Ecosystems restoring

STANNO UCCIDENDO L’AMAZZONIA

Cari avaaziani,
L’Amazzonia non sta morendo. La stanno uccidendo.

Da 6mila anni, il mio popolo ama e rispetta questa foresta, la più grande manifestazione della vita sul nostro Pianeta. Ma le compagnie petrolifere tutto questo non lo vedono. Trivellano proprio dove è più vitale, riversando la loro nera morte nei nostri fiumi e peggiorando la febbre della Terra. Stanno uccidendo la foresta e tutta la vita che ospita. Ora queste gigantesche compagnie si preparano a “oliare” le trattative durante la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che inizia questa settimana. A guidare la COP di Dubai, assurdo, ci sarà il capo di un colosso del petrolio. E centinaia di lobbisti si preparano a festeggiare.

Non possiamo lasciare che siano loro a parlare per l’Amazzonia.

Le trattative stanno per cominciare, ma noi abbiamo un intrepido piano per intervenire con le nostre voci a sua difesa, perché non solo viviamo nella foresta, ma siamo parte di essa. I Suruí, i Baniwa, i Karipuna, gli Ashinka e molte altri popoli indigeni vogliamo essere TUTTI ascoltati.

Se raccoglieremo abbastanza, potremo mandare al vertice una delegazione di leader indigeni, fiancheggiati da campaigner di Avaaz, per affrontare faccia a faccia i governi e opporci alle più imponenti aziende al mondo davanti alle telecamere. Ma non lasciarci soli in questa impresa.

Ti chiedo di sostenere la ribellione indigena contro i combustibili fossili nell’Amazzonia. Nessuno si batterà quanto noi. Dona ciò che puoi ora con un solo click.

https://secure.avaaz.org/campaign/it/all_out_for_amazon_loc/?bXYtkdb

Mio padre era il grande capo Almir Suruí, lui mi ha insegnato ad ascoltare le stelle, il vento, gli animali e gli alberi. Ora, stanno invocando aiuto insieme a noi.

Il clima ci sta avvertendo. Gli animali stanno scomparendo e le nostre piante non fioriscono più come un tempo. In Amazzonia ci sono più specie di piante di quante stelle nel firmamento, e guarda cosa gli stanno facendo!

La comunità di Avaaz è stata un fedele alleato nella lotta per salvare la foresta. Avete sostenuto le comunità indigene per aiutarci a manifestare, pianificare e parlare con la forza coesa di un’unica voce. Ora abbiamo bisogno del vostro aiuto per far entrare la nostra voce nelle stanze del potere, da soli non ce la faremo. Con il tuo sostegno, Avaaz potrà:

  • Portare le potenti voci degli indigeni direttamente dall’Amazzonia alla Conferenza delle Nazioni Unite per il Clima;
  • Organizzare azioni incisive per attrarre l’attenzione dei media presenti al vertice, per inserire a tutti i costi le tutele per l’Amazzonia nell’agenda politica;
  • Far fiancheggiare i leader indigeni da brillanti campaigner di Avaaz: per aiutare a vincere le tutele legali sulle terre dell’Amazzonia.
  • Permettere alle comunità dell’Amazzonia di partecipare a tutte le trattative chiave del prossimo anno: lotteremo per la difesa della foresta ad ogni occasione; e
  • Finanziare la campagna di Avaaz per la difesa dell’Amazzonia, costruendo una squadra di campaigner ed esperti legali per contrastare l’industria mineraria, petrolifera e del legname.

L’Amazzonia è l’ecosistema più complesso della Terra e la mia gente fa parte della stessa trama. Se la foresta viene colpita a morte, lo siamo anche noi. Il destino dell’Amazzonia è in pericolo e ci devono dare ascolto.

L’Amazzonia non ha solo bisogno di eroi; ha bisogno di voci sagge. Voci che risuonano della profondità della foresta e delle acque cristalline che la sostengono. Non è mai stato così urgente e dobbiamo continuare ad essere presenti. La sopravvivenza dell’Amazzonia dipende ora dalla nostra unità e il tuo sostegno potrebbe contribuire a innescare una rivolta storica per salvarla.

Per la vita selvatica,

Txai Suruí, della comunità indigena Paiter Suruí del Brasile, e tutto il team di Avaaz

Txai Suruí è un’attivista di 26 anni, ambientalista, protettrice della terra e sostenitrice dei diritti delle popolazioni indigene. Le terre della sua comunità sono tra le più devastate dagli impatti del cambiamento climatico. Ha fondato il Movimento giovanile indigeno di Rondônia, che riunisce i giovani del suo Stato, e coordina l’Associação de Defesa Etnoambiental-Kanindé, un’organizzazione comunitaria che lavora con le popolazioni indigene da oltre 30 anni.

Maggiori informazioni:

  1. AIl presidente della Cop28 è il capo della compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti ((Lifegate)
  2. Perché la Foresta Amazzonica è più importante di quanto pensiamo, e come salvarla  (Fan Page)
  3. L’Amazzonia verso il punto di non ritorno entro il 2064, se non si ferma la deforestazione  (Ohga)
  4. Stop di Petrobras in Amazzonia, gli ambientalisti dicono no  (Oilgasnews)
  5. Cop28: Paesi divisi sul futuro del fossile  (La Svolta)
  6. Kanindé (in portoghese, spagnolo e inglese) Associazione di difesa etnoambientale
Cari avaaziani,
L’Amazzonia non sta morendo. La stanno uccidendo.

Da 6mila anni, il mio popolo ama e rispetta questa foresta, la più grande manifestazione della vita sul nostro Pianeta. Ma le compagnie petrolifere tutto questo non lo vedono. Trivellano proprio dove è più vitale, riversando la loro nera morte nei nostri fiumi e peggiorando la febbre della Terra. Stanno uccidendo la foresta e tutta la vita che ospita. Ora queste gigantesche compagnie si preparano a “oliare” le trattative durante la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che inizia proprio domani. A guidare la COP di Dubai, assurdo, ci sarà il capo di un colosso del petrolio. E centinaia di lobbisti si preparano a festeggiare. Non possiamo lasciare che siano loro a parlare per l’Amazzonia.

Le trattative stanno per cominciare, ma noi abbiamo un intrepido piano per intervenire con le nostre voci a sua difesa, perché non solo viviamo nella foresta, ma siamo parte di essa. I Suruí, i Baniwa, i Karipuna, gli Ashinka e molte altri popoli indigeni vogliamo essere TUTTI ascoltati.Se raccoglieremo abbastanza, potremo mandare al vertice una delegazione di leader indigeni, fiancheggiati da campaigner di Avaaz, per affrontare faccia a faccia i governi e opporci alle più imponenti aziende al mondo davanti alle telecamere. Ma non lasciarci soli in questa impresa.
Ti chiedo di sostenere la ribellione indigena contro i combustibile fossili nell’Amazzonia. Nessuno si batterà quanto noi. 

Mio padre era il grande capo Almir Suruí, lui mi ha insegnato ad ascoltare le stelle, il vento, gli animali e gli alberi. Ora, stanno invocando aiuto insieme a noi.

Il clima ci sta avvertendo. Gli animali stanno scomparendo e le nostre piante non fioriscono più come un tempo. In Amazzonia ci sono più specie di piante di quante stelle nel firmamento, e guarda cosa gli stanno facendo!

Foto: @chamiltonjames

La comunità di Avaaz è stata un fedele alleato nella lotta per salvare la foresta. Avete sostenuto le comunità indigene per aiutarci a manifestare, pianificare e parlare con la forza coesa di un’unica voce. Ora abbiamo bisogno del vostro aiuto per far entrare la nostra voce nelle stanze del potere, da soli non ce la faremo. Con il tuo sostegno, Avaaz potrà:

  • Portare le potenti voci degli indigeni direttamente dall’Amazzonia alla Conferenza delle Nazioni Unite per il Clima;
  • Organizzare azioni incisive per attrarre l’attenzione dei media presenti al vertice, per inserire a tutti i costi le tutele per l’Amazzonia nell’agenda politica;
  • Far fiancheggiare i leader indigeni da brillanti campaigner di Avaaz: per aiutare a vincere le tutele legali sulle terre dell’Amazzonia.
  • Permettere alle comunità dell’Amazzonia di partecipare a tutte le trattative chiave del prossimo anno: lotteremo per la difesa della foresta ad ogni occasione; e
  • Finanziare la campagna di Avaaz per la difesa dell’Amazzonia, costruendo una squadra di campaigner ed esperti legali per contrastare l’industria mineraria, petrolifera e del legname.

L’Amazzonia è l’ecosistema più complesso della Terra e la mia gente fa parte della stessa trama. Se la foresta viene colpita a morte, lo siamo anche noi. Il destino dell’Amazzonia è in pericolo e ci devono dare ascolto.

L’Amazzonia non ha solo bisogno di eroi; ha bisogno di voci sagge. Voci che risuonano della profondità della foresta e delle acque cristalline che la sostengono. Non è mai stato così urgente e dobbiamo continuare ad essere presenti. La sopravvivenza dell’Amazzonia dipende ora dalla nostra unità e il tuo sostegno potrebbe contribuire a innescare una rivolta storica per salvarla.

Per la vita selvatica,

Txai Suruí, della comunità indigena Paiter Suruí del Brasile, e tutto il team di Avaaz

Txai Suruí è un’attivista di 26 anni, ambientalista, protettrice della terra e sostenitrice dei diritti delle popolazioni indigene. Le terre della sua comunità sono tra le più devastate dagli impatti del cambiamento climatico. Ha fondato il Movimento giovanile indigeno di Rondônia, che riunisce i giovani del suo Stato, e coordina l’Associação de Defesa Etnoambiental-Kanindé, un’organizzazione comunitaria che lavora con le popolazioni indigene da oltre 30 anni.

English translate

THEY ARE KILLING AMAZON

Dear avaazians,

The Amazon is not dying. They’re killing her. For 6 thousand years, my people have loved and respected this forest, the greatest manifestation of life on our Planet. But the oil companies don’t see all this. They drill right where it is most vital, pouring their black death into our rivers and worsening the Earth’s fever. They are killing the forest and all the life it supports. Now these giant companies are preparing to “grease” negotiations during the United Nations climate conference, which begins this week. The head of an oil giant will lead the Dubai COP, absurdly. And hundreds of lobbyists are preparing to celebrate.

We cannot let them speak for the Amazon. Negotiations are about to begin, but we have a fearless plan to intervene with our voices in its defense, because we not only live in the forest, but we are part of it. The Suruí, Baniwa, Karipuna, Ashinka and many other indigenous peoples ALL want to be heard. If we raise enough, we can send a delegation of indigenous leaders to the summit, flanked by Avaaz campaigners, to confront governments face to face and oppose the world’s biggest corporations in front of cameras. But don’t leave us alone in this endeavor. I ask you to support the indigenous rebellion against fossil fuels in the Amazon. Nobody will fight like us. Donate what you can now with just one click.

https://secure.avaaz.org/campaign/it/all_out_for_amazon_loc/?bXYtkdb

My father was the great leader Almir Suruí, he taught me to listen to the stars, the wind, the animals and the trees. Now, they are crying out for help along with us. The climate is warning us. Animals are disappearing and our plants no longer flower like they used to. There are more species of plants in the Amazon than there are stars in the firmament, and look what they’re doing to it!

The Avaaz community has been a staunch ally in the fight to save the forest. You have supported indigenous communities to help us demonstrate, plan and speak with the cohesive force of one voice. Now we need your help to get our voice into the halls of power, we won’t be able to do it alone. With your support, Avaaz will be able to:

  • Bringing powerful indigenous voices directly from the Amazon to the UN Climate Conference;
  • Organize incisive actions to attract the attention of the media present at the summit, to include protections for the Amazon on the political agenda at all costs;
  • Have indigenous leaders flanked by brilliant Avaaz campaigners: to help win legal protections for Amazonian lands.
  • Allow Amazon communities to participate in all key negotiations next year: we will fight for the defense of the forest at every opportunity;
  • Funding Avaaz’s campaign to defend the Amazon, building a team of campaigners and legal experts to fight the mining, oil and logging industries.

The Amazon is the most complex ecosystem on Earth, and my people are part of the same fabric. If the forest is struck dead, so are we. The fate of the Amazon is in danger and they must listen to us. The Amazon doesn’t just need heroes; it needs wise voices. Voices that resonate with the depths of the forest and the crystal clear waters that support it. It has never been more urgent and we must continue to be present. The survival of the Amazon now depends on our unity, and your support could help spark a historic uprising to save it.

For wild life,

Txai Suruí, from the indigenous Paiter Suruí Brazil community and the entire Avaaz team

The Amazon is not dying. They’re killing her. For 6 thousand years, my people have loved and respected this forest, the greatest manifestation of life on our Planet. But the oil companies don’t see all this. They drill right where it is most vital, pouring their black death into our rivers and worsening the Earth’s fever. They are killing the forest and all the life it supports. Now these giant companies are preparing to “grease” negotiations during the United Nations climate conference, which begins tomorrow. The head of an oil giant will lead the Dubai COP, absurdly. And hundreds of lobbyists are preparing to celebrate. We cannot let them speak for the Amazon. Negotiations are about to begin, but we have a fearless plan to intervene with our voices in its defense, because we not only live in the forest, but we are part of it. The Suruí, the Baniwa, the Karipuna, the Ashinka and many other indigenous peoples ALL want to be heard. If we raise enough, we will be able to send a delegation of indigenous leaders to the summit, flanked by Avaaz campaigners, to face the governments face to face and oppose them to the most impressive companies in the world in front of the cameras. But don’t leave us alone in this endeavor. I ask you to support the indigenous rebellion against fossil fuels in the Amazon. Nobody will fight like us.

My father was the great leader Almir Suruí, he taught me to listen to the stars, the wind, the animals and the trees. Now, they are crying out for help along with us. The climate is warning us. Animals are disappearing and our plants no longer flower like they used to. There are more species of plants in the Amazon than there are stars in the firmament, and look what they’re doing to it!

The Avaaz community has been a staunch ally in the fight to save the forest. You have supported indigenous communities to help us demonstrate, plan and speak with the cohesive force of one voice. Now we need your help to get our voice into the halls of power, we won’t be able to do it alone. With your support, Avaaz will be able to:

Bringing powerful indigenous voices directly from the Amazon to the UN Climate Conference;

Organize incisive actions to attract the attention of the media present at the summit, to include protections for the Amazon on the political agenda at all costs;

Have indigenous leaders flanked by brilliant Avaaz campaigners: to help win legal protections for Amazonian lands.

Allow Amazon communities to participate in all key negotiations next year: we will fight for the defense of the forest at every opportunity; And

Funding Avaaz’s campaign to defend the Amazon, building a team of campaigners and legal experts to fight the mining, oil and logging industries.

The Amazon is the most complex ecosystem on Earth, and my people are part of the same fabric. If the forest is struck dead, so are we. The fate of the Amazon is in danger and they must listen to us.

The Amazon doesn’t just need heroes; it needs wise voices. Voices that resonate with the depths of the forest and the crystal clear waters that support it. It has never been more urgent and we must continue to be present. The survival of the Amazon now depends on our unity, and your support could help spark a historic uprising to save it.

For wild life,

Txai Suruí, from the Paiter Suruí indigenous community of Brazil, and the whole Avaaz team

Txai Suruí is a 26-year-old activist, environmentalist, land protector and advocate for the Rights of indigenous peoples. His community’s lands are among the most devastated by the impacts of climate change. He founded the Indigenous Youth Movement of Rondônia, which brings together young people from his state, and coordinates the Associação de Defesa Etnoambiental-Kanindé, a community organization that has been working with indigenous populations for over 30 years.
Kanindè, Associacao de Defensa Etnoambiental
https://kaninde.eco.br

Perché la Foresta Amazzonica è più importante di quanto pensiamo e come salvarla

La siccità che colpisce la Foresta Amazzonica in questi mesi è diventata un’emergenza, e ci mostra come il polmone verde del pianeta sia sempre più fragile di fronte ai cambiamenti climatici e la deforestazione. Se l’ecosistema amazzonico collassa, la crisi climatica accelererà pericolosamente.

https://www.fanpage.it/attualita/perche-la-foresta-amazzonica-e-piu-importante-di-quanto-pensiamo-e-come-salvarla/

C’è una notizia di enorme importanza, che comprensibilmente fatica a fare breccia in un periodo tempestato di notizie drammatiche, ed è che il polmone verde del mondo si sta atrofizzando. La foresta amazzonica, da sempre uno dei simboli della resilienza ambientale e dei baluardi della lotta climatica, versa ormai in condizioni talmente critiche da rischiare di andare incontro a un degrado irreversibile.

Quella che oggi si configura come una problematica locale, che sta mettendo in difficoltà centinaia di comunità nel Brasile più profondo e compromettendo una delle zone con maggior biodiversità al mondo, ha infatti ripercussioni globali che non possiamo permetterci di trascurare.

Una distopia in Terra

Se proviamo a pescare nell’album fotografico delle nostre immagini mentali, il termine Amazzonia ci porterà probabilmente a evocare foreste rigogliose e zeppe di animali colorati, distese di alberi fittissimi solcati da fiumi azzurri e lucidi come uno specchi, villaggi portuali attorno a cui orbitano canoe, traghetti e gli onnipresenti delfini fluviali.

Fonte: Fan Page

L’Amazzonia verso il punto di non ritorno entro il 2064, se non si ferma la deforestazione

https://www.ohga.it/lamazzonia-verso-il-punto-di-non-ritorno-entro-il-2064-se-non-si-ferma-la-deforestazione/

Un nuovo studio, firmato da Robert Troovey Walker (professore all’Università della Florida), avverte che ampie porzioni della foresta amazzonica sono destinate al collasso in pochi decenni, se il tasso di disboscamento e di incendi si mantiene inalterato. Oggi più che mai, è importante preservare questo ecosistema vitale per il Pianeta.

Federico Turrisi • 12 Gennaio 2021

Al posto di una lussureggiante foresta pluviale, un’immensa savana: è questo il destino dell’Amazzonia? Se così fosse, sarebbe una tragedia. Perché diremmo addio a uno dei più preziosi tesori di biodiversità e non faremmo altro che aggravare la crisi climatica: come è risaputo, le grandi foreste tropicali danno un enorme contributo nella cattura e nello stoccaggio di anidride carbonica. Eppure, in un futuro neanche troppo lontano, la foresta pluviale più grande del mondo potrebbe raggiungere un punto di non ritorno, e l’incubo potrebbe diventare realtà.

A dirlo è un nuovo studio apparso sulla rivista scientifica Environment – Science and Policy for Sustainable Development e firmato da Robert Troovey Walker, docente di geologia presso l’Università della Florida (negli Stati Uniti), il quale indica anche una data: il 2064. Entro 44 anni, dunque, gran parte dell’Amazzonia potrebbe diventare una distesa arida con vegetazione arbustiva; e da lì non si riuscirebbe più a tornare indietro, o meglio a ripristinare l’ecosistema precedente.

Di chi è la colpa? Ma naturalmente dell’uomo. L’attività di disboscamento e gli incendi appiccati per fare spazio ai pascoli per il bestiame e alle monocolture (per lo più di soia), in aggiunta all’allungamento della stagione secca per effetto del cambiamento climatico (causato a sua volta dalla sempre più elevata concentrazione di gas a effetto serra), stanno peggiorando irrimediabilmente lo stato di salute della foresta amazzonica.

Non è la prima volta che gli esperti ci avvertono del rischio che stiamo correndo, e già qualche mese fa ti avevamo spiegato nel dettaglio quali sono le conseguenze disastrose del circolo vizioso siccità-deforestazionePer evitare il peggio è indispensabile allora porre un freno alla deforestazione, preservare gli ecosistemi e ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti a livello globale. Sono questi i cardini su cui dovrebbe poggiarsi l’azione politica per dirsi veramente green, parola sulla bocca di tutti che troppo spesso, però, rimane solo sulla carta.

Fonte | “Collision Course: Development Pushes Amazonia Toward Its Tipping Point”, pubblicato su Environment: Science and Policy for Sustainable Development il 23 dicembre 2020.

Fonte: Ohga

Stop di Petrobras in Amazzonia, gli ambientalisti dicono no

By Redazione Maggio 22, 2023

https://oilgasnews.it/stop-di-petrobras-in-amazzonia-gli-ambientalisti-dicono-no/

Nel bacino di Foz do Amazonas, al largo dello stato ai Amapà, in Brasile, si trova un giacimento petrolifero, che copre un’area lunga 2.200 chilometri all’estremo nord del Paese, riguardante anche la foce del Rio delle Amazzoni.

Petrobras, società brasiliana di ricerca, estrazione e raffinazione, ha richiesto l’autorizzazione alla trivellazione e all’estrazione del petrolio per, a detta loro, ottenere l’indipendenza energetica del Paese e per favorire una transizione ecologica sostenibile, ma Ibama, l’istituto brasiliano dell’ambiente e delle risorse naturali rinnovabili sotto la guida di Rodrigo Agostinho, gli ha negato i permessi perché i progetti della società non garantirebbero sicurezze sufficienti per la sopravvivenza di flora e fauna in caso di malfunzionamenti e perdite di petrolio dalle piattaforme.

Questo veto da parte di Ibama potrebbe chiudere per sempre il discorso perforazioni per quella porzione di territorio, sul quale Petrobras aveva progettato investimenti per un totale di 3 miliardi di dollari da qui al 2027.

Petrobras ha prontamente annunciato che farà ricorso, ma per sua sventura, può essere presentato solo alla stessa Ibama che con ogni probabilità non cambierà idea e continuerà a negare il consenso alle trivellazioni.

Il governo appare diviso in due fazioni: da una parte il Ministro delle Miniere e dell’Energia Alexandre Silveira, che invita Petrobras ad impiegare tutti gli sforzi necessari per dimostrare la fattibilità del progetto, fondamentale per creare nuovi posti di lavoro e per raggiungere l’indipendenza energetica.

Dall’altro lato, Marina Silva, Ministra dell’Ambiente, è pronta a tutto pur di difendere l’Amazzonia, forte dell’attenzione mediatica che in questo periodo il mondo ha rivolto al territorio brasiliano.

Nessuna dichiarazione invece dal Premier Lula, nonostante alcune sue dichiarazioni in campagna elettorale – aveva per esempio definito Prè-Sal, uno dei più grandi giacimenti petroliferi brasiliani, “un passaporto per il futuro” – facciano presagire che possa schierarsi a favore dello sfruttamento del giacimento.

Fonte: Oil Gas News

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

COP27: GLI AGRICOLTORI FAIRTRADE PIANTANO 300 MILA ALBERI

05 Novembre 2022

In 6 mesi la Tree Challenge ha mobilitato più di 100 organizzazioni in 20 Paesi dell’America Latina e dei Caraibi.

Edwin Jeovany Gómez è socio della cooperativa San Carlos 2 che coltiva caffè tra le montagne dello Stato di Morazanin El Salvador. Ha preso parte al progetto di riforestazione nella montagna di Cacahuatique dopo che una malattia ha ucciso molti alberi di pino nella terra coltivata dalla cooperativa. Copyright Adriana Valle CLAC.

La Tree Challenge “Plant for the future” è stata lanciata in maggio dal network dei produttori Fairtrade dell’America Latina e dei Caraibi, CLAC. L’obiettivo è quello di piantumare più alberi nativi possibile nel percorso verso la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP27) che si apre domani in Egitto.

“Gli alberi sono il simbolo della vita, il simbolo di un ambiente e di un ecosistema in salute” ha dichiarato Marike de Peña, presidente del Consiglio di amministrazione della CLAC. Questa campagna motiva i nostri produttori, i nostri giovani, le nostre comunità e aiuta a posizionare Fairtrade non solo come un movimento che vuole migliorare la giustizia sociale ma anche impegnato dal punto di vista ambientale, che si prende cura del pianeta e di un futuro più equo per tutti”.

Un esempio è quello di Asoseynekun, un’organizzazione indigena in Colombia certificata Fairtrade che ha preso parte alla sfida, piantando 2500 alberi. “Abbiamo piantato alberi di specie native di questa area, come la quercia, dice Ramón Alberto Hernández, un socio dell’organizzazione. Gli alberi erano qui prima di noi. Se gli esseri umani sono la testa, l’albero è la pianta del piede: la parte del corpo che sostiene tutto. Per questo sono così importanti”.

I piccoli agricoltori nei Paesi a basso reddito sono tra i più colpiti dal cambiamento climatico, anche se hanno contribuito meno ai suoi effetti. Le organizzazioni di piccoli produttori Fairtrade stanno lavorando da molti anni per la protezione dell’ambiente – riforestando aree, usando fertilizzanti biologici, promuovendo l’uso di risorse pulite di energia e aumentando la consapevolezza riguardo il cambiamento climatico. Alcune organizzazioni Fairtrade usano il Premio per piantare alberi ma la maggior parte ha usato risorse proprie e vivai già esistenti.

“Negli ultimi 3 anni abbiamo piantato più di 154.000 alberi a Prodecoop. Abbiamo deciso di unirci alla Tree Challenge, consapevoli che prendersi cura dell’ambiente è un problema molto importante per la nostra salute e per quella della comunità” dice Merling Preza, che fa parte del consiglio dei direttori di Fairtrade ed è general manager di Prodecoop, in Nicaragua, che ha piantato 10.000 alberi nell’ambito della campagna.

A seguire, dopo l’America Latina, la sfida Tree Challenge è stata raccolta anche da altre organizzazioni che fanno parte del sistema Fairtrade.

Progetto di piantumazione alberi presso la cooperativa Sankofa. Copyright Victor Jules Raison.

IN AFRICA

In Ghana, un progetto congiunto con Grow Ahead e la cooperativa Kuapa Kokoo è cresciuto arrivando a  150.000 specie di alberi e 30.000 di piante da frutto. Il progetto di riforestazione aiuterà a creare il microclima adatto a ridurre l’impatto del cambiamento climatico sui produttori di cacao.

IN ASIA

In Asia, la NAPP (Network dei produttori Fairtrade di Asia e Pacifico) ha lanciato un progetto per piantare un milione di alberi in tutta la regione. Ne fa parte un progetto di forestazione nel Nord dell’India finanziato dalla NAPP che darà le risorse a 20 organizzazioni per piantare alberi da frutto e altre specie autoctone.

E durante l’Assemblea generale di Fairtrade in Kenya, a giugno, i direttori delle organizzazioni Fairtrade e i membri del consiglio di amministrazione hanno ciascuno simbolicamente piantato un albero.

Gli agricoltori Fairtrade stanno facendo quello che possono per affrontare gli effetti del cambiamento climatico ma la nostra azione non si ferma qui. Con l’avvicinarsi di COP27, Fairtrade si appella ai leader del mondo e a tutti gli attori della filiera affinché aumentino il loro supporto per i paesi produttori nel gestire i rischi ambientali e aumentare la resilienza climatica. Non ci può essere giustizia climatica senza giustizia nel commercio.

Acquistando prodotti certificati Fairtrade, li sostieni in questa sfida impari. 

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus