Kammler abbia usato una campana per dileguarsi dalla Germania. In soccorso della tesi la scomparsa di una delle due campane che, sembra, fossero state costruite. Sapete dove era andata a finire quella del nostro generale? A Kecksburg in Pennsylvania, a bordo della campana ritrovata!

L’UFO di Roswell non era alieno, era una navetta progetto top secret costruita dagli scienziati nazisti

Verità? Invenzione? Non è dato saperlo e siccome non si può mai star tranquilli ecco che il canale statunitense N24 ha presentato un documentario in cui si è dichiarato che il misterioso oggetto precipitato nell’estate del ’47 a Roswell era proprio la “Campana” costruita dai nazisti e pilotata da un alieno grigio che collaborava con i nazisti in Germania e protetto nell’Area 51 in Nevada negli USA.

Tutta questa vicenda per il momento un sapore fantascientifico ma, sapete, la realtà spesso supera l’immaginazione. Se la cosa è vera ne vedremo delle belle, nei prossimi anni a venire.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

LA BATTAGLIA DI ORTONA, ORTONA’S BATTLE, ABRUZZO, ITALIA ITALY, 20-28 DICEMBRE 1943 20-28 DECEMBER 1943, LA “STALINGRADO D’ITALIA”

Vasto (CH) Abruzzo, lì 12 Dicembre 2023 ore 18.09

Buonasera a tutti e a tutte coloro che sono appassionati/e di Storia come me: questa sera andremo insieme alla riscoperta di una battaglia molto importante combattuta durante la Seconda Guerra Mondiale ad Ortona in Abruzzo, 40 km da Pescara tra il Canadian Regiment canadese di liberazione dal Nazismo ed i nazisti tedeschi per il controllo strategico della città di Ortona a Mare, città costiera che sorge lungo il lato del Mare Adriatico dove finisce la linea difensiva Gustav o Gustav Line voluta da Adolf Hitler in persona per la difesa dei territori italiani occupati dal nazismo a Nord dell’Italia e dal fascismo, come la Repubblica di Salò in Lombardia. Chi vi scrive in questa sede è un uomo che ha vissuto per 21 anni ad Avezzano, il capoluogo del distretto interno della Marsica, meglio conosciuta come Caput Frigoris per quanto è freddo ed umido il clima d’inverno, una città dove tra il 1939 ed il 1944, a pochi passi dalla mia ultima casa, vi era il quartier generale del Villino Cimarosa a via Domenico Cimarosa 2 del camerata Albert Konrad Kesselring, il Feld maresciallo considerato la mente strategica della Luftwaffe, la principale forza aerea difensiva della Germania nazista ed al quale Hitler in persona affidò il compito di difendere ad ogni costo la Linea Gustav, la linea difensiva che partiva da Anzio nel Lazio sul Mar Tirreno ed arrivava a Ortona in Abruzzo, sul Mare Adriatico, passando per paesi interni dell’Alto Sangro, come Castel di Sangro, Pietransieri vicino Roccaraso, dove vi fu l’Eccidio dei Limmari: il 21 Novembre 1943 i nazisti trucidarono per rappresaglia, per aver appoggiato la Resistenza partigiana e gli inglesi che si nascondevano tra le montagne intorno al paese 128 persone, tra i quali 60 donne, 34 bambini e molti anziani, un evento terribile di rappresaglia contro civili inermi che sconvolse l’intero Abruzzo e l’Italia intera.

Pietransieri Racconta, l’Eccidio dei Limmari, Pietransieri Alto Sangro, Abruzzo, Italia 21 Novembre 1943
https://www.pietransieri-racconta.com/la-storia-di-pietransieri/eccidio-di-limmari/

La vera storia della battaglia di Ortona, la Stalingrado d’Italia

Il 19 e 20 dicembre del 1943 nella cittadina abruzzese il sacrificio di 2 mila soldati canadesi del Canadian Regiment, venuti a morire in territorio abruzzese per liberarci dalla tirannia e dall’odio del nazifascismo

Rappresentazione iconografica della Battaglia di Ortona, combattuta tra canadesi e tedeschi tra il 19 ed il 28 Dicembre 1943
https://www.lastampa.it/cultura/2016/12/19/news/la-vera-storia-della-battaglia-di-ortona-la-stalingrado-d-italia-1.34758776/

ANDREA CIONCI

19 Dicembre 2016 alle 06:00

In pochi conoscono la vera storia e gli inquietanti retroscena della Battaglia di Ortona (20-28 dicembre 1943) passata alla storia come la “Stalingrado d’Italia”: gli errori di Montgomery, l’accanimento su un obiettivo inutile, ma irrimediabilmente enfatizzato dalla propaganda, il sacrificio di duemila soldati canadesi per tranquillizzare i sovietici, la falsa attribuzione della distruzione della cattedrale, gli stupri perpetrati dalle truppe indiane.

Con il contributo degli storici della battaglia, le testimonianze di reduci e civili, e perfino attraverso l’indagine sul campo con metal detector, proveremo a riassumere questa tragica vittoria di Pirro che, per le sue tecniche combattive, rimase un unicum su tutto il fronte occidentale. Come Stalingrado, anche la cittadina abruzzese – sebbene in scala minore – fu un inferno di corpo a corpo, trappole esplosive, combattimenti “stanza per stanza” che spezzarono i nervi ai soldati alleati che vi presero parte, tanto da non poter essere più inviati in prima linea. Molti di questi reduci smisero per sempre di festeggiare il 24 dicembre a causa del terrore che il Natale di sangue del 1943 aveva irrimediabilmente impresso nella loro psiche, 80 anni fà: quest’anno infatti ricorre l’80esimo anniversario della Battaglia di Ortona (1943-2023).

1.La linea Gustav

Erano passati cinque mesi da quando gli anglo-americani erano sbarcati in Sicilia. Nonostante l’eroica – quanto dimenticata – resistenza della divisione “Livorno” del Regio Esercito (che lasciò sul campo 9.000 dei suoi 13.000 effettivi) gli Alleati avevano conquistato, senza ulteriori difficoltà, il sud della penisola e avevano iniziato a marciare verso Roma. Tuttavia, se gli statunitensi, guidati lungo la costa tirrenica dal generale Clark, furono bloccati a Cassino, l’armata anglo-canadese (comprensiva anche di neozelandesi, indiani, sudafricani, australiani) agli ordini di Montgmomery, si impantanò a Ortona mentre risaliva lungo la costa adriatica. Fra le due cittadine si tendeva, infatti, la Linea Gustav, la prima di una serie di fortificazioni e trincee volute da Hitler per arrestare una prevedibile invasione dell’Italia.

Carri armati medi M4 Sherman canadesi schierati sul fonte adriatico
Paracadutisti (Parà) tedeschi sorvegliano il territorio abruzzese dalla Linea Gustav

2.Gli errori della “Faina”

Il piano di Montgomery era quello di sfondare a Ortona, raggiungere Pescara, poco più a nord e da lì percorrere la Tiburtina per prendere Roma da est. “Un piano già pensato male – spiega Marco Patricelli, storico di fama internazionale e autore del volume “La Stalingrado d’Italia”(ed. Utet) – perché gli inglesi sottovalutavano le difficili condizioni meteo che avrebbero trovato cercando di attraversare l’Appennino abruzzese, con un esercito meccanizzato, in dicembre. Un altro errore di Montgomery fu quello di non tentare, immediatamente dopo la faticosa vittoria sul fiume Sangro, di conquistare Ortona, ancora non fortificata dai tedeschi. Prese tempo per dotarsi di mezzi e materiali, come era suo costume, e questo consentì ai nazisti di innescare una delle più micidiali trappole di tutta la Seconda Guerra Mondiale”.

Montgomery sul Sangro inaugura il nuovo ponte. 14 Dicembre 1943
Un ritratto a olio di Montgomery

3.La campagna mediatica

Ortona avrebbe potuto essere tranquillamente aggirata, se non fosse stato per la stampa alleata che, grazie ai suoi giornalisti “embedded”, (integrati al seguito delle truppe), aveva dato un’importanza spropositata alla conquista della cittadina abruzzese. “Si trattava, infatti – continua Patricelli – di un’operazione mediatico-politica: Stalin, dopo la vittoria ottenuta l’anno prima, a carissimo prezzo, a Stalingrado, cominciava a lamentarsi dell’immobilismo degli Alleati in Italia. Occorreva dare un segnale e, non a caso, furono invitati a Ortona ufficiali sovietici in funzione di osservatori”. Di fronte alla campagna mediatica suscitata dal nemico, anche per Hitler divenne imperativo difendere la città: “Die Festung Ortona ist bis zum letzten Mann zu halten!” – “La Fortezza Ortona deve essere difesa fino all’ultimo uomo!” ordinò, perentorio, al Feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante supremo delle forze tedesche in Italia.

Foto di propaganda con soldati canadesi
Il corrispondente di guerra canadese Mattew Halton

4.Gli specialisti della guerra

A Ortona fu quindi fatta confluire la 1° divisione dei Fallschirmjäger (paracadutisti) che, fino ad allora, avevano ceduto elasticamente terreno in Italia meridionale seguendo la strategia difensiva di Kesselring. In Germania erano soprannominati “Pompieri del fronte” perché, analogamente alle Waffen SS sul fronte orientale, erano truppe scelte che venivano inviate per “spegnere” i più pericolosi sfondamenti avversari. “Nonostante vi fossero tra loro giovanissime reclute – spiega Andrea Di Marco, autore del volume “Assolutamente resistere” (ed. Menabò) – in buona parte, questi parà erano reduci delle campagne Creta, di Norvegia, di Russia e soprattutto delle battaglie in area urbana svoltesi a Centuripe, in Sicilia. Formati idealmente nella Hitler Jugend, erano combattenti esperti e possedevano uno spirito di corpo formidabile. Tuttavia, come risulta dai loro diari, sebbene sentissero forte il valore dell’obbedienza agli ordini, (il “Führerprinzip”, “Principio del capo” costituivo dell’onore del soldato tedesco), si domandavano anch’essi che senso avesse difendere ad ogni costo quella cittadina, strategicamente insignificante”.

Equipaggiamento di Fallschirmjaeger 1943

Nel ’43, i tedeschi in Italia erano motivati a combattere anche per difendere la Germania dai bombardamenti alleati. Dalla Sicilia, gli aerei angloamericani potevano raggiungere, all’incirca, solo la Baviera, ma quanto più spazio avessero guadagnato in Italia, tanto più territorio tedesco avrebbero potuto bombardare.

“Come truppe scelte – spiega Massimo Lucioli, vicepresidente dell’associazione di rievocatori Historica XX secolo – i Fallschirmjäger possedevano un equipaggiamento altamente specialistico. Mentre i canadesi avevano in dotazione l’equipaggiamento standard inglese, (elmetto piatto, fucile Enfield e giberne in canapa, con l’unica eccezione del mitra americano Thompson) i parà germanici disponevano di elmetti speciali, dalle falde accorciate per non subire danni al collo durante il lancio, nonché di giubbe, calzature e buffetterie appositamente disegnate per loro”.

Fallschirmjaeger tedeschi

5.Casa Berardi

Per i soldati canadesi comandati dal generale Chris Vokes, dei quali molti appena diciottenni, Ortona era il grande momento per dimostrare al mondo il loro valore. Sapevano che si sarebbero confrontati con l’élite delle forze armate naziste, ma erano ottimisti. Dopotutto, erano numericamente il triplo degli avversari, disponevano di una logistica ben organizzata, di abbondanza di cibo e di una spaventosa artiglieria terrestre e navale. Tuttavia, l’inesperienza, – per quanto unita al coraggiodei canadesi si rivelò fatale, fin da subito, nella conquista del primo avamposto tedesco: Casa Berardi. E’ questo un casale situato ancor oggi alle porte di Ortona, che domina una ripida valle che i canadesi battezzarono “The Gully” – “La Gola” e che si trasformò in breve tempo in un cimitero per i loro carri armati Sherman M4. “Dì a Monty – sbraitò il generale Vokes a una staffetta di Montgomeryche se venisse in questo inferno, a vedere in quale pantano ci siamo ficcati, saprebbe benissimo perché non avanziamo!”

Casa Berardi durante la guerra e com’è oggi
Carri armati M4 Sherman canadesi distrutti nella gola sotto Casa Berardi

6.Un testimone oculare

L’agricoltore Nicola Paolini, di 83 anni, vera memoria storica di Ortona, vive ancor oggi sul crinale opposto a Casa Berardi. Aveva dieci anni quando fu testimone dell’assedio all’avamposto: “Nella casa erano asserragliati cinque soldati tedeschi, con una mitragliatrice, alcuni lanciarazzi e un carro armato (Panzerkampfwagen IV, n.d.r.) nascosto dietro l’edificio. I carri canadesi attaccarono dapprima frontalmente, attraversando il fosso, e nove furono distrutti. Allora, tentarono un aggiramento da sinistra, su strada, ma alla prima curva, altri due furono centrati da un cannoncino anticarro che i tedeschi avevano già nascosto sotto il profilo del terreno”.

Il capitano Triquet con la Victoria Cross

Tutta la battaglia fu, infatti, accuratamente disegnata sul campo dai parà nazisti, che prevedevano i movimenti di carri e fanti nemici e li convogliavano verso punti di annientamento. “Fu solo il colpo di genio del capitano canadese Paul Triquet – continua Paolini – a sbloccare la situazione: ebbe l’ardire di passare a destra della Casa Berardi in un territorio già occupato dai nemici. In questo modo, poté sorprendere il loro unico Panzer e metterlo fuori combattimento. La strada per Ortona era aperta e Triquet fu il primo canadese a essere decorato con la Victoria Cross britannica”.

Una baionetta tedesca rinvenuta nei pressi di Casa Berardi

Ancor oggi, intorno a Casa Berardi, si possono trovare, con il metal detector, un’infinità di schegge di granate alleate. Aperte in quattro petali, le spolette esplose sembrano dei grossi fiori di ottone massiccio, e recano ancora stampigliati modello e anno di costruzione. Per calibro e quantità restituiscono con immediatezza, pur a settant’anni di distanza, il tremendo volume di fuoco che l’artiglieria anglo-canadese scaricò sugli avversari. Il terreno ha restituito perfino una baionetta di fucile Mauser k 98 tedesco, ormai ridotta a uno spezzone di ruggine, ma senza dubbio evocativa.

Una spoletta – esplosa – di proietto d’artiglieria alleata

7.I combattimenti “stanza per stanza”

Fu proprio il combattimento all’arma bianca una delle caratteristiche più cruente e “medievali” della Stalingrado italiana. Come ben spiegato presso il Museo della Battaglia di Ortona, i tedeschi avevano fatto crollare i palazzi delle tre direttrici principali della città, che vanno da Porta Caldari alla piazza del Municipio. I detriti impedivano, così, il passaggio ai carri: non appena uno di questi tentava di salire su un cumulo di macerie, infatti, esponeva il ventre, meno corazzato, ai colpi del Panzerschreck, una versione del bazooka che, dalla Tunisia, i tedeschi avevano copiato dagli americani.

Canadesi avanzano tra le macerie
Canadesi sotto il fuoco nemico. Uno di loro giace ferito o morto
Un soldato canadese del Canadian Regiment spara con il suo fucile di precisione dall’apertura di una casa ad Ortona, Dicembre 1943
Un soldato canadese del Loyal Edmonton Regiment del Canada spara con il suo fucile contro una postazione tedesca ad Ortona, Dicembre 1943

Senza poter avvalersi degli Sherman, i fanti canadesi dovettero impegnarsi nei combattimenti casa per casa, fra le macerie. Continuamente bersagliati, furono costretti a traforare l’interno delle abitazioni pur di avanzare al coperto: una volta liberato uno stabile, dal secondo o terzo piano, facevano saltare le pareti divisorie, per passare nell’edificio contiguo, ma non di rado i Fallschirmjäger li aspettavano dall’altra parte e, approfittando del polverone, colpivano gli avversari ancora frastornati dall’esplosione. Si dovettero quindi innalzare dei ripari prima di minare le pareti delle case. Nonostante questi continui adattamenti, i soldati venuti da oltre Oceano continuavano a cadere per i trappolamenti esplosivi, le mine anticarro e antiuomo, gli agguati corpo a corpo, e il fuoco incrociato dei cecchini. Impiegarono una settimana per conquistare 500 metri di territorio urbano; fu un combattimento così devastante per i loro nervi che dopo Ortona nacquero degli studi psicologici sui danni provocati dallo stress da combattimento. Anche per i più esperti paracadutisti tedeschi, schiacciati dall’inferiorità numerica e dai tassativi ordini di resistenza, fu un’esperienza psicologica terribile. Una drammatica foto ricorda la vicenda del sottotenente Ewald Pick il quale, non potendo più sostenere l’assalto nemico e avendo ricevuto via radio l’ordine di resistere ad ogni costo, ebbe un crollo nervoso. Si alzò dalla postazione, andò tranquillamente a fumare una sigaretta sulla fontana, al centro della piazza, e si fece fulminare dalle fucilate canadesi.

Parà tedeschi con Panzerschreck dietro a uno Sherman distrutto

8.Militari e civili

Le perdite tedesche, tra morti, feriti e dispersi furono circa 870; quelle canadesi intorno alle 2.340 e le vittime civili furono circa 1300. Nonostante gli occupanti si fossero attivati per far sfollare la popolazione prima della battaglia, l’ordine non fu rispettato da tutti i cittadini molti dei quali non si rendevano conto del pericolo incombente. Il rapporto fra militari dei vari eserciti e i civili, riferito dagli ortonesi che vissero quel periodo, fu più complesso rispetto ai cliché sedimentati nell’immaginario comune.

Nicola Paolini, testimone dell’assalto canadese a Casa Berardi

“I miei nonni – racconta Nicola Paolini – si erano riparati in una grotta sotto al crinale dietro il quale si erano accampati gli Alleati. Un giorno, il nonno fu arrestato dai canadesi che lo ritenevano, erroneamente, una spia e la nonna, completamente paralizzata, rimase abbandonata nella grotta. I parà germanici, di notte, passando a pochi metri dai nemici, portavano da mangiare all’anziana rimasta sola”. Ciò che emerge dalle testimonianze è che nonostante i tedeschi avessero fatto saltare il porto di Ortona, per impedire l’attracco alle navi nemiche, avevano mantenuto un rapporto sostanzialmente corretto con la popolazione, forse anche per la rigida disciplina cui erano avvezzi.

Soldati canadesi perquisiscono prigionieri tedeschi

I canadesi furono accolti con grande benevolenza, come liberatori, e aiutarono i civili nella prima riorganizzazione di una vita normale, dopo la battaglia. Tuttavia, dato che erano poco abituati al vino, (le cantine di Ortona ne abbondavano) si verificarono diversi problemi disciplinari dovuti all’ ubriachezza. Gli inglesi erano percepiti come militari intransigenti, ma erano anche quelli che potevano controllare le intemperanze dei loro alleati. I più temuti di tutti dalla popolazione furono gli indiani, presenti nel contingente alleato, che, a detta di numerosi testimoni, compirono stupri su donne e ragazzi.

Un civile ortonese si aggira per le macerie

9.L’ultimo massacro e la distruzione della Cattedrale

Dopo la notte di Natale in cui i canadesi cenarono con birra, maiale in salsa di mele e pudding (l’ultimo pasto per molti di loro) la battaglia entrò nella fase finale, ma si completò con un ulteriore disastro. Una volta riusciti a percorrere le tre vie principali, le forze alleate confluirono e si ammassarono incautamente nella piazza del Municipio. Qui, alcuni cecchini tedeschi appostati sulla torre dell’orologio ne fecero strage. “Ebbi modo di parlare con uno di loro – spiega Marco Patricelli – il quale mi riferì che alla fine, disgustati loro stessi da tanta carneficina, si limitavano a tirare solo su ufficiali e sottufficiali, per lasciare senza guida la truppa”. Nonostante la ferocia dei combattimenti, non furono rari gli episodi di reciproca cavalleria fra i due schieramenti e di comprensione umana per il nemico ferito o catturato.

Danni di guerra della Cattedrale di Ortona

Alle spalle del Municipio sorge la Cattedrale di San Tommaso, il cui campanile e la cupola furono distrutti il 21 dicembre. “Una leggenda vuole – continua Patricelli – che fosse stata minata da un ufficiale germanico, protestante, in odio al culto cattolico delle reliquie di San Tommaso Apostolo ivi custodite. I documenti militari e il diario del maggiore canadese Bert Hoffmeister hanno però dimostrato che la cattedrale fu presa a cannonate dall’artiglieria navale alleata in quanto forniva un punto di osservazione privilegiato al nemico”.

Un infermiere canadese dà da bere a un sottufficiale tedesco ferito
Un parà tedesco caduto

10.Vittoria?

Il 28 dicembre 1943, gli ultimi Fallschirmjäger si ritirarono dalla città, ormai rasa al suolo; si arroccarono appena 5 km a nord, sul fiume Riccio, dove resistettero per sei mesi, fino alla liberazione di Roma, avvenuta il 4 Giugno dell’anno successivo.

Tatticamente, Ortona fu una vittoria alleata, anche se Montgomery non la incluse nelle sue memorie, fermandosi al successo ottenuto sul fiume Sangro. Strategicamente, invece, può essere considerata una vittoria dei tedeschi: con pochi uomini erano riusciti a ritardare l’avanzata dell’avversario angloamericano dissanguandolo per ogni palmo di terreno conquistato. Dopo aver subìto lo sfondamento della Gustav a Cassino, e aver perso Roma, i nazisti nuovamente si attesteranno sulla Linea Gotica, tra Pisa e Rimini, mantenendo il fronte per altri quattro mesi. L’obiettivo di Churchill di far stornare al nemico molte divisioni nella Campagna d’Italia era fallito, e questo renderà, agli Alleati, molto più dura la conquista della Normandia, che prenderà il via con il D-Day del 6 giugno 1944.

Un edificio di Ortona rimasto com’era dal 1943
Il cimitero canadese di Ortona: Moro War Cemetery, località Moro Ortona, Abruzzo Italia
https://www.cwgc.org/visit-us/find-cemeteries-memorials/cemetery-details/2018200/moro-river-canadian-war-cemetery/
Cimitero militare canadese di Ortona, Moro War Cemetery
https://www.google.com/maps/place/Cimitero+Militare+Canadese+di+Ortona/@42.3362449,14.414196,580m/data=!3m2!1e3!4b1!4m6!3m5!1s0x13310388174fc31d:0x7da01775cadbabec!8m2!3d42.3362449!4d14.4167709!16s%2Fg%2F1q6fs73ng?hl=it&entry=ttu

La sorpresa del carro armato medio canadese Sherman M4 nella rotonda all’ingresso di Ortona

Per ricordare il sacrificio del capitano canadese Richard Maurice Dillon, caduto valorosamente in battaglia ad Ortona per mano dei nazisti il 24 Dicembre 1943, il Canadian Regiment di cui il capitano faceva parte donò il carro armato alla vedova Dillon, la quale come atto di magnanimità ad eterna memoria amorevole del marito, decise di donarlo alla comunità degli ortonesi ed oggi il carro armato medio M4 Sherman si trova nella rotonda all’ingresso della città, dove si svolse una battaglia cruciale ai fini dell’esito della Seconda Guerra Mondiale in Italia ed, ancora oggi, la Stalingrado d’Italia è la battaglia meno nota di tutte quelle che sono state combattute durante la Seconda Guerra Mondiale stessa.

Disegno di un carro armato medio M4 Sherman canadese affidato al Canadian Regiment dagli inglesi per liberare dai tedeschi la città di Ortona

Ho voluto ricordare questa mattanza di soldati canadesi e tedeschi narrando questa battaglia storica della Seconda Guerra Mondiale dimenticata che si combattè nella porzione costiera del Mare Adriatico in Abruzzo per mantenere alta, eterna la memoria di tutti quei giovanissimi soldati, i quali partirono da paesi lontanissimi, dal Canada, Nuova Zelanda, Australia, India, percorrendo ben 20 mila km per venire a morire in Italia sottoi colpi dei tedeschi in pieno onverno, senza poter sentire il canto delle cicale in primavera, tutto questo nel nome della difesa della libertà delle persone di tutto il Mondo, per impedire che esso cadesse completamente per 1000 anni nelle mani della follia ideologica nazista e neonazista, che ieri come oggi, ancora non è stata e forse mai verrà sconfitta.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

HIROSHIMA, CERIMONIA PER IL 78ESIMO ANNIVERSARIO DELLO SGANCIO DELLA BOMBA ATOMICA

06 ago 2023 – 09:52

https://tg24.sky.it/mondo/2023/08/06/hiroshima-bomba-atomica

A pochi mesi dal G7 la città giapponese ha ricordato il bombardamento subito la mattina del 6 agosto 1945 ad opera degli Stati Uniti. Presente anche il premier Fumio Kishida

Hiroshima, città giapponese che ha subito il bombardamento atomico da parte degli Stati Uniti nel 1945, si è svolta la consueta cerimonia di commemorazione in occasione del 78esimo anniversario dello sgancio dell’ordigno nucleare

La cerimonia si è svolta, come da tradizione, all’interno del parco che ospita il Memoriale della Pace, al centro della città. Alle 8:15, orario esatto in cui fu sganciata la bomba, il rintocco della campana ha scandito l’inizio del minuto di silenzio

Al centro dell’intervento del sindaco della città, Kazumi Matsui, il G7 che si è svolto a maggio proprio a Hiroshima. Il vertice ha prodotto il primo documento congiunto sul disarmo nucleare, intitolato ‘Visione di Hiroshima’, in cui il Trattato di non proliferazione nucleare viene definito come “la pietra miliare” e la “base” per il disarmo

Il primo cittadino ha elogiato la storica visita avvenuta a maggio, esortando i leader delle principali economie mondiali ad abbandonare l’idea che le armi nucleari siano un deterrente per la guerra

“Il mondo deve confrontarsi con l’idea che le minacce nucleari attualmente espresse da alcuni governanti rivelano la follia della teoria del possesso di ordigni atomici“, ha detto Matsui sottolineando che “occorre immediatamente intraprendere misure concrete per allontanarci dall’attuale pericolo e incamminarsi verso il nostro mondo ideale”

Sul trattato sono però stati espressi pareri contrastanti. La sua accoglienza da parte dei sopravvissuti della bomba atomica, conosciuti come hibakusha, è stata mista: un sondaggio dell’agenzia Kyodo ha mostrato come il 51,7% degli intervistati consideri negativamente la dichiarazione

Presente alla commemorazione anche il primo ministro giapponese Fumio Kishida, originario e membro del collegio elettorale della città nel sudovest dell’arcipelago e principale artefice della realizzazione del G7 a Hiroshima

Alla cerimonia hanno partecipato i rappresentanti di 111 paesi e dell’Unione europea, il numero più alto mai registrato. Come già avvenuto lo scorso anno, la Russia e la Bielorussia non sono state invitate a causa del conflitto in Ucraina ( aggiungo io altra bella stronzata, la stessa di chi dall’alto della sua russofobia continua a discriminare gli atleti sportivi russi che partecipano ad ogni manifestazione internazionale, togliendo loro la bandiera russa dalle sovrimpressioni in televisione! Molti atleti sportivi russi non sono d’accordo con la decisione di Putin di invadere l’Ucraina a difesa del suo onore nei riguardi degli imperialisti neoliberisti guerrafondai USA e della NATO, pertanto non vedo un motivo sufficientemente valido per condannare gli atleti e la loro Federazione, dato che lo sport esula sempre dalla politica!)

Settantotto anni fa l’ordigno atomico fu sganciato su Hiroshima dal bombardiere B29 statunitense Enola Gay, causando la morte di circa 140.000 residenti. Una seconda bomba venne lanciata su Nagasaki il 9 agosto, decretando di fatto la fine della Seconda guerra mondiale sei giorni dopo con la resa incondizionata del Giappone

Secondo le cifre diffuse dal governo giapponese, alla fine di marzo c’erano 113.649 sopravvissuti a entrambi gli attacchi ufficialmente riconosciuti, con un’età media vicina agli 85 anni

Il Giappone, pur essendo l’unico Paese vittima di un attacco atomico, non ha aderito al trattato entrato in vigore nel marzo del 1970 che vieta l’uso di armamenti nucleari, sebbene continui a sostenere l’accordo sulla non proliferazione

Fonte: Sky TG 24

HIROSHIMA 78 ANNI DOPO: QUANDO GLI STATI UNITI “ESPORTARONO LA DEMOCRAZIA” PER LA PRIMA VOLTA

6 Agosto 2023 Michele Crudelini

https://www.byoblu.com/2023/08/06/hiroshima-78-anni-dopo-quando-gli-stati-uniti-esportarono-la-democrazia-per-la-prima-volta/

6 agosto 2023sono passati 78 anni dal bombardamento atomico della città giapponese di Hiroshima. Il penultimo ordigno atomico usato nella storia dell’uomo, l’ultimo è stato infatti impiegato tre giorni dopo a Nagasaki, entrambi portavano la firma degli Stati Uniti.

Oltre alla doverosa memoria di 200mila civili polverizzati dall’esplosione e poi deceduti a causa delle radiazioni, la distruzione di Hiroshima deve essere il punto di partenza per una riflessione sul sistema di diritto internazionale creato dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il peccato originale dell’ordine mondiale americano

Perché quel bombardamento è stato il peccato originale, l’anticamera di tutto quello che è venuto dopo: un ordine mondiale autoreferenziale, arrogante e basato esclusivamente sul rapporto di forza impari tra le potenze uscite vincitrici dal conflitto e il resto del mondo. In quest’ottica il cosiddetto diritto internazionale non è stato altro che uno strumento preso e deformato a seconda dell’occorrenza per gli interessi di Stati Uniti e Unione Sovietica prima, e della sola Washington poi.

Nella storia di Hiroshima tutto questo è stato condensato in poco tempo: la pretesa di imporre una resa senza condizioni al nemico, la volontà di mettere la propria bandierina sul Giappone prima che lo facesse l’Unione Sovietica, l’utilizzo spregiudicato di armamenti contro la popolazione civile, il tutto condito da un’assoluta impunità.

La propaganda statunitense

Per anni gli Stati Uniti hanno divulgato la loro verità sui fatti: le bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki erano necessarie per evitare il prolungamento della guerra e nuovi morti. Una narrazione già priva di fondamento senza nemmeno l’onere della prova storica: quale senso può avere infatti provocare con certezza 200mila morti subito per evitarne invece un numero ignoto in un futuro incerto?

Nemmeno la storia è poi riuscita a giustificare la propaganda americana. Dalle conversazioni rese pubbliche tra l’allora Presidente americano Harry Truman e il suo ministro della guerra Harry Stimson risulta come la scelta di utilizzare l’ordigno atomico fosse dettata sostanzialmente dalla volontà di dimostrare la propria forza all’Unione Sovietica. Non solo. Il fatto che il 9 agosto Stalin abbia dato inizio all’invasione della Manciuria giapponese, dimostra come gli Stati Uniti avessero fretta di prendersi il Giappone prima dell’arrivo dell’Armata Rossa. Le stesse dinamiche che qualche mese prima si erano viste intorno a Berlino.

L’indifferenza verso la sorte dei civili

Dagli stessi documenti emerge poi come tra Presidente e Ministro non ci fosse alcun interesse sugli effetti della bomba sulla popolazione civile. Già nel ’45 per la politica americana le morti civili erano classificate come danni collaterali, accettabili ai fini dell’obiettivo. La stessa brutalità asettica testimoniata diversi decenni dopo nel materiale divulgato da Julian Assange, che vede protagonisti di massacri di civili sempre loro: gli Stati Uniti.

“Se i tedeschi avessero gettato bombe atomiche sulle città al posto nostro, avremmo definito lo sgancio di bombe atomiche sulle città come un crimine di guerra e avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di questo crimine a Norimberga e li avremmo impiccati”, ebbe a dichiarare Leó Szilárd, fisico americano collega di Einstein all’interno del progetto Manhattan.

Impunità totale

E infatti come nel consueto stile a stelle e strisce al crimine conclamato non è mai stata corrisposta alcuna pena. Truman e Stimson, i principali sponsor dell’atomica su Hiroshima, sono morti da eroi e addirittura nella pagina Wikipedia di quest’ultimo si può leggere che: “dimostrò tutto il suo valore ed ebbe una parte importante nell’andamento delle operazioni”.

Per non farsi mancare nulla il pilota dell’aereo che sganciò la bomba su Hiroshima, Paul Tibbets, venne persino promosso dopo la guerra, morendo poi alla veneranda età di 92 anni. “Abbiamo i sentimenti, ma dobbiamo metterli da parte. Sapevamo che avremmo ucciso persone a destra e a manca, ma il mio unico interesse era di fare il migliore lavoro possibile”, questo il pensiero di Tibbets, parole perfettamente sovrapponibili alle tante confessioni rilasciate dai gerarchi nazisti durante il processo di Norimberga.

E ancora oggi Washington guarda con estremo distacco la ricorrenza della distruzione di Hiroshima. Con molta calma, solo nel 2016, per la prima volta un Presidente americano, in quel caso Obama, si è recato in Giappone in occasione della commemorazione. Una visita prettamente turistica visto che Obama non fece alcun mea culpa, come se la bomba nucleare fosse arrivata così per caso dal cielo.

Quello che è stato il peccato originale americano ne è poi diventato il tratto distintivo in tutti i teatri di guerra aperti fino ad oggi: Corea, Vietnam, America Latina, Iraq, Somalia, Serbia, Afghanistan, Libia, Siria. L’unica speranza che può arrivare dalle ceneri di Hiroshima è quella di un nuovo ordine senza più il suo ingombrante padrone.

Fonte: Byoblu, la TV libera dei cittadini canale 262 DTV

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

OPPENHEIMER, IL NUOVO FILM SULLA FIGURA CHIAVE DEL FISICO QUANTISTICO AMERICANO JULIUS ROBERT OPPENHEIMER, IL PADRE DELLA BOMBA ATOMICA E A CAPO DEL PROGETTO MANHATTAN DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

https://www.comingsoon.it/film/oppenheimer/61803/scheda/

Julius Robert Oppenheimer (1904-1967)

Fisico teorico, diede importanti contributi sulla meccanica quantistica, fu a capo del Progetto Manhattan.

American physicist Julius Robert Oppenheimer (1904-1967)

Signor Presidente, le mie mani sono sporche di sangue” disse un giorno Julius Robert Oppenheimer a Henry Truman, Presidente degli Stati Uniti d’America.
Era il 1946. La guerra era da poco terminata con la sconfitta dell’Asse e la resa incondizionata del Giappone.
Correva l’anno 1946 e l’eco delle bombe di Hiroshima e Nagasaki riecheggiava ancora in ogni angolo della Terra.
Era del sangue di quelle decine di migliaia di vittime che Oppenheimer, come capo scientifico del Progetto Manatthan, pensava di avere le mani lorde.
Mani che, sotto il controllo dei militari, avevano diretto, presso i tristemente famosi laboratori di Los Alamos, un gruppo scientifico costituito dalle migliori menti del periodo affinchè costruissero il miglior strumento di distruzione di massa mai creato.

Da quella esperienza, esaltante per alcuni terrificante per altri, ne nacque un Oppenheimer diverso, segnato da quella esperienza e pronto a sacrificare la propria carriera politica per bloccare la follia della bomba H.
Ma sarebbe anche emerso uno scienziato ambiguo; addirittura pericoloso per gli Stati Uniti del maccartismo più sfrenato, in virtù di un passato filocomunista che lo avrebbe portato a essere accusato di spionaggio e attività antiamericane.

L’uomo della bomba atomica nacque a New York da un’agiata famiglia ebrea il 22 aprile 1904.
Trascorse la fanciullezza nella città natale, vivendo in un grande appartamento con vista sul fiume Hudson.
A diciassette anni prese la via di Harvard dove le sue capacità vennero presto notate.
Inizialmente rivolto alla chimica, si avviò alla fisica sperimentale trascorrendo un periodo presso i laboratori di P. W. Bridgman.
Era convinto che la miglior qualifica che si potesse ottenere in quel periodo fosse quella del fisico sperimentale e, deciso a continuare per quella strada, si recò in Europa.

Prima venne accolto da J.J. Thompson al Cavendish Laboratory, poi passò all’Università di Gottinga in Germania.
Il viaggio in terra tedesca fu l’occasione di una radicale svolta negli interessi di Oppenheimer. Venne, infatti, in contatto con Max Born che lo introdusse a poco a poco nell’affascinanta mondo della fisica teorica. Mondo che stava vivendo una dei momenti più entusiasmanti e rivoluzionari di tutto il Novecento.
Rivoluzione che stava portando a concepire il mondo non più in termini di fisica classica ma in termini di fisica quantistica: dal determinismo classico delle traiettorie alla probabilità quantistica della funzione d’onda.

Nel suo viaggio in Germania, Oppenheimer venne in contatto con le menti che stavano concependo quella rivoluzione. E ne rimase folgorato, tanto da gettarsi subito nella mischia.
Il suo primo importante contributo riguardò l’interpretazione degli spettri molecolari.
La meccanica quantistica era in grado di dare una corretta interpretazione del fenomeno, sebbene piuttosto complicata e di difficile trattazione a causa delle interazioni tra nucleo e elettroni assai complesse da formalizzare.
Oppenheimer intuì che il problema poteva essere reso più facile operando delle “approssimazioni”.

Certe interazioni, infatti, erano piuttosto piccole rispetto ad altre e il loro contributo poteva essere trascurato senza alterare il problema e la sua risoluzione; portando avanti questo metodo delle approssimazioni, Oppenheimer riuscì a rendere il problema facilmente gestibile.
Mostrò il suo lavoro a Born il quale ne colse subito la valenza, estendendo le intuizioni di Oppenheimer ai moti vibrazionali e rotazionali dei nuclei.
Correva l’anno 1927 e la teoria delle approsimazioni sugli spettri molecolari venne conosciuta come l’approssimazione di Born-Oppenheimer.

Successivamente Oppenheimer diede un altro importante contributo alla fisica teorica mostrando come un campo elettrico debole poteva estrarre un elettrone dall’atomo al quale era vincolato: grazie a un “effetto tunnel” l’elettrone poteva superare, anzi, attraversare la barriera di potenziale che lo teneva confinato. Poco dopo, George Gamow dimostrò che le disintegrazioni radioattive potevano essere descritte da una trattazione simile.

L’avventura europea di Oppenheimer ebbe termine nel 1929, quando decise di tornare in patria, in California. Accettò due offerte di lavoro, una presso l’Institute of Tecnology e l’altra presso l’Università di Berkeley.
Furono in questi tribolati anni Trenta, devastati dagli echi della grande depressione del ’29 e ansiosi di riscatto e di rivincite, che Oppenheimer rivolse la propria attenzione ai problemi fondamentali della fisica teorica; ma fu anche in questo decennio che maturò certe convinzioni politiche, coltivando amicizie che si sarebbero rivelate pericolose per la sua carriera, che lo avrebbero portato nel dopoguerra a essere inviso agli occhi del governo e di alcuni colleghi che mal sopportarono alcune sue prese di posizione.

Come fisico teorico ebbe intuizioni importanti sulla teoria della “lacune” sviluppata da Paul A. M. Dirac e si interessò di elettrodinamica quantistica, sebbene non ne fosse particolarmente convinto, anticipando il concetto di “rinormalizzazione della carica“.
Si dedicò felicemente alla teoria della relatività.
Con l’allievo G. M.Volkov portò a termine per la prima volta dettagliati calcoli sulla natura delle stelle a neutroni, arrivando a definire un’equazione che oggi è conosciuta da tutti i fisici relativistici.

Proprio nel campo dell’evoluzione stellare Oppenheimer, con un altro allievo Snyder, diede un contributo molto importante, pubblicando un articolo fondamentale per la scoperta teorica dei Buchi neri. Secondo la loro teoria, la materia poteva colalssare indefinitivamente, oltre lo stadio di stella a neutroni, manifestando un comportamento fino al allora inconcepibile ma formalizzabile con leggi ed equazioni opportune.

Per lunghi anni la storia di questi oggetti fu lunga e ricchissima di aneddoti. Incomprensioni e pregiudizi all’interno della stessa comunità di fisici, assolutamente mal disposta, tranne rare eccezioni, ad accettare che la materia potesse comportarsi in maniera tanto esotica – collassate fino ad arrivare alle dimensioni di un punto – impedirono di comprendere la natura di certi comportamenti stellari.

Il contributo di Oppenheimer e Snyder, ben argomentato e supportato da calcoli convincenti, non fu compreso in tutta la sua valenza e per accettare l’esistenza dei buchi neri si dovrà aspettare gli anni Sessanta con la sua carica di personaggi rivoluzionari e irriverenti.
D’altronde anche lo stesso Oppenheimer si dimenticò presto di quegli strani oggetti e da lì a poco sarebbe stato chiamato a dirigere una delle imprese più controverse della storia: la costruzione della bomba atomica.

Giunse a capo del Progetto Manatthan con alle spalle una storia personale che destò subito qualche perplessità ma che, tuttavia, non gli impedì di dirigere il progetto sebbene, successivamente, ne affossò definitivamente la credibilità agli occhi di quel governo che gli aveva dato la possibilità di costruire la bomba.
Verso la metà degli anni Trenta, quando era impegnato a comprendere i lati più sottili e nascosti della Natura, venne in contatto con ambienti filosocialisti che ebbe modo di frequentare piuttosto spesso.
In parte fu una scelta dettata dall’avversione per il nazismo, in parte fu una reazione alla Grande Depressione del ’29 che aveva messo in ginocchio l’America e il suo sogno.
Avrebbe poi detto “Iniziai a comprendere quanto profondamente potessero influire sulla vita degli uomini eventi di natura politica e economica” .

Oppenheimer, ricco borghese di New York, in un certo senso si svegliò dal paese delle meraviglie dove si era fino ad allora adagiato, e in questo di certo lo aiutarono anche i numerosi suoi studenti che in quegli anni Trenta stentarono a guadagnarsi una vita decente.
Come egli stesso ricorderà, venne introdotto da amici negli ambienti della sinistra americana nella primavera del 1936, dove conobbe Jean Tatlock, figlia di un noto professore universitario di Inglese, con la quale strinse una tenera amicizia.
La signorina Tatlock non aveva negato la sua appartenenza al Communist Party e non fece certo mistero con Oppenheimer del suo impegno politico fortemente schierato. In seguito, quando dovrà render conto di simili amicizie, Oppenheimer avrebbe sempre scagionato la Tatlock da ogni colpa scrivendo di lei come una persona che amava il suo paese le sue persone e il suo stile di vita.

Tuttavia, sebbene abbia sempre negato di essersi iscritto a organizzazioni di stampo comunista, Oppenheimer iniziò la fase politica della sua vita a supporto, anche economico, del Fronte Unito, organizzazione nella quale confluivano anche gruppi non comunisti a supporto di obiettivi umanitari.
Nel 1939 si innamorò di Katharine “Kitty” Puening Harrison, una biologa chiaramente legata agli ambienti comunisti, con la quale si sposò nel 1940, ed ebbero due figli.
Quando il suo nome fu preso in considerazione per il Progetto Manatthan, agli inizi degli anni ’40, iniziò anche per lui la trafila di indagini e interrogatori a cui vennero sottoposti gli scienziati candidati a entrare a far parte del progetto bomba atomica.

Il controspionaggio americano non era del tutto convinto del passato filocomunista di Oppenheimer, tuttavia ritennero che quel ricco scienziato di New York, intelligente, abile, ma soprattutto molto ambizioso, non potesse compromettere tutto compiendo qualche scelleratezza.
E fu così che Oppenheimer, nel 1943, divenne il direttore scientifico del centro di ricerche di Los Alamos, posto da lui stesso scelto e indicato come ideale per portare avanti un progetto top secret di quella portata.

Il generale Groves lo considerava: Un genio, un vero genio che sa tutto. Può discutere di qualsiasi cosa vogliate. Bè, non esattamente. Credo ci siano alcune cose di cui non sa proprio niente. Non sa alcunchè di sport.

L’Intelligence americana, comunque, continuò a nutrire sospetti sull’operato di Oppenheimer, anzi ebbe modo di ritenere che lo scienziato fosse in contatto con lo spionaggio sovietico e che passasse loro segreti sulla bomba.
Negli interrogatori che seguirono a questa spiacevole vicenda, Oppenheimer si presentò spontaneamente a testimoniare, sebbene la sua difesa fu piuttosto goffa e approssimativa.
Alla fine fu messo con le spalle al muro e fu costretto a fare dei nomi tra quella cerchia di amici della sinistra americana che aveva frequentato alcuni anni prima.
Di fatto Oppenheimer non venne incriminato e fu confermato alla direzione del Progetto.

La storia avrebbe insegnato che da Los Alamos partirono preziosissime informazioni sulla bomba alla volta del Cremlino, ma non fu Oppenheimer a passarle ma i famosi, in seguito, Carl Fuks e Ted Hall.
Nonostante i dubbi del controspionaggio, la scelta di mettere Oppenheimer ai vertici di comando si rivelò particolarmente azzeccata.
Lo scienziato si dimostrò abile e accorto nel gestire quella schiera di menti eccellenti che transitavano per i corridoi del laboratorio.
Sapeva ascoltarli, risovere i loro problemi, assecondare le loro richieste e soprattutto farli collaborare insieme per un unico obiettivo: costruire la bomba, anticipando i tentativi tedeschi e vincere la guerra.

E i vari mostri sacri, Hans BetheJohn von NeumannEdward TellerL. SzilardEnrico FermiR. Feynmann, solo per citarne alcuni, alla fine riuscirono a costruirla: alcuni anche ad amarla, altri ad averne paura.
Alcuni di loro si resero presto conto della potenza distruttrice di quello che stavano costruendo e cercarono di porre un freno a quella corsa.
Leo Szilard, tra i più sensibili del gruppo di scienziati, si fece portavoce di tutti coloro che suggerirono di utilizzare la bomba solo a scopo dimostrativo, senza utilizzarla su un obiettivo civile.
Scrissero una lettera che giunse ai vertici; anche Oppenheimer la lesse, ma la ripiegò e la mise nel cassetto.

Il piccolo gruppo di cui faceva parte, insieme a Compton e Lawrence, all’interno della commissione governativa che doveva relazionare al governo e indirizzare le decisioni in ambito nucleare, non volle o non potè opporsi alla decisione finale: la bomba sarebbe stata usata su due città giapponesi.
Nel giugno del ’45 la bomba era pronta per la prova finale.
Il test, nome in codice Trinity, prese avvio il 16 giugno.
Io sono la morte: la distruttrice di mondiricorderà di aver pensato Oppenheimer dopo aver visto la potenza di quello che aveva costruito.
Alcuni esultavano, altri piangevano, la maggior parte se ne stava in silenzio.
Il test era riuscito alla perfezione.

Il 6 agosto 1945 un raggiante Oppenheimer entrò dalla porta principale della sala riunioni dei laboratori, quando normalmente entrava dalla porta di servizio, e con aria trionfale annunciò a tutti i colleghi presenti la grande notizia: Hiroshima non esisteva più.
Intorno, tutti, o quasi tutti, applaudivano e battevano i piedi: il loro lavoro era servito agli Stati Uniti a vincere la guerra.
Ma al termine del conflitto, le fortune di Oppenheimer andarono lentamente esaurendosi.
Se da un punto di vista puramente accademico Oppenheimer andò a ricoprire una carica prestigiosa come direttore dell’Institute for Advanced Study a Princeton, ben presto punto di incontro dei migliori fisici del mondo, le cose volsero al peggio sul fronte politico e dell’impegno nelle alte sfere.

Dopo la guerra le armi nucleare furono messe sotto il controllo della Commissione per l’energia atomica (Atomic Energy Commission), all’interno della quale sussisteva un comitato per la sicurezza, il GAC (General Advisory Committe), guidato da Oppenheimer, del quale facevano parte anche Fermi e I. Rabi.
Invitata a esprimere un parere sulla costruzione della bomba H, la commissione ne sconsigliò la costruzione, sia per motivi tecnici ma soprattutto per motivazioni di ordine morale.
La bomba“, dicevano, “è di una categoria totalmente differente dalla bomba atomica… può essere la bomba di un genocidio.
L’opposizione di Oppenheimer alla costruzione di un ordigno senza precedenti, di una potenza distruttiva senza pari, fu pressochè totale.

Ben diversamente la pensavano i vertici militari e alcuni influenti scienziati.
I sovietici avevano dimostrato di essere in grado, prima del previsto, di costruire una bomba atomica, pertanto Truman e il suo entourage, basandosi anche su quello che dicevano fisici del calibro di Edward Teller, decise di portere avanti la costruzione di “Super“, la bomba termonucleare.

Il 1 novembre 1952 gli Stati Uniti effettuarono il primo test con una bomba H sull’atollo di Eniwetok.
Una esplosione ottocento volte più potente di quella di Hiroshima polverizzò le isolette scelte come bersaglio.
In seguito al suo netto rifiuto alla costruzione di “Super”, l’operato di Oppenheimer fu ancora una volta messo sotto controllo.
In pieno maccartismo l’attività principale era quella di andare alla caccia delle streghe comuniste ovunque si nascondessero.

Con quel passato che si ritrovava, Oppenheimer fu un bersaglio ideale e la sua netta avversione al potenziamento dell’arsenale nucleare americano non faceva altro che confermare i sospetti: Oppenheimer era implicato in attività antiamericane.
Le cose peggiorarono quando Edward Teller, fortissimo sostenitore del programma nucleare, testimoniò contro Oppenheimer.
Molti colleghi furono solidali con il perseguitato scienziato e presero le distanze dal gesto di Teller, ma l’esito era ormai segnato.
Oppenheimer fu screditato, tornarono nuovamente a galla fatti e persone degli anni Trenta e fu considerato un pericolo per la Nazione.

Con voto pressochè unanime fu cacciato dalla commissione per l’energia atomica.
Era il 1953 e la carriera dell’ambizioso Oppenheimer era appena giunta al capolinea.
Screditato agli alti vertici se ne tornò a Princeton a riprendere la via accademica, dopotutto era ancora uno scienziato di primissimo piano.
Vi rimase fino al termine della propria vita. Morì nel 1967.

Quattro anni prima, Oppenheimer aveva ricevuto da quello stessa organizazione che lo aveva bandito, la Commissione sull’energia atomica, un importante riconoscimento, il premio Enrico Fermi come parziale riabilitazione della sua figura.
A quasi trent’anni dalla sua scomparsa, nel 1994, un ex ufficiale del KGB, i servizi segreti russi, pubblicò una autobiografia secondo la quale fu Oppenheimer a consegnare a Mosca i segreti dell’atomica americana.

I più accaniti detrattori di Oppenheimer la interpretarono come l’ennesima prova di un tradimento mentre la maggior parte della comunità scientifica e degli ambienti meno conservatori ritennero infondate le dichiarazioni dell’agente sovietico indicando in altri gli esecutori materiali del tradimento.
Di fatto non c’è nessuna documentazione seria e attendibile che accerti le eventuali colpe di uno scienziato brillante e ambizioso ma profondamente lacerato dalle implicazioni umane e morali di quello che stava facendo.
Dopotutto da Oppenheimer in poi i fisici di tutto il mondo conobbero il peccato.

A cura di Paolo Magionami

Fonte: Torino Scienza

https://www.torinoscienza.it/personaggi/julius-robert-oppenheimer

OPPENHEIMER

Oppenheimer fu tra i principali fautori del Progetto Manhattan, che portò alla costruzione della prima bomba atomica. Successivamente ebbe una crisi di coscienza che lo spinse a rifiutarsi di lavorare all’ordigno all’idrogeno.

Fonte: The Space Cinema

https://www.thespacecinema.it/film/oppenheimer

Oppenheimer

Regia di Christopher Nolan. Un film Da vedere 2023 con Cillian MurphyRobert Downey Jr.Matt DamonEmily BluntFlorence PughCast completo Genere BiograficoDrammaticoStorico, – USA2023durata 180 minuti. Uscita cinema mercoledì 23 agosto 2023 distribuito da Universal Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 4,22 su 10 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Il film dedicato a Oppenheimer, lo scienziato che mise a punto la bomba atomica. Al Box Office Usa Oppenheimer ha incassato 174 milioni di dollari.

https://www.mymovies.it/film/2023/oppenheimer/

https://www.oppenheimer-ilfilm.it

Oppenheimer J. Robert

Julius Robert Oppenheimer nasce il 22 aprile 1904

Biografia della rubrica “Vita da genio” a cura di Chiara Oppedisano

Elegante, geniale e acuto, di lui il generale Groves, con il quale condivise la direzione del progetto Manhattan, disse: «È un genio, con il quale si può parlare di qualsiasi cosa e comprende subito … tranne che di sport, di quello non capisce nulla!».

Robert Oppenheimer nasce a New York il 22 aprile 1904 in una famiglia agiata: il padre, di origini tedesche, è un commerciante di tessuti, la madre pittrice. Vivono in un grande appartamento con vista sul fiume Hudson, nella collezione di famiglia vi sono un Picasso e alcuni Van Gogh. La famiglia Oppenheimer possiede anche un ranch in New Mexico, nel quale Robert e il fratello Frank spendono le vacanze estive. Robert in particolare ama le lunghe gite a cavallo e spesso cavalca nei canyon munito solo di qualche provvista e coperte per passare la notte. È un ragazzo sveglio, molto bravo a scuola e dotato di mente eclettica: appassionato di poesia e filosofia orientale, come di chimica e fisica. Imparò sei lingue, tra cui il sanscrito, lingua nella quale leggeva i testi delle filosofie orientali.

A 18 anni si iscrive all’Harvard College dove si laurea con lode in tre anni. Ammesso a Cambridge (Inghilterra) nel 1924, inizia a lavorare con J.J. Thomson, premio Nobel per la scoperta dell’elettrone, dando così inizio ad una serie di collaborazioni con alcuni tra i più famosi fisici europei, in quel momento all’avanguardia nella scena scientifica internazionale. Invitato a Göttingen da Max Born, Robert conosce appunto Bohr, Dirac, Heisenberg, Pauli e Fermi. Con Born sviluppa una teoria, nota come Approssimazione di Born-Oppenheimer, mediante la quale, introducendo alcune semplificazioni, si possono descrivere gli spettri molecolari nell’approccio della Meccanica Quantistica. A Göttingen nel 1927 consegue il titolo di dottore di ricerca in fisica; in seguito si reca per due brevi collaborazioni da Ehrenfest a Leiden e da Pauli a Zurigo. Rientra negli Stati Uniti nel 1929, dividendosi tra la didattica e la ricerca, tra i laboratori di Berkeley in Colorado e il California Institute of Technology. A Berkeley, lavora sulle innovative tecnologie per accelerare particelle, collaborando con Ernest Lawrence, inventore del primo acceleratore circolare di particelle, il ciclotrone, per il quale ricevette il premio Nobel nel 1939. Proprio nel 1939 Oppenheimer pubblica alcuni articoli sulla contrazione gravitazionale delle stelle di neutroni, calcolando che stelle 2/3 volte più grandi del nostro Sole, una volta esaurito il combustibile nucleare, possono collassare raggiungendo densità elevatissime. Questi studi posero le basi teoriche per la formulazione della teoria dei buchi neri, che giunse a maturazione solo 30 anni più tardi.

L’ascesa di Hitler in Europa suscitò profonda preoccupazione in Oppenheimer che, oltre ad avere origini ebraiche, in Europa aveva parenti, amici e colleghi. Pur non essendosi mai interessato di politica prima di allora, iniziò a sostenere organizzazioni antifasciste e a simpatizzare per ambienti socialisti. Non si iscrisse mai ad alcun partito e in seguito all’ascesa di Stalin si sopirono anche le simpatie per socialisti e comunisti, lasciando posto a idee liberal-democratiche. Le frequentazioni e i contatti che stabilì in questo periodo della vita in seguito gli costarono molto care. L’FBI lo inserì in una lista di persone sospette. In seguito all’invasione della Polonia, Einstein, Szilard e altri fisici che erano emigrati negli Stati Uniti scrivono una lettera al presidente Roosvelt per avvertirlo che studi recenti sulla fissione nucleare fatti di Enrico Fermi e da Leo Szilard negli Stati Uniti e da Fredric Joliot in Francia dimostravano che si potesse generare una reazione a catena utilizzando atomi di uranio e che sfruttando queste reazioni si sarebbero potute costruire potentissime armi, che in mano ai nazisti avrebbero certamente costituito un pericolo per l’intera umanità. Nell’autunno del 1941 Oppenheimer, su invito di Compton, inizia a interessarsi di problemi relativi alla fissione dell’uranio: dal calcolo della massa critica per l’innesco di una reazione a catena, ai possibili metodi per separare l’Uranio 235 (l’isotopo fissile) dall’uranio naturale (che contiene vari isotopi dell’atomo).

Robert Oppenheimer al fianco di Albert Einstein all’Institute for Advanced Study di Princeton durante le fasi di ricerca sulla bomba atomica per recuperare il tempo perduto di 18 mesi rispetto agli scienziati tedeschi, i numeri uno sulle ricerche atomiche della Meccanica Quantistica

Il 7 dicembre 1941 segna l’inizio di un’era in cui la ricerca scientifica negli Stati Uniti prese un’unica direzione e la vita di molti degli scienziati che lì lavoravano cambiò drasticamente. Dopo l’attacco di Pearl Harbor, infatti, il governo degli Stati Uniti decide che non può permettere che i nazisti entrino in possesso di un’arma così potente e affidano a Robert Oppenheimer e al generale Leslie Groves l’incarico di costruire un laboratorio segreto e di concentrare tutti gli sforzi per costruire una bomba atomica prima dei tedeschi. Oppenheimer propone di costruirlo a Los Alamos, nel New Mexico, in quelle zone che ben conosceva e tanto amava percorrere a cavallo nelle lunghe estati spensierate. Nel 1942 inizia la costruzione dei laboratori, nel marzo del 1943 Oppenheimer si trasferisce a Los Alamos con la moglie e il figlio di 2 anni; la seconda figlia nascerà proprio a Los Alamos nel 1944.

Oppenheimer con il generale Leslie Groves

La prima missione di Oppenheimer in qualità di direttore scientifico del laboratorio fu quella di reclutare le menti più brillanti del paese e, come raccontò successivamente non fu banale girare per le università e i laboratori chiedendo ai colleghi di partecipare a un progetto segreto trasferendosi dall’oggi al domani in un posto segreto! Ciò nonostante riuscì a riunire scienziati del calibro di Frank, Compton, Urey, Fermi, Lawrence, Seaborg, McMillan, Segrè, Chamberlain, Wigner, Schwinger, Feynman, Bethe, Alvarez, Rainwater, Van Vleck, Fitsch, Fowler e Ramsey (citando soltanto i vincitori di premi Nobel). Lavoravano tutti insieme con un unico scopo e il merito di Oppenheimer fu quello di riuscire a essere un incredibile direttore di un’orchestra numerosa e composta da anime molto diverse e di riuscire a farlo in un luogo isolato dal resto del mondo, dove anche solo avere l’acqua per fare la doccia era un problema quotidiano.

Oppenheimer (a sinistra) con Enrico Fermi (al centro) ed Ernest Lawrence (a destra)

Il 16 Luglio 1945 nel deserto di Alamogordo viene effettuato il test della prima bomba atomica, nome in codice “The Gadget”. Dopo il Trinity test, alcuni degli scienziati che assistettero alla detonazione si espressero in favore di una dimostrazione della potenza della bomba senza sganciarla sui civili. Come è noto questa non fu l’opinione che prevalse. I bombardamenti delle città di Hiroshima e Nagasaki suscitarono orrore e sgomento. Qualche anno dopo durante una conferenza al Massachussets Institute of Technology (MIT), Oppenheimer commentò i tragici eventi e disse: «I fisici hanno conosciuto il peccato, e questa è una conoscenza che non si può perdere».

Oppenheimer (al centro con il cappello) e il generale Groves ispezionano il cratere generato dallo scoppio della prima bomba atomica durante il Trinity test nel luglio del 1945

La maggioranza degli scienziati coinvolti nel Progetto Manhattan dall’agosto del 1945 in avanti si adoperarono perché non venissero più impiegate armi così devastanti. Robert Oppenheimer fu tra questi. Edward Teller invece iniziò a lavorare su un’arma ancora più devastante: la bomba a idrogeno. Oppenheimer, invitato a unirsi al progetto, così come Enrico Fermi, si rifiutò categoricamente. Nel 1947 divenne direttore dell’Institute for Advanced Study di Princeton. Restò in carica fino al 1966. Dal 1947 al 1952 guidò la General Advisory Committee della Commissione per l’Energia Atomica degli Stati Uniti, spendendosi perché si arrivasse a un’intesa internazionale per la non proliferazione degli armamenti nucleari. Negli anni 60 durante un’intervista gli chiesero cosa ne pensasse delle richieste che proprio in quel periodo, Robert Kennedy presentava al presidente Lindon Johnson per fermare la costruzione di armamenti nucleari, rispose: «È in ritardo di 20 anni. Questo andava fatto il giorno dopo il Trinity test».

Dal 1950 Oppenheimer divenne facile bersaglio nella caccia alle streghe iniziata dal senatore McCarthy per epurare gli Stati Uniti dal comunismo: le vecchie carte dell’FBI sulle sue simpatie per gli ambienti antifascisti, la sua fiera opposizione alla realizzazione della bomba a idrogeno e la testimonianza di Teller a suo sfavore durante il processo gli procurarono l’accusa di comunista e di aver passato segreti sulla bomba ai russi. La comunità scientifica reduce da Los Alamos si schierò apertamente dalla sua parte. Non sono tuttora noti fatti che avvalorino l’accusa di aver passato informazioni riservate ai russi. Nel 1952 gli furono revocati i permessi e fu rimosso dalla carica nella Commissione per l’Energia Atomica. Non fu più la stessa persona. Si dedicò alla vita accademica ed elaborò idee sulla relazione tra scienza, etica e società. Nel 1963 il presidente Johnson gli attribuì il premio Enrico Fermi della Commissione per l’Energia Atomica, in una sorta di riabilitazione del fisico che aveva guidato con successo il Progetto Manhattan. Si spense nel 1967 a causa di un tumore.

In un’intervista del 1965, parte del documentario “La decisione di sganciare la bomba”, Oppenheimer racconta cosa provò subito dopo il Trinity test ad Alamogordo, le sue parole e il suo sguardo possono dire più di molti libri sulla sua vita: «Sapevamo che il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Alcuni risero, altri piansero, i più rimasero in silenzio. Mi ricordai del verso delle scritture Indù, il Baghavad-Gita. Vishnu tenta di convincere il Principe che dovrebbe compiere il suo dovere e per impressionarlo assume la sua forma dalle molteplici braccia e dice: “Adesso sono diventato Morte, il distruttore dei mondi”. Suppongo lo pensammo tutti, in un modo o nell’altro».

Fonte: Scienza per Tutti, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN)

https://scienzapertutti.infn.it/rubriche/biografie/2852-oppenheimer-j-robert

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

GIORNO DELLA VITTORIA CELEBRAZIONI DELLA VITTORIA UNIONE SOVIETICA URSS CCCP SULL’INVASORE DELLA GERMANIA NAZISTA 9 MAGGIO 1945 – 9 MAGGIO 2022

GIORNATA DELLA VITTORIA 9 MAGGIO 1945 CELEBRATA DAL PARTITO COMUNISTA

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Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, tecnico sportivo CSEN Abruzzo

LA BATTAGLIA DI ORTONA NEL DOCUFILM DEL CANADESE ROGER CHABOT

https://www.ilcentro.it/cultura-e-spettacoli/la-battaglia-di-ortona-nel-docufilm-del-canadese-roger-chabot-1.2734754

https://www.ansa.it/abruzzo/notizie/2021/11/22/la-battaglia-di-ortona-in-un-docufilm-del-canadese-roger-chabot_52fb4399-2c00-4347-ac9b-461e59c47804.html

https://www.lastampa.it/cultura/2016/12/19/news/la-vera-storia-della-battaglia-di-ortona-la-stalingrado-d-italia-1.34758776

https://www.centrostudi-italiacanada.it/articles/la_battaglia_per_ortona_le_ragioni_della_storia_e_della_memoria-132

https://www.liberationroute.com/it/stories/82/the-battle-of-ortona

https://www.ibs.it/assolutamente-resistere-battaglia-di-ortona-libro-andrea-di-marco/e/9788895535548

Il carro armato M4 Sherman Firefly in dotazione agli alleati canadesi per la liberazione di Ortona ed usato dal capitano Richard Maurice Dillon che perse la vita durante gli scontri in città il 25 Dicembre 1943. Foto di Alessio Brancaccio
Lato destro del carro armato alleato M4 Sherman Firefly usato dal capitano canadese Richard Maurice Dillon il 25 Dicembre 1943 per tentare di respingere gli occupatori nazisti di Ortona. Il carro si rinviene all’interno di una rotonda prima di arrivare in città. Foto di Alessio Brancaccio
Particolare della targa scritta sul lato destro del carro armato M4 Sherman Firefly in ricordo del sacrificio del capitano Richard Maurice Dillon che morì ad Ortona il 24 Dicembre 1943 nel tentativo di respingere i nazisti dalla città. Carro donato in sua amorevole memoria alla città di Ortona, da sua moglie Elizabeth e dalla sua famiglia. Foto di Alessio Brancaccio

https://www.cervelo.com/fr_FR/news/new-paint-for-an-inspiring-cause

Kit telaio C5 veterans realizzato dal grande brand canadese Cervélo in memoria dei soldati canadesi deceduti in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale