Parosmia

PAROSMIA, COME AIUTARE LE PERSONE CHE SOFFRONO DI DISTORSIONI OLFATTIVE DOPO IL COVID? PAROSMIA, HOW HELP PEOPLE THAT SUFFER OF OLFACTORY DISTORSIONS AFTER COVID?

Agnese Codignola  11 Gennaio 2023

https://ilfattoalimentare.it/parosmia-anosmia-long-covid.html

Per alcuni i pranzi e le cene in compagnia sono un vero incubo, al punto che decidono di evitare la socialità. Sono i parosmici, coloro che soffrono di distorsioni olfattive come postumo del Covid, in alcuni casi senza alcun progresso dopo mesi o anni dai primi sintomi. La perdita dell’olfatto (anosmia) e quella, più rara, del gusto (ageusia) caratterizzano l’infezione da Sars-Cov-2 al punto che, soprattutto con le prime varianti del virus (dopo il fenomeno si è attenuato), erano considerate marcatori infallibili della malattia e interessavano circa il 65% di chi era stato infettato. Ma la parosmia, che si manifesta in genere tre settimane dopo l’infezione, è qualcosa di diverso e associato solo in parte (in un caso su due) all’anosmia: è una delle manifestazioni del cosiddetto Long Covid, la sindrome post virale che colpisce non meno di un infettato su dieci. 

Fin dai primi mesi, soprattutto attraverso i social media, hanno iniziato a fare la loro comparsa testimonianze drammatiche di persone che soffrivano di distorsione olfattiva o, più raramente, che sentivano odori inesistenti (fantosmia), perché il sovvertimento delle esperienze olfattive cui erano abituate aveva pesanti ripercussioni sulla qualità della vita, ed era qualcosa di inedito, inspiegabile e angosciante: tra i parosmici, non a caso, i tassi di ansia e depressione sono altissimi. Poi il fenomeno è stato riconosciuto, ma i passi in avanti sono stati assai modesti.

Tra gli alimenti percepiti come disgustosi (le definizioni variano da animale morto e irrancidito a muffa, da rifiuto sanitario a fogna o vomito) vi sono la carne, i formaggi, il caffè, l’acqua, le uova, l’aglio, e molti altri cibi del tutto normali, ed è quindi evidente che un banchetto natalizio può essere un incubo assoluto. Ma le persone colpite da parosmia hanno difficoltà a spiegare che cosa sentono e l’intensità del disgusto, e per questo possono tendere a isolarsi.

Alcune persone, dopo l’infezione da Covid-19, hanno iniziato a soffrire di parosmia, una distorsione del senso dell’olfatto

Uno dei problemi è che, fino a prima della pandemia, si sapeva pochissimo su questo fenomeno, che colpiva in rarissimi casi, per esempio, persone con un tumore cerebrale. Di conseguenza, non c’erano quasi terapie. Oggi la situazione non è molto diversa, ma con la pandemia sono nati numerosi gruppi di supporto, il più famoso dei quali è il britannico AbScent, che oggi conta più di 22mila aderenti e fornisce consigli su come rieducare l’olfatto (essenzialmente, con lunghe e costanti sedute di esposizione a certi aromi).

Negli ultimi giorni, poi, è stato pubblicato, su Science Traslational Medicine, uno studio della Duke University che inizia a chiarire cosa succede e, di conseguenza, a indicare la direzione verso cui guardare per mettere a punto una cura. I ricercatori hanno infatti analizzato 24 biopsie nasali, di cui nove di persone che soffrivano di perdita dell’olfatto a lungo termine in seguito a Covid, e hanno scoperto che quei tessuti sono infiltrati da un elevato numero di linfociti. L’infiltrazione, segno di una potente risposta immunitaria, ha almeno due tipi di conseguenze: induce uno stato infiammatorio cronico e causa indirettamente la morte di numerosi neuroni olfattivi. La buona notizia è che il nervo olfattivo sembra integro (infatti i parosmici sentono gli odori, ancorché distorti). Il quadro assomiglia molto a quello di una reazione di tipo autoimmunitario, già ipotizzata in numerosi altri studi che stanno cercando di capire cosa sia, dal punto di vista biologico, il Long Covid.

Gli esperti consigliano di preferire cibi leggeri e neutri, come riso, pasta, pane non tostato, yogurt bianco e verdure al vapore

In attesa di giungere a una terapia, ci sono comunque alcuni consigli che possono aiutare i parosmici:

  • Mangiare cibi a temperatura ambiente o freddi;
  • Evitare i cibi fritti, le carni arrostite, le cipolle, l’aglio, le uova, il caffè e il cioccolato, che sono tra i trigger più potenti;
  • Preferire cibi leggeri e dal sapore relativamente neutro come riso, pasta, pane non tostato, yogurt bianco e verdure al vapore;
  • Ricorrere alle spezie per mascherare gli odori spiacevoli;
  • Se le difficoltà sono gravi, ricorrere ai frullati proteici non aromatizzati;
  • Pensare a se stessi come a qualcuno che soffre di una grave allergia alimentare (per evitare di sentirsi esclusi).

English translate

For some people, lunches and dinners in company are a real nightmare, to the point that they decide to avoid socializing. They are the parosmics, those who suffer from olfactory distortions as a result of Covid, in some cases without any progress months or years after the first symptoms. The loss of smell (anosmia) and the more rare loss of taste (ageusia) characterize Sars-Cov-2 infection to the point that, especially with the first variants of the virus (after the phenomenon attenuated), they were considered infallible markers of the disease and affected approximately 65% ​​of those infected. But parosmia, which generally appears three weeks after infection, is something different and only partially associated (in one case out of two) with anosmia: it is one of the manifestations of the so-called Long Covid, the post-viral syndrome that it affects no less than one in ten infected people.

From the first months, especially through social media, dramatic testimonies began to appear from people who suffered from olfactory distortion or, more rarely, who smelled non-existent odors (phantosmia), because the subversion of the olfactory experiences to which they were accustomed had serious repercussions on the quality of life, and it was something new, inexplicable and distressing: among parosmics, it is no coincidence that the rates of anxiety and depression are very high. Then the phenomenon was recognized, but the steps forward were very modest.

Among the foods perceived as disgusting (the definitions vary from dead and rancid animals to mold, from medical waste to sewage or vomit) there are meat, cheeses, coffee, water, eggs, garlic, and many other completely normal foods, and it is therefore clear that a Christmas banquet can be an absolute nightmare. But people affected by parosmia have difficulty explaining what they feel and the intensity of the disgust, and for this reason they may tend to isolate themselves.

One of the problems is that, until before the pandemic, very little was known about this phenomenon, which in very rare cases affected, for example, people with a brain tumor. As a result, there were almost no therapies. Today the situation is not much different, but with the pandemic numerous support groups were born, the most famous of which is the British AbScent, which today has more than 22 thousand members and provides advice on how to re-educate the sense of smell (essentially, with long and constant sessions of exposure to certain aromas).

In recent days, a study by Duke University has been published in Science Translational Medicine which begins to clarify what happens and, consequently, to indicate the direction in which to look to develop a cure. The researchers in fact analyzed 24 nasal biopsies, including nine from people who suffered from long-term loss of smell following Covid, and discovered that those tissues are infiltrated by a high number of lymphocytes. The infiltration, a sign of a powerful immune response, has at least two types of consequences: it induces a chronic inflammatory state and indirectly causes the death of numerous olfactory neurons. The good news is that the olfactory nerve seems intact (in fact, parosmics can smell odors, albeit distorted). The picture is very similar to that of an autoimmune reaction, already hypothesized in numerous other studies that are trying to understand what Long Covid is, from a biological point of view.

While waiting to arrive at a therapy, there are some tips that can help parosmic patients:

Eat foods at room temperature or cold;

Avoid fried foods, roasted meats, onions, garlic, eggs, coffee and chocolate, which are among the most powerful triggers;

Prefer light foods with a relatively neutral flavor such as rice, pasta, untoasted bread, plain yogurt and steamed vegetables;

Use spices to mask unpleasant odors;

If difficulties are severe, resort to unflavored protein shakes;

Think of yourself as someone who has a severe food allergy (to avoid feeling left out).
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Uscire dalla parosmia: come rimettere in sesto l’olfatto dopo COVID-19

16 Dicembre 2021 Cristina Da Rold

Sempre più persone, settimane o mesi dopo la guarigione da COVID-19, iniziano a percepire come fastidiosi o nauseabondi odori del tutto normali. E mentre si indagano cause e meccanismi del fenomeno, farmaci e tecniche di “rieducazione” dell’olfatto già in uso offrono buone possibilità di guarigione

Guarire da COVID-19, rimettersi completamente o quasi, recuperare l’olfatto e il gusto, e poi dopo due-tre mesi o più iniziare a sentire alcuni odori distorti, oppure misti ad altri profumi più o meno cattivi, o ancora percepire odori che in realtà non sono nell’ambiente.

Sempre più persone guarite da COVID-19 vivono questa condizione, in molti casi debilitante per la propria vita: la parosmia. Un sintomo del cosiddetto long COVID di cui si sta iniziando a parlare a distanza di quasi due anni dallo scoppio della pandemia.

C’è Chiara, che sente continuamente odore di bruciato intorno a sé. Marco, che una sera dopo mesi dalla guarigione si è reso conto che non sentiva più l’amato sapore del vino. Agata, che riesce dopo mesi ad affrontarlo, il vino, ma solo al terzo o quarto sorso, dopo mesi di anosmia lentamente recuperata. Anna, che non ce la fa più perché da mesi tutto ciò che odora sa di marcio. Maria che aveva recuperato in fretta l’odorato e che oggi percepisce l’odore della cipolla e dell’aglio come marcio. Chi scrive sente l’odore del caffè, dell’urina e dello scarico delle auto misto a un profumo dolciastro. E tanti altri, ognuno con la propria specifica situazione, che oltre a percepire male alcuni odori, hanno ancora difficoltà a percepire la presenza degli odori e dei gusti.

Secondo un recente studio condotto su pazienti con iposmia post-COVID (riduzione della capacità olfattiva), 400 pazienti su 2000 hanno sviluppato parosmia a distanza di mesi. Ed è sufficiente visitare i vari gruppi Facebook dedicati alla parosmia in Italia, ma anche in altri paesi, per rendersi conto che si tratta di un problema che riguarda moltissime persone.

Le domande sono tante: perché a distanza di tempo dalla guarigione emerge questo problema? Qual è la natura del problema? Si tratta di un fenomeno reversibile? A chi mi posso rivolgere per essere seguito? Ci sono protocolli terapeutici validati?

Abbiamo contattato alcuni dei ricercatori che in Italia si stanno occupando di studiare il fenomeno, e il nocciolo della faccenda che è emerso da ogni chiacchierata è che attualmente i meccanismi esatti con cui il sistema olfattivo si altera non sono ancora chiari, anche se ci sono degli indizi che ci fanno propendere che si tratti di un fenomeno infiammatorio a livello centrale. Ci sono solide evidenze che si tratti di un fenomeno reversibile, cioè che tramite un supporto farmacologico, nutraceutico e di training olfattivo guidato, la stragrande maggioranza delle persone possa recuperare la propria funzionalità a livelli almeno molto buoni.

Che cosa origina la parosmia?
Uno dei gruppi più attivi in Italia nello studiare il problema è quello di Arianna Di Stadio, neuro-otorinolaringoiatra, ricercatrice all’UCL Queen Square Neurology a Londra e professoressa aggiunta di scienze uditive all’Università di Perugia. “I disturbi dell’olfatto in passato erano ritenuti collegati solamente a fenomeni infettivi a livello locale, cioè nel naso. Con COVID-19 abbiamo invece iniziato a osservare che l’anosmia (uno dei primi segnali di infezione) derivava dall’infiammazione causata dal virus a livello centrale, nel cervello, anche se ci sono ancora pareri discordanti nella comunità scientifica su come questo accada.” L’idea più accreditata è che il virus infiammi la struttura olfattiva dalla periferia al bulbo olfattivo. Se il recupero va bene, le fibre si riconnettono normalmente e non vi sono problemi a breve o a lungo termine. Ma se per qualche motivo (non sappiamo ancora quale) vi è una riconnessione sbagliata o un’assenza di riconnessione, si determina la parosmia. La severità dipende da quante di queste strutture si sono riconnesse in modo non corretto.

Alcuni autori ritengono che a seconda della carica virale il virus rimanga o meno nella zona del caso, e nei pazienti in cui persiste si sviluppa la problematica a lungo termine: iposmia (sentire meno gli odori) o parosmia. Altri ancora pensano che il virus non abbia un ruolo, così come il nervo periferico non sia il principale incriminato, ma che si tratti di un processo infiammatorio (virus-indipendente) a carico della corteccia entorinale che processa gli stimoli olfattivi.

Con il passare dei mesi gli scienziati hanno capito che bisogna analizzare i due problemi – mancanza di olfatto e comparsa di olfatto alterato dopo la guarigione – separatamente. “Pare che l’infezione non riguardi i neuroni, ma le cellule che accompagnano i neuroni, le cellule di sostegno. Probabilmente alterando queste cellule si distrugge l’omeostasi dell’epitelio, che trasforma il segnale chimico in elettrico da mandare al cervello. Quando c’è parosmia invece, non è ancora chiarissimo che cosa non funzioni. Ci sono lavori, per esempio, che trovano particelle virali nel cervello e altri che le trovano ferme alle meningi. Per avere un quadro definitivo servirebbero tanti campioni di tessuti umani, cosa che si può avere solo post mortem”, spiega Michele Dibattista, neuroscienziato all’Università di Bari, che da oltre un anno studia i disturbi del gusto e dell’olfatto in pazienti COVID-19, in collaborazione con Anna Menini della SISSA di Trieste e Paolo Boscolo-Rizzo dell’Università di Trieste.

Alcuni dati dalla letteratura suggeriscono anche altre ipotesi, che i ricercatori stanno vagliando. Una è la possibile riattivazione del virus Epstein-Barr (EBV), il virus della mononucleosi, che forse interviene nella genesi dell’infiammazione. Un’altra è la presenza di microangiopatie concomitanti a livello neuronale, piccole trombosi delle arteriole e dei capillari associate a danno dell’endotelio, il tessuto che riveste internamente i vasi sanguigni. In alcuni casi si suggerisce la risonanza magnetica per capire se c’è un danno di vascolarizzazione a livello del nervo.

E se la parosmia fosse un buon segno?
Una domanda che tanti pazienti si fanno è: perché la parosmia compare solo dopo diverso tempo da quando avevo finalmente recuperato l’olfatto e il gusto? Una delle ipotesi che la ricerca dovrà chiarire, è se la parosmia sia un buon segno di recupero per il nostro sistema olfattivo. “Dallo studio di altri virus sappiamo che in alcune persone in situazioni di recupero delle disfunzioni olfattive si possono verificare episodi di parosmia”, spiega Dibattista. Altrimenti detto: la parosmia potrebbe indicare che il nostro organismo si sta “risintonizzando” correttamente, come un televisore. Sarebbe cioè sulla buona strada, anche se ci sta mettendo più tempo di quanto vorremmo.

Per questo si parla di alterazione e non di deficit: la risintonizzazione è qualitativa, non a livello neuronale ma di segnale. “Probabilmente questo accade perché fino a quel momento il sistema non aveva avuto segnali dalla periferia per risintonizzarsi correttamente. La variabilità riscontrata nei pazienti con parosmia sottolinea come il nostro sistema olfattivo non si sintonizzi per tutti allo stesso modo poiché la nostra percezione degli odori è influenzata da esperienze soggettive di vita vissuta.”

I trattamenti disponibili
Mentre la ricerca scientifica per capire che cosa origini la parosmia procede in tutto il mondo con i tempi necessari a studi scientifici seri, è necessario aiutare le persone a risolvere questo sintomo fastidioso o per lo meno a migliorarlo sensibilmente. Sono molti i gruppi di specialisti, anche in Italia, che stanno testando farmaci e protocolli per capire come le persone possano riacquistare l’olfatto e il gusto corretto. Nel complesso, seppure con varie differenze, tutti gli approcci che abbiamo avuto modo di vedere si basano su tre “armi”: farmaci come gli steroidi per contrastare l’infiammazione (per esempio cortisonici), nutraceutica (integratori di vitamine, minerali) e allenamento dell’olfatto tramite smell test.

Un test olfattivo di una paziente guarita da COVID-19, ma ancora affetta da disturbi dell’olfatto (© PAU BARRENA/AFP via Getty Images)

Per quanto riguarda i cortisonici, per molti pazienti sono sufficienti per risolvere il problema perché il farmaco modula la neuroinfiammazione. “I cortisonici per inalazione (spray nasali) sono poco efficaci perché hanno un effetto solo locale, al contrario di quelli quelli assunti per via sistemica (endovena/via orale) che sono più efficaci perché arrivano anche nell’encefalo”, spiega Di Stadio. “Dato che i cortisonici hanno potenti effetti collaterali se usati in modo prolungato, noi stiamo testando il PeaLut, farmaco che contiene palmitoiletanolamide, in grado di modulare la risposta infiammatoria e immunitaria, e la luteolina, un flavonoide che ha un effetto simile al primo ma agisce anche sullo stress ossidativo. Quest’ultimo influenza negativamente l’infiammazione. A oggi abbiamo ottenuto grandi risultati nei nostri pazienti che lo hanno assunto per tre mesi, e stiamo mettendo a punto una posologia. Chiaramente non va bene per tutti: le sostanze contenute (flavonoidi) non vanno bene per i pazienti oncologici perché potrebbero avere un interazione con i chemioterapici. Inoltre abbiamo escluso dallo studio i bambini e le donne gravidanza per motivi etici.”

Accanto al farmaco i pazienti vengono stimolati con test olfattivi basati su essenze tradizionali già usate nella riabilitazione olfattiva, già scientificamente approvate, con fragranze che contengano tutte le note di un odore. Ogni sostanza che annusiamo ha in realtà diverse “note” al suo interno, che compongono l’odore finale che sentiamo. Per questo sarà importante in futuro che i neuroscienziati interagiscano con i chimici per capire che cosa è alterato nella percezione di ogni paziente.

“Questi test sono atti a ripristinare la memoria olfattiva, perché c’è connessione fra memoria dell’olfatto e sistema emotivo. La parte emotiva ha una grande importanza nello sviluppo della parosmia – continua Di Stadio – l’ansia è connessa alla neuroinfiammazione. Infatti le persone ansiose nei nostri studi tendono a recuperare meno. Accanto a steroidi e nutraceutici, la riabilitazione olfattiva è cruciale anche nell’approccio che propongo ai miei pazienti, perché si basa sulla plasticità neuronale, sullo stimolare il nostro naso e i sensi.”

Funziona per tutti? No. Non possiamo a oggi dire che il 100 per cento dei pazienti recupera, perché possono esserci tanti fattori innescati da questa condizione. Sulla parosmia non ci sono ancora tanti dati epidemiologici e clinici, ma con il tempo stanno aumentando gli studi scientifici per chiarirne le cause.

Uno studio aperto è per esempio quello coordinato da Francesca Bisulli, neuroscienziata all’IRCCS Istituto delle scienze neurologiche di Bologna, che si pone l’obiettivo di capire il perché della anosmia e/o parosmia a distanza di mesi dalla guarigione. Lo studio mette a confronto due gruppi di persone: i guariti da COVID-19 con perdita dell’olfatto persistente per oltre un mese, e un gruppo di controllo senza disturbi dell’olfatto.

Ciascun soggetto viene sottoposto a un test per l’olfatto, validato internazionalmente, e poi esegue una risonanza magnetica funzionale, una particolare tecnica di imaging grazie alla quale è possibile studiare sia la struttura che la funzione delle varie porzioni del cervello, nella fattispecie quelle coinvolte nella percezione degli odori. Sappiamo infatti che la risonanza convenzionale è del tutto normale nella maggior parte dei casi.

I risultati di questi esami verranno analizzati da un gruppo composto da neurologi, neuroradiologi e neuropsicologi, che ricercheranno la presenza di alterazioni funzionali della corteccia cerebrale nei pazienti con perdita dell’olfatto correlata a COVID-19 rispetto ai partecipanti sani, sperando di riuscire a comprendere i meccanismi sottostanti a questo invalidante disturbo.

Esistono centri che trattano il problema in tutta Italia, ma devono essere in studi clinici validati. Meglio non riporre troppa fiducia in kit fai da te messi a punto senza una validazione da parte della comunità scientifica. Ci sono centri che stanno testando, per esempio, il protocollo Di Stadio: “C’è una email: trattamento.anosmiacovid@hotmail.com, a cui il paziente può scrivere per essere inviato al centro più vicino per essere assistito”.

Vaccini e parosmia
Alcune persone si spaventano perché lamentano una percezione di peggioramento dei sintomi di parosmia dopo una dose di vaccino anti-COVID. “La buona notizia – conclude Di Stadio – è che un recente studio scientifico serio su questo aspetto mostra che se accade è comunque un fenomeno temporaneo, che dura al massimo un mese nei pazienti osservati finora.” Il vaccino determina la produzione della proteina spike per indurre la risposta immunitaria temporanea. La proteina spike quindi determina un’infiammazione o riattiva l’infiammazione in zone già infiammate, un po’ come accade con altre infiammazioni come la lombo-sciatalgia. Chiaramente, dato che la proteina spike è presente in grande quantità nel virus, non vaccinarsi e quindi essere statisticamente più esposti a SARS-CoV-2, ci rende comunque vulnerabili a una seconda infezione e quindi a nuova infiammazione. L’importante è continuare il proprio trattamento anche dopo la vaccinazione.

Fonte: Le Scienze

https://www.lescienze.it/news/2021/12/16/news/covid-19_parosmia_disturbo_percezione_odori_cattivi_recupero-5478865/

English translate

Getting out of parosmia: how to get your sense of smell back together after COVID-19

More and more people, weeks or months after recovering from COVID-19, begin to perceive completely normal odors as annoying or nauseating. And while the causes and mechanisms of the phenomenon are being investigated, drugs and smell "re-education" techniques already in use offer good chances of recovery.

Recovering from COVID-19, recovering completely or almost completely, recovering your sense of smell and taste, and then after two-three months or more you begin to smell some distorted odors, or mixed with other more or less bad scents, or even perceive odors that they're not actually in the environment.

More and more people who have recovered from COVID-19 are experiencing this condition, in many cases debilitating for their lives: parosmia. A symptom of the so-called long COVID which is starting to be talked about almost two years after the outbreak of the pandemic.

There is Chiara, who constantly smells burning around her. Marco, who one evening, months after his recovery, realized that he no longer felt the beloved taste of wine. Agata, who manages to face it after months, the wine, but only on the third or fourth sip, after months of slowly recovered anosmia. Anna, who can't take it anymore because for months everything that smells has smelled like something rotten. Maria who had quickly recovered her sense of smell and who today perceives the smell of onion and garlic as rotten. The writer smells coffee, urine and car exhaust mixed with a sweetish scent. And many others, each with their own specific situation, who in addition to perceiving some odors badly, still have difficulty perceiving the presence of odors and tastes.

According to a recent study conducted on patients with post-COVID hyposmia (reduction in the ability to smell), 400 out of 2000 patients developed parosmia months later. And it is sufficient to visit the various Facebook groups dedicated to parosmia in Italy, but also in other countries, to realize that it is a problem that affects many people.

There are many questions: why does this problem emerge some time after recovery? What is the nature of the problem? Is this a reversible phenomenon? Who can I contact to be followed? Are there validated therapeutic protocols?

We contacted some of the researchers in Italy who are studying the phenomenon, and the crux of the matter that emerged from every chat is that currently the exact mechanisms by which the olfactory system alters are not yet clear, even if there are some clues that lead us to believe that it is an inflammatory phenomenon at a central level. There is solid evidence that this is a reversible phenomenon, i.e. that through pharmacological, nutraceutical support and guided olfactory training, the vast majority of people can recover their functionality to at least very good levels.

What causes parosmia?
One of the most active groups in Italy in studying the problem is that of Arianna Di Stadio, neuro-otolaryngologist, researcher at UCL Queen Square Neurology in London and adjunct professor of auditory sciences at the University of Perugia. "Smell disorders in the past were believed to be linked only to infectious phenomena at a local level, i.e. in the nose. With COVID-19, however, we began to observe that anosmia (one of the first signs of infection) resulted from the inflammation caused by the virus centrally, in the brain, although there are still conflicting opinions in the scientific community on how this happens." The most accepted idea is that the virus inflames the olfactory structure from the periphery to the olfactory bulb. If recovery goes well, the fibers reconnect normally and there are no short or long-term problems. But if for some reason (we still don't know what) there is a wrong reconnection or an absence of reconnection, parosmia results. The severity depends on how many of these structures have reconnected incorrectly.

Some authors believe that depending on the viral load the virus remains in the area of ​​the case or not, and in patients in whom it persists the long-term problem develops: hyposmia (smelling less) or parosmia. Still others think that the virus has no role, just as the peripheral nerve is not the main culprit, but that it is an inflammatory process (virus-independent) affecting the entorhinal cortex which processes olfactory stimuli.

As the months passed, scientists understood that it was necessary to analyze the two problems - lack of smell and appearance of altered sense of smell after recovery - separately. "It seems that the infection does not concern the neurons, but the cells that accompany the neurons, the support cells. Probably by altering these cells the homeostasis of the epithelium is destroyed, which transforms the chemical signal into an electrical one to be sent to the brain. When there is parosmia, however, it is not yet clear what is not working. There are works, for example, that find viral particles in the brain and others that find them stuck in the meninges. To have a definitive picture, many samples of human tissues would be needed, which which can only occur post-mortem", explains Michele Dibattista, neuroscientist at the University of Bari, who has been studying taste and smell disorders in COVID-19 patients for over a year, in collaboration with Anna Menini of SISSA in Trieste and Paolo Boscolo-Rizzo of the University of Trieste.

Some data from the literature also suggest other hypotheses, which researchers are examining. One is the possible reactivation of the Epstein-Barr virus (EBV), the mononucleosis virus, which perhaps intervenes in the genesis of inflammation. Another is the presence of concomitant microangiopathies at the neuronal level, small thromboses of the arterioles and capillaries associated with damage to the endothelium, the tissue that internally lines the blood vessels. In some cases, MRI is suggested to understand if there is vascular damage at the nerve level.

What if parosmia is a good sign?
A question that many patients ask is: why did parosmia appear only after some time after I had finally recovered my sense of smell and taste? One of the hypotheses that research will have to clarify is whether parosmia is a good sign of recovery for our olfactory system. "From the study of other viruses we know that episodes of parosmia can occur in some people in situations of recovery of olfactory dysfunction", explains Dibattista. In other words: parosmia could indicate that our organism is "retuning" itself correctly, like a television. That is, it would be on the right track, even if it is taking longer than we would like.

This is why we talk about alteration and not deficit: the retuning is qualitative, not at the neuronal level but at the signal level. "This probably happens because until then the system had not had signals from the periphery to retune correctly. The variability found in patients with parosmia underlines how our olfactory system does not tune in the same way for everyone since our perception of odors is influenced from subjective experiences of real life."

The treatments available
While scientific research to understand what causes parosmia proceeds around the world with the time required for serious scientific studies, it is necessary to help people resolve this annoying symptom or at least significantly improve it. There are many groups of specialists, including in Italy, who are testing drugs and protocols to understand how people can regain the correct sense of smell and taste. Overall, albeit with various differences, all the approaches we have seen are based on three "weapons": drugs such as steroids to combat inflammation (for example cortisone), nutraceuticals (vitamin and mineral supplements) and training of smell via smell test.

As for cortisone, for many patients they are sufficient to solve the problem because the drug modulates neuroinflammation. "Corticosteroids for inhalation (nasal sprays) are not very effective because they only have a local effect, unlike those taken systemically (intravenously/orally) which are more effective because they also reach the brain", explains Di Stadio. "Given that cortisone drugs have powerful side effects if used for a long time, we are testing PeaLut, a drug that contains palmitoylethanolamide, capable of modulating the inflammatory and immune response, and luteolin, a flavonoid that has an effect similar to the first but It also acts on oxidative stress. The latter negatively influences inflammation. To date we have obtained great results in our patients who have taken it for three months, and we are developing a dosage. Clearly it is not good for everyone: the substances contained (flavonoids) are not good for cancer patients because they could have an interaction with chemotherapeutics. We also excluded children and pregnant women from the study for ethical reasons."

Alongside the drug, patients are stimulated with olfactory tests based on traditional essences already used in olfactory rehabilitation, already scientifically approved, with fragrances that contain all the notes of an odor. Each substance we smell actually has different "notes" within it, which make up the final odor we smell. This is why it will be important in the future for neuroscientists to interact with chemists to understand what is altered in each patient's perception.

“These tests are suitable for restoring olfactory memory, because there is a connection between smell memory and the emotional system. The emotional part has a great importance in the development of parosmia – continues Di Stadio – anxiety is connected to neuroinflammation. In fact, anxious people in our studies tend to recover less. Alongside steroids and nutraceuticals, olfactory rehabilitation is also crucial in the approach I propose to my patients, because it is based on neuronal plasticity, on stimulating our nose and senses."

Does it work for everyone? No. To date, we cannot say that 100 percent of patients recover, because there can be many factors triggered by this condition. There is not yet much epidemiological and clinical data on parosmia, but over time scientific studies are increasing to clarify its causes.

An open study, for example, is the one coordinated by Francesca Bisulli, neuroscientist at the IRCCS Institute of Neurological Sciences in Bologna, which aims to understand the reason for anosmia and/or parosmia months after recovery. The study compares two groups of people: those who recovered from COVID-19 with persistent loss of smell for over a month, and a control group without smell disorders.

Each subject is subjected to a smell test, validated internationally, and then performs a functional magnetic resonance imaging, a particular imaging technique thanks to which it is possible to study both the structure and the function of the various portions of the brain, in this case those involved in the perception of odors. In fact, we know that conventional resonance imaging is completely normal in most cases.

The results of these tests will be analyzed by a group composed of neurologists, neuroradiologists and neuropsychologists, who will look for the presence of functional alterations of the cerebral cortex in patients with loss of smell related to COVID-19 compared to healthy participants, hoping to be able to understand the mechanisms underlying this disabling disorder.

There are centers that treat the problem throughout Italy, but they must be in validated clinical trials. Better not to place too much trust in DIY kits developed without validation by the scientific community. There are centers that are testing, for example, the Di Stadio protocol: "There is an email: treatment.anosmiacovid@hotmail.com, to which the patient can write to be sent to the nearest center for assistance".

Vaccines and parosmia
Some people are scared because they complain of a perceived worsening of parosmia symptoms after a dose of the anti-COVID vaccine. "The good news – concludes Di Stadio – is that a recent serious scientific study on this aspect shows that if it happens it is still a temporary phenomenon, lasting a maximum of a month in the patients observed so far." The vaccine causes the production of the spike protein to induce the temporary immune response. The spike protein therefore causes inflammation or reactivates inflammation in already inflamed areas, a bit like what happens with other inflammations such as lumbosciatica. Clearly, given that the spike protein is present in large quantities in the virus, not getting vaccinated and therefore being statistically more exposed to SARS-CoV-2 still makes us vulnerable to a second infection and therefore to new inflammation. The important thing is to continue your treatment even after vaccination.

Source: Le Scienze

Long Covid e alterazioni olfattive e gustative

31 Dicembre 2021

https://istitutosantachiara.it/long-covid-come-recuparare-gusto-e-olfatto-lecce/

di Sara Invitto

Presso la sede di Lecce di Istituto Santa Chiara nasce l’ambulatorio per la riabilitazione delle alterazioni delle funzioni olfattive e gustative dovute all’infezione da Covid-19.

La presa in carico è multidisciplinare e coinvolge professionisti sanitari che si occupano di valutazione e riabilitazione.

È ormai constatato il legame tra COVID-19 e alcune alterazioni sensoriali, in particolare alterazioni delle funzioni olfattive e gustative.

Disfunzioni olfattive e impatto sulla vita paziente

Esistono  differenti disfunzioni olfattive e gustative; in riferimento alle disfunzioni olfattive è possibile distinguere:

  • la disosmia, intesa come un’alterazione della percezione olfattiva insorta a causa di determinate condizioni fisiologiche; essa potrebbe indurre a parosmia, ovvero a una distorsione della qualità dell’odore percepito e ad allucinazioni olfattive, ossia la percezione di odori senza che ci sia effettivamente la presenza di uno stimolo olfattivo;
  • l’iperosmia, nota come un’esagerazione nella sensibilità olfattiva;
  • l’iposmia, che coincide con una riduzione della capacità olfattiva;
  • l’anosmia, cioè la totale perdita o assenza della capacità olfattiva rispetto a tutti gli odoranti.

Tutte queste alterazioni hanno un forte impatto sulla vita del paziente, con ricadute maggiormente significative in soggetti con parosmia anziché con iposmia o anosmia, riportando conseguenze sul piano psicologico e alti livelli di stress percepito, incrementati da compromissioni nelle attività quotidiane. Per esempio, la mancanza di consapevolezza del proprio odore, potrebbe generare fenomeni sociali di evitamento e isolamento, così come il momento del pasto potrebbe non essere vissuto serenamente, dal momento che la disfunzione olfattiva incide negativamente sull’appetito e sullo stato nutrizionale del paziente.
Infine, l’individuo potrebbe essere incapace di cogliere la presenza di pericoli (fughe di gas, incendi, ecc.).

Variazioni gustative e conseguenze sulla vita del paziente

Rispetto alle variazioni gustative, invece, si possono evidenziare disfunzioni qualitative (disgeusia e fantogeusia) e quantitative (ipergeusia, ipogeusia e ageusia):

  • la disgeusia corrisponde ad una percezione sgradevole del sapore;
  • la fantogeusia è intesa come la sensazione di percepire uno stimolo gustativo quando questo non è realmente presente;
  • l’ipergeusia rappresenta un innalzamento della sensibilità gustativa;
  • l’ipogeusia si classifica come la riduzione della sensibilità gustativa;
  • l’ageusia si riferisce a una totale perdita della capacità gustativa della lingua.

Non mancano le conseguenze disagianti che tali condizioni patologiche determinano nell’individuo, si pensi, ad esempio, a quanto possa essere pericoloso ingerire alimenti di cui non si riesce a cogliere la qualità nutrizionale e quanto questo possa portare a rischi per la propria salute fisica; si verificherebbe, inoltre, una riduzione dell’interesse verso il cibo con conseguente ritiro sociale.

Queste sintomatologie cliniche sono molto frequenti tra i pazienti che hanno presentato COVID-19  e, ancor più, in coloro che si presume siano asintomatici; l’anosmia, in particolare, sembra prevalere sull’ageusia.

Entrando nel merito, l’anosmia potrebbe evidenziarsi in maniera temporanea o permanente. Tra i fattori eziologici alla base, sono compresi la contrazione di un’infezione, l’infiammazione della mucosa nasale, l’ostruzione delle vie nasali, lesioni al lobo temporale o danni ai nervi olfattivi, la sinusite cronica, il trauma cranico oppure, in altri casi, tale disfunzione potrebbe rappresentare un indicatore precoce di futuri disturbi neurodegenerativi (come il morbo di Parkinson o di Alzheimer).
In letteratura, inoltre, sono stati individuati, inoltre, pazienti affetti da Covid-19 che, successivamente al recupero da distress respiratorio, presentassero anosmia a lungo termine, con un innalzamento, quindi, delle soglie percettive degli stimoli olfattivi. Questo tipo di anosmia post-virale ricopre il 40% dei casi, infatti, la perdita delle capacità olfattive è sicuramente uno dei sintomi che con maggior frequenza si riscontra in soggetti affetti.

Fonte: Istituto Santa Chiara, Lecce Italia

Sara Invitto

Psicologa e psicoterapeuta

La Dott.ssa Sara Invitto (M-PSI/01 SH), Psicologa e Psicoterapeuta, affiliata alla Società Italiana di Analisi Bioenergetica e all’International Institute of Bioenergetical Analysis, è Docente Associata di Psicologia Generale e Sperimentale presso l’Università del Salento. Insegna Psicologia generale, Scienze Cognitive e Psicologia Cognitiva e Sistemi Neurali. I principali temi di ricerca e le pubblicazioni della prof. Invitto sono focalizzate principalmente sulla Chemosensory Cognition e Cognitive Neuro-olfactometry. Ha sviluppato collaborazioni di ricerca internazionali sulla cognizione chemosensoriale. Sara Invitto è stata nel Direttivo della Società Italiana di Psicofisiologia e Neuroscienze Cognitive ed attualmente ne è Segretario. Invitto ha ricevuto riconoscimenti nazionali e internazionali:

  • Gold Innovator Winner Award da Global Women Inventors & Innovators Network e European Women Innovators and Inventors Network (2017);
  • Premio Italian Women Innovators & Inventors Network con menzione speciale nel campo dell’innovazione (2015)
  • Outstanding review Award di Brain Sciences (2019).

Ha partecipato a progetti italiani e internazionali nel campo delle neuroscienze cognitive. È editor e revisore di riviste internazionali del settore. Si occupa, dal 2010, anche degli aspetti neurocognitivi all’interno dei fenomeni connessi al corpo della donna (Procreazione medicalmente assistita) e alla Violenza di Genere.

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Long Covid and olfactory and gustatory alterations

by Sara Invitto

The clinic for the rehabilitation of alterations in olfactory and gustatory functions due to Covid-19 infection has been created at the Lecce headquarters of the Istituto Santa Chiara.

Management is multidisciplinary and involves healthcare professionals who deal with assessment and rehabilitation.

The link between COVID-19 and some sensory alterations, in particular alterations of olfactory and gustatory functions, has now been established.

Olfactory dysfunctions and impact on patient life
There are different olfactory and gustatory dysfunctions; in reference to olfactory dysfunctions it is possible to distinguish:

dysosmia, understood as an alteration of olfactory perception arising due to certain physiological conditions; it could lead to parosmia, i.e. a distortion of the quality of the perceived odor, and olfactory hallucinations, i.e. the perception of odors without the actual presence of an olfactory stimulus;
hyperosmia, known as an exaggeration in olfactory sensitivity;
hyposmia, which coincides with a reduction in olfactory capacity;
anosmia, i.e. the total loss or absence of the olfactory ability with respect to all odorants.
All these alterations have a strong impact on the patient's life, with more significant repercussions in subjects with parosmia rather than with hyposmia or anosmia, resulting in psychological consequences and high levels of perceived stress, increased by impairments in daily activities. For example, the lack of awareness of one's own smell could generate social phenomena of avoidance and isolation, just as meal times may not be experienced peacefully, since olfactory dysfunction negatively affects the patient's appetite and nutritional status.
Finally, the individual may be unable to perceive the presence of dangers (gas leaks, fires, etc.).

Taste variations and consequences on the patient's life
With respect to gustatory variations, however, qualitative (dysgeusia and phantogeusia) and quantitative (hypergeusia, hypogeusia and ageusia) dysfunctions can be highlighted:
dysgeusia corresponds to an unpleasant perception of taste;
fantogeusia is understood as the sensation of perceiving a gustatory stimulus when this is not actually present;
hypergeusia represents an increase in taste sensitivity;
hypogeusia is classified as the reduction of taste sensitivity;
Ageusia refers to a total loss of the tongue's ability to taste.
There is no shortage of uncomfortable consequences that these pathological conditions cause in the individual, think, for example, of how dangerous it can be to ingest foods whose nutritional quality you cannot grasp and how much this can lead to risks for your physical health; Furthermore, there would be a reduction in interest in food with consequent social withdrawal.

These clinical symptoms are very frequent among patients who have presented with COVID-19 and, even more so, in those who are presumed to be asymptomatic; anosmia, in particular, seems to prevail over ageusia.

Going into detail, anosmia could be highlighted temporarily or permanently. The underlying etiological factors include the contraction of an infection, inflammation of the nasal mucosa, obstruction of the nasal passages, lesions to the temporal lobe or damage to the olfactory nerves, chronic sinusitis, head trauma or, in other cases, this dysfunction could represent an early indicator of future neurodegenerative disorders (such as Parkinson's or Alzheimer's disease).
Furthermore, in the literature, patients affected by Covid-19 have been identified who, following recovery from respiratory distress, presented long-term anosmia, with an increase, therefore, in the perceptive thresholds of olfactory stimuli. This type of post-viral anosmia covers 40% of cases, in fact, the loss of olfactory abilities is certainly one of the symptoms most frequently found in affected individuals.

Sara Invitto
Dr. Sara Invitto (M-PSI/01 SH), Psychologist and Psychotherapist, affiliated with the Italian Society of Bioenergetic Analysis and the International Institute of Bioenergetical Analysis, is an Associate Professor of General and Experimental Psychology at the University of Salento.

She teaches general psychology, cognitive sciences and cognitive psychology and neural systems.
The main research topics and publications of the prof. Invitto are mainly focused on Chemosensory Cognition and Cognitive Neuro-olfactometry. He has developed international research collaborations on chemosensory cognition.
Sara Invitto was on the Board of Directors of the Italian Society of Psychophysiology and Cognitive Neuroscience and is currently its Secretary.

Invitto has received national and international recognition:

- Gold Innovator Winner Award from Global Women Inventors & Innovators Network and European Women Innovators and Inventors Network (2017);
Italian Women Innovators & Inventors Network Award with special mention in the field of innovation (2015)
- Outstanding review Award by Brain Sciences (2019).
- She has participated in Italian and international projects in the field of cognitive neuroscience.
- She is an editor and reviewer of international journals in the sector.
- Since 2010, she has also dealt with neurocognitive aspects within phenomena connected to the woman's body (medically assisted procreation) and gender violence.

Source: Istituto Santa Chiara, Lecce

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto al Cambiamento Climatico in atto