Unione Sovietica

80 ANNI DALLA BATTAGLIA DI KURSK: L’ARMATA ROSSA MOBILITA ANCHE I CIVILI E LIBERA DAI NAZISTI KURSK, 5 LUGLIO – 23 AGOSTO 1943

Vasto, lì 14 Dicembre 2023 ore 20.25

Buonasera a tutti e tutte, in questo articolo voglio ripercorrere assieme a voi un evento storico molto importante per la popolazione sovietica ai fini della liberazione dai nazisti tedeschi: la Battaglia di Kursk, combattuta tra il 5 Luglio ed il 23 Agosto del 1943 tra l’esercito occupante tedesco nazista e l’esercito di liberazione sovietico dell’Armata Rossa, una battaglia dove le unità semoventi blindate su cingoli, i carri armati medi tedeschi Panzerkampfwagen II, III, i cacciacarri Hetzer, Jadgpanzer e quelli sovietici medi T-34, T-34/85, i cacciacarri Sukoi SU 85, SU 122 ed ISU 152, giocarono un ruolo fondamentale per la vittoria ai fini della battaglia, una delle diverse che vide fronteggiarsi a viso aperto i carri armati tedeschi e sovietici, durante la Seconda Guerra Mondiale. Stasera andremo alla riscoperta di una battaglia molto importante ai fini della liberazione dal nazismo occupante il vasto territorio dell’Unione Sovietica, analizzando fonti fotografiche e video, in occasione degli 80 anni passati dalla battaglia.

Storia Battaglia di Kursk: il più cruento scontro tra carri armati della Storia

Durante la Battaglia di Kursk le forze tedesche della Wehrmacht e l’Armata Rossa sovietica si affrontano vicino alla città russa di Kursk con una schiacciante vittoria dei sovietici.

Granatieri corazzati della divisione Großdeutschland a bordo di un cannone d’assalto tedesco Sturmgeschütz III. Bundesarchiv / CC-BY-SA 3.0 
https://www.focus.it/cultura/storia/battaglia-kursk-scontro-carri-armati

Ottant’anni fa iniziava la Battaglia di Kursk, il più grande scontro tra carri armati della Storia. Vediamo come i panzer tedeschi furono battuti dai T-34 sovietici, attraverso l’articolo “Nella tela del ragno” di Roberto Genovesi, tratto dagli archivi di Focus Storia.

SUPERIORITÀ TECNOLOGICA. Seicento chilometri a sud di Mosca, il largo saliente (il settore più avanzato di uno schieramento di truppe) di Kursk, secondo i resoconti degli aerei da ricognizione, si protendeva entro le linee tedesche per più di un centinaio di chilometri: lo scenario ideale per una rapida manovra a tenaglia da nord e da sud, che tagliasse fuori il milione circa di soldati russi che l’occupavano.

Il Führer aveva voluto però attendere che tutti i carri armati perduti durante le ritirate invernali fossero rimpiazzati; soprattutto, aveva deciso di aspettare l’arrivo al fronte di alcuni battaglioni supplementari dotati dei più potenti Panzer V Panther, a detta di molti alti ufficiali tedeschi gli unici corazzati in grado di tenere testa ai T-34 sovietici.

CALCOLI MINUZIOSI. È così che si è arrivati al giorno previsto per lo sfondamento, il 5 luglio 1943. I due imponenti schieramenti di mezzi, uomini e aerei si fronteggiano nelle campagne attorno a Kursk, tra il verde dei pascoli e il giallo del grano maturo.

I feldmarescialli Von Kluge e Von Manstein hanno calcolato tutto, fin nei minimi particolari, facendo affidamento su mappe minuziose e su un monitoraggio maniacale delle condizioni atmosferiche. Ma per quanto scrupolosa sia stata la preparazione, non hanno tenuto conto di due variabili: la tenacia di un esercito che non ha più nulla da perdere e l’estro di uno dei più grandi strateghi della Storia, Georgij Konstantinovich Zhukov, vicecomandante supremo dell’Armata rossa.

SPIONAGGIO. Grazie all’attività di ricognizione e spionaggio, il generale sovietico ha le idee chiare fin da aprile. Ha colto le linee essenziali del piano nazista e informato Stalin che, una volta tanto, lo ha assecondato senza remore. I tedeschi si aspettano che i russi lancino una controffensiva per arrestare l’avanzata? Ebbene, i sovietici faranno esattamente il contrario. Che avanzino pure, i nazisti, logorando le loro forze corazzate contro le linee difensive nemiche. Quello che conta, per Zhukov, è privare i tedeschi dei loro reparti blindati. Solo allora il contrattacco potrà aver luogo.

Per mettere in atto questa strategia difensiva servono mezzi e uomini in quantità e il generale ha ricevuto carta bianca da Stalin: a sua disposizione ci sono 11 armate, per complessivi 1.330.000 uomini, 3.300 carri, 20.200 cannoni (di cui almeno 6.000 anticarro) e 2.650 aerei, sotto il comando degli esperti Nikolaij Vatutin e Konstantin Rokossovskij, che avevano già fatto mangiare la polvere alla 6a Armata tedesca di Friedrich Paulus durante l’assedio di Stalingrado.

TRAPPOLE. Approfittando del ritardo imposto all’inizio dell’offensiva, Zhukov ha trasformato lo scacchiere, grande quanto metà dell’Inghilterra, in una giostra di trappole. Ha fatto interrare oltre 40mila mine ai fianchi del saliente e scavare una fittissima rete di fossati anticarro, in modo che i panzer vi restino intrappolati.

Ha creato per la fanteria un reticolo di trincee, intervallate da altri campi minati disposti a macchia di leopardo, e distribuito sul terreno una miriade di postazioni con artiglieria anticarro. In totale, cinque linee di sbarramento, una via crucis che avrebbe fatto arrivare le truppe tedesche già stremate all’eventuale scontro frontale.

OFFENSIVA TEDESCA. I piani di battaglia tedeschi affidano l’offensiva sul lato nord del saliente alla 9a Armata del generale Walter Model. L’offensiva nel settore sud è invece nelle mani del generale Hermann Hoth, al comando della 4a Armata. In totale, 900.000 uomini, 2.700 carri, 2.050 aerei e 10.000 bocche da fuoco.

L’ASSO NELLA MANICA. Numeri a parte, c’è un altro elemento che farà la differenza. Grazie alle informazioni fornite da “Lucy”, una spia dei sovietici con contatti nell’Okw (l’Alto comando tedesco), Zhukov è a conoscenza perfino della data d’inizio dell’offensiva, e ordina un bombardamento preventivo di ben quattro ore sulle linee tedesche prima ancora che queste muovano un cingolo: è il biglietto da visita russo per le Waffen SS, che costituiscono il nerbo dello schieramento nazista.

OSTILITÀ SU TUTTI I FRONTI. Sul fronte nord Model attacca avvalendosi di 8 delle sue 15 divisioni di fanteria e di una sola delle sei divisioni corazzate, con l’obiettivo di prendere rapidamente la città di Olkhovatka per poi attaccare alle spalle i russi. Ma le postazioni difensive allestite da Zhukov tengono e la sera del primo giorno di battaglia i carri tedeschi hanno percorso appena sette chilometri all’interno del fronte nemico.

Sul fronte meridionale, invece, il generale Hoth decide di impiegare subito tutte le forze a sua disposizione per prendere le cittadine di Oboyan e Korocha. Nonostante i campi minati riescano a immobilizzare centinaia di carri, con l’efficace supporto dal cielo della Luftwaffe i tedeschi superano prima del tramonto le linee sovietiche e occupano Cerkasskoye.

TERRENO MINATO. Il giorno seguente anche Model, a nord, decide di impiegare la riserva per tentare uno sfondamento centrale. Gli scontri si concentrano intorno al villaggio di Ponyri, largamente conteso, che in seguito sarà definito “piccola Stalingrado”. Dopo altri tre giorni di inutili tentativi, il generale tedesco deve arrendersi all’evidenza: i carri saltano sulle mine, gli equipaggi e la fanteria sono un facile bersaglio per gli artiglieri sovietici.

Di lì non si passa: la 9a Armata rimarrà a 50 chilometri da Kursk. Intanto, a sud, la risposta di Zhukov non si è fatta attendere: il generale sovietico ha spostato la 5a Armata corazzata dalla riserva per arginare l’impatto dei panzerkorps diretti a Oboyan ma, soprattutto, ha chiesto ai bombardieri di “condire d’esplosivo” i collegamenti tedeschi su rotaia per rallentare il rifornimento di munizioni. Nonostante questo, i granatieri scelti della divisione Grossdeutschland continuano ad avanzare e il 9 luglio si trovano una ventina di chilometri oltre le linee nemiche. Il 12 luglio i due schieramenti puntano lo sguardo sulla città di Prokhorovka. Entrambi sono consapevoli che la sua conquista segnerà le sorti della battaglia.

FACCIA A FACCIA. Di buon mattino, tre divisioni Ss si muovono contemporaneamente per conquistare il centro abitato: 200 carri in tutto, tra cui molti massicci Panzer VI Tiger, preceduti da un intenso bombardamento aereo. Ma Zhukov ha previsto tutto e gli 800 carri della 5a Armata, per la maggior parte T-34 e T-70, si affrettano ad andare loro incontro, per vanificare subito la maggiore gittata dei cannoni tedeschi.

La battaglia si protrae per tutto il giorno, in un clima irreale e allucinante di esplosioni e ruggiti, nella coltre di polvere sollevata da centinaia di cingoli in movimento, tra le colonne di fumo provocate dai colpi di cannone, con la fuliggine nera e densa diffusa dai mezzi distrutti che riducono drasticamente la visibilità già compromessa sotto il cielo plumbeo e le piogge intermittenti. Per chiunque sia fuori dalla mischia è impossibile distinguere i bersagli.

Ormai è solo uno scontro di carri, come un’antica battaglia navale con arrembaggi, colpi a bruciapelo e speronamenti, tra le basse colline percorse dal vento che agita le messi come le onde di un mare infuocato. Perfino la fanteria deve rimanere a guardare quella nebbia inquietante se non vuole finire travolta dai mostri d’acciaio che si agitano, spesso agonizzanti, nella spessa coltre di morte.

DISFATTA TEDESCA. Nella mischia serrata, la superiorità tecnologica dei carri tedeschi viene meno. Inoltre, il cacciacarro Ferdinand, tanto atteso da Hitler, rivela tutti i suoi limiti: è poco manovrabile, con visibilità ridotta e solo frontale; vulnerabile ai fianchi, manca di armamento secondario per la difesa vicina. Il rapporto di forze a favore dei russi fa il resto.

Le ostilità cessano prima del tramonto, anche in seguito alla notizia che l’Armata rossa ha lanciato un’offensiva contro la città di Orel penetrando come il burro le linee tedesche.

In una sola giornata 700 carri di ambo gli schieramenti sono rimasti sul campo. Nel frattempo, il 10 luglio, gli alleati sono sbarcati in Sicilia, e per i nazisti occorre tornare a concentrare le forze sul fronte occidentale.

TUTTO STUDIATO. Da grande stratega qual era, Zhukov si era costruito la vittoria ben prima del 12 luglio, grazie a una tattica di attesa-offesa micidiale. Quando i tedeschi riuscivano a conquistare una postazione, spesso era perché al generale sovietico faceva comodo così. Le sue bocche da fuoco erano già puntate dove i carri nemici si sarebbero fermati per diventare bersaglio dei fuochi di sbarramento che ne sfoltivano i ranghi in uno stillicidio continuo.

Così Kursk si rivelò una grande trappola per i tedeschi: Zhukov aveva perso la metà dei suoi carri armati ma, al contrario dei tedeschi, era in grado di rimpiazzarli subito e di scatenare la prevista controffensiva che, nel giro di un anno, avrebbe ricacciato i soldati del Führer oltre i confini russi.

Fonte: Focus Storia

FOTO BATTAGLIA DI KURSK

I nuovi carri armati medi tedeschi Panther (Panzerkampfwagen V)
Batteria dei nuovi semoventi d’artiglieria tedeschi Hummel
Il generale Heinz Guderian, nominato da Hitler ispettore generale delle truppe corazzate
Il generale Kurt Zeitzler, nuovo Capo di Stato Maggiore dell’esercito, pianificatore dell’Unternehmen Zitadelle
Il Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov, incaricato da Stalin della difesa del saliente di Kursk
Il generale Walther Model (al centro), il quale espresse forti preoccupazioni sull’imminente offensiva
Il feldmaresciallo Erich von Manstein, comandante dell’Heeresgruppe Süd (qui insieme a Hitler), che considerò sfavorevolmente il rinvio dell’offensiva
Il piano di attacco tedesco
Soldati sovietici in trincea alla vigilia della Battaglia di Kursk (Fyodor Levshin/Sputnik) https://it.rbth.com/storia/88381-battaglia-kursk-1943
Soldati sovietici addetti ad un mortaio
Un Panzer VI “Tiger” tedesco durante la Battaglia di Kursk. Sviluppato nel 1942 in risposta ai mezzi corazzati messi in campo dall’Unione Sovietica, fu il primo carro armato della Wehrmacht a montare un cannone da 88 mm
Fucilieri anticarro sovietici in azione nel campo di battaglia di Kursk
Truppe sovietiche durante i combattimenti Arkadij Shaikhet/МАММ/МDF/russiainphoto.ru
Un carro armato sovietico passa vicino ad un altro carro sovietico distrutto nella battaglia di Kursk
Soldati della Wehrmacht nei pressi di Prokhorovka
Postazione di mitragliatrice sovietica sotto il fuoco tedesco
Fanti tedeschi avanzano verso Kursk.
Carri armati pesanti tedeschi Tiger.
Relitti di carri armati tedeschi Panzer IV distrutti durante la battaglia.
Il generale Walther von Hünersdorff, comandante della 6ª divisione corazzata, (al centro) osserva il campo di battaglia.
Soldati della divisione SS Das Reich avanzano a fianco di un panzer Tiger.
Aerei da attacco al suolo sovietici Ilyushin Il-2 Šturmovik in picchiata.
Panzergrenadier della divisione Großdeutschland a bordo di un cannone d’assalto Sturmgeschütz III.
Movimenti dell’Heeresgruppe Süd durante l’Unternehmen Zitadelle.
Un cacciacarri tedesco Marder III in avanzata (Bundesarchiv)
Soldato tedesco bacia la sua croce cattolica al collo in segno di portafortuna
Foto ricordo di alcuni carristi dei carri armati tedeschi Panzer IV e Panzer V Panther
Equipaggio di un carro armato (tank) tedesco
L’attacco delle truppe sovietiche (Foto dall’archivio storico Tass)
Carristi sovietici equipaggi dei cacciacarri ISU 152
Un ufficiale tedesco dialoga con un soldato in merito al cannone posto davanti ad un carro armato Panzer IV
Soldati sovietici posti dietro ad un carro armato T-34 entrano in battaglia a Kursk
Wrecked German PzKw IV tank and dead soldier, Battle of Kursk, 1943 (b/w photo)
Soldati tedeschi ispezionano un carro armato Panzer IV con torretta distrutta dopo un attacco di un altro carro armato sovietico
Soldati sovietici fanno delle manutenzione ad un carro armato tedesco Panzer V Panther distrutto
Colonna di carri armati tedeschi Panzers III si mettono in movimento verso Kursk
Soldati sovietici incolonnati dietro un carro armato pesante IS (Iosif Stalin) 2
Carristi e soldati sovietici a bordo di un carro armato leggero T-26 passano vicino al relitto di un carro armato tedesco Panzer IV
Attacco delle unità della 5ª Armata corazzata delle guardie, ai comandi del generale Pavel Rotmistrov, vicino a Prokhorovka
Due carristi sovietici siedono su un Panzer Tiger tedesco messo fuori uso (Natalya Bode/Sputnik)

MATERIALE VIDEO BATTAGLIA DI KURSK

LA BATTAGLIA DI KURSK COMBATTUTA DA ALESSIO BRANCACCIO NEL GIOCO PANZERS CODENAME PHASE ONE AL FIANCO DEL CAPITANO ALEXANDER VLADIMIRIOV DETTO “SASHA”

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

YAKOVLEV YAK-38 L’AEREO DA GUERRA SOVIETICO NATO NEL 1977 DA UN’IDEA DEL PROGETTISTA YAKOVLEV E PROTAGONISTA DEGLI ANNI OTTANTA

Yakovlev Yak-38, Soviet war aircraft 1977 https://it.wikipedia.org/wiki/Yakovlev_Yak-38
Yakovlev Yak-38 Soviet war aircraft 1977 https://en.wikipedia.org/wiki/Yakovlev_Yak-38
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Yakovlev_Yak-38M_at_MAKS-1993_airshow.jpg
https://www.super-hobby.it/products/Yakovlev-Yak-38-Yak-38M-Forger-A.html
http://www.flugzeuginfo.net/acdata_php/acdata_yak38_en.php
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Yakovlev_Yak-38,_Russia_-_Air_Force_AN2298562.jpg
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Yakovlev_Yak-38_Forger,_Russia_-_Navy_JP6769264.jpg
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Russian_Navy_Yakovlev_Yak-38_at_1992_Farnborough.jpg
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Disegno Yakovlev Yak-38 https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Yakolev_Yak-38_3-view.svg
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https://svppbellum.blogspot.com/2018/12/lo-yakovlev-yak-141-nome-in-codice-nato.html
Yakovlev Yak-38 disponibile nel gioco War Thunder
https://old-forum.warthunder.com/index.php?/topic/440618-yakovlev-yak-38-forger-first-russian-vtol-jet-operational/

VALENTINA TERESKOVA: DALL’URSS LA PRIMA DONNA CHE 60 ANNI FA VIAGGIO’ NELLO SPAZIO: ERA IL 16 GIUGNO 1963

Fin dalla progettazione del rivoluzionario programma spaziale sovietico Vostok, il primo con equipaggio formato da esseri umani, cominciato il 12 aprile 1961 (missione Vostok 1) con Jurij Alekseevič Gagarin che diventò il primo uomo nello spazio, l’Unione Sovietica aveva considerato la possibilità di inviare una donna nel cosmo e di farlo prima che ci riuscissero gli acerrimi rivali statunitensi.

Il disegno si concretizzerà il 16 giugno 1963 quando, con la spedizione Vostok 6, la giovane cosmonauta Valentina Tereškova entrerà nella storia per essere stata la prima donna a viaggiare nello Spazio.

Valentina Tereskova decorata con le medaglie al valore militare dall’Unione Sovietica
https://www.vanillamagazine.it/valentina-tereskova-dall-urss-la-prima-donna-che-viaggio-nello-spazio/

Valentina Vladimirovna Tereškova nasce il 6 marzo 1937 a Bol’šoe Maslennikovo, un minuscolo villaggio a una ventina di chilometri a ovest di Jaroslavl’.

Valentina è subito orfana di padre – Vladimir Tereškov, caduto durante la Guerra d’inverno, o Guerra russo-finlandese, combattuta tra Finlandia e Unione Sovietica nell’inverno del 1939-1940 – e fin dalla tenera età, insieme alla madre Elena, impiegata in un cotonificio, deve rimboccarsi le maniche facendo molteplici mestieri per sbarcare il lunario: dalla stiratrice, alla sarta, alla operaia di una fabbrica produttrice di pneumatici. Una esistenza che si preannuncia in salita.

Presa dalle ambasce della vita, la giovane non rinuncia però agli studi e alle sue passioni ed è così che, dopo aver conseguito un diploma serale di tecnica, Valentina Tereškova comincia ad appassionarsi al paracadutismo iscrivendosi alla scuola di Jaroslavl’.

La tenace ragazza è da subito tra le più promettenti del suo corso. Il primo lancio nel vuoto arriva a 22 anni, ma Valentina ha piani ben più ambiziosi: è intenzionata a provare l’ingresso nella scuola per aspiranti cosmonauti.

Il programma Vostok intanto è partito e il 12 aprile 1961 arriva lo storico evento che vede Jurij Gagarin diventare il primo essere umano a volare nello spazio a bordo della Vostok 1.

È un’impresa straordinaria che sconvolge il mondo ed entusiasma i cuori dei sovietici, dal segretario generale del Partito Nikita Chruščëv al più piccolo mužik della Siberia, compresa Valentina Tereškova che, dopo aver completato l’iscrizione alla sede del Partito comunista locale, sta studiando duramente per l’esame che si svolgerà l’anno successivo.

Gli studi “matti e disperatissimi” sono ripagati e nel 1962 la donna supera con merito la selezione – che vedeva circa un migliaio di iscritte – entrando insieme ad altre quattro candidate nel primo gruppo di donne cosmonaute sovietiche.

L’addestramento che ne segue è massacrante: le ragazze trascorrono intere giornate in isolamento, effettuano sedute di camera termica, di camera di decompressione e con degli psicologi, oltre a seguire le lezioni di pilotaggio, ma le cinque sanno che c’è un posto nella storia da conquistare.

Il programma spaziale sovietico infatti è una macchina da record insaziabile: con il volo Vostok 2 si è riusciti a trascorrere ventiquattro ore intere nello spazio e con Vostok 3 e 4 si sono compiuti pure i primi voli di coppia.

Le imprese spaziali, oltre al progresso tecnologico e sociale che portano, sono un mezzo di propaganda eccezionale e gli occhi del mondo sono sulla annunciata missione numero 6 in cui l’Unione Sovietica tingerà di rosa lo spazio.

Il 4 giugno 1963 giunge il giorno tanto atteso. Viene annunciata l’identità della donna che tra meno di due settimane salirà sulla navicella per la missione Vostok 6 e per entrare direttamente nei libri di storia: la scelta ricade su Valentina Vladimirovna Tereškova da Bol’šoe Maslennikovo.

La mattina del 16 giugno 1963, due giorni dopo il lancio del Vostok 5 che con il cosmonauta Valerij Fëdorovič Bykovskij farà segnare il record del volo in solitaria durato più a lungo (ben 4 giorni, 23 ore e 7 minuti), la capsula Vostok 6 intraprende il suo viaggio cosmico dal celebre cosmodromo di Bajkonur, oggi in territorio kazako ma all’epoca facente parte dell’amministrazione russa.

Due leggende esistono su quel giorno: una, più acclarata, vuole che negli attimi immediatamente precedenti il lancio la Tereškova abbia urlato verso la volta celeste: “Ehi, cielo! Togliti il cappello!”. L’altra, più colorita, vuole che l’idolo Gagarin abbia suggerito a Čajka – questo il nome, che significa “gabbiano”, che la giovane astronauta decide di utilizzare per la missione – il rito propiziatorio di urinare sulle ruote del pullman che l’avrebbe condotta, insieme alla riserva Irina Solov’ëva, alla rampa di lancio.

La navicella di Valentina Tereškova è piccola e scomoda: la giovane donna non muove praticamente un muscolo durante tutta la passeggiata spaziale che durerà per 2 giorni 22 ore e 50 minuti se non per parlare via radio con Bykovskij, pilota del Vostok 5.

Pure il rientro nell’atmosfera e l’atterraggio, dopo aver compiuto 48 orbite attorno alla Terra, non saranno agevoli: la donna deve prima risolvere un malfunzionamento della capsula e poi rimandare di qualche minuto – per un errore di calcolo – lo sganciamento con il seggiolino eiettabile per via di un lago collocato proprio sulla traiettoria di atterraggio.

Alle 8.20 del 19 giugno, finalmente, il paracadute della Tereškova tocca il suolo nei pressi di un villaggio di Karaganda (altro paese oggi in Kazakistan). La donna viene immediatamente soccorsa dai contadini del posto e dai sanitari e sarà costretta a un periodo di degenza in ospedale per riprendersi dalla grande fatica e dai dolori provocati dalla posizione mantenuta.

L’impresa del Vostok 6 però ha riservato anche dei lati oscuri, a lungo taciuti dalla propaganda sovietica e dagli organi del programma spaziale. Abbiamo citato i problemi al rientro nell’atmosfera: dalla base, nel compimento delle orbite, si accorgono che la capsula di Čajka si sta allontanando dalla Terra anziché avvicinarsi progressivamente, di orbita in orbita. Il problema viene risolto, ma viene nascosto alla stampa poiché l’errore avrebbe portato l’astronauta a perdersi per sempre nello spazio.

La missione è stata anche oggetto di una “revisione”. Infatti, l’atterraggio difettoso della Tereškova (durante il quale la donna si provoca anche un grande livido sul volto) sarà ripetuto come se si trattasse della scena di un film venuta male.

A parte le grandi difficoltà riguardo la traiettoria e il rientro, la missione può considerarsi compiuta. Dopo il primo lancio di un satellite nell’orbita terrestre (Sputnik 1), il primo con a bordo un essere vivente, la cagnolina Laika (Sputnik 2), la prima fotografia della faccia nascosta della Luna (Luna 3) e il primo uomo nello spazio, l’URSS dà un altro tremendo gancio agli Stati Uniti nella corsa allo spazio con la missione di Valentina Tereškova.

La donna, inoltre, con i suoi 2 giorni 22 ore e 50 minuti nello spazio, ha anche superato il totale del tempo nello spazio che hanno raggiunto tutti gli astronauti americani fino a quel momento. Un altro boccone amaro che la NASA manderà giù ma che restituirà con gli interessi nel 1969 con la spedizione Apollo 11 che porterà i primi uomini sulla Luna. Ma questa è un’altra storia.

La Tereškova accolta dalla folla, alla sua sinistra Jurij Gagarin.

Subito dopo la missione, la cosmonauta viene insignita delle più grandi onorificenze sovietiche (Pilota-cosmonauta dell’Unione Sovietica, Eroe dell’Unione Sovietica e Ordine di Lenin); onorificenze che nel corso dei decenni successivi si moltiplicheranno. Alla donna è stata dedicata una moneta da un rublo (nel ventennale dell’impresa), un francobollo e intitolata anche una valle lunare, la Valle Tereškova, per noi non visibile essendo nel mare Moscoviense, sul proverbiale “dark side” del nostro satellite.

Nel novembre dello stesso 1963 l’astronauta sposa il collega Andrijan Grigor’evič Nikolaev, protagonista del primo volo di coppia del Vostok 3. La coppia spaziale divorzierà nel 1982 non prima di aver dato alla luce Aljenka Nikolaeva (1964) che, tale madre e padre tale figlia, diventerà un’astronauta.

Conclusa la carriera da cosmonauta, Valentina Tereškova ha intrapreso quella politica. Nel 1966 è eletta nel Soviet Supremo e nel 1968 diventa presidente del comitato donne dell’Unione Sovietica. La nuova carriera sopravvivrà anche al crollo dell’URSS e dal 2011 la prima donna nello spazio è deputato della Duma di Stato della Federazione russa.

Durante una conferenza, fotografia condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia

La sua popolarità in Russia è ancora alta e nel 2014 è stata scelta, insieme ad altre sette insigni personalità russe, per portare la bandiera olimpica all’inaugurazione del XXII Giochi olimpici invernali di Soči. Nel 2012, poi, nel giorno del suo 75esimo compleanno, ha dichiarato in una intervista di sognare Marte e, tra il serio e il faceto, in pieno stile sovietico, ha dato la sua disponibilità a un viaggio, anche senza ritorno, sul Pianeta Rosso.

Valentina Tereskova all’età di 75 anni

Oggi il villaggio natale di Valentina Tereškova, Bol’šoe Maslennikovo, è di fatto disabitato (gli ultimi dati parlano di un solo residente stabile), ma nella vicina cittadina di Nikol’skoe, a 5 chilometri dal villaggio, ha sede il museo “Kosmos” interamente dedicato alla leggendaria donna e alla sua impresa cosmica.

Il francobollo celebrativo della missione Vostok 6 con Valentina Tereskova: era il 16 Giugno 1963

La capsula Vostok 6 di Čajka, il gabbiano spaziale, oggi è conservata al museo RKK Energija di Kaluga, città della Russia europea centrale.

Fonte: Vanilla magazine

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

L’ARMATA ROSSA LIBERO’ IL LAGER DI AUSCHWITZ IL 27 GENNAIO 1945, MA ORA I RUSSI SONO ESCLUSI DALLA CERIMONIA DI COMMEMORAZIONE

I membri della famiglia jugoslava Mandić (Oleg, all’epoca undicenne, sua madre Nevenka e sua nonna Olga) con soldati sovietici dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) ad Auschwitz-Birkenau dopo la liberazione del campo dei prigionieri, il 27 Gennaio 1945. Fonte: znaci.net, dominio pubblico.
https://it.globalvoices.org/2020/05/giornata-internazionale-della-memoria-dellolocausto-auschwitz-in-foto/

Nel giorno della memoria i russi che liberarono i prigionieri rimasti nel lager di Auschwitz-Birkenau, saranno esclusi dalle cerimonie commemorative. I russi che liberarono il campo non potranno partecipare alle cerimonie dalla liberazione di quest’anno.

“Data l’aggressione contro l’Ucraina libera e indipendente, i rappresentanti della Federazione Russa non sono stati invitati a partecipare alla commemorazione di quest’anno dell’anniversario della liberazione di Auschwitz”, ha annunciato all’Afp Piotr Sawicki, portavoce del museo

Il campo di concentramento fu liberato dai soldati sovietici il 27 gennaio 1945. Finora la Russia è sempre stata rappresentata alle commemorazioni che si tengono il 27 gennaio di ogni anno. Il direttore del museo Piotr Cywinski ha detto di non essere stato “in grado di firmare una lettera con un tono invitante all’ambasciatore russo” a causa del conflitto.

Auschwitz-Birkenau è diventato un simbolo del genocidio della Germania nazista di sei milioni di ebrei europei, un milione dei quali morì nel campo tra il 1940 e il 1945 insieme a più di 100.000 non ebrei.

Il direttore del sito afferma che Mosca “avrà bisogno di un tempo estremamente lungo e di un autoesame molto profondo” prima che possa tornare a partecipare ai “raduni del mondo civilizzato”

Il museo ha denunciato l’offensiva russa come un “atto barbarico” nel giorno in cui la Russia ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio dello scorso anno.

“Alla decisione del Museo della deportazione di Auschwitz, di escludere la Russia dalle celebrazioni del 27 gennaio, non si può che rispondere con Hemingway: “Ogni essere umano che ami la libertà deve più ringraziamenti all’Armata Rossa di quanti ne possa pronunciare in tutta la sua vita”, commenta il Prof. Angelo D’Orsi. “Il merito dell’Armata Rossa, va ben oltre l’oltrepassamento dei cancelli di Auscwitz-Birkenau. Non possiamo non ricordare i  20-25 milioni di morti russi nella guerra mondiale, su circa 40 in totale. E oggi vedere messa la Russia non solo sul banco degli imputati, ma additata come abisso di “barbarie” è intollerabile. E chi sarebbero gli Stati e i popoli detentori della “civiltà”? La Polonia clerico-fascista? L’Ucraina di Zelensky, dove forze neonaziste sono parte integrante delle istituzioni? Israele che massacra i Palestinesi ogni giorno? Gli Stati Uniti e la NATO che hanno sulla coscienza tutte le guerre illegali degli ultimi 25 anni?”

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Fonte: Presskit

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila

T-34 FILM AZIONE GUERRA

Articolo dedicato a T-34, film che ripercorre le gesta eroiche sovietiche del carro armato medio in dotazione ai soldati dell’Armata Rossa dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, noto nell’ambiente militare del tempo come lo Sterminatore dei Panzer tedeschi della Vehrmacht.

Iron Fury, film azione guerra Soviet Union Red Army vs Nazi Vermacht 1944
https://www.primevideo.com/detail/Iron-Fury/0QZGGYN368V9TM28L0I5VTO0IO/r
https://www.amazon.it/Iron-Fury-Edizione-Regno-Unito/dp/B07QG2L9HN
https://www.unilibro.it/dvd/iron-fury-edizione-regno-unito-/5060105726859

In 1944, a courageous group of Russian soldiers manage to escape from German captivity in a half-destroyed, legendary T-34 tank. These were the times of unforgettable bravery, fierce fighting, unbreakable love, and legendary miracles.

Nel 1944, un coraggioso gruppo di soldati russi riesce a fuggire dalla prigionia tedesca a bordo di un leggendario carro armato T-34 semidistrutto. Erano tempi di coraggio indimenticabile, feroci combattimenti, amore indistruttibile e miracoli leggendari.

Regia: Aleksey Sidorov

Interpreti: Alexander PetrovIrina StarshenbaumViktor Dobronravov

Genere: AzioneMilitare e guerra

Produttori: Ruben DishdishyanNikita MikhalkovLeonid VereshchaginNelly YaralovaAnton Zlatopolskiy

Produzione: Rialto Distribution

Classificazione: Amazon13+ (adolescenti). Maggiori informazioni

Avviso sui contenuti: Nudità, violenza, scene con fumatori, contenuto sessuale

Altri interpreti: Vinzenz KieferYuriy Borisov





Iron Fury soundtrack “Swan Lake” “Il Lago dei Cigni” Pyotr Ilyic Tchaikovsky

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila