Climatology

LA PIU’ GRANDE SICCITA’ DELLA STORIA METTE IN GINOCCHIO LA CATALOGNA IN SPAGNA: SE CONTINUA COSI’, DA FEBBRAIO RESTRIZIONI ANCHE A BARCELLONA CHE SI PREPARA A RAZIONARE L’ACQUA

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di Andrea Cegna 20 Gennaio 2024

La scommessa, e la speranza, della politica catalana oggi si chiama pioggia. La scarsità di precipitazioni negli ultimi mesi sta facendo scendere le riserve idriche della regione sotto il livello di guardia del 16%. Il rischio concreto è che sarà necessario proclamare l’emergenza idrica e così il taglio nel consumo di acqua in tutta la regione, Barcellona compresa. Si tratta della più importante siccità della storia della Catalogna, qualcosa che supera la grande crisi idrica del 2008. La Generalitat si prepara all’eventualità che, anche a causa delle previsioni dei prossimi giorni, lo stato d’emergenza debba scattare a partire dal 1 febbraio. Le misure che si stanno preparando vanno dal divieto di riempire le piscine, sia nelle strutture turistiche che nelle abitazioni private, fino all’impossibilità di aprire nuovi allevamenti animali, così come ampliare o iniziare nuove attività agricole. Una misura choc che non può che interessare anche le due principali attività di consumo d’acqua nella regione: il turismo e l’allevamento. Misure urgenti che guardano all’emergenza ma non alla complessità della questione e che sono figlie dell’assenza di politiche pubbliche capaci di tenere conto delle trasformazioni climatiche.

Ad annunciare le misure studiate dalla Generalitat è stato il consigliere di Esquerra Republicana e membro del tavolo di lavoro Azione per il Clima, David Mascort. Il Piano contro la siccità prevede la riduzione dell’80% dell’irrigazione agricola, e del 25% del consumo di acqua da parte degli stabilimenti industriali. Il consumo può essere integrato con l’uso di acqua rigenerata proveniente da impianti di trattamento delle acque reflue, a spese dell’utenza, purché vi sia disponibilità di flussi. Aura Vidal di Enginyeria Sense Fronteres i Aigua és Vida dice: “Non solo siamo in una situazione di siccità meteorologica, ma stiamo vivendo una situazione di scarsità idrica dove il consumo di acqua è maggiore dell’acqua disponibile. Questo perché c’è una scarsa pianificazione delle riserve idriche e della loro conservazione. Per avere una buona gestione dell’acqua è necessario determinare la quantità di acqua necessaria per il sostentamento della popolazione e dei flussi ecologici che sostengono la vita”. Mentre per Enric Bárcena, deputato regionale di En Comù-Podem, “nell’attuale situazione di emergenza è necessario imporre restrizioni alla popolazione e ai diversi settori economici. Controlleremo l’equità nell’imposizione delle restrizioni così come il loro impatto economico. Deve esserci parità nelle restrizioni per i diversi settori e soprattutto ridurre il consumo di acqua utilizzata nel settore turistico”. Il deputato ricorda che “un turista consuma in media 5 volte l’acqua di un residente”. Anche perché chi vive in città da anni ha imparato a usarla in maniera sapiente.

Dopo la grande crisi del 2008 c’è stato un grosso lavoro di sensibilizzazione e così i residenti sanno che l’acqua non va sprecata e soprattutto che non è infinita. Marina, 69enne, passeggia per il mercato di Santantoni e racconta alla nipote di come il problema di questa crisi idrica stia nelle assenze della politica. Dice chiaramente: “Nel 2008 avevano previsto lavori e iniziative per salvaguardare l’acqua ma non le hanno mai fatte”. Luis e Carlos, incontrati in un bar del Raval, dicono che in Catalogna tutti sanno che l’acqua non va sprecata e che sono soprattutto le attività economiche a consumarla. Antonio dice che a casa sua si fa la doccia una volta alla settimana e massimo per cinque minuti. Maite invece punta il dito contro il cambiamento climatico e si dice “preoccupata perché il clima impazzito potrebbe generare una nuova normalità. Basta guardare il livello dei fiumi, scende visibilmente di anno in anno”.

Come detto, è proprio il turismo a consumare il maggior numero di litri d’acqua, tanto che Enric Bárcena ricorda che “diventa fondamentale, nelle località in cui la popolazione si moltiplica in estate a causa del turismo, ridurre il consumo di acqua per tali attività. È necessario che i turisti e le turiste che vengono in Catalogna prendano coscienza della situazione e contribuiscano a un uso responsabile dell’acqua durante la loro visita”. Aura Vidal insiste: “La crisi idrica evidenzia la necessità di comprendere che l’economia, la politica e la vita in generale sono soggette a limiti planetari. Qualsiasi modello che superi la disponibilità delle risorse compromette i diritti umani, sociali e ambientali. Un chiaro esempio di questo squilibrio è il modello economico della Catalogna, basato sull’esportazione di prodotti agroindustriali e sul turismo di massa. Solo nel 2023, la Catalogna ha accolto 15 milioni di turisti, di cui 10 milioni sono arrivati ​​nella sola città di Barcellona”. L’attivista ambientalista ricorda che “le nostre lotte vanno oltre il garantire la disponibilità di acqua e affrontare la siccità, implicano una revisione e un cambiamento di modello basato su ‘l’acqua bene comune’, così come nella riduzione e nel contenimento della domanda d’acqua e il ritorno alla gestione pubblica, democratica e con una partecipazione diretta della cittadinanza dell’acqua”.

La dottoressa Francesca Greco, esperta di politiche idriche internazionali e ricercatrice Marie Curie presso l’Università di Bergamo e Visiting Research Fellow presso King’s College di Londra, ricorda: “Il grande dilemma oggi presente in Catalogna è il classico conflitto intersettoriale dell’acqua. In tutto il mondo c’è una contesa tra il settore agricolo, industriale e domestico. In questa regione ci sono più maiali che persone e ciò ha una pesante ricaduta sull’inquinamento delle falde. Poi c’è l’industria del turismo, con i suoi sottosettori, che determina un consumo massiccio d’acqua soprattutto per quel che riguarda l’uso delle piscine. La scarsità è quindi mediata, non è un dato universale e solo legato alla scarsità di acqua dal punto di vista meteorologico, ma è una questione prioritariamente di gestione delle risorse. La scelta di razionalizzare l’acqua a uso domestico responsabilizza quindi i cittadini e le cittadine che però non sono i responsabili primari e così pagano le scelte politiche nel tutelare l’industria del turismo e del settore agricolo”. “Dobbiamo infine considerare che – chiude Enric Bárcena – di fronte ai cambiamenti climatici e l’aggravarsi degli episodi di siccità dobbiamo fare i conti con i limiti di disponibilità di una risorsa sempre più scarsa come l’acqua e quindi alla necessità di trovare forme idriche di massima efficienza. Si deve decidere come Paese quali sono le priorità decidendo dove destinare principalmente a loro l’acqua che avremo”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

English translate

The bet, and the hope, of Catalan politics today is called rain. The lack of rainfall in recent months is causing the region’s water reserves to fall below the warning level of 16%. The concrete risk is that it will be necessary to proclaim a water emergency and thus a cut in water consumption throughout the region, Barcelona including. This is the most important drought in the history of Catalonia, something that surpasses the great water crisis of 2008. The Generalitat is preparing for the eventuality that, also due to the forecasts for the next few days, the state of emergency must trigger from 1 February. The measures that are being prepared range from a ban on filling swimming pools, both in tourist facilities and in private homes, to the impossibility of opening new animal farms, as well as expanding or starting new agricultural activities. A shock measure that can only affect the two main water consumption activities in the region: tourism and livestock farming. Urgent measures that look at the emergency but not at the complexity of the issue and which are the result of the absence of public policies capable of taking into account climate transformations.

The measures studied by the Generalitat were announced by the councilor of Esquerra Republicana and member of the Climate Action working table, David Mascort. The plan against drought provides for the reduction of agricultural irrigation by 80%, and of water consumption by industrial plants by 25%. Consumption can be integrated with the use of regenerated water coming from wastewater treatment plants, at the expense of the user, as long as there is availability of flows. Aura Vidal of Enginyeria Sense Fronteres i Aigua és Vida says: “Not only are we in a meteorological drought situation, but we are experiencing a water scarcity situation where water consumption is greater than available water. This is because there is poor planning of water reserves and their conservation. To have good water management it is necessary to determine the quantity of water necessary for the sustenance of the population and the ecological flows that sustain life”. While for Enric Bárcena, regional deputy of En Comù-Podem, “in the current emergency situation it is necessary to impose restrictions on the population and the various economic sectors. We will monitor the fairness in the imposition of restrictions as well as their economic impact. There must be equality in the restrictions for the different sectors and above all reduce the consumption of water used in the tourism sector”. The deputy recalls that “a tourist consumes on average 5 times the water of a resident”. Also because those who have lived in the city for years have learned to use it wisely.

After the great crisis of 2008 there was a huge awareness-raising effort and so residents know that water should not be wasted and above all that it is not infinite. Marina, 69 years old, walks through the Santantoni market and tells her granddaughter how the problem of this water crisis lies in the absences of politics. He clearly says: “In 2008 they planned works and initiatives to safeguard water but they never carried them out.” Luis and Carlos, who met in a bar in the Raval, say that in Catalonia everyone knows that water should not be wasted and that it is above all the economic activities that consume it. Antonio says that at his house he showers once a week and for a maximum of five minutes. Maite instead points the finger at climate change and says she is “worried because the crazed climate could generate a new normality. Just look at the river levels, they drop visibly from year to year.”

As mentioned, it is precisely tourism that consumes the greatest number of liters of water, so much so that Enric Bárcena recalls that “it becomes fundamental, in places where the population multiplies in summer due to tourism, to reduce water consumption for these activity. It is necessary for tourists who come to Catalonia to become aware of the situation and contribute to responsible use of water during their visit.” Aura Vidal insists: “The water crisis highlights the need to understand that economics, politics and life in general are subject to planetary limits. Any model that exceeds resource availability compromises human, social and environmental rights. A clear example of this imbalance is the economic model of Catalonia, based on the export of agro-industrial products and mass tourism. In 2023 alone, Catalonia welcomed 15 million tourists, of which 10 million arrived in the city of Barcelona alone.” The environmental activist recalls that “our struggles go beyond guaranteeing the availability of water and addressing drought, they imply a review and change of model based on ‘water as a common good’, as well as in reducing and containing demand of water and the return to public, democratic management of water with direct participation of citizens”.

Dr. Francesca Greco, expert in international water policies and Marie Curie researcher at the University of Bergamo and Visiting Research Fellow at King’s College London, recalls: “The great dilemma present in Catalonia today is the classic inter-sectoral water conflict. All over the world there is a dispute between the agricultural, industrial and domestic sectors. In this region there are more pigs than people and this has a heavy impact on groundwater pollution. Then there is the tourism industry, with its subsectors, which determines massive water consumption especially when it comes to the use of swimming pools. The scarcity is therefore mediated, it is not a universal fact and only linked to the scarcity of water from a meteorological point of view, but is primarily a question of resource management. The choice to rationalize water for domestic use therefore places responsibility on citizens who, however, are not the primary ones responsible and thus pay for the political choices in protecting the tourism industry and the agricultural sector”. “Finally, we must consider that – concludes Enric Bárcena – in the face of climate change and the worsening of drought episodes we must deal with the limits of availability of an increasingly scarce resource such as water and therefore the need to find forms of water of maximum efficiency. We must decide as a country what the priorities are by deciding where to mainly allocate the water we will have to them.”

Source: Il Fatto Quotidiano

La diga in Catalogna al 4,25 per cento della capacità

Siccità in Spagna, nel bacino di Sau non c’è più acqua: le drammatiche immagini dal drone

Le rovine del vecchio paese affiorano in superficie. Dichiarata l’emergenza idrica a Barcellona

01/02/2024

Sono immagini drammatiche quelle girate con un drone mercoledì 31 gennaio sopra il bacino di Sau, la riserva idrica a circa 90 chilometri a nord di Barcellona che è ormai ridotta ai minimi termini.

Martedì, la diga era al 4,25 per cento della capacità, rispetto al 63,39 per cento della stessa settimana di 10 anni fa. 

La penuria d’acqua ha fatto riemergere le rovine della chiesa e degli edifici di Sant Romà de Sau.

La Catalogna ha dichiarato lo stato di emergenza in una vasta zona che include Barcellona e la sua area metropolitana e il sud della provincia di Girona.

Si tratta di un’area con 202 comuni e 5,9 milioni di residenti. Lo stato di emergenza comporterà l’introduzione di severe restrizioni idriche.

La decisione è stata annunciata dal governatore catalano Pere Aragonès ed è dovuta al calo complessivo delle riserve del sistema Ter-Llobregat, che si trova al di sotto del 16 per cento della capacità

Le misure entreranno in vigore da venerdì 2 febbraio e comporteranno un consumo massimo di 200 litri per abitante al giorno. Riguarderanno famiglie, agricoltura, industria e attività ricreative e comporteranno il divieto di lavare le auto e riempire le piscine vuote.

“Questa è la peggiore siccità mai registrata”, ha detto Aragonès in conferenza stampa, sottolineando che mai se n’è avuta in Catalogna una “tanto lunga e di tale intensità”. 

“La crisi climatica ci sta mettendo alla prova come è successo durante la pandemia”, ha concluso.

Uno studio del 2022 ha dimostrato che la penisola iberica non è mai stata così arida negli ultimi 1.200 anni.

Una situazione limite che sta costringendo i funzionari catalani a prendere in considerazione la possibilità di portare l’acqua a Barcellona via nave, una misura adottata nel 2008 quando i livelli dei bacini idrici erano vicini al 20% e gli impianti di desalinizzazione erano meno attivi.

Il governo locale vuole che i residenti riducano il consumo di acqua del 5% e gli agricoltori fino all’80%.

Fonte: Rainews

English translate

The dam in Catalonia at 4.25 percent of capacity

Drought in Spain, there is no more water in the Sau basin: the dramatic images from the drone

The ruins of the old town rise to the surface. Water emergency declared in Barcelona

01/02/2024

The images shot with a drone on Wednesday 31 January above the Sau basin, the water reserve about 90 kilometers north of Barcelona which is now reduced to a minimum, are dramatic images.

On Tuesday, the dam was at 4.25 percent capacity, compared to 63.39 percent the same week 10 years ago.

The water shortage has caused the ruins of the church and buildings of Sant Romà de Sau to resurface.

Catalonia has declared a state of emergency in a large area that includes Barcelona and its metropolitan area and the south of the province of Girona.

It is an area with 202 municipalities and 5.9 million residents. The state of emergency will lead to the introduction of severe water restrictions.

The decision was announced by the Catalan governor Pere Aragonès and is due to the overall decline in reserves of the Ter-Llobregat system, which is below 16 percent of capacity

The measures will come into force from Friday 2 February and will result in a maximum consumption of 200 liters per inhabitant per day. They will affect families, agriculture, industry and leisure activities and will involve a ban on washing cars and filling empty swimming pools.

“This is the worst drought ever recorded,” Aragonès said at a press conference, underlining that there has never been one “so long and of such intensity” in Catalonia.

“The climate crisis is testing us as happened during the pandemic,” he concluded.

A 2022 study showed that the Iberian Peninsula has never been so dry in the last 1,200 years.

An extreme situation that is forcing Catalan officials to consider the possibility of bringing water to Barcelona by ship, a measure adopted in 2008 when reservoir levels were close to 20% and desalination plants were less active.

The local government wants residents to reduce water consumption by 5% and farmers by up to 80%.

Source: Rai news

La Catalogna sta sperimentando modi per convivere con la siccità

21 MARZO 2024 – 19:00

Giovedì 1 febbraio, la Catalogna ha lanciato l’emergenza siccità, dopo aver vissuto il secondo mese dell’anno più caldo mai registrato nell’area con soglie al di sopra di 0,8 gradi centigradi rispetto alla media di temperatura rilevata dal 1991 al 2020. La decisione è arrivata dall’amministrazione dopo aver constatato una riduzione delle riserve dei bacini idrici al di sotto della soglia del 16% indicata nel Piano Siccità, e ha portato all’applicazione di numerose misure per far fronte alla crisi idrica che sta investendo la regione, e coinvolgendo circa 6 milioni di persone. Tra le misure prese si annoverano la limitazione del consumo di acqua per l’agricoltura, l’industria e l’uso privato nell’ottica di una “crescente pressione per accelerare gli sforzi di adattamento”. Il centro di studi Copernicus sta monitorando la situazione, e ha presentato uno studio per analizzare come la Catalogna si stia adattando alla situazione emergenziale.

Lo studio condotto da Copernicus e pubblicato in collaborazione con la testata Euronews analizza gli sforzi di adattamento della Catalogna alla emergenza idrica derivante dalla siccità, che per quanto sia un fenomeno di una straordinarietà ordinaria, rileva dati senza precedenti storici. Se infatti da un lato è vero che non è la prima volta che la Catalogna si trova in condizioni di difficoltà nella gestione della siccità e delle risorse idriche, dall’altro non si può evitare di notare come i numeri relativi, per fare un esempio, alle temperature siano ben al di sopra della normale registrazione fuori parametro. La scarsità delle risorse idriche è infatti rasente i minimi storici. Come riporta la stessa Euronews, il bacino di Sau, uno dei principali della regione, risulta praticamente svuotato dalle sue acque artificiali, mentre nell’entroterra della regione le famose cascate un tempo attrazione turistica sono oggi prosciugate.

Le prime misure adottate hanno visto una riduzione del limite giornaliero di consumo di acqua a 200 litri per persona al giorno, con la raccomandazione, ove possibile, di non andare oltre i 90. Questo limite include i litri di acqua consumata da ciascuna persona per sé stessa e per il proprio ambiente domestico, ma anche quelli consumati dalle imprese, dalle attività di natura industriale, negli uffici e nelle municipalità. Tali restrizioni si applicano anche ai turisti e arrivano a proibire la dispersione di acqua per determinate attività: è infatti vietato irrigare i giardini, l’erba dei campi sportivi (fatto salvo il caso in cui le strutture compensino l’utilizzo di tale acqua, per esempio chiudendo le docce), riempire le piscine e lavare privatamente la propria automobile.

Parallelamente alle restrizioni pubbliche, vi sono anche le iniziative private, tutte incentrate sul riciclo dell’acqua. A farlo è per esempio una struttura alberghiera che ormai da 25 anni riutilizza l’acqua di docce e lavandini nei servizi igienici, arrivando a risparmiare tonnellate di acqua. Lo stesso hotel sta collaborando con un team di scienziati per provare a vedere se è possibile depurare le acque grigie abbastanza da riutilizzarle anche per l’irrigazione e la coltivazione degli ortaggi. Un’altra azienda, invece, riutilizza le acque grigie nelle attività di pulizia. A frenare questo genere di iniziative, paradossalmente, pare essere proprio la legislazione spagnola per cui al momento si è autorizzati a utilizzare solo il 10% dell’acqua trattata.

La Catalogna è una regione che ha già dovuto far fronte al problema della siccità e della scarsità delle risorse idriche, tanto che tutt’oggi sono presenti e in funzione numerose installazioni costruite in risposta al lungo periodo senza piogge che ha investito la regione verso la fine degli anni 2000. Tra questi, figura l’impianto di desalinizzazione di El Prat de Llobregat, che tutt’ora è in attività 24 ore su 24 utilizzando energia rinnovabile. L’impianto soddisfa il 25% della richiesta di acqua della regione, tuttavia il suo utilizzo, che consiste nel prelievo delle acque del Mediterraneo a circa 2km dalla costa per trasformarla in acqua potabile, è caratterizzato da un altissimo dispendio di energia e da un altrettanto elevato costo. A usare meno energia e a risultare più sostenibile anche dal punto di vista dei costi è invece la struttura di rigenerazione dell’acqua che come El Prat funziona tutt’ora a pieno regime. Essa è costituita da un impianto di depurazione che tratta le acque già utilizzate, per poi fornirle a un secondo macchinario che le processa attraverso ulteriori sistemi di filtraggio, “trattando 180.000 m3 di acqua al giorno e soddisfacendo un altro 25% della domanda”. L’acqua, poi, viene trasportata circa 16 chilometri a monte per essere reintrodotta nel fiume Llobregat e mescolarsi con l’acqua naturale. Solo a quel punto, essa viene riestratta, filtrata e immessa nel sistema, dando vita a un ciclo artificiale dell’acqua.

Il sistema di funzionamento dell’impianto di rigenerazione dell’acqua segue la normativa europea e dà luogo a vantaggi anche dal punto di vista ambientale perché sostiene gli ecosistemi naturali e tiene viva la presenza di acqua sul territorio naturale. Nonostante ciò, la Catalogna sta ancora soffrendo le condizioni della siccità, che negli ultimi anni ha colpito numerosi Paesi, Italia compresa, e non è ancora chiaro quando i limiti imposti verranno definitivamente tolti. Come ritengono numerosi scienziati intervistati da Euronews, tuttavia, le iniziative di riciclo dei privati catalani e gli impianti tecnologici della regione non vogliono servire solo a far fronte alle crisi idriche, ma intendono costituire un primo passo per ripensare il rapporto dell’uomo con l’ambiente e con la gestione e l’amministrazione delle risorse.

[di Dario Lucisano]

English translate

On Thursday 1 February, Catalonia launched the drought emergency, after experiencing the second month of the hottest year ever recorded in the area with thresholds above 0.8 degrees centigrade compared to the average temperature recorded from 1991 to 2020 The decision came from the administration after having noted a reduction in water basin reserves below the 16% threshold indicated in the Drought Plan, and led to the application of numerous measures to deal with the water crisis that is affecting the region, and involving around 6 million people. The measures taken include limiting water consumption for agriculture, industry and private use with a view to “growing pressure to accelerate adaptation efforts”. The Copernicus study center is monitoring the situation, and has presented a study to analyze how Catalonia is adapting to the emergency situation.

The study conducted by Copernicus and published in collaboration with the newspaper Euronews analyzes Catalonia’s efforts to adapt to the water emergency resulting from the drought, which although an extraordinary phenomenon, reveals data without historical precedents. In fact, if on the one hand it is true that it is not the first time that Catalonia has found itself in difficult conditions in managing drought and water resources, on the other hand one cannot avoid noticing how the relative numbers, for example, at temperatures are well above normal off-parameter recording. The scarcity of water resources is in fact bordering on historic lows. As Euronews itself reports, the Sau basin, one of the main ones in the region, is practically emptied of its artificial waters, while in the hinterland of the region the famous waterfalls, once a tourist attraction, are now dried up.

The first measures adopted saw a reduction in the daily water consumption limit to 200 liters per person per day, with the recommendation, where possible, not to go beyond 90. This limit includes the liters of water consumed by each person for themselves itself and for one’s domestic environment, but also those consumed by businesses, industrial activities, offices and municipalities. These restrictions also apply to tourists and go so far as to prohibit the dispersion of water for certain activities: it is in fact forbidden to irrigate the gardens, the grass of the sports fields (except in the case in which the structures compensate the use of this water, for example by closing showers), filling swimming pools and washing your car privately.

In parallel with public restrictions, there are also private initiatives, all focused on water recycling. For example, this is done by a hotel facility that has been reusing water from showers and sinks in the toilets for 25 years now, saving tons of water. The hotel itself is collaborating with a team of scientists to try to see if it is possible to purify the gray water enough to reuse it for irrigation and the growing of vegetables. Another company, however, reuses gray water in cleaning activities. Paradoxically, it seems to be the Spanish legislation that is holding back this type of initiative, according to which at the moment only 10% of the treated water is authorized to be used.

Catalonia is a region that has already had to face the problem of drought and scarcity of water resources, so much so that numerous installations built in response to the long period without rain that hit the region towards the end are still present and in operation today. of the 2000s. Among these, there is the El Prat de Llobregat desalination plant, which is still in operation 24 hours a day using renewable energy. The plant satisfies 25% of the region’s water demand, however its use, which consists of withdrawing Mediterranean waters about 2km from the coast to transform it into drinking water, is characterized by a very high expenditure of energy and an equally high cost. What uses less energy and is more sustainable also from a cost point of view is the water regeneration structure which, like El Prat, is still working at full capacity. It consists of a purification plant that treats the water already used, and then supplies it to a second machine that processes it through further filtering systems, “treating 180,000 m3 of water per day and satisfying another 25% of demand”. The water is then transported approximately 16 kilometres upstream to be reintroduced into the Llobregat river and mix with natural water. Only at that point is it re-extracted, filtered and introduced into the system, creating an artificial water cycle.

The operating system of the water regeneration plant follows European legislation and also gives rise to advantages from an environmental point of view because it supports natural ecosystems and keeps the presence of water alive in the natural territory. Despite this, Catalonia is still suffering from drought conditions, which have affected numerous countries in recent years, including Italy, and it is not yet clear when the imposed limits will be definitively lifted. As numerous scientists interviewed by Euronews believe, however, the recycling initiatives of Catalan private individuals and the technological systems of the region are not intended only to serve to deal with water crises, but intend to constitute a first step towards rethinking man’s relationship with environment and with the management and administration of resources.

Source: L’Indipendente

https://www.lindipendente.online/2024/03/21/la-catalogna-sta-sperimentando-modi-per-convivere-con-la-siccita/

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

LA CORRENTE DEL GOLFO STA RALLENTANDO E POTREBBE COLLASSARE GIA’ NEL 2025

Questo secondo un recente studio, anche se diversi scienziati non concordano del tutto con questa previsione. Certo è che la sua intensità sta diminuendo nel corso degli anni

L’Europa vista dal satellite MATTHIAS KULKA/GETTY IMAGES
https://www.wired.it/article/corrente-del-golfo-rallentamento-collasso-previsioni-studio/

Il costante aumento delle temperature globali sta causando una riduzione nell’intensità della corrente del Golfo, il cui completo arresto avrebbe enormi conseguenze sul clima del Pianeta. I risultati di uno studio appena pubblicato su Nature Communications indicano che questo potrebbe accadere addirittura nel corso di questo secolo, anche se non tutta la comunità scientifica concorda con questa previsione. Una cosa è certa: è necessario, anzi, urgente, ridurre le emissioni di CO2 per tentare di invertire la rotta nell’innalzamento delle temperature globali.

Il “motore” della corrente del Golfo

Gli oceani e le correnti al loro interno giocano un ruolo fondamentale nel mantenere una certa stabilità climatica: la corrente del Golfo, ad esempio, consente la redistribuzione di calore dalle zone tropicali verso i poli. Infatti, spiega la Nasa, questa corrente si sposta lungo la costa orientale del Nord America, rilasciando lungo il suo viaggio parte del calore accumulato ai tropici. Infatti, al suo arresto conseguirebbe, fra le altre cose, una drastica riduzione delle temperature in Europa. Ma qual è il “motore” di questa corrente? In sostanza, la sua esistenza dipende da due fattori: la temperatura e il grado di salinità dell’acqua. L’acqua fredda e salata è più densa di quella calda e contenente una minore quantità di sale disciolto al suo interno. Questo fa sì che in alcune zone dell’oceano si creino le condizioni giuste affinché l’acqua superficiale, una volta che ha rilasciato nell’aria una quantità sufficiente di calore ed è quindi diventata meno densa, si insinui nelle profondità “lasciando spazio” alla corrente calda del Golfo, che prenderà il suo posto. Questo fenomeno fisico garantisce il ciclico movimento delle acque che, come dicevamo, contribuisce a mantenere il clima che conosciamo nelle varie zone del Pianeta.

Oceani e cambiamento climatico

Il cambiamento climatico dovuto alle emissioni di CO2 incide in due modi (collegati fra loro) su questo fenomeno: in primis, sia la temperatura dell’aria che quella dell’oceano stanno globalmente aumentando, riducendo la capacità delle correnti (troppo calde e quindi poco dense) di inabissarsi in profondità. L’aumento delle temperature globali causa contemporaneamente lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia: questo fa sì che una grande quantità di acqua dolce venga riversata nell’oceano, riducendone la concentrazione salina e quindi, di nuovo, la densità. In buona sostanza, si sta progressivamente riducendo la quantità di acqua “pronta” ad inabissarsi, fenomeno da cui dipende appunto l’esistenza della corrente del Golfo. Le evidenze del fatto che la sua intensità si stia riducendo nel corso degli anni sono ormai diverse. La domanda cruciale è quanto tempo rimane prima che la corrente si fermi del tutto.

Opinioni discordanti

Secondo l’ultimo report dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), un completo collasso entro la fine di questo secolo è relativamente improbabile, nonostante gli evidenti segnali di rallentamento. Di diversa opinione sono invece i due autori del recente articolo, che, utilizzando calcoli statistici e i dati relativi alle temperature dell’oceano registrate negli ultimi 150 anni, prevedono che il completo arresto della corrente del Golfo potrebbe verificarsi fra il 2025 e il 2095, con probabilità massima attorno al 2057.

Come riporta una news di LiveScience, altri esperti sostengono che alcune assunzioni incluse nei modelli utilizzati per giungere a tale conclusione siano in realtà troppo semplicistiche, o comunque necessitino di ulteriori verifiche. Ma al di là di stabilire una data esatta, questione su cui gli scienziati continueranno a lavorare, resta valido l’appello del primo autore dello studio Peter Ditlevsen, professore presso il Niels Bohr Institute (Danimarca): “I nostri risultati sottolineano l’importanza di ridurre le emissioni globali di gas serra il prima possibile”.

Autore: Sara Carmignani, 26 Luglio 2023

Fonte: Wired

Changes in the Gulf Stream preceded rapid warming of the Northwest Atlantic Shelf

Afonso Gonçalves NetoJoseph A. Langan & Jaime B. Palter

Communications Earth & Environment volume 2, Article number: 74 (2021)

Abstract

The Northwest Atlantic Shelf provides ecological and economic benefits along the heavily populated North American coastline and beyond. In 2009-2010, abrupt warming prompted an ecosystem shift with consequences for fisheries, yet the cause of this event is unclear. Here we use satellite altimetry and in situ measurements to show that, in 2008, the Gulf Stream migrated closer to the Tail of the Grand Banks, a shift that has persisted ever since. This change reduced the westward connectivity of the Labrador Current that otherwise supplies cold, fresh, oxygen-rich waters to the shelf. Within one year after the appearance of anomalously warm and saline water at the Tail of Grand Banks, subsurface warming progressed south-westwards. Historical observations suggest a similar sequence of events may have occurred in the 1970s. Therefore, monitoring water properties at the Tail of Grand Banks may offer predictability for shelf properties and ecosystem perturbations with substantial lead time.

Introduction

The Northwest Atlantic Shelf is among the fastest warming regions in the global ocean1 (Fig. 1). This region is home to ecologically and economically valuable marine species, including the American lobster and the Atlantic sea scallop—two of the most valuable single-species fisheries in the United States2. The Northwest Atlantic surface warming during at least the past 4 decades has been attributed to both natural and anthropogenic forcing3, and has been enhanced in recent years by atmospherically driven extreme events4,5. Shelf bottom waters have also warmed in recent decades, but with distinct temporal and spatial patterns when compared to the surface warming, suggesting that different forcing factors are likely at play here6. In one high-resolution model, simulated warming events in the Northwest Atlantic are strongly correlated with negative anomalies in the strength of the Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC), leading to the interpretation that recent and historic warming in this region is an indicator of AMOC slowing in the 20th century7. Under continuous greenhouse gas emissions, the AMOC slowdown and the associated warming of the Northwest Atlantic8 are expected to increasingly alter historically exploited stocks in this region, demanding adaptation of fisheries risk assessments to maintain resilience in a changing climate9,10.

The red (blue) shading indicates warming (cooling) of the vertically averaged ocean temperature from the EN4 objective analysis to 2000 m, or the seafloor if it is shallower than 2000 m, in 0.5 °C increments (change in the unshaded region is between −0.25 and 0.25 °C). Background in grayscale shows the bathymetry of the region, with darker shades representing shallower areas. The main circulation features that influence the shelf properties are associated with the Gulf Stream (red) and the Labrador Current (blue) systems, as depicted with arrows. The purple arrows show the waters entering the Gulf of Maine are influenced by both current systems. Coastal and shelf areas of interest are indicated. TGB = Tail of the Grand Banks.

The Northwest Atlantic is also the locale where the swift, deep-reaching Gulf Stream and Labrador Current are in close proximity, as they transport warm, salty subtropical water poleward and cold, fresh Labrador Sea Water equatorward, respectively (see schematized currents in Fig. 1). In this region, some of the longest continuous records of ocean temperature and salinity have been collected, several dating to before the turn of the 20th century. More than 50 years ago, these records had already revealed that the sea surface temperature could fluctuate by up to 2 °C on a decadal timescale over a region extending at least from the coast of New Jersey, US to Halifax, Canada11. Subsequent research linked these temperature fluctuations to ripples through the food web and fisheries1,12,13,14,15,16, and showed that one of their drivers may be a modulation in the westward transport of the Labrador Current south of the shallow underwater plateau known as the Grand Banks of Newfoundland17,18,19 (see Fig. 1 for currents and landmarks).

More recently, a high-resolution model simulation suggested that the decreasing proportion of Labrador Current water on the Northwest Atlantic Shelf coincides with a deepening thermocline at the crossroads of the subtropical and subpolar circulation at the Tail of the Grand Banks (TGB)20. Despite the long history of observations and these more recent model results, a description of the mechanisms involved in the rapid warming of the Northwest Atlantic Continental Shelf has been lacking, hindering our ability to predict these changes in advance. Here we connect abrupt migrations in the Gulf Stream position to the warming of the Northwest Atlantic Shelf and provide an observation-based assessment of the predictability of shelf property changes. Such predictability may ultimately improve forecasts of ecosystem changes in this region.

Results and discussion

Sea level shift at the Tail of the Grand Banks

The strength and position of the Gulf Stream and Labrador Current can be tracked via satellite observations of sea surface height (SSH). The Gulf Stream Extension, with the 25 cm SSH contour marking its axis21,22,23, approaches the TGB as a freely meandering jet at 50°W and, on average, aligns with the 4000-m isobath south of the TGB (Fig. 2a). The Gulf Stream can impinge on the slope at the edge of the TGB, thus increasing the SSH inshore of the 4000-m isobath, or meander away from it. Therefore, to evaluate the presence of the Gulf Stream at the TGB, we quantify the SSH variability in the area inshore of the 4000-m isobath (Fig. 2c). In the summer of 2008, a shift toward higher SSH suggests that the Gulf Stream migrated to a position closer to the TGB. This shift has persisted for more than a decade, with an increase in the mean SSH of 10.8 cm for 2009–2018 as compared to 1993–2007, detected beyond the 95% confidence level via change-point analysis (Supplementary Fig. 1; see “Methods”). Accordingly, the Grand Banks has experienced anomalously high sea levels since 2009.

a Mean dynamic topography (MDT) in the Northwest Atlantic between 1993 and 2018. The thick red contour is the 500-m isobath between 76°W and 48°W, along which the along-slope surface velocities displayed in Fig. 3a are calculated. The black dotted lines indicate the main cross-slope channels in the region: Great South Channel (GSCh), Northeast Channel (NECh), and Laurentian Channel (LCh). The 100-m, 1000-m, 3000-m, and 4000-m isobaths are contoured in gray. b Sea surface height (SSH) difference between 2009–2018 and 1993–2007. To emphasize spatial patterns, the SSH increase averaged over the entire region that is plotted (equal to 4.5 cm) has been subtracted. c Time series of the monthly SSH (dark gray line) and seasonal AutoRegressive Integrated Moving Average (ARIMA) model jointly fit with a change point (light gray line, estimated as described in the “Methods” section) at the Tail of the Grand Banks (i.e., averaged within the thick black contour in panel (a). The blue and red horizontal lines indicate the averaged SSH of −10.5 and 0.3 cm before and after the shift, respectively, in July of 2008. Colormaps in panels (a) and (b) are from the Cmocean package59.

We searched for and quantified the SSH change point specifically at the TGB because the Labrador Current and Gulf Stream are known to interact at this bathymetric feature24. The difference in average SSH before and after 2008 shows a dipole pattern with large positive anomalies along and just shoreward of the 4000-m isobath at the TGB, and negative anomalies in deeper waters (Fig. 2b). Although the dipole-like structure is strongest just offshore of the TGB, it extends as far west as the New England Seamounts along the overall (1993–2018) mean axis of the Gulf Stream. This pattern coincides with an increased amplitude in the variability of the Gulf Stream North Wall position east of 50°W after 2005 (Ref. 25), an increase in the frequency of Gulf Stream deep cyclones after 2008 (Ref. 23), and is consistent with evidence that the Gulf Stream’s path and speed have significantly changed to the east of the New England Seamounts during the altimetry era26,27. In contrast, the SSH and the depth-integrated water temperature north of the Grand Banks along the Labrador Current show no difference between the period before and after the shift, despite the observed sea surface warming in this region3. In other words, neither water column temperature (Fig. 1) nor SSH (Fig. 2b) indicate that changes at the TGB are driven by changes in the Labrador Current from the Labrador Sea to Flemish Cap.

Temperature anomalies on the Northwest Atlantic Shelf

The presence of the Gulf Stream at the TGB has consequences for the continuity of the Labrador Current west of the Grand Banks. The Labrador Current originates as a western boundary current at the edge of the Labrador shelf and flows southward along the Newfoundland shelf break and through the Flemish Pass before it reaches the TGB. At the TGB, the current bifurcates and some of its volume is transported northeastward inshore of the North Atlantic Current28 at an estimated rate as large as 2.6 Sv29,30. The remainder continues to follow the shelf break west of the Grand Banks as the Shelf Break Jet and can still be seen at the Northeast Channel of the Gulf of Maine17,31, as schematized in Fig. 1. At the ocean’s surface, the current speed along the shelf break can be estimated from the gradient of the SSH field across the shelf break (Supplementary Fig. 2), assuming geostrophic balance. Here, we use satellite altimetry to estimate the variability of the Shelf Break Jet along the 500-m isobath between Flemish Pass and Cape Hatteras. The 500-m isobath was chosen because it is the shallowest isobath (in multiples of 100 m) that continuously follows the shelf break between Flemish Pass and Cape Hatteras (i.e., this isobath does not enter the Gulf of St. Lawrence or the Gulf of Maine). Anomalies in the Shelf Break Jet velocity are significantly correlated with the velocity anomalies at the TGB over a distance of more than 2000 km and at lag times consistent with the advective speed of the Shelf Break Jet (Fig. 3a). The signal continuity persists to the southwest beyond the Laurentian Channel and the Northeast Channel of the Gulf of Maine, only breaking down at the Great South Channel. In contrast, Labrador Current anomalies north of the TGB are uncorrelated with velocity anomalies at the TGB and farther to the southwest, further suggesting that the circulation variability along the Northwest Atlantic Shelf break originates at the TGB and not in the Labrador Sea.

a The correlation coefficient between the deseasonalized along-slope surface velocity at the Tail of the Grand Banks of Newfoundland (along the 500-m isobath, at 42°51ʹN, 50°40ʹW) and the deseasonalized along-slope surface velocity downstream toward the Northwest Atlantic Shelf (i.e., along the red line in Fig. 2a) as a function of time lags and distance from the Tail of the Grand Banks. White contours represent the 95% significance level. The dashed black line represents a propagation speed of 130 km month−1 (5 cm s−1). b Map of change-point timing of the 149-m temperature in the Northwest Atlantic. The shades only show grid points whose single change point during 1993–2018 occurred between January/2009 and December/2011. The temperature changes, in °C, associated with these shifts are displayed in Supplementary Fig. 3. Colors are displayed in 3-month intervals. The various hatch marks indicate the grid points used to calculate the regional lagged correlations shown in Table 1: Laurentian Channel (white circles), Scotian Shelf (black plus signs), Gulf of Maine (white triangles) and Mid-Atlantic Bight (black x-marks). The 100-m, 1000-m, 3000-m, and 4000-m isobaths are contoured in gray. The main cross-shelf features are identified. TGB = Tail of the Grand Banks; LCh = Laurentian Channel; NECh = Northeast Channel; GSCh = Great South Channel; CH = Cape Hatteras. Colormaps are from the Crameri package60.

The significant lagged correlations in Fig. 3a provide a means of quantifying the downstream propagation speed of anomalies originating at the TGB. A velocity anomaly along the shelf break takes, on average, nearly 1 year to reach the Great South Channel, which means that it propagates at about 130 km month−1 (or 5 cm s−1). Given that (1) higher SSH at the TGB is associated with lower velocities along the shelf break west of the Grand Banks of Newfoundland, and that (2) the SSH at the TGB has been at a higher state since July of 2008, we expect a decrease in the supply of relatively cold/fresh Labrador waters to the shelf and slope following this shift.

Indeed, temperatures on the Northwest Atlantic Shelf apparently responded to the abrupt sea level increase at the TGB in the summer of 2008, as indicated by strong column-integrated warming (color contours in Fig. 1; see also Supplementary Fig. 3). The timing of the warming on the shelf depends on its proximity to the TGB, as expected from the propagation timescale of the velocity anomalies along the shelf break. Change-point analysis reveals that subsurface warming occurs at increasing lag with distance from the TGB (Fig. 3b), a result that is robust for all depths between 100 and 200 m (Supplementary Fig. 4). In the spring of 2009, the Laurentian Channel experienced the onset of high temperature anomalies that have persisted through the end of our analysis (December 2018). By the summer of 2009, the warming reached the slope and shelf offshore of the Gulf of Maine. In subsequent months, the warm subsurface waters were swept into the Gulf of Maine through the continuous inflow on the northwest side of the Northeast Channel32. The magnitude of the subsurface warming reached 2.5 °C in the Laurentian Channel and exceeded 1 °C in most of the Gulf of Maine (Supplementary Fig. 3). By the end of 2010, warmer subsurface waters enveloped the entire Northwest Atlantic Shelf between the Great South Channel and the Laurentian Channel.

In agreement with the observed warming on the shelf, a recent analysis inferred that the proportion of Labrador Slope Water entering the Gulf of Maine has been below average since 2010 (except for 2014) and reached a record low in 2017 and 2019, when essentially all of the Gulf of Maine slope water in the Northeast Channel was Warm Slope Water33. Simultaneously, the Gulf of Maine and George’s Banks experienced rising bottom temperatures6. The increased proportion of Warm Slope Water in the Gulf of Maine at the expense of Labrador Slope Water may reinforce atmospherically driven marine heat waves, like the unprecedented surface warming in the first half of 20124,5.

South of the Great South Channel, the temperature shift is unlikely the direct result of the anomaly propagation from the TGB. In the Mid-Atlantic Bight, the significant warming shift shown in Fig. 3b occurred after a 1-year lag following the warming on the Scotian Shelf, which is 8–10 months longer than if the anomaly propagated to this region at a speed of approximately 5 cm s−1 (the speed of the black dashed line in Fig. 3a). The breakdown of the coherent propagation downstream of the Great South Channel is consistent with a water mass analysis31 that showed a strong discontinuity in mean temperature and salinity, with a much warmer and saltier shelf break front along the Mid-Atlantic Bight, likely influenced by its close proximity to the Gulf Stream. This discontinuity suggests that other ocean processes likely influence subsurface temperature fluctuations here. For example, the warming after 2011 in this region may be linked to the increased frequency of warm core rings shed by the Gulf Stream and/or northward shifts in the Gulf Stream orientation downstream of the separation point near Cape Hatteras34,35,36, in addition to anomalies in surface heat flux5.

The association of the high SSH anomalies at the TGB and the rapid warming of the Northwest Atlantic Shelf after 2008 was not a one-off event. Between 1993 and 2018, the time series of SSH anomalies at the TGB was significantly correlated at the 99.9% confidence level with the subsurface temperature on the shelf (Table 1; temperatures are averaged over the four regions indicated in Fig. 3c), leading at timescales consistent with the propagation speed of the Labrador Current to the Great South Channel. The progressive lead time of the correlations from the Laurentian Channel (11 months) to the Scotian Shelf (13 months), and Gulf of Maine (14 months) reinforces the westward propagation of temperature anomalies between the Grand Banks and the Northwest Atlantic Shelf. Moreover, the correlations remain significant beyond the 99% level, though smaller in magnitude, at similar lead times after prewhitening (signal shown in Supplementary Fig. 1b). The prewhitening procedure removes all autocorrelation as well as the change point. Thus, the robustness of the correlations to this procedure indicates that the association of SSH anomalies at the TGB and the shelf temperature anomalies is ubiquitous throughout the satellite altimetry era and is not tied only to the 2008 change point or to similarities in seasonal patterns. The association at a lag of about 2 years between the signal at the TGB and the temperature of the Mid-Atlantic Bight is also robust to prewhitening.

The advent of satellite altimetry and the surge in the number of subsurface temperature/salinity measurements on the Northwest Atlantic Shelf in recent decades37,38 shows that the 2008 circulation shift at the TGB likely set off propagating velocity anomalies along the shelf break and shelf warming. Thus, monitoring sea level anomalies at the TGB may help predict impending shelf temperature anomalies with up to a year of lead time. Additionally, the long history of hydrographic surveys in the Northwest Atlantic allows us to place this recent warming event in the context of the long-term variability of subsurface water masses before the satellite altimetry era.

Centennial-scale shelf warming

The TGB has been monitored for iceberg activity since the International Ice Patrol was formed in response to the sinking of the RMS Titanic in 1912 (Ref. 39). As such, it has one of the longest oceanographic records of temperature and salinity anywhere. Here, we look at the historical hydrographic records stretching back nearly a century, to put the 2008 shift in a broader context (Fig. 4). For this purpose, a temperature–salinity (T–S) diagram is useful, as these water properties are conserved beneath the ocean’s surface and change only through mixing. Thus, a T–S diagram reveals the provenance of different water masses (Fig. 4a; see “Methods” for how the 5153 hydrographic and float profiles were analyzed to reduce the influence of temporal variability in sampling on this diagram). For instance, the cold, fresh Labrador Current north of the TGB contrasts strongly with the warm, salty Gulf Stream. All of the decadally averaged T–S profiles at the TGB are within the envelope bounded by the Labrador Current and the Gulf Stream mean profiles in the layers shallower than the Labrador Sea Water.

a Mean decadal profiles of temperature and salinity at the Tail of the Grand Banks between the 1930s and the 2010s are shown as a T–S diagram. The profiles are color-coded by decade of sampling. The blue and red solid lines indicate mean T–S profiles of the Labrador Current and the Gulf Stream, averaged over the blue and red boxes shown in the inset map, respectively. Thin, black lines are the potential density anomalies referenced to the sea surface, with the 27.68 isopycnal (i.e., potential density of 1027.68 kg m−3) and 27.80 isopycnal indicating the upper and lower boundaries of the Labrador Sea Water. A robust locally estimated scatterplot smoothing is applied to the nine decadal profiles at the Tail of the Grand Banks to reduce the effect of outliers at poorly sampled depths. The strategy used to create this diagram while minimizing the influence of variability in the location where the profiles were collected is described in the “Methods” section. b Monthly time series of the 149-m temperature averaged over the Scotian Shelf and Laurentian Channel (grid points marked with black dots in the inset map). Gray shades indicate the error estimate averaged over the respective grid points, calculated as shown in the “Methods” section.

The T–S diagram indicates that the last 10 years are uniquely warm and salty compared to any time in the past 80 years. However, a shift to warmer and saltier water masses in the 1970s was of similar scale to this recent shift, relative to decades that preceded it. This warming and salinification in the 1970s may have been caused by a shift of the Gulf Stream toward the TGB, analogous with the more recent change evidenced from the 2008 rise in SSH (Fig. 2). While the shallower water masses of the thermocline have become warmer and saltier, consistent with more frequent incursions of the Gulf Stream onto the TGB, the temperature and salinity of the deep-water masses, like the Labrador Sea Water, have not changed dramatically or monotonically.

The coldest and freshest decades at the TGB occurred between the 1930s and 1960s, only returning to these conditions briefly in the 1990s. The 1990s were extraordinary in this region for a number of reasons. The wintertime deep convection in the Labrador Sea was the strongest since at least the end of the 1930s40,41, which resulted in the coldest, freshest and thickest Labrador Sea Water layer on record. Anomalously strong wintertime zonal winds in the subpolar North Atlantic in the early 1990s, expressed as a strong, positive North Atlantic Oscillation (NAO) index42, helped drive this convection. This cold period lasted only for the first half of the decade; by the late 1990s, the temperature at the TGB returned to the warmer conditions of the post-1970s (Supplementary Fig. 5).

On the Scotian Shelf and the Laurentian Channel, the subsurface temperatures have followed a similar signal as the TGB over the past 9 decades (Fig. 4b, temperature averaged over the grid points marked with black dots in the inset of Fig. 4a). Between 1930 and 1970, the annual mean subsurface shelf temperatures fluctuated widely, with the 1930s and the 1960s being the coldest decades on record (average ± standard deviation of 7.3 ± 0.9 °C and 7.7 ± 0.9 °C, respectively), separated by an intervening warmer period (1940s–1950s, averaging 8.5 ± 0.9 °C). At the end of the 1960s, rapid warming caused the mean annual shelf temperatures to exceed 9.5 °C for the first time in 1968, a state that persisted with little variation for nearly 40 years (1970s–2000s, averaging 9.1 ± 0.8 °C). In 2009, a second warming event raised the shelf temperature by another 1.6 °C (2010–2018, averaging 10.7 ± 0.7 °C). The subsurface shelf waters since 2012 were warmer than ever previously recorded.

The post-2008 dynamical connection established in Figs. 2 and 3, which links SSH anomalies at the TGB to propagating downstream velocity anomalies and shelf warming, is evident in the TGB T–S time series and Scotian Shelf temperatures (Fig. 4). We speculate that similar dynamics were operating earlier in the 20th century, when the appearance of warm and salty waters at the TGB in the 1970s coincides with warming all along the Northwest Atlantic Shelf. It is unclear if this earlier shift was part of a multidecadal oscillation, yet it is notable that only during the high NAO of the early 1990s did the Scotian Shelf or TGB experience a period nearly as cool or fresh as the 1930s–1960s, and the warming after 2008 started from this warmer baseline.

Conclusions

In this study, satellite-based and in situ observations show the influence of the Gulf Stream on the supply of cold, fresh waters from the Labrador Sea to the Northwest Atlantic Shelf. A heightened presence of the Gulf Stream at the TGB after 2008, revealed by a significant warming (Fig. 1), salinification (Fig. 4), and an increase in SSH (Fig. 2), was associated with subsurface warming along the continental shelf and slope between Nova Scotia and Cape Hatteras after 2009 (Fig. 3b, Supplementary Figs. 3 and 6, and Table 1). The more frequent impingements of the Gulf Stream at the Tail of the Grand Banks limited the advective connection of the Labrador Current along the edge of the Northwest Atlantic Shelf, thereby reducing the supply of cold, fresh and oxygen-rich waters to the shelf. This perturbation caused anomalies to propagate along the slope and arrive at the Gulf of Maine nearly 1 year after the appearance of anomalous properties at the TGB.

Additionally, our analysis of nearly a century of hydrographic data suggests that a similar shift toward more subtropical water at the TGB was linked to shelf warming at the end of the 1960s, from which the system had never fully recovered. This long-term record lends support to the hypothesis, based largely on climate modeling, of a 20th century slowdown in the AMOC, which is correlated with the warming of the Northwest Atlantic Shelf7 and associated with a northward shift of the Gulf Stream and retreat of the Labrador Current8. Idealized models predict a northward migration of the Gulf Stream accompanying AMOC slowdowns43, in line with our observation of the Gulf Stream increasingly impinging on the TGB during shelf warming. In fact, the TGB has been called the “pacemaker” region for the AMOC, and simple dynamical arguments call for AMOC slowdowns to be accompanied by SSH increases at this boundary region44, as observed following 2008 and inferred in the late 1960s from our water mass analysis (Fig. 4).

The recent subsurface warming of the Northwest Atlantic Shelf, associated with a dynamic change at the TGB, coincides with unprecedented surface warming1, salinification45, and severe marine heat waves46,47 that have likely contributed to long-noted trends in fisheries1,14,48,49,50. Our findings not only help to interpret the rapid temperature fluctuations on the shelf, they also present an opportunity to enhance predictability of future warming. Accurately simulating Gulf Stream–Labrador Current interactions at the TGB appears to be crucial to reproducing the last century of shelf warming, and, therefore, will likely help govern the future properties in this region. Furthermore, monitoring the impingement of the Gulf Stream at the TGB offers up to 1 year of lead time for warming events on the Northwest Atlantic Shelf, and these predictive capabilities may be valuable for forecasting ecosystem changes of consequence for fisheries management.

Methods

Satellite altimetry

Altimetric data is derived from satellite observations with Topex/Poseidon (1992–2002), Jason I (2001–2012), and Jason II (2008–present) and made freely available through the Copernicus Marine Environment Monitoring Service (CMEMS, https://resources.marine.copernicus.eu/). The monthly 0.25° × 0.25° gridded absolute dynamic topography between January 1993 and December 2018 is used to calculate the mean SSH in the region bounded by 30°N, 60°N and 80°W, 40°W, as well as the SSH differences following the 2008 shift. The SSH time series at the TGB is calculated by averaging the absolute dynamic topography over the region highlighted with a thick black contour in Fig. 2a.

The monthly 0.25° × 0.25° gridded surface geostrophic velocity, calculated from the gradient of the SSH between January 1993 and December 2018 provides a measure of the surface Shelf Break Jet speed. The surface geostrophic velocity is interpolated onto the 500-m isobath between Flemish Pass and Cape Hatteras, as indicated by the red contour in Fig. 2a, using a piecewise linear approximation. At each grid point along the 500-m isobath, the surface geostrophic velocity is decomposed into along-slope and across-slope components, with positive values pointing toward Cape Hatteras (along-slope) and inshore (across-slope). The direction of the along-slope component is estimated based on the angle between one grid point on the contoured isobath and the nearest point downstream (i.e., toward Cape Hatteras). Its magnitude is then calculated by projecting the surface geostrophic velocity vector onto the along-slope direction. Similarly, the magnitude of the across-slope component is calculated by projecting the velocity vector onto the across-slope direction. Supplementary Fig. 2 illustrates the direction and magnitude of the all-time mean surface geostrophic velocity as projected onto these components. The along-slope velocity is considered the surface Shelf Break Jet speed used to calculate the lagged correlations shown in Fig. 3a.

EN4 profiles

Historical hydrographic and float profile data compiled and made freely available by the Met Office Hadley Centre (https://www.metoffice.gov.uk/hadobs/en4/) are used to probe the multidecadal variability of water mass composition at the TGB from the 1930s to the present51. A total of 5153 profiles taken in April, May, or June within the box 41°N–44°N, 48°W–53°W were analyzed (Supplementary Fig. 6 shows the location of the profiles used for each decade). Pre-ARGO profiles have been historically biased toward these months, and this subset represents 51% of all profiles taken in this region. We avoid aliasing seasonal variability in our multidecadal time series by limiting our analysis to a single well-sampled season20. Poor data was removed based on EN4’s quality-control flag system, and only data points with accepted pairs of potential temperature and practical salinity were used. Each profile was linearly interpolated to a maximum of 55 vertical levels, with 5-m resolution in the top 100 m, 25-m resolution above 250 m, 50-m resolution above 1550 m, and 250-m resolution above 2050 m. The maximum depth of the averaged profiles is 2050 m, as less than 2% of the profiles in the region reach greater depths.

To avoid the aliasing of variability in the location where the profiles were collected in the TGB box, we subtract an appropriate gridded all-time mean T–S profile from each individual observation, as follows. The profiles were bin-averaged into 30 boxes of 0.5° latitude × 1° longitude with a terrain-following penalty, λ�, which sets the “effective distance” between the location of each profile and the center of each box, thereby clustering profiles collected at similar isobaths.

EN4 objective analysis

The monthly 1° × 1° objective analysis gridded product with 42 vertical levels51,55, made freely available by the Met Office Hadley Centre (https://www.metoffice.gov.uk/hadobs/en4/), is derived from the hydrographic and float dataset described above. The temperature field at 149 m in the region bounded by 33°N, 50°N and 77°W, 48°W is used in the change-point analysis described below. Here, the period analyzed is January 1993 to December 2018, coincident with the altimetric data. Twelve additional layers between 56 and 235 m were also analyzed to determine the vertical extent of the changes observed at 149 m.

Decadal changes in the 149-m layer are analyzed in the time series extending back to 1930 (Fig. 4b). The authors of the EN4 objective analysis highlight that this dataset should be used with caution in the analysis of long-term trends, because, during periods with few observations, the analyses relax to climatology51. Supplementary Fig. 7 shows that the Northwest Atlantic has been historically well-observed, as the number of profiles is plotted in a 1° × 1° grid. Over 1.3 million profiles were used to build the objective analyses here, most of which were taken on the shelf and slope.

Change-point analysis

The 2008 shift in the 1993–2018 SSH time series at the TGB is characterized using a seasonal AutoRegressive Integrated Moving Average (ARIMA) model, which explains the SSH based on its own past values (i.e., its own lags and lagged observation errors). We jointly fit a seasonal ARIMA with each possible monthly change point, iterating over all months between January 1997 and December 2014. The timing of the SSH shift is selected as the month at which inserting a change point maximizes the model log-likelihood, and its inclusion is verified by comparing the Akaike information criterion (AIC) to a model without a change point. All change-point analyses are conducted in R56 using the “forecast” package57. The orders of the resulting seasonal ARIMA, chosen via stepwise selection using the AIC, were (2,0,0) × (2,0,0)12. These orders indicate that the SSH time series is mean stationary, aside from the jointly fit level shift, with significant autocorrelation at 1-, 2-, 12-, and 24-month lags, as seen in Supplementary Fig. 1b. These lags are consistent with strong month-to-month and seasonal signals. The temporal autocorrelation structure explains 45.8% of the variability in the time series, and the change point explains an additional 24.1%.

Similar to the analysis of the SSH at the TGB, temperature change points between January 1997 and December 2014 on the Northwest Atlantic Shelf are identified jointly with a seasonal ARIMA model, for each 1° × 1° grid cell between 30–60°N and 40–80°W. The maximum orders we allowed for these seasonal ARIMA models are (1,0,1) × (1,1,1)12, chosen under the assumption that the temperature observations 1 month and 1 year prior to a measurement contain all available information for estimation. We also assume that the temperature time series are mean stationary after accounting for any change points, and therefore do not model a non-seasonal integrated process. However, variation in the magnitude of the seasonal cycle is permitted. Candidate temperature change points are selected as those that maximize the 3-month running mean of the model log-likelihood, in order to avoid choosing isolated, sharp peaks in the likelihood function, and are retained if they both reduce the AIC over a model without a change point and occur between the SSH shift at the TGB (July, 2008) and December, 2011. We chose this window to identify only temperature change points that followed the SSH shift at the TGB, considering the time lags associated with the propagation speed of the Labrador Current described in Fig. 3a.

To study the relationship between temperature change points detected in different regions of the Northwest Atlantic Shelf and the SSH shift at the TGB, mean temperature time series are calculated for areas of grid cells exhibiting similar change-point timing (hatch marks in Fig. 3b). To prewhiten the SSH and regional temperature time series, we filter using the SSH seasonal ARIMA model fit, including the change point, using the R package “TSA”58. For both the raw and prewhitened time series, the strength and time lag of the correlations between the SSH at the TGB and the mean temperature of each identified region are evaluated (Table 1).

Data availability

Altimetric data is derived from satellite observations with Topex/Poseidon (1992–2002), Jason I (2001–2012), and Jason II (2008–present) and made freely available through the Copernicus Marine Environment Monitoring Service (CMEMS, data can be accessed here upon registration). The historical hydrographic and float profile data, as well as the derived 1° × 1° monthly objective analyses gridded product, are compiled and made freely available by the Met Office Hadley Centre (data can be accessed here).

Code availability

The MATLAB code written to load and analyze the data and to generate the figures is available at https://github.com/afonsogneto/Matlab. The R codes used in the change-point analysis are referenced in the “Methods” section and listed in the bibliography.

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Acknowledgements

J.B.P. gratefully acknowledges funding from NSF OCE-1947829 and the NOAA Climate Variability Program (Project #0008287). All authors appreciate conversations with Kathy Donohue, Tom Rossby, Gavino Puggioni, and Don Rudnickas, which helped to sharpen the ideas and the statistical analyses.

Author information

Authors and Affiliations

  1. Graduate School of Oceanography, University of Rhode Island, Narragansett, RI, 02882, USAAfonso Gonçalves Neto, Joseph A. Langan & Jaime B. Palter

Contributions

A.G.N. assembled, analyzed, and interpreted the observational data and wrote the first draft of the manuscript. J.A.L. did the change-point analysis, discussed methods, results, and interpretation and helped revise the manuscript. J.B.P. discussed methods, results, and interpretation and helped revise the manuscript.

Corresponding author

Correspondence to Afonso Gonçalves Neto.

Ethics declarations

Competing interests

The authors declare no competing interests.

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Peer review information Primary handling editors: Joseph Aslin, Clare Davis.

Publisher’s note Springer Nature remains neutral with regard to jurisdictional claims in published maps and institutional affiliations.

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Gonçalves Neto, A., Langan, J.A. & Palter, J.B. Changes in the Gulf Stream preceded rapid warming of the Northwest Atlantic Shelf. Commun Earth Environ 2, 74 (2021). https://doi.org/10.1038/s43247-021-00143-5

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  • Received22 September 2020
  • Accepted16 March 2021
  • Published20 April 2021
  • DOIhttps://doi.org/10.1038/s43247-021-00143-5

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Top climate scientists are sceptical that nations will rein in global warming

Nature survey reveals that many authors of the latest IPCC climate-science report are anxious about the future and expect to see catastrophic changes in their lifetimes.

Jeff Tollefson

The Dixie wildfire in California this year was the second-largest in state history, and was fuelled by high temperatures and drought. Credit: Eric Thayer/Bloomberg/Getty
https://www.nature.com/articles/d41586-021-02990-w

As a leading climate scientist, Paola Arias doesn’t need to look far to see the world changing. Shifting rain patterns threaten water supplies in her home city of Medellín, Colombia, while rising sea levels endanger the country’s coastline. She isn’t confident that international leaders will slow global warming or that her own government can handle the expected fallout, such as mass migrations and civil unrest over rising inequality. With such an uncertain future, she thought hard several years ago about whether to have children.

Fonte: Nature

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO IN ATTO: CAPIRE COS’E’ IL FENOMENO DI OSCILLAZIONE CLIMATICA ENSO (EL NINO SOUTHERN OSCILLATION)

Vasto (CH), lì 4 Gennaio 2023 ore 17.32

Amici ed amiche che seguite il mio blog, un cordiale e caro saluto serale da parte mia a tutti e a tutte voi.

Questa sera vi voglio parlare di un fenomeno molto noto ai meteorologi di tutto il Mondo e che ciclicamente caratterizza il clima sulla Terra, sto parlando di ENSO (El Nino Southern Oscillation) che consiste in un’oscillazione della temperatura dell’acqua dell’Oceano Pacifico equatoriale meridionale che si riflette sulle condizioni meteorologiche in tutto il Pianeta. Normalmente, in condizioni cosiddette neutre, si ha alta pressione sul settore orientale dell’oceano e bassa pressione nel settore ovest, con i consueti venti orientali (alisei). Questo fenomeno può determinare due condizioni:

  1. un progressivo riscaldamento dell’acqua oceanica pacifica nota come El Nino, favorita da una diminuzione della pressione atmosferica sul settore orientale ad est e, contemporaneamente, essa aumenta sul settore occidentale ad ovest: gli alisei talvolta si attenuano o talvolta invertono la direzione ostacolando la risalita di acqua fredda dalle profondità verso la superficie oceanica, di conseguenza viene prodotto il riscaldamento anomalo delle acque;
  2. un progressivo raffreddamento dell’acqua oceanica pacifica nota come La Nina, favorita da un aumento della pressione atmosferica sul settore orientale ad est e, contemporaneamente, essa diminuisce sul settore occidentale ad ovest: in questo caso gli alisei si rinforzano e favoriscono la risalita di acqua fredda dalle profondità dell’oceano verso la superficie, di conseguenza viene prodotto il raffreddamento anomalo delle acque.

Qui in Italia nello specifico, negli ultimi anni dal 2015 in poi, ho notato personalmente che l’umidità relativa dalle mie registrazioni quotidiane ha sempre valori molto alti (da 70% in su fino al 90%), vale a dire che in un metro cubo di aria è contenuta una maggiore quantità di vapore acqueo, il principale gas serra climalterante che sta contribuendo all’aumento dell’Effetto Serra o Greenhouse Effect. Gli attuali valori alti dell’umidità relativa sono determinati non soltanto da attività di geoingegneria clandestina nei nostri cieli attraverso lo spargimento di sostanze solfatiche tramite aerosols utilizzando aerei militari e civili, un mega esperimento a livello globale per ottenere il controllo del clima a distanza entro il prossimo 2025, ma sicuramente dipendono soprattutto dal fenomeno naturale connesso ad ENSO, perché da un pò di mesi a questa parte ho notato anche che gli animali domestici come i cani che vivono nelle villette qui vicino nel quartiere residenziale dove vivo, tendono a latrare e a lamentarsi sempre al tramonto, perché essi sono più sensibili alle variazioni dell’umidità relativa rispetto agli esseri umani, dato che loro vivono fuori casa rispetto a noi umani che in questo periodo tendiamo a vivere la maggior parte del nostro tempo dentro le nostre case. Voglio rassicurare tutte quelle persone che stanno soffrendo di ecoansia, una nuova patologia associata all’ansia scatenata in alcuni esseri umani che si preoccupano dei cambiamenti climatici attualmente in atto: ricordate sempre che le modificazioni ambientali nel corso delle Ere geologiche terrestri ci sono sempre state, per cui al momento non c’è bisogno di allarmarsi troppo, ma se proprio lo si vuole fare, per il momento ci si dovrebbe soltanto allarmare per il consistente aumento della temperatura media globale dovuta principalmente alle attività umane dovute all’estrazione di gas metano, il secondo principale gas serra climalterante, mentre sta aumentando anche l’anidride carbonica CO2, ma esso è un gas che in quantità giuste contribuisce al fenomeno della fotosintesi clorofilliana nelle piante, autotrofi o produttori primari della sostanza organica, usando un linguaggio tecnico da chi come me e non solo, studia gli ecosistemi naturali da anni. La CO2 è il terzo gas serra climalterante ma diventa tale solo quando essa è presente in eccessive concentrazioni nell’atmosfera terrestre, ovvero nell’era geologica del tardo Ordoviciano, circa 450-445 milioni di anni fà, era di 4000 parti per milione ppm, non le attuali 900 ppm in progressivo aumento, come riportato da un gruppo di scienziati dell’Università del New Mexico.

https://skepticalscience.com/translation.php?a=299&l=17

In data odierna, io e mio padre Massimo ci siamo recati per la nostra consueta seduta di allenamento di corsa sulla spiaggia di Vasto Marina e, prima di partire per la nostra seduta sportiva, mio padre ha preso il termometro ed ha misurato la temperatura dell’acqua: 15 °C, quando in questo periodo dovrebbe attestarsi all’incirca sui 12-13 °C e questo sta a significare che è in atto già il fenomeno di riscaldamento di El Nino proprio durante questo inverno e che da stime del National Oceanographic and Atmospheric Center (NOAA) potrebbe durare almeno fino al prossimo Aprile.

Di seguito inserisco alcune referenze web che possono aiutare a comprendere meglio il fenomeno che assume frequenza periodica ciclica e contraddistingue la circolazione media zonale atmosferica del nostro Pianeta, un fenomeno quello di ENSO che probabilmente è direttamente collegato all’attività magnetica del Sole che non è sempre uguale, ma varia nel tempo, di norma ogni ciclo solare dura in media 11 anni.

El Niño-Southern Oscillation (ENSO) OTTOBRE 2021

El Niño, conosciuto anche con la sigla ENSO (El Niño-Southern Oscillation), è un fenomeno climatico ricorrente che si verifica nell’Oceano Pacifico centrale in media ogni cinque anni, pur possedendo in realtà un periodo variabile fra i tre e i sette anni. Esso culmina generalmente nei mesi di dicembre e gennaio, e da questo motivo (a dicembre c’è il Natale, la festa del Bambin Gesù, El Niño in lingua spagnola) deriva il nome: infatti, nelle fasi più intense di El Niño, che spesso coincidono con le feste natalizie, la pescosità nei mari limitrofi alle coste occidentali (pacifiche) sudamericane è molto limitata, e questo veniva visto come un segno divino del fatto che le attività umane dovessero fermarsi per celebrare le feste. Più a grande scala, il fenomeno ENSO provoca inondazioni, siccità e altre perturbazioni che variano a ogni manifestazione. I paesi in via di sviluppo che dipendono fortemente dall’agricoltura e dalla pesca, in particolare quelli sudamericani che si affacciano sull’Oceano Pacifico, ne sono i più colpiti. Per identificare, invece, i periodi in cui la fase di El Niño ha segno opposto, è stato coniato il nome La Niña.

A differenza della NAO, ENSO è una teleconnessione atmosferica accoppiata tra atmosfera e oceano che presenta appunto una componente oceanica, chiamata El Niño o La Niña, caratterizzati il primo da un riscaldamento e la seconda da un raffreddamento della temperatura delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centro-orientale in zona tropicale (intorno al tropico del Capricorno), e una componente atmosferica, chiamata Oscillazione Meridionale, caratterizzata da variazioni dei livelli di pressione nell’area del Pacifico centro-occidentale. Tali due componenti sono direttamente accoppiate: quando le temperature superficiali oceaniche nei pressi delle coste tropicali sudamericane è più alta della media (El Niño), la pressione del Pacifico occidentale è più alta della media, e viceversa (La Niña).

Figura 3 – Gli episodi di El Niño (a sinistra) riflettono periodi di SST superiori alla media lungo il bacino Pacifico tropicale orientale. Gli episodi di La Niña (a destra) rappresentano periodi di SST inferiori alla media nelle stesse zone. Le immagini mostrano I valori assoluti (sopra) e le anomalie rispetto alla media (sotto) delle SST nel periodo Dicembre-Febbraio di casi intensi di El Niño e La Niña.

Per definizione, si è in presenza di un evento di El Niño quando la superficie della parte centrale dell’Oceano Pacifico manifesta un incremento della temperatura di almeno 0,5°C per un periodo di tempo non inferiore ai 5 mesi. Se invece la temperatura è inferiore alla media stagionale di almeno 0,5°C nello stesso periodo, si è in presenza della fase opposta detta Niña.

La fase El-Niño s’instaura a causa del surriscaldamento delle SST del Pacifico orientale che, grazie all’incremento della convezione atmosferica (Figura 4), modificano a loro volta la circolazione equatoriale dei venti (di Walker) e con essa la distribuzione delle precipitazioni, regolando l’alternanza di periodi di siccità e di maggiore piovosità lungo tutto il Pacifico Equatoriale. Dal punto di vista della circolazione atmosferica, a conseguenza delle variazioni termiche delle SST, con la fase el-Nino si instaura una circolazione convettiva di aria ascendente sul Pacifico orientale ed una discendente in quello occidentale, ovvero si assiste ad uno spostamento della Circolazione di Walker longitudinale verso est. Dal punto di vista delle precipitazioni, come conseguenza dell’alterata circolazione atmosferica, la fase El Niño di ENSO porta intense precipitazioni sull’America centromeridionale, violenti uragani sull’intero Pacifico meridionale e in Australia settentrionale, e determina periodi di siccità in Africa centro-occidentale fino all’Indonesia. Viceversa nella fase La Niña si instaurano condizioni considerate ‘normali’, ovvero opposte alle precedenti, con convezione e forti precipitazioni sull’Indonesia e moti discendenti e scarse precipitazioni sul Pacifico orientale (Figura 4).

Come già accennato, un aspetto fondamentale che caratterizza gli effetto di El Niño sull’ambiente, ovvero sull’ecosistema oceanico, è la variazione dell’apporto nutritivo di cibo che il fenomeno causa nell’oceano Pacifico. La corrente calda che El Niño trasporta verso oriente risulta infatti estremamente povera di elementi nutritivi, finendo per sostituire interamente la corrente fredda di Humboldt (presente invece nella fase La Niña) che, grazie alla risalita delle acque profonde, favorisce il trasferimento dalle profondità oceaniche del plancton, il quale assicura cibo a grandi quantità di pesce. Se tale situazione si protrae per lunghi periodi, l’equilibrio faunistico marino ne risulta però stravolto, finendo per ripercuotersi pesantemente sull’economia delle popolazioni sudamericane di Ecuador, Perù e Cile, che vivono principalmente di pesca.

Figura 4 – dettaglio dei movimenti zonali e verticali dell’atmosfera a conseguenza delle varie fasi di ENSO.

Figura 5 – le fluttuazioni nei valori di SST sono accompagnate da fluttuazioni ancora maggiori della pressione atmosferica, fenomeno che va sotto il nome di Oscillazione Meridionale (o, in inglese, Southern Oscillation, SO). La fase negative di SO si verifica durante gli episodi di El Niño: in tali situazioni, un’anomala area di alta pressione staziona sull’Indonesia ed il bacino del Pacifico tropicale occidentale, mentre la parte orientale dello stesso bacino si trova sotto un’anomalia negativa. Al contrario, durante la fase positiva di SO (La Niña), le anomalie sono invertite. La figura mostra le anomalie di pressione atmosferica alla superficie del mare in due casi intensi di El Niño e La Niña.

Anche nel caso di ENSO, si utilizza un indice atmosferico per stabilirne le fasi. L’indice più semplice, di cui abbiamo già parlato sopra, è il Southern Oscillation Index (SOI), un indice standardizzato basato sulle differenze di pressione al livello del mare osservate tra punti fissi ‘anticorrelati’ della superficie terrestre, Tahiti e Darwin, in Australia (Figura 5). Il SOI è una misura delle fluttuazioni a grande scala della pressione atmosferica che si verificano tra la parte occidentale e quella orientale del bacino Pacifico tropicale (cioè, lo stato della fase di SO) durante gli episodi di El Niño e La Niña. In generale, le serie temporali standardizzate del SOI corrispondono molto bene alle anomalie delle SST in tutto il Pacifico tropicale orientale. La fase negativa di SOI corrisponde a pressioni atmosferiche al di sotto della norma a Tahiti e sopra la norma a Darwin, e periodi prolungati di valori negativi (positivi) del SOI coincidono con anomalie positive (negative) delle SST orientali tipici di El Niño (La Niña) episodi. Le procedure di standardizzazione prevedono che le pressioni delle due stazioni siano espresse come normalizzate, ovvero come anomalia rispetto alla media della singola stazione, divisa per la deviazione standard della stessa, e che tale differenza sia calcolata in rapporto alla deviazione standard mensile tra i due valori (dettagli su questo sito). La Figura 6 riporta l’andamento dell’indice negli ultimi 60 anni, da cui si evince una prevalenza della fase positiva del SOI.

Figura 6 – andamento dell’indice SOI negli ultimi 60 anni. Si nota la prevalenza della fase positiva dell’indice, in maniera particolare nell’ultimo decennio. La linea smussata rappresenta la media corrente dei valori in istogramma.

Al fine di tenere maggiormente conto del fatto che El Niño / Southern Oscillation (ENSO) è dovuto all’accoppiamento tra oceano e atmosfera, è stato introdotto un nuovo indice, il MEI (Multivariate ENSO Index) che utilizza le sei principali variabili osservate sul Pacifico tropicale: pressione a livello del mare (P), componenti zonale (U) e meridionale (V) del vento superficiale , la SST, la temperatura dell’aria alla superficie (A) e la frazione di nuvolosità totale (C) . Mediante la combinazione di questi valori e qualche operazione algebrica sulle loro medie (per i dettagli si consulti questo sito), si ottiene il valore del MEI, graficato in Figura 7. Valori negativi del MEI rappresentano la fase ENSO fredda, ovvero La Niña , mentre i valori positivi del MEI rappresentano la fase ENSO calda (El Niño ).

Figura 7 – andamento dell’indice MEI dal 1950 ad oggi. Si nota come, rispetto al più tradizionale SOI, in questo caso la prevalenza della fase calda sia meno evidente, in particolare per quanto riguarda il periodo dopo il 2000. Sono altresì ben visibili i casi di El Niño più intensi (1982 e quello molto lungo del 1998).

La Figura 8 riassume invece i principali effetti legati alle due fasi di ENSO, separandole per stagione, ed evidenziando i casi di situazioni più o meno piovose, o più o meno calde, della norma. Come si può osservare, i principali effetti di ENSO riguardano i paesi che si affacciano sull’oceano Pacifico e sull’oceano Indiano, e la zona del golfo del Messico, geograficamente vicina al Pacifico tropicale.

Figura 8 – esempio di teleconnessioni climatiche a grande scala derivanti dai cicli ENSO, dedotte dalla correlazioni con l’indice ENSO: come si vede, vi sono delle ripercussioni che non si limitano solamente alle aree tropicali del Pacifico, ma si estendono anche a decine di migliaia di chilometri da esse.

Nel Pacifico equatoriale sono presenti condizioni di La Niña.
Si ritiene che le condizioni di La Niña abbiano una probabilità maggiore del 60% di proseguire fino alla fine dell’inverno boreale e del 40% di non proseguire.

Nel mese di ottobre 2021, la temperatura superficiale marina (SST) nella regione NINO.3 è risultata essere inferiore alla norma, con una deviazione di -0,7°C.

La SST è la temperatura media mensile della superficie del mare mediata nella zona NINO.3 (5°N-5°S, 150°W-90°W). L anomalia della temperature della superficie del mare nella regione NINO.3 è definita come la differenza tra la temperatura media mensile della superficie del mare e la media climatologica basata sull’ultimo periodo mobile di 30 anni.La JMA stabilisce che si è in presenza di un evento di El Niño (La Niña) quando la superficie della parte centrale dell’Oceano Pacifico manifesta un incremento della temperatura di almeno 0,5°C per un un periodo di tempo non inferiore ai 5 mesi. Se invece la temperatura è inferiore alla media stagionale di almeno 0,5°C nello stesso periodo, si è in presenza della fase opposta detta Niña. Le medie di cinque mesi sottolineate mostrano valori superiori a +0,5°C e i valori in corsivo inferiori a -0,5°C. Per ultimo i valori della temperatura della superficie del mare (SST) e del Southern Oscillation Index (SOI) .

Fig.3 Il grafico illustra le serie storiche delle anomalie della temperatura della superficie del mare (SST) rispetto alla media climatologica  basata sull’ultimo periodo trentennale della regione NINO.3, (il 2° pannello), l’indice di oscillazione meridionale (il 3° pannello), le anomalie SST della regione NINO.WEST (il 4° pannello), e le anomalie SST della regione IOBW (il pannello inferiore). Le linee sottili indicano un valore medio mensile, mentre le linee più spesse indicano una media di cinque mesi. Le aree ombreggiate in rosso indicano i periodi di El Niño e in blu quelli di La Niña.

Le temperature della superficie marina SST nel Pacifico equatoriale sono risultate al di sopra della norma nella parte occidentale e al di sotto della norma nelle zone centrali e orientali.

Fig.4 Media mensile della temperatura della superficie dell oceano (SST) e delle anomalie rispettivamente nell’Oceano Pacifico e nell’Oceano Indiano. la media climatologica di riferimento è quella del periodo 1991-2020.

Fig.6 Rappresentazione di una sezione altezza/latitudine delle anomalie della temperatura della superficie del mare SST lungo l’equatore rispettivamente nell’ Oceano Indiano e nell’Oceano Pacifico.La media climatologica di riferimento è quella del periodo 1991-2020.

Le temperature al di sotto della superficie oceanica sono risultate al di sopra della norma nella parte occidentale e al di sotto della norma nelle zone centrali e orientali.

Fig.5 Rappresentazione di una sezione profondità-longitudine della temperatura e delle anomalie lungo l’equatore rispettivamente nell’ Oceano Indiano e nell’Oceano Pacifico grazie al sistema di assimilazione dei dati oceanici. La media climatologica di riferimento è quella del periodo 1991-2020.

Fig.7 Rappresentazione di una sezione tempo-longitudine del contenuto di calore oceanico (OHC; temperatura media sulla verticale nei primi 300 m) anomalie lungo l’equatore negli Oceani Indiano e Pacifico dal sistema di assimilazione dei dati oceanici. La media climatologica di riferimento è quella del periodo 1991-2020.

Per quanto riguarda l’atmosfera, l’attività convettiva vicino alla data-line sul Pacifico equatoriale è stata inferiore al normale e gli easterlies nella bassa troposfera (cioè gli alisei) sul Pacifico equatoriale centrale sono stati più forti del normale.

Fig.8 Rappresentazione delle serie storiche dell’indice OLR intorno alla Data Line internazionale (OLR-DL), dell’indice del vento zonale equatoriale a 200 hPa nel Pacifico centrale (U200-CP), dell’indice del vento zonale equatoriale a 850 hPa nel Pacifico centrale (U850-CP) e dell’indice del vento zonale equatoriale a 200 hPa nell’Oceano Indiano (U200-IN) (dall’alto in basso). La media climatologica di riferimento è quella del periodo 1991-2020 . Le aree ombreggiate in rosso indicano i periodi di El Niño, e in blu quelli di La Niña.

Fig.9 Rappresentazione della radiazione media mensile OLR e anomalie. La media climatologica di riferimento è quella del periodo 1991-2020 . I dati sono stati forniti dal NOAA.

Fig.10 Rappresentazione di una sezione altezza/longitudine delle anomalie della velocità potenziale a 200 hPa (a sinistra) e delle anomalie del vento zonale a 850 hPa (a destra) lungo l’equatore. La media climatologica di riferimento è quella del periodo 1991-2020 .

Queste condizioni oceaniche e atmosferiche sono coerenti con le caratteristiche comunemente osservate negli eventi di La Niña avvenuti in passato. Le condizioni di La Niña sono ritenute presenti nel Pacifico equatoriale.Il volume di acqua fredda presente al di sotto della superficie oceanica nel Pacifico equatoriale centrale e orientale osservato durante il mese di ottobre dovrebbe propagarsi verso est nei prossimi mesi e contribuire a mantenere le SST più fredde nel Pacifico orientale.Il modello previsionale su El Niño della JMA prevede che i venti orientali sul Pacifico equatoriale centrale continuino ad essere più forti del normale durante il prossimo inverno, in associazione con le SST calde e una maggiore attività convettiva nel Pacifico equatoriale occidentale. Queste anomalie presenti nell’atmosfera rendono la SST nella regione NINO.3 inferiore a -0,5°C su base mensile e dovrebbe rimanere tale fino all’inizio dell’inverno. Tuttavia, la probabilità che la temperatura della superficie del mare SST nella regione NINO.3 soddisfi la definizione JMA dell’evento La Niña (media mobile di 5 mesi al di sotto di -0,5°C per 6 mesi consecutivi) deve essere leggermente corretta verso il basso per tenere conto del fatto che la temperatura del mare nella regione NINO.3 dovrebbe avvicinarsi alla norma verso la prossima primavera

Fig.11 Outlook della deviazione SST per la regione NINO.3 secondo il modello di previsione di El Niño JMA .

In conclusione, le probabilità che le condizioni di La Niña continuino fino alla fine dell’inverno boreale e soddisfino la definizione sono maggiori del 60% rispetto a quelle contrarie (40%)

Fig.1 Rappresentazione della media di cinque mesi della deviazione SST per la regione NINO.3 secondo il modello di previsione di El Niño della JMA (JMA/MRI-CGCM2). I punti rossi indicano i valori osservati e le caselle indicano le previsioni. Ogni casella denota l’intervallo in cui il valore sarà incluso con una probabilità del 70%.

Fig.2 Forecasts Probabilità di previsione ENSO basate su JMA/MRI-CGCM2. Le barre rosse, gialle e blu indicano le probabilità che la media di cinque mesi della deviazione SST nella regione NINO.3 dall’ultima media trentennale sia rispettivamente di +0,5°C o superiore (El Niño), tra +0,4°C e -0,4°C (ENSO neutrale), e -0,5°C o inferiore (La Niña). Le etichette in carattere chiaro indicano i mesi passati, e quelle in grassetto indicano i mesi attuali e futuri.

Fonte dati e grafici

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Influence of solar activity and EI Niño-Southern Oscillation on precipitation extremes, streamflow variability and flooding events in an arid-semiarid region of China

Lin Zhang ab, Yanfeng Liu b, Hongbin Zhan c, Menggui Jin ab, Xing Liang b

Abstract

Solar activity including sunspot number (SSN) and EI Niño-Southern Oscillation (ENSO) affect both surface and subsurface hydrological processes in arid-semiarid regions of the world, thus evaluating multi-scale hydrological response to global climate changes can provide valuable information on regional water resources management and ecological restoration. In this study, we utilize wavelet coherence together with continuous wavelet transform to analyze the influence of SSN and ENSO on multiple interacting hydrological processes and distinguish nonstationary patterns in annual precipitation and extreme precipitation events and their effects on short-term or long-term streamflow variations and periodic flooding in Xinjiang, an arid-semiarid region of China. The results indicate that the climate in Xinjiang has become wetter during the period 1960–2019. Extreme precipitation events in Xinjiang have significant oscillation periods at the 2–4 years band, and stations with strong extreme precipitation events are located in northern Xinjiang and Tianshan mountain area, while stations with weak extreme precipitation events are found in southern Xinjiang. The annual precipitation has significant multiple-periodicities at the 2–7-year band, at the 7–11-year band, and at the 13–15-year band. Furthermore, annual streamflow data for nine natural rivers all have significant dominant periodicities at inter-annual scale of 2–4-year and 4–7-year band, and monthly streamflow data for Yarkand river has significant periodicities at intra-annual scale of 3–7-month and 8–14-month band. Since evolution of annual streamflow variability and monthly streamflow variability all show direct response to precipitation features, increasing extreme precipitation events significantly affect streamflow fluctuation of natural rivers in Xinjiang. Overall, SSN and ENSO is viewed as one of the main drivers for annual precipitation or extreme precipitation periodic variation by either enhancing or suppressing convection, and the SSN and ENSO-modulated precipitation anomaly contributes to significant streamflow variation or regional flooding disasters. Investigating the detailed linkage between interannual to multidecadal climate variability and hydrometeorological variables will help decision-makers and scientists to better understand variability in regional hydrological processes, which has great implications for water resources planning and operations in Xinjiang under future climate uncertainty.

Introduction

Climate change induced by human activities and its impacts on the hydrological cycle have become a vital issue for social and economic sustainable development and ecological health. In particular, precipitation and flows in streams and rivers may play a critically important role in the global energy and hydrological cycle that is critical for life on Earth. Increasing evidences have shown that the hydrological variables including precipitation and water quantity, are closely linked with global warming trends, and the intensity, frequency and duration of various climate extremes such as heavy precipitation, heatwaves, droughts, floods and tropical and extratropical storms have occurred frequently (IPCC, 2014, Tegegne et al., 2020). Over the past several decades, the number and scope of extreme precipitation events increased significantly in both global and regional scales (Tong et al., 2019, Yang et al., 2020). And a series of catastrophic natural disasters around the world, such as a calamitous flood in Central America in 1998, large-scale snow disasters in China in 2008, and intense precipitation events in Calgary and Toronto in 2013, have become grave public concerns (Easterling et al., 2000a, Tong et al., 2019, Wang et al., 2014). Thus, exploring changes in extreme precipitation events can be conducive to monitor short-term or long-term streamflow variations and periodic flooding.

It is well known that solar radiation and plasma movement can be strengthened with many solar activities, such as radiation bursts, flares and solar winds, which affect global climate changes (Li et al., 2009). Periodical activities of sunspot number (SSN) can lead to changes in Earth’s atmosphere both in terms of energy as well as its composition, and further influence periodic change of hydrological variables in water cycle in direct and/or indirect ways. Furthermore, sunspot activity has a marked impact on the creation of large-scale climate phenomena, including EI Niño-Southern Oscillation (ENSO), Atlantic Oscillation and Pacific Decadal Oscillation (Fu et al., 2012). ENSO is a periodic climate phenomenon with strong direct effects on the variability of the hydrological cycle in many parts of the world. Therefore, it is important to study global or regional changes in water resources caused by climate change, solar active phenomena and/or large-scale climate phenomena from a long-term perspective. Previously, Deng et al. (2020) have disclosed that the periodic properties of solar activity have a wide range, varying from a few days to several decades. Some studies have founded the similar periodicities or multi-timescale characteristics to solar activity in many natural hydrological processes, including precipitation and temperature time series (Lan et al., 2020, Yuan et al., 2015), streamflow and suspended sediment discharge series (Wei et al., 2016), drought-flood time series (Wang et al., 2015). Moreover, Li et al. (2009) quantified SSN’s influences on natural runoff with a 11-year band in the Yellow River. Li et al. (2017) founded that close relationship with 16-year and 41-year scales between precipitation and SSN were identifiable in the Loess Plateau of China during 1951–2015. Besides the impact of solar activity, various studies have also quantified the correlation between ENSO and hydrological processes, such as streamflow, precipitation, flood frequency, and drought across different regions of the world (Chiew et al., 1998, Huo et al., 2016a, Huo et al., 2016b, Keener et al., 2010, Nalley et al., 2016, Wang et al., 2015, Wang et al., 2019, Yang et al., 2019). Both solar activity and large-scale climate phenomena have played crucial roles in regulating natural processes, particularly hydrological processes, but it is easy to confound their effects on multiple natural processes due to the direct influence of solar activity on large-scale climate phenomena. To quantify their contributions, Fu et al. (2012) attempted to estimate the combined influence of solar activity and large-scale climate phenomena on single hydrological variable-streamflow across southern Canada, and founded that solar activity affected El Niño first, and this influence was then transferred by El Niño to streamflow. In addition, Li et al. (2017) also tried to explore the response mechanisms of extreme precipitation events to solar activity and El Nino events in typical regions of Loess Plateau of China. However, few studies sought to focus on direct or indirect influence of solar activity and large-scale climate phenomena on multiple interacting hydrological processes. For instance, precipitation variability can affect changes in natural runoff of stream and river or flood occurrence, and they are all influenced by solar activity and large-scale climate phenomena. In addition, few catchment-scale researchers have paid attention to the coupling of annual precipitation, extreme precipitation events and streamflow or flood events and their responses to influence of solar activity and large-scale climate phenomena.

In recent years, wavelet analysis, including continuous wavelet transform (CWT), cross wavelet transform (XWT) together with wavelet coherence (WTC) have been widely used for analyzing time-series characteristics of climate change and multi-scale hydrology (Agarwal et al., 2016, Fu and Yao, 2015, Guo et al., 2019, Hao et al., 2016, Henderson et al., 2009, Huo et al., 2016a, Huo et al., 2016b, Xi et al., 2018). However, the WTC method has not yet been used extensively in multiple interacting hydrological processes in the arid-semiarid region. Very recently, Rezaei and Gurdak, 2020, Nourani et al., 2019 used WTC analysis based on CWT to identify the teleconnections between the large-scale climate variability and hydrological processes in the Lake Urmia watershed of a semiarid region in Iran. They have also investigated the natural climate variability effects on the lake’s hydro-climate variables of precipitation, temperature, the lake level, groundwater fluctuations, soil moisture, vegetation coverage, and insolation clearness index. However, there are many remaining questions about the hydro-climatic mechanisms affecting water resources in other similar arid/semiarid region worldwide. Xinjiang is an outstanding example of an environmental tragedy in the arid Central Asia. Due to the special topographical features of “three mountains and two basins” and the unique natural environment pattern (Yao et al., 2018), the distribution of water resources in Xinjiang is highly uneven. In recent decades, flood events and drought events have occurred frequently and alternately in northern Xinjiang and southern Xinjiang, mainly showing the characteristics of “spring drought, summer flood, autumn lack, and winter dryness”. Since the late 1980s, affected mainly by global or regional climate change, especially extreme climate variability, the flood disasters in Xinjiang have shown an expanding trend, which is manifested as an increase in the frequency and intensity of storm floods, meltwater floods, and cement flows. Furthermore, under the influence of global warming, the climate in Xinjiang has experienced a dry-to-wet evolution in 1961–2019, and the increases of annual mean temperature, annual total precipitation, and extreme climate events in Xinjiang are more significant than those in other typical regions of the same latitude as Xinjiang (Wang et al., 2020, Zhang et al., 2012). This is clearly different from the trend of ‘dry-get-drier and wet-get-wetter’ in most other regions of the world under the background of climate warming (IPCC, 2013). Therefore, exploring changes in annual precipitation and extreme precipitation events can be conducive to monitor short-term or long-term streamflow variations and periodic flooding.

In this study, an integrated assessment of linking multiple interacting hydrometeorological parameters to two non-stationary climatic modes is provided. The novelty of this paper is that it is one of the first analyses to focus on the coupling of precipitation extremes and discharge of streamflow or flooding events and their responses to these non-stationary climate modes, such as SSN and ENSO. The main objectives in this study are to (1) explore the direct or indirect influence of climate variability at the inter-annual level via SSN and ENSO on multiple interacting hydrometeorological parameters, including eight extreme precipitation indices (EPIs), annual mean streamflow (��) of nine natural rivers in an arid-semiarid region of Xinjiang, Northwest China, (2) distinguish nonstationary patterns in annual precipitation and extreme precipitation events and their effects on short-term or long-term streamflow variations of nine natural rivers and periodic flooding of Yarkant river under the influence of global warming and climate change.

Section snippets

Study area

The study area, Xinjiang Uygur Autonomous Region (34°25′–48°10′ N, 73°40′–96°18′ E), the largest province in China, is located in the eastern part of Central Asia. It is an arid-semiarid region in the northwestern China with an area of approximately 1.66 million km2 (Fig. 1). Two basins (Tarim and Junggar Basins) are sandwiched between three mountain ranges (Kunlun, Tianshan, and Altai Mountains), forming unique geomorphic features of “three mountains surrounding two basins” (Yao et al., 2018). 

Definition of extreme climate indices

In this study, eight EPIs were recommended on climate change detection and indices based on previous investigations (Sillmann et al., 2013, Tong et al., 2019, Xi et al., 2018). The extreme climate indices were defined and described in detail in Table 2. The EPIs covered max 1-day precipitation amount (Rx1day), max 5-day precipitation amount (Rx5day), heavy precipitation days (R10), very heavy precipitation days (R20), consecutive dry days (CDD), consecutive wet days (CWD), very wet days (R95p), 

Changes in extreme precipitation events

Temporal trends and spatial patterns of extreme precipitation events in Xinjiang during the period 1960–2019 are presented in Fig. 2. Rx1day, Rx5day, R10, R20, R95p, R99p and CWD significantly increase at rates of 0.64 mm/decade, 1.02 mm/decade, 0.25 days/decade, 0.07 days/decade, 3.13 days/decade, 1.14 days/decade, 0.07 days/decade, respectively, while CDD significantly decreases by 4.67 days/decade (Fig. 2(a1–h1); Table S2). At the spatial scale, both Rx1day and Rx5day decrease from

Discussion

Changes in the spatial extent, duration, intensity and frequency of various extreme weather and climate events are closely relevant to this study and similar previous investigations (Easterling et al., 2000b, Sun et al., 2016). We select eight valuable EPIs in Xinjiang to investigate the spatiotemporal evolution and periodic oscillation characteristic of extreme precipitation events during 1960–2019. Over such a 60-years period, the precipitation in Xinjiang has been increasing, and the climate 

Conclusions

The present study selects Xinjiang of China as a typical inland arid-semiarid region to study spatiotemporal variability for the indices of extreme precipitation events and the multi-scale features of runoff variability over the past six decades. It further explores significant periodicities of hydrological processes including annual precipitation, extreme precipitation events, and annual/monthly streamflow characteristics using the CWT approach, and investigates the detailed linkage between

CRediT authorship contribution statement

Lin Zhang: Conceptualization, Methodology, Validation, Formal analysis, Investigation, Data curation, Writing – original draft, Visualization. Yanfeng Liu: Conceptualization, Methodology, Validation, Formal analysis, Supervision, Writing – review & editing. Hongbin Zhan: Conceptualization, Methodology, Validation, Formal analysis, Supervision, Writing – review & editing. Menggui Jin: Conceptualization, Resources, Supervision, Writing – review & editing, Project administration, Funding

Declaration of Competing Interest

The authors declare that they have no known competing financial interests or personal relationships that could have appeared to influence the work reported in this paper.

Acknowledgements

This research was supported by the National Natural Science Foundation of China (No. 41672246) and the Fundamental Research Funds for the Central Universities, China University of Geosciences (Wuhan) (No. 1910491T05). Thanks are due to Mr. Feng Zhao, Mrs. Yining Sun and Mrs. Jie Gao of China University of Geosciences for helping with the meteorological data collection. We gratefully acknowledge the contribution of Mrs. Yixin Wu of Central China Normal University for insightful statistical

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El Niño Southern Oscillation in a Changing Climate (Geophysical Monograph Series Book 254) (English Edition) https://www.amazon.it/Niño-Southern-Oscillation-Changing-Geophysical-Monograph-ebook/dp/B08LPKRG51
https://www.academia.edu/1298828/IL_CICLO_DELL_ENSO_IL_NIÑO_E_LA_NIÑA
https://www.academia.edu/5777568/El_Nino_Southern_Oscillation

Dott. Alessio Brancaccio, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

IL SISTEMA CLIMATICO

Prima di introdurre il discorso sul sistema climatico e dei fattori che lo regolano, diamo la definizione di clima: “per climi s’intende l’insieme dei parametri (temperatura, umidità, pressione, venti…) che si manifestano in una determinata regione geografica, rilevati da apposite apparecchiature per lungo tempo, determinando la fauna e la flora, influenzando anche le attività economiche, le abitudini e la cultura delle popolazioni che vi risiedono.”

Spesso si tende a confondere o a unire assieme i termini “tempo meteorologico” e “clima”, mentre, a livello scientifico, questi due termini hanno significato ben distinto: il tempo meteorologico è il risultato di vari fattori combinati assieme, quali la temperatura, umidità ecc. che caratterizzano un’area definita e limitata in un determinato intervallo di tempo, mentre il clima fa riferimento ad elementi costanti che tendono a ripetersi, a livello stagionale, in aree del territorio molto più vaste; esso dipende da specifici elementi e fattori climatici.

Può succedere spesso che una persona, nel corso della sua vita, possa assistere a parecchi cambiamenti del clima, poiché esso è soggetto a cambiamenti temporali, anche con periodi piccoli e comparabili con la durata media della vita di un essere umano; a maggior ragione, i cambiamenti climatici possono instaurarsi su periodi di tempo ben più lunghi, in risposta a variazioni dei fattori che regolano questo fenomeno, che a breve, introdurremo. L’O.M.M. (Organizzazione Meteorologica Mondiale) ha stabilito che la durata minima della serie di dati continui per individuare le caratteristiche climatiche di una particolare regione geografica è di 30 anni.

Vi sono diverse branche che studiano il sistema climatico:

  1. CLIMATOLOGIA E’ la scienza che si occupa del clima;
  2. BIOCLIMATOLOGIA Considera gli effetti provocati dal clima sulla biosfera;
  3. FITOCLIMATOLOGIA Scienza che studia le relazioni esistenti tra flora, vegetazione e clima di una determinata regione;
  4. METEOROLOGIA Scienza che studia il tempo meteorologico e le sue previsioni

In rapporto alla scala, vi sono diversi livelli di studio del clima:

  1. MACROCLIMA E’ relativa alla condizioni climatiche generali di una zona. Dà una rappresentazione del clima che tende ad eliminare le differenze dovute a fattori locali. E’ in dipendenza dalla situazione geografica: latitudine, longitudine, distanza dai mari, presenza delle catene montuose (orografia), altitudine);
  2. MESOCLIMA Si pone ad un livello intermedio: corrisponde alla variazione che subisce il macroclima di una regione per gli influssi locali che dipendono da fattori topografici; il mesoclima può anche essere denominato “clima locale” o “topoclima”;
  3. MICROCLIMA E’ il clima che si manifesta in un luogo limitato e specifico della superficie terrestre.

ELEMENTI CLIMATICI

Gli elementi del clima sono fenomeni fisici misurabili attraverso le stazioni meteorologiche (capannine standard) e sono:

  1. TEMPERATURA Dipende direttamente dall’energia solare; i parametri più importanti da considerare sono: temperatura media diurna, temperatura media mensile, temperatura media annuale, escursione termica diurna.
  2. UMIDITA’ E’ la quantità di vapore acqueo presente in atmosfera: essa dipende dalla temperatura che causa il passaggio dell’acqua allo stato di vapore. Può essere misurata in umidità assoluta e umidità relativa.
  3. PRESSIONE ATMOSFERICA Dipende dall’andamento delle temperature e dall’altitudine.
  4. INTENSITA’ DELLE RADIAZIONI SOLARI E LORO DURATA Arrivano sulla Terra sottoforma di onde elettromagnetiche, la radiazione solare è formata da radiazioni visibili (400-600 nm), radiazioni UV (<400 nm), radiazioni IR (>3000 nm). La Terra assorbe energia e la converte in calore, riemettendo energia. Il sistema Terra-Atmosfera assorbe e perde energia: il divario tra la radiazione solare entrante e la radiazione terrestre uscente forma il bilancio termico. La quantità e la durata delle radiazioni solari sulla Terra, dipendono da fattori geografici tipo la latitudine e da fattori locali, quali le condizioni atmosferiche. La radiazione ha una grande importanza sul clima, poiché da essa dipendono la temperatura e l’illuminazione.
  5. PRECIPITAZIONI Si verificano quando la concentrazione del vapore acqueo nell’atmosfera, raggiunge valori superiori alla saturazione o quando si verifica una sensibile riduzione della temperatura dell’aria, si ha così la condensazione e si possono avere piogge sottoforma di pioggia, neve o grandine.
  6. NUVOLOSITA’
  7. VENTO Il vento è la differenza di pressione che viene a determinarsi tra le masse d’aria che si spostano da linee di alta pressione o anticicloniche (il senso di rotazione della massa d’aria va da est verso ovest, con moto verso sinistra, senso antiorario) ad aree di bassa pressione o cicloniche (il senso di rotazione della massa d’aria va da ovest verso est, con moto verso destra, senso orario): maggiore è la differenza di pressione instaurata, maggiore sarà la velocità, intensità del vento.

FATTORI CLIMATICI

I fattori climatici sono dei parametri che influiscono sugli elementi climatici, variandoli nel tempo. Si possono distinguere tra:

  1. FATTORI INTERNI (ZONALI, GEOGRAFICI)
  2. FATTORI ESTERNI (VENTO SOLARE, VARIAZIONI DEI PARAMETRI ORBITALI TERRESTRI: INCLINAZIONE DELL’ASSE DI ROTAZIONE, ECCENTRICITA’ DELL’ORBITA, MOMENTO ANGOLARE PLANETARIO)

I fattori zonali agiscono regolarmente dall’equatore ai poli, i fattori geografici in modo differente a seconda della località considerata. Tra i fattori interni, sono fattori zonali:

  • LATITUDINE Distanza dall’equatore.
  • CIRCOLAZIONE GENERALE ATMOSFERICA Essa influisce sul clima tramite gli scambi di calore tra regioni calde e regioni più fredde ed è l’insieme dei moti che caratterizzano l’atmosfera terrestre.
  • EFFETTO SERRA Fenomeno naturale che consiste nell’intrappolamento della radiazione energetica ad opera di uno strato atmosferico, che aumenta la temperatura media del Pianeta. Anche le attività umane sono in grado di provocare questo tipo di effetto. Il nome deriva per similitudine con quanto avviene nelle serre destinate alle coltivazioni agrarie in-situ.
  • ERUZIONI VULCANICHE Le eruzioni vulcaniche catastrofiche emettono in atmosfera grandi quantità di polveri e composti solfati, i quali vengono trasformati in aerosol, che è formato da piccolissime gocce: queste sono molto efficaci nel riflettere la radiazione solare e possono provocare raffreddamenti della superficie che, a livello globale, possono essere dell’ordine di 0,5-1°C.

Sono fattori geografici:

  • ALTITUDINE Con l’aumentare della quota diminuisce la temperatura, la pressione e l’umidità, mentre aumentano l’irraggiamento solare e, fino ad una determinata quota, la piovosità.
  • OROGRAFIA Presenza di catene montuose che bloccano i venti.
  • VICINANZA DEL MARE Fattore in grado di mitigare il clima in quella determinata zona.
  • CORRENTI MARINE Agiscono sul clima delle regioni costiere. Esempio: Corrente del Golfo.
  • VEGETAZIONE La distribuzione sulla superficie terrestre è legata alle caratteristiche climatiche.
  • ATTIVITA’ UMANE Agiscono sul clima, poiché intaccano i naturali equilibri degli ecosistemi e li modificano.
  • RAGGI SOLARI Quantità di radiazione solare che arriva in entrata in una determinata zona del Pianeta

I fattori esterni sono:

  • VENTO SOLARE E’ formato da un flusso continuo di particelle cariche elettricamente emesse in continuamente dal Sole, che si propaga in tutto il Sistema Solare, investendo la Terra e tutti gli altri corpi celesti.
  • VARIAZIONI DEI PARAMETRI ORBITALI TERRESTRI Si tratta di eccentricità dell’orbita terrestre, inclinazione dell’asse terrestre, precessione degli equinozi.

La figura seguente mostra i principali componenti del sistema climatico e le possibili cause delle sue variazioni: quest’ultime riguardano fondamentalmente il clima globale ed hanno a che vedere con la variazione dei flussi di energia all’interno del sistema climatico.

INDICI CLIMATICI

Gli indici climatici sono dei parametri ai quali gli scienziati fanno riferimento per comprendere meglio i meccanismi del clima: essi ci spiegano le caratteristiche essenziali dello stesso e sono definiti semplici e completi, nel senso che danno una descrizione generale dello stato dell’atmosfera e degli oceani.

INDICI BIOCLIMATICI

Per la classificazione dei vari tipi di clima, sono stati proposti numerosi indici e formule che mettono in relazione uno o più elementi climatici, consentendo di definire le principali caratteristiche del clima che si manifesta in determinate aree geografiche e/o per la ripartizione della vegetazione sulla superficie terrestre. Gli indici bioclimatici più importanti da considerare sono:

  • PLUVIOFATTORE DI LANG Secondo tale indice se esso è <1 vi è il limite tra vegetazione arborea e steppica; se esso è <0,5 indica il passaggio alla vegetazione desertica. In formula si esprime come P/T, dove P è il totale delle precipitazioni annue in cm e T è la temperatura media annua in °C;
  • INDICE DI ARIDITA’ DI DE MARTONNE E’ una modifica della formula di Lang, per evitare valori troppo grandi o negativi nei casi di clima freddo con temperature medie annue uguali o inferiori a 0°C. Il significato ecologico è lo stesso di quello dell’indice di Lang: se l’indice è <5 la vegetazione è desertica, se l’indice è compreso tra 5 e 10, la vegetazione è steppica; se l’indice è compreso tra 10 e 20 siamo in presenza di praterie, se l’indice è >20 la vegetazione è forestale. In formula si esprime come P/T+10, dove P è la precipitazione annua in mm e T è la temperatura media annua in °C.
  • QUOZIENTE PLUVIOTERMICO DI EMBERGER I valori dell’indice Q sono tanto più bassi quanto il clima è arido e tanto più alti quanto più è umido; nella regione mediterranea varia tra 50 e 250, con i seguenti intervalli: 20<Q<30 il clima è arido; 30<Q<50 il clima è semiarido; 50<Q<90 il clima è subumido; Q>90 il clima è umido. In formula P/(M^2-m^2)x100, dove P è la precipitazione annua in mm, M è la media delle temperatura massime del mese più caldo; m è la media delle temperature minime del mese più freddo in °C.
  • INDICE XEROTERMICO DI GAUSSEN Questo indice si basa, oltre che sui valori delle precipitazioni e delle temperature, anche sul numero di giorni piovosi, con nebbia e/o rugiada e sullo stato igrometrico medio: è stato utilizzato per la definizione dei tipi di bioclima e per la realizzazione della carta bioclimatica della regione mediterranea.
  • INDICE DI THORNTHWAITE E’ basato sulla misura dell’evapotraspirazione delle piante, distinguendola tra evapotraspirazione reale (ETR) ed evapotraspirazione potenziale (ETP): la prima si misura tramite gli evaporimetri o con formule che utilizzano i dati climatici, mentre l’ETP si calcola con formule empiriche. Dai valori di ETP si ricavano gli indici di umidità (Iu) e di aridità (Ia): Iu=100 s/ETP; Ia=100 d/ETP, dove s è l’eccesso idrico e d è il deficit idrico. Lo scienziato propone, inoltre, l’indice di umidità globale, in formula: Im=Iu-Ia, da cui deriva la seguente classificazione climatica: Im>100 il clima è molto umido; Im da 99,9 a 20 il clima è umido; Im da 19,9 a 0 il clima è sub-umido; Im da 0 a -33,3 il clima è umido-asciutto; Im da -33,4 a -66,7 il clima è semiarido-arido; Im=<-66,7 il clima è arido.
  • INDICE DI TERMICITA’ DI RIVAS-MARTINEZ Parte dai parametri di Emberger e li correla alla temperatura media annua anziché alla quantità di precipitazioni, proponendo il seguente indice in formula: It=(T+m+M)x10, dove T è la temperatura media annua in °C; m è la media delle temperature minime del mese più freddo; M è la media delle temperature massime del mese più freddo. Il valore di It mette in evidenza il grado di mitezza del clima e permette l’individuazione dl termotipo.

DIAGRAMMI CLIMATICI

I parametri del clima, come le precipitazioni e le temperature si possono rappresentare graficamente utilizzando il sistema di assi cartesiani, ottenendo i diagrammi climatici: questi permettono un immediato confronto tra i diversi tipi di clima e tra i climi di diverse località e sono assai importanti nelle indagini fitogeografiche ed ecologiche. I principali sono:

  • CLIMOGRAMMI DI PEGUY (1961)
  • DIAGRAMMI DI BAGNOULS E GAUSSEN
  • DIAGRAMMI DI WALTER E LIETH Modificano quelli di Bagnouls e di Gaussen

CLASSIFICAZIONE DEI CLIMI

I climi si suddividono in:

  • CLIMA ALPINO
  • CLIMA CONTINENTALE
  • CLIMA DESERTICO
  • CLIMA STEPPICO
  • CLIMA NIVALE
  • CLIMA TEMPERATO
  • CLIMA EQUATORIALE
  • CLIMA MEDITERRANEO
  • CLIMA POLARE
  • CLIMA SUBTROPICALE
  • CLIMA TROPICALE
  • CLIMA OCEANICO
  • CLIMA SUBARTICO

Secondo Koppen, i climi si dividono in cinque classi differenti:

  • CLASSE A (CLIMI TROPICALI, ESEMPIO: EQUATORIALE, MONSONICO)
  • CLASSE B (CLIMI ARIDI, ESEMPIO: DESERTICO, STEPPICO)
  • CLASSE C (CLIMI TEMPERATI, ESEMPIO: MEDITERRANEO, UMIDO)
  • CLASSE D (CLIMI BOREALI, ESEMPIO: FORESTE, TRANSIBERIANO)
  • CLASSE E (CLIMI NIVALI, ESEMPIO: TUNDRA, GLACIALE)

LA CIRCOLAZIONE GENERALE DELL’ATMOSFERA

Sulla circolazione generale atmosferica oggi sono basate le previsioni meteorologiche sempre più accurate, anche grazie all’avvento delle nuove tecnologie, quali il rilevamento satellitare o telerilevamento. Il numero di dati di cui oggi disponiamo, a differenza di qualche anno fà, è molto maggiore: sappiamo, ad esempio, che l’intenso riscaldamento prodotto dalla radiazione solare nel punto subsolare, che si trova a circa 20 gradi di latitudine nord, causa una circolazione di tipo quasi convettivo, con aria che si innalza e sale in quota piuttosto fortemente; si tratta di aria umida, la quale viene spinta dal vapore che condensa producendo una sorta di “galleggiamento” ancor più netto. Una volta finita la spinta, l’aria calda che sale, si divide in due diramazioni: una diretta a nord e l’altra verso sud: seguendo quella a nord, sotto la spinta della forza di Coriolis, la forza che devia tutte le masse d’aria da sinistra a destra nell’emisfero boreale (nord) e da destra a sinistra nell’emisfero australe (sud) per effetto del movimento di rotazione attorno al proprio asse del Pianeta Terra o momento angolare, le masse d’aria si sposteranno insieme in quota verso est, fino a raggiungere 30-35 gradi nord circa. A questo punto, l’aria perde quasi tutto il suo galleggiamento e comincia di nuovo a precipitare verso il basso della cella, la quale si richiude al suolo con aria che si muove dai tropici verso l’equatore. Il movimento diretto verso sud è di nuovo soggetto alla forza di Coriolis, che tende a spostarlo verso ovest, creando il sistema dei venti degli alisei: tutto il movimento, nel complesso, origina la Cella di Hadley: essa è in grado di generare dei venti occidentali, che aiutano molto la meteorologia alle nostre latitudini e che si possono spiegare come una conseguenza del gradiente di temperatura che esiste tra l’equatore ed il polo. Fra le due celle di Hadley, i venti zonali sono tuti occidentali e raggiungono un massimo d’intensità ai tropici in quota: esse sono in grado di originare le correnti a getto (jet streams) e circolazione locali non simmetriche, come ad esempio, i monsoni. Riguardo i venti zonali, i getti di aria non sono del tutto simmetrici tra i due emisferi: dove i venti sono occidentali, questi “spingono” la Terra e l’atmosfera tende a perdere il momento angolare a favore della Terra; al contrario, dove i venti sono orientali, nelle zone tropicali, è l’atmosfera che rallenta la Terra e, quest’ultima, tende a perdere il momento angolare a favore dell’atmosfera.

I MODELLI DI CIRCOLAZIONE GENERALE (GCM)

Uno studio più approfondito della dinamica del clima è consentito utilizzando dei modelli di circolazione generale: questi sono in grado di simulare la circolazione atmosferica e, in certi casi, anche quella relativa all’oceano. I GCM sono un derivato dei modelli utilizzati per la previsione del tempo meteorologico; vi è quindi una differenza fondamentale tra i due: i modelli di previsione risolvono un problema alle condizioni di partenza. Essi vengono integrati con i dati osservati opportunamente trattati e, da quel punto, l’integrazione delle equazioni di previsione, permette di prevedere il meteo fino a 5-6 giorni. Invece, i modelli di clima risolvono un problema di condizioni nel loro insieme, nel senso che in essi vengono fissate alcune quantità come la composizione atmosferica, la radiazione solare ecc. e il modello viene integrato fino a quando esso raggiunge un determinato equilibrio stazionario, ripetendo gli stessi cicli stagionali con un certo margine di variabilità. Di seguito, illustro uno schema di tutti i processi che sono inclusi in un modello di circolazione generale dell’atmosfera: i processi adiabatici, quelli che cioè avvengono senza scambio di calore da un sistema all’altro, sono composti da venti, temperatura, nubi e umidità. I venti e la temperatura influiscono la diffusione, mentre sempre la temperatura e le nubi influiscono sulla radiazione solare, l’umidità influisce la condensazione che a sua volta, genera le nubi nel cielo. I processi adiabatici, la temperatura e l’umidità influiscono sulla precipitazione e sulla rievapotraspirazione. I venti e la temperatura determinano l’attrito che a sua volta influisce sulla rugosità del terreno e viene influenzato dalla temperatura del suolo. La radiazione solare determina la temperatura al suolo, che a sua volta, influenza l’attrito ed il flusso di calore sensibile, quest’ultimo è determinato dal vento dalla temperatura e dalla rugosità del terreno, a sua volta, il flusso di calore sensibile influisce sulla neve. L’evapotraspirazione è influenzata da fattori quali umidità, temperatura, dai venti, dalla neve e dall’umidità del terreno e, sempre l’evapotraspirazione, influenza la temperatura al suolo, la neve e l’umidità del terreno. La precipitazione influenza l’umidità del terreno e la neve, mentre la fusione è influenzata dalla neve e dall’umidità del terreno.

L’atmosfera viene tratta generalmente come un gas adiabatico che, in condizioni normali, non scambia calore con l’esterno ed in equilibrio idrostatico, dove le diverse forze di pressione che premono su un generico strato di aria, sono in equilibrio tra loro:

EQUILIBRIO IDROSTATICO DI UNA GENERICA MASSA D’ARIA IN ATMOSFERA

http://www.centrometeo.com/articoli-reportage-approfondimenti/fisica-atmosferica/4140-equilibrio-idrostatico

Si è già visto che il calore sensibile è una componente fondamentale del bilancio energetico della superficie, ma questo a sua volta, è influenzato dai venti e da come questi interagiscono con le caratteristiche a piccola scala del suolo. Tutti i processi vengono caratterizzati da scale diverse: si passa dalla scala planetaria che considera le onde di Rossby, delle grandi onde planetarie che si ondulano su loro stesse generando un getto polare, a quella molecolare per i processi che determinano la crescita delle particelle che formano le nubi. Il modello di circolazione generale è, quindi, una specie di macchina numerica, costituita da diverse parti dette “codici” o “pacchetti”, ognuna delle quali tratta un diverso processo e le sue interazioni con gli altri: questi codici traducono alcune delle equazioni relative al trasporto di calore, alla termodinamica, alla quantità di moto in equazioni numeriche.

https://www.ilmeteo.net/notizie/scienza/meteorologia-onda-rossby-spinge-anticiclone-subtropicale-verso-italia.html

LE EQUAZIONI DEL MODELLO

Le equazioni sulle quali si basano la maggior parte dei modelli sono dette primitive. Le incognite risolte dal modello sono normalmente:

  1. VELOCITA’ ORIZZONTALE v (u,v)
  2. TEMPERATURA
  3. UMIDITA’ SPECIFICA (q)
  4. PRESSIONE SUPERFICIALE (ps)

Il sistema di coordinate verticale che si usa è quello sigma, per cui la coordinata verticale è data in condizioni di pressione p:

sigma =p /ps

In queste coordinate le equazioni rilevanti sono quella del momento:

Dv/Dt+fk x v + V x fi + RT V ln ps = Pv + Kv

quella termodinamica:

DT/Dt – RT omega / Cp ps sigma = PT + KT

quella della conservazione del vapor d’acqua:

Dq/Dt = Pq + Kq

quella della conservazione della massa:

Dps /Dt + ps (V x v + d alfa / d sigma) = 0

e quella dell’equilibrio idrostatico:

d fi / d sigma = – RT/sigma

Il sistema di coordinate sigma ha il vantaggio di seguire l’orografia in vicinanza del suolo: il numero di livelli dipende fondamentalmente dal tipo di modello. Per quanto riguarda la griglia orizzontale, si possono utilizzare due metodologie differenti:

  1. METODO A GRIGLIA RETTANGOLARE CLASSICA
  2. METODO SPETTRALE Fa uso della Serie di Fourier https://www.andreaminini.org/matematica/serie/serie-di-fourier

IL BILANCIO ENERGETICO

Il trasporto totale di calore sensibile è dovuto alla circolazione media zonale, alle medie temporali delle deviazioni dalla media zonale e alle deviazioni dalla media temporale. I termini più importanti del bilancio sono mostrati in funzione della latitudine. Se si guarda l’andamento del flusso meridionale di calore latente, ci si accorge che ha un primo massimo positivo a circa 10°S e negativo a circa 10°N: ciò significa che la stretta regione equatoriale rappresenta una zona in cui le piogge prevalgono sull’evaporazione e, quindi, questa area contiene vapor d’acqua. Il flusso di vapore acqueo in questa zona, da entrambi gli emisferi, è verso l’equatore, dove ricade al suolo sottoforma di pioggia, mentre i tropici, contrariamente, rappresentano una sorgente di vapore acqueo, poiché il flusso è positivo nell’emisfero nord (dal tropico del Cancro verso le alte latitudini) e negativo nell’emisfero sud (dal tropico del Capricorno verso il polo Sud).

Una situazione simile si ha per il flusso di calore sensibile: se riguarda alla circolazione meridionale sotto i 5 km, questa è una regione in cui l’aria torna dalle alte latitudini nella Cella di Hadley, per cui aria più fredda viene portata verso l’equatore. La zona dove viene esportata la Cella di Hadley si trova ad alta quota, dove la densità e la temperatura sono così basse che hanno un effetto trascurabile sul flusso; a queste latitudini il trasporto è condotto dalla circolazione media. A latitudini medie sono le deviazioni dalla media temporale a determinare il trasporto e sono i tropici e le medie latitudini che costituiscono le sorgenti.

Per quanto concerne il flusso di geopotenziale la situazione è opposta, poiché la zona equatoriale rappresenta, in questo caso, una sorgente. La ragione è che i valori dovuti alla circolazione media sono lati ma di segno opposto a bassa e ad alta quota. I tropici sono un “bacino di raccolta” per i flussi provenienti da alte latitudini (settentrionali e meridionali). Un dato interessante è l’andamento del flusso di geopotenziale e di calore sensibile: il primo è legato alla variazione di energia cinetica, associata al movimento, mentre il secondo è legato alla variazione di energia potenziale, associata alla posizione statica nello spazio. Da qui possiamo facilmente capire che ad un aumento dell’energia cinetica, corrisponde una uguale diminuzione di energia potenziale e, la loro somma, deve eguagliare il flusso diabatico netto. Si nota da tutti questi dati che i flussi di energia presentano un massimo verso le medie latitudini: una prova ulteriore che deve esistere un meccanismo diverso da quello della Cella di Hadley che trasporta energia fuori dalle zone tropicali.

IL BILANCIO ENERGETICO SOLE-TERRA

Il Bilancio Energetico della Terra
BILANCIO ENERGETICO SOLE-TERRA FONTE: NASA (NATIONAL AERONAUTICS AND SPACE ADMINISTRATION)

L’energia totale connessa alla radiazione solare in entrata sulla Terra deriva dal Sole, ma il 66% della radiazione assorbita dalla Terra proviene dall’atmosfera grazie all’effetto serra ed, il restante 34% del calore deriva dall’assorbimento diretto dei raggi solari.

Il Sole emette in tutte le direzioni dello spazio un flusso energetico pari a circa 64 milioni di W/m^2, la Terra è investita in parte di tutta questa energia, che al di sopra della nostra atmosfera, è stimata come valore medio in 1366 W/m^2 e questo valore rappresenta la costante solare. Di conseguenza, dobbiamo tenere conto della sfericità del nostro Pianeta, la potenza solare che arriva sulla Terra, ha un valore di circa 174 milioni di gJ/s: si tratta di una quantità energetica molto superiore a quella generata complessivamente dall’uomo. La quantità media di energia sopra l’atmosfera è di 342 W/m^2 e non i 1366 W/m^2, poiché assumiamo che la Terra sia sferica e, quindi, il fatto che i raggi investono perpendicolarmente solo la zona equatoriale e consideriamo anche tutti i suoi movimenti.

Vediamo il bilancio-energetico Sole Terra: in condizioni di equilibrio, la quantità di radiazione assorbita è bilanciata da un’uguale quantità riemessa tramite due modi:

  1. RIFLESSIONE (Circa il 30% del totale, prevalentemente dalle nubi)
  2. RIEMISSIONE (Come radiazione di corpo nero per il restante 70%)

La radiazione non riflessa viene assorbita dall’atmosfera al 17%, dalle nubi all’8% e dalla superficie terrestre o dai mari al 45%, dove si trasforma in calore. La Terra, riscaldata dai raggi solari, riemette una radiazione elettromagnetica, la cui lunghezza d’onda è legata alla temperatura ed obbedisce alla Legge di Wien (come qualunque corpo caldo). Alla temperatura della superficie terrestre, circa 287 K, l’emissione è nel campo dei raggi infrarossi (IR), con lunghezza d’onda pari a 10-15 micrometri, mentre assumendo che la Terra sia un corpo nero, ma in realtà andrebbe assunta come un corpo grigio, obbedisce alla Legge di Stefan-Boltzmann: l’energia irradiata da un corpo nero è proporzionale alla Temperatura assoluta elevata alla quarta potenza, in formula E = α T⁴

L’atmosfera della Terra, che è trasparente alla luce visibile e all’infrarosso vicino, non lo è alla lunghezza d’onda di 10-15 micrometri, per cui soltanto il 12% della radiazione riemessa, che corrisponde al 9% della radiazione solare entrante, riesce a sfuggire nello Spazio. Il resto viene assorbito dall’atmosfera stessa e la riscalda; a sua volta l’atmosfera riemette energia, che in parte viene pera nel Cosmo.

La temperatura al suolo aumenta così fino al momento in cui la quantità di radiazione che sfugge equilibra quella assorbita dal Sole e, nel corso dei milioni di anni, si è mantenuta su valori che hanno permesso la vita sul Pianeta: la temperatura media terrestre globale è di circa 15°C, mentre senza tale accorgimento, la temperatura sarebbe di circa 20°C.

ALCUNI SEMPLICI MODELLI DI CLIMA

Schema di massimo del bilancio energetico del sistema Terra-atmosfera: la radiazione incidente viene normalizzata 100 unità

Da questo schema possiamo fare delle osservazioni: innanzitutto, la radiazione solare incidente alla sommità della nostra atmosfera viene ridotta del 50% da fenomeni quali la riflessione e l’assorbimento dall’atmosfera e dalle nubi; dobbiamo tenere conto, inoltre, di come la radiazione infrarossa (IR) interagisce con le nubi. La superficie non sarebbe in equilibrio solo considerando i termini radiativi e l’eccesso di assorbimento viene compensato dalla presenza dei flussi di calore latente e sensibile che hanno un ruolo fondamentale. Quindi per quanto riguarda lo studio dei processi climatici, possiamo scegliere tra due vie, le quali ci portano a studiare dei semplici modelli climatici ad una dimensione (monodimensionali) che si classificano in:

  • MODELLI RADIATIVI-CONVETTIVI (prendono in esame la media globale della struttura verticale di temperatura)
  • MODELLI ENERGY BALANCE (permettono lo studio della temperatura in funzione della latitudine)

Entrambi i modelli sono utili per lo studio di alcuni importanti meccanismi di feedback ( ghiaccio, albedo, vapor d’acqua) ma, mentre nel caso dei modelli energy balance sono sufficienti i concetti da poco imparati; per quelli radiativi-convettivi è necessario utilizzare dei metodi per i processi radiativi. Quindi, il nostro criterio di studio dei semplici modelli di clima sarà quello di iniziare con la trattazione dei modelli zero-dimensionali del tipo energy balance, per poi passare a quelli monodimensionali e, per ultimo, tratteremo la costruzione di un modello radiativo-convettivo.

MODELLI ZERO DIMENSIONALI E FEEDBACK

Questo tipo di modello si ottiene ponendo in equilibrio la radiazione assorbita dal Sole e la radiazione emessa dalla Terra. Non dobbiamo trattare la Terra come un corpo nero, ma cerchiamo di quantificare la radiazione infrarossa uscente sulla base di dati sperimentali: questi permettono di stabilire che, per variazioni ragionevoli di temperatura, la potenza emessa nell’infrarosso si può scrivere come:

I=A+BT (1) dove I è la potenza emessa nell’IR in W/m²; A e B sono delle costanti e T è la temperatura espressa in °C.

Questa è la Legge di Budyko, la quale è stata confermata anche da rilevamenti satellitari. Linearizzando la legge di emissione del corpo nero, si ottiene:

σ(273,15+T)⁴=σ(273,15)⁴+4σ(273,15)ᵌT (2) Dove: A vale 203,3 W/m² e B vale 2,09 W/m² °C

Da questa legge si deduce che, a parità di temperatura, l’effetto serra da una radiazione uscente, è minore rispetto a quella del corpo nero. La relazione tiene conto anche di una moltitudine di fattori, quali ad esempio la nuvolosità. L’uso della legge permette di scrivere l’equilibrio radiativo della Terra:

A+BTₒ=Sₒ(1-αp)/4 (3) 234 W/m²= 238 W/m²

Dove: Tₒ è la temperatura media globale; Sₒ è il valore della costante solare, pari a 1366 W/m² e αp è il valore dell’albedo medio planetario pari a 0,3.

Da questa relazione la temperatura media globale vale 14,9°C, la quale tiene conto anche dell’effetto serra, che fà aumentare la sensibilità climatica. Possiamo, a questo punto, calcolare nuovamente la sensibilità climatica, considerando quanto varia la temperatura globale per una variazione dell’1% della costante solare. Abbiamo che:

4σTᵌ ΔT = ΔSₒ(1-αp)/4 (4)

da cui si ottiene:

βₒ = Sₒ/100 x dTₒ/dSₒ (5)

In questa relazione βₒ è un parametro di sensibilità che ci rivela di quanto cambia la temperatura globale per una variazione dell’1% della costante solare. Per un corpo nero abbiamo che βₒ vale 0,63C, mentre per la radiazione infrarossa abbiamo che βₒ vale 1,12C: quindi, l’effetto serra è in grado di aumentare la sensibilità climatica.

Le leggi prese in considerazione fin ora, sono utili per studiare gli effetti del feedback o retroazione, in particolare quello ghiaccio-albedo: una diminuzione della temperatura globale provoca un’estensione delle superfici ghiacciate o innevate, con il conseguente aumento dell’albedo e ciò rappresenta un feedback positivo; mentre se la temperatura globale aumenta, le superfici ghiacciate o innevate tendono a sciogliersi, con conseguente diminuzione dell’albedo e questo rappresenta un feedback negativo. Cambiare il valore della costante solare significa variare anche l’albedo, che ora dobbiamo assumere come una funzione della temperatura media globale.

Possiamo ora stabilire dei valori limite per l’albedo: per una Terra ipoteticamente priva di superfici ghiacciate e coperta al 50% da nubi, l’albedo valga 0,3, mentre per una Terra ricoperta da superfici ghiacciate valga 0,62. A questi valori di albedo corrispondono dei valori medi di temperatura del nostro pianeta e valgono nel primo caso Tₒ=15°C e nel secondo caso Tₒ=-36,4°C. A questo punto, ipotizziamo di valutare la dipendenza dell’albedo dalla temperatura nel modo seguente: indichiamo con χ il seno della latitudine e con χs quello della latitudine alla quale arrivano le superfici ghiacciate; nel caso in cui Tₒ sia maggiore di 15°C, allora χs vale 1, mentre se Tₒ è minore di -15°C, χs vale 0. Per valori intermedi, la latitudine dei ghiacci varia linearmente con la temperatura, secondo la relazione:

χs= 1+(Tₒ-15)/30 (6)

Per la determinazione dell’andamento dell’albedo, dobbiamo ricorrere ad una definizione più generale rispetto a quella data ella (3) ed è:

αp= 1/2∫ (definito da -1 a 1) dxS(x)α(x) (7)

Tramite quest’ultima relazione, possiamo calcolare l’albedo planetario come:

αp=∫ (definito da 0 a χs) (1+S₂P₂(x)αfdx+∫ (definito da χs a 1) (1+S₂P₂(x)αfdx (8)

Dove nella (8) abbiamo tenuto conto che nella zona in assenza di ghiacci α(x) = αf=0,3 e nella zona dove sono presenti α(x)=αf=0,62. Integrando la relazione, si ottiene:

1-αp=ai+(af-ai) [χs-χ³s)/2]=H₀[χs(T₀)] (9) dove 1-αp è la co-albedo e quindi ai=1-αi e af=1-αf. La soluzione per la temperatura T₀ è sempre data dalla relazione (3), ma col membro di destra sostituito, per cui si ha:

A+BT₀=H₀[χs(T₀)]Sₒ/4 (10)

La soluzione di questa equazione si trova nel grafico sottostante e constatiamo che il sistema climatico da poco ipotizzato comprende tre diverse soluzioni:

  • UNA ATTORNO AI 15°C (corrisponde al clima attuale con un pianeta quasi senza calotte polari)
  • UNA ATTORNO A 0°C
  • UNA CON UNA TEMPERATURA MEDIA ATTORNO AI -35°C (ipotizzando che il pianeta sia interamente ricoperto da ghiacci, teoria Snowball o Terra Palla di neve).
In questo grafico sono rappresentate le tre soluzioni derivanti dall’equazione precedente. Le tre rette mostrano la funzione 4(A+BT)/Sₒ: la linea continua per Sₒ=1360 W/m² e le linee tratteggiate per un valore che differisce al 2%. Le tre soluzioni, indicate con I II e III, rappresentano l’equivalente di un clima stabile (I e III) ed instabile (II)

Da questo grafico deduciamo che se la costante solare diminuisce, l’intervallo di temperatura tra le soluzioni I e II si riduce, mentre aumenta se anche la costante solare aumenta: questo ci mostra in particolare per la soluzione II che si tratta di una soluzione instabile. Infatti, se per una ragione qualsiasi, come una perturbazione, il clima della situazione II si venisse a riscaldare per rimanere costante a quella temperatura, avrebbe bisogno di una costante solare più bassa ma, essendo questa invariata, il Pianeta continuerà a scaldarsi fino a raggiungere la stabilità nella soluzione I. Viceversa avviene e la perturbazione iniziale tende a raffreddare: in questo caso il Pianeta confluisce nella situazione III e risulta completamente coperto dai ghiacci, mentre la soluzione I è stabile: se una perturbazione tende a scaldarla, l’equilibrio richiede una costante solare più alta ma, poiché questa rimane invariata, il Pianeta tenderà a tornare al valore di temperatura imperturbato. Per capire meglio quanto detto, facciamo riferimento al grafico qui di seguito rappresentato, dove la temperatura media è riferita in funzione del rapporto tra la costante solare q e quella attuale di riferimento q₀.

In questo grafico, la curva è formata da due rette, quella superiore vicino alla soluzione I, dove la Terra è sprovvista di ghiacci e l’altra per la soluzione III, in cui la Terra è ricoperta dai ghiacci. Poiché l’albedo è costante in questi due tratti, la temperatura varia linearmente con la costante solare. Il tratto intermedio è quello nel quale l’albedo è funzione della temperatura. Al diminuire della temperatura, diminuisce anche la costante solare, fino a quando il rapporto q/q₀ diventa di poco inferiore a 1: in questo caso, la temperatura tenderebbe a diminuire facendo aumentare la costante solare e questo è un chiaro fattore di instabilità. Il modello, per una diminuzione della costante solare pari al 2%, può essere instabile e dar origine ad una specie di catastrofe.

Per spiegare meglio questa instabilità, consideriamo l’equazione differenziale che dà la variazione della temperatura media terrestre nel tempo:

∂T₀/∂t=S₀(1-αp)/4-(A+BT₀) (11)

Da questa equazione si nota come il termine infrarosso ha una vera e propria funzione di smorzamento con una costante di tempo che è proporzionale all’inverso di B. Se consideriamo di studiare come si comporta quest’equazione rispetto ad una causa perturbante, poniamo T (t)=T⁰+T'(t), per cui l’equazione precedente diventa:

∂T⁴/∂t+BT⁴ = q(dH₀/dT₀⁰)T⁴ (12)

Dove abbiamo posto che q=S₀(1-αp)/4 e abbiamo sfruttato la condizione di stabilità A+BT₀=qH₀ (T₀). Derivando quest’ultima rispetto a q si ottiene:

B ∂T’/∂q = H₀+q(∂H₀/∂T₀⁰) ∂T₀⁰/∂q (13)

Con questa equazione si può eliminare B dalla (12) in modo da ottenere:

∂T’/∂t=-H₀(∂T₀⁰/∂q)⁻¹ T’ (14)

Questa relazione mostra che purchè vi sia stabilità deve essere ∂T₀⁰/∂q>0 e viceversa. Adottando questo criterio, si può interpretare bene il grafico precedente. Il criterio della stabilità si può proporre anche analizzandolo da un altro punto di vista, considerando il concetto potenziale della meccanica.

Esaminiamo la funzione:

F(T₀)=AT₀+1/2 BT²₀-q∫(definito da 0 a T₀)H₀(T’₀)dT’₀ (15)

Rappresentata dal grafico seguente:

I minimi ed i massimi di questa funzione individuati dalla condizione dF/dT₀ = 0 sono proprio le soluzioni I II e III trovate precedentemente. Possiamo stabilire, inoltre, che T₀ = -dF/dT₀, per cui si ha che:

dF/dt = (dF/dT₀) T₀ = -(T₀)² ≤ 0 (16)

Questo vuol dire che la funzione F diminuisce sempre nel tempo, mentre la derivata di T₀ è proporzionale alla pendenza di F nel punto T₀; le soluzioni I e III sono stabili, mentre la II è instabile.

Queste considerazioni hanno delle importanti relazioni, in quanto il clima sembra avere due stati stabili: l’uno completamente ghiacciato e l’altro che rappresenta la situazione attuale. Sembrerebbe che una seppur piccola variazione, anche impercettibile, della temperatura possa portare da uno stato all’altro.

MODELLI ENERGY-BALANCE MONODIMENSIONALI

Per ottenere un modello energy-balance, iniziamo considerando la dipendenza della temperatura dalla latitudine. Prendiamo in esame una scatola delimitata da due fasce di latitudine, nella quale vi è un determinato bilancio energetico: l’energia che questa riceve deriva dai flussi atmosferici, che sono:

  • FLUSSO DI CALORE SENSIBILE (SH)
  • FLUSSO DI CALORE LATENTE (LH)
  • FLUSSO OCEANICO (O)
  • RADIAZIONE SOLARE ENTRANTE
  • RADIAZIONE INFRAROSSA USCENTE
Schematizzazione del bilancio energetico all’interno di una scatola racchiusa da due fasce di latitudine. T è la temperatura media della superficie, SH e LH i flussi di calore sensibile e latente e O quello oceanico

Abbiamo visto, fino ad ora, come si può parametrizzare la radiazione solare e quella infrarossa, ma possiamo anche rendere parametrizzabile il flusso di calore dovuto ai movimenti dell’atmosfera, che è proporzionale al quadrato del gradiente di temperatura con la latitudine. Alla fine degli anni ’60, un americano (W. Sellers) ed un sovietico (M. Budyko), decisero in maniera differente, di come tenere conto del flusso di calore lungo la latitudine: Budyko decise di comparare il trasporto di calore nell’oceano con quello presente in atmosfera, riconducendolo ad un processo diffusivo, mentre Sellers si calcolava i diversi flussi energetici. Il primo metodo è più semplice e molto più facile nella sua comprensione a livello didattico, soprattutto dopo che G. North trovò un sistema efficace per risolvere il modello.

IL MODELLO DI NORTH

Prima di spiegare il modello di North, assumiamo che il flusso di calore sia proporzionale al gradiente di temperatura, e ciò corrisponde a considerare i coefficienti di diffusione costanti. Scriviamo il flusso, ricordando che x è il seno della latitudine come:

-D(1-x²)¹⁄² dT/dx (17)

Facendo riferimento anche alla schematizzazione precedente, si può notare che la variazione di temperatura sarà proporzionale alla differenza tra i flussi entranti e quelli uscenti ed alla divergenza del flusso cioè:

-d/dx D(1-x²) dT/dx (18)

Rimane ora soltanto da stabilire quale sia la dipendenza dell’albedo della temperatura. Consideriamo che l’albedo sia costante e uguale a 0,62 a temperature al di sotto dei -10°C, mentre possa dipendere dalla temperatura per temperature superiori. Quindi possiamo scrivere:

a(x,xs) = 1-α = {b₀ x>xs a₀+a₂P₂ (x)x<xs (19)

Dove b₀ vale 0,38; a₀ vale 0,697 e a₂ vale -0,0779. Se indichiamo la radiazione planetaria con I (x) = A+BT(x) otteniamo che alla latitudine del limite dei ghiacci Is = I (xs) =182,4 W m⁻² e le condizioni di equilibrio ci danno:

I (x) – d/dx D(1-x²) dT(x)/dx = qS(x)a(x,xs) (20)

Da questa relazione possiamo eliminare la temperatura, considerando il fatto che essa è proporzionale a I(x) e ridefinendo D per inglobare anche B otteniamo: I (x) – d/dx D(1-x²) dI(x)/dx = qS(x)a(x,xs) (21)

La soluzione di questa equazione si ottiene, dopo vari passaggi con i polinomi di Legendre e sfruttando le loro proprietà ortonormali:

In [1+Dn(n+1)] = qHn(xs) (22)

Questa relazione la possiamo riscrivere per valori interi di n:

I₀ = q H₀ (xs) = q ∫(definito da 0 a 1) S (x) a (x,xs) dx; n=0

I₂ (I+6D) =q H₂ (xs); n=2 (23)

La prima relazione è quella che ci da la temperatura media globale nel modello zero-dimensionale, mentre la seconda relazione ci da un’idea della differenza di temperatura tra la zona polare e quella equatoriale, che dipende dal coefficiente di diffusione: essa ci permette di determinare il valore numerico di D. Il procedimento che segue si basa su un aggiustamento del modello, adattandolo alla situazione attuale, per cui ponendo nella (22) xs=0,95 che corrisponde ad una latitudine di 72° si ha H₀ (0,95)=0,698 e con q=340 W m⁻² si ottiene I₀=237,3 W m⁻². Poiché la temperatura uguale a x=xs, che corrisponde a -10°C, si ha la potenza infrarossa I(xs)=I₀+I₂P₂(xs)=A-10B=182,4 W m⁻², da cui si può ottenere I₂ =-54,8 W m⁻². Ora si trova che T₀=(I₀-A)/B e T₂=I₂/B, per cui la temperatura in funzione della latitudine è rappresentata in questo modo:

T = T₀+T₂P₂(x)

L’andamento della temperatura ottenuto da questa relazione può essere confrontato con i dati sperimentali ottenuti nel grafico seguente:

La temperatura in funzione della latitudine: nella figura di destra è confrontata con i dati medi annuali (pallini) per l’emisfero nord. A destra la linea continua è la radiazione solare assorbita (in W m⁻²) in funzione della latitudine e quella tratteggiata è la radiazione infrarossa.

Il calcolo di I₂ permette di trovare il valore di D che, dalla seconda relazione della (23) risulta essere D=-0,65. E’ possibile procedere ora all’analisi di quanto sia sensibile la line dei ghiacci al valore della costante solare. La radiazione emessa alla latitudine dei ghiacci:

Is = ∑ per n pari In Pn (xs) (25)

Ora i coefficienti In possono essere ottenuti dalla relazione (22):

In = q Hn (xs)/[1+Dn(n+1)] (26)

In questa relazione, se cambia il valore di xs deve variare per forza anche il valore di q in quanto Is deve rimanere costante. Si può ricavare il valore della costante solare che è in equilibrio col valore numerico della latitudine dei ghiacci:

q(xs)=Is[∑ per n pari Hn (xs) Pn (xs)/1+Dn(n+1)]⁻¹ (27)

Questa relazione ci da il valore della costante solare che è compatibile con la latitudine dei ghiacci segnata nella figura seguente:

Questa funzione è rappresentata come somma dei primi tre termini della (27): si può facilmente notare che, partendo dalle condizioni attuali e diminuendo il valore della costante solare, la latitudine dei ghiacci diminuisce. Oltre un certo limite, la latitudine dei ghiacci tende a diminuire anche se la costante aumenta di nuovo, è questo è un chiaro segnale di instabilità e, anche in questo caso, si passa da un regime relativamente caldo ad una Terra completamente coperta da ghiacci. La figura ci mostra, inoltre, come il pianeta rimane ghiacciato anche con un aumento della costante solare superiore al 40%. Questo tipo di modello presenta tre distinte soluzioni:

  1. TERRA ATTUALE (SITUAZIONE STABILE)
  2. TERRA RICOPERTA DA GHIACCI (SITUAZIONE STABILE)
  3. SITUAZIONE INSTABILE (COME NEL MODELLO ZERO-DIMENSIONALE)

Si può notare, sempre dalla medesima figura in alto, che il numero ed il tipo di soluzione dipende dal coefficiente di trasporto che si usa: è intuibile che un suo aumento provochi un gradiente di temperatura ridotto lungo la latitudine, generando una instabilità più marcata poiché, riducendosi la costante solare, la temperatura media diminuisce, ma in questo caso, la temperatura non varia molto con la latitudine e così è possibile la formazione di ghiaccio ovunque. L’esame della stabilità delle soluzioni del modello mono dimensionale può essere fatta con lo stesso sistema adottato per il modello zero-dimensionale: quello del potenziale, il trattamento analitico è in questo caso più complicato, poiché si tratta non più di un minimo legato alla temperatura, ma legato ad una distribuzione di temperatura con la latitudine.

MODELLO DI SELLERS

Abbiamo appena trattato il modello di North, tramite il quale siamo riusciti ad avere la soluzione del modello energy-balance: si è notato che questa soluzione è accurata, ma presenta delle restrizioni, poiché incorpora tutto il flusso energetico in un’unica componente, a differenza del modello di Sellers, il quale permette la separazione dei flussi energetici nelle varie componenti. Per cui, facendo riferimento alla figura dove si schematizza il bilancio energetico attraverso una scatola racchiusa d due fasce latitudinali, si ha un equazione di questo tipo:

Rs = L Δc+ ΔC+ ΔF (28)

dove Rs è il flusso radiativo netto, L è il calore latente, Δc è il flusso netto di vapor d’acqua, ΔC è il flusso netto di calore sensibile e ΔF è il flusso netto di calore trasportato dagli oceani. Se indichiamo con I₀ la lunghezza del cerchio di latitudine più a nord e con l₁ quello più a sud, le quantità che compaiono nella (28) si possono scrivere come:

ΔFⁱ = (I₀ F₀ⁱ-l₁Flⁱ)/A₀ (29)

dove Fⁱ indica il flusso generico e A₀ indica l’area compresa fra due cerchi di latitudine consecutivi: in questo caso si assume ai poli flusso nullo. La quantificazione del termine radiativo è di facile risoluzione, in quanto:

Rs = q (1-αs)-ls (30)

dove l’albedo è funzione della temperatura superficiale:

αs=b-0,009Tg Tg<10C

αs=b-2,548 Tg>10C

dove Tg è la temperatura superficiale e h è un parametro funzione della latitudine. La temperatura superficiale non corrisponde con quella della fascia di latitudine, ma considera un affinamento dovuto all’elevazione media di Z delle terre emerse per quella fascia di latitudine:

Tg=T₀-0,0065Z (32)

La radiazione infrarossa viene espressa in funzione della temperatura, ma è una funzione molto più complessa di quella lineare, poiché:

Is = σT₀⁴ [1-m tanh(1,9×10⁻¹⁶ T₀⁶)] (33)

dove σ è la costante di Stefan-Boltzmann e m è la trasparenza atmosferica, che viene assunta uguale a 0,5 per il clima attuale. La quantificazione dei flussi tiene conto sia del processo di diffusione sia del processo di avvezione, ovvero il processo di contrazione dei flussi, è un termine che in meteorologia indica un processo di trasferimento orizzontale nell’atmosfera, per cui abbiamo:

c = (vq-Kw Δq/Δy)Δp/g

C = (vT₀-Kh ΔT/Δy)(ΔpCp)/g (34)

La quantità Δp/g è un’indicazione dell’altezza dell’atmosfera e, nel modello di Sellers, anche le velocità vengono quantificate in base ai parametri osservati come:

v = -a(ΔT+ΔT medio) a nord di 5°N

v = -a(ΔTΔT medio) a sud di 5°N

dove il valore medio della differenza di temperatura è definito come:

ΔT medio = con l=1 a l=17 [(li+li+1)] (35)

La quantità q è l’umidità specifica media di saturazione al livello del mare q=εe/p dove ε=0,622 e p=1000mb. Il termine che compare nel trasporto di calore latente si può esprimere direttamente tramite l’equazione di Clausius-Clapeyron:

Δq = ε² Le₀ ΔT / pRd T₀² (36)

dove L è il calore latente, Rd è una costante per l’aria secca e₀ che indica la pressione del vapore saturo al livello al mare.

Rimane ora da esprimere il flusso di calore sensibile dovuto agli oceani che risulta:

F = (-K₀ Δz)/Δy x l’/l₁ (37)

Il rapporto l’/l₁ rappresenta la frazione di un cerchio di latitudine ricoperta dagli oceani e Δz è la profondità media dell’oceano, mentre Δy=1,11×10⁸ m. Il metodo usato per la risoluzione è quello di fissare una temperatura iniziale per la latitudine più a nord e di calcolare, seguendo un determinato procedimento, le altre temperature per poi verificarne la veridicità, confrontandole con i valori dei flussi.

I risultati del modello sono rappresentati nella figura in alto ed in quella seguente:

Nella figura che esprime l’andamento della temperatura e dell’albedo in funzione della latitudine, si nota una differenza con il modello di North: i due emisferi non sono simmetrici con valori di albedo e temperatura diversi fra l’emisfero nord e quello sud.

E’ una delle caratteristiche del modello di Sellers quella di mantenere l’albedo costante, quando questa supera il valore di 0,85: questa particolarità avviene nell’emisfero sud, la quale manifesta valori molto più alti. Questo è l’effetto del continente antartico che ha un’estensione nettamente più vasta rispetto ai ghiacci del continente artico. Nella figura che esprime i flussi di calore sensibile, di calore latente e del flusso oceanico, gli andamenti sono molto simili, ma si nota che il modello sottostima il flusso di calore dovuto all’oceano. Anche con il modello di Sellers è possibile far variare il parametro della costate solare per provocare delle condizioni di instabilità, anche se la forma non analitica lo rende di sicuro meno accurato.

I MODELLI CONVETTIVI-RADIATIVI MONODIMENSIONALI

Si è visto come il modello di Sellers lega il contenuto di vapore alla temperatura superficiale, introducendo un altro importante meccanismo di feedback che è rappresentato dal vapor d’acqua: per spiegare meglio questo meccanismo si deve trattare in maniera più approfondita la radiazione nel modello, in particolare quella infrarossa. Questo può essere svolto sul modello zero-dimensionale aggiungendo il parametro della quota e non più quello della latitudine. Si provvede a considerare la divisione dell’atmosfera in due strati verticali, uno superiore al di sopra della troposfera, la stratosfera (strato della nostra atmosfera posto al di sopra della troposfera tra i 10 ed i 50 km di quota) che si ritiene in equilibrio radiativo ed uno inferiore che corrisponde alla troposfera (strato atmosferico al di sotto della stratosfera e sopra la biosfera, posto tra 1 e 5 km di quota), la cui struttura di temperatura è quella osservata, avente un gradiente di temperatura costante e consistente con i flussi energetici. Lo stato di equilibrio radiativo della stratosfera non è compatibile con la mancanza di equilibrio radiativo al suolo: nella stratosfera, la divergenza del flusso radiativo è nulla ed il flusso radiativo è costante e, dato che nella parte più alta della nostra atmosfera, il flusso netto solare deve essere uguale al flusso infrarosso uscente, il valore del flusso radiativo netto è nullo. Al suolo, i flussi non sono uguali, poiché il flusso solare assorbito non viene bilanciato dal flusso infrarosso emesso dalla superficie, per cui è necessario aggiungere un flusso convettivo e di calore latente.

La variazione di temperatura lungo la verticale è:

∂T’/∂t = – 1/ρCp x d/dz (Fr+Fc) (38)

dove con Fr e Fc si indica il flusso dovuto alla radiazione e quello convettivo che include anche quello provocato dal calore latente. Il termine convettivo lo si può interpretare in maniera diversa a seconda del modello analizzato: ad esempio, si può considerare che il flusso convettivo sia diverso da zero solo quando il gradiente di temperatura supera quello adiabatico e, in questa eventualità, il flusso sia di tipo diffusivo, proporzionale alla differenza fra il gradiente di temperatura e quello adiabatico, che si suddivide in secco e saturo: il gradiente adiabatico secco è dato dalla velocità con la quale una particella di aria secca, nel suo moto verticale, si scalda o si raffredda. Corrisponde sempre a 0.976°C ogni 100 metri, in quanto non dipende dalla temperatura esterna, ma dalla pressione (che diminuisce salendo di quota), mentre il gradiente adiabatico saturo è minore di quello secco, perché l’aria satura salendo si raffredda, e il vapor d’acqua in essa contenuto condensa cedendo il calore latente. In genere vale circa 0,6°C ogni 100 m.

Il gradiente adiabatico, il tipo di gradiente che in un sistema termodinamico chiuso non permette lo scambio di calore con l’esterno: si suddivide in gradiente adiabatico secco e gradiente adiabatico saturo

https://www.ilmeteo.it/notizie/il-gradiente-adiabatico-come-si-misura

Fc = – ρCp K [(dT/dz) + Γ] (39)

dove, a sua volta, il coefficiente di diffusione K si può esprimere in funzione del gradiente di temperatura Γ (gamma). Il procedimento è quello di calcolare il flusso radiativo sia per la radiazione solare che per quella infrarossa o planetaria.

In questa figura sono riportati i flussi verso l’alto e verso il basso calcolati per il vapor d’acqua ed i flussi netti per quanto riguarda l’ozono e l’anidride carbonica: l’aspetto interessante che si nota da subito è che il flusso netto totale ha una rapida variazione in troposfera, per poi rimanere più o meno costante e come il flusso assorbito dominante sia quello del vapor d’acqua, mentre i contributi di anidride carbonica e ozono sono nettamente inferiori ma contribuiscono al flusso netto e soprattutto, al tasso di riscaldamento. Il flusso netto si calcola mediante la seguente relazione:

F (rad net) = F (H₂O)- F (CO₂) – F (O₃) + F (sw net) = F (lw net) + F (sw net) (40)

dove con F (sw net) e F (lw net) abbiamo indicato, rispettivamente, il flusso solare ed il flusso infrarosso netto. Dal flusso calcolato con la (40), è possibile ottenere il tasso di riscaldamento o di raffreddamento radiativo, che è dato da:

(dT/dt) rad = – 1/ρCp x dF (rad net) /dz (41)

Questa quantità, espressa in gradi/giorno è riportata nella figura seguente, dove viene anche rappresentato il riscaldamento dovuto all’assorbimento della radiazione solare e, in questo caso, è stato calcolato col metodo di Lacis-Hansen:

I risultati mostrati in questa figura sono molto istruttivi perché mostrano come anche se i flussi di anidride carbonica e ozono siano relativamente piccoli rispetto a quello del vapor d’acqua, sono quelli che determinano la temperatura della stratosfera con tassi di riscaldamento o raffreddamento di parecchi gradi al giorno. Vi è anche un perfetto bilanciamento fra i tassi nella stratosfera, che dove predomina l’effetto di raffreddamento nell’infrarosso del vapor d’acqua: l’equilibrio radiativo viene a mancare proprio in questa zona e l’eccesso di raffreddamento viene bilanciato dal trasporto di calore latente e sensibile dalla superficie. In pratica se si integra la relazione (41) rispetto alla quota, si avrà:

Cp/g ∫(definito da 0 a ps) (∂T/∂t) rad dp=-∫(definito da 0 a p) (∂F rad net/z)dz=-[F lw net (∞) + F sw net (∞)]+[F lw net (0) + F sw net (0)] (42)

dove si è sfruttata la relazione dell’equilibrio idrostatico. Una delle condizioni per l’instaurarsi dell’equilibrio energetico è che nella parte più alta dell’atmosfera, il flusso netto solare entrante ed il flusso infrarosso netto uscente siano nulli, per cui una conseguenza è che al suolo avviene:

Cp/g ∫(definito da 0 a ps) (∂T/∂t) rad dp=[F lw net (0)+F sw net (0)] (43)

Questo significa che alla superficie, il flusso solare assorbito diminuito del flusso infrarosso uscente devono essere uguali all’integrale del riscaldamento netto di tutti gli strati dell’atmosfera. Nella regione convettiva assumeranno che il gradiente di temperatura coincida con un valore chiamato gradiente critico:

(∂T/∂z)t⁺¹ = (gradiente critico) (44)

e per ogni strato la temperatura sarà calcolata esplicitamente:

T t⁺¹ = Tt+(∂T/∂t) t net Δt (45)

Il tasso di riscaldamento netto (∂T/∂t) t net si determina in modo tale che per uno strato a contatto con la superficie e delimitato in basso alla pressione ps e in alto da pt, si abbia:

∫(definito da pt a ps (∂T/∂t) net dp=∫(definito da pt a ps (∂T/∂t) rad dp+g[F lw net (0)+F sw net (0)]/Cp (46)

Questo significa che almeno per questo strato si considera che il deficit o l’eccesso radiativo sia compensato dal flusso convettivo:

Fc=[Cp(T-T rad) Δp/gΔt)] (47)

Per uno strato che non sia in contatto con la superficie, si deve avere che la divergenza del flusso totale, dato dalla somma tra quello radiativo e quello convettivo sia nulla, per cui, in base alla relazione (47) deve essere:

∫(definito da pb a pt (∂T/∂t) net dp=∫(definito da pb a pt (∂T/∂t) rad dp (48)

mentre per uno strato il cui gradiente non supera quello critico, il tasso netto di riscaldamento coincide con quello radiativo. Quando questo procedimento per regolare il parametro convettivo viene immesso in un modello numerico matematico, si ottengono i seguenti risultati, elencati in figura.

In questa figura è riportato l’effetto di un eventuale raddoppio della concentrazione di CO₂ in atmosfera: si nota una buona riproduzione della variazione della temperatura nella troposfera e del massimo di temperatura nella stratosfera: questo massimo è dovuto al contributo dell’ozono O₃ al riscaldamento, poiché la temperatura in quella regione deve aumentare fino a quando l’emissione infrarossa compensa il riscaldamento. Quando la concentrazione di anidride carbonica viene aumentata, si ha un aumento del flusso infrarosso assorbito in troposfera ed un conseguente aumento di temperatura, ma avviene anche un aumento del flusso emesso nella stratosfera e un raffreddamento della stessa: in questa regione la temperatura può essere più bassa per bilanciare il riscaldamento introdotto dall’ozono. Il raffreddamento della stratosfera comporta un meccanismo di feedback, poiché una stratosfera più fredda assorbe maggiormente la radiazione infrarossa proveniente dal basso, per cui la compensazione dei flussi nella parte alta dell’atmosfera richiede un riscaldamento aggiuntivo della superficie.

I MODELLI RADIATIVI CONVETTIVI E L’EFFETTO SERRA

Grazie all’avvento della tecnologia satellitare, negli ultimi anni si sono avuti diverse prove che ci confermano dell’esistenza di una correlazione tra l’aumento della temperatura ed efficacia dell’effetto serra: se la causa iniziale è un aumento della CO₂, il riscaldamento iniziale provoca un aumento della pressione di saturazione del vapor d’acqua e, per l’atmosfera, la possibilità di contenere un maggiore quantitativo di questo gas: il conseguente aumento di vapor d’acqua comporta un incremento dell’effetto serra. Questo meccanismo è stato quantificato dai modelli radiativi-convettivi, introdotti nel 1989 da due scienziati, Ramanathan-Laval, i quali, dopo aver analizzato una serie di dati provenienti dall’esperimento ERBE (Earth Radiation Budget Experiment) https://www.nasa.gov/centers/langley/news/factsheets/ERBE.html

https://science.larc.nasa.gov/erbe/

https://climatedataguide.ucar.edu/climate-data/earth-radiation-budget-experiment-erbe-1985-89

https://journals.ametsoc.org/view/journals/bams/65/11/1520-0477_1984_065_1170_terbe_2_0_co_2.xml

Lunghezza d’onda della radiazione terrestre misurata in Watt su metri quadri da ERBS e dal NOAA nell’Aprile del 1985

svolto su di un satellite geostazionario nell’orbita terrestre, sono stati in grado di misurare direttamente l’effetto serra G definito come la differenza tra il flusso uscente della superficie terrestre E e quello uscente dalla parte più alta della nostra atmosfera F:

G = E – F

dove G è l’effetto serra, E il flusso di radiazione uscente dalla superficie terrestre e F è il flusso di radiazione uscente dallo strato più alto della nostra atmosfera.

Il flusso uscente dalla superficie viene definito dalla seguente relazione che abbiamo già conosciuto precedentemente, la Legge di Stefan-Boltzmann:

E = σ T⁴ (49)

dove la temperatura T è riferita alla temperatura superficiale dell’oceano, che si avvicina a quella di un corpo nero dentro l’1%. Il flusso di radiazione uscente dall’atmosfera si può ottenere come:

F = B (Ts) – ∫(definito da 0 a 1) A(x)[dB/dx]dx (50)

In questa relazione x indica il rapporto tra la pressione p e quella al suolo ps e B è la funzione di Planck, tale che:

σ T⁴ = ∫ Bλ (T) dλ (51)

A(x) rappresenta l’assorbanza fra la somma dell’atmosfera (x=0) e la quota alla quale corrisponde la pressione p. Ricordando la definizione di effetto serra si ottiene:

G = E – F = σ T⁴ – B(Ts) + ∫(definito da 0 a 1) A(x)[dB/dx]dx = 4σ ∫(definito da 0 a 1) A(x)[dT/dx]dx (52)

Il contributo maggiore all’integrale si ha nella troposfera, dove la condizione essenziale è che la temperatura diminuisce all’aumentare della quota tale che:

dT/dx > 0 (53)

I dati sperimentali mostrano che il valore medio dell’effetto serra in un anno è di 146 W m⁻² in condizioni di cielo chiaro, mentre in condizioni di cielo nuvoloso, la media è di 179 W m⁻², dei quali 33 sono da assegnare alle nubi. Il flusso uscente in condizioni di cielo sereno in funzione della temperatura, può essere approssimato da una relazione lineare simile a quella usata per i modelli energy-balance, poiché risulta:

F = 229,36 + 2,31(Ts – 273,15) (54)

Quindi, se si tende a rendere normale l’effetto serra, si ottiene anche in questo caso una relazione lineare con la temperatura:

g = G/σ Ts⁴ = 4/Ts⁴ ∫(definito da 0 a 1) A(x)[dT/dx]dx = – 0,658+3.42×10⁻³ Ts (55)

Arrivati a questo punto, dobbiamo soltanto stabilire che se la dipendenza dell’effetto serra dalla temperatura deve essere assegnata ad un aumento dell’assorbanza, dovuto a sua volta ad un incremento del contenuto di vapor d’acqua nella troposfera. L’integrale contenuto nella relazione (55) non dipende dalla temperatura e, assumendo che il gradiente sia adiabatico, si ha:

[T (p)/Ts] = x^α (56)

dove α = Γ R/gα per cui l’integrale diviene:

g = 4 α ∫(definito da 0 a 1) A(x) x^β dx (57)

dove β=(4α-1). Scritto in questa forma, la dipendenza dell’effetto serra dalla temperatura superficiale deriva da una dipendenza dal gradiente di temperatura o da una dipendenza dell’assorbanza. Rimane soltanto da spiegare come l’aumento dell’effetto serra con Ts faccia aumentare anche il vapor d’acqua: considerando che la pressione di saturazione varia con la temperatura secondo:

exp [-(L/RT)] (58)

dove L è il calore latente per cui si può calcolare la variazione del contenuto totale del vapor d’acqua W (in Kg m⁻²) in funzione della temperatura superficiale e il risultato è ancora una relazione lineare fra il logaritmo di W e la temperatura d ln W / dTs = 6,7×10⁻² K⁻¹. Questo dato permette di trovare la dipendenza dell’effetto serra dal contenuto di vapore, poiché considerando A(x) che il gradiente di temperatura dipendano poco dalla temperatura Ts si ha:

dg / dTs = ∂g / ln W x d ln W / dTs (59)

da cui si ottiene:

∂g / ln W = 6,2×10⁻² (60)

Questo dato consente il calcolo dell’importanza del feedback del vapor d’acqua, nel caso di un aumento della concentrazione di CO₂. I modelli e i calcoli spettroscopici mostrano come, per un raddoppio della concentrazione di questo gas, dalle attuali 345 ppm a 690 ppm, il flusso infrarosso uscente diminuirebbe di circa 4 W m⁻², mentre l’effetto serra aumenterebbe di una quantità simile. In assenza di feedback del vapor d’acqua, la temperatura superficiale dovrebbe aumentare fino a riportare il flusso in uscita dall’atmosfera al suo valore attuale medio di 240 W m⁻² per cui, in base alla relazione del copro nero si ha:

ΔF/F = 4 ΔTs / Ts (61)

e, ponendo ΔF = 4 W m⁻² si ottiene ΔTs = 1,2 K. I dati sperimentali dimostrano che risulta:

ΔF/ΔTs = 2,3 W m⁻² K⁻¹ (62)

per cui, in questo caso, l’aumento vale ΔTs = 1,7 K. L’immissione del feedback del vapor d’acqua provoca un ulteriore aumento di temperatura pari a 0,5 K. Per quanto riguarda l’effetto serra, se questo rimanesse costante al suo valore attuale g = 0,327, si avrebbe un aumento della radiazione assorbita pari a:

ΔG = 4 g σ T₀³ ΔTs = 2,1 W m⁻² (63)

Tenendo conto della variazione di g con la temperatura superficiale, l’effetto serra aumenterebbe di 3,1 W m⁻²,i quali andrebbero sommati ai 4 W m⁻² dovuti alla forzatura iniziale. E’ interessante confrontare i dati ottenuti da ERBE con i calcoli teorici, facendo riferimento alla figura seguente:

Il confronto viene effettuato con un modello spettroscopico e con il flusso calcolato da un modello di circolazione generale (GCM), in questo caso quello dell’NCAR (National Center for Atmospheric Research https://ncar.ucar.edu), sito a Boulder in Colorado negli Stati Uniti: da notare un buon accordo, anche se il modello di circolazione generale presenta una sottostima di circa 10 W m⁻², dovuta al fatto che nel modello non è incluso il contributo del protossido di azoto N₂O. L’accordo con i dati sperimentali viene confermato da un confronto con 13 GCM, che danno un valore della quantità dF/dTs = 2,3 ⁺/₋ 0,2 W m⁻² K⁻¹.

Inoltre ci chiediamo, se è possibile mettere insieme i modelli radiativi-convettivi e i modelli energy-balance e la risposta è si. Il modello radiativo è basato su valori medi globali come l’albedo o il gradiente critico: un tale modello serve a chiarire un importante meccanismo di feedback, come quello del vapor d’acqua, ma è in grado di includere anche quello ghiaccio-albedo. E’ sufficiente trovare una relazione che lega il valore medio globale della temperatura superficiale al valore dell’albedo, che a sua volta è funzione della latitudine dei ghiacci. Il procedimento da tenere in considerazione è quello di partire dapprima con un dato di albedo e poi calcolare la temperatura media globale attraverso il modello radiativo-convettivo. Vi è però un problema per quanto riguarda il valore dell’albedo, poiché nei due modelli sono due cose differenti: nei modelli energy-balance l’albedo è quello totale equivalente superficie-atmosfera mentre, nei modelli radiativi-convettivi l’albedo della superficie può essere fissato e quello totale risulta dal tipo e dalla composizione delle nubi che si utilizzano. Infatti, il feedback ghiaccio-albedo è basato su un legame fra temperatura media globale e albedo: più bassa è la temperatura, più alto è il valore dell’albedo; quest’ultimo in gran parte viene determinato dalle nubi, oltre che dall’estensione dei ghiacci. Quindi, una Terra più fredda fa diminuire il vapor d’acqua presente nell’atmosfera , con minore produzione di nubi: ciò può andare a discapito delle precipitazioni e della formazione di nubi e ghiacciai.

I MUTAMENTI CLIMATICI

I mutamenti climatici sono costituiti dalle variazioni del clima della Terra a livello globale ed essi influiscono su diversi parametri meteorologici, come la temperatura massima e minima, precipitazioni, nuvolosità, temperature degli oceani eccetera. Sono dovuti a cause naturali ed anche alle attività umane, le cui influenze sul clima sono tema di attuali dibattiti scientifici. A volte si utilizza questo termine impropriamente per definire i cambiamenti climatici attuali, usandolo come sinonimo di Riscaldamento Globale: la Convezione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fa riferimento al termine mutamento climatico solo per spiegare i cambiamenti climatici prodotti dall’uomo e quello di variabilità climatica per quello generato da cause naturali. In alcuni casi, ai mutamenti climatici di origine umana si usa l’espressione mutamenti climatici antropogenici.

FATTORI CHE INFLUENZANO I MUTAMENTI CLIMATICI SULLA TERRA: VARIAZIONE DELL’ATTIVITA’ SOLARE, IMPATTI METEORITICI (FATTORI ESTERNI AL PIANETA), INDICATORI DELL’ATTIVITA’ INDUSTRIALE UMANA (FATTORI INTERNI AL PIANETA)

LE CAUSE DEI MUTAMENTI CLIMATICI

Il clima è lo stato medio degli eventi meteorologici, riferito ad un particolare periodo di tempo. Su di esso influiscono molti fattori e le modificazioni di quest’ultimi, provocano i cambiamenti climatici. Modificazioni di fattori quali le emissioni solari, la composizione dell’atmosfera, la disposizione dei continenti, le correnti oceaniche, l’orbita terrestre possono in qualche modo alterare la distribuzione energetica ed il bilancio radiativo terrestre, variando il clima del pianeta. Queste influenze si classificano in:

  • INTERNE (deriva dei continenti, composizione atmosferica, correnti oceaniche);
  • ESTERNE (variazioni solari, variazioni orbitali, impatti con meteoriti)

Le influenze esterne sono anche chiamate forzanti, poiché svolgono un azione sistematica sul clima, sebbene vi siano fenomeni imprevedibili quali gli impatti provocati da meteoriti. Nella maggior parte dei casi, l’influenza dell’uomo sul clima, è considerata una causa forzante esterna, in quanto agisce più a livello sistematico che caotico; certamente l’uomo appartiene alla biosfera terrestre e può essere considerato anche una causa forzante interna a seconda dei criteri applicati. Fra le cause interne ritroviamo fenomeni né sistematici né caotici: fanno parte di questo gruppo i fattori che aumentano o diminuiscono le modificazioni in corso. A causa di tutti questi elementi, il clima è considerato un sistema complesso: a seconda dei fattori dominanti, la variazione del clima può essere sistematica o caotica, ecco perché il clima dipende dal fattore tempo.

Temperatura sulla superficie terrestre

INFLUENZE ESTERNE

VARIAZIONI SOLARI

La temperatura media terrestre dipende, principalmente, dal flusso di radiazione solare che essa riceve. Poiché questo flusso di energia varia lentamente nel tempo, non è considerato un contributo importante per la variabilità climatica: questo avviene perché il Sole, nel diagramma Hertzsprung Russell (HR),è una stella di classe G che risulta molto stabile. Il flusso radiativo è la causa principale di tutti i fenomeni atmosferici, poiché dà un contributo energetico all’atmosfera per far in modo che essi accadano. A lungo termine, le modificazioni avvengono lentamente, dato che il Sole aumenta la sua luminosità del 10% ogni 1000 milioni di anni: da ciò possiamo dedurre che sulla Terra primordiale, 3800 milioni di anni fà, la luminosità solare era del 70% rispetto a quella attuale. Le variazioni del campo magnetico solare e le collegate emissioni chiamate emissioni di massa coronale (EMC o CME Coronal Mass Ejection dall’inglese) che producono particelle elettricamente cariche che vanno poi a formare il vento solare, sono di primaria importanza, poiché gli scambi, che avvengono tra la parte alta della nostra atmosfera e le particelle provenienti dal Sole possono dare origine a reazioni chimiche che modificano la composizione dell’aria e delle nubi così come la loro formazione.

Variazione dell’irraggiamento solare negli ultimi 30 anni( la linea rossa indica la media annuale, quella gialla i valori giornalieri). Su circa 1366 W/m² totali, l’oscillazione è di pochi watt.


VARIAZIONI ORBITALI

Anche se la luminosità del Sole si mantiene pressappoco costante col passare dei millenni, l’orbita terrestre, invece, varia: questa fluttua periodicamente, modificando la radiazione media incidente nel tempo su ogni emisfero e, questi cambiamenti, provocano le glaciazioni ed i periodi interglaciali. Vi sono quattro fattori che aiutano a modificare le caratteristiche dell’orbita, facendo in modo che l’insolazione media degli emisferi vari, pure se il flusso totale di radiazione rimanga inalterato. Si tratta del fenomeno conosciuto come precessione degli equinozi, eccentricità orbitale, inclinazione dell’asse terrestre e la longitudine del perielio. Le variazioni di eccentricità dell’orbita terrestre comportano l’allontanamento o l’avvicinamento della Terra dal Sole: esse fluttuano da 0,00 a 0,04 (il valore attuale è 0,0167) con un periodo caratteristico di 100000 anni, l’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre varia tra i 22,1 ed i 24,5° (il valore attuale è 23,5°) con un periodo di circa 40000 anni e ciò provoca una modulazione nelle differenze esistenti fra estate ed inverno: in pratica, quando l’asse è più inclinato, le differenze stagionali sono più evidenti rispetto ai periodi nei quali l’asse è poco inclinato, mentre la longitudine del perielio varia ogni 20000 anni (il valore attuale è 102°), Nella figura seguente sono indicate le variazioni nel tempo di queste grandezze:

La precessione degli equinozi è un fenomeno che determina un continuo spostamento delle date degli equinozi, giorni in cui il giorno e la notte hanno la stessa durata, con un periodo di circa 22000 anni, per cui circa 10000 anni fà, l’equinozio di primavera si verificava all’incirca il 21 Dicembre. Le variazioni più significative nella quantità di radiazione solare ricevuta dalla Terra si hanno per effetto dell’influenza delle variazioni dell’inclinazione dell’orbita su quelle della precessione degli equinozi. La radiazione media annuale assorbita ad una determinata latitudine dipende dall’eccentricità dell’orbita terrestre e, in maniera minore, anche dall’inclinazione dell’asse, ma è di nuovo indipendente dalla longitudine del perielio: questa determina soltanto la distribuzione del flusso durante l’anno ad una certa latitudine.

La precessione degli equinozi è un fenomeno scoperto da Sir Isaac Newton nel Seicento e che consiste in un continuo spostamento delle date degli equinozi, i giorni in cui il giorno e la notte hanno la stessa durata, con un periodo di circa 22000 anni, per cui circa 11000 anni fà, l’equinozio di primavera si verificava all’incirca il 21 Dicembre. Le variazioni più significative nella quantità di radiazione solare ricevuta dalla Terra si hanno per effetto dell’influenza delle variazioni dell’inclinazione dell’orbita su quelle della precessione degli equinozi.

La radiazione media annuale assorbita ad una determinata latitudine dipende dall’eccentricità dell’orbita terrestre ed, in maniera minore, anche dall’inclinazione dell’asse, ma è di nuovo indipendente dalla longitudine del perielio: questo determina soltanto la distribuzione del flusso durante l’anno ad una certa latitudine.

I PARAMETRI ORBITALI E LA RADIAZIONE SOLARE

Per calcolare la radiazione assorbita effettivamente, è necessario introdurre l’albedo α, ottenendo una relazione che ci permette di quantificare la radiazione media assorbita ad una determinata latitudine:

S₀/4(1-e²)¹⁄² ∫(₀,₂) S α dω (64)

dove: S₀ = costante solare (1366 W/m²); ω = stagione; α = albedo

Il flusso assorbito, per cambiare il valore dell’albedo, deve dipendere dalla stagione (nella 64 da ω). Da questo punto, nasce l’importanza di avere a disposizione dei modelli che possano calcolare l’albedo in funzione della stagione: i modelli stagionali. Per avere un’idea di come il flusso solare viene influenzato dai parametri astronomici, facciamo riferimento alla figura seguente, dove è rappresentata la differenza del flusso fra due epoche diverse in funzione della latitudine e della stagione. i valori mostrati nella figura sono normalizzati al valore S₀/4.

Il primo grafico fa riferimento alla differenza tra 10000 e 30000 anni fà. Facendo riferimento alla figura dei tre valori orbitali terrestri e il loro andamento nel tempo, si nota che la data più vicina corrisponde al valore massimo dell’inclinazione dell’asse, mentre la data più lontana corrisponde, più o meno, al valore minimo. Ciò significa che nell’emisfero Nord durante l’estate, vi era una maggiore insolazione 10000 anni fà rispetto a 30000 anni fà fino a circa il 12%.

Il secondo grafico riporta la variazione tra 75000 e 85000 anni fà e in questo caso, per effetto dell’inclinazione dell’asse terrestre, le differenze sono opposte, ma stavolta l’effetto della precessione degli equinozi e dell’eccentricità dell’orbita sono più importanti: l’eccentricità aumenta ed il flusso medio annuale aumenta anch’esso. Inoltre, la differenza di 10000 anni risalta l’effetto della precessione degli equinozi. Ricordiamoci però, che sono gli effetti stagionali a prevalere; per migliaia di anni alcune regioni della Terra ricevono una quantità nettamente diversa durante l’estate e l’inverno e il meccanismo più semplice che si può pensare è che le variazioni di temperatura che ne conseguono, portano a modificazioni dell’albedo che tendono a potenziare l’effetto iniziale della temperatura, il cosiddetto feedback ghiaccio-albedo.

IMPATTO DI METEORITI

Sporadicamente avvengono eventi catastrofici in grado di cambiare la Terra irreversibilmente: l’ultimo di questi eventi, secondo alcuni studiosi, si ritiene sia avvenuto 65 milioni di anni fà nella penisola dello Yucatan, nel Messico: questo asteroide ha provocato un cratere di grandi dimensioni, il Cixculub. E’ fuori ogni ombra di dubbio che tali avvenimenti causano un effetto devastante sul clima, liberando grosse quantità di biossido di carbonio, polvere e ceneri nell’atmosfera, a causa di incendi che si manifestano in grandi aree boschive. Possiamo mettere in relazione l’evento che accadde nello Yucatan con le forti eruzioni dei vulcani dell’India, poiché questo continente si trovava già lontano rispetto al cratere dove avvenne l’impatto. L’atmosfera, dopo un impatto particolarmente significativo può cambiare rapidamente assieme all’attività geologica del Pianeta e alle sue caratteristiche dell’orbita.

INFLUENZE INTERNE

– DERIVA DEI CONTINENTI

La Terra è stata caratterizzata da molti cambiamenti a partire dalla sua origine, che risale a circa 4600 milioni di anni fà. 225 milioni di anni fà, tutti i continenti erano riuniti in un unico grande continente chiamato Pangea e vi era un unico grande oceano chiamato Panthalassa. Questa distribuzione contribuì a far aumentare le correnti oceaniche e originò una scarsa differenza di temperatura tra l’Equatore ed il Polo. I movimenti delle placche tettoniche hanno separato tra loro i vari continenti e li ha posizionati al loro posto attuale, mentre l’Oceano Atlantico si è formato a partire da 200 milioni di anni fà.

La Deriva dei Continenti è un processo lentissimo, per cui la posizione dei continenti fissano gli eventi climatici per milioni di anni. Ci sono due aspetti da analizzare, le latitudini alle quali si concentra la massa continentale: se queste sono situate alle latitudini basse si avranno pochi ghiacciai continentali e le temperature medie saranno meno estreme; mentre il secondo aspetto è che se i continenti sono molto spezzettati tra loro, si avranno zone inferiori di clima continentale.

Raffigurazione indicante il supercontinente Pangea e il suo grande oceano Panthalassa

– COMPOSIZIONE DELL’ATMOSFERA

L’atmosfera primordiale chiamata anche riducente, aveva una composizione simile a quella della nebulosa iniziale; cominciò a perdere gli elementi volatili quali H₂ e He, in un processo denominato degassificazione e li sostituì con i gas che provenivano dalle eruzioni vulcaniche del Pianeta, soprattutto la CO₂, originando una nuova atmosfera, l’atmosfera ossidante. In essa sono importanti gli effetti dei gas serra, emessi in modo naturale dai vulcani e dai pozzi termali. L’ossido di zolfo e gli altri aerosol emessi dai vulcani contribuiscono al raffreddamento della Terra. Considerando l’equilibrio tra le emissioni si avrà un determinato bilancio radiativo. Con la prima comparsa di forme di vita sul nostro Pianeta, la biosfera diventò un fattore fondamentale per il clima. All’inizio, li organismi fotosintetici catturarono la maggior parte della CO₂ dell’atmosfera primordiale ed emisero una grande quantità di ossigeno: questo fenomeno fece sì che l’atmosfera si modificò, permettendo la comparsa di nuove forme di vita aerobiche, incentivate dalla nuova composizione dell’aria; aumentò il consumo di ossigeno e diminuì il consumo di biossido di carbonio fino a raggiungere un nuovo equilibrio che caratterizza anche oggi la nostra atmosfera. Questo equilibrio tra le emissioni e gli assorbimenti lo si ritrova nel ciclo del carbonio, poiché la concentrazione di CO₂ presenta delle oscillazioni annuali a seconda delle stagioni di crescita delle piante.

I vari strati che compongono l’atmosfera terrestre (Fonte: Focus)

– LE CORRENTI OCEANICHE

La corrente oceanica o marina è una massa d’acqua marina in movimento, rispetto all’acqua che la circonda e dalla quale si può differenziare per densità, salinità, temperatura o colore. Le correnti oceaniche si classificano in base a vari aspetti:

  • PROCESSO FORMATIVO (CORRENTI DI GRADIENTE, CORRENTI DI DERIVA)
  • DISTANZA DAL FONDALE (CORRENTI DI SUPERFICIE, DI PROFONDITA’ MEDIA O ABISSALI)
  • TEMPERATURA MEDIA INTERNA (CORRENTI CALDE O FREDDE)
  • TIPO DI FLUSSO (ORIZZONTALE O VERTICALE)

Le correnti calde sono correnti superficiali che partono dalle zone equatoriali e arrivano a quelle polari, mentre le correnti fredde partono dalle zone polari ed arrivano in quelle equatoriali.

Per quanto riguarda il flusso, quello orizzontale si sposta parallelamente alla superficie, mentre quello verticale si sposta perpendicolarmente alla superficie.

Le correnti che vanno dall’Equatore al polo trasportano anche aria calda, come la Corrente del Golfo, mentre le correnti che vanno dal Polo all’Equatore sono in grado di mitigare il clima delle zone intertropicali. Queste correnti sono di origine termoalina, nascono cioè dalle differenze di temperatura e di salinità delle masse d’acqua: esse non vanno confuse con le correnti costiere, le quali derivano dal moto ondoso e dal vento. La corrente oceanica più famosa del mondo è senza ombra di dubbio la Corrente del Golfo o Corrente Nord-Atlantica: essa è una forte corrente oceanica calda di fondamentale importanza per mitigare il clima dei paesi europei che sono bagnati dall’Oceano Atlantico, quali la Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo, Spagna e Francia; la sua influenza arriva fino in Scandinavia. Questa corrente trasporta l’acqua calda dal Golfo del Messico attraverso l’Atlantico e, in prossimità del Circolo Polare Artico, si raffredda e si inabissa, tornando di nuovo al punto di partenza.

L’INFLUSSO DEL MOVIMENTO TERRESTRE

La Corrente del Golfo, come già detto, si origina nel Golfo del Messico, dove grandi masse d’acqua vengono riscaldate dall’azione dei raggi solari; queste tendono a salire verso nord, ma vengono deviate dalla rotazione terrestre. Nell’emisfero boreale Nord, lo spostamento delle acque subisce una deflessione verso destra a causa della forza di Coriolis: l’acqua, spostandosi verso Nord, tende a mantenere costante la propria velocità secondo il principio dell’inerzia. Le masse liquide, come quelle terrestri, viaggiano ad una velocità di circa 463 m/s da ovest verso est a latitudine 0 (equatore) ma, risalendo verso nord, esse si scontrano con masse che vanno a velocità inferiori: questo può essere spiegato dal fatto che la velocità lineare di rotazione è inversamente proporzionale alla latitudine e, a parità di tempo, le masse d’acqua che viaggiano più rapidamente percorreranno distanze maggiori e quindi saranno più spostate verso est. Per questo motivo la traiettoria della Corrente del Golfo ha una determinata forma.

Una fotografia che mostra la temperatura della Corrente del Golfo del Messico

EVOLUZIONE FUTURA

Oggi gli scienziati sono preoccupati, perché più passa il tempo e più il riscaldamento globale farà aumentare la temperatura del Pianeta, contribuendo a sciogliere i ghiacciai del Polo Nord e questo fenomeno farà si che grandi quantità di acqua dolce, liberata dal disgelo dei ghiacciai della Groenlandia e di altre regioni boreali, blocchi la Corrente del Golfo: un eventuale arresto della corrente o anche un suo significativo rallentamento, potrebbe raffreddare le regioni del Nord Europa, anche se le temperature globali continuassero ad aumentare. Le correnti oceaniche dell’Atlantico ad alta salinità, scorrendo dai tropici verso nord riscaldano i venti diretti verso est, quelli che vanno verso l’Europa. Le correnti che trasportano calore, dense per salinità, divengono ancor più dense quando, risalendo verso nord, cedono calore all’atmosfera.

Alla fine, l’acqua salata e fredda tende ad andare verso il basso, affondando in prossimità della Groenlandia, da qui ritorna verso sud lungo il fondale oceanico, lasciando uno spazio che attira altra acqua calda dalle basse latitudini. Quando la corrente Nord Atlantica è attiva provoca condizioni temperate con inverni relativamente miti, favorendo una ricca produzione agricola nella maggior parte dell’Europa. I monsoni stagionali portano acqua ad ampie zone dell’Africa e dell’Estremo Oriente,. L’Asia Centrale ha un clima umido, mentre l’Antartide e la zona del Sud Atlantico hanno clima freddo.

La corrente può diminuire la sua velocità o addirittura fermarsi quando nel Nord Atlantico confluisce troppa acqua dolce che diluisce le correnti ad alta salinità provenienti da sud, poiché le acque superficiali non diventano abbastanza dense da inabissarsi, indipendentemente dalla loro temperatura.

I venti dominanti portano aria fredda verso l’Europa, creando condizioni di freddo che possono durare per decenni, fino a quando le acque che si trovano alle basse latitudini non divengono abbastanza saline da opprimere quelle più dolci a nord, facendo ripartire la corrente oceanica con una fortissima spinta.

Se la Corrente del Golfo dovesse bloccarsi del tutto, avremmo inverni rigidissimi in Europa e nell’America del Nord, mentre avremmo forti siccità in molte parti dell’emisfero australe, poiché non si manifesterebbero più i monsoni, provocati dalle correnti calde che risalgono verso nord.

L’analisi del Paleoclima o clima preistorico, ha fornito alcuni indizi che seguono questa direzione, ma la loro interpretazione è ancora del tutto controversa. Sembra quasi certo che 11000 anni fà, lo scioglimento di vasti ghiacciai del Labrador causò il rallentamento della Corrente del Golfo: una delle conseguenze di questo evento fu il raffreddamento del clima europeo che durò 1000 anni. L’inizio o l’intensificazione di una nuova era glaciale non è prevedibile con i modelli climatici attuali: possiamo soltanto dire che, nel manifestarsi dell’ipotesi più negativa, il clima potrebbe cambiare in modo del tutto imprevedibile e drastico in pochi decenni.

SPIRALE DI EKMAN

La Spirale di Ekman è una struttura di correnti o venti attorno ad un limite orizzontale in cui la direzione del flusso ruota quando ci si muove rispetto al limite: il suo nome deriva da uno studioso svedese di oceanografia, Vagn Walfrid Ekman. http://www.seasky.org/ocean-exploration/ocean-explorers-vagn-ekman.html https://www.windows2universe.org/people/modern_era/ekman.html&edu=high

La spirale è un effetto della forza di Coriolis, che determina un movimento verso destra di tutti gli oggetti sottoposti a questa forza nell’emisfero nord e verso sinistra nell’emisfero sud: quando i venti soffiano di continuo sulla superficie dell’oceano nell’emisfero nord, si origina uno strato chiamato Ekman Layer. La corrente superficiale, in questo strato, si muove a 45° verso destra rispetto alla direzione del vento: quando l’acqua superficiale spinge l’acqua che sta sotto di essa, questa si muove di nuovo verso destra rispetto alla direzione assunta del vento, e ciò vale anche per gli altri strati ancora più profondi. Man mano che aumenta la profondità, la velocità dell’acqua diminuisce progressivamente, a causa della deviazione della corrente.

MUTAMENTI CLIMATICI DEL PASSATO

Dott. Alessio Brancaccio, Università di L’Aquila