Marco Pantani

20 ANNI SENZA MARCO PANTANI: IL 14 FEBBRAIO 2004 SE NE ANDAVA LO SCALATORE ITALIANO MIGLIORE DI TUTTI I TEMPI

Marco Pantani, 20 anni fa la morte: cosa è successo a uno dei più grandi ciclisti della storia

14 febbraio 2024 | 11.04 Autore Redazione Adnkronos

Il 14 febbraio 2004, nel giorno di San Valentino dedicato agli innamorati, il corpo senza vita del campione romagnolo veniva trovato in una stanza del residence Le Rose di Rimini.

Marco Pantani fotogramma

A soli 34 anni, 20 anni fa, moriva Marco Pantani, uno dei più grandi ciclisti italiani della storia, quello che più di ogni altro ha emozionato gli appassionati dopo l’epopea di Fausto Coppi e Gino Bartali per le sue imprese nelle salite più iconiche dei grandi Giri. Il 14 febbraio 2004 il corpo senza vita del campione romagnolo veniva trovato in una stanza del residence Le Rose di Rimini. Un decesso dai contorni mai chiariti, malgrado l’autopsia abbia accertato l’overdose di cocaina e psicofarmaci.

Marco Pantani, la storia del ‘Pirata’.

Quello che resta indelebile di Pantani sono le sue imprese su due ruote che iniziano nel 1994, quando il ‘Pirata’ inizia a farsi conoscere: il 4 giugno, al Giro d’Italia, il giovane scalatore trionfa nel tappone Lienz-Merano. L’impresa con la I maiuscola arriva il giorno successivo, con la cavalcata verso il successo nella frazione tra Merano e l’Aprica. Alla fine chiuderà la corsa Rosa secondo, dietro al russo Evgenij Berzin, ma davanti al monumento spagnolo Miguel Indurain. Pantani si concede anche un Tour di altissimo livello, chiuso al 3° posto.

Altre spettacolari impresa arrivano l’anno successivo, nonostante la sfortuna gli tenda qualche tranello. In primavera viene investito durante un allenamento e deve saltare il Giro d’Italia. Si rivede al Tour de France dove vince due tappe in montagna, una sulle Alpi e una sui Pirenei. Dopo la medaglia di bronzo al Mondiale in Colombia, a ottobre ecco un altro incidente alla Milano-Torino, investito da un’auto contromano, si frattura tibia e perone, che lo mettono fuori gioco per quasi tutto il 1996. Nel 1997 prosegue il momento nero con una caduta al Giro nella discesa del valico del Chiunzi, in costiera amalfitana. Pantani compie un recupero lampo e si presenta al Tour del France. Vince due tappe ma attravera anche qualche momento di difficoltà. Alla fine è 3° alle spalle del tedesco Jan Ullrich e del francese Richard Virenque.

L’apoteosi arriva nel 1998, l’anno dei trionfi al Giro e al Tour de France, una doppietta riuscita soltanto a sette ciclisti: Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Steven Roche e Miguel Indurain. Al Giro fa la differenza negli ultimi giorni di gara, in montagna, staccando i suoi rivali, lo svizzero Alex Zülle e il russo Pavel Tonkov e difendendo la ‘rosa’ nella crono di Lugano. Nelle prime tappe del Tour fatica a trovare il ritmo, poi la condizione migliora: sui Pirenei arrivano un secondo posto e una vittoria. Sulle Alpi compie il suo capolavoro: vittoria in solitaria a Les Deux Alpes, Ulrich e maglia gialla conquistata e portata fino a Parigi, 33 anni dopo Felice Gimondi, ultimo italiano a vincere la Grande Boucle.

Cosa è successo al Giro d’Italia del 1999

Nel 1999 è padrone del Giro d’Italia: vince sul Gran sasso con condizioni meteo proibitive; in maglia rosa sul Fauniera, il giorno successivo sulla salita verso il santuario di Oropa gli salta la catena, gli avversari ne approfittano, non lo aspettano e scattano. Pantani reagisce e li rimonta tutti e arriva da solo al traguardo. Vince a Pampeago e a Madonna di Campiglio ma prima della penultima tappa non supera i controlli del sangue: ematocrito alto e sospensione di 15 giorni. Pantani si sente vittima di un complotto. Per il suo staff la sera prima l’ematocrito era sotto la soglia.

Non riuscirà mai a superare questo momento, pensa di scendere per sempre dalla bici, riparte ma senza risultati di rilievo. Al Tour de France del 1999 anima la salita del Mont Ventoux insieme a Lance Armstrong, che al traguardo gli lascia strada. Pantani non gradisce il gesto dell’americano e qualche giorno più tardi a Couchevel lo stacca e trionfa in salita come ai vecchi tempi. E’ il suo ultimo acuto. Pantani si fa investire dalla depressione e si rifugia nella droga. Il 14 febbraio 2004 il suo corpo senza vita viene trovato nella stanza D5 del residence Le Rose di Rimini. L’autopsia rileva che la morte è stata causata da un edema polmonare e cerebrale, conseguente a un’overdose di cocaina e, secondo una perizia effettuata in seguito, anche da psicofarmaci (questa è la teoria ufficiale, ma la verità è un’altra, si è trattato di un omicidio legato alle scommesse clandestine che in Italia sono gestite dalla malavita organizzata e sono molto legate al mondo degli sport professionistici).

Fonte: Adnkronos

Marco Pantani, 20 years ago his death: what happened to one of the greatest cyclists in history

On 14 February 2004, on Valentine’s Day dedicated to lovers, the lifeless body of the Romagna champion was found in a room of the Le Rose residence in Rimini.
At just 34 years old, 20 years ago, Marco Pantani died, one of the greatest Italian cyclists in history, the one who more than anyone else thrilled fans after the epic of Fausto Coppi and Gino Bartali for his exploits on the most iconic climbs of the Grand Tours. On 14 February 2004 the lifeless body of the Romagna champion was found in a room of the Le Rose residence in Rimini. A death whose contours were never clarified, despite the autopsy ascertaining the overdose of cocaine and psychotropic drugs.

Marco Pantani, the story of the ‘Pirate’.

What remains indelible about Pantani are his exploits on two wheels which began in 1994, when the ‘Pirate’ began to make himself known: on 4 June, at the Giro d’Italia, the young climber triumphed in the Lienz-Merano stage. The feat with a capital I arrives the following day, with the ride towards success in the hamlet between Merano and Aprica. In the end, Rosa finished second, behind the Russian Evgenij Berzin, but ahead of the Spanish monument Miguel Indurain. Pantani also indulged in a very high level Tour, finishing in 3rd place.

Other spectacular feats arrive the following year, despite the fact that bad luck throws him a few traps. In the spring he was hit during training and had to miss the Giro d’Italia. He sees himself again at the Tour de France where he wins two mountain stages, one in the Alps and one in the Pyrenees. After the bronze medal at the World Championship in Colombia, in October there was another accident at the Milan-Turin, hit by a car on the wrong side of the road, he fractured his tibia and fibula, which put him out of action for almost all of 1996. In 1997 the momentum continued black with a fall at the Giro on the descent of the Chiunzi pass on the Amalfi coast. Pantani makes a quick recovery and presents himself at the Tour of France. He won two stages but also went through some difficult moments. In the end he is 3rd behind the German Jan Ullrich and the French Richard Virenque.

The apotheosis came in 1998, the year of triumphs at the Giro and the Tour de France, a double achieved by only seven cyclists: Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Steven Roche and Miguel Indurain. At the Giro he made the difference in the last days of the race, in the mountains, separating his rivals, the Swiss Alex Zülle and the Russian Pavel Tonkov, and defending the ‘rose’ in the Lugano time trial. In the first stages of the Tour he struggled to find the rhythm, then his condition improved: in the Pyrenees he achieved a second place and a victory. In the Alps he completes his masterpiece: solo victory in Les Deux Alpes, Ulrich and the yellow jersey won and taken to Paris, 33 years after Felice Gimondi, the last Italian to win the Grande Boucle.

What happened at the 1999 Giro d’Italia

In 1999 he mastered the Giro d’Italia: he won on the Gran Sasso in prohibitive weather conditions; in the pink jersey on the Fauniera, the following day on the climb towards the sanctuary of Oropa his chain comes off, his opponents take advantage of it, don’t wait for him and sprint. Pantani reacts and overtakes them all and reaches the finish line alone. He wins in Pampeago and Madonna di Campiglio but before the penultimate stage he fails blood tests: high hematocrit and 15-day suspension. Pantani feels like the victim of a conspiracy. According to his staff, the hematocrit was below the threshold the night before.

He will never be able to overcome this moment, he thinks of getting off the bike forever, he starts again but without significant results. At the 1999 Tour de France he leads the climb of Mont Ventoux together with Lance Armstrong, who leaves the way for him at the finish line. Pantani doesn’t like the American’s gesture and a few days later in Couchevel he breaks away from him and triumphs uphill like in the old days. It’s his last high note. Pantani is overcome by depression and takes refuge in drugs. On 14 February 2004 his lifeless body was found in room D5 of the Le Rose residence in Rimini. The autopsy revealed that death was caused by pulmonary and cerebral edema, resulting from an overdose of cocaine and, according to a report carried out later, also by psychotropic drugs (this is the official theory, but the truth is another, it was a murder linked to clandestine betting which in Italy is managed by organized crime and is closely linked to the world of professional sports).

Source: Adnkronos

https://www.change.org/p/riassegniamo-il-giro-d-italia-1999-alla-memoria-di-marco-pantani
https://www.tuttosport.com/news/altri-sport/ciclismo/2016/03/15-9476030/caso_pantani_il_legale_ora_assegnino_a_marco_il_giro_ditalia_1999
https://it.blastingnews.com/sport/2014/11/giusto-restituire-il-titolo-1999-del-giro-d-italia-a-marco-pantani-00158893.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Giro_d%27Italia_1999
https://it.wikipedia.org/wiki/Giro_d%27Italia_1999

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

7 GIUGNO 1998 – 7 GIUGNO 2023: 25 ANNI FA’ MARCO PANTANI VINCEVA IL SUO PRIMO GIRO D’ITALIA, PRIMA DI VINCERE ANCHE IL TOUR DE FRANCE 1998

Il 1998 di Marco Pantani. Storia di un tempo sospeso

25 anni fa Pantani vinceva il Giro d’Italia e si lanciava verso il Tour de France. Ripercorriamone l’incredibile vittoria con un pizzico di inevitabile nostalgia. Un articolo di Federico Vergari

07 giu 2023

Illustrazione digitale di Asia Cipolloni, 2023, diplomata al Liceo artistico Volta di Pavia https://maremosso.lafeltrinelli.it/news/pantani-giro-italia-tour-de-france

L’estate è quel momento dell’anno, ma anche della vita, in cui celebriamo il tempo sospeso. La noia, il riposo e il dolce far niente. Spesso quel tempo lo interroghiamo anche. O meglio: lo usiamo per interrogarci. Farci delle domande in estate è facile. Trovare risposte è invece difficile. Ma non perché sia estate; è difficile sempre. Tendenzialmente perché non siamo mai bravi a far coincidere la risposta che vogliamo darci con quella che dovremmo darci.

Questo articolo parla di un tempo sospeso e di 57 giorni che fecero la storia di un’estate e diedero risposte a un’intera generazione.

Estate 1998. O della doppietta di Pantani

Fu nell’estate del 1998 che lo spazio-tempo ci tirò un colpo maldestro. Fu un colpo di quelli dolci che fanno bene, come l’amico che con una mossa astuta attira l’attenzione di tutti e tu rimani da solo a parlare con la ragazza che ti piace e profuma di crema solare. D’estate la crema solare sa di avventure e si porta dietro la fretta del voler diventare grandi. Avvenne così – dicevamo – che per un curioso caso ci fu un tempo definito dentro il tempo sospeso di quell’estate. Un tempo durato ben 57 giorni. Dal 7 giugno al 2 agosto.

Quella del 1998 era l’estate in cui piangevamo per il rigore sbagliato da Gigi Di Biagio contro la Francia e ci domandavamo quando ci saremmo presi una rivincita coi cugini d’oltralpe. Era anche l’estate in cui non ci perdevamo una puntata del Festivalbar e cantavamo Natalie ImbrugliaMadonnaAnouk, gli OasisVasco, gli Articolo 31 e Alexia. Se avete quarant’anni o giù di lì cercate l’elenco delle canzoni uscite nell’estate del novantotto. Vi farà bene al cuore.

In quel tempo sospeso, che durò quasi due mesi, avvenne che Marco Pantani vinse il Giro d’Italia il 7 giugno e poi il Tour de France, arrivando a Parigi in maglia gialla il 2 agosto. Quel 2 agosto per me non significa solo Pantani in giallo, ma è anche il girono del mio primo concerto degli Elio e le Storie Tese. Da amante degli Elii – e con in testa ancora le gesta del Pirata di Cesenatico – speravo di sentire Sono Felice, la canzone che il gruppo scrisse per Felice Gimondi che fino al giorno prima era stato l’ultimo vincitore del Tour, nel lontano 1965. Ovviamente non andò così (bisognerebbe chiedere a loro, ma credo che non l’abbiano mai fatta dal vivo quella canzone), ma io nella mia testa sono sempre stato un grande costruttore di scalette alternative dei concerti e in qualche universo parallelo sono sicuro che sia successo davvero e che quel concerto a Centocelle se lo ricordino oggi ancora tutti.

Pantani trionfa al tour, 25 anni fa

Il tempo, lo avrete capito, è il filo rosso che tiene in piedi questa storia. Ed è inevitabile riflettere sulla sua relatività e su come un evento che sembra accaduto l’altro ieri sia invece successo un quarto di secolo fa. Con la sua doppietta Pantani confermava la sua grandezza ed entrava definitivamente nella leggenda. Dopo una carriera fino a quel momento costellata da tante imprese e troppi infortuni quei 57 giorni fecero riappacificare un’intera nazione con uno sport che in tanti iniziavano a non riconoscere più come tale, perché la fatica – per amarla – deve esserci qualcuno che te la sappia spiegare.
Ecco chi era Pantani. Uno che la fatica te la sbatteva in faccia con i suoi gesti. Sempre gli stessi che preannunciavano o sottolineavano l’inizio di una fase estremante faticosa che – con buone probabilità – avrebbe portato a qualcosa di importante. Pantani che si alleggerisce della borraccia. Pantani che si toglie gli occhiali e li lancia a terra come se la salita fosse meno irta se vista senza il filtro delle lenti. Pantani che abbassa le mani sulle corna del manubrio, come per domare la bicicletta. Come se non fossero la stessa cosa, ma due entità separate e l’esito della gara fosse determinato prima di tutto da quella lotta tra l’uomo e il mezzo. Pantani che tra una goccia di sudore che gli cade dal naso e l’altra sembra parlare con Dio per chiedergli di quanto le vite abbiano senso anche alla fine di una salita.  

Quell’estate a Cesenatico

Frequento Cesenatico e la Romagna da un po’ di anni, ormai. E ogni estate ci passo qualche giorno con la mia famiglia, che intanto è cresciuta. La scorsa estate ad esempio ogni mattina prima delle 7 io e Pietro sgattaiolavamo fuori casa e camminavamo sul lungomare fino alla statua dedicata proprio a Pantani. Lui nel passeggino desideroso di correre a infilare le gambe in quel nuovo elemento che stava imparando a conoscere: l’acqua salata del mare e io che invece lo portavo a prendere il primo sole della giornata in un parco. Ogni volta, ma davvero ogni volta, che vado a Cesenatico mi domando come sia stato vivere (o essere in vacanza) lì 25 anni fa. Mi metto nei panni dei possessori dei bagni, dei bar, dei chioschi di piadine, delle famiglie in ferie e sogno le loro vite, le loro vacanze, le loro quotidianità piene di rosa e di giallo. Sento il sapore dei gelati dell’epoca e il profumo dei quotidiani sportivi riscaldati dal sole. Di quando l’inchiostro era piombo e pure l’odore della carta stampata aveva qualcosa da racontare. E la risposta che mi do ogni volta è composta da tre parole: rumore, festa, gioia.

Pantani è il tempo della gioia

Quei 57 giorni di Marco Pantani sono stati una gioia non negoziabile. Di quelle che arrivano violente e ti buttano per terra. Che ti lasciano a malapena la forza di respirare e se ci pensi sei felice, ma in realtà non sei sicuro di sapere il motivo e pensi che allora è questa la gioia veraQuando sei così felice che te ne dimentichi e, semplicemente, vivi? In quei 57 giorni sono state dette e scritte parole bellissime su Pantani, ma più di ogni altra parola quello che ci resta oggi è la sensazione di aver assistito a qualcosa di unico (del resto nessuno in questi 25 anni c’è più riuscito) e raro e quindi prezioso. Un ricordo da proteggere.

Vedere un uomo minuto compiere imprese in sella a una bicicletta ci ha fatto battere il cuore e ci ha resi orgogliosi di essere italiani. Ché possiamo essere tutto quello che vogliamo, ma è solo quando c’è di mezzo la fatica che riusciamo a essere noi stessi. Vale per lo sport e vale per la vita. 25 anni fa a quest’ora tutti i Tg aprivano con la sua vittoria al Giro. Tutti i giornali uscivano con il suo volto in prima pagina. Qualcuno si iniziava a chiedere se avrebbe fatto anche il Tour. E tutti in cuor loro sapevano che ci avrebbe provato. Pantani è stato l’ultimo eroe del popolo.

Tutto quello che è venuto dopo di lui è stato meno schietto che non significa falso, bugiardo o meno vero. Significa solo che senza un Pantani a compiere certe gesta non ti viene voglia di salire in bici sul lungomare di Ostia (è una storia vera), coi tuoi amici, e non giochi a io faccio Pantani e tu fai Ullrich. Pure se quella è la tua ultima estate da minorenne e se la ragazza che ti piace ti guarda e qualche domanda se la fa. 25 anni fa, per 57 giorni, Pantani è stato la più bella storia italiana dal dopoguerra in un tempo sospeso in cui tutto doveva ancora iniziare e tutto doveva ancora finire. Non sapevamo nulla.
Eravamo soltanto felici.

Per approfondire

Pantani per sempre

Di Davide De Zan | Libreria Pienogiorno, 2022

In nome di Marco. La voce di una madre, il cuore di un tifoso

Di Tonina PantaniFrancesco Ceniti | Rizzoli, 2013

Pantani era un dio

Di Marco Pastonesi | 66thand2nd, 2014

Gli ultimi giorni di Marco Pantani

Di Philippe Brunel | Rizzoli, 2011

Le leggende del ciclismo. Da Gerbi a Pantani, tante grandi storie su due ruote

Di Beppe Conti | DIARKOS, 2020

Da Merckx a Pantani. Davide Boifava racconta i suoi campioni

Di Beppe Conti | Graphot, 2007

Fonte: Maremosso

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

MONTECAMPIONE, NEL NOME DEL PIRATA

La statua di Marco Pantani eretta a Montecampione, nella salita in cui fece la storia del ciclismo battendo il russo Pavel Tonkov al Giro d’Italia 1998

Se a distanza di 23 anni da quell’impresa hanno deciso di inaugurare una sua statua alta sei metri, ciò significa che a Plan di Montecampione (Bs) Marco Pantani ha scritto davvero una delle pagine più memorabili nella storia del ciclismo. Del resto, a 1800 metri di altezza, là dove partono gli impianti di risalita verso le piste da sci, il piazzale si è da tempo trasformato in una meta di ‘pellegrinaggio’ per centinaia di ciclisti, che salgono fin lassù con la sola forza delle proprie gambe e nel cuore l’emozione per le gesta del Pirata.

Alla vigilia dell’inaugurazione ufficiale del monumento a Pantani, anche chi scrive ha voluto percorrere quell’ascesa, con la sua mitica De Rosa dalla livrea verde-oro, un po’ ‘brasiliana’. Ripercorrendo così il finale della tappa che, quel 4 giugno del 1998, partiva da Cavalese per arrivare proprio a Plan di Montecampione. Duecentoquarantatre kilometri al termine dei quali il Panta – che due giorni prima, a Selva di Val Gardena, aveva strappato la maglia rosa allo svizzero Alex Zulle – riuscì a staccare e battere Pavel Tonkov, che lo aveva a sua volta battuto sul traguardo della tappa precedente con arrivo sull’Alpe di Pampeago.

Pantani Plan di Montecampione 2
La statua di Marco Pantani a Plan di Montecampione (Bs)

La resa dei conti fra il romagnolo e il russo andò in scena proprio sui 20 kilometri che da Pian Camuno (in cima al lago d’Iseo) portano fino al Plan. Il duello fu epico, con Pantani che, solo dopo una serie di ripetuti attacchi (e dopo essersi liberato persino dell’orecchino al naso), riuscì finalmente a piegare la resistenza di Tonkov, che perse la sua ruota a tre kilometri dal traguardo, lasciando sul piatto alla fine 57 secondi. Pantani riuscì poi a ‘blindare’ la maglia rosa nella cronometro svizzera da Mendrisio a Lugano, trionfando infine sul traguardo di Milano. Da quel giorno l’ascesa di Montecampione è entrata a far parte dell’immaginario collettivo di migliaia di cicloamatori.

La salita è di quelle vere, tosta, con poco spazio per tirare il fiato. Per fortuna ogni tanto ci sono murales e scritte dedicate a Pantani che evocano lo spirito dello scalatore di Cesenatico, quasi a voler trasmettere una marcia in più a chi si trova costantemente obbligato a spingere sui pedali. Pronti-via e fino al quinto kilometro la pendenza media viaggia fissa fra l’8 e il 10 per cento. Così, tanto per dare il giusto benvenuto. Un piccolo tratto al 6 per cento consente di riprendere il fiato, prima di altri 3 kilometri abbondanti all’8-9 per cento che portano a Montecampione. Il passaggio in paese consente di iniziare ad ammirare il paesaggio e le montagne circostanti, oltre a poter fare una breve sosta foto-ricordo nei pressi del laghetto (con bar).

L’uscita dall’abitato, invece, è dolce, ma è un’illusione. Seguono altri 5 kilometri fissi, sempre tra l’8 e il 10 per cento. L’asfalto, solo parzialmente rifatto, inizia a far bruciare gambe e polmoni. Su un tornante l’immagine di Pantani con bandana ricorda che bisogna prepararsi allo ‘sparo’ finale. A meno 2 kilometri dall’arrivo si inizia a scorgere la cima (ora anche la statua); altri murales ricordano tutti i passaggi del Giro d’Italia, con anche i sigilli di Bernard Hinault e Fabio Aru alla sua prima vittoria in carriera, nel 2014.

Gli ultimi tornanti quasi non si sentono più nelle gambe, perché la meta ormai è vicina. Il piazzale si apre e si viene accolti dalla figura di Pantani, a braccia aperte in segno di vittoria, che riscalda il cuore e ripaga di ogni goccia di sudore che si è versata per arrivare fin lassù, dove termina la strada. Resta solo lo spazio per il silenzio, il ricordo. Magari anche per una lacrima o una preghiera. Marco Pantani, qui, vivrà per l’eternità. E ogni cicloamatore, una volta arrivato in cima, avvertirà per sempre la sensazione di aver pedalato su una salita che ha il sapore della leggenda, del mito.

Marco Pantani 4 Giugno 11998 salita di Montecampione, intera tappa chusa in 7h 42’52”

MARCO PANTANI – IL TOUR DE FRANCE 1998 DEL PIRATA

Planimetria Tour de France 11 Luglio – 2 Agosto 1998

Le Tour de France: Stage 12 – Tarascon-sur-Ariège – Le Cap d’Agde, 1998

A Dark Shadow: Marco Pantani at Stage 12 of the 1998 Tour de France

Marco Pantani da Rappresentante Sindacale dei ciclisti professionisti, si siede a terra in segno di protesta e solidarietà ai colleghi perquisiti dalla Gendarmeria francese alla partenza della tappa 12 Tarascon su Ariège-Le Cap d’Adge
Marco Pantani da Rappresentante Sindacale dei ciclisti professionisti, si siede a terra in segno di protesta e solidarietà ai colleghi perquisiti dalla Gendarmeria francese alla partenza della tappa 12 Tarascon su Ariège-Le Cap d’Adge

IL MIGLIORE. MARCO PANTANI al cinema solo il 18, 19, 20 ottobre 2021

IL MIGLIORE. MARCO PANTANI (2021) Trailer + Clip del Documentario sul Campione di Ciclismo

https://www.sentieriselvaggi.it/il-migliore-marco-pantani-di-paolo-santolini/

Il 1998 di Marco Pantani. Storia di un tempo sospeso

25 anni fa Pantani vinceva il Giro d’Italia e si lanciava verso il Tour de France. Ripercorriamone l’incredibile vittoria con un pizzico di inevitabile nostalgia. Un articolo di Federico Vergari

07 giu 2023

Illustrazione digitale di Asia Cipolloni, 2023, diplomata al Liceo artistico Volta di Pavia https://maremosso.lafeltrinelli.it/news/pantani-giro-italia-tour-de-france

L’estate è quel momento dell’anno, ma anche della vita, in cui celebriamo il tempo sospeso. La noia, il riposo e il dolce far niente. Spesso quel tempo lo interroghiamo anche. O meglio: lo usiamo per interrogarci. Farci delle domande in estate è facile. Trovare risposte è invece difficile. Ma non perché sia estate; è difficile sempre. Tendenzialmente perché non siamo mai bravi a far coincidere la risposta che vogliamo darci con quella che dovremmo darci.

Questo articolo parla di un tempo sospeso e di 57 giorni che fecero la storia di un’estate e diedero risposte a un’intera generazione.

Estate 1998. O della doppietta di Pantani

Fu nell’estate del 1998 che lo spazio-tempo ci tirò un colpo maldestro. Fu un colpo di quelli dolci che fanno bene, come l’amico che con una mossa astuta attira l’attenzione di tutti e tu rimani da solo a parlare con la ragazza che ti piace e profuma di crema solare. D’estate la crema solare sa di avventure e si porta dietro la fretta del voler diventare grandi. Avvenne così – dicevamo – che per un curioso caso ci fu un tempo definito dentro il tempo sospeso di quell’estate. Un tempo durato ben 57 giorni. Dal 7 giugno al 2 agosto.

Quella del 1998 era l’estate in cui piangevamo per il rigore sbagliato da Gigi Di Biagio contro la Francia e ci domandavamo quando ci saremmo presi una rivincita coi cugini d’oltralpe. Era anche l’estate in cui non ci perdevamo una puntata del Festivalbar e cantavamo Natalie ImbrugliaMadonnaAnouk, gli OasisVasco, gli Articolo 31 e Alexia. Se avete quarant’anni o giù di lì cercate l’elenco delle canzoni uscite nell’estate del novantotto. Vi farà bene al cuore.

In quel tempo sospeso, che durò quasi due mesi, avvenne che Marco Pantani vinse il Giro d’Italia il 7 giugno e poi il Tour de France, arrivando a Parigi in maglia gialla il 2 agosto. Quel 2 agosto per me non significa solo Pantani in giallo, ma è anche il girono del mio primo concerto degli Elio e le Storie Tese. Da amante degli Elii – e con in testa ancora le gesta del Pirata di Cesenatico – speravo di sentire Sono Felice, la canzone che il gruppo scrisse per Felice Gimondi che fino al giorno prima era stato l’ultimo vincitore del Tour, nel lontano 1965. Ovviamente non andò così (bisognerebbe chiedere a loro, ma credo che non l’abbiano mai fatta dal vivo quella canzone), ma io nella mia testa sono sempre stato un grande costruttore di scalette alternative dei concerti e in qualche universo parallelo sono sicuro che sia successo davvero e che quel concerto a Centocelle se lo ricordino oggi ancora tutti.

Pantani trionfa al tour, 25 anni fa

Il tempo, lo avrete capito, è il filo rosso che tiene in piedi questa storia. Ed è inevitabile riflettere sulla sua relatività e su come un evento che sembra accaduto l’altro ieri sia invece successo un quarto di secolo fa. Con la sua doppietta Pantani confermava la sua grandezza ed entrava definitivamente nella leggenda. Dopo una carriera fino a quel momento costellata da tante imprese e troppi infortuni quei 57 giorni fecero riappacificare un’intera nazione con uno sport che in tanti iniziavano a non riconoscere più come tale, perché la fatica – per amarla – deve esserci qualcuno che te la sappia spiegare.
Ecco chi era Pantani. Uno che la fatica te la sbatteva in faccia con i suoi gesti. Sempre gli stessi che preannunciavano o sottolineavano l’inizio di una fase estremante faticosa che – con buone probabilità – avrebbe portato a qualcosa di importante. Pantani che si alleggerisce della borraccia. Pantani che si toglie gli occhiali e li lancia a terra come se la salita fosse meno irta se vista senza il filtro delle lenti. Pantani che abbassa le mani sulle corna del manubrio, come per domare la bicicletta. Come se non fossero la stessa cosa, ma due entità separate e l’esito della gara fosse determinato prima di tutto da quella lotta tra l’uomo e il mezzo. Pantani che tra una goccia di sudore che gli cade dal naso e l’altra sembra parlare con Dio per chiedergli di quanto le vite abbiano senso anche alla fine di una salita.  

Quell’estate a Cesenatico

Frequento Cesenatico e la Romagna da un po’ di anni, ormai. E ogni estate ci passo qualche giorno con la mia famiglia, che intanto è cresciuta. La scorsa estate ad esempio ogni mattina prima delle 7 io e Pietro sgattaiolavamo fuori casa e camminavamo sul lungomare fino alla statua dedicata proprio a Pantani. Lui nel passeggino desideroso di correre a infilare le gambe in quel nuovo elemento che stava imparando a conoscere: l’acqua salata del mare e io che invece lo portavo a prendere il primo sole della giornata in un parco. Ogni volta, ma davvero ogni volta, che vado a Cesenatico mi domando come sia stato vivere (o essere in vacanza) lì 25 anni fa. Mi metto nei panni dei possessori dei bagni, dei bar, dei chioschi di piadine, delle famiglie in ferie e sogno le loro vite, le loro vacanze, le loro quotidianità piene di rosa e di giallo. Sento il sapore dei gelati dell’epoca e il profumo dei quotidiani sportivi riscaldati dal sole. Di quando l’inchiostro era piombo e pure l’odore della carta stampata aveva qualcosa da racontare. E la risposta che mi do ogni volta è composta da tre parole: rumore, festa, gioia.

Pantani è il tempo della gioia

Quei 57 giorni di Marco Pantani sono stati una gioia non negoziabile. Di quelle che arrivano violente e ti buttano per terra. Che ti lasciano a malapena la forza di respirare e se ci pensi sei felice, ma in realtà non sei sicuro di sapere il motivo e pensi che allora è questa la gioia veraQuando sei così felice che te ne dimentichi e, semplicemente, vivi? In quei 57 giorni sono state dette e scritte parole bellissime su Pantani, ma più di ogni altra parola quello che ci resta oggi è la sensazione di aver assistito a qualcosa di unico (del resto nessuno in questi 25 anni c’è più riuscito) e raro e quindi prezioso. Un ricordo da proteggere.

Vedere un uomo minuto compiere imprese in sella a una bicicletta ci ha fatto battere il cuore e ci ha resi orgogliosi di essere italiani. Ché possiamo essere tutto quello che vogliamo, ma è solo quando c’è di mezzo la fatica che riusciamo a essere noi stessi. Vale per lo sport e vale per la vita. 25 anni fa a quest’ora tutti i Tg aprivano con la sua vittoria al Giro. Tutti i giornali uscivano con il suo volto in prima pagina. Qualcuno si iniziava a chiedere se avrebbe fatto anche il Tour. E tutti in cuor loro sapevano che ci avrebbe provato. Pantani è stato l’ultimo eroe del popolo.

Tutto quello che è venuto dopo di lui è stato meno schietto che non significa falso, bugiardo o meno vero. Significa solo che senza un Pantani a compiere certe gesta non ti viene voglia di salire in bici sul lungomare di Ostia (è una storia vera), coi tuoi amici, e non giochi a io faccio Pantani e tu fai Ullrich. Pure se quella è la tua ultima estate da minorenne e se la ragazza che ti piace ti guarda e qualche domanda se la fa. 25 anni fa, per 57 giorni, Pantani è stato la più bella storia italiana dal dopoguerra in un tempo sospeso in cui tutto doveva ancora iniziare e tutto doveva ancora finire. Non sapevamo nulla.
Eravamo soltanto felici.

Fonte: Maremosso

Per approfondire

Pantani per sempre

Di Davide De Zan | Libreria Pienogiorno, 2022

In nome di Marco. La voce di una madre, il cuore di un tifoso

Di Tonina PantaniFrancesco Ceniti | Rizzoli, 2013

Pantani era un dio

Di Marco Pastonesi | 66thand2nd, 2014

Gli ultimi giorni di Marco Pantani

Di Philippe Brunel | Rizzoli, 2011

Le leggende del ciclismo. Da Gerbi a Pantani, tante grandi storie su due ruote

Di Beppe Conti | DIARKOS, 2020

Da Merckx a Pantani. Davide Boifava racconta i suoi campioni

Di Beppe Conti | Graphot, 2007

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus