Precariato

LAVORARE IN UN ALTRO STATO EUROPEO? SUL PORTALE UE LA GERMANIA PUBBLICA 800 MILA OFFERTE, l’ITALIA SOLO 45 (E NON SONO NEMMENO LE SUE)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/22/lavorare-in-un-altro-stato-europeo-sul-portale-ue-la-germania-pubblica-800mila-offerte-litalia-solo-45-e-non-sono-nemmeno-le-sue/7519413/

di Franz Baraggino 22 Aprile 2024

Quest’anno si celebra il trentennale di Eures, la rete di cooperazione dei servizi per l’impiego europei operativa in tutti i Paesi Ue oltre a Islanda, Lichtenstein, Norvegia e Svizzera. Serve ad attuare l’articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell’Ue (TFUE) che assicura la libera circolazione dei lavoratori, e comprende un portale con offerte di lavoro da tutta Europa. Il Regolamento Ue 589 del 2016 impone a tutti gli Stati membri di rendere disponibili sul portale Eures “tutte le offerte di lavoro rese pubblicamente disponibili dai Servizi per l’impiego” (art. 17). Per sapere quante sono le offerte basta andare sul portale, che in questi giorni ne pubblica circa 4,5 milioni, divise per Paese. La Germania ne propone 798.072, il Belgio 728.700 e la Francia 650 mila. La Spagna ne pubblica 45.000, l’Italia 45. No, non è un errore, gli zeri non ci sono. Il nostro Paese è il peggiore di tutti i 28 Stati dell’Unione Europea. Un bel problema, visto che gli italiani, compresi quelli giovani e preparati, usano Eures, trovano lavoro e se ne vanno all’estero.

Solo 45 offerte: come è possibile? – In base ai regolamenti europei è stato creato il Single Coordinated Channel (SCC), un canale unico per la sincronizzazione dei dati tra le piattaforme dei servizi all’impiego nazionali e il portale Eures. Ma “fornire i dati, mantenerne l’integrità e la tempestività è responsabilità esclusiva degli Stati membri”, spiega al Fatto la European Labour Authority (ELA), che gestisce la rete Eures in collaborazione con la Commissione europea e i 31 Paesi partecipanti. E sul magro contributo dell’Italia, suggerisce di contattare l’Ufficio nazionale di coordinamento Eures Italia che fa capo al ministero del Lavoro guidato da Marina Calderone. Nonostante esplicita richiesta, il ministero non ci fa parlare con l’attuale responsabile. In cambio fa sapere che nel 2023 le attività Eures, che in Italia conta una settantina di consulenti (advisor) presso i centri per l’impiego, hanno registrato 630mila contatti da italiani e 65mila da cittadini Ue. Che i collocamenti lavorativi sono stati 830 in uscita, cioè di italiani trasferiti altrove, e appena 310 in entrata, di europei che hanno trovato lavoro nel nostro Paese.

La versione del ministero – Secondo il ministero, “le 45 offerte sono quelle intermediate dagli advisor Eures e per le quali i datori di lavoro autorizzano la pubblicazione sul portale europeo”. Cliccando sulle 45 offerte, però, di italiano c’è ben poco. Si tratta di posizioni aperte da aziende straniere con interessi e sedi in diversi Stati. Quando cercano qualcuno da impiegare in Italia, l’offerta compare tra quelle “italiane”. Ma andiamo avanti. Il ministero assicura che nel 2023 “circa 140.000 offerte sono state caricate da datori di lavoro o soggetti autorizzati sul portale Anpal”. Si tratta del portale MyAnpal, dal quale, spiega lo stesso ministero, avviene il trasferimento dei dati al portale Eures. Cosa che ad oggi, invece, non avviene. Ma non disperiamo, per il futuro “stiamo valutando l’unificazione dei portali, pubblicando sul portale Eures tutte le offerte disponibili grazie a una modifica dei flussi”. Di certo c’è che dal 2016, da quando esiste il Regolamento Ue che impone agli Stati di pubblicare le offerte su Eures, l’Italia non ha mai mosso un dito. Ci penserà la ministra Calderone? Sarebbe una bella notizia, sempre che quel treno non sia già partito, come sembrano dire i dati sulla mobilità lavorativa nell’Unione.

Chi parte e chi arriva – L’ultima relazione della Commissione europea (Annual report on intra-EU labour mobility 2023) dice che l’Italia è il terzo Paese Ue, dopo Romania e Polonia, per cittadini trasferiti in altri Stati membri. Come spiegato al Fatto da un consulente Eures, “si rivolgono a noi esclusivamente under 35 molto, molto preparati“. Giovani con alto livello di istruzione che lasciano l’Italia per migliori opportunità. A differenza delle offerte di lavoro, su Eures gli italiani ci sono eccome: al primo posto tra gli iscritti al portale già nel 2019, con un numero di visite pari a quello di spagnoli e francesi, questi secondi solo ai tedeschi. Insomma, usiamo Eures soprattutto per regalare forza lavoro agli altri Paesi. Gli italiani rappresentano il 10 per cento dei 9,9 milioni di europei in età da lavoro trasferiti in altri Stati Ue nel 2022. Con la Germania che si conferma la principale destinazione per il 39% degli italiani (382mila ingressi), la Spagna al secondo posto (168mila), la Svizzera al terzo (158mila) e la Francia al quarto (108mila). Paesi in cui la mobilità in ingresso presenta una vasta gamma di Paesi d’origine, a differenza dell’Italia. Di oltre un milione di europei arrivati da noi nel 2022, i romeni costituiscono da soli l’80 per cento, seguiti da polacchi e bulgari per un ulteriore 10 per cento. Dati che vanno letti insieme ad altri: i più bassi tassi di occupazione dei cittadini Ue trasferiti in altri Stati membri si riscontrano proprio in Italia (61%), seconda solo alla Grecia (57%). Peggio: gli europei con un alto grado di istruzione hanno in Italia il più basso tasso di occupazione di tutta la Ue a 28. In altre parole, se sei istruito ti conviene andare altrove.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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WORK IN ANOTHER EUROPEAN STATE? GERMANY PUBLISHES 800 THOUSAND OFFERS ON THE EU PORTAL, ITALY ONLY 45 (AND THEY ARE NOT EVEN ITS OWN OFFERS)

This year marks the thirtieth anniversary of Eures, the cooperation network of European employment services operating in all EU countries as well as Iceland, Lichtenstein, Norway and Switzerland. It serves to implement Article 45 of the Treaty on the Functioning of the EU (TFEU) which ensures the free movement of workers, and includes a portal with job offers from all over Europe. EU Regulation 589 of 2016 requires all member states to make available on the Eures portal “all job offers made publicly available by employment services” (art. 17). To find out how many offers there are, just go to the portal, which currently publishes around 4.5 million, divided by country. Germany proposes 798,072, Belgium 728,700 and France 650 thousand. Spain publishes 45,000, Italy 45. No, it’s not an error, there are no zeros. Our country is the worst of all 28 states of the European Union. A big problem, given that Italians, including young and educated ones, use Eures, find work and go abroad.

Only 45 offers: how is this possible? – On the basis of European regulations, the Single Coordinated Channel (SCC) was created, a single channel for the synchronization of data between the national employment services platforms and the Eures portal. But “providing the data, maintaining its integrity and timeliness is the exclusive responsibility of the Member States”, explains to the European Labor Authority (ELA), which manages the Eures network in collaboration with the European Commission and the 31 participating countries. And regarding Italy’s meager contribution, he suggests contacting the Eures Italia national coordination office which is part of the Ministry of Labor led by Marina Calderone. Despite an explicit request, the ministry does not let us speak to the current manager. In exchange, he announced that in 2023 the Eures activities, which in Italy have around seventy consultants (advisors) at employment centres, recorded 630 thousand contacts from Italians and 65 thousand from EU citizens. That there were 830 outgoing job placements, i.e. of Italians transferred elsewhere, and just 310 incoming ones, of Europeans who found work in our country.

The ministry’s version – According to the ministry, “the 45 offers are those intermediated by the Eures advisors and for which the employers authorize publication on the European portal”. By clicking on the 45 offers, however, there is very little Italian. These are positions opened by foreign companies with interests and headquarters in different states. When they look for someone to employ in Italy, the offer appears among the “Italian” ones. But let’s move on. The ministry assures that in 2023 “around 140,000 offers were uploaded by employers or authorized parties to the Anpal portal”. This is the MyAnpal portal, from which, explains the ministry itself, the data is transferred to the Eures portal. Which to date, however, does not happen. But let’s not despair, for the future “we are evaluating the unification of the portals, publishing all the offers available on the Eures portal thanks to a change in the flows”. What is certain is that since 2016, when the EU Regulation requiring states to publish offers on Eures existed, Italy has never lifted a finger. Will Minister Calderone take care of it? This would be good news, provided that that train hasn’t already left, as the data on job mobility in the Union seems to say.

Who is leaving and who is arriving – The latest report from the European Commission (Annual report on intra-EU labor mobility 2023) says that Italy is the third EU country, after Romania and Poland, for citizens transferred to other member states. As explained to Fatto by a Eures consultant, “we are exclusively under 35s who are very, very well trained”. Young people with a high level of education who leave Italy for better opportunities. Unlike job offers, Italians are definitely there on Eures: in first place among those registered on the portal already in 2019, with a number of visits equal to that of the Spanish and French, the latter second only to the Germans. In short, we use Eures above all to provide workforce to other countries. Italians represent 10 percent of the 9.9 million Europeans of working age transferred to other EU states in 2022. With Germany confirming itself as the main destination for 39% of Italians (382 thousand entries), Spain in second place place (168 thousand), Switzerland in third (158 thousand) and France in fourth (108 thousand). Countries in which incoming mobility presents a wide range of countries of origin, unlike Italy. Of the over one million Europeans who arrived here in 2022, the Romanians make up 80 percent alone, followed by the Poles and Bulgarians for a further 10 percent. Data that should be read together with others: the lowest employment rates of EU citizens transferred to other member states are found in Italy (61%), second only to Greece (57%). Worse: Europeans with a high level of education have in Italy the lowest employment rate of the entire EU 28. In other words, if you are educated you are better off going elsewhere.

Source: Il Fatto Quotidiano

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente dalla Geoingegneria Solare SRM

LAVORATORI SPORTIVI CON PARTITA IVA – UD. 13 – CORSO LAVORO SPORTIVO E RIFORMA DELLO SPORT

Vasto (CH), lì 10 Luglio 2023 ore 12.21

Buongiorno a tutti e a tutte da Alessio Brancaccio, ex-tecnico del Comitato Sportivo Educativo Nazionale Abruzzo nei settori Ecorunning e Cicloturismo Sportivo. Desidero tornare ad affrontare un problema serio che meriterebbe di essere affrontato e risolto con la serietà che esso richiede e che nessun Governo italiano in questi anni ha avuto mai il coraggio e l’interesse di affrontare, ovvero la stabilizzazione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori sportivi che lavorano con un contratto di lavoro precario, come il contratto di collaborazione tecnico-sportiva che attenta tutti i giorni al riconoscimento dei diritti dei lavoratori sportivi all’interno delle Organizzazioni sportive riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) dal 2000, come quella in cui mi sono formato io per 13 lunghi anni e che mi avrebbe dovuto dare l’opportunità di poter esercitare la mia professione in ambito sportivo in territorio abruzzese, ma così non è stato, perché non sono nella condizione ideale di potermi aprire una Partita IVA. Io ritengo non sia affatto giusto che il Governo Italiano abbia presentato una Riforma dello Sport, ma andrebbe più propriamente considerata una Deforma che considero ridicola e grottesca, perché va a tagliare direttamente i fondi destinati a mantenere attive ed operative le Associazioni del Terzo Settore che operano a livello sportivo e sociale nei loro territori di appartenenza, ma va anche ad alimentare il volontariato con la scusa di dichiarare le associaazioni stesse no profit, ovvero senza scopo di lucro, misura alla quale io sono da sempre fermamente contrario, perché il volontariato stesso lo ritengo una forma di sfruttamento del lavoro giovanile per avvalersi di manodopera gratis che viene sfruttata da Presidenti di associazioni despoti, patriarchi ed accentratori senza scrupolo, che preferiscono prendersi i soldi, reinvestirli in progetti e parte di essi tenerli per se stessi senza però provvedere a pagare i propri collaboratori tecnici, come capitò a me all’interno dell’Associazione ERCI Team Il Salviano Onlus https://www.erciteam.it/it/ di Avezzano tra il 2005 e Luglio 2017, quando ratificai le mie dimissioni dall’incarico di collaboratore tecnico al mio ex-Presidente Sergio Rozzi, un noto naturalista e corridore estremo della Marsica in Abruzzo: lo stesso Rozzi pensava forse che io fossi già coperto da un primo lavoro che mi potesse permettere di potermi deedicare anima e corpo al volontariato, ma purtroppo non fu così e fu per questo che chiesi di essere pagato per le prestazioni che fornivo all’associazione, dal momento che gestivo direttamente diversi progetti ambientali affidati a me proprio dal Presidente in persona, ma lui preferì sempre sfruttarmi a gratis senza mai prevedere una modifica allo Statuto Associativo dell’associazione che mi permettesse di essere pagato per 600-800€ in part-time o per 1200€ in full-time, come prevede l’Associazione Nel Sinis di Oristano in Sardegna https://www.facebook.com/NelSinis/ https://www.trovalosport.it/noprofit/nel-sinis-a-s-d nonostante sia anch’essa una onlus!

La Riforma del Terzo Settore o Legge Delega 106/2016 è una Riforma che fu aspramente, duramente contestata dal mio ex-Presidente di CSEN Abruzzo e Vice Presidente di CSEN Nazionale Ugo Salines, durante un convegno per la Riforma del Terzo Settore presso la Città dell’Altra Economia a Roma nel quartiere Testaccio, che si tenne in data 24 Giugno 2017.

Riforma del Terzo Settore, Legge Delega 106/2016
https://www.forumterzosettore.it/2021/10/20/riforma-del-terzo-settore-stato-dellarte/

Posso liberamente parlare di questo problema dato che mi sento direttamente parte offesa chiamata in causa, dal momento che io sono stato sfruttato a gratis per 12 anni in un’Associazione onlus, mentre mio padre Massimo ha lavorato per 16 anni, da Novembre 2000 a Luglio 2016, come Assistente Bagnanti all’interno della piscina comunale di Avezzano con il contratto di collaborazione tecnico-sportiva, una modalità contrattuale scandalosa che era molto poco retribuita e soprattutto non permette il riconoscimento di ferie, infortuni e malattie e tiene i lavoratori sportivi ostaggi, schiavi dell’assurdo e perdurante fenomeno del precariato da politiche di welfare neoliberiste, ma soprattutto non riconosce nemmeno un anno di contribuzioni valide ai fini pensionistici INPS, a mio padre in 16 anni non sono mai stati versati neanche un anno di contributi e questo è un modo di fare indegno verso colui che continua comunque ad essere un padre di famiglia, licenziato nel Luglio 2016 ad appena 59 anni, quando in pensione per vecchiaia ci si può andare soltanto a 67 anni, secondo le indegne modalità sancite dalla Legge Fornero, da Elsa Fornero, l’ex-ministro al lavoro del Governo tecnico di Mario Monti nel 2011 che ha tolto il diritto alla pensione a tanti over 35 come me, ma soprattutto ai giovani che si ostinano a rimanere in Italia, se qualcuno se ne fosse già dimenticato! Chi c’è dietro questa ignomigna che io considero la Riforma dello Sport e del Terzo Settore dell’Associazionismo non mi interessa, io continuerò a combattere per difenderer il mio diritto di lavorare in forma retributiva e contributiva ai fini pensionistici all’interno di un organizzazione come CSEN Abruzzo che avrebbe dovuto farmi lavorare almeno ad incarico con contratti a progetto o meglio a tempo determinato o indeterminato, ma mi si è sempre proposto di lavorare a Partita IVA e questo non posso accettarlo, considerando soprattutto due motivi: il primo legato al fatto che la tassazione gravitante attorno ai lavoratori autonomi è ingente, prevede il pagamento per conto proprio della tassa sulla salute, tassa che dovrebbe pagare lo Stato Italiano e non il lavoratore autonomo, andando così a penalizzare ulteriormente questa categoria di lavoratori, oltre all’accantonamento dell’IVA, che deve essere versata allo Stato ogni tre mesi, mentre il secondo motivo è dato dal fatto che per poter lavorare a Partita IVA nel mio settore, si dovrebbe avere un notevole volume di affari che consenta di poter pagare 3000-4000 euro l’anno per poter mantenere aperta la Partita IVA ed, in questi casi, si dovrebbe lavorare per 10-16 ore al giorno, come successe a Giovannino Carrano, un mio conoscente Guida di Mountain Bike che esercitava una seconda professione di Tour Operator in bicicletta, ma per poter prendere 1200 euro al mese, come tutti coloro che lavorano in full-time in Italia, doveva racchiudere ben due goiornate di lavoro in una, cosa francamente da pazzi, insostenibile a livello fisico per più anni!

Per quanto mi riguarda, lo Sport in Italia non ha mai avuto la seria considerazione che avrebbe meritato e quiindi oggi non ci dobbiamo assolutamente stupire se gli italiani sono uno dei popoli più malati dell’intera Eurozona, con un tasso di obesità e malattie tra gli under 15 a livelli preoccupanti e la Sanità Pubblica è al collasso totale, perché una popolazione malata determina maggiori costi da sostenere al Sistema Sanitario Nazionale (SSN), costi che si sarebbero potuti ampiamente evitare se solo l’intera popolazione italiana fosse stata maggiormente educata e sensibilizzata alla cura della propria salute attraverso lo sport, aspetto nel quale il Governo Italiano non ha mai voluito credere, perché è interessato a perpetrare questioni più disivisve legate al fare gli interessi di multinazionali in ambito farmaceutico ed energetico e dei militari, questioni che nell’insieme esulano completamente dal garantire il diritto della salute per tutti, come si dovrebbe ragionare in una società civile e democratica, ma di civile e democratico l’Italia in questi ultimi anni non ha più niente, diciamo sia tanto un paese tale, ma somiglia sempre di più ad una dittatura fascista, massonica e cattolica che mal si concilia con la permanenza di giovani ed uomini liberi nel territorio nazionale.

Vi propongo di seguito il corso per lavoro sportivo della romana Antonella Lizza, giusto per farvi capire bene il quadro attuale dei lavoratori sportivi, dopo l’entrata in vigore della Riforma dello Sport o Legge Delega 106/2016.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

L’ITALIA SI SCOPRE VULNERABILE TRA PRECARIATO, INSICUREZZE ECONOMICHE E CRISI DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE

di Livia Ermini

https://www.repubblica.it/dossier/cronaca/giornata-mondiale-giustizia-sociale/2023/02/20/news/litalia_si_scopre_vulnerabile_tra_precariato_insicurezze_economiche_e_crisi_del_sistema_sanitario_nazionale-388500203/

In un quadro generale di recessione e insicurezza, si celebra oggi la Giornata mondiale della Giustizia Sociale, promossa dall’Onu. La crisi del sistema sanitario è solo uno dei fattori che ha portato all’aumento delle disuguaglianze e dell’indigenza. Sono 5,6 milioni i poveri registrati nel 2021 dal 30° Rapporto Istat 2022 sulla situazione del Paese. Oltre 1,9 milioni le famiglie colpite. Si conferma così il massimo storico toccato nel 2020 a inizio della pandemia

20 FEBBRAIO 2023 ALLE 00:01

E’ un’Italia che ha rinunciato a lottare quella di oggi. Che vive di rendite di posizione e privilegi e carica sulle spalle dei più fragili le conseguenze economiche della policrisi da cui è stata investita. La pandemia e la guerra in Ucraina sono state il principale banco di prova degli ultimi tre anni per la nostra società. E se la prima aveva visto, al suo attenuarsi, un discreto riequilibrio delle attività economiche, il perdurare della seconda ha potentemente segnato il senso di sicurezza dei cittadini. Poi si sono aggiunte caro energia e inflazione. Con queste premesse, e in un quadro generale di recessione e insicurezza, si celebra oggi la Giornata mondiale della Giustizia Sociale, promossa dall’Onu, che quest’anno ha per tema “Superamento delle barriere e creazione di opportunità per la giustizia sociale”.

La pandemia innescata dal Covid è servita da sveglia per prendere finalmente atto che o si inverte la rotta o andremo incontro a eventi sempre più incontrollabili. L’umanità – è il duro monito del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres – si trova di fronte a una scelta dura e urgente: crollo o svolta. Le scelte che facciamo – o non riusciamo a fare – oggi potrebbero portare a un ulteriore crollo e a un futuro di crisi perpetue, o una svolta verso un futuro migliore, più sostenibile e pacifico per la nostra gente e il pianeta”.

Clima, migrazioni, guerre, energia sono i capitoli da “rivedere”. Insieme alla battaglia contro il calo demografico per “non lasciare indietro nessuno in un mondo che invecchia”, come recita il titolo dell’ultimo rapporto dell’Undesa, il Dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite. Una sfida che ci riguarda da vicino dal momento che il nostro è il secondo paese al mondo con la più alta percentuale di over 65 dopo il Giappone, e sarà ancora al quarto posto nel 2050. Una sfida che, non ha caso, mette al centro la questione della sanità e del suo sviluppo futuro.

Crisi del sistema sanitario nazionale

Le tendenze degli ultimi anni in Italia, infatti, non sono incoraggianti: non si arrestano i problemi che hanno travolto la sanità pubblica. Secondo il Censis nel 2024 il finanziamento del Servizio sanitario nazionale scenderà al 6,2% del Pil (oltre un punto in meno rispetto al 2020). Scende anche il numero dei medici rispetto agli abitanti, passato da 19 a 17 ogni 10 mila residenti dal 2008 al 2020. L’età media dei medici è di 51,3 anni con un 28,5% che supera i 60. Nel quinquennio 2022-2027 saranno 29.331 i pensionamenti tra i medici e  personale infermieristico ospedaliero mentre circa 12 mila saranno i pensionati tra i medici di famiglia. A questi dati si lega non solo la riduzione dei servizi e l’aumento delle liste d’attesa, ma anche il brusco virare del sistema verso la sanità privata fonte di preoccupazione di quella parte del Paese che già ha difficoltà ad affrontare le spese sanitarie. Il 53% dei concittadini teme di non essere più autosufficiente in futuro mentre  47,7% non è certo di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia. Il 42% della popolazione a temere di dover pagare di tasca propria le prestazioni sanitarie impreviste.

Il record di povertà assoluta

La crisi del sistema sanitario è solo uno dei fattori che ha portato all’aumento delle disuguaglianze e dell’indigenza. Sono 5,6 milioni i poveri registrati nel 2021 dal 30° Rapporto Istat 2022 sulla situazione del Paese. Oltre 1,9 milioni le famiglie colpite. Si conferma così il massimo storico toccato nel 2020 a inizio della pandemia. Le famiglie sotto la soglia di povertà raggiungono i 2,9 milioni. Si tratta di individui impossibilitati ad acquistare un paniere di beni e servizi essenziali per uno standard di vita accettabile. Di questi, il 44% risiede nel Sud e nelle isole.

Il senso di insicurezza

Sicurezza economica ed equità tra i ceti è la nuova, pressante, richiesta degli italiani oggi. Il 93% della popolazione, dice l’ultimo rapporto del Censis sulla situazione sociale del paese, è convinta che l’accelerata dell’inflazione durerà a lungo e che si debba pensare ad una strategia per affrontarla. Una larga maggioranza dei cittadini pensa che non potrà contare su aumenti delle entrate familiari nel prossimo anno, teme che nei prossimi mesi perderà la propria capacità di acquisto, o sta ricorrendo ai risparmi per fronteggiare l’inflazione. La moneta che perde valore rompe l’argine tra i tradizionali “garantiti” e i “non garantiti” del mondo del lavoro, colpendo anche i percettori di redditi fissi, lavoratori dipendenti e pensionati, non solo i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori.

C’è grande insicurezza per quanto riguarda il tenore di vita e la possibilità di affrontare le spese quotidiane. A causa dell’inflazione la paura di impoverirsi è sempre più forte, o che la morte prematura dell’unico percettore di reddito porti al tracollo economico di tutta la famiglia (50,5%) il 47,6% teme di perdere il lavoro e quindi di andare incontro a difficoltà finanziarie.

Lavoro precario a vulnerabilità

Nel Paese si è ridotta l’occupazione standard (a tempo pieno e durata indeterminata) con la progressiva diffusione di modalità ibride di lavoro che si riflette in un peggioramento della qualità complessiva dell’occupazione. Il combinarsi di bassa retribuzione oraria e di contratti di lavoro di breve durata e intensità si è tradotto in livelli retributivi annuali decisamente ridotti, determinando anche condizioni di forte disagio economico a livello familiare.

Nel 2021, il 59,5 per cento degli occupati è classificato come standard e il restante 40,5 per cento si suddivide tra il 18,8 per cento di lavoratori quasi standard, il 18 per cento di lavoratori vulnerabili (a termine o collaboratori e part-time) e il 3,6 per cento di lavoratori doppiamente vulnerabili. Nel complesso, dunque, quasi 5 milioni di occupati sono non-standard e, tra questi, 816 mila sono doppiamente vulnerabili. Tra le categorie più vulnerabili troviamo: donne, giovani, residenti nel Mezzogiorno e stranieri insieme a persone con disabilità e loro familiari.

Fonte: Repubblica

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila