Impatto Ambientale

BRUTTE NOTIZIE PER IL PIANETA: 21 SPECIE ANIMALI SONO STATE UFFICIALMENTE DICHIARATE ESTINTE

Una delle otto specie di rari uccelli hawaiani estinti
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Brutte notizie per la biodiversità del nostro Pianeta: ben 21 specie sono state dichiarate ufficialmente estinte e non possiamo più fare nulla per loro.

20 Ottobre 2023

Nicoletta Fersini GIORNALISTA PUBBLICISTA E WEB CONTENT EDITOR

Il Pianeta sta cambiando e a farne le spese sono prima di tutto gli animali. Il Fish and Wildlife Service degli Stati Uniti si occupa da ben 50 anni di salvaguardare le specie degli Stati Uniti considerate in pericolo ha fornito dei dati preoccupanti. Sulla base di analisi e studi rigorosi e seguendo dei criteri ben precisi, 21 specie sono state ufficialmente cancellate dall’elenco dell’ESA – Endangered Species Act. E ciò significa soltanto una cosa: non sono più da considerare in via di estinzione, ma ufficialmente estinte.

Quali sono le 21 specie dichiarate ufficialmente estinte

Nonostante l’impegno e le attività connesse all’ESA, ovvero l’Endangered Species Act, legge federale che dal 1973 obbliga i governi federali e statali a proteggere le specie a rischio di estinzione, per 21 di queste non c’è stato nulla da fare. A comunicarlo è stato il Fish and Wildlife Service degli Stati Uniti che opera per conservare, proteggere e migliorare i pesci, la fauna selvatica, le piante e i loro habitat.

“Per stabilire se le migliori informazioni disponibili indicano che una specie è estinta, abbiamo analizzato i seguenti criteri: rilevabilità della specie, adeguatezza degli sforzi di indagine e tempo trascorso dall’ultima rilevazione”, così ha spiegato attraverso quali criteri abbia deciso di “declassare” gli animali in questione da “specie in via di estinzione” a “specie estinte”.

Le 21 specie di cui si parla sono:

  • Otto varietà distinte di uccelli rampicanti hawaiani;
  • L’uccello imbrigliato dagli occhi bianchi di Guam;
  • Il piccolo pipistrello della frutta delle Marianne (detto anche volpe di Guam);
  • La gambusia di San Marcos, un minuscolo pesce originario del Texas;
  • Lo Scioto madtom, un piccolo pesce gatto che si trovava nel Big Darby Creek in Ohio;
  • L’usignolo di Bachman, un melodico uccello canoro nero e giallo avvistato nel sud e a Cuba;
  • Otto varietà di cozze d’acqua dolce.

Purtroppo era un destino scritto da diverso tempo. Già nel 2021 era stata avanzata la proposta di eliminare queste 21 specie dall’elenco di quelle in via di estinzione, sulla scia di un fatto inequivocabile: nessuna di esse è mai più stata avvistata già da diversi periodi, che coprono un arco temporale che spazia dal 1899 al 2004.

L’impatto dell’attività umana sul declino e l’estinzione delle specie

Il Fish and Wildlife Service ha sottolineato quanto sia importante l’ESA e con esso gli sforzi per conservare le specie prima che il declino diventi irreversibile, ma ha anche evidenziato quanto sia determinante l’attività umana sulla salvaguardia di esse. “Le circostanze di ciascuna di esse sottolineano anche come l’attività umana possa guidare il declino e l’estinzione delle specie, contribuendo alla perdita dell’habitat, all’uso eccessivo e all’introduzione di specie invasive e malattie – si legge in un comunicato del 2021 -. Si prevede che i crescenti impatti dei cambiamenti climatici aggraveranno ulteriormente queste minacce e le loro interazioni. (…) Quasi 3 miliardi di uccelli sono stati persi in Nord America dal 1970. Queste estinzioni evidenziano la necessità di agire per prevenire ulteriori perdite”.

I fattori che hanno contribuito all’estinzione di queste ultime 21 specie, così come delle altre 650 che si contano negli Stati Uniti negli ultimi anni, sono molteplici: l’impatto del cambiamento climatico, l’inquinamento, l’introduzione di specie invasive, la deforestazione. Proprio a causa di quest’ultima, tanto per fare un esempio, sono scomparse otto specie di uccelli rampicanti hawaiani, privati del loro habitat naturale, situazione aggravata ulteriormente dall’arrivo di alcune specie di zanzare alloctone che hanno trasmesso loro il vaiolo e la malaria aviarie.

Se non vengono compiuti urgentemente sforzi concertati per proteggere le specie attualmente minacciate e in via di estinzione, molte altre potrebbero presto andare perdute perdute per sempre e a farne le spese sarebbe la biodiversità del nostro Pianeta.

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Fonte: Libero Tecnologia

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Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

IL MOVIMENTO NO TAV SCENDE IN PIAZZA A VICENZA: LA POLIZIA CARICA CON GLI IDRANTI

https://www.lindipendente.online/2023/07/10/il-movimento-no-tav-scende-in-piazza-a-vicenza-la-polizia-carica-con-gli-idranti/

In centinaia sono scesi in strada a Vicenza per protestare contro la costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità (TAV). Il corteo, organizzato dal movimento NO TAV, da Fridays for Future Vicenza e dai centri socialiha bloccato il Ponte Alto, una delle arterie principali della città. Il coinvolgimento di Vicenza nel tratto Milano-Venezia del TAV è già realtà, con i lavori iniziati nel primo lotto costruttivo. I manifestanti hanno dichiarato che l’iniziativa intende «dare un assaggio» di ciò che succederà se il progetto giungerà al secondo lotto costruttivo (l’attraversamento di Vicenza): blocchi diffusi e danni ambientali. Il Ponte Alto è stato poi sgomberato dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa con l’utilizzo ripetuto dell’idrante.

«Questa città sconta già tanti problemi, i PFAS, le polveri sottili: non può accettare 15 anni di cantiere. Siamo stanchi di vedere la nostra città svilita per interessi di altri. Dobbiamo essere noi come cittadini e cittadine ad alzare la testa a resistere: il TAV lo possono fermare solo le comunità che si ribellano», hanno dichiarato i manifestanti. Una volta sgomberato il Ponte Alto, gli attivisti hanno raggiunto il presidio sottostante, continuando l’attività di protesta. Qui hanno spiegato l’iniziativa ai «cittadini e le cittadine che si sono dimostrati solidali, agitando le mani e suonano il clacson». La popolazione di Vicenza «sa che quest’opera sarà devastante e cambierà la fisionomia della città», hanno infine aggiunto i promotori.

Il Progetto Av/Ac Verona-Padova 2° lotto “Attraversamento di Vicenza” prevede il raddoppio dei binari sulla linea Milano-Venezia, inclusi i tratti che attraversano il centro abitato della cittadina veneta. Per la realizzazione del piano per l’alta velocità sono previste diverse demolizioni abitative, soprattutto nei quartieri di San Lazzaro, San Felice e Ferrovieri, tra i più popolosi di Vicenza. Interi condomini da abbattere, per un totale di circa 62.316 metri quadri di superficie, e decine di famiglie che dovranno abbandonare le proprie case dietro indennizzo. L’opera andrà a modificare 6,2 chilometri di tratto con annessi interventi all’intera viabilità nella parte ovest della città, fino alla stazione ferroviaria nel centro storico. Gli abitanti contrari al TAV hanno accusato l’amministrazione di non aver considerato, oltre all’opinione dei cittadini, l’impatto ambientale dell’opera e le ripercussioni su coloro che vivono nell’area interessata. In questo contesto s’inserisce la protesta degli attivisti che lo scorso ottobre hanno fatto irruzione, in modo del tutto pacifico, nella sede del comune vicentino. Un’azione che è costata 17 denunce per occupazione abusiva di edificio pubblico.

[di Salvatore Toscano]

Fonte: L’Indipendente Online

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

SIAMO LA RIVOLTA DELLA TERRA

https://contropiano.org/news/internazionale-news/2023/04/02/siamo-la-rivolta-della-terra-0158922

Cari amici,

Lo scorso fine settimana, 30.000 persone si sono riunite nella campagna francese per protestare contro una «megabassine» – un’enorme riserva idrica a cielo aperto utilizzata per sostenere l’agricoltura industriale e che si è rivelata un disastro per le falde acquifere e, più in generale, per l’ambiente. L’iniziativa faceva parte di una giornata di azione organizzata dal collettivo “Les Soulèvements de la Terre” (le rivolte della Terra).

Lo Stato ha schierato più di 3.200 agenti di polizia armati di armi da guerra. Più di 4.000 granate sono state lanciate contro i manifestanti, ferendone innumerevoli. Due persone sono ancora in coma e lottano per la loro vita.

Da allora, è stato provato che le forze di polizia hanno impedito attivamente ai soccorsi di venire in aiuto alle vittime. Il Ministro degli Interni ha avviato una procedura per sciogliere “Les Soulèvements de la Terre” come forma di repressione legale.

Il nostro messaggio è un appello alla solidarietà e ci auguriamo che lo sottoscrivate e lo condividiate ampiamente.

Riconosciamo che alcuni di voi vivono questo tipo di oppressione quotidianamente, sotto regimi che possono essere anche più brutali. Riconosciamo anche che questo tipo di armi e di artifici legali sono stati utilizzati in Francia soprattutto per colpire le persone di colore. Non fingiamo che ciò che stiamo affrontando sia unico: fa parte di un sistema più ampio di violenza, dominio, estrazione e razzismo contro cui siamo impegnati a lottare, oggi più che mai.

Con amore, rabbia e cuore pesante,

Siamo la Rivolta della Terra

Martedì 28 marzo, mentre le manifestazioni contro la riforma delle pensioni erano in pieno svolgimento in tutta la Francia, con gesti di solidarietà per i feriti della repressione a Sainte Soline, Darmanin ha annunciato l’avvio di una procedura per lo scioglimento de “Les Soulèvements de la Terre”. La procedura è stata avviata il 29 marzo.

L’annuncio è una risposta al diluvio di critiche sul modo deplorevole in cui la polizia ha agito in Francia nelle ultime settimane. La manifestazione di sabato 25 marzo a Sainte Soline contro le « megabassines » e l’accaparramento dell’acqua è stata solo l’apice di una macabra sequenza iniziata diverse settimane fa, per farci capire che non è più opportuno uscire di casa per dimostrare la propria opposizione alle politiche del governo.

Oggi piangiamo tutti i feriti del 25 marzo e vegliamo sui due manifestanti che sono in coma tra la vita e la morte. Pensiamo a tutti coloro che hanno dovuto affrontare un dispositivo militare progettato per terrorizzare, rischiando di uccidere. Un dispositivo di inaudita brutalità, che lo stesso giorno, ha persine ostacolato l’arrivo dei soccorsi, il tutto per proteggere un simbolo, quello della loro autorità, contro ogni ragione.

Mutilare e dissolvere. Lo scioglimento, questa nuova manovra del Ministro dell’Interno per cercare di far dimenticare la brutale repressione da lui orchestrata, è un po’ troppo rozza. Il progetto di scioglimento era infatti “trapelato” alla stampa da un articolo di Le Parisien del 20 dicembre 2022, il primo di una serie di articoli troppo sostenuti per essere azzardati, sul profilo degli attivisti ambientalisti radicali, su questi movimenti o questi territori che “si allontanano dalle regole della Repubblica”.

Quello che si capisce dagli interventi dei ministri di questo governo è che sembrano decisi, trascinati dalla loro stessa febbre, a tassare di “ultrasinistra” tutto ciò che li ostacola. Il termine, riciclato, copre ormai quasi perfettamente il termine “oppositore”, di ogni tipo.

In questo caso, il governo ha cercato di utilizzare una doppia strategia. Da un lato, castiga l’ecoterrorismo, i black bloc e gli attivisti ambientalisti radicali, accusati di parassitare i “legittimi movimenti per la salvaguardia del pianeta”, e dall’altro taglia fuori furbescamente tutte le associazioni di difesa dell’ambiente che lottano a piedi uniti per rallentare il corso del disastro ecologico.

Così, dopo la legge anti-separatismo, decine di associazioni sociali, ambientali e culturali sospettate di non aderire al “Patto repubblicano”, o semplicemente troppo critiche per i loro gusti, si sono viste rifiutare i finanziamenti, inquietare le prefetture, bandire dagli organi di consultazione e inserire in misteriose liste nere che circolano di dipartimento in dipartimento.

Non c’è nulla che ci sorprenda. Quello che ci stupisce è che pensino che questi vecchi trucchi siano sufficienti a fermare una rivolta fondamentale contro la continua distruzione della vita.

Le Rivolte per la Terra (Soulèvements de la Terre) sono una coalizione di forze in crescita: Con il passare dei mesi, un’intera costellazione di collettivi di abitanti in lotta, di associazioni per la difesa dell’ambiente, di fattorie, di gruppi naturalisti, di mense popolari, di sindacalisti contadini, di scienziati in rivolta, di sindacati, di gruppi autonomi, di movimenti di educazione popolare, di rappresentanti eletti, di persone di tutte le età e di tutti i ceti sociali, si stanno riunendo e organizzando sotto la bandiera delle Rivolte della Terra. E nulla può dissolvere tutto questo.

Anzi, oggi è proprio questo governo che la maggioranza degli abitanti del Paese vorrebbe vedere dissolto.

Quindi, per dare un po’ di sostanza alla loro inquisizione, noi che firmiamo questa tribuna e tutti coloro che non mancheranno di unirsi a noi, renderemo pubblica la nostra adesione alle Rivolte della Terra.

Saremo quindi presenti alle manifestazioni in solidarietà con i feriti di Sainte Soline e per la fine della violenza poliziesca, questo giovedì alle 19 davanti alle prefetture, oltre a partecipare ai comitati locali delle Rivolte per la Terra che oggi chiediamo vengano creati ovunque sul territorio e non solo.

Ci solleviamo tutti contro la visione del mondo e della vita che questo governo incarna, contro la distruzione degli ambienti naturali, la scomparsa delle terre coltivabili, l’accaparramento dell’acqua, l’aumento della durata del periodo contributivo, che è solo un paravento per l’ingiusta spartizione delle ricchezze, contro le mutilazioni, a volte mortali, che da troppo tempo stanno infliggendo ai nostri amici, ai nostri figli, ai nostri compagni.

Ci stiamo sollevando, ognuno dal proprio posto, ognuno a modo suo. Il movimento della Rivolta per la Terra non può essere dissolto perché è multiplo e vivo. Non si può dissolvere un movimento, non si può dissolvere una rivolta.

Chiediamo a tutti di unirsi a noi per rendere nullo questo tentativo di soffocamento. Noi siamo, tutti insieme, la Rivolta della Terra.

Fonte: Contropiano

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo movimento ambientalista Ultima Generazione e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

QUESTO E’ L’IMPATTO AMBIENTALE DELLE BICICLETTE

by Ismael Labrador

Immagine: Graziano de Maio – Unsplash.
https://tuvalum.it/blog/questo-e-limpatto-ambientale-delle-biciclette/

Uno degli aspetti più rilevanti del ciclismo è il suo impatto sull’ambiente. Le biciclette non emettono gas a effetto serra durante l’uso, il che le rende una soluzione di trasporto ideale per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle grandi città. Inoltre, non generano praticamente alcun inquinamento acustico e il loro impatto sull’usura della superficie su cui passano, sia questa l’asfalto di una strada o una strada forestale, è minimo.

Non c’è dubbio che nessun altro veicolo abbia una reputazione ambientale migliore della bicicletta. Tuttavia, non è vero che una bicicletta non produce emissioni inquinanti. Come per qualsiasi altro prodotto industriale, per conoscere la sua impronta di carbonio non è sufficiente guardare al suo utilizzo, ma bisogna prendere in considerazione il suo intero ciclo di vita, dall’estrazione dei materiali necessari per la sua costruzione al processo di produzione, alla distribuzione e alla gestione dei residui.

Ed è quello che abbiamo fatto a Tuvalum. Nell’ambito del nostro impegno a guidare l’industria della bicicletta nella sostenibilità, abbiamo misurato il ruolo che le biciclette possono svolgere nella lotta contro il cambiamento climatico. Per fare questo ci siamo basati su diversi studi e rapporti scientifici relativi alla mobilità, all’impatto dei diversi mezzi di trasporto più comunemente utilizzati e ai processi di produzione industriale. Abbiamo persino preso in considerazione il dispendio energetico del ciclista mentre pedala!

Una delle migliori decisioni che puoi prendere come iniziativa personale per combattere il cambiamento climatico è quella di prendere la bicicletta. Meglio ancora se si tratta di una bicicletta di seconda mano ricondizionata.

Vuoi sapere qual è la reale impronta di carbonio di una bicicletta?

Più la usi, meno inquini

Se analizziamo l’impatto ambientale della bicicletta come mezzo di trasporto, non c’è dubbio che sia la soluzione più efficiente e sostenibile per i brevi spostamenti urbani. Alcuni studi hanno calcolato che la sostituzione dell’automobile con la bicicletta per gli spostamenti urbani inferiori a 8 chilometri farebbe risparmiare più di 7 milioni di tonnellate di CO2 nell’atmosfera ogni anno.

L’impronta di carbonio di una bicicletta è di soli 21 grammi di CO2 per chilometro percorso. Non si tratta di una cifra esatta, poiché l’impatto ambientale di una city bike in alluminio entry-level non è lo stesso di una bici elettrica di fascia alta. L’estrazione e la lavorazione del litio per le batterie o il consumo di elettricità per ricaricarle hanno un impatto significativo sull’impronta di carbonio delle biciclette elettriche. Anche il materiale utilizzato per la fabbricazione dei telai e dei componenti è importante, così come la logistica dai centri di produzione al negozio dove si acquista la bicicletta. Si tenga presente che oltre il 90% delle biciclette vendute in tutto il mondo sono prodotte nel Sud-Est asiatico.

Ma tenendo conto di tutti questi fattori e di altri che sono stati analizzati da vari studi scientifici, possiamo concludere che in media una bicicletta genera 21 grammi di CO2 nell’atmosfera per ogni chilometro percorso – e per CO2 non intendiamo solo l’anidride carbonica, ma anche altri gas inquinanti come l’NO2, che costituiscono la cosiddetta “impronta di carbonio”.

Nessun altro mezzo di trasporto privato ha un impatto minore sulle emissioni. Una curiosa conclusione raggiunta da una ricerca del Massachusetts Technical Institute nel 2010 è che l’impronta ambientale di un ciclista che pedala è uguale a quella di un pedone che cammina.

Medio de transporteHuella de carbono
Bicicletta21 grammi di CO2 per chilometro percorso
Autobus101 grammi di CO2 per chilometro percorso
Treno202 grammi di CO2 per chilometro percorso
Auto271 grammi di CO2 per chilometro percorso
Aereo (Boeing 737)337 grammi di CO2 per chilometro percorso
Furgone996 grammi di CO2 per chilometro percorso

Il calcolo della CO2 tiene conto anche delle infrastrutture necessarie (strade, ferrovie, aeroporti, ecc.), della manutenzione del veicolo e della produzione del carburante necessario al suo utilizzo.

Un altro dettaglio da non trascurare è il fatto che pedalando una bicicletta non si emette anidride carbonica, mentre un’automobile emette una grande quantità di gas serra. Ciò significa che più si usa la bicicletta, meno si inquina perché si compensano i rifiuti emessi nell’atmosfera durante il processo di produzione.

Quanto inquina una bicicletta in carbonio?

Immagine: Boggy.

Passiamo ora ad analizzare il costo ambientale della produzione di una bicicletta. Ci sono diversi fattori da considerare in questo caso:

  • L’estrazione di materie prime (alluminio, acciaio, ecc.).
  • La trasformazione di queste materie prime.
  • La produzione e la fabbricazione del telaio.
  • La produzione e la fabbricazione dei componenti.
  • L’assemblaggio.
  • Logistica da ogni centro di estrazione, produzione e distribuzione al cliente finale.

La produzione di una bicicletta di una gamma accessibile per uso urbano, con un telaio in acciaio e un peso compreso tra 17 e 20 chili, genera 96 chilogrammi di CO2 in termini di impronta ambientale. Ogni chilo di acciaio prodotto nell’industria ha un impatto di 1,9 chili di CO2. Nel caso dell’alluminio, il materiale più utilizzato nell’industria della bicicletta, questa cifra sale a 18 chili di CO2 per chilo di materia prima. Si stima che l’estrazione dell’alluminio sia responsabile dell’1% delle emissioni globali di gas serra.

Riciclare un telaio in carbonio richiede una spesa e un consumo energetico maggiore rispetto rispetto alla produzione di un nuovo telaio.

Più problematiche dal punto di vista dell’impatto ambientale sono le biciclette in carbonio. Le fibre di carbonio sono un materiale sintetico ricavato dal petrolio. Il processo di produzione comporta grandi quantità di energia, acqua e l’uso di resine tossiche che generano un volume molto elevato di rifiuti. Tra il 20% e il 30% delle fibre di carbonio diventa inutilizzabile durante il processo di produzione.

La produzione di un telaio in carbonio genera una quantità di CO2 tre volte superiore a quella di un telaio in alluminio. Un’altra differenza degna di nota è che l’alluminio può essere riciclato per essere utilizzato nella fabbricazione di nuovi prodotti e persino per realizzare dei nuovi telai! Ma il carbonio è un materiale molto difficile da riciclare e i telai finiscono spesso nelle discariche o sul fondo di fiumi e mari. Riciclare un telaio in carbonio richiede più denaro ed energia che produrne uno nuovo.

Il problema ambientale delle biciclette elettriche

Le biciclette elettriche sono diventate una rivoluzione, non solo nel settore del ciclismo sportivo, ma anche in quello dei trasporti. Si stima che entro il 2030 il mercato delle biciclette elettriche raggiungerà gli 89 miliardi di dollari. Sono davvero un’alternativa più sostenibile rispetto alle auto e alle moto per gli spostamenti urbani. Inoltre offrono anche nuove opportunità sportive quando si tratta di mountain bike elettriche. Tuttavia, comportano un problema ambientale.

L’impronta di carbonio di una bicicletta elettrica non è inferiore a 300 chilogrammi di CO2, che salgono a oltre 400 chilogrammi per quelle con motori più potenti, una maggiore durata della batteria e un livello superiore di equipaggiamento. Ricordi quando abbiamo parlato dell’impatto ambientale della produzione di una bicicletta in carbonio? Aggiungi un motore elettrico e una batteria agli ioni di litio.

La maggior parte dell’impronta di carbonio di una e-bike deriva dall’estrazione e dalla lavorazione dei metalli pesanti e degli elementi necessari per la produzione delle batterie e dei componenti elettrici. Le batterie al litio contengono materiali tossici come rame, nichel o piombo e hanno una durata di vita relativamente breve (3-6 anni). Non possono essere smaltiti in discarica e richiedono un trattamento complesso per evitare che si decompongano una volta che hanno smesso di funzionare. La contaminazione di queste batterie può durare più di 400 anni.

Per questo motivo, il riciclaggio delle batterie delle biciclette elettriche è una delle principali sfide che l’industria ciclistica dovrà affrontare in questo decennio per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.

Biciclette ricondizionate, l’opzione più sostenibile

Immagine: Shutterstock.

Rispetto a qualsiasi altro veicolo e mezzo di trasporto, la bicicletta è l’opzione più sostenibile. A questo pregio va aggiunto il suo contributo in termini di salute.

Se consideriamo il ciclismo come un’abitudine sportiva, il suo impatto è altrettanto notevole. Il ciclismo ci aiuta a mantenerci in forma, attiva il corpo attraverso l’esercizio cardiovascolare e muscolare senza impattare sulle articolazioni e introduce ad abitudini di vita sane. A lungo termine e a livello generale, ciò contribuisce a un risparmio di centinaia di milioni di euro sui costi della sanità. L’uso della bicicletta riduce il tasso di disturbi cardiovascolari e di malattie legate allo stile di vita sedentario, molto diffuso nelle aree urbane.

Inoltre, l’impatto ambientale del ciclismo sportivo è molto basso, in quanto non è necessario costruire infrastrutture che degradano l’ambiente. Il ciclismo su strada utilizza strade già costruite e ammortizzate dalle automobili. E la mountain bike si svolge su piste e sentieri per il bestiame, con un impatto minimo in termini di rumore o di degrado ambientale.

A questo punto abbiamo studi ed evidenze empiriche che mettono poco in discussione i benefici della promozione dell’uso della bicicletta come mezzo di trasporto, come mezzo sportivo e, in combinazione con entrambi, come elemento fondamentale per la decarbonizzazione e la lotta al cambiamento climatico.

Grazie al nostro modello di economia circolare, Tuvalum ha contribuito a risparmiare l’emissione di oltre 3.500 tonnellate di CO2 nell’atmosfera.

Qualsiasi strategia che promuova la bicicletta come mezzo per ridurre il cambiamento climatico deve includere l’economia circolare. Se hai deciso di parcheggiare l’auto e di salire in sella alla tua bici, o se stai pensando di sostituire la palestra con uscite in mountain bike insieme ai tuoi amici, l’acquisto di una bici di seconda mano è l’opzione più sostenibile. La bicicletta con il minor impatto ambientale è quella che è già stata prodotta.

Questa alternativa è particolarmente sensibile nel campo del ciclismo sportivo, dove i marchi scelgono sempre più spesso il carbonio come materiale per costruire i telai delle loro biciclette. La fibra di carbonio è un materiale che ha un processo di riciclaggio molto complesso e costoso. Come abbiamo visto, il riciclaggio di un telaio in carbonio è costoso e consuma molte risorse energetiche.

Acquistare una nuova bicicletta in carbonio ogni due anni non sembra un’opzione molto sostenibile in termini ambientali. Da qui la necessità di generare un ciclo di economia circolare, in modo che la bicicletta non più utilizzata non finisca in discarica o parcheggiata in un deposito.

Una delle migliori decisioni che potete prendere come iniziativa personale per combattere il cambiamento climatico è quella di prendere la bicicletta. Meglio ancora se si tratta di una bicicletta ricondizionata, in quanto si evita l’impatto dei rifiuti che comporta la produzione di una nuova bicicletta. Questo è ciò che facciamo in Tuvalum e uno dei motivi per cui ci impegniamo nel nostro modello di economia circolare, ricondizionando e dando alle biciclette una vita più lunga e di qualità. Considerando l’impronta di carbonio di una nuova bicicletta, Tuvalum ha contribuito a risparmiare l’emissione di oltre 3.500 tonnellate di CO2 nell’atmosfera.

Fonti e studi utilizzati per questo rapporto:

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Fonte: Tuvalum

Dott. Alessio Brancaccio, Università degli Studi di L’Aquila