Sciopero Generale

CACCIARE IL GOVERNO MELONI, TUTTI I SERVI DELLA NATO E DEI SIONISTI! PALESTINA LIBERA, FREE PALESTINE!

https://www.carc.it/2024/02/21/cacciare-il-governo-meloni-e-tutti-i-servi-della-nato-e-dei-sionisti-palestina-libera-freepalestine/

Adesione del P.CARC al Corteo Nazionale del 24 Febbraio 2024

La causa del popolo palestinese è legata a doppio filo alle lotte sociali e ai movimenti popolari in tutti i paesi del mondo e la resistenza palestinese ha influenzato tutti i movimenti di liberazione nazionale degli ultimi decenni. Anche per questo, dopo il colpo che la resistenza palestinese ha inferto agli occupanti sionisti il 7 ottobre scorso, in ogni angolo del mondo ha preso vita un’ampia mobilitazione di solidarietà. Una mobilitazione che si è estesa man mano che lo stato e l’esercito sionista, con la complicità della Nato e di tutta la Comunità Internazionale degli imperialisti, hanno dato alla rappresaglia di stampo nazista contro il popolo palestinese la forma e il contenuto di un genocidio.
Anche in Italia, dal 7 ottobre decine di migliaia di persone sono scese in strada ininterrottamente contro il genocidio in corso in Palestina. Tuttavia nessun appello, nessuna manifestazione e tanto meno i pronunciamenti della Corte Internazionale dell’Aja, hanno fermato i sionisti e i loro complici.
Anzi, la solidarietà al popolo palestinese è stata criminalizzata a reti unificate – con l’espediente dell’equiparazione fra antisionismo e antisemitismo – e il governo Meloni, sostenuto da tutti i partiti delle Larghe Intese, tenta di soffocare le mobilitazioni, mentre assicura sostegno alla Nato e ai sionisti e collabora attivamente all’allargamento del conflitto a tutto il Medio Oriente (vedi il comando dell’operazione militare della Ue contro gli Houti nel Mar Rosso).
Si pone con urgenza – e chiaramente – la questione di rendere più incisiva ed efficace la mobilitazione per togliere alla Nato e ai sionisti il sostegno e la collaborazione del governo italiano. E poiché il governo Meloni non ha alcuna intenzione di farlo, l’obiettivo diventa necessariamente cacciare il governo Meloni: concentrare la mobilitazione nel rendere ingovernabile il paese a tutti i servi della Nato e a tutti i complici dei sionisti fino a cacciarli e imporre il Governo di Blocco Popolare.
Questo vuol dire mobilitare tutte le forze disponibili (partiti, organizzazioni politiche e sindacali, associazioni e movimenti) in una campagna di iniziative concatenate e coordinate per fare del sostegno politico, economico, logistico e militare che il governo Meloni accorda ai criminali sionisti un problema di ordine pubblico generalizzato: scioperi, manifestazioni, violazione di divieti e prescrizioni, campagne d’opinione, boicottaggi e disobbedienza organizzata. L’obiettivo è ambizioso, ma è l’unico realistico. E soprattutto è possibile.
Un esempio, piccolo ma significativo, viene da Reggio Emilia: la multiservizi Iren è stata costretta dalle proteste e dalle mobilitazioni a rompere gli accordi con l’azienda israeliana Mekorot esecutrice della cosiddetta “apartheid dell’acqua” contro il popolo palestinese. È una piccola vittoria che indica una strada da sviluppare!

La mobilitazione il solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio ad opera dei sionisti contribuisce a elevare e generalizzare il contenuto politico di tutte le mobilitazioni e le proteste dei lavoratori e delle masse popolari.
Le manifestazioni in solidarietà al popolo palestinese e in sostegno alla resistenza – che peraltro continuano dal 7 ottobre tutte le settimane in molte città – hanno contribuito a dare a ogni altra mobilitazione del periodo, quale che fosse la motivazione per cui è nata, un carattere internazionalista e hanno rafforzato la partecipazione (o per lo meno hanno sensibilizzato una parte più ampia di masse popolari) alle proteste contro la terza guerra mondiale a pezzi verso cui gli imperialisti Usa e i sionisti trascinano il mondo – da Resistenza n. 2/2024 “Organizzarsi e mobilitarsi per cacciare il governo Meloni. Non aspettare che cada da solo”.

Questo perché, al di là delle mille particolarità, tutte le mobilitazioni e le proteste sono unite fa un filo comune: sono manifestazione della resistenza agli effetti della crisi generale del capitalismo e sono rivolte contro la classe dominante. Chi fa affari con i boia sionisti sono gli stessi che fanno affari con le privatizzazioni e lo smantellamento della sanità pubblica, con gli appalti e i subappalti, con i tagli sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, con lo smantellamento dell’apparato produttivo, con la speculazione immobiliare. I bombardamenti e i rastrellamenti nella striscia di Gaza hanno gli stessi mandanti delle stragi sui posti di lavoro: i responsabili, i loro complici e i loro compari sono la classe dirigente della società, sono al governo del paese e vanno rovesciati.

Il miglior modo per solidarizzare con il popolo palestinese è rendere il nostro paese ingovernabile a loro e a tutti i complici dei sionisti e mobilitarsi per costituire il Governo di Blocco Popolare.
Per questo motivo è importante che la mobilitazione dei lavoratori si combini con quella contro il vortice di guerra in cui il governo Meloni e tutti i partiti della Larghe Intese stanno trascinando il paese al carro della Nato, con quella contro le basi militari e le armi nucleari, con quella dei comitati per la sanità pubblica, con quella in solidarietà con il popolo palestinese.
Convogliare TUTTE le mobilitazioni e le proteste nell’obiettivo comune di cacciare il governo Meloni e sostituirlo con il Governo di Blocco Popolare!

Saremo presenti alla manifestazione del 24 febbraio con lo striscione che riporta la parola d’ordine “Cacciare il governo Meloni e tutti i servi della Nato e dei sionisti – Palestina libera”. Invitiamo tutti coloro che la condividono nello spezzone del P.CARC che si raccoglierà sotto lo striscione in Piazzale Loreto dalle ore 14.

Violare i divieti e le prescrizioni

Il governo Meloni e il suo stuolo di nostalgici del ventennio hanno già dimostrato di essere sordi di fronte agli appelli, ciechi di fronte ai massacri e servi dei criminali Nato e sionisti. Al punto da pretendere di decidere loro se, come e quando è possibile manifestare contro il genocidio in corso il Palestina. Dispensano divieti e permessi, impongono percorsi, minacciano manganellate e manganellano nel tentativo di ostacolare la mobilitazione.
Tuttavia nessuno di loro può decidere se, come e quando manifestare solidarietà al popolo palestinese, se, come e quando “è permesso”. Questi sovranisti che leccano i piedi alla Nato, alla Ue e ai sionisti, che prendono ordini dalla comunità sionista in Italia quanto dal governo del macellaio Netanyhau non hanno alcuna legittimità di decidere cosa è legale e cosa no. Per questo motivo, esattamente come è accaduto il 27 gennaio a Milano tanto di fronte ai divieti di manifestare quanto alle pretese di dettare tempi, modi e percorsi del corteo è giusto e legittimo disobbedire e violare divieti e prescrizioni. Che ogni manifestazione sia un contributo a rendere ingovernabile il paese.

Fonte: Partito dei CARC

English translate

THROW OUT THE MELONI GOVERNMENT, ALL THE SERVANTS OF NATO AND THE ZIONISTS! FREE PALESTINE, FREE PALESTINE!

P.CARC membership in the National Procession of 24 February 2024

The cause of the Palestinian people is closely linked to social struggles and popular movements in all countries of the world and the Palestinian resistance has influenced all national liberation movements of recent decades. Also for this reason, after the blow that the Palestinian resistance dealt to the Zionist occupiers on 7 October, a large solidarity mobilization took place in every corner of the world. A mobilization that expanded as the Zionist state and army, with the complicity of NATO and the entire international community of imperialists, gave the Nazi-style retaliation against the Palestinian people the form and content of a genocide .
Even in Italy, since 7 October tens of thousands of people have taken to the streets continuously against the genocide underway in Palestine. However, no appeal, no demonstration, much less the pronouncements of the International Court in The Hague, stopped the Zionists and their accomplices.
Indeed, solidarity with the Palestinian people has been criminalized in unified networks – with the expedient of equating anti-Zionism and anti-Semitism – and the Meloni government, supported by all the parties of the Broad Understandings, attempts to stifle the mobilizations, while ensuring support for the NATO and the Zionists and actively collaborates in the expansion of the conflict to the entire Middle East (see the command of the EU military operation against the Houthis in the Red Sea).
The question of making the mobilization to remove the support and collaboration of the Italian government from NATO and the Zionists is urgently and clearly posed. And since the Meloni government has no intention of doing so, the objective necessarily becomes to oust the Meloni government: concentrate the mobilization on making the country ungovernable for all the servants of NATO and all the accomplices of the Zionists to the point of expelling them and imposing the Government of Popular Block.
This means mobilizing all available forces (parties, political and trade union organisations, associations and movements) in a campaign of linked and coordinated initiatives to make the political, economic, logistical and military support that the Meloni government grants to Zionist criminals a problem of generalized public order: strikes, demonstrations, violation of prohibitions and regulations, opinion campaigns, boycotts and organized disobedience. The goal is ambitious, but it is the only realistic one. And above all it’s possible.

The mobilization in solidarity with the Palestinian people and against the genocide by the Zionists contributes to elevating and generalizing the political content of all the mobilizations and protests of the workers and popular masses.
The demonstrations in solidarity with the Palestinian people and in support of the resistance – which have continued every week since 7 October in many cities – have contributed to giving every other mobilization of the period, whatever the reason for which it was born, an internationalist character and they strengthened participation (or at least sensitized a larger part of the popular masses) to the protests against the piecemeal third world war towards which the US imperialists and the Zionists are dragging the world – from Resistance n. 2/2024 “Organize and mobilize to oust the Meloni government. Don’t wait for it to fall on its own.”

This is because, beyond the thousand particularities, all the mobilizations and protests are united by a common thread: they are a manifestation of resistance to the effects of the general crisis of capitalism and are aimed against the ruling class. Those who do business with the Zionist executioners are the same ones who do business with privatizations and the dismantling of public health, with contracts and subcontracts, with cuts in safety in the workplace, with the dismantling of the productive apparatus, with speculation real estate. The bombings and roundups in the Gaza Strip have the same instigators as the massacres in the workplace: those responsible, their accomplices and their cronies are the ruling class of society, they are in government of the country and they must be overthrown.

The best way to show solidarity with the Palestinian people is to make our country ungovernable for them and for all the accomplices of the Zionists and to mobilize to establish the Popular Bloc Government.
For this reason it is important that the mobilization of workers is combined with that against the vortex of war in which the Meloni government and all the parties of the Broad Understandings are dragging the country to the NATO bandwagon, with that against military bases and nuclear weapons , with that of the public health committees, with that in solidarity with the Palestinian people.
Convey ALL mobilizations and protests into the common objective of ousting the Meloni government and replacing it with the Popular Bloc Government!

We will be present at the demonstration on February 24th with the banner bearing the slogan “Expel the Meloni government and all the servants of NATO and the Zionists – Free Palestine”. We invite all those who share it to the P.CARC segment which will gather under the banner in Piazzale Loreto from 2 pm.

Violate prohibitions and regulations

The Meloni government and its crowd of nostalgics of the twenty years have already demonstrated that they are deaf to the appeals, blind to the massacres and servants of NATO and Zionist criminals. To the point of demanding that they decide if, how and when it is possible to demonstrate against the ongoing genocide in Palestine. They issue bans and permits, impose routes, threaten truncheons and beat them in an attempt to hinder the mobilization.
However, none of them can decide if, how and when to demonstrate solidarity with the Palestinian people, if, how and when “it is allowed”. These sovereignists who lick the feet of NATO, the EU and the Zionists, who take orders from the Zionist community in Italy as well as from the government of the butcher Netanyhau, have no legitimacy to decide what is legal and what is not. For this reason, exactly as happened on 27 January in Milan, both in the face of the bans on demonstrating and the claims of dictating the times, methods and routes of the procession, it is right and legitimate to disobey and violate prohibitions and regulations. Let every demonstration be a contribution to making the country ungovernable.

Source: Partito dei CARC

Meloni manganella, il popolo si ribella

https://www.carc.it/2024/02/22/meloni-manganella-il-popolo-si-ribella/

Dalla sua installazione il governo Meloni ha combinato azioni di propaganda reazionaria e promozione dello scontro di masse contro masse con la repressione delle avanguardie e dei settori più organizzati delle masse popolari.

Alcuni esempi delle ultime settimane. A Venezia davanti al teatro Goldoni, durante l’inaugurazione dell’anno accademico, ci sono state cariche contro gli studenti scesi in piazza a contestare la presenza della ministra Anna Maria Bernini. Stessa cosa è avvenuta a Firenze, dove l’inaugurazione è stata organizzata al Teatro del Maggio Musicale alla presenza del presidente della Repubblica. Senza contare gli attacchi repressivi ricevuti dagli studenti del Liceo Severi di Milano o il liceo “Alfonso Maria de’ Liguori” di Acerra in provincia di Napoli, dove 70 studenti sono stati sospesi per aver occupato in segno di protesta per l’inquinamento e la terra dei fuochi.

Ma non solo la scuola. Manganelli e repressione sono stati riservati anche a NapoliTorino e Bologna alle reti di solidarietà con la resistenza palestinese durante i presidi organizzati davanti alle sedi Rai. Stesso trattamento per alcune realtà operaie oggi in lotta come lo sgombero della Prosus di Cremona in occupazione da quattro mesi o la brutale aggressione contro i lavoratori Si Cobas durante un picchetto a Monza davanti alla fabbrica Gitre di Bellusco.

Il governo Meloni mostra i muscoli e spinge in avanti la repressione perché deve far fronte all’impopolarità crescente che sconta tra le masse popolari. Il suo sovranismo è sempre più di cartone e scandito dal tradimento delle promesse antisistema fatte in campagna elettorale. A tenere in piedi il governo resta solo il mandato di attuare le misure antipopolari e di macelleria sociale dell’agenda Draghi per conto degli imperialisti Usa e dei vertici della Repubblica Pontificia in una situazione di crisi crescente per tutto il sistema imperialista mondiale.

Il mondo dei padroni è in fiamme. I sommovimenti sono evidenti ovunque: rivolte degli agricoltori, lotte operaie, mobilitazioni per la Palestina, scontri tra i membri e gruppi della classe dominante sull’autonomia differenziata e tutti gli altri fenomeni della crisi politica, economica e sociale in corso. Rispetto a tutto questo l’unico modo che la borghesia ha per tenere a bada le masse popolari – oltre all’intossicazione e la deviazione delle coscienze – è la repressione sempre più dispiegata.

È per questo che il governo Meloni ha varato il suo “pacchetto sicurezza” attraverso il quale ha inasprito le pene per le azioni di lotta sociale più diffuse (blocchi stradali o scritte sui muri) tra gli operai, i disoccupati e gli studenti; ha elevato al rango di reato di “rivolta carceraria” anche proteste di soli tre detenuti e quelle degli immigrati rinchiusi nei “centri di smistamento temporanei”, sempre più equiparati a carceri nonostante la retorica schifosa con cui vengono denominati e presentati; ha ridotto i benefici di utilizzo delle misure alternative al carcere per tutti gli strati più poveri della società e si accanisce in particolare contro le donne incinte o con figli minori.

Per questo è sempre più necessario estendere la solidarietà e fare fronte comune contro la repressione. È sempre più urgente confrontarsi su come far ricadere la repressione poliziesca, giudiziaria ed economica, i tentativi di criminalizzazione, la persecuzio­ne di chi resiste sulle istituzioni e le autorità che li promuovono. Ribaltare ogni attacco repressivo alimentando la lotta politica, fomentando la ribellione e la moltiplicazione di scioperi e problemi di ordine pubblico per rafforzare ogni vertenza in corso, unire le mobilitazioni in corso e cacciare il Governo Meloni.

Noi invitiamo tutti quanti: organizzazioni operaie e di lavoratori, organizzazioni di giovani, di donne, esponenti sindacali e politici all’azione comune e al coordinamento contro ogni attacco repressivo e per la violazione di ogni divieto e prescrizione. Si può fare – questo dimostra l’azione di lotta fatta da Ultima Generazione a Firenze – a partire dalle prossime mobilitazioni contro la guerra del 23 e 24 febbraio e dell’8 marzo, per costruire un fronte quanto più ampio per bastonare Meloni e cacciare le larghe intese. Per imporre noi lo stato di emergenza e il governo di emergenza popolare che serve!

Fonte: Partito dei CARC

English translate

Meloni baton, the people rebel

Since its installation, the Meloni government has combined actions of reactionary propaganda and promotion of the clash of masses against masses with the repression of the avant-garde and the most organized sectors of the popular masses.

Some examples from the last few weeks. In Venice in front of the Goldoni theatre, during the inauguration of the academic year, there were charges against the students who took to the streets to protest the presence of Minister Anna Maria Bernini. The same thing happened in Florence, where the inauguration was organized at the Teatro del Maggio Musicale in the presence of the President of the Republic. Not to mention the repressive attacks received by the students of the Severi high school in Milan or the “Alfonso Maria de’ Liguori” high school in Acerra in the province of Naples, where 70 students were suspended for having occupied in protest for pollution and land of fires.

But not just school. Batons and repression were also reserved in Naples, Turin and Bologna for solidarity networks with the Palestinian resistance during demonstrations organized in front of the Rai offices. Same treatment for some workers’ situations currently in conflict such as the eviction of Prosus of Cremona in occupation for four months or the brutal attack against Si Cobas workers during a picket in Monza in front of the Gitre factory in Bellusco.

The Meloni government flexes its muscles and pushes repression forward because it has to deal with the growing unpopularity it is experiencing among the popular masses. His sovereignism is increasingly cardboard and punctuated by the betrayal of the anti-system promises made during the election campaign. The only thing left to keep the government going is the mandate to implement the anti-popular and social butchery measures of the Draghi agenda on behalf of the US imperialists and the leaders of the Papal Republic in a situation of growing crisis for the entire world imperialist system.

The world of the masters is on fire. The upheavals are evident everywhere: farmers’ revolts, workers’ struggles, mobilizations for Palestine, clashes between members and groups of the ruling class over differentiated autonomy and all the other phenomena of the ongoing political, economic and social crisis. Compared to all this, the only way the bourgeoisie has to keep the popular masses at bay – in addition to intoxication and the deviation of consciences – is increasingly widespread repression.

This is why the Meloni government launched its “security package” through which it tightened the penalties for the most widespread actions of social struggle (road blocks or writings on walls) among workers, the unemployed and students; it also elevated protests by just three prisoners and those of immigrants locked up in “temporary sorting centers” to the rank of “prison riot” crime, increasingly equated to prisons despite the disgusting rhetoric with which they are named and presented; it has reduced the benefits of using alternative measures to prison for all the poorest strata of society and is particularly aggressive against pregnant women or those with minor children.

This is why it is increasingly necessary to extend solidarity and form a common front against repression. It is increasingly urgent to discuss how to bring police, judicial and economic repression, criminalization attempts and the persecution of those who resist onto the institutions and authorities that promote them. Reverse any repressive attack by fueling the political struggle, fomenting rebellion and the multiplication of strikes and public order problems to strengthen any ongoing dispute, unite the ongoing mobilizations and oust the Meloni Government.

We invite everyone: workers’ organizations, youth organizations, women’s organizations, trade union representatives and politicians to common action and coordination against any repressive attack and for the violation of any prohibition and prescription. It can be done – this is demonstrated by the fighting carried out by Ultima Generazione in Florence – starting from the next anti-war mobilisations of 23 and 24 February and 8 March, to build a front as broad as possible to beat Meloni and chase away the wide agreements. To impose the state of emergency and the popular emergency government we need!

Source: Partito dei CARC

Il 23 Febbraio si sciopera contro la guerra!

https://www.carc.it/2024/02/08/il-23-febbraio-si-sciopera-contro-la-guerra/

Raccogliendo l’appello dei giovani palestinesi e di gran parte delle comunità arabe in Italia, il Si Cobas ha proclamato per venerdì 23 febbraio una giornata di sciopero nazionale e per sabato 24 febbraio una manifestazione nazionale che si terrà a Milano. Due appuntamenti di lotta per sostenere la resistenza del popolo palestinese contro il genocidio in corso a Gaza da parte del governo sionista d’Israele, contro il governo Meloni, le sue politiche guerrafondaie e antioperaie.

“Una risposta di classe organizzata e coordinata a livello internazionale contro la carneficina in corso a Gaza, contro il colonialismo sionista e più in generale contro le guerre delle grandi potenze imperialiste in una fase di crisi generale del capitalismo, diviene ogni giorno più evidente e più stringente”Così si legge nel comunicato lanciato dal Si Cobas.

Queste iniziative sono in concatenazione con le tante altre mobilitazioni messe in campo nei mesi scorsi dal Si Cobas, dalle altre sigle del sindacalismo di base. Tra queste c’è anche lo sciopero contro la guerra del settore privato del 17 novembre a cui ha fatto seguito un’ampia manifestazione a Bologna nella quale migliaia di lavoratori hanno portato in piazza parole d’ordine contro l’occupazione del nostro paese da parte degli USA e della NATO e contro la sottomissione alle politiche genocide di Israele, ma la lista è lunga.

La risposta va costruita a partire dai posti di lavoro!

Ogni lavoratore e sindacalista può organizzare o chiedere che vengano organizzate assemblee all’interno del proprio posto di lavoro per discutere collettivamente delle ragioni dello sciopero. Di come qualsiasi rivendicazione in atto nel paese, sia quelle per porre fine alla guerra che quelle per migliorare le condizioni di vita e di lavoro, si riassumono nel cacciare il governo Meloni.

Ciascun lavoratore può discutere della mobilitazione del 23 febbraio e di quelle che verranno dopo, con i colleghi e con i delegati sindacali. Ciascuno può promuovere e organizzare l’adesione e la partecipazione di altri colleghi, anche se iscritti ad altro sindacato o senza alcuna tessera sindacale.

Tutti i lavoratori possono scioperare!

Organizziamoci per aderire in massa allo sciopero nazionale proclamato dal Si Cobas dai magazzini della logistica fino ai lavoratori delle altre vertenze in corso nel paese come quelli della TIM, dell’ex ILVA, della Gkn, della sanità e a movimenti come Non una di meno impegnate nella costruzione di un 8 marzo di lotta e mobilitazione.

È ora di proseguire il cammino intrapreso con le mobilitazioni dei mesi scorsi, con gli scioperi per difendere il diritto di sciopero sotto attacco da parte del ministro Salvini e con le manifestazioni in solidarietà al popolo palestinese con l’obiettivo di cacciare il governo Meloni.

Fonte: Partito dei CARC

English translate

On February 23rd we will strike against the war!

Responding to the appeal of young Palestinians and a large part of the Arab communities in Italy, Si Cobas has proclaimed a national strike day for Friday 23 February and a national demonstration to be held in Milan on Saturday 24 February. Two fight events to support the resistance of the Palestinian people against the genocide underway in Gaza by the Zionist government of Israel, against the Meloni government, its warmongering and anti-worker policies.

“An internationally organized and coordinated class response against the carnage underway in Gaza, against Zionist colonialism and more generally against the wars of the great imperialist powers in a phase of general crisis of capitalism, becomes more evident and more stringent” This is what we read in the statement launched by Si Cobas.

These initiatives are in concatenation with the many other mobilizations launched in recent months by Si Cobas, by the other acronyms of grassroots trade unionism. Among these there is also the strike against the war in the private sector on 17 November which was followed by a large demonstration in Bologna in which thousands of workers took to the streets slogans against the occupation of our country by of the USA and NATO and against submission to Israel’s genocidal policies, but the list is long.

The answer must be built starting from jobs!

Every worker and trade unionist can organize or request that meetings be organized within their workplace to collectively discuss the reasons for the strike. How any demands underway in the country, both those to put an end to the war and those to improve living and working conditions, are summed up in ousting the Meloni government.

Each worker can discuss the mobilization of February 23 and those that will follow, with colleagues and union delegates. Everyone can promote and organize the membership and participation of other colleagues, even if they are members of another union or without any union card.

All workers can strike!

Let us organize ourselves to join en masse the national strike proclaimed by Si Cobas from the logistics warehouses to the workers of the other ongoing disputes in the country such as those of TIM, the former ILVA, Gkn, healthcare and movements such as Non una di meno committed to construction of an 8 March of struggle and mobilization.

It is time to continue the path undertaken with the mobilizations of recent months, with the strikes to defend the right to strike under attack by Minister Salvini and with the demonstrations in solidarity with the Palestinian people with the aim of ousting the Meloni government.

Source: Partito dei CARC

https://www.change.org/p/noi-a-scuola-facciamo-cos%C3%AC?recruiter=38849528
https://ilmanifesto.it/a-pisa-sale-ancora-londa-della-protesta
https://ilmanifesto.it/mattarella-striglia-il-governo-per-gli-studenti-manganellati
https://ilmanifesto.it/chiediamo-scusa-ai-nostri-ragazzi
https://ilmanifesto.it/pace-in-palestina-studenti-domani-in-piazza-a-pisa-e-firenze
https://www.pisatoday.it/cronaca/manifestazione-pisa-palestina-manganellate-studenti-2-marzo-2024.html
https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2024/03/02/pisa-manifestazione-degli-studenti-per-il-cessate-il-fuoco-a-gaza_f486be6c-193c-41f2-a65b-33c92824a987.html
https://www.lanazione.it/pisa/cronaca/corteo-pisa-diretta-beusoow6

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

FRANCIA: “PREFERIAMO MANGIARE PATATE CHE CREPARE AL LAVORO”

di Giacomo Marchetti

https://contropiano.org/news/internazionale-news/2023/04/08/francia-preferiamo-mangiare-patate-che-crepare-al-lavoro-0159096

Giovedì 6 aprile si è svolto l’undicesimo sciopero inter-professionale e l’undicesima mobilitazione nazionale contro la riforma pensionistica con manifestazioni in tutto l’Esagono.

Il giorno precedente, il capo dell’esecutivo Elisabeth Borne aveva ricevuto, senza che ciò sortisse alcun esito positivo, le otto organizzazioni sindacali che hanno fin qui guidato la protesta.

L’incontro, è stato un vero e proprio «fallimento» dal punto di vista dei sindacati. Da una parte i membri dell’intersindacale chiedevano il ritiro della riforma, a cui Borne ha risposto picche; dall’altra il Primo Ministro avrebbe voluto “superare” il dossier sulle pensioni ed avviare la discussione su altri cantieri che il governo ha intenzione di aprire ricevendo a sua volta un netto rifiuto.

Cyril Chabanier, presidente confederale della CFTC – il sindacato dei “quadri” – ha affermato a nome di tutta l’intersindacale: «Noi abbiamo ribadito alla prima ministra che non ci sarebbe altra soluzione democratica che non sia il ritiro del testo. La prima ministra ha risposto che lei ha intenzione di mantenere il suo testo. Una decisione grave».

Un testo, è sempre bene ricordarlo, che non è stato votato in Assemblea Nazionale per il timore che fosse bocciato da un governo che ha poi evitato di un soffio la sfiducia.

E’ significativo che anche il leader di una delle formazione sindacali più “moderate” come la CFDT, ribadisca un concetto già espresso e nuovamente attaccato anche dal presidente Macron: «stiamo vivendo una grave crisi democratica, avevamo una crisi sociale che si trasforma in crisi democratica».

Ancora più chiara la nuova leader della CGT, Sophie Binet, per cui «il governo è barricato in un bunker» ed è «in aperta rottura nei confronti del paese»

La torsione autoritaria della Francia si esprime sostanzialmente in due forme: la sordità del Presidente e dell’Esecutivo di fronte alle richieste della piazza, con milioni di persone che da tre mesi scendono in strada sostenute dalla maggioranza della popolazione, da tutto l’arco sindacale e dall’opposizione politica – sia di sinistra (NUPES, guidata da Mélénchon) che di estrema destra (RN di Marine Le Pen); dall’altra l’escalation della repressione.

Un sondaggio Viavoce pubblicato giovedì dal quotidiano “Libération” certifica il livello di delegittimazione del “Presidente dei Ricchi”.

Il 65% giudica negativamente l’operato di Macron – il 43% lo considera “molto negativo” ed il 22% “abbastanza negativo” – mentre solo un 26% lo giudica positivamente ed “entusiasma” solo il 4% degli intervistati (gli imprenditori, insomma)!

Il 75%, ad un secondo quesito più articolato, dichiara che il Presidente “non è vicino alla gente”, ed ad una terza domanda – anch’essa più articolata – il 69% ha risposto che “non rispetta le opposizioni politiche”.

A parte ciò che concerne la politica estera per cui, comunque, solo il 36% – contro il 53% – dei francesi intervistati ha fiducia che “promuoverà il posto della Francia a livello internazionale”, su tutti i principali dossier del quinquennio viene espressa una sfiducia netta, con un picco del 68% rispetto alle questioni sociali.

Tutti i sondaggi sono sempre da prendere “con le pinze”, ma in questo caso sembrano fornire un sismografo molto attendibile sulla profonda sfiducia nei confronti del “Presidente dei Ricchi” comunque abbondantemente bocciato dalla piazza.

Un dato colpisce particolarmente: il 55% degli intervistati pensa che “le libertà”, dal 2017 – anno in cui è stato eletto per il suo primo mandato presidenziale -, siano regredite.

Anche chi è d’accordo con le mobilitazioni, che sempre più spesso vedono scontri violenti con forze dell’ordine, ha timore a manifestare per timore dell’azione repressiva.

A questa percezione contribuisce l’attuale Ministro Gérald Darmanin, che è arrivato addirittura a criticare la Lega dei Diritti dell’Uomo per i rilievi fatti rispetto all’operato delle forze dell’ordine.

Le sue parole sibilline, con le quali lasciava intravedere una revisione delle sovvenzioni statali nei confronti della storica associazione che difende i diritti civili, ha spinto un centinaio di esponenti del mondo della cultura a scrivere una lettera aperta al presidente Macron affinché condanni pubblicamente le proposizioni di Darmanin.

Scrivono tra l’altro in questo appello i firmatari: «Noi non faremo l’affronto di rimproverarvi di ignorare che questi stessi militanti furono tra i bersagli principali della repressione del regime di Vichy».

Parole come pietre. Ma è chiaro che il semplice “monitoraggio” degli abusi in divisa è considerato un delitto di lesa maestà.

La solita geniale vignetta di Allan Barte immagina uno scambio tra il Presidente, preoccupato che le persone possano essere indignate per le posizioni del suo Ministro dell’interno, supponendo che vogliano instaurare «un regime non troppo democratico». Darmanin risponde: «Sì ma se lasciamo la Lega dei Diritti dell’Uomo lavorare, le persone sapranno che instauriamo un regime non molto democratico».

Per descrivere il personaggio, un ex gollista passato armi e bagagli alla Macronie per un posto da ministro, basti dire che è andato al congresso nazionale del maggiore sindacato della polizia a Parigi – Alliance Police – declamando tra l’entusiasmo dei 400 convenuti: «j’aime les flics», traducibile con «amo gli sbirri»!

Lui e Macron si sono scagliati in toni pesantissimi contro “l’ultra-sinistra” ed il suo “terrorismo intellettuale”, ma sono silenti sul montante fenomeno del terrorismo di estrema-destra, nonostante le ripetute avvisaglie sulla sua pericolosità.

Tornando alla mobilitazione di giovedì, il Ministero dell’interno ha contato 570mila persone, mentre gli organizzazioni hanno stimato a 2 milioni il numero dei partecipanti.

Al di là dei numeri è chiaro che, al di là della leggera flessione dopo 3 mesi di mobilitazione, che non si può assolutamente parlare di riflusso. Anche perché rimangono fortemente mobilitati i settori strategici che fino a qui sono stati la colonna vertebrale degli scioperi, e le casse di solidarietà hanno visto affluire e ridistribuire cifre record per i lavoratori che hanno perso più giornate di lavoro, come quelli del petrolchimico o gli operatori ecologici.

Diamo qualche numero su alcune di queste iniziative.

La cassa di resistenza creata alcuni anni fa dalla CGT Info’com ha raccolto e già versato 3,5 milioni d’euro, cioè 250 mila in più della mobilitazione precedente.

Un Piquet de Stream su Twitch, dal 18 gennaio al 20 marzo, aperto da alcune persone impegnate nella mobilitazione, ha totalizzato 90 mila euro.

La “Caisse de grève insoumise” di LFI ha raccolto e messo a disposizione 850 mila euro, distribuiti ai lavoratori dei tre inceneritori di Parigi (Ivry-sur-senne, Issy-les-Moulineaux, Saint-Ouen) che per tre settimane hanno messo in ginocchio il sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti, e che dal 13 aprile saranno ancora in sciopero prolungato a tempo determinato.

Tra i molti che sostengono lo sciopero con questa modalità ci sono persone che non possono più scioperare, come i pensionati (anche loro in grandissima maggioranza contrari alla riforma), o che hanno difficoltà a farlo per la posizione che rivestono, come i quadri aziendali.

L’intersindacale – composta da 8 organizzazioni sindacali e da 5 organizzazioni giovanili – nella serata di giovedì ha chiamato ad una ennesima giornata di sciopero “inter-professionale” e di mobilitazione nazionale per il 13 aprile, un giorno prima del pronunciamento della Consiglio Costituzionale sulla costituzionalità della riforma, e sulla possibilità di avviare la raccolta firme per la sua abolizione.

È chiaro che, come ha dichiarato Olivier Mateu, segretario della UD13 della CGT, serve un cambio di strategia da parte dell’intersindacale per un passaggio coordinato allo sciopero prolungato.

Il leader sindacale della regione marsigliese ha ben espresso il cambio di passo necessario affermando che: «è un bene essere popolari, ma è ancora meglio essere efficaci».

Fa appello alla classe nel suo insieme affermando che: «se i lavoratori pensano che le organizzazioni sindacali faranno tutto, si sbagliano. Noi, sindacati, non abbiamo degli scioperanti nel congelatore che possono uscire al momento della lotta. Se la legge non viene ritirata sarà una sconfitta per tutti i lavoratori che dovranno lavorare due anni in più».

Esprime un sostanziale scetticismo sulla possibilità che il Consiglio Costituzionale bocci la proposta, ma è fiducioso sulla possibilità di vincere la battaglia.

Dopo più di tre mesi di mobilitazione lo spirito resta lo stesso, soprattutto tra gli studenti e le frange più militanti, che danno diva ad azioni dirette piuttosto impattanti (come i blocchi del traffico e le operazioni “ville morte” in varie città) o decisamente spettacolari, come l’occupazione dell’Arco di Trionfo da parte della CGT Culture e l’invasione degli uffici parigini del fondo d’investimento Blackrock da parte dei ferrovieri della capitale.

Come ha dichiarato un manifestante ad un giornalista di “Le Monde”: «Scioperando si perde del salario, ma non importa, preferiamo mangiare delle patate che crepare al lavoro».

Fonte: Contropiano

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

LA FRANCIA SI FERMA: E’ ANCORA SCIOPERO CONTRO LA RIFORMA DELLE PENSIONI 

Di Euronews  •  ultimo aggiornamento: 07/03/2023 – 16:33

La manifestazione del 19 gennaio scorso a Parigi 

Sono ore concitate, in Francia, quelle che precedono la manifestazione sulla riforma delle pensioni, in programma martedì 7 marzo.
Secondo fonti della polizia, sono attesi tra 1.1 e 1.4 milioni di manifestanti, di cui 60-90.000 a Parigi.

La contestata riforma prevede di portare l’età pensionabile dai 62 anni attuali a 64, uno in meno di quelli inizialmente preventivati dal governo.
L’altro punto sul tavolo sono i regimi pensionistici speciali, che riguardano intere categorie di lavoratori tra cui i dipendenti della Ratp (la rete di trasporti della Capitale), della Banca di Francia e del Consiglio economico, sociale e ambientale, dei dipendenti delle aziende energetiche.
Il Senato ha votato per porre fine a diversi regimi speciali 72 ore prima della nuova mobilitazione dei sindacati che mirano a mettere “la Francia in stallo” contro il progetto in discussione alla Camera alta francese.

La mobilitazione si sta sviluppando a un livello superiore, ha dichiarato il leader del sindacato CGT Philippe Martinez. 

“Il 7 marzo sarà un’azione imponente”, ha detto Simon Duteil, co-delegato generale di Solidaires. 

“Sarà una grande manifestazione”, ha rilanciato Dominique Corona, segretario generale aggiunto dell’Unsa.

about:blank

Francia alla vigilia della paralisi

È grande l’impatto dello sciopero sui trasporti: “Sarà una giornata molto difficile”, ha avvertito il ministro dei Trasporti Clément Beaune, invitando chi può a telelavorare.

Nel settore aereo, la Direzione Generale dell’Aviazione Civile (DGAC) ha chiesto alle compagnie di cancellare tra il 20 e il 30% dei voli martedì e mercoledì in previsione dello sciopero dei controllori di volo.

Su invito della CGT, altre professioni sono state chiamate a incrociare le braccia “fino al ritiro della riforma”: lavoratori delle raffinerie, elettrici e lavoratori del gas, netturbini, portuali, lavoratori del vetro e della ceramica.

Il segretario generale della federazione CGT dei chimici, Emmanuel Lépine, si è detto pronto a “mettere in ginocchio l’economia francese”. Nel settore dell’energia, il movimento è iniziato venerdì con tagli alla produzione in diverse centrali nucleari.

Anche gli insegnanti saranno di nuovo in sciopero.

Nel settore alimentare, la CGT chiede alle principali aziende francesi produttrici di zucchero di chiudere i battenti a partire da martedì. I sindacati si aspettano anche iniziative spontanee: cantieri fermi, negozi chiusi, pedaggi aperti, strade bloccate.

Sono previste altre mobilitazioni, in parallelo al dibattito in Senato, che si concluderà comunque il 12 marzo.

8 marzo, donne e pensioni

Quest’anno l’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, sarà segnato da una riforma delle pensioni considerata particolarmente ingiusta per le donne.

I movimenti delle scuole superiori e degli studenti hanno annunciato una giornata di mobilitazione per il 9. “Bloccate tutto quello che potete”, ha incoraggiato il leader della sinistra LFI Jean-Luc Mélenchon.

L’intersindacale si riunirà martedì sera per stabilire il seguito della protesta. La data dell’11 è stata menzionata, ma non è stata confermata in questa fase.

La riforma in pillole

– Innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni entro il 2030.

– Incremento dell’età contributiva da 42 a 43 anni per poter ricevere una pensione completa a partire dal 2027.

– Aumento a 1.200 euro mensili delle pensioni minime.

– L’estinzione dei regimi speciali (ai quali appartiene il 25% dei pensionati).

Fonte: Euronews

https://it.euronews.com/2023/03/06/la-francia-si-ferma-e-ancora-sciopero-contro-la-riforma-delle-pensioni

No alla riforma delle pensioni: maxi sciopero blocca la Francia

Di Euronews con agenzie  •  ultimo aggiornamento: 07/03/2023 – 11:49

Sciopero generale in Francia  

Carburante introvabile a causa delle raffinerie chiuse, stop all’80% dei treni, immondizia non ritirata: sono solo alcuni delle conseguenze dello sciopero generale in Francia contro la riforma delle pensionidel presidente Emmanuel Macron.L’obiettivo dei sindacati è paralizzare il paese a pochi giorni dalla probabile adozione della controversa riforma in Senato. Fermi tutti i principali settori produttivi: dai trasporti alle centrali elettriche. Secondo fonti della polizia, sono attesi fino a 1,4 milioni di manifestanti, di cui 60-90mila a Parigi.

Paralisi trasporti

Alle Ferrovie francesi (la SNCF), dove lo sciopero è iniziato lunedì alle 19, l’80% dei TGV è stato cancellato con collegamenti internazionali a singhiozzo o addirittura interrotti con la Germania e la Spagna. A Parigi, sulla rete RATP, il traffico è regolare solo sulle linee 1 e 14 della metropolitana (senza conducente), il resto della rete è molto perturbato.

Nel settore aereo, la Direzione generale dell’aviazione civile (Dgac) ha chiesto alle compagnie di cancellare tra il 20 e il 30% dei voli tra martedì e mercoledì in previsione dello sciopero dei controllori di volo. Martedì mattina ha segnalato ritardi medi alla partenza di circa 10 minuti. Air France prevede di operare quasi otto voli su dieci, compresi tutti i suoi voli a lungo raggio, senza escludere “ritardi e cancellazioni dell’ultimo minuto”. Transavia ha cancellato il 30% dei suoi voli, ovvero 48 nel corso della giornata.

Sciopero a scuola

Previsto lo sciopero per il 60% degli insegnanti di primo grado, secondo lo Snuipp-Fsu, il primo sindacato delle primarie.

Carenza di carburante

Le spedizioni di carburante sono state bloccate all’uscita da “tutte le raffinerie” in Francia (TotalEnergies, Esso-ExxonMobil e Petroineos), ha affermato il sindacato CGT-Chimica. 

about:blank

Se questi blocchi dovessero continuare, potrebbero portare alla chiusura delle raffinerie che non avrebbero più spazio per stoccare il carburante prodotto in loco, e a carenze nelle stazioni di servizio.

Ferma la raccolta dei rifiuti

A Parigi i tre inceneritori di rifiuti sono inattivi. La raccolta è ferma nei dieci arrondissement in gestione comunale con “diverse migliaia di tonnellate di rifiuti domestici” non raccolte.

La controversa riforma delle pensioni

Una Francia ferma, “fa ovviamente male ai nostri concittadini”, e “i primi penalizzati, quando abbiamo gli scioperi, sono i francesi più modesti”, ha detto la premier Elisabeth Borne, difendendo una riforma che garantirà la sostenibilità di “uno dei pilastri del nostro modello sociale”.

Riforma che prevede: innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni entro il 2030; incremento dell’età contributiva da 42 a 43 anni per poter ricevere una pensione completa a partire dal 2027; aumento a 1.200 euro mensili delle pensioni minime; estinzione dei regimi speciali (ai quali appartiene il 25% dei pensionati).

Fonte: Euronews

https://it.euronews.com/2023/03/07/francia-maxi-sciopero-generale-contro-la-riforma-delle-pensioni

Pensioni, domani la Francia si ferma per protestare contro la riforma di Macron

Atteso un “martedì nero”: sono previste 260 manifestazioni in tutto il Paese, mentre si stima che saranno oltre un milione i manifestanti che dovrebbero scendere in piazza. Stop anche nei trasporti. La riforma di Macron vuole alzare a 64 anni l’età minima per lasciare il lavoro, rispetto ai 62 attuali.

La Francia si ferma nuovamente domani per la sesta giornata di protesta contro la riforma delle pensioni, ed è tutto pronto per l’annunciato “martedì nero”, la prova di forza definitiva dopo cinque giornate di mobilitazione da gennaio, quella che dovrà “bloccare il paese” secondo alcuni sindacalisti, addirittura “metterlo in ginocchio” secondo altri. Mentre il governo va avanti e continua con l’approvazione in Senato, articolo dopo articolo, della contestata riforma delle pensioni, che nelle intenzioni di Emmanuel Macron dovrebbe portare a 64 anni l’età minima per lasciare il lavoro, rispetto ai 62 attuali. Secondo un sondaggio delle ultime ore, il 56% dei francesi approva la decisione di andare fino in fondo con la protesta con lo sciopero generale di domani, che potrebbe essere prolungato ad oltranza.  

Previste 260 manifestazioni

APPROFONDIMENTO

Francia, nuovo sciopero contro riforma pensioni del governo Macron

In mattinata il portavoce del governo, Olivier Véran, è stato ancora una volta durissimo, distinguendo ai microfoni di BFM TV fra “quelli che contestano e quelli che vogliono bloccare il Paese”: “Lanciare un appello a bloccare tutto – ha detto – significa rimettere in discussione la legittimità delle nostre istituzioni dopo aver perso a più riprese le elezioni”. Pesanti disagi sono previsti in tutti i settori pubblici, mentre il governo ha lanciato un appello a chi vuole lavorare a restare a casa in “smart working”. Sono previste 260 manifestazioni in tutto il Paese, mentre si stima che saranno oltre un milione i manifestanti che dovrebbero scendere in piazza.  

Stop anche nei trasporti

Forti disagi anche nel settore dei trasporti: nella giornata di domani si annuncia infatti un traffico molto perturbato con un terzo/un quinto dei treni in servizio per la Sncf e tra la metà e un terzo dei convogli per la Ratp. Le metropolitane funzioneranno principalmente nelle ore di punta mentre è prevista la chiusura di alcune stazioni. Non solo: si conta che venga inoltre cancellato tra il 20% e il 30% dei voli. Mobilitati anche il settore energetico, i netturbini e i camionisti.

Fonte: Sky TG24

https://tg24.sky.it/mondo/2023/03/06/sciopero-7-marzo-francia

Martinez: «La Francia si ferma»

https://www.collettiva.it/copertine/internazionale/2023/03/06/video/martinez-francia-sciopero-pensioni-2776129/

Di CARLO RUGGIERO 06/03/2023 – 06:17

Il segretario generale Cgt racconta la battaglia contro la riforma previdenziale di Macron: “Non essere costretti a lavorare e a contribuire due anni in più”

La Francia continua a protestare contro il progetto di riforma delle pensioni, Dal 19 gennaio le mobilitazioni si sono susseguite a ritmo serrato e a partire dal 7 marzo è prevista una nuova ondata di scioperi. I sindacati intendono costringere il governo francese a ritirare il testo, che prevede di ritardare l’età minima di pensionamento e anticipare al 2027 l’estensione del periodo contributivo necessario per riscuotere una pensione completa. Di questo, e di altro, abbiamo parlato con Philippe Martinez, segretario generale della Confédération générale du travail (Cgt), la più influente centrale sindacale francese.

Qual è la mobilitazione dei lavoratori e dei cittadini francesi a fianco dei sindacati?
La mobilitazione attuale è contro un progetto di legge del governo che prevede l’allungamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, e l’aumento della durata della contribuzione sociale a 43 anni. La nostra organizzazione rifiuta questo progetto e dal 19 gennaio ci sono milioni di persone che manifestano regolarmente nelle strade.

Ci saranno altri scioperi, il primo il 7 marzo. Cosa avete in programma?
Dal 19 gennaio ci sono già state cinque giornate di mobilitazione. Il 7 marzo vogliamo fermare la Francia, nessuno deve lavorare. Si tratta di un concetto semplice: non essere costretti a lavorare e a contribuire due anni in più.

L’unione sindacale può aiutare nella gestione delle tensioni politiche attuali tra il governo francese e quello italiano?
Le tensioni che vengono a crearsi tra il governo francese e quello italiano sono spesso anche esasperate dai governi stessi. La risposta migliore, per quanto ci riguarda, è l’unità delle organizzazioni Cgil e Cgt per migliorare la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori dei nostri paesi. Ad esempio siamo soddisfatti del lavoro svolto sul progetto d’istituire un salario minimo europeo per evitare disparità tra i lavoratori dei nostri paesi, Il salario minimo europeo deve essere adottato in tutta Europa.

Che ruolo può avere attivamente il sindacato in una crisi generalizzata in tutta Europa, e quale sinergia può esserci tra la Cgt e la Cgil?
Il ruolo dei sindacati è essenziale, oggi come non mai, per parlare della realtà del lavoro. C’è bisogno di cooperazione tra la Cgil e la Cgt per mettere il lavoro in primo piano. La seconda responsabilità è quella di evidenziare il peso delle imprese, in particolar modo delle multinazionali, mentre i salariati, le lavoratrici e i lavoratori, soffrono a causa dei problemi legati alla perdita del potere d’acquisto e dei problemi di salute, le imprese generano miliardi di profitti e gli azionisti miliardi di dividendi. In Francia l’anno scorso gli azionisti si sono spartiti 82 miliardi. E poi c’è bisogno di lavorare insieme sul futuro del mondo, su come coniugare il futuro del lavoro con il futuro del pianeta che è in pericolo. Noi pensiamo che le questioni sociali e le questioni ambientali non siano in contrapposizione.

Fonte: Collettiva

Francia, le proteste contro la riforma delle pensioni (e cosa ci dicono dell’Italia)

7 Marzo 2023 10 min lettura

“Se Emmanuel Macron non vuole una Francia paralizzata e una settimana senza luce, farebbe meglio a ritirare la sua riforma”. Parole di Sébastien Ménesplier, segretario generale del sindacato dell’energia CGT. La Francia si ferma per lo sciopero generale contro la riforma del sistema pensionistico francese, presentata ufficialmente il 10 gennaio dalla Premier francese, Elisabeth Borne, e promessa dal Presidente Emmanuel Macron prima della sua rielezione ad aprile 2022. L’obiettivo, hanno annunciato i sindacati, “portare il paese allo stallo”. 

Nel settore aereo, la Direzione Generale dell’Aviazione Civile (DGAC) ha chiesto alle compagnie di cancellare oltre un quarto dei voli del 7 e 8 marzo per lo sciopero dei controllori di volo. Si fermeranno i lavoratori delle raffinerie, del settore elettrico e del gas, netturbini, portuali, insegnanti. Già la scorsa settimana ci sono stati tagli alla produzione in diverse centrali nucleari. Il segretario generale della federazione CGT dei chimici, Emmanuel Lépine, ha detto di essere pronto a “mettere in ginocchio l’economia francese”, almeno fino a quando andrà avanti il dibattito in Senato.

In conferenza stampa, lo scorso gennaio, Borne aveva così introdotto la riforma: “Proponiamo oggi un progetto per l’equilibrio del nostro sistema di pensionamento, un progetto di giustizia e un progetto che porterà un progresso a livello sociale.”

Per Borne, la riforma ha lo scopo di non lasciare accumulare deficit, come quello causato dallo squilibrio tra il numero dei pensionati e il numero dei lavoratori. Lo stesso Macron definisce la riforma come una “urgenza”. Basandosi sul rapporto del COR (Conseil d’orientation des retraites), il Presidente francese sostiene infatti che il sistema pensionistico francese sia deficitario a causa dell’inevitabile invecchiamento della popolazione che porterà il numero crescente di pensionati a non essere più sopportabile. Il progetto di legge è stato presentato ufficialmente il 23 gennaio al Consiglio dei Ministri da Bruno Le Maire, Ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità industriale e digitale, e da Olivier Dussopt, Ministro del Lavoro, della Piena Occupazione e dell’Integrazione. Dal 30 gennaio al 17 febbraio l’Assemblea Nazionale (la Camera dei Deputati) si è riunita per discutere del progetto di legge. Il 12 marzo si concluderà la discussione in Senato.

In cosa consiste la riforma proposta dal governo francese?

L’elemento fondamentale è lo slittamento dell’età pensionabile minima, che verrà spostata in avanti di tre mesi l’anno, passando così dai 62 anni attuali ai 64 nel 2030. Un secondo punto della riforma interessa la cancellazione dei principali regimi speciali nei settori quali le industrie elettriche e di gas, la società dei trasporti parigina RATP, i notai e i dipendenti della Banca di Francia. Proprio questa misura è stata approvata dal Senato francese, a maggioranza di destra, il 4 marzo.

Il provvedimento riguarda però solo chi sarà assunto a partire dal 1 settembre 2023. La riforma riguarda anche l’allungamento dell’età contributiva, che passerà a 43 anni a partire dal 2027. Per coloro che non hanno potuto versare contributi per 43 anni, l’età pensionabile completa rimarrà a 67 anni. Restano invariate, invece, le carriere lunghe. Il meccanismo definito delle carriere lunghe verrà riorganizzato ma mantenuto: ciò significa che alcune professioni, quali militari, i facenti parte del servizio civile attivo e gli inservienti ospedalieri, potranno ancora andare in pensione anticipatamente. Invariate resteranno anche le norme pensionistiche che riguardano le persone considerate inadatte al lavoro o con invalidità. 

Gli scioperi e le manifestazioni dei cittadini francesi

La risposta dei francesi è stata da subito forte e si è concretizzata in una serie di manifestazioni che hanno ancora luogo in tutto il paese. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano francese Les Echos, sei francesi su dieci sono d’accordo con una riforma del sistema pensionistico, ma rifiutano quella proposta dal presidente Macron. Le critiche riguardano soprattutto due punti della riforma in corso di discussione: l’innalzamento dell’età legale e l’estensione del periodo di contribuzione. 

La prima giornata di mobilitazione ha avuto luogo il 19 gennaio, appena nove giorni dopo la conferenza stampa tenuta dalla premier. La mobilitazione è stata di carattere generale: i sindacati hanno indetto uno sciopero nazionale che ha investito soprattutto i trasporti e le scuole. Una serie di manifestazioni sono state organizzate in tutta la Francia. Gran parte del paese è rimasta bloccata per diverse ore a causa dell’impossibilità di spostarsi e dalla presenza di grandi cortei che hanno inondato le principali città francesi. A Parigi i manifestanti si sono riuniti in Place de la République, nell’undicesimo arrondissement. Il corteo avrebbe dovuto sfilare fino a Place de la Nation, seguendo quindi il percorso tradizionale delle proteste parigine, ma alla meta sono arrivati pochi manifestanti. Gli scontri con la polizia, che hanno usato gas lacrimogeni sulla folla, hanno infatti bloccato il corteo a Place de la Bastille, a metà del percorso, per diverse ore. La CGT ha parlato di 400 mila manifestanti, 80 mila secondo la polizia. 

La seconda grande giornata di mobilitazione ha avuto luogo alla fine del mese, il 31 gennaio. La CGT ha dichiarato la presenza di 2,8 milioni su tutto il territorio nazionale. A Parigi il corteo, diversamente dalla manifestazione del 19 gennaio, ha attraversato la rive gauche della capitale, la parte a sud della Senna, da Place d’Italie a Place Vauban. Una terza manifestazione ha avuto luogo a Parigi martedì 7 febbraio: la CGT ha annunciato 400 mila manifestanti. Diversi scioperi hanno colpito soprattutto i trasporti comuni. Sabato 11 febbraio ha visto aprirsi il quarto round di proteste, che ha riunito molti più francesi rispetto all’incontro del martedì precedente. Nonostante rimanga un divario tra i numeri del Ministero dell’Interno e la CGT, rispettivamente si parla di 963.000 persone in un caso e di 2,5 milioni nell’altro, è innegabile che le proteste continuino a essere di grandi dimensioni. Il 16 febbraio c’è stata la quinta giornata di scioperi inter-professionali con la partecipazione di 300.000 persone solo a Parigi secondo la CGT, confederazione sindacale francese, 37.000 secondo la polizia

Tutte le manifestazioni hanno coinvolto tutta la società: i cortei non hanno infatti contato solo persone in età pensionabile e lavoratori adulti, ma anche giovani e addirittura bambini. Molti dei manifestanti criticano soprattutto la decisione di spostare in avanti l’età pensionabile di due anni, giudicata una manovra non utile a colmare il gap deficitario tra retraités, pensionati, e lavoratori. Nella manifestazione del 19 gennaio a Parigi, una giovane lavoratrice del comune di Pantin, Pauline, esprime il suo dissenso. “Non aderisco alle scelte prese dal nostro governo per finanziare il nostro sistema pensionistico”, dice. “Il Conseil d’Orientation de Retraites (COR) ha dimostrato che è necessario un finanziamento, ma non esiste un’unica via. Il nostro governo ha deciso di prendere una sola strada per riparare il deficit: quella dell’allungamento del tempo di lavoro”.  

E in Italia?

Secondo i dati della Caisse nationale d’assurance vieillesse (CNAV), in Francia l’età media di pensionamento nel 2020 è di 62,8 anni. Nello stesso anno, l’Italia riporta un’età media più alta, di 63,8 anni (dati INPS). Le continue proteste in Francia possono allora servire per analizzare la situazione pensionistica italiana. Con un’età di pensionamento tra le più alte d’Europa (e in continuo rialzo) e un futuro incerto per i neo-lavoratori, l’Italia vede infatti dal 2011 la questione delle pensioni al centro delle campagne elettorali di quasi tutti i partiti. Il sistema italiano è critico e, nonostante le promesse elettorali, non registra riforme significative che mirino a migliorare la situazione. Contrariamente al caso francese, però, la popolazione in Italia resta in silenzio: le manifestazioni di piazza sono quasi totalmente assenti e i giovani sono in gran parte disinteressati. 

Risale a gennaio l’emendamento al Decreto Milleproroghe a prima firma Domenico Matera, che prevedeva la possibilità “su base volontaria” di rimanere in servizio fino a 70 anni. L’opzione (giudicata inammissibile) sarebbe stata valida per i dipendenti pubblici che avessero voluto estendere la loro carriera lavorativa oltre il limite di vecchiaia, posto a 67 anni, e che non avessero ancora raggiunto i 36 anni di contributi. Nonostante sia stata bocciata, la proposta ha da subito sollevato diverse polemiche. Chi sosteneva l’emendamento lo ha fatto nell’ottica di risolvere le carenze di organico in diversi settori della pubblica amministrazione, mentre chi lo criticava ne sottolineava il pericolo: una conseguenza diretta sui concorsi pubblici tramite una riduzione dei posti disponibili, colmati da ultrasessantenni. A queste critiche, si sono aggiunte anche le preoccupazioni legate ad un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile, già tra le più alte a livello europeo.

Le manifestazioni francesi e la proposta di un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile portano inevitabilmente all’analisi della situazione italiana che, per quanto critica, non sfocia in manifestazioni o scioperi. Le criticità del sistema italiano sono infatti diverse e non accennano a un miglioramento. Accanto a un’età pensionabile molto alta (e che il governo mira ad alzare ancora una volta), il sistema presenta un funzionamento complicato e non uniforme, in parte contributivo e in parte retributivo. Con queste premesse, i giovani guardano con timore al loro futuro pensionistico che è sempre più incerto e, secondo le stime, lontano. 

Luca Ferrari, direttore del patronato INCA Cgil di Parma, spiega che in Italia ci sono due “uscite normali” dal mondo del lavoro: la vecchiaia o l’anzianità lavorativa. La prima da diversi anni è posta a 67 anni di età, mentre l’anzianità lavorativa è fissa a 42 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il calcolo è però complicato dalla riforma Dini del 1996. La riforma ha infatti segnato il passaggio da un sistema pensionistico retributivo a uno contributivo. 

“Ciò significa”, dice Ferrari, “che, se il calcolo della pensione fino al primo gennaio del 1996 si faceva sulla media degli ultimi dieci anni di lavoro, il nuovo sistema guarda alla contribuzione di tutta la vita lavorativa e questo penalizza, per esempio, le carriere progressive”. La riforma Dini si traduce nell’esistenza di sistemi pensionistici diversi. I 67 anni di anzianità non sono spesso sufficienti alla pensione. Bisogna infatti distinguere tra chi ha contributi sostanziali versati prima del primo gennaio 1996 e chi no. “Chi ha versato dei contributi prima del ’96, oltre ad avere 67 anni deve avere anche vent’anni di attività lavorativa”, spiega Ferrari, “per chi invece ce li ha tutti dopo il ’96 serve in aggiunta un importo soglia che, se non raggiunto, alza ulteriormente l’età pensionabile”. Non a caso in Italia il requisito di futura età pensionabile è tra i più alti di Europa: 71 anni di età (dati report “Uno sguardo sulle pensioni” dell’OCSE).

“La pensione è un tema sociale, non è solo una questione di ragioneria di Stato”

Il sistema pensionistico italiano ha diverse criticità al suo interno. La prima è sicuramente costituita dall’innalzamento drastico dell’età pensionabile, avuto con la riforma Monti-Fornero del 2011. La riforma, che aveva lo scopo di migliorare una situazione economica particolarmente difficile, si è tradotta in un innalzamento drastico dell’età pensionabile non socialmente accettabile, soprattutto per le donne che, in pochi anni, hanno visto passare l’età pensionabile da 60 a 67 anni. 

Una seconda criticità è legata agli stipendi, mediamente troppo bassi. Il presidente dell’INCA, mentre sottolinea che i sindacati vogliono portare la pensione a 62 anni, dice che, nel sistema contributivo, l’età pensionabile si equilibra direttamente con i contributi versati. Questo legame è un problema nel momento in cui, se gli stipendi medi sono bassi, nessuno deciderà di andare in pensione prima di aver raggiunto i limiti di vecchiaia, anche avendone la possibilità. Questo perché, dice Ferrari, “si troverebbe con una pensione poco più alta della pensione sociale”. Altre criticità sono invece costituite dal fatto che il sistema non tiene conto di molti aspetti lavorativi, quali la diversità del carico di cura (pratiche di lavoro domestico), le carriere discontinue, i lavori usuranti.

Dopo la riforma del 2011, Ferrari parla del sistema pensionistico come di una “macelleria sociale” da rivedere. Non è un tema di ragioneria”, dice. “È un tema sociale. Se non vogliamo un futuro di anziani poveri, bisogna agire subito e mettere in campo degli interventi che migliorino una riforma fatta solo a fini ragionieristici in un momento economicamente difficile”. 

Un sistema ingiusto nei confronti di precari, donne e giovani

In Lavoro 2.0, bimestrale d’informazione sindacale a cura della Cgil di Parma, si parla di un “senso di ingiustizia” della popolazione verso le pensioni. “Le categorie che soffrono di più del sistema pensionistico italiano sono senza dubbio quelle più deboli”, dice il presidente dell’INCA. Si parla di lavoratori precari e donne, che hanno a che fare con anni di buchi contributivi, e anche di giovani. Questi ultimi infatti, a differenza di chi ha versato contributi prima del primo gennaio ‘96, vivono un pieno impatto con il sistema contributivo. Questo sistema si traduce in una penalizzazione della condizione giovanile, che spesso si scontra con lavori precari, condizioni lavorative difficiliun inserimento tardivo nel mondo del lavoro, come nel caso degli universitari, e un meccanismo di scambio intergenerazionale che rischia di bloccarsi. Questo ultimo punto è particolarmente importante e delicato. 

Lo scambio intergenerazionale, cioè l’equilibrio tra chi versa i contributi e i pensionati, è alla base di ogni sistema pensionistico ed è l’elemento centrale che ha portato anche il presidente francese al desiderio di riformare il sistema. Per dirlo diversamente, i lavoratori di una generazione finanziano le pensioni della generazione precedente. Questo meccanismo in Italia rischia di crollare a causa del continuo aumento dei pensionati rispetto al numero di lavoratori. Nel 2022, infatti, le pensioni erogate hanno superato di 205mila unità a livello nazionale la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti. A causa dell’invecchiamento inevitabile della popolazione, infatti, il numero di anziani che percepiscono la pensione è destinato ad aumentare mentre, dall’altro lato, non sembra aumentare il numero dei lavoratori. 

Lo sbilanciamento del meccanismo intergenerazionale porta i giovani alla consapevolezza che, per loro, andare in pensione sarà complicato. “I ragazzi si interessano mediamente poco”, dice Ferrari, ma qualcosa sembra evolvere. All’osservatorio INCA i giovani sono presenti e si informano. L’interesse dei ragazzi per il futuro pensionistico è dato soprattutto da alcune modifiche al sistema più indirizzate ai giovani. Tra queste, si ricorda lo strumento del Riscatto di Laurea, che permette di trasformare gli anni di università in anni contributivi e quindi d’integrare la posizione contributiva ai fini del calcolo delle prestazioni pensionistiche.

Immagine in anteprima: foto di Veronica Gennari

Fonte: Valigia Blu

Francia, Macron ha deciso: la riforma delle pensioni passa senza voto parlamentare

Entro 24 ore l’opposizione potrà presentare una mozione di censura che, se dovesse passare, farebbe cadere il governo di Elisabeth Borne e Macron dovrebbe nominare un nuovo primo ministro e un nuovo esecutivo. “L’Eliseo non è un parco per accogliere i capricci del presidente”, ha commentato il leader del partito socialista, Olivier Faure. Marine Le Pen ha già annunciato una propria mozione di sfiducia e ha confermato di essere pronta a votare anche quelle della sinistra di Melechon.

Emmanuel Macron ha chiesto al governo francese di porre la questione di fiducia per far passare la riforma delle pensioni e il consiglio dei ministri francese ha concesso l’autorizzazione: questo implica che l’adozione della riforma non dovrà passare dal voto del parlamento. 

La fiducia sulla riforma delle pensioni

La decisione è stata presa dal presidente Macron e dal governo in considerazione di un’assenza di maggioranza o di un rischio troppo alto di perdere, per una manciata di voti, la sfida. Non ci sarà dunque voto sul contestatissimo progetto di aumentare l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Il governo porrà la fiducia e, entro 24 ore, l’opposizione avrà il diritto di presentare una mozione di censura. Con la prospettiva di far votare una mozione trasversale, presentata dalla sinistra o dalla destra, ma votata da entrambe le formazioni. Se la mozione di censura fosse maggioritaria, il governo di Elisabeth Borne sarebbe battuto e Macron dovrebbe nominare un nuovo primo ministro e un nuovo esecutivo.

I “capricci” del presidente

Il leader del partito socialista francese, Olivier Faure, ha parlato di “capricci” del presidente Macron. “Quando un presidente non ha una maggioranza nel Paese, non ha una maggioranza all’Assemblea Nazionale, deve ritirare il suo progetto. L’Eliseo non è un parco per accogliere i capricci del presidente”, ha affermato su Twitter il leader socialista. Intanto, Marine Le Pen ha già annunciato una propria mozione di sfiducia e ha confermato di essere pronta a votare anche le mozioni della sinistra.

Francia, riforma pensioni passa senza voto parlamentare. Proteste

L’articolo in questione toglie ai deputati la possibilità di esprimersi su un testo di legge. Non ci sarà dunque voto sul contestatissimo progetto di aumentare l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Proteste in piazza per tutto il pomeriggio e critiche dalle opposizioni, che hanno ora il diritto di presentare mozioni di censura. Mélenchon: ‘Un fallimento spettacolare’.

https://tg24.sky.it/mondo/2023/03/16/riforma-pensioni-francia-macron

Manifestazione a Parigi contro Riforma pensioni: danni e scontri con la polizia

Cassonetti bruciati e agenti sparano lacrimogeni durante gli incidenti nel quartiere Montparnasse

https://www.ansa.it/sito/videogallery/mondo/2023/03/15/manifestazione-a-parigi-contro-riforma-pensioni-danni-e-scontri-con-la-polizia_3e089802-a86a-4a81-9625-0f2184111d4a.html

Riforma pensioni in Francia, Macron scavalca il Parlamento

Sulla riforma delle pensioni, punto cardine della sua campagna elettorale, il presidente Macron ha deciso di forzare la mano. Vista la mancata certezza di avere i numeri per lʼapprovazione del testo, che prevede lʼaumento dellʼetaʼ pensionabile da 62 a 64 anni, il governo presieduto da Elisabeth Borne ha attivato davanti allʼAssemblea nazionale lʼarticolo 49.3 della Costituzione che permette di approvare la riforma senza il voto del Parlamento. Nuove proteste.

https://www.tgcom24.mediaset.it/2023/video/riforma-pensioni-in-francia-macron-scavalca-il-parlamento_62348396-02k.shtml

Parigi sommersa dai rifiuti: stop alla raccolta contro la riforma pensioni

La spazzatura si accumula sui marciapiedi della capitale tra lo stupore dei turisti

CorriereTv

(LaPresse) Le strade di Parigi sommerse dalla spazzatura. L’emergenza rifiuti nella capitale francese va avanti da giorni ed è causata da uno sciopero promosso dai sindacati contro la riforma delle pensioni del governo. Cassonetti traboccanti di immondizia, scatole di cartone e montagne di sacchi maleodoranti ricoprono i marciapiedi anche nelle zone più turistiche della città. Gli addetti alla raccolta dei rifiuti stanno incrociando le braccia dalla scorsa settimana e, secondo il Comune di Parigi, domenica erano ammassate circa 5.400 tonnellate di rifiuti nelle strade della capitale francese. La legge che innalza l’età pensionabile in Francia ha provocato scioperi e manifestazioni in tutto il Paese da settimane: la prossima protesta è in programma, a livello nazionale, mercoledì, giorno in cui la legge arriverà all’esame di una commissione della Camera bassa francese. Obiettivo trovare un compromesso tra le versioni uscite dal Senato e dall’Assemblea Nazionale.   

Fonte: LaPresse/AP

https://video.corriere.it/esteri/parigi-sommersa-rifiuti-stop-raccolta-contro-riforma-pensioni/f8dd592e-c254-11ed-b2d4-71b1e6158fab
https://www.rainews.it/articoli/2023/03/francia-macron-evita-il-voto-alla-camera-sulla-riforma-delle-pensioni-0d1b2919-09ae-412f-af3b-2cbb9233bda2.html

Francia, il governo scavalca il Parlamento: la riforma delle pensioni è legge

mmanuel Macron vara la riforma delle pensioni senza il voto dell’Assemblea Nazionale. Il governo scavalca l’Assemblea Nazionale in Francia e il testo di una delle riforme più importanti viene approvato in via definitiva dal Senato: passa così la linea dura del presidente francese che ha scelto di applicare l’articolo 49.3 della Costituzione per approvare la sua riforma alla Camera bassa del parlamento. 

“Il mio interesse politico sarebbe stato di andare al voto” ma “i rischi finanziari, economici, sono troppo grandi” ha dichiarato Macron durante il Consiglio dei ministri in cui ha dato il via libera al governo per porre la questione di fiducia sulla riforma. Il presidente avrebbe minacciato nell’incontro tenutosi nella tarda serata di martedì all’Eliseo lo scioglimento dell’Assemblea nazionale qualora arrivasse un voto contrario alla sua riforma del sistema pensionistico. 

https://www.iltempo.it/esteri/2023/03/16/news/riforma-pensioni-francia-articolo-49-costituzione-francese-linea-dura-macron-35215597/

Il governo francese vara la riforma delle pensioni senza il voto del Parlamento

Elizabeth Borne
https://www.quotedbusiness.com/thm-22-jobs-skills/paese-2-francia/art-10263-il-governo-vara-la-riforma-delle-pensioni-senza-il-voto-parlamentare

L’esecutivo decide di non sottoporre al voto il testo della riforma e di ricorrere all’articolo 49 che consente di dribblare l’Assemblea Nazionale

“Assumo la responsabilità del mio governo”: con queste parole la premier francese Elisabeth Borne si è rivolta ai deputati dell’Assemblea Nazionale annunciando il ricorso all’articolo 49 comma 3 della Costituzione per far approvare la riforma delle pensioni senza il voto (parlamentare).

Altissima la tensione in aula al momento dell’annuncio “Depositeremo una mozione di sfiducia” al governo ha annunciato la presidente dei deputati del Rassemblement National, Marine Le Pen.

Questo è un punto debole per l’esecutivo francese. Se le manifestazioni di piazza contro la decisione di dribblare il Parlamento dovessero andare avanti a lungo e se dovessero aumentare le mozioni di sfiducia il governo probabilmente cadrebbe. Incontro alla stessa sorte andrebbe la riforma delle pensioni. Non è, dunque, detta l’ultima parola.

Macron: fiducia sulla riforma delle pensioni, Francia in subbuglio

https://www.informazione.it/a/2666DFE0-C303-4276-A0CB-0FD2396BD3AE/Macron-fiducia-sulla-riforma-delle-pensioni-Francia-in-subbuglio

Nuove proteste di piazza sono in corso e altre annunciate dai sindacati francesi a seguito della decisione presa dalla prima ministra francese, Elisabeth Borne, d’accordo con Emmanuel Macron, di porre la fiducia sul provvedimento, già approvato dal Senato, e saltare quindi il voto dell’Assemblea Nazionale. Da giorni in Francia si susseguono manifestazioni e l’opposizione francese ha promesso resistenza contro la norma che porta l’età pensionabile dai 62 anni odierni a 64. (Tiscali Notizie)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Definita ‘arma letale’ dei deputati dell’Assemblea nazionale, la mozione di censura, o sfiducia al governo, è prevista dall’articolo 49.2 della Costituzione francese e consente alla Camera bassa del Parlamento di rovesciare il governo. (Adnkronos)

I deputati dell’opposizione si sono alzati in piedi cantando per intero la Marsigliese e mostrando cartelli bianchi con la scritta “no ai 64 anni“. Proteste al parlamento francese all’ingresso della premier Elisabeth Borne che ha attivato il meccanismo previsto dall’articolo 49.3 della Costituzione francese per far approvare la riforma delle pensioni senza il voto del Parlamento. (Il Fatto Quotidiano)

Ricordiamo che siamo tra gli ultimi paesi in Europa che ancora non hanno un sistema di voto a distanza per fuori-sede” Dopo aver raccolto centinaia di testimonianze sulle difficoltà al voto di giovani studenti e lavoratori italiani Piazza Santi Apostoli a Roma fa da sfondo alle valige simboliche riempite di schede elettorali. (LaPresse).

Macron bypassa voto su riforma pensioni, bagarre alla Camera

L’età passa da 62 a 64 anni. Due francesi su 3 contrari. Ieri 1,7 milioni in piazza dal nostro corrispondente (Corriere della Sera)

Il governo francese ha fatto ricorso a una clausola che permette di scavalcare il voto del parlamento. La riforma delle pensioni è dunque realtà. (LifeGate)
Macron doveva decidere tra la possibilità di andare al voto sul suo progetto di punta o di ricorrere a questo famoso articolo, che consente l’adozione del progetto senza voto, salvo mozione di censura adottata contro il governo.

Fonte: Informazione.it

Riforma delle pensioni in Francia, l’opposizione intona la marsigliese per protesta

All’ingresso della premier Elisabeth Borne in Assemblée Nationale, i deputati dell’opposizione si sono alzati in piedi cantando per intero la Marsigliese e inalberando cartelli bianchi con la scritta “No ai 64 anni”. La Presidente dell’Assemblea, Yael Pivet, ha cercato più volte di portare l’ordine in Aula ma senza risultati. La seduta è stata sospesa per due minuti per consentire di riportare l’ordine in aula.

Francia: cariche della polizia a Parigi in Place de la Concorde

I manifestanti continuavano ad affluire da alcune ore

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/03/16/francia-cariche-della-polizia-in-place-de-la-concorde-_0d1ad5cf-e21b-4aa7-8c03-6b413762861a.html

La polizia è intervenuta a place de la Concorde, a Parigi, dove manifestanti erano affluiti a migliaia per protestare contro la riforma delle pensioni che il governo ha fatto passare evitando il voto e ponendo la questione di fiducia.

Le forze dell’ordine hanno effettuato una serie di cariche per spingere i manifestanti a sgomberare la piazza. 

La polizia ha fatto uso di idranti per allontanare la folla, che occupava il centro della piazza e che aveva acceso diversi fumogeni dopo aver dato fuoco a materiale di cantiere trovato poco lontano. La situazione sembra tornata calma, molti hanno lasciato place de la Concorde.

Il governo francese forza la mano sulla riforma delle pensioni. Ma rischia la sfiducia

FRANCESCA DE BENEDETTI

16 marzo 2023 • 18:03Aggiornato, 16 marzo 2023 • 20:43

https://www.editorialedomani.it/politica/europa/il-governo-francese-forza-la-mano-sulla-riforma-delle-pensioni-ma-rischia-la-sfiducia-u4wtnm8y
  • L’ostinazione di Emmanuel Macron ed Élisabeth Borne nel mettere a segno la riforma delle pensioni odiatissima dalla gran parte del paese, è tale che Borne ha deciso di scavalcare il parlamento pur di chiudere il dossier. 
  • Questo giovedì pomeriggio era previsto un voto parlamentare sul provvedimento per far slittare l’età pensionabile ai 64 anni che aveva già scatenato massicce proteste nel paese nelle scorse settimane. Ma il voto non si è neppure svolto, perché Borne ha sganciato la bomba istituzionale: il ricorso all’articolo 49.3. 
  • Nel giro di pochi minuti place de la Concorde si è gonfiata di manifestanti, trasformandosi in una place de la Discorde. Ecco com’è andata, perché, e cosa succede ora.

Fonte: Editoriale domani

https://melenchon.fr/2023/03/16/retraites-49-3-rejoignez-la-lutte/

À l’issue d’une journée au cours de laquelle Macron a déclenché l’arme anti-démocratique du 49.3 en l’absence de majorité pour voter la retraite à 64 ans, Jean-Luc Mélenchon s’est exprimé sur les suites du mouvement.

Dans cette vidéo, il rappelle comment la mobilisation dans les manifestations, les grèves et à l’Assemblée nationale par les députés insoumis ont permis de privé de majorité Emmanuel Macron et Elisabeth Borne. Jean-Luc Mélenchon appelle à poursuivre et amplifier cette lutte pour la rendre victorieuse

Il affirme notamment qu’i est possible de censurer le gouvernement puisque plusieurs motions de censures vont être déposées à l’Assemblée nationale. Il appelle à se joindre aux rassemblements syndicaux qui auront lieu ce week-end et et le jeudi 23 mars prochain.

Francia, la rabbia in piazza: barricate nel centro di Parigi

Per alzare l’età pensionabile da 62 a 64 anni il Governo aggira il voto in Parlamento. Opposizioni infuriate, manifestazioni spontanee in decine di città francesi. Scontri di piazza con la polizia nel centro di Parigi

Nelle stesse ore in cui i deputati dell’opposizione cantano la Marsigliese, fischiano, battono sui banchi, impediscono alla premier Elisabeth Borne di parlare, è la piazza che fa sentire più forte la propria voce contro la riforma delle pensioni che alza l’età minima da 62 a 64 anni. 

La decisione del governo di saltare il passaggio parlamentare – utilizzando una norma che consente di far passare una legge senza voto ma aprendo una questione di fiducia sull’esecutivo – non fa che esacerbare la contrapposizione e la protesta. 

Ieri, giovedì, la contestazione di piazza ha dato vita a manifestazioni improvvisate in decine di città francesi: a Parigi migliaia di persone hanno acceso fuochi, lanciato fumogeni e intonato cori sullo sfondo illuminato dell’Assemblea Nazionale. La polizia è intervenuta a sgomberare la piazza con lacrimogeni e idranti: nelle vie della capitale è stato il caos. 

I sindacati e i leader della protesta, forse mai così uniti, annunciano una nuova giornata di mobilitazione per giovedì prossimo.

https://www.rainews.it/video/2023/03/la-polizia-di-parigi-spara-gas-lacrimogeni-e-cannoni-ad-acqua-contro-i-manifestanti-c02089bf-c05c-4b0b-97ba-ee16a53b6f18.html

Francia, ancora proteste su riforma pensioni. Scontri a Place de la Concorde

https://tg24.sky.it/mondo/2023/03/17/francia-pensioni-proteste-parigi

Sono almeno 60, secondo quanto riporta il canale tv francese di informazioni BFMTV, le persone arrestate questa sera durante le proteste. Alcune centinaia di persone hanno partecipato a scontri lanciando pietre e bottiglie contro la polizia che ha risposto con cariche e lacrimogeni. Circa 4.000 i partecipanti.

Ancora scontri fra manifestanti e polizia a Parigi, in Place de la Concorde, dove circa 4,000 persone hanno protestato in serata contro le pensioni. Al centro della piazza è stato acceso un falò, dove è stata bruciata un’effigie in cartone del presidente Emmanuel Macron (in foto)

Riforma pensioni in Francia, scontri a Parigi tra manifestanti e polizia

I manifestanti hanno lanciato sassi e bottiglie contro i poliziotti, che hanno risposto con cariche e lacrimogeni. La manifestazione non era autorizzata. Scontri sono avvenuti anche in una manifestazione a Bordeaux.

Francia, settimana decisiva per la riforma delle pensioni. Ecco le tappe

A Parigi i manifestanti hanno anche montato delle barricate davanti alle forze dell’ordine che, secondo la stampa francese, sono composte di transenne di cantieri tolte dalla strada e trasportate di fronte agli schieramenti degli agenti antisommossa, protetti da caschi e scudi.

Uno degli slogan che sono stati urlati è “Paris en feu et Macron au milieu”, ovvero “Parigi in fiamme e Macron al centro”

La nuova protesta è inizata intorno alle 18, quando i manifestanti hanno iniziato a riunirsi intorno all’obelisco della famosa piazza parigina.

Si protesta contro la decisione del governo di mettere la fiducia sulla riforma delle pensioni che prevede un innalzamento dell’età pensionabile dai 62 ai 64 anni. In particolare, è stato il presidente Macron a chiedere al governo francese di porre la questione di fiducia per far passare la riforma e il consiglio dei ministri ha concesso l’autorizzazione: questo implica che l’adozione della riforma non dovrà passare dal voto del parlamento.

Riforma delle pensioni in Francia, ecco cosa prevede

Intanto sono state avanzate due mozioni di sfiducia al governo. Presentate all’Assemblea Nazionale francese, dovrebbero essere esaminate lunedì a partire dalle 16, riporta la stampa transalpina. Nel caso in cui anche una sola delle due fosse approvata, l’esecutivo dovrà dimettersi e la riforma delle pensioni non sarà pià legge. La premier Elisabeth Borne e i suoi ministri sono in bilico e i deputati Republicains saranno l’ago della bilancia in questa votazione, così come nelle altre di questa legislatura.

Con la riforma l’eta pensionabile passa da 62 a 64 anni

Francia: ancora scontri e proteste contro la riforma delle pensioni di Macron

Cariche della polizia contro un corteo in Place de l’Italie, a Parigi, dopo che Place de la Concorde è stata vietata alle manifestazioni, 76 persone arrestate. Barricate e cassonetti in fiamme a Nantes, tensioni tra polizia e manifestanti a Rennes

18/03/2023

Agenti di polizia corrono verso i manifestanti durante una protesta a Parigi
https://www.rainews.it/articoli/2023/03/francia-ancora-scontri-e-proteste-contro-la-riforma-delle-pensioni-di-macron-5a54b987-0822-4866-91db-60fd1caa96e4.html

Terza serata di scontri e migliaia di persone che in tutta la Francia hanno continuato a manifestare oggi contro la riforma del sistema pensionistico decisa con una forzatura dal presidente Emmanuel Macron due giorni fa, passando sopra un possibile voto del Parlamento. Secondo i media francesi, ci sono stati momenti di tensione in particolare a Nantes (nordovest), dove circa 6.000 persone sono scese in piazza e in alcuni punti hanno eretto barricate dando alle fiamme cassonetti ed altri oggetti, e a Rennes (nord) dove un migliaio di persone sono rimaste bloccate in un centro commerciale dopo che una manifestazione studentesca ha tentato di fare irruzione nel complesso.

Diverse cariche della polizia contro i manifestanti ci sono state a Parigi, nel 13 arrondissement con un bilancio, che sembra ancora parziale, di 76 persone arrestate, come hanno dichiarato fonti di polizia. Inizialmente, un piccolo gruppo di manifestanti avrebbe dovuto riunirsi alla manifestazione del sindacato regionale CGT Ile-de-France a Place d’Italie. Ma il loro numero è cresciuto fino a circa 4.000 persone, dato che i manifestanti che avrebbero dovuto partecipare alla manifestazione di Place de la Concorde, infine vietata dalla prefettura di polizia, si sono recati lì. A causa della presenza di molti teppisti, i sindacati organizzatori hanno chiesto ai manifestanti di disperdersi. I primi interventi delle forze dell’ordine sono avvenuti per fermare i disturbatori che hanno cercato di creare barricate e dare fuoco a bidoni della spazzatura. 

Più tardi gli scontri sono degenerati e si segnalano cassonetti della spazzatura incendiati e vetrine dei cartelloni pubblicitari e delle pensiline degli autobus prese di mira da alcuni manifestanti. Intorno alle 20:00 è intervenuta la polizia, in particolare le Brigades de repression de l’action violente motorisees (BRAV-M), che ha usato gas lacrimogeni, secondo quanto riportato. Verso le 21.30, i cannoni ad acqua hanno portato alla dispersione di gran parte dei manifestanti. Nelle due notti precedenti, le manifestazioni a Place de la Concorde erano state funestate da incidenti. Al calar della notte, centinaia di persone si erano scontrate con la polizia in piccoli gruppi, lanciando oggetti.

Agenti di polizia mentre affrontano i manifestanti durante una protesta a Parigi

Manifestazioni e qualsiasi assembramento sono stati vietati dalle autorità sulla grande Place de la Concorde, e sugli Champs-Elysees, vicino all’Assemblea nazionale e al palazzo presidenziale dell’Eliseo, per i timori di una radicalizzazione della protesta dopo gli scontri che si sono verificati giovedì e venerdì sera.

Le Maire: non “ci sarà una maggioranza per far cadere l’esecutivo”

Intanto, per il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, il governo non è destinato a cadere. Dopo la presentazione di mozioni di sfiducia, parlando a Le Parisien, il ministro ha detto di non credere che “ci sarà una maggioranza per far cadere l’esecutivo”. “La riforma delle pensioni vale, sì o no, la caduta del governo e il caos politico? La risposta è nettamente no”, ha spiegato invitando “tutti” ad “assumersi le proprie responsabilità” durante il voto delle due mozioni, che avverrà lunedì.   

“Speriamo che i Repubblicani ritrovino il senno”, ha affermato, salutando il “coraggio” e la “coerenza” di alcuni parlamentari ‘Republicains’ mentre “altri hanno perso l’orientamento”.

Parigi, proteste contro la riforma delle pensioni

Fonte:Rainews

Francia, riforma pensioni è legge: esplode protesta, 142 fermi a Parigi

20 marzo 2023 | 20.23

Manifestazioni spontanee nel Paese dopo l’approvazione: da Parigi a Lille, lacrimogeni per disperdere i cortei. La premier d’Oltralpe Borne: “Trasformazioni necessarie”. Martedì l’incontro con Macron.

La riforma delle pensioni in Francia “è considerata come adottata“, ed è quindi legge. E’ quanto ha affermato la presidente dell’Assemblea Nazionale, dopo che è stata respinta anche la seconda mozione di censura, quella presentata da Rn, che ha avuto 94 voti. La prima mozione di censura contro il governo francese di Elisabeth Borne non è passata, invece, per soli 9 voti in meno della maggioranza assoluta richiesta per essere adottata, 287. I deputati si sono espressi sul testo del partito Liot che ha raccolto 278 voti. Le mozioni di sfiducia erano state convocate in seguito alle proteste contro la riforma che prevede l’aumento dell’età pensionabile statale da 62 a 64 anni.

Dopo la bocciatura delle mozioni di censura al Parlamento e l’adozione della riforma delle pensioni, la premier francese Elisabeth Borne si è detta, riferiscono i media francesi che citano una sua dichiarazione all’Afp, “determinata a continuare a portare avanti le trasformazioni necessarie“.

La premier francese riunirà questa sera a Matignon, residenza ufficiale del primo ministro, i capogruppo dei partiti della maggioranza. L’incontro si svolgerà alle 21, rende noto Bfmtv.

Domani il presidente francese Emmanuel Macron avrà all’Eliseo una serie di incontri, che culmineranno con quello con i capigruppo di Camera e Senato della maggioranza alle 19.30. Al mattino, il capo dello Stato inizierà la sua giornata con un incontro con la premier Borne, con il presidente dell’Assemblea Nazionale Yael Braun-Pivet e con i ministri interessati dalla riforma delle pensioni: Olivier Dussopt, Gérald Darmanin, Bruno Le Maire, Gabriel Attal e Franck Riester. Lo riferisce Le Figaro.

ESPLODE LA PROTESTA: MANIFESTAZIONI E TENSIONI IN STRADA– Dopo la bocciatura delle mozioni di censura è esplosa la protesta nel Paese, con i primi disordini e tensioni a Parigi. Secondo quanto riferiscono i media francesi, sono stati dati alle fiamme alcuni cassonetti a Place Vauban, mentre la polizia sta usando lacrimogeni per disperdere i manifestanti, poi caricati. 142 i fermati nella città secondo fonti di polizia citate dai media francesi, secondo cui gli ultimi manifestanti si trovano ancora a place de la Bastille. Circa duemila gli agenti dispiegati nella città.

Una manifestazione spontanea è iniziata nella città di Strasburgo, sulla piazza Kléber, dopo il voto in Assemblea nazionale. Manifestazioni spontanee si segnalano anche a Lione, Tolosa e Lille, dove si registra il lancio di lacrimogeni da parte della polizia per disperdere la folla.

Francia, governo salvo per nove voti sulla riforma delle pensioni: esplode la rabbia

Dopo la bocciatura delle mozioni di sfiducia contro l’esecutivo Borne, è scoppiata la protesta (a Parigi e non solo): cassonetti dati alle fiamme e centinaia di fermi,  11 feriti fra poliziotti e gendarmi

In Francia il governo di Elisabeth Borne è salvo e la criticata riforma delle pensioni, per cui il presidente Macron aveva “scavalcato” il Parlamento, è legge.

Non sono infatti passate le mozioni di sfiducia contro l’esecutivo: quella presentata dal partito indipendente Liot, nonostante sia stata votata in maniera trasversale da tutte le opposizioni, non ha raccolto i 287 voti necessari (ne mancavano 9) per far cadere l’esecutivo. Bocciata anche la mozione presentata dal partito di Le Pen. Dopo il voto, è scoppiata la protesta in tutto il Paese: a Parigi oltre 140 fermi effettuati, 11 feriti fra poliziotti e gendarmi. “Adesso è ora di passare alla sfiducia popolare”, ha gridato il “condottiero” della contestazione, Jean-Luc Mélenchon, invitando i francesi a non arrendersi e a proseguire la battaglia “con le manifestazioni, con gli scioperi”.

Il Paese rischia il blocco

 Il Paese ora rischia il blocco, le raffinerie chiudono, gli studenti sono pronti a scendere in piazza, i trasporti, la nettezza urbana, la sanità, tutti i settori sono pronti a dare battaglia “fino al ritiro” della riforma, come ripetono Mélenchon e tutti i sindacalisti, più uniti che mai. Se nelle piazze i francesi si radunano nonostante i divieti – molti sono studenti, anziani, persone tranquille, anche se piccoli gruppi si battono contro la polizia – dai saloni dell’Eliseo trapela agitazione.

Basteranno 9 voti a “salvare” Elisabeth Borne?

 Nove voti potrebbero non bastare a garantire il governo di Elisabeth Borne, che potrebbe essere sacrificata nelle prossime ore per consentire un cambio di guida. Andando all’Eliseo per un incontro con il presidente, la premier ha fatto sapere di voler “continuare” il suo percorso ed ha ribadito che “la riforma delle pensioni è essenziale per il Paese”.

La sinistra non molla

 Da un punto di vista istituzionale, la sinistra ha già presentato un ricorso al Consiglio costituzionale per possibili problemi di legittimità della legge di riforma. Inoltre, la sinistra si propone di intraprendere il difficile percorso del cosiddetto “referendum di iniziativa condivisa”, una forma di consultazione varata nel 2015 che prevede l’iniziativa di un quinto dei parlamentari e di un decimo degli elettori (che nel caso della Francia sarebbero circa 4,5 milioni di firme, un obiettivo non scontato).

Si attende la mossa di Macron

 Sul piano politico, ci si attende soprattutto che Macron, finora riservato sul percorso tutto in salita della sua riforma, prenda finalmente la parola per ritrovare sintonia con i francesi. Gli analisti osservano un “Paese spaccato”, con un presidente che vorrebbe “passare ad altro” dopo la riforma delle pensioni ma che appare più che mai isolato politicamente e ai minimi della popolarità nel (al 28%, come ai tempi dei “gilet gialli”).

Bocciata la prima mozione di sfiducia

 La giornata decisiva, molto attesa, si è presentata un’aula parlamentare piuttosto surreale, con Aurore Bergé, presidente del partito Renaissance di Macron, ed Elisabeth Borne, a difendersi da sole di fronte all’esercito di dichiarazioni di voto ostili da sinistra, dall’estrema destra, e dal centro del Liot, il partito che ha presentato la mozione di censura “transpartisane” votata da 278 deputati, 9 in meno dei 287 che sarebbero stati necessari perché la sfiducia passasse.

A sostenere le due rappresentanti della maggioranza non c’erano neppure i deputati di Renaissance, che hanno lasciato quasi vuoti i loro banchi, quasi a non voler comparire con i loro volti in primo piano in un momento di grande impopolarità. Fischi, urla, pugni battuti sui banchi, hanno coperto le parole della Bergé e della Borne come gli applausi hanno accompagnato i sostenitori della mozione. Poi il risultato, pochi voti in meno della maggioranza assoluta dell’Assemblée, con ben 19 Républicains su 61 che hanno disobbedito all’indicazione dei capi del partito di non votare le mozioni contro il governo.

E anche la seconda mozione non passa

 Poco più tardi, il risultato di 94 voti raccolto da Marine Le Pen con la sua mozione, votata dai suoi e da altri 6 deputati. In piazza – nel quartiere di les Invalides, poco lontano da Palais Bourbon, sede dell’Assemblée nationale – si sono riversate migliaia di persone, nella stragrande maggioranza pacifiche. Alcuni hanno cominciato da subito i soliti scontri con la polizia: lancio di sassi, cariche, lacrimogeni, in fiamme i cassonetti pieni d’immondizia causa sciopero.

Manifestanti in piazza, la protesta continua

 Hanno raccolto l’invito dei sindacati e delle opposizioni, “con questo voto non cambia nulla”. E da Macron non si aspettano promesse, parole, aggiustamenti. Chiedono semplicemente “il ritiro” della riforma delle pensioni. All’Eliseo, l’unica decisione presa al momento sembra essere stata quella di dormirci su una notte in più: Macron riceverà martedì mattina Elisabeth Borne, poi alle 19.30 tutti i parlamentari della maggioranza.

I manifestanti aspettano, decisi a non mollare. Non solo a Parigi. Alcune centinaia di persone si sono infatti riunite a Saint-Etienne, dove alcuni bidoni della spazzatura sono stati incendiati. Cortei sono segnalati anche a Strasburgo, Amiens, Caen e Tolosa.

Disordini sono avvenuti poi a Digione, dove circa 200 persone hanno manifestato, alcune col volto coperto e incappucciate, gridando “odiamo la polizia”. La manifestazione è stata dispersa intorno alle 21 e la polizia ha effettuato due fermi. A Lione, circa 500 manifestanti, molti dei quali giovani, si sono radunati intorno alle 20:30 in Place Guichard e hanno attaccato la polizia lanciando oggetti, prima di disperdersi in diversi gruppi in diversi quartieri.

Due fermi anche a Saint-Etienne, mentre a Voiron è stata vandalizzata, secondo la prefettura, la residenza della deputata di MoDem Élodie Jacquier-Laforge. I manifestanti erano anche diverse centinaia a Lille davanti alla prefettura, dove hanno fischiato e fischiato quando hanno saputo della bocciatura della mozione di sfiducia. “Sta per esplodere”, cantavano, “Luigi XVI l’abbiamo decapitato, Macron ricominceremo”.

Francia in rivolta contro la riforma delle pensioni: spazzatura a fuoco a Parigi. Proteste in tutto il Paese

Decine di manifestanti sono partiti dall’Assemblea nazionale per poi raggiungere le strade di Parigi dove si sono tenuti scontri con la polizia. Più di 140 i fermati. In piazza anche a Lille, Lione, Tolosa, Rennes, Nizza e Montpellier

Dopo due mozioni di sfiducia bocciate, la discussa riforma delle pensioni del governo Macron è stata definitivamente adottata dal parlamento francese. Ora dovrà passare al consiglio costituzionale dove secondo Le Figaro sarebbe già stata depositata una richiesta di referendum. Manifestazioni e tensioni in tutta la Francia.

La lutte continue : amplifions les mobilisations et les grèves!

TEMPS DE LECTURE : 2 MIN PUBLIÉ LE 16 MAR. 2023

Face au refus de soumettre le texte au vote et de recourir à l’article 49.3 pour faire adopter la réforme des retraites, la mobilisation se poursuit, la prochaine aura lieu le jeudi 23 mars.

prochaine aura lieu le jeudi 23 mars.

Imagette

Manifestation intersyndicale

Des millions de manifestant.e.s et 95% des travailleurs hostiles à la réforme des retraites, malgré cela le gouvernement est resté sourd et déclenche le 49.3

Le 15 mars, alors que la commission mixte paritaire (CMP), qui se compose de 7 députés et 7 sénateurs, s’était réunie afin d’aboutir à un texte commun, nous étions plus de 1,5 million à battre le pavé pour dire non à la réforme des retraites profondément injuste, injustifiée et injustifiable.

Le lendemain, jeudi 16 mars, les organisations syndicales s’étaient données rendez-vous devant l’Assemblée nationale avant le vote de la réforme pour rappeler la représentation nationale à ses responsabilités envers leurs électeurs mobilisés depuis plusieurs semaines contre ce projet. 

Le gouvernement a répondu à cette immense mobilisation populaire par le déni démocratique !

Alors qu’elle se savait coincée sans majorité pour voter ce projet de loi, la Première ministre a décidé de déclencher l’article 49.3 de la constitution qui engage la responsabilité du gouvernement et met ainsi fin au débat démocratique qui n’aura jamais eu lieu à l’Assemblée nationale.

Au parlement, tout au long de l’examen du texte de loi, le gouvernement a fait le choix du passage en force :

  • avec des procédures accélérées,
  • refusant de passer au vote sur les amendements,
  • pressions sur les élus.es ou les groupes,
  • concessions à la droite.

Aux travailleurs, le gouvernement et le patronat ont répondu par la répression :

  • réquisitions des grévistes,
  • interventions policières sur les occupations de lieux de travail,
  • arrestations,
  • intimidations,
  • mise en cause du droit de grève.

Ce que la CGT dénonçait comme injuste, hier, l’est encore plus aujourd’hui et cela ne peut que nous encourager à amplifier les mobilisations et les grèves, la lutte continue !

Forte du soutien de la grande majorité de la population, mobilisée depuis des semaines, l’intersyndicale continue à exiger le retrait de cette réforme, en toute indépendance, dans des actions calmes et déterminées.

Elle décide de poursuivre la mobilisation et appelle à des rassemblements syndicaux de proximité ce week-end et à une nouvelle grande journée de grèves et de manifestations le jeudi 23 mars prochain.

La majorité populaire vote contre la réforme des retraites, la lutte continue !

TEMPS DE LECTURE : 3 MIN PUBLIÉ LE 19 MAR. 2023

Contre l’opinion, contre les syndicats, et sans vote. Adoptée au forceps, la réforme des retraites est rejetée par 95% des travailleurs.euses. Au lendemain du 49.3, 65% des citoyens veulent la poursuite du mouvement. La pétition intersyndicale recueille plus d’un million de signatures avec le soutien populaire et celui du monde du travail qui ne se désarme pas. La lutte continue, il faut une consultation citoyenne.

https://www.cgt.fr/actualites/france/retraite/mobilisation/la-majorite-populaire-vote-contre-la-reforme-des-retraites-la-lutte-continue

L’impulsion de la rue et de l’unité syndicale est telle qu’Emmanuel Macron n’aurait pas eu la majorité pour voter sa réforme des retraites. Le recours au 49.3 révèle un énième désaveu et le succès de la mobilisation populaire. 

« La France traverse une crise parlementaire et politique majeure, et évidemment que la puissante mobilisation sociale depuis deux mois a énormément pesé sur les positions des députés. Ils ont bien compris combien le monde du travail et la majorité populaire rejettent cette réforme des retraites brutale et injuste », résume Nathalie Verdeil, secrétaire confédérale de la CGT. 

Depuis les premières manifestations du 19 janvier, des millions de personnes ont défilé sans relâche et dans le calme, semaines après semaines, un peu partout en France.
Démontrant leur farouche opposition au projet de réforme qui décale l’âge de départ à la retraite à 64 ans, fait fi des carrières longues, de la pénibilité au travail, de la précarité des seniors, de l’inégalité hommes-femmes…  

Et si tous les salarié.es ne sont pas inscrits dans la grève reconductible, essentiellement pour des raisons financières, le soutien du monde du travail et de la population est là. Ce week-end encore, et avant la nouvelle journée de mobilisation du 23 mars, des rassemblements citoyens se sont formés à Paris et en régions. 

Devant la lutte déterminée du monde du travail, de la jeunesse, des retraités, des familles entières, dans le cadre d’une intersyndicale solide, Emmanuel Macron et Elisabeth Borne n’ont pas pu obtenir une majorité à l’Assemblée nationale pour une réforme si contestée et contestable. 

Pourtant, il suffisait d’ouvrir les yeux, de regarder défiler la rue dans de si nombreuses villes, d’analyser les sondages, de compter le nombre de signataires de la pétition intersyndicale en ligne (près d’1,2 million à ce jour), de ne pas rester sourd à la contestation et de ne pas refuser le dialogue avec les organisations syndicales. Bref, d’écouter les citoyens. 

95% des travailleurs.euses sont hostiles à la réforme.

Et au lendemain du refus du gouvernement de soumettre le texte au vote en recourant à l’article 49.3 de la Constitution, la majorité de la population, elle, vote contre : 65% des citoyens sont favorables à la poursuite du mouvement (sondage Harris Interactive pour RTL du 17 mars). Le rejet de la réforme reste majoritaire. 

« Quand on ne veut pas aller au vote, il y a des risques démocratiques et aujourd’hui, le couple exécutif se retrouve pris au piège », constate Nathalie Verdeil.

Consultation, RIP 

La CGT s’est toujours dite favorable à une consultation citoyenne sur la réforme des retraites.
Si c’est un référendum d’initiative partagée (RIP) proposant l’abandon du texte, il faut que 185 parlementaires le demandent, puis le processus dure neuf mois et il faut au minimum 4,8 millions de signatures (10% du corps électoral). Mais c’est jouable.

En attendant, le combat commun continue, la majorité de la population nous soutient.

Rendez-vous jeudi 23 mars pour montrer notre détermination.

La forte mobilisation doit contraindre l’exécutif à ne pas appliquer sa réforme adoptée au mépris des principes démocratiques, et massivement rejetée.

Francia in subbuglio per la riforma delle pensioni: a Parigi bloccato l’accesso all’aeroporto e invasi i binari della stazione – Il video

23 MARZO 2023 – 12:22 di Redazione

https://www.open.online/2023/03/23/francia-sciopero-vs-riforma-pensioni-video/

Nona giornata di sciopero: blocchi anche in porti e depositi e petroliferi. La polizia prevede oggi «tra i 600.000 e gli 800.000 manifestanti in circa 320 raduni» in tutto il Paese

Continuano le proteste in Francia dopo l’approvazione della riforma delle pensioni. Oggi giovedì 23 marzo una nuova giornata campale in tutto il Paese per la nona giornata di sciopero decretata dai sindacati in protesta contro la decisione del presidente Emmanuel Macron di scavalcare il Parlamento per far adottare la contestatissima riforma. Diversi manifestanti anti-riforma del sindacato CGT di Roissy Charles de Gaulle, il principale aeroporto di Parigi, hanno bloccato l’autostrada A1 che porta al terminal 1 dello scalo. Code interminabili di automobili e taxi sono ferme in attesa di poter varcare l’ingresso, mentre file di viaggiatori e turisti sono costretti a camminare a piedi ai bordi dell’autostrada per raggiungere il loro terminal. Le mobilitazioni e i blocchi arrivano all’indomani dell’intervista televisiva di Macron, che lungi dal calmare le acque ha suscitato critiche al veleno da parte di sindacati e opposizioni. Intervistato da France 2 e TF1, l’inquilino dell’Eliseo ha infatti tirato dritto per la sua strada: «La riforma delle pensioni proseguirà il suo cammino democratico e verrà applicata entro fine anno». La misura, che vuole aumentare da 62 a 64 anni l’età minima per lasciare il lavoro, è stata descritta dal leader di Parigi non come «un lusso», ma come «una necessità» per riportare il sistema previdenziale in equilibrio. Gli oppositori ritengono tuttavia la riforma «ingiusta», in particolare, rispetto alle donne e ai dipendenti con mestieri usuranti.

Azioni dimostrative a macchia d’olio

A Parigi manifestanti contro la riforma delle pensioni hanno invaso i binari alla gare de Lyon, tra le principali stazioni ferroviarie di Parigi, da cui partono anche i treni per l’Italia: la circolazione dei treni ne risulta perturbata. Proseguono poi le azioni di blocco dei depositi petroliferi, ma anche di porti, strade, trasporto aereo, settore energetico ed università. La Direzione Generale dell’Aviazione Civile (Dgac) – riporta Le Monde – chiede alle compagnie aeree di annullare il 30% dei voli dall’aeroporto di Parigi-Orly e il 20% da altri aeroporti della Francia. Nella giornata di ieri, i porti di Marseille-Fos, nel sud del Paese e Brest, a ovest, sono rimasti bloccati su appello del sindacato CGT. Disagi anche nel trasporto ferroviario, con appena metà dei treni ad alta velocità Sncf in circolazione e un terzo dei treni espressi regionali. La capitale continua intanto ad essere costellata dai rifiuti lasciati in strada a causa dello sciopero dei netturbini riconfermato almeno fino a lunedì prossimo. Mobilitate anche le scuole: la Federazione delle scuole superiori indipendenti e democratiche (Fidl) ha individuato, insieme ai suoi comitati locali, più di 400 scuole superiori bloccate. «Gli studenti delle scuole superiori hanno compreso molto bene questa riforma e le bravate politiche di Emmanuel Macron, e continueranno a mobilitarsi» ha scritto la Fidl in una nota precisando che l’intersindacale si riunirà questa sera per decidere il seguito. dare al movimento delle scuole superiori.

Le previsioni per la giornata

La polizia prevede oggi «tra i 600.000 e gli 800.000 manifestanti in circa 320 raduni previsti in tutta la Francia». Nella capitale francese, il corteo partirà alle ore 14 da piazza della Bastiglia in direzione Place de l’Opéra: i circa 500 gilet gialli e altri 500 «elementi radicali», sono attesi a Parigi e «in provincia oltre una decina di città saranno oggetto di dimostrazioni dell’ultrasinistra», affermano le forze dell’ordine.

Foto copertina: Le Monde | blocco stradale in Francia

Fonte: Open online

Riforma delle pensioni in Francia, manifestanti bloccano binari della Gare de Lyon a Parigi

Un centinaio di persone ha bloccato la stazione per mezz’ora, mentre è in corso uno sciopero dei ferrovieri nel nono giorno di mobilitazione nazionale contro il governo

Fotogallery – Riforma pensioni in Francia, la protesta sui binari della Gare de Lyon a Parigi

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/riforma-pensioni-francia-proteste-stazione-parigi_62606252-202302k.shtml

Un centinaio di manifestanti ha bloccato i binari ferroviari vicino alla Gare de Lyon a Parigi, causando ritardi dei treni di oltre 30 minuti.

Lo ha reso noto la Sncf, società ferroviaria nazionale. A creare disagi ai passeggeri c’è anche lo sciopero dei ferrovieri. Finora circa il 25% ha aderito alla protesta indetta per il nono giorno di mobilitazione nazionale contro la riforma delle pensioni. Secondo una fonte sindacale, circa il 15% dei ferrovieri dovrebbe incrociare le braccia anche venerdì 24 marzo.

“Andremo avanti fino al ritiro della riforma”, “Macron vattene”, gridavano alcuni fra le centinaia di sindacalisti e lavoratori in sciopero che hanno camminato sui binari a Gare de Lyon per impedire la circolazione dei treni.

Emmanuel Macron ha “gettato una tanica di benzina sul fuoco”., ha detto il sindacalista francese Philippe Martinez, segretario generale della Cgt, a margine della manifestazione di Parigi. Il riferimento è all’intervista rilasciata da Macron a Tf1 e France 2, seguita da 10 milioni di persone. “Quando c’è un conflitto di questo tipo, il ruolo del presidente della Repubblica è quello di calmare il gioco. Lui ha gettato una tanica di benzina sul fuoco”, ha ribadito Martinez.

Fotogallery – Francia, continua la maxi-protesta contro la riforma delle pensioni

Continuano le proteste in Francia dopo l’approvazione della riforma delle pensioni. Nuovi scontri si sono verificati nella nona giornata di manifestazioni e scioperi che ha fatto segnare il record di partecipazione in diverse città, mentre a Parigi sono quasi un milione le persone

A Parigi, prima del corteo pomeridiano da piazza della Bastiglia fino all’Opera, manifestanti hanno bloccato stazioni ferroviarie, l’aeroporto Charles de Gaulle e le raffinerie. Circa il 30% dei voli all’aeroporto di Parigi Orly è stato cancellato. La Torre Eiffel e il Palazzo di Versailles sono chiusi a causa della mobilitazione.

I treni ad alta velocità e regionali, la metropolitana della capitale e i sistemi di trasporto pubblico di altre grandi città subiscono rallentamenti. Anche a Marsiglia il servizio ferroviario è stato sospeso perché i manifestanti si sono posizionati vicino ai binari. Manifestazioni, comunque, in tutto il Paese. Cortei a Marsiglia, Lione e Nantes: sono oltre 250 le marce in programma in Francia.

Fonte: Sky TG24

Scontri, blocchi stradali e aeroporti in tilt: la Francia di nuovo in piazza contro la riforma delle pensioni di Macron. 21 fermi a Parigi

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/23/scontri-blocchi-stradali-e-aeroporti-in-tilt-la-francia-di-nuovo-in-piazza-contro-la-riforma-delle-pensioni-di-macron-21-fermi-a-parigi/7106728/

di F. Q. | 23 MARZO 2023

MONDO

Scontri, blocchi stradali e aeroporti in tilt: la Francia di nuovo in piazza contro la riforma delle pensioni di Macron. 21 fermi a Parigi

Scontri, blocchi stradali e aeroporti in tilt: la Francia di nuovo in piazza contro la riforma delle pensioni di Macron. 21 fermi a Parigi

AudioPlay · Ascolta l’articolo

0:00

0:00di F. Q.

 | 23 MARZO 2023

La Francia scende di nuovo in piazza per la nona giornata di mobilitazione contro la riforma delle pensioni voluta dall’esecutivo di Parigi. Secondo la polizia, sono tra le 600mila e le 800mila le persone che hanno deciso di manifestare in 320 località del Paese. Scontri si registrano nella capitale, a Lione e Rennes, mentre gli aeroporti parigini rischiano il blocco a causa dell’occupazione di alcuni terminal da parte dei manifestanti e per la mancanza di cherosene per lo sciopero indetto in una delle più importanti raffinerie nazionali. Blocchi anche alla stazione di Parigi, mentre la polizia cerca di reprimere le proteste lanciando lacrimogeni sulla folla. Secondo le forze dell’ordine sono circa mille i Black Bloc presenti nel corteo parigino, mentre sono 21 le persone fermate al momento.

Scontri in diverse città
Il corteo parigino, il più partecipato del Paese, è partito da piazza della Bastiglia, in direzione République e poi place de l’Opéra. Una mobilitazione considerata cruciale, dato che arriva dopo le dichiarazioni in tv di Emmanuel Macron che ha ribadito di voler andare fino in fondo con la riforma, escludendo il “ritiro” della legge. Anche per questo quella di oggi era fin dall’inizio considerata una giornata a rischio e ciò che è accaduto in alcune città lo ha confermato. Il ministero dell’Interno ha schierato un numero di poliziotti senza precedenti in questi due mesi di contestazioni: 12mila, di cui 5mila soltanto nella capitale. Uno di loro è stato colpito da una pietra alla testa ed è rimasto ferito. A Parigi alcuni agenti hanno usato gas lacrimogeni all’altezza di Place de la République dopo essere stati aggrediti. Sono 2mila i controlli effettuati prima del corteo per cercare di individuare eventuali gruppi estremisti che avrebbero potuto creare dei problemi durante la marcia.

Blocchi in aeroporti e stazioni
Nella capitale sono andati in tilt anche il trasporto aereo e ferroviario. Manifestanti anti-riforma delle pensioni del sindacato CGT di Roissy Charles de Gaulle, principale aeroporto di Parigi, hanno bloccato l’autostrada A1 che porta al terminal 1 dello scalo. Code interminabili di auto e taxi sono rimaste ferme in attesa di uno sblocco, mentre file di viaggiatori sono stati costretti a camminare a piedi ai bordi dell’autostrada per raggiungere l’aeroporto. I manifestanti sono successivamente arrivati al terminal occupandolo e, di conseguenza, creando enormi disagi al traffico aereo. La Direzione Generale dell’Aviazione Civile (Dgac) della Francia chiede nuovamente alle compagnie aeree di annullare domani il 30% dei voli da Parigi-Orly e il 20% da altri aeroporti del Paese. Oltre a Parigi, gli scali colpiti dai disagi sono MarsigliaBordeaux e Lione, sia domani che sabato.

A rendere più critica la situazione negli scali arriva anche lo sciopero in una raffineria della Normandia che ha fatto scattare l’allerta sulle riserve di cherosene negli aeroporti parigini. La situazione è “diventata critica“, ha detto a France Presse il ministero della Transizione ecologica di Parigi. Nei giorni scorsi, il governo ha adottato un’ordinanza per far scattare la precettazione dei lavoratori nel sito normanno, che non è stata ancora notificata ufficialmente lasciando la situazione in sospeso.

Anche alla Gare de Lyon di Parigi, da cui partono i treni per l’Italia, manifestanti hanno bloccati il traffico ferroviario, creando rallentamenti e ritardi. Inoltre, la Torre Eiffel e il castello di Versailles oggi sono chiusi: “A seguito di un avviso di sciopero nazionale, la Torre Eiffel è chiusa oggi. L’accesso al piazzale rimane aperto e gratuito”, si legge sul sito dell’attrazione turistica della capitale.

La fermezza di Macron
Il presidente francese, nonostante le proteste, è andato dritto per la sua strada, dichiarando che la riforma, la più importante dei suoi cinque anni all’Eliseo, verrà applicata “entro fine anno” e si è detto pronto ad assumersene tutta “l’impopolarità necessaria, in nome dell’interesse superiore della nazione”: “Questa riforma non è un piacere, non è un lusso, è una necessità“, ha dichiarato il capo dello Stato nel corso di un’intervista tv seguita da 10 milioni di telespettatori, convinto della pertinenza del suo progetto che prevede l’innalzamento progressivo dell’età pensionistica da 62 a 64 anni. Un livello che resterebbe comunque al di sotto di quello introdotto ormai da anni da tutti gli altri grandi partner europei, Italia e Germania inclusa. Gli oppositori ritengono tuttavia la riforma “ingiusta”, in particolare, rispetto alle donne e ai dipendenti con mestieri usuranti.

Macron ha “gettato una tanica di benzina sul fuoco“, ha risposto il sindacalista francese Philippe Martinez, segretario generale della Cgt, a margine della manifestazione di Parigi. “Quando c’è un conflitto di questo tipo, il ruolo del presidente della Repubblica è quello di calmare il gioco. Ieri ha gettato una tanica di benzina sul fuoco”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

In Francia continua la protesta contro la riforma delle pensioni, guerriglia a Parigi

In Francia continua la protesta contro la riforma delle pensioni, guerriglia a Parigi

Nona giornata di mobilitazioni. Scontri e arresti a Parigi e in altre città

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2023/03/23/in-francia-continua-la-protesta-contro-la-riforma-delle-pensioni-guerriglia-a-parigi_27645da7-9052-464f-9791-9e7d546cf86b.html

In Francia nona giornata di mobilitazioni contro la riforma delle pensioni che innalzerà da 62 a 64 anni l’età minima per lasciare il lavoro.

Parigi è stata attraversata da un maxicorteo, scontri e arresti si sono avuti anche in altre città.

La manifestazione parigina è partita in modo pacifico dalla Bastiglia, ma sul percorso fino all’Opéra Garnier un centinaio di Black Bloc ha attaccato un fast food, spaccato le vetrine di una banca e di un piccolo supermercato, distruggendo panchine e pensiline.

E’ ormai guerriglia a Parigi, dove gruppi di giovani con i passamontagna hanno invaso stasera il quartiere della Bastiglia e le vie del Marais, dopo la fine ufficiale della manifestazione, appiccando fuochi ai cassonetti e facendo detonare grossi petardi. In un fuggi fuggi generale, poliziotti e gendarmi sono accorsi nella zona caricando i giovani – già in fuga – e lanciando molti lacrimogeni proprio sulla piazza. Sirene e un odore molto diffuso di lacrimogeni stanno mettendo in fuga le persone che erano sedute ai tavolini dei bar e i passanti.

Il leader de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, ha twittato: “E’ una grande pagina della storia sociale di Francia quella che stiamo scrivendo. Non saremmo là se non ci fosse in ballo un tema come i 2 anni di vita libera o di costrizione”.

A Bordeaux, dove gli incidenti sono particolarmente gravi, è in fiamme il grande portale di legno dell’ingresso al Comune. Il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, che si è installato stasera nelle sale della prefettura di Parigi, ha reso omaggio al lavoro di poliziotti e gendarmi “bersagli di attacchi inaccettabili” da parte di persone uscite dalle manifestazioni. Il ministro ha aggiornato le cifre dei fermi, che sono saliti oggi a 172 in Francia, di cui 77 a Parigi

Le forze dell’ordine hanno cercato di intervenire ma sono state bersaglio di oggetti, sassi e bottiglie incendiarie. I pompieri sono intervenuti a più riprese per spegnere le fiamme di cassonetti incendiati. Sono stati feriti 123 fra poliziotti e gendarmi. Il numero dei fermati è salito per il momento a 80.

Riforma pensioni in Francia, tensione sui Grands Boulevards a Parigi

Sono come al solito molto diverse le cifre dei partecipanti alle manifestazioni fra la versione fornita dai sindacati e quella della polizia. Ma in entrambi i casi, oggi si tratta di record eguagliati o battuti. Se per la CGT erano 800.000 a Parigi, la polizia ne ha contabilizzati 119.000, in entrambi i casi ai massimi dall’inizio della protesta, due mesi fa. Per quanto riguarda il numero dei manifestanti in Francia, 3,6 milioni (record eguagliato) per la CGT, un milione e 89.000 per la polizia.

Riforma pensioni in Francia, a Parigi occupati i binari della Gare de Lyon

Durante gli incidenti con i black bloc, un poliziotto è stato colpito alla testa da un “pavé” staccato dal fondo stradale ed è stato trasportato in ospedale con urgenza. Incidenti anche a Le Havre, nel nord, dove sono state fermate 8 persone per danneggiamenti di arredo urbano e incendio di cassonetti e materiale pubblico. Otto fermi anche a Rouen, in Normandia, dove altre 11 persone sono state curate per ferite riportate durante gli scontri. Fra questi, una donna che lamenta l’amputazione del pollice. 

Francia: riforma pensioni, il corteo parigino arriva a Place de la Republique

All’indomani dell’intervista tv del presidente che ha suscitato critiche al veleno da parte di sindacati e opposizioni,  i francesi vanno avanti con la nona giornata di scioperi e mobilitazioni nazionali contro la riforma delle pensioni di Emmanuel Macron. Intervistato in diretta su TF1 e France 2 dopo settimane di tensioni sociali, Macron ha tirato dritto sulla sua strada, dichiarando che la riforma – la più importante del suo quinquennato all’Eliseo – verrà applicata “entro fine anno” e si è detto pronto ad assumersene tutta “l’impopolarità necessaria, in nome dell’interesse superiore della nazione”.

   “Questa riforma non è un piacere, non è un lusso, è una necessità”, ha martellato il capo dello Stato nell’intervista seguita da 10 milioni di telespettatori secondo i dati di Médiametrie, convinto della pertinenza del suo progetto che prevede l’innalzamento progressivo dell’età pensionistica da 62 a 64 anni. Un livello che resterebbe comunque al di sotto di quello introdotto ormai da anni da tutti gli altri grandi partner europei, Italia e Germania inclusa.

Fonte: ANSA

Francia, sciopero generale. A Parigi occupati aeroporto Charles-de-Gaulle e Gare de Lyon

https://tg24.sky.it/mondo/2023/03/23/sciopero-francia-riforma-pensioni-oggi

Prima giornata di mobilitazione organizzata a livello nazionale dall’adozione della legge senza passare dal voto parlamentare. È di 123 poliziotti feriti e 80 persone fermate, 58 delle quali a Parigi, il bilancio delle violenze delle proteste, ha riferito il ministro dell’Interno Gerald Darmanin. Secondo i sindacati hanno partecipato 3,6 milioni di persone in tutto il Paese (800mila a Parigi)

Nona giornata di manifestazioni in Francia contro la riforma delle pensioni già varata dal governo. Non solo: oggi a bloccare il Paese c’è stato anche uno sciopero generale. Le proteste sono state accompagnate anche da violenze: secondo quanto riferito dal ministro dell’Interno Gerald Darmanin, il bilancio è di 123 poliziotti feriti e 80 persone fermate. Nella foto, manifestazione a Marsiglia

Pensioni, il confronto fra il sistema francese e quello italiano

Gli scioperi del trasporto pubblico hanno reso molto complicati gli spostamenti e aumentato il traffico. I conducenti della metropolitana sono chiamati ad aderire in massa allo stop mentre per quanto riguarda la rete ferroviaria si prevede che circoleranno solo la metà dei treni ad alta velocità e un terzo di quelli regionali. E la capitale continua a essere invasa dai rifiuti lasciati in strada a causa dello sciopero dei netturbini riconfermato almeno fino a lunedì.

continuano azioni di blocco dei depositi petroliferi, porti, strade, trasporto aereo, settore energetico, scuola e università. A Parigi i manifestanti hanno occupato l’aeroporto Roissy-Charles-de-Gaulle (in foto) e la Gare de Lyon.

Francia, scontri e scioperi. Macron: “Riforma pensioni prosegue suo cammino democratico”

A Parigi il corteo è partito da Place de la Bastille in direzione Place de l’Opéra. Tra i manifestanti anche “un migliaio” di black bloc e “elementi radicali”, vestiti di nero e con il volto coperto. Alcune decine le persone arrestate durante i disordini. Le forze dell’ordine hanno separato i partecipanti alla manifestazione sindacale dagli elementi più violenti presenti in testa al corteo.

GUARDA IL VIDEO: Francia, lo sciopero generale infiamma il Paese

Durante gli incidenti a Parigi con i black bloc, un poliziotto è stato colpito alla testa da un “pavé” staccato dal fondo stradale ed è stato trasportato in ospedale con urgenza. Incidenti, feriti e arresti anche a Le HavreRouen, Lione.

Sono molto diverse le cifre dei partecipanti alle manifestazioni, fra la versione fornita dai sindacati e quella della polizia. Ma in entrambi i casi, oggi si tratta di record eguagliati o battuti. Se per la CGT erano 800.000 a Parigi, la polizia ne ha contabilizzati 119.000. Per quanto riguarda il numero dei manifestanti in Francia, 3,6 milioni (record eguagliato) per la CGT, un milione per la polizia. Il Ministero dell’Interno ha schierato un numero di poliziotti mai toccato in questi due mesi di contestazione, 12.000, di cui 5.000 soltanto nella capitale.

Allerta anche sulle riserve di cherosene negli aeroporti parigini di Orly e di Roissy-Charles-de-Gaulle. La situazione nei due scali parigini è “diventata critica”, dichiara alla France Presse il ministero della Transizione ecologica. Una situazione dovuta al blocco di una raffineria della Normandia, attualmente in sciopero contro la riforma previdenziale. Nei giorni scorsi, il governo ha adottato un’ordinanza per far scattare la precettazione dei lavoratori nel sito normanno, che non è stata ancora notificata ufficialmente lasciando la situazione in sospeso.

Da giorni, la Dgac avvisa le compagnie aeree che le riserve di cherosene negli aeroporti parigini sono “sotto tensione”, invitandoli ad assumere precauzioni. Queste tensioni si aggiungono alla crescente penuria di benzina e gasolio alle stazioni di servizio del Paese. Secondo France Presse, il 15% delle pompe di benzina sconta la penuria di almeno un tipo di carburante (benzina o diesel). Una percentuale che sale al 40% in Loire-Atlantique e in diversi dipartimenti di Bretagna. In foto, Marsiglia.

Quella di oggi è la prima giornata di mobilitazione organizzata a livello nazionale da quando la legge è stata adottata senza passare dal voto parlamentare, utilizzando l’articolo 49.3 della Costituzione, lo scorso 15 marzo.

Francia, Macron esclude lo scioglimento del Parlamento

Ieri il presidente Emmanuel Macron ha ribadito la necessità di procedere alla riforma e la fiducia nel governo di Elisabeth Borne, ma non ha convinto oltre il 70% dei francesi. “Se per il bene del Paese devo pagare il prezzo dell’impopolarità, lo farò”, ha detto Macron.

In ogni caso, l’intervento del presidente non ha fatto desistere i movimenti di protesta, anzi: secondo il segretario della CGT, Philippe Martinez, la mancanza di apertura del presidente “ha fatto aumentare la collera”.

Francia, non passa la mozione di sfiducia al governo

Fonte: Sky TG24

Riforma pensioni in Francia, duri scontri a Rennes: la manifestazione di pescatori si trasforma in una guerriglia urbana – Video

Rennes, una manifestazione di pescatori, guidata da diversi elementi radicali contrari alla riforma delle pensioni, si trasforma in uno scontro con la polizia. In diverse vie della città vengono accesi fuochi, poi spenti dai cannoni ad acqua della polizia. Un manifestante, gravemente ferito al volto, che affermava di essere stato picchiato con i manganelli, è stato arrestato dalla polizia.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/23/riforma-pensioni-in-francia-duri-scontri-a-rennes-la-manifestazione-di-pescatori-si-trasforma-in-una-guerriglia-urbana-video/7106223/

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, ideologo movimento ambientalista Ultima Generazione e membro attivo Fondazione Michele Scarponi Onlus

ADESIONE ALLO SCIOPERO GENERALE DEI SINDACATI DI BASE ED ALLE GIORNATE DI LOTTA DEL 2 E 3 DICEMBRE 2022

Cacciare il governo Meloni!

SCIOPERO GENERALE SINDACATI DI BASE E GIORNATE DI LOTTA 2-3 DICEMBRE 2022
https://www.carc.it/2022/11/25/adesione-allo-sciopero-generale-dei-sindacati-di-base-e-alle-giornate-di-lotta-del-2-e-3-dicembre/

Il P.CARC aderisce, promuove e chiama a partecipare gli operai, gli studenti e le masse popolari allo sciopero generale di tutte le categorie indetto dai sindacati di base e alle manifestazioni che si svolgeranno su base territoriale il 2 dicembre.

Allo stesso modo aderiamo alla manifestazione nazionale Giù le armi, su i salari del 3 dicembre che si svolgerà a Roma in piazza della Repubblica dalle ore 14.00.

I temi principali della piattaforma politica che accomuna le due giornate sono la lotta e l’opposizione alla guerra al carovita. Sono due “emergenze” strettamente legate fra di loro, che rappresentano una manifestazione della crisi generale (economica, politica, sociale e ambientale) del sistema capitalista.

Il governo Meloni è figlioccio del governo Draghi e suo prosecutore. Il governo Meloni è il governo più debole e traballante della storia recente. È appena nato e già è attraversato da beghe, tensioni e guerra per bande.

Meloni aveva promesso di cancellare il Reddito di Cittadinanza – e ci sta provando – ma il contesto è quello di un paese dove si moltiplicano le famiglie che non riescono a tirare avanti. C’è la riforma delle pensioni, c’è la morsa del carovita. C’è la guerra in Ucraina, con la NATO che pretende fedeltà, finanziamenti e armamenti, mentre la maggioranza delle masse popolari è contraria. La prosecuzione dell’agenda Draghi è il principale tallone d’Achille del governo Meloni.

L’azione cosciente delle organizzazioni operaie e popolari, dei sindacati di base e combattivi, dei movimenti e delle reti sociali puòrovesciare il governo Meloni. Chiamiamo a partecipare attivamente e nel modo più organizzato possibile a tutte le mobilitazioni che coinvolgono le masse popolari. A quelle grandi e a quelle piccole.

Ogni mobilitazione deve essere occasione per allargare e coordinare la rete della parte organizzata delle masse popolari, per rafforzare gli organismi operai e popolari esistenti e crearne di nuovi, per promuovere un fronte comune di lotta e solidarietà.

Organizzarsi al di là della sigla sindacale
È fondamentale organizzarsi ovunque, anche dove non c’è esperienza di organizzazione. Anche nei settori di lavoro più moderni, precarizzati e parcellizzati è possibile e necessaria l’organizzazione dei lavoratori. Non importa se all’inizio si è in pochi, l’importante è non aspettare di essere sotto attacco per organizzarsi.
Lo sciopero generale è un primo passo. Bisogna dargli continuità.

Organizzarsi in ogni posto di lavoro!
– Trova altri due o tre colleghi decisi a darsi da fare: usa ogni occasione e non partire dalla tessera sindacale.
– Vedetevi (almeno all’inizio) fuori dall’azienda, lontano dall’occhio del padrone.
– Studiate insieme la situazione: lo stato dell’azienda, i problemi più pressanti dei lavoratori, i punti di forza su cui fare leva, ecc.
– Decidete le iniziative da prendere, anche piccole, per raccogliere altri colleghi, difendersi con maggiore efficacia e costruire passo dopo passo rapporti di forza favorevoli.
– Collegatevi con lavoratori, singoli e gruppi, di altre aziende, con altri comitati e movimenti popolari della zona.

Le due giornate di lotta del 2 e 3 dicembre devono andare proprio nella direzione di alimentare questo processo!
L’importanza di questo processo è dimostrato dall’organizzazione dello sciopero generale del 2 e dalla manifestazione nazionale del 3 dicembre. Ci sono esempi positivi di coordinamento e unità d’azione tra categorie e settori di lavoro: dai lavoratori del Commercio a Milano, a “Ogni giorno è Primo Maggio” a Firenze, composto da tutti i sindacati di base e forze sociali e politiche che, dall’inizio della pandemia, portano avanti in modo unitario iniziative e lotte su casa, reddito, lavoro e contro la repressione aziendale.

Queste iniziative rappresentano un esempio estremamente positivo di mobilitazione e di organizzazione dei lavoratori nel processo di difesa dei diritti e delle condizioni delle masse popolari, ma anche e soprattutto nell’organizzazione dei lavoratori per un cambiamento profondo, un cambiamento sociale.
Si tratta di un percorso in generale contraddittorio e non lineare, ma che continua a fare passi in avanti che dobbiamo consolidare, crea le condizioni per il rinnovamento del movimento sindacale del nostro paese e non solo: il problema infatti non è principalmente sindacale, ma politico, serve una nuova prospettiva!

Bisogna sostituire il governo Meloni e il suo circo e mettere al loro posto soggetti che fanno gli interessi dei lavoratori e delle masse popolari: bisogna imporre con la mobilitazione un governo di emergenza popolare per attuare immediatamente le misure più urgenti per far fronte agli effetti della crisi e al catastrofico stato delle cose.
Le mobilitazioni del 2 e del 3 dicembre devono essere funzionali a questo.

I sindacati conflittuali, alternativi e di base possono e devono dare un contributo al cambiamento generale della società, sviluppando l’azione anche sul terreno politico e perciò usare lo sciopero e le manifestazioni per confrontarsi e coordinarsi a un livello superiore, per spingere i lavoratori ad organizzarsi e ad attuare direttamente le misure che servono a difesa del salario, del lavoro e dei diritti.
L’imposizione di un “nostro governo”, un governo di emergenza (noi lo chiamiamo Governo di Blocco Popolare), che affonda le sue radici e poggia sulle decine di organizzazioni operaie e popolari presenti nel paese, sui sindacati di base, sui comitati operai e popolari e sui sinceri democratici, è la via più rapida e meno dolorosa per avanzare nel superamento di questo sistema che produce ormai soltanto disastri economici, ambientali, sociali e politici.

Il Governo di Blocco Popolare darà una spinta decisiva per avanzare verso il socialismo, il governo dove i lavoratori sono i protagonisti e decideranno la produzione e la destinazione dei prodotti, metteranno fuori gioco definitivamente i padroni e i loro scagnozzi, dove ognuno sarà chiamato a dare il proprio contributo per avanzare tutti insieme.

Promuovere e partecipare allo sciopero generale del 2 dicembre e alla manifestazione nazionale del 3 dicembre a Roma!

Cacciamo il governo Meloni per imporre il governo di emergenza dei lavoratori e delle masse popolari!

Fonte: Partito dei CARC – Comitati di Appoggio per la Resistenza del Comunismo

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo