Amazzonia

STANNO UCCIDENDO L’AMAZZONIA

Cari avaaziani,
L’Amazzonia non sta morendo. La stanno uccidendo.

Da 6mila anni, il mio popolo ama e rispetta questa foresta, la più grande manifestazione della vita sul nostro Pianeta. Ma le compagnie petrolifere tutto questo non lo vedono. Trivellano proprio dove è più vitale, riversando la loro nera morte nei nostri fiumi e peggiorando la febbre della Terra. Stanno uccidendo la foresta e tutta la vita che ospita. Ora queste gigantesche compagnie si preparano a “oliare” le trattative durante la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che inizia questa settimana. A guidare la COP di Dubai, assurdo, ci sarà il capo di un colosso del petrolio. E centinaia di lobbisti si preparano a festeggiare.

Non possiamo lasciare che siano loro a parlare per l’Amazzonia.

Le trattative stanno per cominciare, ma noi abbiamo un intrepido piano per intervenire con le nostre voci a sua difesa, perché non solo viviamo nella foresta, ma siamo parte di essa. I Suruí, i Baniwa, i Karipuna, gli Ashinka e molte altri popoli indigeni vogliamo essere TUTTI ascoltati.

Se raccoglieremo abbastanza, potremo mandare al vertice una delegazione di leader indigeni, fiancheggiati da campaigner di Avaaz, per affrontare faccia a faccia i governi e opporci alle più imponenti aziende al mondo davanti alle telecamere. Ma non lasciarci soli in questa impresa.

Ti chiedo di sostenere la ribellione indigena contro i combustibili fossili nell’Amazzonia. Nessuno si batterà quanto noi. Dona ciò che puoi ora con un solo click.

https://secure.avaaz.org/campaign/it/all_out_for_amazon_loc/?bXYtkdb

Mio padre era il grande capo Almir Suruí, lui mi ha insegnato ad ascoltare le stelle, il vento, gli animali e gli alberi. Ora, stanno invocando aiuto insieme a noi.

Il clima ci sta avvertendo. Gli animali stanno scomparendo e le nostre piante non fioriscono più come un tempo. In Amazzonia ci sono più specie di piante di quante stelle nel firmamento, e guarda cosa gli stanno facendo!

La comunità di Avaaz è stata un fedele alleato nella lotta per salvare la foresta. Avete sostenuto le comunità indigene per aiutarci a manifestare, pianificare e parlare con la forza coesa di un’unica voce. Ora abbiamo bisogno del vostro aiuto per far entrare la nostra voce nelle stanze del potere, da soli non ce la faremo. Con il tuo sostegno, Avaaz potrà:

  • Portare le potenti voci degli indigeni direttamente dall’Amazzonia alla Conferenza delle Nazioni Unite per il Clima;
  • Organizzare azioni incisive per attrarre l’attenzione dei media presenti al vertice, per inserire a tutti i costi le tutele per l’Amazzonia nell’agenda politica;
  • Far fiancheggiare i leader indigeni da brillanti campaigner di Avaaz: per aiutare a vincere le tutele legali sulle terre dell’Amazzonia.
  • Permettere alle comunità dell’Amazzonia di partecipare a tutte le trattative chiave del prossimo anno: lotteremo per la difesa della foresta ad ogni occasione; e
  • Finanziare la campagna di Avaaz per la difesa dell’Amazzonia, costruendo una squadra di campaigner ed esperti legali per contrastare l’industria mineraria, petrolifera e del legname.

L’Amazzonia è l’ecosistema più complesso della Terra e la mia gente fa parte della stessa trama. Se la foresta viene colpita a morte, lo siamo anche noi. Il destino dell’Amazzonia è in pericolo e ci devono dare ascolto.

L’Amazzonia non ha solo bisogno di eroi; ha bisogno di voci sagge. Voci che risuonano della profondità della foresta e delle acque cristalline che la sostengono. Non è mai stato così urgente e dobbiamo continuare ad essere presenti. La sopravvivenza dell’Amazzonia dipende ora dalla nostra unità e il tuo sostegno potrebbe contribuire a innescare una rivolta storica per salvarla.

Per la vita selvatica,

Txai Suruí, della comunità indigena Paiter Suruí del Brasile, e tutto il team di Avaaz

Txai Suruí è un’attivista di 26 anni, ambientalista, protettrice della terra e sostenitrice dei diritti delle popolazioni indigene. Le terre della sua comunità sono tra le più devastate dagli impatti del cambiamento climatico. Ha fondato il Movimento giovanile indigeno di Rondônia, che riunisce i giovani del suo Stato, e coordina l’Associação de Defesa Etnoambiental-Kanindé, un’organizzazione comunitaria che lavora con le popolazioni indigene da oltre 30 anni.

Maggiori informazioni:

  1. AIl presidente della Cop28 è il capo della compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti ((Lifegate)
  2. Perché la Foresta Amazzonica è più importante di quanto pensiamo, e come salvarla  (Fan Page)
  3. L’Amazzonia verso il punto di non ritorno entro il 2064, se non si ferma la deforestazione  (Ohga)
  4. Stop di Petrobras in Amazzonia, gli ambientalisti dicono no  (Oilgasnews)
  5. Cop28: Paesi divisi sul futuro del fossile  (La Svolta)
  6. Kanindé (in portoghese, spagnolo e inglese) Associazione di difesa etnoambientale
Cari avaaziani,
L’Amazzonia non sta morendo. La stanno uccidendo.

Da 6mila anni, il mio popolo ama e rispetta questa foresta, la più grande manifestazione della vita sul nostro Pianeta. Ma le compagnie petrolifere tutto questo non lo vedono. Trivellano proprio dove è più vitale, riversando la loro nera morte nei nostri fiumi e peggiorando la febbre della Terra. Stanno uccidendo la foresta e tutta la vita che ospita. Ora queste gigantesche compagnie si preparano a “oliare” le trattative durante la conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che inizia proprio domani. A guidare la COP di Dubai, assurdo, ci sarà il capo di un colosso del petrolio. E centinaia di lobbisti si preparano a festeggiare. Non possiamo lasciare che siano loro a parlare per l’Amazzonia.

Le trattative stanno per cominciare, ma noi abbiamo un intrepido piano per intervenire con le nostre voci a sua difesa, perché non solo viviamo nella foresta, ma siamo parte di essa. I Suruí, i Baniwa, i Karipuna, gli Ashinka e molte altri popoli indigeni vogliamo essere TUTTI ascoltati.Se raccoglieremo abbastanza, potremo mandare al vertice una delegazione di leader indigeni, fiancheggiati da campaigner di Avaaz, per affrontare faccia a faccia i governi e opporci alle più imponenti aziende al mondo davanti alle telecamere. Ma non lasciarci soli in questa impresa.
Ti chiedo di sostenere la ribellione indigena contro i combustibile fossili nell’Amazzonia. Nessuno si batterà quanto noi. 

Mio padre era il grande capo Almir Suruí, lui mi ha insegnato ad ascoltare le stelle, il vento, gli animali e gli alberi. Ora, stanno invocando aiuto insieme a noi.

Il clima ci sta avvertendo. Gli animali stanno scomparendo e le nostre piante non fioriscono più come un tempo. In Amazzonia ci sono più specie di piante di quante stelle nel firmamento, e guarda cosa gli stanno facendo!

Foto: @chamiltonjames

La comunità di Avaaz è stata un fedele alleato nella lotta per salvare la foresta. Avete sostenuto le comunità indigene per aiutarci a manifestare, pianificare e parlare con la forza coesa di un’unica voce. Ora abbiamo bisogno del vostro aiuto per far entrare la nostra voce nelle stanze del potere, da soli non ce la faremo. Con il tuo sostegno, Avaaz potrà:

  • Portare le potenti voci degli indigeni direttamente dall’Amazzonia alla Conferenza delle Nazioni Unite per il Clima;
  • Organizzare azioni incisive per attrarre l’attenzione dei media presenti al vertice, per inserire a tutti i costi le tutele per l’Amazzonia nell’agenda politica;
  • Far fiancheggiare i leader indigeni da brillanti campaigner di Avaaz: per aiutare a vincere le tutele legali sulle terre dell’Amazzonia.
  • Permettere alle comunità dell’Amazzonia di partecipare a tutte le trattative chiave del prossimo anno: lotteremo per la difesa della foresta ad ogni occasione; e
  • Finanziare la campagna di Avaaz per la difesa dell’Amazzonia, costruendo una squadra di campaigner ed esperti legali per contrastare l’industria mineraria, petrolifera e del legname.

L’Amazzonia è l’ecosistema più complesso della Terra e la mia gente fa parte della stessa trama. Se la foresta viene colpita a morte, lo siamo anche noi. Il destino dell’Amazzonia è in pericolo e ci devono dare ascolto.

L’Amazzonia non ha solo bisogno di eroi; ha bisogno di voci sagge. Voci che risuonano della profondità della foresta e delle acque cristalline che la sostengono. Non è mai stato così urgente e dobbiamo continuare ad essere presenti. La sopravvivenza dell’Amazzonia dipende ora dalla nostra unità e il tuo sostegno potrebbe contribuire a innescare una rivolta storica per salvarla.

Per la vita selvatica,

Txai Suruí, della comunità indigena Paiter Suruí del Brasile, e tutto il team di Avaaz

Txai Suruí è un’attivista di 26 anni, ambientalista, protettrice della terra e sostenitrice dei diritti delle popolazioni indigene. Le terre della sua comunità sono tra le più devastate dagli impatti del cambiamento climatico. Ha fondato il Movimento giovanile indigeno di Rondônia, che riunisce i giovani del suo Stato, e coordina l’Associação de Defesa Etnoambiental-Kanindé, un’organizzazione comunitaria che lavora con le popolazioni indigene da oltre 30 anni.

English translate

THEY ARE KILLING AMAZON

Dear avaazians,

The Amazon is not dying. They’re killing her. For 6 thousand years, my people have loved and respected this forest, the greatest manifestation of life on our Planet. But the oil companies don’t see all this. They drill right where it is most vital, pouring their black death into our rivers and worsening the Earth’s fever. They are killing the forest and all the life it supports. Now these giant companies are preparing to “grease” negotiations during the United Nations climate conference, which begins this week. The head of an oil giant will lead the Dubai COP, absurdly. And hundreds of lobbyists are preparing to celebrate.

We cannot let them speak for the Amazon. Negotiations are about to begin, but we have a fearless plan to intervene with our voices in its defense, because we not only live in the forest, but we are part of it. The Suruí, Baniwa, Karipuna, Ashinka and many other indigenous peoples ALL want to be heard. If we raise enough, we can send a delegation of indigenous leaders to the summit, flanked by Avaaz campaigners, to confront governments face to face and oppose the world’s biggest corporations in front of cameras. But don’t leave us alone in this endeavor. I ask you to support the indigenous rebellion against fossil fuels in the Amazon. Nobody will fight like us. Donate what you can now with just one click.

https://secure.avaaz.org/campaign/it/all_out_for_amazon_loc/?bXYtkdb

My father was the great leader Almir Suruí, he taught me to listen to the stars, the wind, the animals and the trees. Now, they are crying out for help along with us. The climate is warning us. Animals are disappearing and our plants no longer flower like they used to. There are more species of plants in the Amazon than there are stars in the firmament, and look what they’re doing to it!

The Avaaz community has been a staunch ally in the fight to save the forest. You have supported indigenous communities to help us demonstrate, plan and speak with the cohesive force of one voice. Now we need your help to get our voice into the halls of power, we won’t be able to do it alone. With your support, Avaaz will be able to:

  • Bringing powerful indigenous voices directly from the Amazon to the UN Climate Conference;
  • Organize incisive actions to attract the attention of the media present at the summit, to include protections for the Amazon on the political agenda at all costs;
  • Have indigenous leaders flanked by brilliant Avaaz campaigners: to help win legal protections for Amazonian lands.
  • Allow Amazon communities to participate in all key negotiations next year: we will fight for the defense of the forest at every opportunity;
  • Funding Avaaz’s campaign to defend the Amazon, building a team of campaigners and legal experts to fight the mining, oil and logging industries.

The Amazon is the most complex ecosystem on Earth, and my people are part of the same fabric. If the forest is struck dead, so are we. The fate of the Amazon is in danger and they must listen to us. The Amazon doesn’t just need heroes; it needs wise voices. Voices that resonate with the depths of the forest and the crystal clear waters that support it. It has never been more urgent and we must continue to be present. The survival of the Amazon now depends on our unity, and your support could help spark a historic uprising to save it.

For wild life,

Txai Suruí, from the indigenous Paiter Suruí Brazil community and the entire Avaaz team

The Amazon is not dying. They’re killing her. For 6 thousand years, my people have loved and respected this forest, the greatest manifestation of life on our Planet. But the oil companies don’t see all this. They drill right where it is most vital, pouring their black death into our rivers and worsening the Earth’s fever. They are killing the forest and all the life it supports. Now these giant companies are preparing to “grease” negotiations during the United Nations climate conference, which begins tomorrow. The head of an oil giant will lead the Dubai COP, absurdly. And hundreds of lobbyists are preparing to celebrate. We cannot let them speak for the Amazon. Negotiations are about to begin, but we have a fearless plan to intervene with our voices in its defense, because we not only live in the forest, but we are part of it. The Suruí, the Baniwa, the Karipuna, the Ashinka and many other indigenous peoples ALL want to be heard. If we raise enough, we will be able to send a delegation of indigenous leaders to the summit, flanked by Avaaz campaigners, to face the governments face to face and oppose them to the most impressive companies in the world in front of the cameras. But don’t leave us alone in this endeavor. I ask you to support the indigenous rebellion against fossil fuels in the Amazon. Nobody will fight like us.

My father was the great leader Almir Suruí, he taught me to listen to the stars, the wind, the animals and the trees. Now, they are crying out for help along with us. The climate is warning us. Animals are disappearing and our plants no longer flower like they used to. There are more species of plants in the Amazon than there are stars in the firmament, and look what they’re doing to it!

The Avaaz community has been a staunch ally in the fight to save the forest. You have supported indigenous communities to help us demonstrate, plan and speak with the cohesive force of one voice. Now we need your help to get our voice into the halls of power, we won’t be able to do it alone. With your support, Avaaz will be able to:

Bringing powerful indigenous voices directly from the Amazon to the UN Climate Conference;

Organize incisive actions to attract the attention of the media present at the summit, to include protections for the Amazon on the political agenda at all costs;

Have indigenous leaders flanked by brilliant Avaaz campaigners: to help win legal protections for Amazonian lands.

Allow Amazon communities to participate in all key negotiations next year: we will fight for the defense of the forest at every opportunity; And

Funding Avaaz’s campaign to defend the Amazon, building a team of campaigners and legal experts to fight the mining, oil and logging industries.

The Amazon is the most complex ecosystem on Earth, and my people are part of the same fabric. If the forest is struck dead, so are we. The fate of the Amazon is in danger and they must listen to us.

The Amazon doesn’t just need heroes; it needs wise voices. Voices that resonate with the depths of the forest and the crystal clear waters that support it. It has never been more urgent and we must continue to be present. The survival of the Amazon now depends on our unity, and your support could help spark a historic uprising to save it.

For wild life,

Txai Suruí, from the Paiter Suruí indigenous community of Brazil, and the whole Avaaz team

Txai Suruí is a 26-year-old activist, environmentalist, land protector and advocate for the Rights of indigenous peoples. His community’s lands are among the most devastated by the impacts of climate change. He founded the Indigenous Youth Movement of Rondônia, which brings together young people from his state, and coordinates the Associação de Defesa Etnoambiental-Kanindé, a community organization that has been working with indigenous populations for over 30 years.
Kanindè, Associacao de Defensa Etnoambiental
https://kaninde.eco.br

Perché la Foresta Amazzonica è più importante di quanto pensiamo e come salvarla

La siccità che colpisce la Foresta Amazzonica in questi mesi è diventata un’emergenza, e ci mostra come il polmone verde del pianeta sia sempre più fragile di fronte ai cambiamenti climatici e la deforestazione. Se l’ecosistema amazzonico collassa, la crisi climatica accelererà pericolosamente.

https://www.fanpage.it/attualita/perche-la-foresta-amazzonica-e-piu-importante-di-quanto-pensiamo-e-come-salvarla/

C’è una notizia di enorme importanza, che comprensibilmente fatica a fare breccia in un periodo tempestato di notizie drammatiche, ed è che il polmone verde del mondo si sta atrofizzando. La foresta amazzonica, da sempre uno dei simboli della resilienza ambientale e dei baluardi della lotta climatica, versa ormai in condizioni talmente critiche da rischiare di andare incontro a un degrado irreversibile.

Quella che oggi si configura come una problematica locale, che sta mettendo in difficoltà centinaia di comunità nel Brasile più profondo e compromettendo una delle zone con maggior biodiversità al mondo, ha infatti ripercussioni globali che non possiamo permetterci di trascurare.

Una distopia in Terra

Se proviamo a pescare nell’album fotografico delle nostre immagini mentali, il termine Amazzonia ci porterà probabilmente a evocare foreste rigogliose e zeppe di animali colorati, distese di alberi fittissimi solcati da fiumi azzurri e lucidi come uno specchi, villaggi portuali attorno a cui orbitano canoe, traghetti e gli onnipresenti delfini fluviali.

Fonte: Fan Page

L’Amazzonia verso il punto di non ritorno entro il 2064, se non si ferma la deforestazione

https://www.ohga.it/lamazzonia-verso-il-punto-di-non-ritorno-entro-il-2064-se-non-si-ferma-la-deforestazione/

Un nuovo studio, firmato da Robert Troovey Walker (professore all’Università della Florida), avverte che ampie porzioni della foresta amazzonica sono destinate al collasso in pochi decenni, se il tasso di disboscamento e di incendi si mantiene inalterato. Oggi più che mai, è importante preservare questo ecosistema vitale per il Pianeta.

Federico Turrisi • 12 Gennaio 2021

Al posto di una lussureggiante foresta pluviale, un’immensa savana: è questo il destino dell’Amazzonia? Se così fosse, sarebbe una tragedia. Perché diremmo addio a uno dei più preziosi tesori di biodiversità e non faremmo altro che aggravare la crisi climatica: come è risaputo, le grandi foreste tropicali danno un enorme contributo nella cattura e nello stoccaggio di anidride carbonica. Eppure, in un futuro neanche troppo lontano, la foresta pluviale più grande del mondo potrebbe raggiungere un punto di non ritorno, e l’incubo potrebbe diventare realtà.

A dirlo è un nuovo studio apparso sulla rivista scientifica Environment – Science and Policy for Sustainable Development e firmato da Robert Troovey Walker, docente di geologia presso l’Università della Florida (negli Stati Uniti), il quale indica anche una data: il 2064. Entro 44 anni, dunque, gran parte dell’Amazzonia potrebbe diventare una distesa arida con vegetazione arbustiva; e da lì non si riuscirebbe più a tornare indietro, o meglio a ripristinare l’ecosistema precedente.

Di chi è la colpa? Ma naturalmente dell’uomo. L’attività di disboscamento e gli incendi appiccati per fare spazio ai pascoli per il bestiame e alle monocolture (per lo più di soia), in aggiunta all’allungamento della stagione secca per effetto del cambiamento climatico (causato a sua volta dalla sempre più elevata concentrazione di gas a effetto serra), stanno peggiorando irrimediabilmente lo stato di salute della foresta amazzonica.

Non è la prima volta che gli esperti ci avvertono del rischio che stiamo correndo, e già qualche mese fa ti avevamo spiegato nel dettaglio quali sono le conseguenze disastrose del circolo vizioso siccità-deforestazionePer evitare il peggio è indispensabile allora porre un freno alla deforestazione, preservare gli ecosistemi e ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti a livello globale. Sono questi i cardini su cui dovrebbe poggiarsi l’azione politica per dirsi veramente green, parola sulla bocca di tutti che troppo spesso, però, rimane solo sulla carta.

Fonte | “Collision Course: Development Pushes Amazonia Toward Its Tipping Point”, pubblicato su Environment: Science and Policy for Sustainable Development il 23 dicembre 2020.

Fonte: Ohga

Stop di Petrobras in Amazzonia, gli ambientalisti dicono no

By Redazione Maggio 22, 2023

https://oilgasnews.it/stop-di-petrobras-in-amazzonia-gli-ambientalisti-dicono-no/

Nel bacino di Foz do Amazonas, al largo dello stato ai Amapà, in Brasile, si trova un giacimento petrolifero, che copre un’area lunga 2.200 chilometri all’estremo nord del Paese, riguardante anche la foce del Rio delle Amazzoni.

Petrobras, società brasiliana di ricerca, estrazione e raffinazione, ha richiesto l’autorizzazione alla trivellazione e all’estrazione del petrolio per, a detta loro, ottenere l’indipendenza energetica del Paese e per favorire una transizione ecologica sostenibile, ma Ibama, l’istituto brasiliano dell’ambiente e delle risorse naturali rinnovabili sotto la guida di Rodrigo Agostinho, gli ha negato i permessi perché i progetti della società non garantirebbero sicurezze sufficienti per la sopravvivenza di flora e fauna in caso di malfunzionamenti e perdite di petrolio dalle piattaforme.

Questo veto da parte di Ibama potrebbe chiudere per sempre il discorso perforazioni per quella porzione di territorio, sul quale Petrobras aveva progettato investimenti per un totale di 3 miliardi di dollari da qui al 2027.

Petrobras ha prontamente annunciato che farà ricorso, ma per sua sventura, può essere presentato solo alla stessa Ibama che con ogni probabilità non cambierà idea e continuerà a negare il consenso alle trivellazioni.

Il governo appare diviso in due fazioni: da una parte il Ministro delle Miniere e dell’Energia Alexandre Silveira, che invita Petrobras ad impiegare tutti gli sforzi necessari per dimostrare la fattibilità del progetto, fondamentale per creare nuovi posti di lavoro e per raggiungere l’indipendenza energetica.

Dall’altro lato, Marina Silva, Ministra dell’Ambiente, è pronta a tutto pur di difendere l’Amazzonia, forte dell’attenzione mediatica che in questo periodo il mondo ha rivolto al territorio brasiliano.

Nessuna dichiarazione invece dal Premier Lula, nonostante alcune sue dichiarazioni in campagna elettorale – aveva per esempio definito Prè-Sal, uno dei più grandi giacimenti petroliferi brasiliani, “un passaporto per il futuro” – facciano presagire che possa schierarsi a favore dello sfruttamento del giacimento.

Fonte: Oil Gas News

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

PETIZIONI IMPORTANTI DA SOSTENERE CON CHANGE.ORG

Firma la Dichiarazione dei Popoli per Salvare l’Amazzonia

https://secure.avaaz.org/campaign/it/save_the_amazon_2023_loc/

Mi chiamo Txai Suruí. Poche settimane fa, io e mia madre siamo state tenute in ostaggio per cinque ore da allevatori abusivi.

Questi uomini mi vedono come una nemica perché ho dedicato la mia vita a proteggere la foresta, ma non capiscono che sto lottando anche per loro.

L’Amazzonia, dove il mio popolo vive da più di 6 mila anni, è vicina a un punto di non ritorno ecologico che potrebbe trasformarla in una landa desolata.

Se non preveniamo questo collasso, l’atmosfera diventerà satura di anidride carbonica e la Terra si inaridirà, condannando diecimila specie all’estinzione. E la sopravvivenza di tutti noi, indigeni, allevatori, abitanti del Brasile e di tutto il mondo, sarà in pericolo.

Ma abbiamo un’ultima opportunità: i leader dei Paesi dell’Amazzonia si incontreranno in un vertice storico per difendere la foresta. Questa potrebbe essere l’occasione decisiva: dobbiamo convincerli a proteggere l’80% della foresta e a riconoscere definitivamente le terre indigene. La nostra voce dovrà essere più forte di quella degli allevatori.

Unisciti a me per difendere la foresta che connette e sostiene tutti noi, e farò arrivare la nostra voce direttamente ai leader al vertice. Firma ora!

Pubblicato il: 4 agosto 2023

Abbassiamo gli stipendi ai politici è ora di dire basta!!

https://www.change.org/p/abbassiamo-gli-stipendi-ai-politici-è-ora-di-dire-basta

Perché questa petizione è importante

Lanciata da Ramona Cambazzu

È ora di abbassare gli stipendi ai nostri politici, ormai sono anni che sopravviviamo a questa Italia disonesta, che ci fa annaspare con le tasse, che ci fa accettare stipendi inaccettabili,e lavori in nero per esigenza e invece i nostri politici che fanno? Hanno uno stipendio fuori dalla norma, hanno rimborsi spese,non pagano un aereo, non pagano un treno, hanno macchine dello stato che usano per i propri interessi e alcuni di loro prendono collaboratori in nero, noi non riusciamo a pagare le bollette a fine mese, non riusciamo a mantenere uno stile di vita dignitoso per la nostra famiglia, se tutto questo cambiasse, le cose credo migliorerebbero.

Ci sarebbero più soldi da usare per la sanità italiana che in certi posti va proprio a rotoli, ci sarebbero più fondi per la popolazione italiana e si risparmierebbero un sacco di soldi.

È il momento di agire, questi politici ci prendono in giro, a noi vogliono mettere un salario mínimo di 7,68 l’ora, mentre le loro tasche si riempiono a vista d’occhio, solo scaldando la poltrona nella camera dei deputati, facendo vacanze da sogno e giudicando e organizzando in modo ingiusto le nostre vite.

Ci vuole un intervento immediato affinché cada questa casta, si abbassi la disuguaglianza tra ricchi e poveri, e l‘Italia possa rinascere come paese, come popolazione che vuole restare nel suo paese natio e non emigrare per poter vivere dignitosamente.

FIRMA PER UN’UNIVERSITA’ PUBBLICA GRATUITA PER TUTTI Aiutaci a rompere il muro

https://www.change.org/p/universita-pubblica-gratuita-per-tutti

Lanciata

10 luglio 2023

Perché questa petizione è importante

Lanciata da Piero D’Antonio

LANCIAMO LA RIVOLUZIONE DELLA CONOSCENZA

Una rivoluzione per tornare a salire. Cambiamo gli indicatori per misurare il merito (crediti/tempo). Anzi, aboliamoli del tutto. Perché il merito è un’altra cosa. E interroghiamoci su che cosa sia davvero il merito.

Studenti e genitori, arrivare alla laurea è sempre più difficile. L’Italia è all’ultimo posto nelle classifiche dei laureati, un’ingiustizia sulla pelle di tanti giovani. Cambiare vuol dire molto, significa riuscire a entrare nell’ascensore sociale e salire in alto. Da troppi anni quell’ascensore è fermo e nessuno ha il coraggio e la volontà di ripararlo e farlo ripartire.

Il merito non si può valutare solo in base al rendimento. Vanno considerati anche il punto di partenza, le condizioni sociali ed economiche, l’impegno e la tenacia necessari per farcela. La scuola e l’università devono dare una buona preparazione. Ma soprattutto stimolare il senso critico, per allenare la mente a ragionare, libera e senza lacci.

Perché impedire a un ragazzo/a di diventare scienziato o avvocato se il papà è falegname? E’ davvero il caso di legare la borsa di studio non solo al reddito famigliare (ISEE – Indicatore della Situazione Economica Equivalente), ma anche al tanto invocato merito, che si concretizza nel raggiungimento di un numero minimo di crediti conseguiti in un certo arco di tempo, non uno di meno, che qualcuno decide dall’alto come la cosa giusta, e che  diventa perciò il sigillo del merito stesso? Perché alzare i muri, perché la corsa è sempre ad ostacoli? Cambia qualcosa, per il Paese, se per arrivare all’alloro ci si impiega un giorno oppure dieci solo perché si parte svantaggiati? Il merito è arrivare alla meta!

L’Università deve essere gratuita e aperta a tutti, senza che qualche solone –  miope e bizantino – decida se farti entrare nell’ascensore e farti salire oppure condannarti a rimanere dove sei. Il sostegno alla scuola e all’università pubblica è un investimento essenziale per il Paese, non è un costo. Ogni ragazzo e ogni ragazza che si laurea lo rende più forte. Se il problema è reperire fondi, tagliamo dai bilanci quelli enormi e crescenti degli armamenti e sosteniamo scuola, università e conoscenza.

La Comunità di Finalmente 2024 – Ferrara www.labastigliaweb.it lanciano una petizione per chiedere che l’università pubblica sia gratuita e accessibile a tutti.  Il modello che proponiamo è quello della Danimarca, un Paese in cui l’università non solo è gratuita ma che crede a tal punto nel valore della conoscenza che paga un mensile fisso (più di 800 euro) ai ragazzi – danesi e, udite udite, studenti di tutta l’Unione europea – perché possano frequentare, con l’unico obbligo di impegnarsi in un lavoro socialmente alcune ore alla settimana.

Sostieni la nostra petizione, per un’università gratuita e accessibile a tutti e slegata dalla logica che oggi si fa passare per merito, ma che in realtà è solo discriminazione.

Promotori:

Finalmente 2024 – Ferrara

FB:  https://www.facebook.com/finalmente2024/
Web: sites.google.com/view/finalmente2024
Gruppo FB: https://www.facebook.com/groups/finalmente2024

 LaBastigliaWeb  www.labastigliaweb.it

No al ponte sullo Stretto

https://www.change.org/p/no-al-ponte-sullo-stretto-7287f54b-0496-45a7-b5ad-3c38e0e60d15

Lanciata

28 luglio 2023

Perché questa petizione è importante

Lanciata da Carlo Castorina

Fermiamo lo sperpero per il ponte sullo Stretto di Messina, opera di pubblica inutilità che serve solo alle cosche mafiose ed ai politici. Ulteriori argomentazioni non servono in quanto chi in Italia è capace di un pensiero critico, già sa come vanno le cose.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

PAOLA GIANOTTI PEDALA IN BRASILE CONTRO LA DEFORESTAZIONE DELL’AMAZZONIA

30 MARZO 2023

Paola Gianotti presto pedalerà in Brasile. Ha annunciato la sua prossima iniziativa in bicicletta: Bike 4 Tree Brazil. L’atleta, viaggiatrice, autrice e speaker motivazionale ha recentemente ottenuto il suo quarto Guinness World Record. Ha viaggiato per il mondo e partecipato a sfide estreme. Continua a battersi ogni giorno per la sicurezza sulle nostre strade con la campagna Io Rispetto il Ciclista.

Con la sua attività di mental coach porta le sue esperienze nelle aziende per eventi di formazione e coaching. Nel 2022 ha pedalato in Italia per il progetto Bike4Tree e la prossima destinazione, per questo 2023, è il Brasile.

Paola Gianotti: in Brasile per Bike 4 Tree

Lo ha annunciato lei stessa attraverso i suoi canali social: “Lunedì 3 Aprile parto per il Brasile per attraversare parte del Mato Grosso in bici e documentare la bellezza di un territorio unico ai confini con l’Amazzonia ma anche i problemi legati alla sua deforestazione”.

Un’iniziativa per la riforestazione ma anche di promozione della ciclabilità“Sarò anche madrina per il progetto Ride Like a Pro Brazil, una straordinaria pedalata in quella che è considerata la Svizzera “brasiliana” grazie all’invito del consolato italiano di San Paolo!”, spiega Paola.

Ad accompagnarla in questa nuova iniziativa-a-pedali ci saranno importanti realtà che si occupano di alimentazione sostenibile e agricoltura biologica: Fairtrade Italia e Alce Nero.

Paola Gianotti, ultracyclist italiana sta per compiere la sua ennesima impresa stavolta a difesa degli alberi e contro la deforestazione dell’Amazzonia in Brasile: l’evento cicloturistico è chiamato #Bike4TreeBrazil

Paola non vede l’ora di partire per questa nuova avventura: “Sono pronta e carica per questa nuova avventura all’insegna della bici, della sostenibilità e della vita! E voi siete pronti a seguirmi?”.
Gianotti alla Fiera del Cicloturismo 2023
Intanto questo weekend Paola Gianotti sarà presente alla Fiera del Cicloturismo di Bologna – evento ad ingresso gratuito previa registrazione online a questo indirizzo www.fieradelcicloturismo.it – e parlerà sul palco dei Bikeitalia Talks sabato 1 aprile alle ore 15:00 intervistata da Paolo Pinzuti, Cycling Executive Officer di Bikenomist, partendo dalla sua relazione Nulla è impossibile, basta crederci.

Una bici salverà l’Amazzonia? Paola Gianotti in Mato Grosso

Il racconto di un viaggio che comincia dagli occhi ed entra nel cuore

LIBORIO LA MATTINA

Una bici salverà l’Amazzonia? Paola Gianotti in Mato Grosso
https://www.giornalelavoce.it/news/attualita/531612/una-bici-salvera-lamazzonia-paola-gianotti-in-mato-grosso.html

Temeraria, appassionata, innamorata della bici e della natura. Lei è Paola Gianotti, una di quelle italiane, di quelle eporediesi, di cui andare fieri.  Una donna da guinness dei primati e, in sella alla sua bici, ne ha conquistati quattro. Nel 2014 come donna più veloce del mondo ad aver circumnavigato il globo. Nel 2016 per aver attraversato i 48 stati USA in 43 giorni. L’anno successivo, nel 2017, per aver attraversato il Giappone da Nord a Sud in 9 giorni. Nel 2020, durante il primo lockdown, per aver pedalato per 12 ore sui rulli in cassa per 366 km e raccolto i fondi per acquistare 10.600 mascherine da donare a due ospedali piemontesi.

Dallo scorso 3 aprile si trova in Brasile per una iniziativa che le fa onore: percorrere 1.200 km attraverso il Mato Grosso e documentare un territorio unico, ai confini con l’Amazzonia, e tutto quello che sta accadendo con le deforestazione e le coltivazioni intensive.

“Bike 4 Tree Brazil” vuole insomma essere un appello all’umanità ma anche una promozione della ciclabilità.

La cronaca è tutta sul suo profilo di facebook.

“Gli alberi sono la mia casa spirituale! – scrive mercoledì 12 aprile –  Che emozione! Che giornata! Di quelle che non si dimenticano:  arrivare nella riserva indigena Xavantes nel villaggio di Santa Clara. Una riserva di circa 40 famiglie che cercano di mantenere la loro cultura e le loro radici. Certo è che con l’avvento dell’uomo bianco un centinaio di anni fa che ha iniziato a insediarsi vicino a loro (ammazzandone anche molti) tutto questo è stato decisamente compromesso. Ma la loro identità è molto forte, le loro tradizioni anche e la difesa del territorio è diventata una priorità.  Quel territorio che gli è stato portato via a causa del disboscamento per far spazio agli allevamenti, all’agricoltura estensiva e che invece rappresenta la loro casa.  La loro casa fisica e spirituale. Oggi guardare i loro occhi, la loro vita, la loro essenza mi ha fatto ancora di più capire quanto sia fondamentale rispettare l’ambiente attraverso le nostre scelte quotidiane che purtroppo, anche se fatte a migliaia di chilometri di distanza, impattano sul Pianeta e anche sulla loro vita…”.

Ad ogni tappa, ogni giorno è un racconto sulla natura sconfinata e lussureggiante che le riempie il cuore di gioia o che glielo distrugge, quando gli occhi incontrano chilometri, chilometri e chilometri di campi di soia, mais e cotone. Addio natura, addio  ecosistema.

“Ho bisogno di elaborare tutto questo – dice e scrive – senza dare giudizi ma raccontando con oggettività quello sto vedendo in questo sperduto ma meraviglioso pezzo di mondo che noi possiamo contribuire a proteggere….”.

Insomma “questo non è un viaggio in bici, è un viaggio nella vita, nella cultura, nel rispetto dell’ambiente e nella giustizia del mondo”.

Ed è questo uno dei motivi per cui Paola ha deciso di attraversare il Mato Grosso. Perché le attività illegali e la mancanza di protezione del territorio stanno distruggendo l’ambiente.

“Per questo – dice – sostengo WOWnature, in particolare l’area WOW Arcipelago di Bailique…”.

I suoi abitanti hanno sempre vissuto in armonia con la foresta, l’ambiente fluviale e l’habitat circostante. 

Pesca su piccola scala, agricoltura, raccolta e gestione sostenibile della palma di açaí sono le principali fonti di reddito locale. Ma l’equilibrio tra queste comunità e l’ambiente è stato scosso dalla progressiva erosione del terreno e dagli incendi degli ultimi anni. 

“Con WOWnature – aggiunge Paola Gianotti –  si sostengono i protettori della foresta e si collabora con la popolazione autoctona che la valorizza. ..”.

A Pasqua la donna dei record si trovava nel Mirante del centro geodesico dell’America Latina, esattamente a metà tra l’oceano Pacifico e quello Atlantico, a Chapada Dos Guimarães.

“Mi sono addentrata nella foresta – spiega  – dove ho incontrato una famiglia di biologi che vivono in un luogo incontaminato e che praticano il sistema agro forestale: cioè invece di distruggere l’ambiente deforestando o con le culture estensive, producono secondo ritmi sostenibili ed ecologici per aumentare i benefici sociali, economici e ambientali dell’uso della terra ..”.

A Pasquetta ha raggiunto Primavera Do Leste, dopo aver continuato ad esplorare l’interno del parco Chapada Dos Guimarães.

“Uno spettacolo allo stato puro con formazioni rocciose rosse, grandi pareti di roccia e una distesa infinita di natura come mai visto prima. Qui, tra la natura infinita, mi sono sentita in pace con il mondo. Quel mondo che amo. Quel mondo in equilibrio. Quel mondo che voglio. Per questo mi batterò sempre per preservarlo. Per non vedere la sua devastazione. Per me.  Per gli altri. Per il mondo…”.

Nei giorni precedenti lunghe pedalate sulla Transpantaneira, la strada che da Poconè giunge a Porto Jofre all’interno del Pantanal, la zona umida più grande al mondo.

“120 ponticelli, il rosso dello sterrato in contrasto con il verde vivo della foresta, migliaia di uccelli, qualche piccolo cobra e tanti capibara.  Una natura sconfinata ai confini del mondo che mi ha tanto aperto il cuore per la sua bellezza quanto fatto male per la sua distruzione. Un posto incantato che tutto il mondo dovrebbe conoscere ma soprattutto un posto che tutto il mondo dovrebbe proteggere…”.

Nelle cronache giornalistiche del 2020 gli incendi dolosi alla foresta, la morte dei suoi abitanti e la scomparsa del 40 per cento delle specie animali che lì vivevano…

“In nome di cosa? – alza gli occhi al cielo Paola Gianotti –  Del dio denaro. Dello schifoso dio denaro. Oggi mi sono vergognata di essere parte del genere umano. Mi sono vergognata di ciò che siamo in grado di fare.  Mi sono vergognata dell’egoismo infinito dell’uomo. Ma poi ho incontrato Daniel, che lavora nella foresta con il turismo, che ama tutto ciò che ne fa parte e che mi ha detto: chi uccide la foresta e i suoi animali uccide anche noi. Io amo la foresta, i suoi abitanti e la proteggerò per sempre. E lì ho capito che c’è speranza e che quella speranza deve essere trasformato in una coscienza collettiva a tutela del Pianeta.  Perché solo così possiamo ritenerci di essere chiamati Uomini….”.

In Brasile Paola Gianotti è già stata ricevuta durante una seduta del Governo dello Stato del Mato Grosso, quindi applaudita dal deputato Beto Pereira. 

A San Paolo, una città da 12 milioni di abitanti è stata accolta dal  Console Italiano Domenico Fornara che già aveva conosciuto nel 2016 in Uganda con l’iniziativa “100 biciclette a 100 donne ugandesi.

“Il suo invito qui è stata la molla che mi ha spinta ad attraversare il Mato Grosso per documentare la sua bellezza ma anche la sua deforestazione – sottolinea Gianotti nei suoi racconti – E qui a San Paolo proprio il consolato italiano mi ha organizzato due incontri con i ragazzi degli istituti italiani di San Paolo a cui ho raccontato la mia storia motivandoli a raggiungere i propri sogni e un incontro per parlare di sicurezza stradale sulla bellissima ciclovia Franco Montoro che attraversa una parte di San Paolo ed è stata da poco illuminata dall’Enel per essere più sicura e utilizzata anche la sera. Un programma intenso ma importante per portare a conoscenza i temi a me più cari: l’ambiente e il rispetto del ciclista, ricordando a tutti che ognuno con le proprie scelte decide ogni giorno quanto impattare sul nostro Pianeta e quanto essere artefice della realizzazione dei propri sogni…”.

E come dentro ad un film, il finale è tutto nella foto di un tramonto.

“Ho pedalato in una natura sconfinata ma anche in una natura sconfitta. Ho visto alberi rigogliosi e secolari e immense distese di agricoltura estensiva. Ho conosciuto il popolo degli indios e visto la forte impronta occidentale. Un Paese incredibile ma con molte contraddizioni.  Un Paese che ha tantissimo da offrire e che  merita di essere visitato, conosciuto, protetto. Va protetta la sua natura incredibile, le sue persone meno abbienti, la sua cultura secolare. E io come sempre credo che ognuno di noi possa fare il suo, cambiando piccoli comportamenti quotidiani e cercando di avere una vita molto più rispettosa nei confronti dell’ambiente e delle persone. Perché quando sai che un bambino muore perché denutrito o che viene abbattuta una foresta non puoi essere indifferente. E io non lo sono e non lo voglio essere perché credo che ognuno di noi abbia il dovere di rendere questo mondo più equo e più bello….”.

E il viaggio continua…!

L’obiettivo

Paola Gianotti ha deciso di sostenere attraverso questo viaggio l’Arcipelago di Bailique in Brasile, nella parte nord dell’Amazzonia. Perché “Se non fai niente..non succede niente!”

Vai a questo link https://www.wownature.eu/ambassador/paola-gianotti-bike4tree/ e proteggi con me un pezzo di mondo.

https://caloi.com/produtos/mountain-bike/
https://www.wownature.eu/ambassador/paola-gianotti-bike4tree/

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

APPLIED DATA SCIENCE – SOCIAL AI: SAVE THE AMAZONAS RAINFOREST WITH ARTIFICIAL INTELLIGENCE AND ALEXANDRA STROHMEIER

High time to act. Can Artificial Intelligence help save the Amazon rainforest?
https://www.hslu.ch/en/lucerne-school-of-business/degree-programmes/master/applied-information-and-data-science/student-experiences/save-the-amazonas-rainforest/

Data Science spotlights sustainability. Data Science is on everyone’s mind – be it in business, medicine or the arts – and can play a key role in solving a range of riddles. That’s why Alexandra Strohmeier, a graduate from our programme, dedicated her Master’s thesis to the topic of how Data Science can help us fight climate change. Or more precisely, how artificial intelligence (AI) can stop the destruction of the Amazon rainforest before it’s too late. Read Alexandra’s article to learn what she found, about ways of beating the clock, and other insights about what the future holds in store. Happy reading!

Alexandra Strohmeier
Former HSLU Applied Data Science student  

Why the rainforest is so important for our future

The ominous consequences of a destroyed and threatened Amazon rainforest are striking not only for the people and animals there but trigger a ripple that affects all of us worldwide. Effect: Chopping down the rainforest accelerates climate change. Cause: Nowhere else are more trees being chopped down than in the Amazon rainforest (Laurence, et al., 2002). The Amazon basin has about 60 percent of the world’s remaining rainforest – and biodiversity will suffer if human activity causes it to shrink further. The logical consequence is that the regional and global climates are thrown off balance. 

The numbers speak clearly for themselves: The latest studies indicate that the rainforest currently emits more CO2 than it binds. In fact, tropical rainforests are known to absorb CO2 and play a key role in the fight against climate change. For example: The Brazilian part of the Amazon region released about 18 percent more CO2 between 2010 and 2019 than it stored. In other words, the Amazon basin released around 16.6 billion tons of CO2 into the environment but absorbed only around 13.9 tons (Thome, 2021, p.1).

AI as both a crystal ball and a protective shield  
AI can add value by helping us identify risk areas in the Amazon rainforest at an early stage and thus find ways to actively counteract deforestation. This is exactly what I tried to study in detail in my Master’s thesis. I developed AI models that can play a mediator role, not only for identifying risk areas but also for visualizing potentially serious detrimental effects and predicting them, for example for the benefit of political parties looking to take preventive measures and protect the areas.

For my research, I asked myself: “How effectively can AI predict deforestation risk areas and to what extent can structured and non-structured data contribute to the overall effect?”
To answer this question, I used various deep-learning algorithms. Deep learning in turn relies on artificial neural networks that enable a computer to learn from historical data. The prerequisite for this is that the computer is “fed” with data. In my case, I used satellite imagery from Sentinel2, an Earth observation satellite of the European Union’s Copernicus program, as well as structured data on population, socio-economic factors, crime and land use.

Predicting deforestation thanks to mixed-data neural networks
Artificial neural networks need a lot of data to ensure reliable classification, and I thus chose the largest possible area for my research, i.e. the entire Brazilian Amazon basin.

I obtained the deforestation data with the help of PRODES (Programa Despoluição de Bacias Hidrográficas), a project of the Brazilian government. I then created a model by using mixed-data neural networks consisting of a coherent combination of several neural networks. Both satellite imagery and structured data can be used simultaneously as input dimensions, so combining different data sources and data types allows for better classification.

I found some examples in my research of how deep-learning models can be used to identify the deforestation of the Amazon rainforest. The substantial difference is that my project identifies the risk areas and doesn’t just focus on deforestation per se. In other words, I focused on areas that are still intact but that could potentially be deforested. 

Procedure: All good things (models in this case) come in threes

The artificial neural networks I created in my project are meant to identify those areas that are at risk of deforestation. At first, whether legal or illegal logging was taking place in the affected areas was not so important. How did I go about this?
I first used two models, namely the convolutional neural network (CNN) and the multilayer perceptron neural network (MLP) to identify the risk areas.

First model: The MLP helped me to process the structured data and use it to predict which areas were at risk of deforestation. 

Second model: The CNN, on the other hand, let me predict deforestation risk based on visual indicators such as satellite imagery. The unique thing here is that these images have a normalized difference vegetation index (NDVI) that measures vegetation. In other words, the CNN shows how many trees grow in a particular area. 

Third model: Finally, I combined the first two models into a single third model. With this multi-input model, which can process different data types, I wanted to achieve higher accuracy and better classification. 

I used the logging data from PRODES for the labelling, which meant defining the risk areas by dividing the region in question into a grid based on the structured and unstructured data I was using. The grid is made up of cuboids corresponding to the size of the individual satellite images. A risk area is subsequently a cuboid in which the model predicts the risk of deforestation. 

Illustration above: Sentinel 2 satellite image with deforestation (left) and without deforestation (right) 

No project without hurdles and challenges
Preparing the data for the structured model was harder than I had anticipated. The challenge was to study the above-mentioned data sets in detail, all of which also contain a geo-component, and to convert them into a relational format.

For this, I converted the data into geopandas data frames that enabled me to aggregate and merge the datasets based on the geography (the cuboids). A tricky step, because some of the relevant data, such as on conflicts, did not have a point in every quadrant in the grid, and I thus had to use another method for those cases. For conflicts, roads, airports and so on, I took the distances into account and calculated how far apart the data points are for each quadrant.

I then assigned the labels “risk area” and “no-risk area” based on the deforestation data. This meant calculating how many square kilometers were deforested in the different quadrants by assigning the label “1” to quadrants with deforestation (risk area) and the label “0” to those without deforestation. 

Results: AI looks into the future

After preparing the data, I divided it into a training data set and a test data set. The training dataset had 33,449 quadrants and the test dataset 11,148 had quadrants.
Modelling the structured data using an MLP had a 75.2% accuracy for the training dataset and a 74.9% accuracy for the test dataset. On the other hand, the visual model with satellite images had an 85% accuracy for the training data set and a 79% accuracy for the test data set. This told me that the unstructured model produced better results. In the course of the experiment, I also frequently noticed some overfitting problems in the unstructured models, a phenomenon whereby a machine learning model excessively adjusts, or “overfits,” to the training data it knows and thus responds poorly to new, unknown data. One way to avoid the overfitting effect is to use large training data sets, for example. 

A Resnet50 architecture enabled me to achieve the best results because it’s a 50-layer-deep model that can be used to train nested neural networks. In other words, I gave the Resnet50 architecture the task to recognize satellite images. I think it did a very good job and produced results quickly.

Mixed-data neural network: Special architecture for more accurate results 
After validating and testing the various models, I combined them into a mixed-data version. Working with mixed-data neural networks requires several specific steps in preparing the data. For example, I had to use the special data generator functions in Keras to enter both data types. Keras is an open-source library for deep learning in Python and helps to create and train neural networks and implements special functions such as data generators, which in turn can feed data into the model. 

I used the following network architecture for the mixed-data neural network with the best performance:

Just what exactly is this architecture all about? 
Figure on the left: Network architecture (detail) Mixed-Data Neural Network
Click here for a large view (PDF)

It contains the ResNet50 model from the CNN and is combined with the MLP. Furthermore, it introduces regularizations. The results of the model show a good line progression without any overfit. Both lines become more accurate in time, with validation loss decreasing steadily. The test is 79.37% accurate; training is 79.38% accurate. 

Illustration above: Mixed-Data Neural Network Accuracy und Loss 

I worked with a Confusion Matrix to help me understand the performance of a model in terms of accuracy, sensitivity, and specificity. I found it to be a useful tool for assessing classification models because it gave me the number of correctly and incorrectly classified examples to decide whether the model needs improvement or is suitable for the given task. 

The confusion matrix above shows that 6,562 values are “true negatives” and 2,287 are “true positives.” It produced only 454 “false negatives” and 1,845 “false positives.” For me, this combined mixed-data model clearly shows that it delivers better results than the isolated MLP and CNN models. 

Illustration above: Confusion Matrix Mixed-Data Neural Network 

The following visualization compares the predicted and true labels and shows that the mixed-data neural network recognizes most risk areas. Only in the northwest region is the density of identified risk areas lower than for the true labels, which means there is still room for improvement. 

Illustration above: True label (left) compared to predictions  

Conclusion: AI can help save the Amazon rainforest 

Visual models like CNN perform better than structured models such as the MLP. This is because already tried-and-tested network architectures such as ResNet50 were used. What I liked the most was that the combination of the different models achieved the most considerable values, thus eliminating the problem of overfitting.

In summary: The accuracy in the mixed data model was 89% for the training data set and 79% for the test data set. I can thus confirm my hypothesis that combining structured and unstructured data helps to make more accurate predictions. With AI’s help, we can anticipate the risk areas in the Amazon basin and consequently protect them from deforestation and destruction.

Outlook: Still some room for improvement

We might be led to conclude that all’s well and good. Having finished my Master’s thesis, however, I’d like to zoom out and summarize my findings as follows: Modelling naturally has its limits. And the data labelling method is not error-free by any means, on the contrary. For example, when it comes to identifying patterns in satellite imagery that could lead to deforestation based on unstructured data, CNN may produce better results.

Furthermore, it would be interesting to learn how different labelling methods affect the model quality. In this case, the model made it hard to predict deforestation, which was not yet visible in the cuboid with a deforestation label. However, I would be very interested to see how the models would change if the images were labelled so as to show deforestation in the individual images. In addition, distinguishing between legal and illegal deforestation would mean a big step forward because we could then classify the latter. And, last but not least, it is certainly important to include further structured data to identify factors other than those already known to be endangering the Amazon rainforest.  

I have already thought a lot about how to proceed with the project. As a first step, I would very much like to publish the project and also make the source code accessible as an open source project. It remains exciting, more about that at a later date. 

We sincerely thank Alexandra Strohmeier for the interesting insights into this fascinating project!

Applied Data Science Professional Portraits & Research Portraits

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Decision Scientist – Internal Audit Manager/Data Analytics Leader – Data Engineer/Data Scientist – Analyst/Credit Management Office – Data Analyst – Senior Consultant – Specialist Data Analytics – Controlling Professional and Data Science Specialist – Data Science Consultant – Chief Digital Officer – Research Associate – Digital Solutions Engineer – Chief Revenue Officer – Malatec

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Interesting facts on the topic Amazonas rainforest

English articles: 
The Guardian: 
– Beauty and destruction: the Amazon rainforest – in pictures
– Tracking Amazon Deforestation from Above
BBC:
Amazon Rainforest: Highest deforestation rate in six years

German articles:
National Geographic:
– Der Amazonas stößt nun mehr Treibhausgase aus, als er absorbiert 
– Rekordwaldbrände im Amazonas: Vorboten der Vernichtung
– Waldverlust: Karte zeigt den schwindenden Amazonas-Regenwald
– Katastrophale Abholzung der Regenwälder schreitet fast ungebremst voran
ZDF Terra X Dokumentation:
– Die klimatische Funktion des Regenwaldes
  (ZDF/TerraXPress/Christiane Mayer/Anna-Lena Neidlinger
  Quelle: https://www.abenteuer-regenwald.de/wissen/folgen)

https://www.linkedin.com/in/alexandra-strohmeier-459aa6194/

Traduzione italiana

Scienza dei dati applicata - AI sociale: salvare la foresta pluviale amazzonica con l'intelligenza artificiale e Alexandra Strohmeier
La scienza dei dati mette in luce la sostenibilità. La scienza dei dati è nella mente di tutti, che si tratti di affari, medicina o arte, e può svolgere un ruolo chiave nella risoluzione di una serie di enigmi. Ecco perché Alexandra Strohmeier, una laureata del nostro programma, ha dedicato la sua tesi di laurea magistrale al tema di come la scienza dei dati può aiutarci a combattere il cambiamento climatico. O più precisamente, come l'intelligenza artificiale (AI) può fermare la distruzione della foresta pluviale amazzonica prima che sia troppo tardi. Leggi l'articolo di Alexandra per scoprire cosa ha scoperto, come battere il tempo e altri approfondimenti su ciò che il futuro ha in serbo. Buona lettura!

Perché la foresta pluviale è così importante per il nostro futuro
Le minacciose conseguenze di una foresta pluviale amazzonica distrutta e minacciata non colpiscono solo le persone e gli animali, ma innescano un'ondata che colpisce tutti noi in tutto il mondo. Effetto: abbattere la foresta pluviale accelera il cambiamento climatico. Causa: in nessun altro luogo vengono abbattuti più alberi che nella foresta pluviale amazzonica (Laurence, et al., 2002). Il bacino amazzonico ha circa il 60 percento della foresta pluviale rimanente del mondo e la biodiversità ne risentirà se l'attività umana la farà restringere ulteriormente. La conseguenza logica è che i climi regionali e globali vengono sbilanciati.

I numeri parlano chiaro: gli ultimi studi indicano che attualmente la foresta pluviale emette più CO2 di quanta ne trattiene. È noto infatti che le foreste pluviali tropicali assorbono CO2 e svolgono un ruolo chiave nella lotta al cambiamento climatico. Ad esempio: la parte brasiliana della regione amazzonica ha rilasciato circa il 18% in più di CO2 tra il 2010 e il 2019 rispetto a quanto immagazzinato. In altre parole, il bacino amazzonico ha rilasciato nell'ambiente circa 16,6 miliardi di tonnellate di CO2 ma ne ha assorbite solo circa 13,9 tonnellate (Thome, 2021, p.1).

Impressioni dalla deforestazione della foresta pluviale amazzonica
AI sia come sfera di cristallo che come scudo protettivo
L'intelligenza artificiale può aggiungere valore aiutandoci a identificare le aree a rischio nella foresta pluviale amazzonica in una fase iniziale e quindi a trovare modi per contrastare attivamente la deforestazione. Questo è esattamente ciò che ho cercato di studiare in dettaglio nella mia tesi di laurea. Ho sviluppato modelli di intelligenza artificiale che possono svolgere un ruolo di mediazione, non solo per identificare le aree a rischio, ma anche per visualizzare gli effetti dannosi potenzialmente gravi e prevederli, ad esempio a beneficio dei partiti politici che cercano di adottare misure preventive e proteggere le aree.

Per la mia ricerca, mi sono chiesto: "Quanto efficacemente l'IA può prevedere le aree a rischio di deforestazione e in che misura i dati strutturati e non strutturati possono contribuire all'effetto complessivo?"
Per rispondere a questa domanda, ho utilizzato vari algoritmi di deep learning. Il deep learning a sua volta si basa su reti neurali artificiali che consentono a un computer di apprendere dai dati storici. Il prerequisito per questo è che il computer sia "alimentato" con i dati. Nel mio caso, ho utilizzato le immagini satellitari di Sentinel2, un satellite di osservazione della Terra del programma Copernicus dell'Unione Europea, oltre a dati strutturati su popolazione, fattori socio-economici, criminalità e uso del territorio.

Previsione della deforestazione grazie a reti neurali a dati misti
Le reti neurali artificiali hanno bisogno di molti dati per garantire una classificazione affidabile, e quindi ho scelto l'area più ampia possibile per la mia ricerca, ovvero l'intero bacino dell'Amazzonia brasiliana.

Ho ottenuto i dati sulla deforestazione con l'aiuto di PRODES (Programa Despoluição de Bacias Hidrográficas), un progetto del governo brasiliano. Ho quindi creato un modello utilizzando reti neurali a dati misti costituite da una combinazione coerente di diverse reti neurali. Sia le immagini satellitari che i dati strutturati possono essere utilizzati contemporaneamente come dimensioni di input, quindi la combinazione di diverse fonti di dati e tipi di dati consente una migliore classificazione.

Ho trovato alcuni esempi nella mia ricerca su come i modelli di deep learning possono essere utilizzati per identificare la deforestazione della foresta pluviale amazzonica. La differenza sostanziale è che il mio progetto identifica le aree a rischio e non si concentra solo sulla deforestazione in sé. In altre parole, mi sono concentrato su aree ancora intatte ma potenzialmente deforestabili.

Procedura: tutte le cose buone (modelli in questo caso) arrivano in tre
Le reti neurali artificiali che ho creato nel mio progetto hanno lo scopo di identificare quelle aree che sono a rischio di deforestazione. All'inizio, il fatto che nelle aree colpite avvenisse un disboscamento legale o illegale non era così importante. Come ho fatto?
Per prima cosa ho utilizzato due modelli, vale a dire la rete neurale convoluzionale (CNN) e la rete neurale perceptron multistrato (MLP) per identificare le aree a rischio.

Primo modello: l'MLP mi ha aiutato a elaborare i dati strutturati e utilizzarli per prevedere quali aree erano a rischio di deforestazione.

Secondo modello: la CNN, d'altra parte, mi permette di prevedere il rischio di deforestazione sulla base di indicatori visivi come le immagini satellitari. La cosa unica qui è che queste immagini hanno un indice di vegetazione differenza normalizzato (NDVI) che misura la vegetazione. In altre parole, la CNN mostra quanti alberi crescono in una determinata area.

Terzo modello: infine, ho unito i primi due modelli in un unico terzo modello. Con questo modello multi-input, in grado di elaborare diversi tipi di dati, volevo ottenere una maggiore precisione e una migliore classificazione.


Ho utilizzato i dati di registrazione di PRODES per l'etichettatura, il che significava definire le aree a rischio suddividendo la regione in questione in una griglia basata sui dati strutturati e non strutturati che stavo utilizzando. La griglia è composta da parallelepipedi corrispondenti alle dimensioni delle singole immagini satellitari. Un'area a rischio è successivamente un parallelepipedo in cui il modello prevede il rischio di deforestazione.

Nessun progetto senza ostacoli e sfide
Preparare i dati per il modello strutturato è stato più difficile di quanto mi aspettassi. La sfida era studiare in dettaglio i suddetti set di dati, che contengono tutti anche una componente geografica, e convertirli in un formato relazionale.

Per questo, ho convertito i dati in frame di dati geopanda che mi hanno permesso di aggregare e unire i set di dati in base alla geografia (i cuboidi). Un passaggio complicato, perché alcuni dei dati rilevanti, come i conflitti, non avevano un punto in ogni quadrante della griglia, e quindi ho dovuto usare un altro metodo per quei casi. Per conflitti, strade, aeroporti e così via, ho preso in considerazione le distanze e ho calcolato quanto sono distanti i punti dati per ogni quadrante.

Ho quindi assegnato le etichette "area a rischio" e "area non a rischio" sulla base dei dati di deforestazione. Ciò ha comportato il calcolo di quanti chilometri quadrati sono stati disboscati nei diversi quadranti assegnando l'etichetta “1” ai quadranti con disboscamento (area a rischio) e l'etichetta “0” a quelli senza disboscamento.

Risultati: l'IA guarda al futuro
Dopo aver preparato i dati, li ho divisi in un set di dati di addestramento e un set di dati di test. Il set di dati di addestramento aveva 33.449 quadranti e il set di dati di test 11.148 aveva quadranti.
La modellazione dei dati strutturati utilizzando un MLP ha avuto un'accuratezza del 75,2% per il set di dati di addestramento e un'accuratezza del 74,9% per il set di dati di test. D'altra parte, il modello visivo con immagini satellitari aveva un'accuratezza dell'85% per il set di dati di addestramento e un'accuratezza del 79% per il set di dati di test. Questo mi ha detto che il modello non strutturato ha prodotto risultati migliori. Nel corso dell'esperimento, ho anche notato spesso alcuni problemi di overfitting nei modelli non strutturati, un fenomeno per cui un modello di machine learning si adatta eccessivamente, o "overfit", ai dati di addestramento che conosce e quindi risponde male a dati nuovi e sconosciuti. Un modo per evitare l'effetto di overfitting è utilizzare, ad esempio, set di dati di addestramento di grandi dimensioni.

Un'architettura Resnet50 mi ha permesso di ottenere i migliori risultati perché è un modello profondo 50 livelli che può essere utilizzato per addestrare reti neurali nidificate. In altre parole, ho affidato all'architettura Resnet50 il compito di riconoscere le immagini satellitari. Penso che abbia fatto un ottimo lavoro e abbia prodotto rapidamente risultati.

Rete neurale a dati misti: architettura speciale per risultati più accurati
Dopo aver convalidato e testato i vari modelli, li ho combinati in una versione a dati misti. Lavorare con reti neurali a dati misti richiede diversi passaggi specifici nella preparazione dei dati. Ad esempio, ho dovuto utilizzare le speciali funzioni del generatore di dati in Keras per inserire entrambi i tipi di dati. Keras è una libreria open source per il deep learning in Python e aiuta a creare e addestrare reti neurali e implementa funzioni speciali come i generatori di dati, che a loro volta possono inserire dati nel modello.

Ho usato la seguente architettura di rete per la rete neurale a dati misti con le migliori prestazioni:
Contiene il modello ResNet50 della CNN ed è combinato con l'MLP. Inoltre, introduce regolarizzazioni. I risultati del modello mostrano una buona progressione di linea senza alcun overfit. Entrambe le linee diventano più accurate nel tempo, con la perdita di convalida in costante diminuzione. Il test è accurato al 79,37%; l'addestramento è accurato al 79,38%.
Ho lavorato con una matrice di confusione per aiutarmi a comprendere le prestazioni di un modello in termini di accuratezza, sensibilità e specificità. L'ho trovato uno strumento utile per valutare i modelli di classificazione perché mi ha fornito il numero di esempi classificati correttamente e in modo errato per decidere se il modello necessita di miglioramenti o è adatto per il compito assegnato.

La matrice di confusione sopra mostra che 6.562 valori sono "veri negativi" e 2.287 sono "veri positivi". Ha prodotto solo 454 "falsi negativi" e 1.845 "falsi positivi". Per me, questo modello combinato di dati misti mostra chiaramente che offre risultati migliori rispetto ai modelli isolati MLP e CNN.
La visualizzazione seguente confronta le etichette previste e reali e mostra che la rete neurale a dati misti riconosce la maggior parte delle aree a rischio. Solo nella regione nord-occidentale la densità delle aree a rischio identificate è inferiore a quella delle vere etichette, il che significa che c'è ancora margine di miglioramento.

Conclusione: l'intelligenza artificiale può aiutare a salvare la foresta pluviale amazzonica
I modelli visivi come la CNN hanno prestazioni migliori rispetto ai modelli strutturati come l'MLP. Questo perché sono state utilizzate architetture di rete già collaudate come ResNet50. Quello che mi è piaciuto di più è che la combinazione dei diversi modelli ha raggiunto i valori più considerevoli, eliminando così il problema dell'overfitting.

In sintesi: l'accuratezza nel modello di dati misti era dell'89% per il set di dati di addestramento e del 79% per il set di dati di test. Posso quindi confermare la mia ipotesi che la combinazione di dati strutturati e non strutturati aiuta a fare previsioni più accurate. Con l'aiuto dell'IA, possiamo anticipare le aree a rischio nel bacino amazzonico e di conseguenza proteggerle dalla deforestazione e dalla distruzione.

Prospettive: ancora margini di miglioramento
Potremmo essere portati a concludere che va tutto bene. Avendo terminato la mia tesi di Master, tuttavia, vorrei rimpicciolire e riassumere le mie scoperte come segue: La modellazione ha naturalmente i suoi limiti. E il metodo di etichettatura dei dati non è affatto privo di errori, al contrario. Ad esempio, quando si tratta di identificare modelli nelle immagini satellitari che potrebbero portare alla deforestazione sulla base di dati non strutturati, la CNN potrebbe produrre risultati migliori.

Inoltre, sarebbe interessante sapere come diversi metodi di etichettatura influenzano la qualità del modello. In questo caso, il modello ha reso difficile prevedere la deforestazione, che non era ancora visibile nel parallelepipedo con un'etichetta di deforestazione. Tuttavia, sarei molto interessato a vedere come cambierebbero i modelli se le immagini fossero etichettate in modo da mostrare la deforestazione nelle singole immagini. Inoltre, distinguere tra deforestazione legale e illegale significherebbe un grande passo avanti perché potremmo quindi classificare quest'ultima. E, ultimo ma non meno importante, è certamente importante includere ulteriori dati strutturati per identificare fattori diversi da quelli già noti per mettere in pericolo la foresta pluviale amazzonica.

Ho già pensato molto a come procedere con il progetto. Come primo passo, mi piacerebbe molto pubblicare il progetto e anche rendere accessibile il codice sorgente come progetto open source. Rimane eccitante, ne parleremo più avanti in un secondo momento.
Ringraziamo di cuore Alexandra Strohmeier per gli interessanti approfondimenti su questo affascinante progetto!

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Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo movimento ambientalista Ultima Generazione e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

INACIO LULA DA SILVA ELETTO PRESIDENTE DEL BRASILE PER LA TERZA VOLTA: ‘SONO RISORTO’

Bolsonaro non ha accettato per ora la sconfitta. Bolsonarista spara uccidendo un uomo, 4 feriti

Il leader di sinistra, Luiz Inácio Lula da Silva (Pt) ha vinto il ballottaggio, ed é stato eletto presidente del Brasile per la terza volta.

Lula ha battuto l’attuale capo dello Stato, Jair Bolsonaro (Pl, destra), il primo presidente che ha fallito nel suo tentativo di rielezione.

Il Tribunale superiore elettorale ha ufficializzato la vittoria, col 98, 86% del totale delle sezioni scrutinate, Lula ha ottenuto il 50,83% dei voti (59.596.247), contro il 49,17% di Bolsonaro (57.675.427).

Bolsonarista uccide un uomo e ne ferisce 4. Un sostenitore del presidente di destra Jair Bolsonaro (Pl) ha sparato uccidendo un uomo di 28 anni e ferendo altre quattro persone, tra cui un bambino di 12, al termine delle presidenziali in Brasile, a Belo Horizonte, capitale dello Stato del Minas Gerais. Secondo quanto ricostruito, il gruppo si era riunito per seguire insieme gli scrutini e quando alcuni hanno esultato per la vittoria dell’ex sindacalista, il bolsonarista ha sparato a casaccio ammazzando l’uomo di 28 anni e ferendo due donne di 47, una di 40 ed un bambino di 12, prima di uscire dall’abitazione. La polizia ha aperto un’inchiesta per omicidio di matrice politica, affermando che il sospetto era sotto l’effetto di alcol. La difesa dell’omicida, sostiene invece che l’uomo è stato colto da un raptus.

Il governo di Brasilia ha chiuso il viale principale nel timore che i camionisti sostenitori di Bolsonaro possano invaderlo per protestare contro la vittoria di Lula. La polizia inoltre presidia l’ingresso dell’Explanada de los Ministerios, il viale che passa davanti ai palazzi del potere, compreso il Tribunale federale e la Corte superiore elettorale. Camionisti e attivisti bolsonaristi intanto bloccano le autostrade in almeno 16 Stati, in un Paese in cui il trasporto merci avviene tutto su gomma. Tra questi anche l’autostrada San Paolo-Rio de Janeiro, l’arteria più importante del Paese. I manifestanti hanno cercato anche di interrompere il traffico sul ponte che unisce Rio de Janeiro a Niteroi, una via di comunicazione strategica, ma sarebbero stati dissuasi

Bolsonaro non ha accettato per ora vittoria di Lula. Sconfitto nel ballottaggio svoltosi ieri, il presidente uscente brasiliano Jair Bolsonaro non ha commentato i risultati pubblicati da Tribunale superiore elettorale (Tse) e non ha neppure riconosciuto la vittoria dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Persone vicine al candidato sconfitto hanno ammesso in dichiarazioni ai media che “non c’è il clima per contestare il successo di Lula”. Mauro Cesar Cid, stretto collaboratore di Bolsonaro, ha avvertito i ministri del governo che cercavano di entrare in contatto con il capo dello Stato sconfitto, che l’interessato “era andato a dormire”. A riprova di questo i giornalisti hanno potuto constatare che le luci nel Palazzo della Alvorada a Brasilia sono state chiuse alle 22,06. Il quotidiano Folha de Sao Paulo ha osservato che la vittoria di Lula rappresenta un evento senza precedenti nella storia delle elezioni presidenziali in Brasile dal ritorno della democrazia, e cioè che Bolsonaro è il primo presidente che nonè riuscito a farsi rieleggere. Lo aveva invece ottenuto nel 1997 Fernando Henrique Cardoso, e successivamente lo stesso Lula, nel 2006, e Dilma Rousseff (nel 2014. Il giornale conclude avvertendo che, pur sconfitto, “il presidente Bolsonaro esce rafforzato e e può essere già automaticamente considerato un precandidato a succedere a Lula nel 2026, visto il consolidarsi del bolsonarismo in tutto il Paese”.

Lula, preoccupa che Bolsonaro non accetti sconfitta. Il presidente eletto del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, ha espresso preoccupazione per il fatto che il presidente uscente, Jair Bolsonaro, non abbia ancora riconosciuto la sconfitta. “Sono per metà felice e per metà preoccupato: ho bisogno di sapere se il presidente che abbiamo sconfitto consentirà la transizione. In qualsiasi parte del mondo il presidente sconfitto avrebbe telefonato” al vincitore, ha detto Lula nella notte parlando a migliaia di sostenitori riuniti sulla Avenida Paulista, il viale più importante della megalopoli di San Paolo.

Scoppiano felicità e tristezza in tutto il Brasile al termine degli spogli per il ballottaggio delle presidenziali che ha dato la vittoria a Luiz Inacio Lula da Silva. Caroselli di auto e moto, grida dalle finestre degli appartamenti, suoni di clacson e bandiere al vento riempiono le strade delle principali città. Da una parte i sostenitori dell’ex sindacalista, in lacrime di gioia, dall’altra il silenzio di delusione dei fan di Jair Bolsonaro. In una nazione spaccata a metà, le elezioni più polarizzate della storia del Paese si riflettono negli umori dei suoi cittadini, divisi da opposte tifoserie come in una finale della nazionale di calcio. A Rio de Janeiro, la seconda metropoli più grande del gigante sudamericano, gli elettori in festa si sono riversati sulla spiaggia, inondando con la loro allegria il quartiere di Copacabana. Mentre anche dalle ‘favelas’ sui morros (colline) partono fuochi di artificio a illuminare il cielo carioca.

America Latina, tutto il potere alle sinistre: Lula avrà il compito di guidare uno schieramento inedito

Oltre al Brasile, progressisti al governo in Argentina, Cile, Colombia, Messico e Perù. L’esecutivo del leader del Pt punterà al dialogo e alla cooperazione, ma i gravi problemi interni dei singoli Paesi rischiano di ostacolare la formazione di una coalizione compatta

SAN PAOLO DEL BRASILE – Già nel suo primo discorso, subito dopo l’annuncio della vittoria, Luiz Inàcio Lula Da Silva ci tiene a mettere in chiaro quale sarà una delle priorità del suo Governo, chiamato al difficile compito di guidare un Paese spaccato in due: ricucire i rapporti internazionali rotti durante il governo di Jair Bolsonaro, ma non solo, Lula sa di avere una grande responsabilità in fatto di politica estera.

Lula ha il compito di ricostruire la democrazia brasiliana

Camilla Desideri, giornalista di Internazionale 31 Ottobre 2022

Anche se con uno stretto margine, il 30 ottobre il candidato del Partito dei lavoratori (Pt, sinistra) Luiz Inácio Lula da Silva ha vinto il ballottaggio ed è stato eletto presidente del Brasile con il 50,9 per cento dei voti. Il presidente uscente di estrema destra, Jair Bolsonaro, ha ottenuto il 49,1 delle preferenze. L’astensione è rimasta alta, 20,5 per cento, più o meno come al primo turno.

Lula, 77 anni, ha già governato il paese dal 2003 al 2010 facendo uscire più di trenta milioni di persone dalla povertà, anche grazie a un contesto internazionale favorevole e a programmi sociali di successo finanziati dal boom delle materie prime nei primi anni del duemila. Ma al tempo stesso durante i suoi due mandati e durante quello di Dilma Rousseff – che gli è succeduta nel 2011 – si è attirato molti nemici e le critiche di una parte dei brasiliani in seguito ad alcune accuse di corruzione (in realtà molto fragili) nell’ambito dell’inchiesta lava jato (autolavaggio), condotta dal giudice Sérgio Moro. Nel 2018 Lula è stato condannato a dodici anni di prigione e non ha potuto presentarsi alle presidenziali che si sono svolte in autunno e sono state vinte da Bolsonaro. Poi a marzo 2021, con una decisione inattesa, un giudice della corte suprema ha annullato le condanne per corruzione contro Lula permettendogli così di tornare sulla scena politica.

L’eredità lasciata da Bolsonaro
Oggi Lula non è più quello di un tempo: è invecchiato e non ha né l’energia né le idee del passato. La sua candidatura inoltre ha reso evidente che negli ultimi vent’anni il Partito dei lavoratori non ha saputo rinnovarsi e non ha favorito un cambiamento generazione. Ma è innegabile che Lula era anche la scommessa più sicura per sconfiggere Bolsonaro e per guidare il Brasile dopo il peggiore governo dalla fine della dittatura militare e il ritorno alla democrazia nel 1985. In soli quattro anni Bolsonaro ha indebolito le istituzioni democratiche, ha attaccato senza pudore la corte suprema e il tribunale superiore elettorale, ha creato una macchina per diffondere notizie false, ha gestito in maniera criminale la pandemia di covid-19, paragonandola a “un’influenzetta” e negando l’efficacia dei vaccini e delle misure di restrizione per prevenire la circolazione del virus. La pandemia ha provocato più di 680mila vittime in Brasile, il quinto paese con più morti per covid del mondo secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Poi ci sono state le misure che hanno allentato le regole per il possesso delle armi e la sconsiderata politica condotta in Amazzonia. Bolsonaro ha adottato una serie di misure per incentivare le concessioni minerarie e l’attività di estrazione nei territori indigeni e ha ridotto la vigilanza ambientale in tutto il paese tagliando i fondi e riducendo i compiti delle istituzioni statali che se ne occupavano. Durante il suo mandato la deforestazione e gli incendi sono cresciuti così tanto che, secondo molti scienziati, la foresta sta raggiungendo il punto di non ritorno, quello cioè in cui comincia a emettere più carbonio di quanto ne possa assorbire, entrando così in un processo di desertificazione.

Il suo disprezzo per la democrazia si è spinto fino al punto di non intervenire neanche il giorno del ballottaggio, quando nella regione del Nordeste la polizia stradale federale ha fermato più di seicento autobus carichi di persone che stavano andando a votare. L’operazione ha violato le indicazioni del presidente del tribunale supremo elettorale, Alexandre de Moraes, che aveva espressamente proibito le azioni della polizia stradale sui mezzi pubblici messi a disposizione per il voto. Nella regione, che è il feudo elettorale della sinistra e di Lula, vive il 27 per cento degli elettori brasiliani e al primo turno il 67 per cento aveva votato per il leader del Pt.

I prossimi passi
Quello che attende Lula dal 1 gennaio 2023, quando s’insedierà nel palazzo del Planalto, è un compito difficile e delicato. Da una parte infatti deve recuperare i valori che si sono persi in questi ultimi quattro anni, ricostruendo un paese profondamente diviso dove le idee di Bolsonaro sono ancora radicate e hanno fatto presa in un settore ampio della società. Dall’altra deve affrontare una grave crisi economica e sociale interna, con trenta milioni di cittadini che soffrono la fame o vivono una situazione d’insicurezza alimentare e di povertà estrema.

Nel discorso pronunciato a São Paulo subito dopo la vittoria, il presidente eletto lo ha detto senza giri di parole: “Abbiamo il dovere di garantire che ogni brasiliano possa fare colazione, pranzare e cenare ogni giorno. Questo sarà ancora una volta l’impegno numero uno del mio governo”. Ha anche aggiunto che governerà per tutti i 215 milioni di brasiliani, non solo per quelli che l’hanno votato: “Non ci sono due paesi. Siamo un Brasile solo, uno stato, una grande nazione”.

Potrebbe sembrare un invito doveroso alla conciliazione e all’unità nazionale da parte di un presidente che è appena stato eletto, ma è particolarmente importante in un momento in cui la democrazia brasiliana mostra chiari segni di fragilità.

Tuttavia per il suo ambizioso obiettivo Lula non sarà aiutato né dal contesto internazionale né da quello interno, visto che il gruppo di Bolsonaro è molto forte in parlamento e un suo candidato, il militare Tarcísio de Freitas, è stato eletto governatore di São Paulo, lo stato più ricco e popoloso del paese e probabilmente guiderà l’opposizione al governo.

Come sottolinea il País nell’editoriale, è fondamentale che Lula cerchi un dialogo con tutte le forze democratiche del paese e anche con la destra più moderata. Solo in questo modo potrà sperare di isolare Bolsonaro e le sue politiche e, al tempo stesso, garantire stabilità all’esecutivo. “È ora che il Brasile chiuda la tappa tossica del governo Bolsonaro e, guidato da Lula, si incammini sulla strada della convivenza”. I proclami fatti in campagna elettorale sono alle spalle, ora cominciano le responsabilità di governo.

Amazzonia: con lo stop alla deforestazione, Lula può fermare la corsa del riscaldamento globale

Domenica 28 ottobre 2018, i brasiliani votarono al secondo turno delle elezioni presidenziali. La vittoria di Jair Bolsonaro, candidato liberale, fu nettissima con il 56 percento dei suffragi. Dodici punti più del rivale, Fernando Haddad, già sindaco di San Paolo e ministro dell’Istruzione, candidato del Partito dei Lavoratori degli ex presidenti Lula da Silva e Dilma Rousseff. Domenica scorsa le parti si sono invertite, ma con uno scarto ridottissimo: 50,9 percento, più di 60 milioni di voti, per Lula contro i 58 di Bolsonaro, fermo al 49,1 percento.

La partecipazione democratica è stata straordinaria, attorno all’ottanta per cento, un miraggio per le democrazie occidentali; e le schede bianche o nulle sono state più o meno le stesse del primo turno, attorno al 4 e mezzo percento.

Nel ballottaggio, Bolsonaro ha raccattato sette milioni di voti in più, mentre Lula ne ha racimolati soltanto tre più di quanti avuti al primo turno. quando la Terza via della Simone Tebet, centrista e liberale, e i socialdemocratici di Gomes, entrambi di ispirazione liberista, avevano raccolto in tutto più del 7 percento dei consensi. La redistribuzione dei loro 8 milioni e mezzo di voti era decisiva nel ballottaggio, assieme a quella delle frange minori. A questo proposito, la lezione brasiliana è chiara: piuttosto di accettare una visione laburista e ambientalista, i liberali e i liberisti tifano per gli ultra conservatori, i neoliberisti a oltranza, i nichilisti climatici, i Bolsonaro. E non accade soltanto in Brasile.

Il 25 ottobre, pochi giorni prima del ballottaggio, il settimanale scientifico Nature aveva pubblicato un editoriale di fuoco: un secondo mandato di Bolsonaro avrebbe rappresentato una “minaccia per la scienza, la democrazia e l’ambiente”. Una forte discesa in campo da parte della comunità scientifica, motivata da un giudizio senza appello: “Bolsonaro è entrato in carica negando la scienza, minacciando i diritti dei popoli indigeni, promuovendo le armi come soluzione ai problemi della sicurezza e spingendo un approccio all’economia della crescita a tutti i costi. Bolsonaro è stato fedele alla sua parola. Il suo mandato è stato disastroso per la scienza, l’ambiente, il popolo brasiliano e il mondo”.

A differenza di Bolsonaro, Lula non ha cercato di combattere i ricercatori. Se eletto, si è impegnato a raggiungere un tasso “zero netto” di deforestazione, a proteggere le terre indigene, a combattere la povertà di un paese dove il cinque per cento della popolazione sopravvive con meno di due dollari al giorno. Lula non è certamente senza peccati, avendo trascorso 19 mesi in carcere a seguito di una indagine sulla corruzione che aveva coinvolto funzionari governativi e leader del suo partito. E quella condanna era stata annullata nel 2021, lasciando un segno profondo.

Nessun leader politico si è mai avvicinato alla perfezione, da cui Lula è ben lontano. Ma gli ultimi quattro anni vissuti dal Brasile hanno mostrato all’umanità ciò che accade quando i governi che eleggiamo democraticamente smantellano le istituzioni rivolte a ridurre la povertà, proteggere la salute pubblica, promuovere la scienza e la conoscenza, salvaguardare l’ambiente, sostenere la giustizia.

Lo scorso settembre, Carbon Brief ha pubblicato un rapporto congiunto della Università di Oxford, dell’Istituto Internazionale per l’Analisi dei Sistemi Applicati e dell’Istituto Brasiliano per la Ricerca Spaziale. La ricerca mostra come il tasso di deforestazione dell’Amazzonia possa ridursi quasi del novanta percento con l’elezione di Lula, se la sua politica ambientale continuasse fino al 2030. L’applicazione del Codice Forestale Brasiliano, legislazione di punta del paese contro la deforestazione amazzonica e per la salvaguardia degli ecosistemi, largamente inapplicata da Bolsonaro ma cara a Lula, può limitare la distruzione delle foreste, contribuendo anche alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Certamente, Lula non salverà il mondo, ma non accelererà la corsa del riscaldamento globale. Su questo nodo, critico per l’umanità intera, il resto del mondo sta prendendo posizione assai avverse all’Occidente, accusato da tutti di aver creato il problema e da Putin di pretendere il controllo di tutte le risorse naturali del pianeta per proteggere e perseguire all’infinito il proprio stile di vita. Un giudizio che noi rifiutiamo a priori, tanto da alimentare una guerra per procura, ma che trova enormi consensi fuori dell’Occidente, come testimonia l’ultima sessione plenaria delle Nazioni Unite. Paradossalmente, Bolsonaro era un buon alleato del russo, in sintonia perfino in tema di risorse. Ma, sullo stesso tema, Lula non sembra intenzionato ad alterare l’armonia dei paesi emergenti, il cosiddetto gruppo dei BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica. Semmai, a rafforzarne la coesione verso politiche comuni sulle risorse naturali e la salvaguardia dell’ambiente.

Felipe Neto è l’influencer con 17 milioni di follower su Instagram che quattro anni fa aveva agevolato sui social la rivoluzione conservatrice di Bolsonaro. Neto aveva cambiato idea, affermando mesi fa che “non esprimere la propria avversione al presidente equivalesse a sostenere tacitamente un sistema fascista”. Domenica scorsa, a urne aperte, salutava così il proprio pubblico di YouTube: “Oggi è un giorno speciale per la storia di questo paese, il giorno in cui rinnoviamo la speranza per il Brasile che può sbarazzarsi dell’età oscura che abbiamo vissuto”. A urne chiuse e concluso lo spoglio, ha twittato: “Adesso vado a dormire con la migliore sensazione del mondo”. Domani è un altro giorno, si vedrà.

Fonti: ANSA, Repubblica, Internazionale

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo

STANNO DIVORANDO L’AMAZZONIA

JOSE’ GREGORIO DIAZ MIRABAL, LEADER DEL POPOLO INDIGENO WAKUENAI KURRIPACO IN AMAZZONIA CHIEDE AIUTO PER SALVARE LA SUA TRIBU’ DAL GENOCIDIO E LO STERMINIO PORTATO AVANTI DAL PRESIDENTE BRASILIANO JAIR BOLSONARO ED IL SUO ESERCITO DI TAGLIALEGNA E MINATORI I QUALI PER AVIDITA’ DI DENARO STANNO DISTRUGGENDO IL POLMONE VERDE DELLA TERRA, LA CASA DI TUTTI NOI, LA FORESTA AMAZZONICA
Cari avaaziani,
Mi chiamo Gregorio e sono il leader di oltre 500 comunità Indigene della foresta amazzonica. Ma oggi scrivo in quanto amico di Avaaz. Stanno divorando nostra madre, l’Amazzonia. Il presidente brasiliano Bolsonaro sta guidando un esercito di taglialegna e minatori, arricchendosi grazie a questa devastazione. Se non interveniamo urgentemente, la foresta rischia di morire. Ma c’è speranza. Tra poche settimane, i leader mondiali si incontreranno per i negoziati finali su un nuovo trattato globale per salvare la natura. A rappresentare il Brasile in questi negoziati fondamentali ci sarà ancora Bolsonaro, comunque vadano le elezioni. Non possiamo permettere che sia lui la sola voce dell’Amazzonia, mentre noi siamo messi a tacere e la nostra gente viene uccisa. I nostri figli non ce lo perdonerebbero mai. Per questo ho bisogno del vostro aiuto. Con il tuo sostegno, potremmo permettere a una coraggiosa delegazione di leader indigeni di raggiungere il cuore del processo decisionale, partendo dagli ultimi e più remoti santuari rimasti della natura. Il nostro popolo ha protetto e rispettato la natura per oltre 10mila anni: è fondamentale che anche noi sediamo ai tavoli dei negoziati in cui si deciderà il destino del Pianeta. Incontreremo i leader mondiali faccia a faccia, smaschereremo le menzogne, e collaboreremo con Avaaz per contribuire alla campagna che chiede leggi internazionali ambiziose, per proteggere davvero la vita sulla Terra. Ve lo prometto: non daremo nessuna tregua. Amici in tutto il mondo, questa è un’occasione per stare al nostro fianco nella lotta per proteggere la vita sul nostro fragile Pianeta.

Da quando Bolsonaro è salito al potere, oltre 40mila km² di Amazzonia sono stati distrutti, un’area più grande del Belgio! Altri quattro anni di politiche disastrose potrebbero spingere la foresta pluviale a un punto di rottura irreversibile, trasformando aree di alberi lussureggianti in savana sterile, influenzando l’andamento meteorologico e accelerando il cambiamento climatico.

Assicurarci sistemi di protezione globale per tutta la natura è l’unico modo per dare all’Amazzonia e al Pianeta una possibilità di risollevarsi.

Non resta molto tempo, e i leader Indigeni in tutto il Pianeta si stanno organizzando per resistere. Se raccoglieremo abbastanza, irromperemo ai prossimi due vertici mondiali insieme ad Avaaz e a esperti della comunicazione, portando la voce di milioni di persone che chiedono un trattato globale concreto che salvi la natura, e daremo più forza alle campagne di Avaaz per proteggere il Pianeta.

Da anni Avaaz dà voce alle comunità Indigene. Da soli non abbiamo le risorse necessarie, ma insieme siamo inarrestabili.

L’umanità è fragile quanto il nostro Pianeta. Dipendiamo dalla natura per l’aria, l’acqua e il cibo di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. Eppure ora il grande albero della vita viene fatto a pezzi, mettendo in pericolo tutta la vita sulla Terra e la nostra stessa esistenza. Ma non perdiamoci d’animo, questa distruzione dovrebbe solo renderci più determinati a lottare con tutte le nostre forze. Sono profondamente convinto che possiamo fermare la distruzione e vivere in armonia, ma questo richiederà la partecipazione di ognuno di noi. Questa è la lotta definitiva per le nostre vite, per nostra madre Terra e per tutto ciò che amiamo. Unisciti a noi.

Con tutto il mio cuore,

José Gregorio Díaz Mirabal, leader del popolo indigeno Wakuenai Kurripaco e coordinatore generale delle organizzazioni Indigene del bacino amazzonico (COICA).

https://www.corriere.it/ambiente/15_marzo_26/indigeni-guardiani-aree-protette-indios-natura-conservazione-cebd26aa-d3cf-11e4-9231-aa2c4d8b5ec3.shtml

https://www.fanpage.it/esteri/amazzonia-distrutta-e-genocidio-tribu-se-vince-bolsonaro-dice-long-che-difende-gli-indigeni/

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo

AMAZZONIA, EMERGENZA SENZA FINE

Avezzano, lì 10 Marzo 2020 ore 18.08

Cari amici e care amiche,

voglio dedicare questo mio articolo all’emergenza senza fine che si sta protraendo da mesi riguardo incendi, disboscamenti incontrollati in Amazzonia provocati da una persona ammalata di collusionismo con soggetti terzi ai fini della difesa di propri, meri, spudorati interessi economici personali che andranno contro lo stesso popolo brasiliano e mondiale, un dittatore militare famigerato, spietato, spregevole, ignobile, talmente misero a livello umano, come tutti i suoi sostenitori, che sta contribuendo in maniera devastante alla distruzione della foresta amazzonica, della sua biodiversità sia vegetale che animale, nonché quella dell’intero Pianeta, voglio ricordare a questa persona indecente la fondamentale importanza che rivestono gli alberi sia per la vita sul Pianeta Terra che per le comunità animali che vi vivono all’interno o al suo esterno e poco importa la distanza chilometrica, perché se il governo Bolsonaro continuerà a permettere la deforestazione incontrollata a vantaggio degli interessi degli agricoltori legati all’agricoltura intensiva in ottica sviluppo dell’agrobusiness, si avranno grosse ripercussioni sul clima sia a livello locale che su scala planetaria, perché vegetazione e clima sono direttamente collegate, secondo studi ambientali condotti dal botanico italiano Sandro Pignatti che nel 1982 studiò le connessioni vigenti tra le piante e l’ambiente che ci circonda.

https://www.rinnovabili.it/ambiente/brasile-bolsonaro-amazzonia/

https://www.repubblica.it/esteri/2019/09/24/news/assemblea_onu_jair_bolsonaro_l_amazzonia_non_e_patrimonio_dell_umanita_-236824577/https://www.avvenire.it/mondo/pagine/bolsonaro-si-prende-l-amazzonia

https://www.corriere.it/esteri/19_settembre_24/amazzonia-non-dell-umanital-affondo-bolsonaro-all-onu-b8f45604-df05-11e9-a10b-ca7db0bcf850.shtml

https://www.fanpage.it/esteri/brasile-bolsonaro-la-foresta-amazzonica-non-e-patrimonio-dellumanita/

https://www.agi.it/estero/bolsonaro_amazzonia-6089832/news/2019-08-27/

https://www.repubblica.it/esteri/2019/09/21/news/amazzonia_incendi_bolsonaro_piano_esercito_onu-236557200/

https://www.wwf.it/emergenza_amazzonia.cfm

https://www.greenpeace.org/italy/storia/6036/incendi-quello-che-accade-in-amazzonia-non-resta-in-amazzonia/

https://it.euronews.com/2019/09/24/incendi-in-amazzonia-12-milioni-di-ettari-in-fumo-la-bolivia-riceve-gli-aiuti-europei

https://www.quotidiano.net/esteri/incendio-amazzonia-1.4922183

https://www.repubblica.it/ambiente/2019/08/30/news/_gli_incendi_in_amazzonia_in_tre_ecoregioni_tra_le_piu_importanti_del_pianeta_-234734457/

https://www.focus.it/ambiente/ecologia/incendi-artico-amazzonia-pirocene

https://www.infodata.ilsole24ore.com/2019/10/13/amazzonia-gli-incendi-la-deforestazione-limpatto-sulleconomia-globale/

http://www.meteoweb.eu/2020/01/brasile-incendi-amazzonia-quasi-raddoppiate-aree-foresta-fiamme-2019/1373919/

https://www.tgcom24.mediaset.it/green/amazzonia-gli-incendi-mettono-a-rischio-265-specie-tra-animali-e-piante_3230151-201902a.shtml

https://tg24.sky.it/ambiente/approfondimenti/incendio-amazzonia-cause.html

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/08/26/incendi-in-amazzonia-nuove-immagini-di-greenpeace-nel-2019-roghi-aumentati-del-145/5409505/

https://www.quicosenza.it/news/magazine/314375-gli-incendi-dellamazzonia-riguardano-anche-noi

http://campus.unibo.it/11828/1/Pignatti_-_Le_piante_come_indicatori_ambientali.pdf

A causa della deforestazione incontrollata in Amazzonia e dopo gli incendi della Siberia ed i più recenti in Australia la flora mondiale è costantemente in serio pericolo e gli effetti di questa distruzione di natura umana, stiamo infatti già assistendo da diversi anni a questa parte a degli sconvolgimenti climatici di grossa entità, come gli evidenti sbalzi termici riscontrati non più da una stagione all’altra, ma in un periodo ristretto addirittura di 10-15 giorni e le stagioni stesse stanno diventando sempre più estreme, vale a dire estati sempre più torride ed inverni sempre più rigidi.

Per maggiori informazioni sulle connessioni che sussistono da sempre tra vegetazione e clima, vi consiglio la visione della puntata di Sapiens Un Solo Pianeta realizzata da Mario Tozzi ed andata in onda su Rai 3 lo scorso 4 Marzo:

https://www.raiplay.it/video/2020/02/sapiens-un-solo-pianeta-del-29022020-Il-pianeta-delle-piante-a09441e1-4f11-4c29-a042-3208b410e34e.html

https://twitter.com/bralex84/status/1235271651148824578

L’ALLARME E’ STATO LANCIATO, ORA STA ALL’#ONU AGIRE CONTRO BOLSONARO PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI PER TUTTI!!!
THE ALARM HAS LAUNCHED, NOW IS ONU THAT MUST ACT AGAINST BOLSONARO BEFORE THAT WILL BE TOO MUCH LATER FOR ALL US!!!

Amazzonia: viaggio nella Foresta

Greenpeace: incendi in Amazzonia aumentati del 145% rispetto 2018

Amazzonia, incendi in aumento del 145%. I roghi si vedono anche dallo Spazio

Incendi record in Brasile: l’Amazzonia brucia e con lei il “polmone verde” della nostra Terra

Amazzonia, Bolsonaro rifiuta 20 milioni dal G7. E intanto la foresta brucia

Amazzonia: la deforestazione galoppa in un anno

GREENPEACE: Terre degli Indigeni Amazzonia bruciano per traffico di legno illegale – http://www.HTO.tv

I guardiani dell’Amazzonia

SIBERIA, AMAZZONIA, INCENDI.. GUARDATE I SEGNI CHE VI CIRCONDANO

Alla luce di tutte queste emergenze ambientali mondiali, in particolar modo in Amazzonia, personalmente ritengo che, se ci fosse stato Ayrton Senna come Presidente del Brasile al posto del “Barone del Rio Branco” Jair Bolsonaro, non soltanto per i suoi famosissimi successi sportivi, ma anche come uomo di grande intelligenza e lungimiranza politica, sicuramente non avremmo assistito a questa Apocalisse floristica in nome del progresso tecnologico, dell’agrobusiness portato alla sua fase più esasperata, degli interessi delle solite cricche di potere rappresentate da grandi industrie e multinazionali del legname.

Ayrton Senna, La mia vita segreta – http://www.ayrtonthemagic.com

Ayrton Senna Bike Carraro Bicicletas

SENNA SAW GOD

AYRTON SENNA CON BANDIERA BRASILE

 

AYRTON SENNA BRINDISI

 

Ayrton e la bici

 

AYRTON BRAZIL STAR

 

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Hasta-siempre-Senna

 

senna ed i sogni

 

FRASE SENNA OPPORTUNITA'