Uccelli

BRUTTE NOTIZIE PER IL PIANETA: 21 SPECIE ANIMALI SONO STATE UFFICIALMENTE DICHIARATE ESTINTE

Una delle otto specie di rari uccelli hawaiani estinti
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Brutte notizie per la biodiversità del nostro Pianeta: ben 21 specie sono state dichiarate ufficialmente estinte e non possiamo più fare nulla per loro.

20 Ottobre 2023

Nicoletta Fersini GIORNALISTA PUBBLICISTA E WEB CONTENT EDITOR

Il Pianeta sta cambiando e a farne le spese sono prima di tutto gli animali. Il Fish and Wildlife Service degli Stati Uniti si occupa da ben 50 anni di salvaguardare le specie degli Stati Uniti considerate in pericolo ha fornito dei dati preoccupanti. Sulla base di analisi e studi rigorosi e seguendo dei criteri ben precisi, 21 specie sono state ufficialmente cancellate dall’elenco dell’ESA – Endangered Species Act. E ciò significa soltanto una cosa: non sono più da considerare in via di estinzione, ma ufficialmente estinte.

Quali sono le 21 specie dichiarate ufficialmente estinte

Nonostante l’impegno e le attività connesse all’ESA, ovvero l’Endangered Species Act, legge federale che dal 1973 obbliga i governi federali e statali a proteggere le specie a rischio di estinzione, per 21 di queste non c’è stato nulla da fare. A comunicarlo è stato il Fish and Wildlife Service degli Stati Uniti che opera per conservare, proteggere e migliorare i pesci, la fauna selvatica, le piante e i loro habitat.

“Per stabilire se le migliori informazioni disponibili indicano che una specie è estinta, abbiamo analizzato i seguenti criteri: rilevabilità della specie, adeguatezza degli sforzi di indagine e tempo trascorso dall’ultima rilevazione”, così ha spiegato attraverso quali criteri abbia deciso di “declassare” gli animali in questione da “specie in via di estinzione” a “specie estinte”.

Le 21 specie di cui si parla sono:

  • Otto varietà distinte di uccelli rampicanti hawaiani;
  • L’uccello imbrigliato dagli occhi bianchi di Guam;
  • Il piccolo pipistrello della frutta delle Marianne (detto anche volpe di Guam);
  • La gambusia di San Marcos, un minuscolo pesce originario del Texas;
  • Lo Scioto madtom, un piccolo pesce gatto che si trovava nel Big Darby Creek in Ohio;
  • L’usignolo di Bachman, un melodico uccello canoro nero e giallo avvistato nel sud e a Cuba;
  • Otto varietà di cozze d’acqua dolce.

Purtroppo era un destino scritto da diverso tempo. Già nel 2021 era stata avanzata la proposta di eliminare queste 21 specie dall’elenco di quelle in via di estinzione, sulla scia di un fatto inequivocabile: nessuna di esse è mai più stata avvistata già da diversi periodi, che coprono un arco temporale che spazia dal 1899 al 2004.

L’impatto dell’attività umana sul declino e l’estinzione delle specie

Il Fish and Wildlife Service ha sottolineato quanto sia importante l’ESA e con esso gli sforzi per conservare le specie prima che il declino diventi irreversibile, ma ha anche evidenziato quanto sia determinante l’attività umana sulla salvaguardia di esse. “Le circostanze di ciascuna di esse sottolineano anche come l’attività umana possa guidare il declino e l’estinzione delle specie, contribuendo alla perdita dell’habitat, all’uso eccessivo e all’introduzione di specie invasive e malattie – si legge in un comunicato del 2021 -. Si prevede che i crescenti impatti dei cambiamenti climatici aggraveranno ulteriormente queste minacce e le loro interazioni. (…) Quasi 3 miliardi di uccelli sono stati persi in Nord America dal 1970. Queste estinzioni evidenziano la necessità di agire per prevenire ulteriori perdite”.

I fattori che hanno contribuito all’estinzione di queste ultime 21 specie, così come delle altre 650 che si contano negli Stati Uniti negli ultimi anni, sono molteplici: l’impatto del cambiamento climatico, l’inquinamento, l’introduzione di specie invasive, la deforestazione. Proprio a causa di quest’ultima, tanto per fare un esempio, sono scomparse otto specie di uccelli rampicanti hawaiani, privati del loro habitat naturale, situazione aggravata ulteriormente dall’arrivo di alcune specie di zanzare alloctone che hanno trasmesso loro il vaiolo e la malaria aviarie.

Se non vengono compiuti urgentemente sforzi concertati per proteggere le specie attualmente minacciate e in via di estinzione, molte altre potrebbero presto andare perdute perdute per sempre e a farne le spese sarebbe la biodiversità del nostro Pianeta.

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Fonte: Libero Tecnologia

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Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

STIAMO ELIMINANDO INTERI RAMI DELL’ALBERO DELLA VITA, AD UN RITMO MAI VISTO IN PRECEDENZA

di Simone Valesini

Un esemplare di baiji, o delfino dello Yangtze (Lipotes vexillifer) 
https://www.repubblica.it/green-and-blue/2023/09/21/news/estinzione_specie_animali_a_un_ritmo_mai_visto_in_precedenza-415061746/

In 500 anni abbiamo portato all’estinzione un numero di generi animali che avrebbe impiegato 18mila anni a sparire per cause naturali

21 SETTEMBRE 2023 ALLE 05:00

Le estinzioni avvengono più o meno da quando esiste la vita sul nostro pianeta. Ma la nostra specie sta facendo di tutto per renderle più comuni, e drammatiche, di quanto non sia mai stato in passato. La velocità con cui si estinguono le specie animali da quanto l’Homo sapiens è entrato in scena sta portando infatti alla sparizione di interi generi di creature viventi con una velocità 35 volte superiore a quella registrata in media nell’ultimo milione di anni. E il risultato, stando a uno studio appena pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences da un team di ricercatori americani e messicani, è un’impressionante “mutilazione dell’albero della vita”, da cui la biodiversità del nostro pianeta rischia di impiegare milioni di anni per riprendersi.

Fino ad oggi, l’attenzione della comunità scientifica si era concentrata fondamentalmente sul monitoraggio dello stato di conservazione delle specie. Ma la tassonomia del mondo animale è più complessa di così. E se ogni estinzione è un evento drammatico per la conservazione della biodiversità del nostro pianeta, alcune lo sono forse più di altre. Prendiamo alcune delle più recenti vittime dell’attività umana: i piccioni migratori (Ectopistes migratorius), le tigri della Tasmania (Thylacinus cynocephalus) e i baiji, o delfini dello Yangtze (Lipotes vexillifer). Tutte specie estinte (o quasi, nel caso dei delfini di acqua dolce cinesi), che erano anche l’unica specie conosciuta all’interno del proprio genere, cioè di quel raggruppamento tassonomico che contiene le specie strettamente imparentate tra loro, ma abbastanza diverse da non potersi più riprodurre tra loro dando origine a prole fertile (almeno nella maggioranza dei casi).

La cosa è rilevante, perché – come fanno notare gli autori del nuovo studio – la scomparsa di una specie può essere rimpiazzata con relativa facilità dall’evoluzione, visto che le specie appartenenti allo stesso genere sono estremamente simili sul profilo genetico, e possono facilmente riempire la nicchia ecologica lasciata vacante, mantenendo un potenziale evolutivo più o meno identico a quello della specie estinta.

Quando è un genere intero a sparire – o ancora peggio, intere famiglie o ordini di esseri viventi – servono invece milioni di anni perché l’evoluzione plasmi un sostituto funzionalmente paragonabile, e il potenziale evolutivo che racchiudeva in sé è perso per sempre. La perdita in termini di biodiversità che avviene quando è un intero ramo dell’albero della vita a sparire, quindi, è ben più drammatica, e impiega molto più tempo per essere compensata dall’evoluzione.

Sollevando lo sguardo dalle singole specie, il nuovo studio ha indagato lo stato di salute dell’albero della vita guardando ai suoi rami, generi, famiglie e così via, trovando purtroppo una situazione desolante. Negli ultimi 500 anni, infatti, all’interno dei tetrapodi (cioè della superclasse di cui fanno parte mammiferi, uccelli, rettili e anfibi) sono andati estinti due ordini, 10 famiglie, e 73 generi di essere viventi. Basandosi sui tassi storici di estinzione dei generi nei mammiferi, i tassi degli ultimi 500 anni sono 35 volte superiori a quelli visti nell’ultimo milione di anni. In cinque secoli, l’uomo ha fatto quello che catastrofi e altri fenomeni naturali impiegano più di 18mila anni a fare. Una situazione per la quale gli autori della ricerca ritengono riduttivo utilizzare il termine “estinzione di massa”, e che preferiscono definire un autentico “annientamento biologico”.

“In qualità di scienziati, dobbiamo cercare di essere cauti ed evitare gli allarmismi”, commenta Gerardo Ceballos, dell’Istituto di Ecologia dell’Università nazionale autonoma del Messico. “Ma la gravità dei nostri risultati in questo caso ci obbliga ad usare un linguaggio più forse del solito: sarebbe poco etico non spiegare la magnitudine del problema, visto che sia noi che gli altri scienziati siamo molto preoccupati”.

Che fare dunque? Da un lato, bisognerebbe concentrare gli sforzi di conservazione dove hanno più probabilità di fare la differenza: quindi ai tropici, dove si concentrano la maggior quantità di generi andati estinti, e di animali che rappresentano l’ultima specie vivente all’interno del proprio genere. Dall’altro – come nel caso dei cambiamenti climatici – il problema andrebbe risolto modificando radicalmente le nostre società e il nostro stile di vita e di crescita. “La dimensione e la crescita costante della popolazione umana, la scala in continuo aumento dei suoi consumi, e il fatto che vi siano enormi disuguaglianze in questi consumi, sono tutti parte integrante del problema”, scrivono gli autori dello studio. “L’idea che si possa continuare in questo modo, e salvare al contempo la biodiversità, è priva di senso”.

Fonte: Repubblica

Stiamo eliminando interi rami dell’#alberodellavita, a un ritmo mai visto in precedenza #SimoneValesini #Repubblica

https://x.com/bralex84/status/1706576037558059151

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

ASSIOLO, IL PICCOLO UCCELLO RAPACE NOTTURNO CHE EMETTE UN FISCHIO AD INTERVALLI DI DUE SECONDI L’UNO DALL’ALTRO, IL SUO CANTO D’AMORE PER ATTRARRE LE FEMMINE

ASSIOLO

https://www.sardegnaforeste.it/fauna/assiolo

Nome latino: 

Otus scops

Nome sardo: 

Assoggi, tzonca

Classe: 

Aves

Ordine: 

Strigiformes

Famiglia: 

Strigidae

Fauna: 

uccelli

L’assiolo – o assiuolo –  misura poco più di 18 cm.  Il suo piumaggio è notevole: il pattern ricorda una corteccia d’albero, ma a toccarla certamente è una soffice coltre piumata.

Gli occhi sono due splendidi cerchi dorati, ipnotici tanto per noi quanto per le sue prede (insetti) che, incuriosite dal brillare nel buio, si avvicinano troppo al rapace e vengono catturate. 

É il più piccolo rapace notturno insieme alla civetta nana, caratterizzato da due ciuffi di penne auricolari. Occhi grandi giallo intenso e becco grigiastro con apice nero. 

Si nutre principalmente di insetti, farfalle, piccoli invertebrati, talvolta piccoli uccelli e roditori. Caccia all’agguato e, una volta catturata la preda con gli artigli, la porta nel posatoio e la ripulisce con estrema pignoleria.

Durante il giorno riposa tra la vegetazione e se infastidito drizza i ciuffi auricolari.

L’assiolo è “il gufetto che anima le notti d’estate”:  improvvisamente, nel buio della notte, si palesa il suo richiamo, breve, penetrante, ipnotico: “Chiù“. 
Dopo pochi secondi il richiamo riprende, ripetendosi, per tutta la notte instancabilmente, intervallato magari in lontananza da un altro simile, in risposta. Spesso si può ascoltare in duetto tra maschio e femmina (formano una coppia per la vita).

Questo piccolissimo gufetto migratore trascorre dalle nostre parti la bella stagione, per nidificare e covare. Sverna in Africa: arriva nella nostra isola a partire dalla primavera, mentre in autunno questi rapaci migrano. Durante la migrazione l’assiolo più attraversare anche lunghi tratti di mare, facendo sosta sulle piccole isole.  In Corsica l’assiolo è stato visto nidificare oltre i 1700 metri.

Un’altra particolarità di questo rapace sono i cornetti auricolari: quando sono abbassati (l’animale è rilassato e a suo agio) assomiglia moltissimo ad una civettina ma quando invece l’assiolo alza i ciuffi (esprime paura o aggressività) cambia completamente aspetto, diventando meno “tranquillo”.

Origine zoogeografica:

Euro-centroasiatico-mediterranea

Areale di distribuzione:

Migratore parziale. Presente in tutta Italia eccetto la regione alpina e alle quote elevate degli Appennini. Nell’Isola la specie è stanziale e nidificante su tutto il territorio tranne le zone montane dell’interno.

Identificazione:

Lungo 19 cm, con un’apertura alare di 53-63 cm ed un peso di 55-130 g. Il piumaggio è superiormente bruno scuro lievemente vermicolato, con sfumature rossicce; inferiormente grigio-castano. La parte facciale è grigio-chiara. La coda è corta con ali molto sviluppate. Il becco è curvo e corto con occhi grandi giallo vivo. Nel complesso esistono due varianti di colore: una bruno-rossiccia e l’altra grigio-brunastra. Il volo è leggero e ondulato. Femmina leggermente più grande del maschio.

Habitat:

Uccello prevalentemente notturno, frequenta parchi, giardini, zone alberate in prossimità delle abitazioni umane, zone aperte in genere. Nutrendosi esclusivamente di insetti, questo rapace cerca habitat caratterizzati da clima mite e secco.

Riproduzione:

Nidifica in fossi e talvolta in vecchi nidi abbandonati da altre specie. Il maschio per attirare la femmina emette un canto caratteristico; quando una di queste risponde al segnale ha inizio la formazione della coppia. In primavera vengono deposte dalle 5 alle 6 uova, covate per circa 24-25 giorni. Una volta nati, i piccoli vengono sfamati da entrambi i genitori.

Status di conservazione:

Specie non minacciata a livello regionale.

Fattori di minaccia:

Riduzione e alterazione dell’habitat.

Grado di protezione:

Convenzione di Berna (legge 503/1981, allegato II).

Un fischio insistente nella notte: l’assiolo, il piccolo gufetto dal canto malinconico

D’ora in poi, quando sentirete un cadenzato fischio nelle notti d’estate, saprete che non è un allarme inceppato, ma è il richiamo d’amore dell’assiolo

L’assiolo (Wikimedia commons)
https://www.forlitoday.it/blog/briciole-di-natura/un-fischio-insistente-nella-notte-l-assiolo-il-piccolo-gufetto-dal-canto-malinconico.html

Con il suo canto melanconico e ritmato, l’assiolo è la colonna sonora delle nostre notti primaverili ed estive: minuscolo, ma della voce potente, lo si può sentire da molto lontano, mentre richiama la femmina durante il periodo del corteggiamento.

L’assiolo (Otus scops) è un piccolo rapace notturno italiano, di circa 20 cm di lunghezza e 50 cm di apertura alare, che frequenta il territorio romagnolo dalla primavera fino a tutta l’estate. Di abitudini piuttosto elusive e quasi esclusivamente notturne, si può avvertite la sua presenza mettendosi alla finestra ed ascoltando il suo canto territoriale: un ritmato ed insistente (a volte per tutta la notte) “chiu”.

L’etimologia del nome è interessante: il nome Assiolo potrebbe provenire dal latino “asio” o “asius”, per indicare una specie “di gufo coi ciuffi”, o come abbreviativo di “asinus” (asino, animale con lunghe orecchie), sempre per via dei ciuffetti auricolari che questo uccello ha sopra il capo. Il termine “Otus” invece sembra derivare dal greco “ótos” (una specie di gufo citata da Aristotele), mentre la parola “scops” deriva sempre dal greco “skops”, che assume ancora il significato di uccello rapace notturno (nel greco classico). Come scriveva Ferrante Foschi nel suo “I nomi dialettali degli uccelli di Romagna”, l’Assiolo è conosciuto anche come “Ciù”, termine onomatopeico, che potrebbe derivare dal latino “àxio” (grido), che privato della “a” iniziale diventa “xio”, da cui “xiù” e poi “ciù”.
Le sue ridotte dimensioni e la sua livrea criptica lo rendono praticamente invisibile agli occhi: le penne sono di colore grigiastro, su cui si ricamano intricate striature nere e vermicolature grigio-nere, chiazze rossicce, gocciolature bianche e barrature diffuse: insomma, un vero e proprio abito “camouflage”, che gli garantisce l’adeguata protezione da occhi indiscreti.

Alle nostre latitudini è animale migratore con presenza primaverile/estiva, quando fa ritorno dai quartieri di svernamento del Sud Italia o del Nord Africa (con diversi esemplari addirittura a percorrenza sub-Sahariana) per trovare i luoghi idonei per la nidificazione. Frequenta con preferenza gli ambienti di margine fra i boschetti e le aree aperte, ma anche le aree rurali ed agricole (basta che siano alberate), i parchi e i viali alberati (anche in città). Nell’ultimo “Atlante degli Uccelli nidificanti a Forlì”, realizzato dai colleghi della Coop. St.E.R.N.A., si vede come la distribuzione sia raddoppiata, rispetto al 2006 – anno del precedente studio-, con una concentrazione nel centro storico e aree limitrofe. Ovviamente possiamo ascoltare la sua lugubre cantilena anche nelle aree più periferiche, come il parco dell’Ospedale, il parco Paul Harris o l’area dell’ex-Eridania. Di certo è presente anche a Villa Saffi con più di una coppia (e lo dico per esperienza ed osservazione personale!).

Il canto è emesso dal maschio, da una posizione rilevata, quando la luce è ormai calata e può continuare a cantare per tutta la notte: a volte “duetta” con la femmina, che emette una nota più acuta, simile a un “ciu-i”. Non costruisce nidi ma occupa cavità naturali negli alberi (da qui la sua presenza prevalente in ambienti con alberature) oppure sfrutta nidi abbandonati di altre specie. È una specie territoriale e monogama. La cova è affidata esclusivamente alla femmina, che per tutto il periodo viene alimentata dal maschio, che si si adopera in un assiduo “vai-e-vieni” dal nido ai territori di caccia. 

L’assiolo è un predatore che caccia quasi esclusivamente insetti di grosse dimensioni (ortotteri e lepidotteri, cioè cavallette e farfalle), che caccia all’aspetto: attende le sue prede su un posatoio abituale, da cui parte per la cattura, per poi farvi ritorno per consumare il pasto. Come tutti i rapaci notturni, non mangia le sue prede a brandelli, bensì le ingoia intere, producendo poi i caratteristici rigurgiti digestivi, chiamati “borre”, contenenti i resti non digeriti della preda (elitre ed altri elementi chitinosi degli insetti oppure pelo e ossa in caso di micromammiferi). Il suo volo agile gli permette di catturare prede “al volo”, in particolar modo le falene, che mangia sul suo posatoio dopo aver eliminato le ali; le altre prede invece vengono catturate sul terreno, sfruttando la sua acuta vista e il suo finissimo udito.

Nonostante l’aspetto mimetico e la vita notturna, anche per l’assiolo non mancano i predatori: uno di questi è il suo “parente” Allocco, che essendo rapace notturno forestale come lui, può ghermirlo durante le sue attività notturne. Alcuni studi hanno dimostrato come, in taluni territori del Nord Italia, una popolazione di assioli abbia concentrato la distribuzione dei nidi nei territori del Gufo reale, per sfruttare la sua protezione indiretta, in quanto predatore dell’allocco stesso. In caso di minaccia da parte di un mustelide (donnola, faina, …) o di un felino, l’assiolo cerca di assumere una posizione eretta ed allungata (con i ciuffetti auricolari ben eretti), tanto da assomigliare il più possibile ad un tronco. Altro atteggiamento difensivo è rappresentato dal volo librato col corpo tenuto quasi verticale, con le piume gonfie e con l’emissione di un verso simile ad un miagolìo.
 
Nella tradizione popolare, l’assiolo ha nomea di uccello stupido: un noto detto recita “U t’ha bichè e ciù” (Ti ha beccato l’assiolo), per indicare che una persona è sciocca. Infatti, secondo una vecchia credenza, se il Ciù (o Chiù) trova una finestra aperta e di notte si introduce in camera, può trasmettere la stupidità a chi dorme, con un becco in fronte. Altro detto romagnolo vuole che la notte di Pasquetta tutti gli animali potessero parlare: “La nota dla Pasquéta e scor nêca e Ciù e la Zvéta” (La notte di Pasquetta parlano anche l’assiolo e la civetta). Come tutti i rapaci notturni, era considerato un animale porta-sventura e ispiratore di lugubri pensieri, come ci ricorda anche il poeta Giovanni Pascoli che proprio a questi piccolo uccellino a dedicato la poesia “L’assiuolo”.

D’ora in poi, quando sentirete un cadenzato fischio nelle notti d’estate, saprete che non è un allarme inceppato, ma è il richiamo d’amore dell’assiolo. Occhio a non farvi beccare mentre dormite!

Fonte: Forlì Today

L’Assiolo (Otus Scops)
http://www.uccellidaproteggere.it/Le-specie/Gli-uccelli-in-Italia/Le-specie-protette/ASSIOLO

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus