1 Giugno 2023

AZIONE DISCIPLINARE PER SUSANNA ZANDA: “INCOLPATA” LA GIUDICE CONTRO L’OBBLIGO VACCINALE COVID

1 Giugno 2023 Elisabetta Barbadoro

Il Palazzo di Giustizia di Firenze, dove la giudice Susanna Zanda rintegrò a lavoro una psicologa che si era opposta all’obbligo vaccinale contro il COVID19. Per questo ora alla giudice è stato ingiustamente notificato un provvedimento disciplinare
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Aveva messo nero su bianco con due pronunce che l’obbligo vaccinale Covid è una misura ingiusta e sproporzionata: per questo, secondo la Procura generale della Corte di Cassazione, va punita.

La giudice della seconda sezione civile del tribunale di Firenze, Susanna Zanda, dovrà affrontare un procedimento disciplinare: è accusata di aver violato le regole sul green pass, essendo stata trovata nel suo ufficio sprovvista di certificato verde, e di non aver rispettato il decreto n. 109 del 2006 sugli illeciti disciplinari dei magistrati in un’ordinanza che disponeva il reintegro di una psicologa sospesa perché non vaccinata.

Le accuse della Procura

Secondo il procuratore generale Luigi Salvato, che firma il provvedimento notificato il 31 maggio scorso, la giudice avrebbe tenuto una “condotta gravemente scorretta” nei confronti del personale del tribunale, che sarebbero stati sottoposti al rischio di contrarre l’infezione Covid dalla dottoressa Zanda”, perché sprovvista di green pass.

Nel documento che notifica l’azione disciplinare vengono riproposte punto per punto le argomentazioni già utilizzate dalla Corte Costituzionale nel giudizio di legittimità sull’obbligo vaccinale Covid.

La procura della Cassazione ribadisce quindi, contro ogni evidenza, che i cosiddetti vaccini prevengono il contagio, non sono sperimentali e sono sicuri ed efficaci perché così hanno affermato le autorità sanitarie quali Aifa, ministero della Salute e istituto superiore di Sanità: le cui asserzioni appaiono a questo punto inconfutabili al netto delle numerose pubblicazioni scientifiche che dimostrano tesi contrarie.

Secondo chi la accusa, la dottoressa Zanda, nell’ordinanza di reintegro della psicologa, si sarebbe pronunciata senza svolgere accertamenti medico scientifici e sulla scorta di “personali convincimenti e valutazioni”. Questo nonostante il fatto che nell’emettere il verdetto favorevole al reintegro, la giudice ha vagliato una cospicua mole di letteratura scientifica e documenti depositati dalle parti in causa.

L’interrogazione parlamentare

Il procedimento disciplinare a carico di Susanna Zanda sembra quasi un caso di ritorsione professionale, ed è impossibile non notarne le sfumature politiche, anche perché il suo caso è stato oggetto di una interrogazione parlamentare.

Il documento di avvio dell’azione disciplinare da parte della procura della Cassazione è stato protocollato il 17 maggio scorso, il giorno precedente il ministro della giustizia Carlo Nordio aveva risposto a un quesito del senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto, che chiedeva se il ministro ritenesse “i comportamenti della Zanda conformi alla normativa vigente e quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere a tutela dell’onorabilità e della reputazione della magistratura”.

Nella risposta di Nordio, arrivata il 16 maggio e verbalizzata il giorno successivo, si legge che “risultano individuabili nella condotta tenuta dalla dottoressa Susanna Zanda comportamenti astrattamente suscettibili di rilievo disciplinare, meritevoli di approfondimento”.

Poche ore dopo è stato emesso dalla procura generale della Cassazione l’avviso dell’azione disciplinare nei confronti della giudice. Una strana coincidenza temporale.

La condanna di Matteo Renzi

Peraltro l’interrogazione parlamentare è stata presentata da Ivan Scalfarotto, senatore del partito di Matteo Renzi. E la dottoressa Zanda e l’ex presidente del Consiglio sono legati da una vicenda giudiziaria: Renzi era stato infatti condannato dalla giudice a pagare le spese a Marco Travaglio, che era stato querelato per diffamazione dal leader di Italia Viva.

Tra coincidenze temporali, controversie politiche e ritorsioni professionali, resta il fatto che chi difende il diritto al lavoro e il principio dell’inviolabilità del corpo finisce per essere accusato e “incolpato”.

Fonte: Byoblu, la TV libera dei cittadini canale 262 DTV

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus