I magistrati di Caltanissetta nelle motivazioni della sentenza sul depistaggio delle indagini non hanno dubbi: ci fu una partecipazione (morale e materiale) all’eccidio di Via D’Amelio di altri soggetti
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Non c’era solo la mafia dietro la strage di via D’Amelio Lo scrivono i giudici del tribunale di Caltanissetta nelle motivazioni della sentenza sul depistaggio delle indagini.
“L’istruttoria dibattimentale ha consentito di apprezzare una serie di elementi utili a dare concretezza alla tesi della partecipazione (morale e materiale) alla strage di Via D’Amelio di altri soggetti (diversi da Cosa nostra) e/o di gruppi di potere interessati all’eliminazione di Paolo Borsellino”. “Può ritenersi certo che la sparizione dell’agenda rossa non è riconducibile ad una attività materiale di Cosa nostra”, aggiungono.
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L’anomala tempistica della strage – A dimostrare l’ingerenza di terzi soggetti, per i giudici, ci sarebbe l’anomala tempistica della strage di Via D’Amelio (avvenuta a soli 57 giorni da quella di Capaci). “Non è aleatorio sostenere – si legge – che la tempistica della strage di Via D’Amelio rappresenta un elemento di anomalia rispetto al tradizionale contegno di Cosa nostra volto, di regola, a diluire nel tempo le sue azioni delittuose nel caso di bersagli istituzionali (soprattutto nel caso di magistrati) e ciò nella logica di frenare l’attività di reazione delle istituzioni”.
L’agenda rossa rubata non da mafiosi – Altro elemento che porta i giudici a ipotizzare il coinvolgimento di un soggetto estraneo a Cosa nostra è il mistero del furto della famosa agenda rossa di Borsellino. “A meno di non ipotizzare scenari inverosimili – si legge – di appartenenti a Cosa nostra che si aggirano in mezzo a decine di esponenti delle forze dell’ordine, può ritenersi certo che la sparizione dell’agenda rossa non è riconducibile a una attività materiale di Cosa nostra”.
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Soggetti terzi volevano alterare il quadro delle investigazioni – Dal furto dell’agenda rossa, per i giudici, si ricavano due dettagli fondamentali. “In primo luogo, l’appartenenza istituzionale di chi ebbe a sottrarre materialmente l’agenda.- scrive il tribunale – Gli elementi in campo non consentono l’esatta individuazione della persona fisica che procedette all’asportazione dell’agenda, ma è indubbio che può essersi trattato solo di chi, per funzioni ricoperte, poteva intervenire indisturbato in quel determinato contesto spazio-temporale e, per conoscenze pregresse sapeva cosa era necessario o opportuno sottrarre”. “In secondo luogo,- concludono – un intervento così invasivo, tempestivo (e purtroppo efficace) nell’eliminazione di un elemento probatorio così importante per ricostruire – non oggi, ma già 1992 – il movente dell’eccidio di Via D’Amelio certifica la necessità per soggetti esterni a Cosa nostra di intervenire per alterare il quadro delle investigazioni, evitando che si potesse indagare efficacemente sulle matrici non mafiose della strage ( che si aggiungono a quella mafiosa) e, in ultima analisi, di svelare il loro coinvolgimento nella strage di Via D’Amelio”.
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Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus