Sweden

“OLTRE 2.000 CACCIATORI, SI SPARA ANCHE AI CUCCIOLI NATI IN PRIMAVERA”, L’APPELLO ALL’UE CONTRO LA CAMPAGNA DI ABBATTIMENTO DEI LUPI IN EUROPA

Secondo il Governo svedese gli abbattimenti serviranno ad “aumentare l’accettazione del lupo tra la popolazione” ma gli esperti accusano: “Campagna di demonizzazione della specie, è in corso una mobilitazione senza precedenti, con l’ausilio delle ultime tecnologie e con grandi mute di cani in braccata”

Un lupo morto dopo essere stato colpito da un cacciatore in Svezia
https://www.ildolomiti.it/ambiente/2023/oltre-2000-cacciatori-si-spara-anche-ai-cuccioli-nati-in-primavera-lappello-allue-contro-la-piu-grande-campagna-di-abbattimento-dei-lupi-in-europa

Di Tiziano Grottolo – 06 Gennaio 2023 – 16:44

STOCCOLMA (Svezia). Sta facendo discutere la decisione presa dal Governo svedese di avviare una campagna di abbattimenti dei lupi su larga scala. Di fatto si tratta della più grande battuta di caccia al lupo organizzata da un Paese dell’Unione europea.

Della vicenda si è interessata anche l’associazione italiana “Io non ho paura del lupo” che lavora su Alpi e Appennini con l’obiettivo di assicurare la conservazione del lupo in Italia e in Europa e la sua coesistenza con le attività dell’uomo. “Da tempo siamo a conoscenza delle problematiche che riguardano la conservazione del lupo in Svezia e più in generale dei problemi che colpiscono la popolazione di lupo scandinava minacciata da diversi fattori”.

La popolazione di lupi svedesi infatti è minacciata da un lato dal cosiddetto inbreeding, cioè l’impoverimento genetico causato da un alto livello di consanguineità tra gli individui, dall’altro dal bracconaggio. Come ricordano gli esperti italiani le associazioni locali parlano di circa 80 esemplari uccisi ogni anno dai bracconieri. “Più in generale in Svezia è in corso una campagna di demonizzazione della specie portata avanti da tutti gli stakeholder in maniera sistematica, in un contesto diverso da quello italiano ma di fatto altrettanto permeato di cattiva informazione”.Contenuto sponsorizzato

Proprio per questo a nome della European Alliance for Wolf Conservation (con il supporto dell’Associazione Svedese per i Grandi Carnivori) gli esperti di “Io non ho paura del lupo” hanno inviato diverse lettere alla Direzione generale dell’Ambiente di Bruxelles evidenziando gli inadempienti che il Governo Svedese starebbe compiendo rispetto agli obblighi previsti dal diritto dell’Ue e nel rispetto Direttiva Habitat. Dal canto suo la Commissione Europea ha sempre risposto sottolineando che anche la Svezia, come Stato membro dell’Ue, è obbligata a raggiungere e mantenere uno stato di conservazione favorevole per tutte le specie e i tipi di habitat contemplati dalla Direttiva, lupi inclusi. 

Eppure la Svezia non sembra aver portato delle motivazioni scientifiche convincenti prima di dare il via alla campagna di abbattimenti. Le autorità infatti hanno dato l’ok per l’uccisione di 75 lupi sui 460 esemplari presenti sul suolo svedese. “In queste ore oltre 2.000 cacciatori sono impegnati nell’uccisione totale di 14 branchi, inclusi i cuccioli nati in primavera”, precisano dall’associazione. “Una mobilitazione senza precedenti, con l’ausilio delle ultime tecnologie e con grandi mute di cani in braccata. Dal conteggio inoltre vengono esclusi i lupi abbattuti che risultano affetti da scabbia così come non viene fatta alcuna distinzione tra gli esemplari di alcune aree che conservano un patrimonio genetico diverso, spesso relativo alla popolazione russo/finlandese, di fondamentale importanza per la conservazione della popolazione scandinava alle prese con grossi problemi genetici”.

Ma perché la Svezia sta portando avanti questa campagna senza precedenti? “Le motivazioni non sono riconducibili a problemi di carattere economico” sottolineano da “Io non ho paura del lupo”. I numeri delle predazioni su animali domestici infatti sarebbero irrisori: “Nel caso delle pecore non rappresentano nemmeno lo 0,1% degli animali al pascolo. Inoltre, nonostante la crescita della popolazione di lupo, negli ultimi anni i danni sono perfino diminuiti grazie a un ampio utilizzo di reti e altri mezzi di prevenzione”.Contenuto sponsorizzato

Paradossalmente anche la motivazione fornita dal Governo svedese per giustificare gli abbattimenti. “Da una parte c’è quello che dimostra la scienza, e cioè che i grandi carnivori sono ben accetti dal 70% o più della popolazione che vive nelle aree in cui essi sono presenti, dall’altra cacciatori e realtà politiche che affermano che la maggioranza della popolazione svedese sarebbe contraria ai lupi, anche se non forniscono alcuna documentazione a supporto della loro tesi”.

Ora, l’obiettivo del governo, paradossalmente, sarebbe quello di “aumentare l’accettazione del lupo tra la popolazione” attraverso gli abbattimenti. “Eppure un recente studio in corso di pubblicazione condotto dall’Università Svedese dell’Agricoltura non mostrerebbe però alcuna differenza statistica significativa nell’accettazione dei lupi da parte della popolazione prima e dopo queste uccisioni”.

Secondo l’associazione le reali motivazioni potrebbero essere riconducibili al “Trophy Hunting” e a una cultura venatoria molto radicata in Svezia. “Questa cultura vede nella caccia ai grandi predatori come lupo, orso e lince un’attività connessa più alla tradizione rurale che alla conservazione e gestione scientifica dei predatori. Ogni anno diverse centinaia di orsi e circa un centinaio di linci vengono di fatto uccisi legalmente in Svezia”. È alla luce di queste considerazioni che viene rivolto un appello alla Commissione Europea affinché vengano avviate le eventuali procedure di infrazione contro il Governo Svedese.

Fonte: Il Dolomiti

http://www.lifemircolupo.it
http://www.gransassolagapark.it/pagina.php?id=343

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila

SALUTE, INQUINAMENTO DELL’ARIA E COVID19: C’E’ UN NESSO

Vivere in aree sature di particolato atmosferico causa un rischio maggiore di contrarre il COVID: la conferma in uno studio svedese.

Si torna a parlare di una relazione tra qualità dell’aria e COVID-19.
https://www.focus.it//scienza/salute/inquinamento-aria-covid

Una nuova ricerca sembra confermare l’esistenza di un legame tra la (cattiva) qualità dell’aria e il rischio di ammalarsi di COVID. Secondo uno studio condotto su un campione di giovani adulti dagli scienziati del Karolinska Institutet (Svezia), i residenti in aree ad elevata concentrazione di polveri sottili e fuliggine corrono maggiori probabilità di avere tra le mani un tampone positivo rispetto a chi abita in zone meno inquinate.

L’esposizione agli inquinanti generati dal traffico e tipici delle grandi città – come quelli che incombono sulla Pianura Padana, primo epicentro della COVID in Europa – è dunque associata a un rischio maggiore di risultare positivi al SARS-CoV-2, anche se lo studio rileva semplicemente un’associazione e non dà informazioni sulle possibili cause. 

I PRECEDENTI. Già diversi studi hanno segnalato una relazione tra l’inquinamento dell’aria e la distribuzione dei maggiori focolai di covid, ed è noto che vivere sotto cieli particolarmente inquinati contribuisce a una maggiore incidenza di casi di influenza e di SARS (un altro coronavirus “parente” di quello della covid). Da un lato, chi respira aria densa di particolato è più suscettibile alle infezioni respiratorie, dall’altro, alcune passate ricerche hanno evidenziato che i virus si diffondono anche grazie alle particelle inquinanti sospese nell’aria che inaliamo.

QUALITÀ DELL’ARIA. Nello studio pubblicato su JAMA Network Open, il team svedese ha individuato 425 persone positive alla covid con la diagnosi confermata da un tampone PCR tra maggio 2020 e la fine di marzo 2021. L’età media dei partecipanti, per il 54% donne, era di 26 anni. Conoscendo l’indirizzo di questi pazienti, asintomatici o con sintomi lievi, gli scienziati hanno stimato le concentrazioni diurne nelle loro zone di residenza di diversi inquinanti dell’aria: il PM10 e il PM2.5 (le polveri fini e ultrafini, capaci di penetrare nella parte superiore dell’apparato respiratorio e nella circolazione sanguigna), oltre alla fuliggine e agli ossidi di azoto.

Una nuova ricerca sembra confermare l’esistenza di un legame tra la (cattiva) qualità dell’aria e il rischio di ammalarsi di covid. Secondo uno studio condotto su un campione di giovani adulti dagli scienziati del Karolinska Institutet (Svezia), i residenti in aree ad elevata concentrazione di polveri sottili e fuliggine corrono maggiori probabilità di avere tra le mani un tampone positivo rispetto a chi abita in zone meno inquinate.

L’esposizione agli inquinanti generati dal traffico e tipici delle grandi città – come quelli che incombono sulla Pianura Padana, primo epicentro della covid in Europa – è dunque associata a un rischio maggiore di risultare positivi al SARS-CoV-2, anche se lo studio rileva semplicemente un’associazione e non dà informazioni sulle possibili cause. 

I PRECEDENTI. Già diversi studi hanno segnalato una relazione tra l’inquinamento dell’aria e la distribuzione dei maggiori focolai di covid, ed è noto che vivere sotto cieli particolarmente inquinati contribuisce a una maggiore incidenza di casi di influenza e di SARS (un altro coronavirus “parente” di quello della covid). Da un lato, chi respira aria densa di particolato è più suscettibile alle infezioni respiratorie, dall’altro, alcune passate ricerche hanno evidenziato che i virus si diffondono anche grazie alle particelle inquinanti sospese nell’aria che inaliamo.

QUALITÀ DELL’ARIA. Nello studio pubblicato su JAMA Network Open, il team svedese ha individuato 425 persone positive alla covid con la diagnosi confermata da un tampone PCR tra maggio 2020 e la fine di marzo 2021. L’età media dei partecipanti, per il 54% donne, era di 26 anni. Conoscendo l’indirizzo di questi pazienti, asintomatici o con sintomi lievi, gli scienziati hanno stimato le concentrazioni diurne nelle loro zone di residenza di diversi inquinanti dell’aria: il PM10 e il PM2.5 (le polveri fini e ultrafini, capaci di penetrare nella parte superiore dell’apparato respiratorio e nella circolazione sanguigna), oltre alla fuliggine e agli ossidi di azoto.

https://ki.se/en

#KarolinskaInstitutet Solnavägen 1, 171 77 #Solna, #Svezia #Sweden

Fonte: FOCUS

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila