COP27

CLIMA, LA UE PROPONE UN AFFARE ALL’AFRICA: INQUINIAMO PAGANDO

NAIROBI, KENYA. Vertice sul cambio climatico, Von der Leyen: “la vostra green economy la finanziamo noi, con i crediti per il carbonio”

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Luca Martinelli

Ieri la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è volata in Kenya, per partecipare al summit dei Paesi africani sul clima (Africa Climate Summit 23), in corso ancora oggi a Nairobi. «Sono qui non solo per ascoltarvi, ma anche per portare l’offerta dell’Europa di essere vostra alleata alla Cop28 e di lavorare insieme su tutte le questioni all’ordine del giorno.

Perché, per quanto diversi possano sembrare i nostri due continenti, condividiamo gli stessi interessi in materia di azione per il clima» ha detto von der Leyen. Poi, però, quest’alleanza l’ha esemplificata nella possibilità di presentare «una proposta per la tariffazione globale del carbonio» alla prossima Conferenza Onu sul clima che si terrà a Dubai in Emirati Arabi Uniti (UAE) a fine novembre. Sarebbe – secondo von der Leyen – «una soluzione che potrebbe sbloccare enormi risorse per l’azione climatica in Africa», «uno degli strumenti più efficienti ed efficaci a nostra disposizione, perché favorisce l’innovazione da parte del settore privato. La tariffazione globale del carbonio è una soluzione che potrebbe sbloccare enormi risorse, perché fa sì che i grandi inquinatori paghino un prezzo equo e perché le entrate possono supportare la transizione pulita nei Paesi in via di sviluppo» ha concluso la presidente della Commissione Europea, dimenticando forse che una soluzione la suggeriscono le più autorevoli riviste scientifiche, quando da anni dicono che dobbiamo smettere di esplorare e sfruttare giacimenti di risorse fossili come gas e petrolio, ciò che fanno le imprese europee in Africa. Quanto ai prezzi per le emissioni, i meccanismi di scambio delle quote di CO2, come l’Emission Trading Scheme europeo, non riescono ad affrontare in modo radicale il problema fondamentale, che è – per l’UE – una riduzione drastica entro 6 anni e mezzo di nuove emissioni di gas climalteranti in atmosfera.

«Vi ascoltiamo – ha poi aggiunto parlando al presidente keniota William Ruto – quando dite che la prima priorità dell’Africa è far crescere la vostra economia e far uscire dalla povertà il maggior numero possibile di persone», dimenticando però che Africa ed Europa non possono essere alleati, perché la corsa alla crescita, almeno per com’è stata intesa e è tutt’ora intesa, va frenata. Ecco perché non è una buona notizia che uno dei temi centrali dell’Africa Climate Summit sia il finanziamento della green economy in Africa attraverso i «crediti di carbonio», dopo che alla COP27 di Sharm el-Sheikh in Egitto dell’anno scorso Paesi africani e istituzioni finanziarie hanno lanciato la Africa Carbon Markets Initiative: un’alleanza per arrivare nel 2030 all’emissione nel continente di 300 milioni di crediti di carbonio all’anno, per generare 6 miliardi di dollari di reddito annui.

Uno scenario business as usual che non avrà alcun effetto, se è vero – com’è vero – che mentre parliamo bene razzoliamo malissimo. Per dire, ieri il gruppo ambientalista Ember, che si occupa di transizione nella produzione di energia elettrica, ha spiegato che dal 2015 i Paesi del G20 hanno mediamente aumentato le emissioni pro capite di quasi il 7%, a causa dell’energia prodotta usando carbone, con Cina e India che hanno aggiunto nuovi impianti. Il conteggio pro capite di CO2 dell’Australia è quasi tre volte superiore alla media mondiale. Intanto ben sette membri del G20 – Cina, Brasile, India, Giappone, Corea del Sud, Sudafrica e Stati Unitinon hanno ancora elaborato dei piani per ridurre gradualmente l’uso del carbone.

«I Paesi del G20 – informa Ember – rappresentano l’80% delle emissioni del settore energetico mondiale, con una CO2 pro capite derivante dall’energia da carbone pari a 1,6 tonnellate nel 2022, rispetto a 1,5 tonnellate nel 2015 e significativamente superiore ad una media globale di 1,1 tonnellate». Abbiamo tutti gli strumenti, cioè, per capire dove andare ad agire. Non servono passerelle, come quella di Sultan Al Jaber, il presidente petroliere della prossima COP28, che a Nairobi ieri ha detto «il mondo sta perdendo la corsa per raggiungere i suoi obiettivi sul cambiamento climatico», ma azioni: saremo in grado, a dicembre prossimo, di dichiarare finita l’era fossile?

Fonte: Il Manifesto, Quotidiano Comunista

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

COP27: GLI AGRICOLTORI FAIRTRADE PIANTANO 300 MILA ALBERI

05 Novembre 2022

In 6 mesi la Tree Challenge ha mobilitato più di 100 organizzazioni in 20 Paesi dell’America Latina e dei Caraibi.

Edwin Jeovany Gómez è socio della cooperativa San Carlos 2 che coltiva caffè tra le montagne dello Stato di Morazanin El Salvador. Ha preso parte al progetto di riforestazione nella montagna di Cacahuatique dopo che una malattia ha ucciso molti alberi di pino nella terra coltivata dalla cooperativa. Copyright Adriana Valle CLAC.

La Tree Challenge “Plant for the future” è stata lanciata in maggio dal network dei produttori Fairtrade dell’America Latina e dei Caraibi, CLAC. L’obiettivo è quello di piantumare più alberi nativi possibile nel percorso verso la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP27) che si apre domani in Egitto.

“Gli alberi sono il simbolo della vita, il simbolo di un ambiente e di un ecosistema in salute” ha dichiarato Marike de Peña, presidente del Consiglio di amministrazione della CLAC. Questa campagna motiva i nostri produttori, i nostri giovani, le nostre comunità e aiuta a posizionare Fairtrade non solo come un movimento che vuole migliorare la giustizia sociale ma anche impegnato dal punto di vista ambientale, che si prende cura del pianeta e di un futuro più equo per tutti”.

Un esempio è quello di Asoseynekun, un’organizzazione indigena in Colombia certificata Fairtrade che ha preso parte alla sfida, piantando 2500 alberi. “Abbiamo piantato alberi di specie native di questa area, come la quercia, dice Ramón Alberto Hernández, un socio dell’organizzazione. Gli alberi erano qui prima di noi. Se gli esseri umani sono la testa, l’albero è la pianta del piede: la parte del corpo che sostiene tutto. Per questo sono così importanti”.

I piccoli agricoltori nei Paesi a basso reddito sono tra i più colpiti dal cambiamento climatico, anche se hanno contribuito meno ai suoi effetti. Le organizzazioni di piccoli produttori Fairtrade stanno lavorando da molti anni per la protezione dell’ambiente – riforestando aree, usando fertilizzanti biologici, promuovendo l’uso di risorse pulite di energia e aumentando la consapevolezza riguardo il cambiamento climatico. Alcune organizzazioni Fairtrade usano il Premio per piantare alberi ma la maggior parte ha usato risorse proprie e vivai già esistenti.

“Negli ultimi 3 anni abbiamo piantato più di 154.000 alberi a Prodecoop. Abbiamo deciso di unirci alla Tree Challenge, consapevoli che prendersi cura dell’ambiente è un problema molto importante per la nostra salute e per quella della comunità” dice Merling Preza, che fa parte del consiglio dei direttori di Fairtrade ed è general manager di Prodecoop, in Nicaragua, che ha piantato 10.000 alberi nell’ambito della campagna.

A seguire, dopo l’America Latina, la sfida Tree Challenge è stata raccolta anche da altre organizzazioni che fanno parte del sistema Fairtrade.

Progetto di piantumazione alberi presso la cooperativa Sankofa. Copyright Victor Jules Raison.

IN AFRICA

In Ghana, un progetto congiunto con Grow Ahead e la cooperativa Kuapa Kokoo è cresciuto arrivando a  150.000 specie di alberi e 30.000 di piante da frutto. Il progetto di riforestazione aiuterà a creare il microclima adatto a ridurre l’impatto del cambiamento climatico sui produttori di cacao.

IN ASIA

In Asia, la NAPP (Network dei produttori Fairtrade di Asia e Pacifico) ha lanciato un progetto per piantare un milione di alberi in tutta la regione. Ne fa parte un progetto di forestazione nel Nord dell’India finanziato dalla NAPP che darà le risorse a 20 organizzazioni per piantare alberi da frutto e altre specie autoctone.

E durante l’Assemblea generale di Fairtrade in Kenya, a giugno, i direttori delle organizzazioni Fairtrade e i membri del consiglio di amministrazione hanno ciascuno simbolicamente piantato un albero.

Gli agricoltori Fairtrade stanno facendo quello che possono per affrontare gli effetti del cambiamento climatico ma la nostra azione non si ferma qui. Con l’avvicinarsi di COP27, Fairtrade si appella ai leader del mondo e a tutti gli attori della filiera affinché aumentino il loro supporto per i paesi produttori nel gestire i rischi ambientali e aumentare la resilienza climatica. Non ci può essere giustizia climatica senza giustizia nel commercio.

Acquistando prodotti certificati Fairtrade, li sostieni in questa sfida impari. 

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

COP 27 EGITTO: AL VIA TRA POLEMICHE E SPERANZE. IL RAPPORTO: “GLI ULTIMI 8 ANNI PIU’ CALDI DI SEMPRE”

Presentato il report della World Meteorological Organization: la temperatura media nel 2022 è di circa 1,15 gradi Celsius sopra i livelli pre-industriali. La premier Giorgia Meloni in Egitto

https://www.rainews.it/maratona/2022/11/cop-27-conferenza-clima-egitto-sharm-el-sheik-2022-a0ab9ee3-6758-4b13-9641-b0a3b1040629.html

Guterres: siamo su un’autostrada per l’inferno con il piede sull’acceleratore

Stati Uniti e Cina uniscano sforzi: cooperare o perire

TUTTI I LEADER MONDIALI ALLA CONFERENZA SUL CLIMA COP27 A SHARM EL-SHEIKH EGITTO https://www.askanews.it/esteri/2022/11/07/guterres-siamo-su-unautostrada-per-linferno-con-il-piede-sullacceleratore-top10_20221107_120942/

Roma, 7 nov. (askanews) – La risposta alla questione climatica “è nelle nostre mani. E il tempo scorre. Siamo nella lotta delle nostre vite. E stiamo perdendo. Le emissioni di gas serra continuano a crescere. Le temperature globali continuano a salire. E il nostro pianeta si sta avvicinando rapidamente a punti critici che renderanno il caos climatico irreversibile.
Siamo su un’autostrada per l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore”. Lo ha detto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, alla cerimonia di apertura della Cop27 a Sharm el-Sheik.

“La guerra in Ucraina, il conflitto nel Sahel, la violenza e i disordini in così tanti altri luoghi – ha aggiunto – sono terribili crisi che affliggono il mondo di oggi. Ma il cambiamento climatico è su una linea temporale diversa e su una scala diversa. È il problema determinante della nostra epoca. È la sfida centrale del nostro secolo”. Infatti “molti dei conflitti odierni sono legati al crescente caos climatico. La guerra in Ucraina ha messo in luce i profondi rischi della nostra dipendenza dai combustibili fossili”. E “le crisi urgenti di oggi non possono essere una scusa per indietreggiare o fare greenwashing. Semmai, sono una ragione per una maggiore urgenza, un’azione più forte e una responsabilità effettiva”.
“L’attività umana è la causa del problema climatico. L’azione umana deve essere la soluzione. Ci stiamo avvicinando pericolosamente al punto di non ritorno. Per evitare quel terribile destino, tutti i paesi del G20 devono accelerare la loro transizione ora, in questo decennio. I paesi sviluppati devono prendere l’iniziativa. Ma le economie emergenti sono anche fondamentali per piegare la curva delle emissioni globali”. Per questo, è stato l’appello del segretario generale Onu, “chiedo un patto storico tra le economie sviluppate e quelle emergenti: un patto di solidarietà climatica. Un patto in cui tutti i paesi compiono uno sforzo in più per ridurre le emissioni in questo decennio in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi. Un patto in cui i paesi più ricchi e le istituzioni finanziarie internazionali forniscono assistenza finanziaria e tecnica per aiutare le economie emergenti ad accelerare la propria transizione alle energie rinnovabili”.

“Le due maggiori economie, Stati Uniti e Cina, hanno la responsabilità particolare di unire gli sforzi per trasformare questo Patto in realtà. L’umanità ha una scelta: cooperare o perire. È un patto di solidarietà per il clima o un patto di suicidio collettivo”, ha concluso Guterres.
Afe/Int13

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo