Day: 27 dicembre 2023

MAURIZIO LUPI POLITICO DI DESTRA DI NOI PER L’ITALIA: “DOPO IL COVID19…” LA FRASE ENUNCIATA DAI NEGAZIONISTI CRONICI DEL CORONAVIRUS, LA VERA ROVINA DEL NOSTRO PAESE!

Vasto (CH), lì 27 Dicembre 2023 ore 21.01

Buonasera a tutti e a tutte: io ed i miei genitori stavamo vedendo Stasera Italia su Rete 4, canale Mediaset che appartiene a Piersilvio Berlusconi, il figlio dello storico leader di Forza Italia Silvio, deceduto pochi mesi fà e quindi appartenente alla destra di regime attualmente al Governo e tra gli ospiti in studio, oltre all’inmancabile vecchio PDino di centro-sinistro Piero Sansonetti, Direttore del giornale di finta sinistra “Il Riformista”, contrapposto a lui c’era Maurizio Lupi, esponente di destra del partito Noi per l’Italia, il quale si è lasciato andare in una frase poco appropriata e inopportuna: “Dopo il COVID19…” come se per la destra, da negazionisti cronici quali sono, il COVID19 non sia mai esistito, lo dimostrano le attuali scellerate politiche libertarie adottate del Governo di Giorgia Meloni nei riguardi del coronavirus, che continua comunque a fare 300 morti ogni settimana tra gli over 80, anche persone vaccinate, come asserito dal Dott. Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE e con il quale sono orgogliosamente costantemente in contatto via mail.

Mi dissocio completamente da quanto asserito da questo soggetto, il quale dice sempre di essere di Milano dove vive, ma senza dire che è nato a Fossacesia in provincia di Chieti qui in Abruzzo, a 30 km da casa mia, ci viene in vacanza al mare ogni estate questo stronzo! Politici negazionisti del COVID19 come Maurizio Lupi rappresentano un’offesa all’intelligenza umana ed alla cultura vera nel nostro Paese ed un immagine distorta della politica italiana che ci fa fare la figura dei ridicoli, degli zimbelli di corte davanti a tutti gli altri Paesi dell’Eurozona, ogni volta tutti questi Paesi quando parlano dell’Italia e pensano ai loro ridicoli politicanti di merda ridono dietro le nostre spalle e questa non è l’idea d’Italia in cui voglio continuare a vivere, per questo sto cercando tutti i giorni una via di fuga all’estero, da seguire eventualmente dal 2026 in poi.

Maurizio Lupi, Noi per l’Italia Fossacesia (CH), Abruzzo ma lui dice sempre di essere di Milano, si vergogna a dire che è abruzzese, questo schifoso maledetto asservito alla destra di regime! https://www.camera.it/leg19/29?shadow_deputato=300447&idpersona=300447&idlegislatura=19

https://www.la7.it/laria-che-tira/video/300-morti-per-covid-nino-cartabellotta-al-95-appartengono-alla-fascia-deta-degli-over-80-sono-anche-06-12-2023-517460

Il bilancio globale delle vittime della pandemia potrebbe essere tre volte superiore ai numeri ufficiali

www.thelancet.com

Come evidenziato in un commento dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME), un nuovo studio uscito sul Lancet fa il punto sulle stime di mortalità in eccesso per COVID-19.

IHME mette in risalto alcuni concetti:

  • Le prime stime globali peer-reviewed delle morti in eccesso indicano che 18,2 milioni di persone potrebbero essere decedute a causa della pandemia di COVID-19 entro il 31 dicembre 2021.
  • Si stima che i tassi di mortalità in eccesso siano molto eterogenei nei paesi e nelle regioni, sebbene il vero bilancio delle vittime della pandemia sia stato molto più alto in alcune località, in particolare nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana, rispetto a quanto suggeriscono i registri ufficiali dei decessi per COVID-19.
  • Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere la percentuale di decessi in eccesso dovuti direttamente all’infezione da COVID-19 e gli effetti indiretti della pandemia, compreso l’impatto sui servizi sanitari, i decessi per altre malattie e gli impatti economici più ampi.

Stima della mortalità in eccesso correlata a COVID-19: lo studio

Le morti in eccesso – ovvero la differenza tra il numero di decessi registrati per tutte le cause e il numero previsto in base alle tendenze passate – sono una misura chiave del vero bilancio delle vittime della pandemia.

Sebbene ci siano stati diversi tentativi di stimare la mortalità in eccesso da COVID-19, la maggior parte è stata limitata nell’ambito geografico dalla disponibilità dei dati.

Lo studio sul Lancet fornisce le prime stime peer-reviewed delle morti in eccesso dovute alla pandemia a livello globale e per 191 paesi e territori (e 252 località subnazionali come stati e province) tra il 1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021.

I dati settimanali o mensili sui decessi per tutte le cause nel 2021, 2020 e fino a 11 anni precedenti sono stati ottenuti per 74 paesi e 266 stati e province attraverso ricerche sui siti web governativi, sul World Mortality Database, Human Mortality Database e sul sito dell’European Statistical Office.

I dati sono stati utilizzati nei modelli per stimare l’eccesso di mortalitàanche per località senza segnalazioni settimanali o mensili di dati sui decessi.

Stime dei decessi in eccesso a livello globale

L’analisi indica che le morti in eccesso a livello globale dovute alla pandemia potrebbero aver raggiunto un totale di 18,2 milioni, più di tre volte superiore alla cifra ufficiale riportata al 31 dicembre 2021.

Si stima che:

  • il tasso di mortalità in eccesso sia di 120 morti ogni 100.000 abitanti a livello globale
  • 21 paesi abbiano tassi di oltre 300 morti in eccesso ogni 100.000 abitanti
  • i tassi di decessi in eccesso variano notevolmente in base al paese e alla regione.

I tassi di mortalità in eccesso più alti stimati erano in America Latina andina (512 morti ogni 100.000 abitanti), Europa orientale (345 morti ogni 100.000), Europa centrale (316 morti ogni 100.000), Africa subsahariana meridionale (309 morti ogni 100.000) e America Latina Centrale (274 morti ogni 100.000). Si stima che alcune località al di fuori di queste regioni abbiano avuto tassi simili, tra cui Libano, Armenia, Tunisia, Libia, diverse regioni dell’Italia e diversi stati degli Stati Uniti meridionali.

In netto contrasto, si stima che alcuni paesi abbiano avuto meno decessi del previsto sulla base dell’andamento della mortalità negli anni precedenti, tra cui l’Islanda (48 decessi in meno ogni 100.000), l’Australia (38 decessi in meno ogni 100.000) e Singapore (16 decessi in meno ogni 100.000).

Con 5,3 milioni di decessi in eccesso, l’Asia meridionale ha registrato il numero più alto di morti in eccesso stimate per COVID-19, seguita dal Nord Africa e dal Medio Oriente (1,7 milioni) e dall’Europa orientale (1,4 milioni).

Stime dei decessi in eccesso a livello nazionale

A livello nazionale, il numero più alto di morti in eccesso stimato si è verificato in India (4,1 milioni), Stati Uniti (1,1 milioni), Russia (1,1 milioni), Messico (798.000), Brasile (792.000), Indonesia (736.000) e Pakistan (664.000). Questi sette paesi potrebbero aver rappresentato più della metà delle morti in eccesso globali causate dalla pandemia nel periodo di 24 mesi.

Tra questi paesi, i tassi di mortalità in eccesso erano più alti in Russia (375 morti ogni 100.000) e Messico (325 morti ogni 100.000) ed erano simili in Brasile (187 morti ogni 100.000) e negli Stati Uniti (179 morti ogni 100.000).

A causa della sua numerosa popolazione, l’India da sola ha rappresentato circa il 22% dei decessi totali globali.

Differenza tra le stime dei decessi in eccesso e i numeri ufficiali 

Il calcolo della differenza tra le stime dei decessi in eccesso e i decessi ufficiali riportati fornisce una misura della sottostima del vero bilancio delle vittime della pandemia. Il rapporto tra morti in eccesso e decessi segnalati è molto maggiore nell’Asia meridionale (decessi in eccesso 9,5 volte superiore ai decessi segnalati) e nell’Africa subsahariana (decessi in eccesso 14,2 volte superiore a quello riportato) rispetto ad altre regioni.

Le grandi differenze tra i decessi in eccesso e le registrazioni ufficiali possono essere il risultato di una diagnosi insufficiente a causa della mancanza di test e di problemi con la segnalazione dei dati sui decessi.

Cause indirette di COVID-19 sulla mortalità

Distinguere tra i decessi causati direttamente da COVID-19 e quelli che si sono verificati come risultato indiretto della pandemia è cruciale, affermano gli autori.

Le prove degli studi iniziali suggeriscono che una percentuale significativa di decessi in eccesso è un risultato diretto di COVID-19. Tuttavia, i decessi potrebbero anche essersi verificati indirettamente per cause come suicidio o uso di droghe a causa di cambiamenti comportamentali o mancanza di accesso all’assistenza sanitaria e ad altri servizi essenziali durante la pandemia. L’impatto di questi vari fattori varierà in base al paese e alla regione.

Ad oggi, solo 36 paesi hanno rilasciato i dati sulle cause di morte per il 2020. Man mano che i dati di più paesi saranno disponibili, sarà possibile determinare meglio quanti decessi in eccesso sono stati dovuti direttamente a COVID-19 e quanti si sono verificati come risultato indiretto della pandemia o delle risposte ad essa.

La figura 2 (clicca e apri la figura più grande) riporta la distribuzione globale del tasso di mortalità in eccesso stimato dovuto alla pandemia di COVID-19, per il periodo cumulativo 2020-21.

In figura 4 (clicca e apri la figura più grande) si evidenzia la distribuzione globale del rapporto tra il tasso di mortalità in eccesso stimato dovuto alla pandemia di COVID-19
e il tasso di mortalità riportato per COVID-19, per il periodo cumulativo 2020-21.

Stime della mortalità in eccesso per l’Italia

Da una tabella (clicca e apri la tabella più grande), sul numero di decessi per COVID-19 segnalati e decessi in eccesso a causa della pandemia, i tassi di mortalità segnalati e in eccesso e il rapporto tra mortalità in eccesso e segnalata 2020-21, a livello globale e per superregioni, regioni, paesi e territori GBD e sedi subnazionali, possiamo ricavare i dati riferiti all’Italia.

Il commento di uno degli autori dell’articolo

L’autore principale, il dottor Haidong Wang, dell’Institute for Health Metrics and Evaluation americano, ha dichiarato: «Capire il vero bilancio delle vittime della pandemia è vitale per un efficace processo decisionale in materia di salute pubblica. Studi provenienti da diversi paesi, tra cui Svezia e Paesi Bassi, suggeriscono che il COVID-19 sia stata la causa diretta della maggior parte delle morti in eccesso, ma al momento non abbiamo prove sufficienti per la maggior parte delle località. Ulteriori ricerche aiuteranno a rivelare quanti decessi sono stati causati direttamente».

Per saperne di più:

quadratinoEstimating excess mortality due to the COVID-19 pandemic: a systematic analysis of COVID-19-related mortality, 2020–21
COVID-19 Excess Mortality Collaborators. The Lancet online first March,10 2022
quadratinoThe Lancet: Global death toll of COVID-19 pandemic may be more than three times higher than official records, estimates of excess deaths indicate
IHME (Institute for Health Metrics and Evaluation). Press release March 10, 2022

Per approfondire:

quadratinoleggi i nostri articoli che trattano della pandemia Covid-19, contrassegnati dal tag generico Nuovo Coronavirus Covid-19
oppure dai tag specifici: Varianti di SARS-CoV-2Long CovidVaccini
quadratinoARS Toscana. Mortalità generale in Italia e in Toscana nel biennio 2020-21 (4 febbraio 2022)

Fonte: NBST

https://www.nbst.it/1312-morti-covid-mondo-bilancio-globale-superiore-numeri-ufficiali.html
Dedico l’invio della monografia relativa ai 45 anni del Sistema Sanitario Nazionale al Dottore mio personale medico curante con il quale ci lega un intenso rapporto di amicizia e dal quale ho sempre tratto maggiore ispirazione: l’ex-Primario del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale civile SS Filippo e Nicola di Avezzano (AQ) Dott. Maurizio Paoloni

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

PREDAZIONI DA LUPO. SALVAGUARDIA RURALE VENETA CRITICA COLDIRETTI: “PROGETTO FALLIMENTARE”

Enrico Beltramini, presidente dell’associazione nata nel 2017, si scaglia in particolare «contro l’utilizzo dei collari con feromoni di lupo sui capi di bestiame, scelta che si è rivelata controproducente».

25 Dicembre 2023

Lupi, predazioni in Lessinia e sul Baldo
https://www.larena.it/territorio-veronese/lessinia/predazioni-da-lupo-salvaguardia-rurale-veneta-critica-coldiretti-progetto-fallimentare-1.10477146

Salvaguardia Rurale Veneta critica il progetto messo a punto da Marco Apollonio, ordinario del dipartimento di Veterinaria dell’Università di Sassari, e dal tecnico faunistico Duccio Berzi, appoggiato da Coldiretti Verona.

Consiste nell’adozione di una serie di strategie – sistemi di dissuasione come lo sparo a pallettoni di gomma, collari con ormoni di lupo per proteggere mandrie e greggi, radiocollari per monitorare gli spostamenti degli esemplari problematici e troppo confidenti con l’uomo – pensate per mitigare il conflitto tra lupo e attività zootecnica nelle zone della Lessinia e del Baldo.

Enrico Beltramini, presidente dell’associazione nata nel 2017 per rispondere alle sempre più numerose domande di aiuto e supporto da parte di allevatori e cittadini, si scaglia in particolare «contro l’utilizzo dei collari con feromoni di lupo sui capi di bestiame, scelta che si è rivelata controproducente».

Esempio svizzero

Si prende ad esempio la Svizzera, spiega, «Paese che ha aperto agli abbattimenti. Così l’Europa, che si sta muovendo verso il contenimento degli esemplari». Inutile quindi, rincara la dose, «spendere risorse per un progetto che si è già rivelato fallimentare e non adatto alla Lessinia. Il fatto che, come dichiarato dalla Coldiretti, i dispositivi sembrano garantire risultati efficaci non è sufficiente».

A metà novembre, la federazione scaligera ha accolto a Velo Veronese un gruppo di allevatori e rappresentanti del principale sindacato agricolo francese (Fnsea) per discutere dell’interazione tra uomini e fauna selvatica; inoltre, ha aperto tavoli di confronto con allevatori e sindaci dell’altopiano, che in queste settimane hanno deliberato o stanno deliberando in consiglio comunale sul piano proposto da Coldiretti. «Come associazione», conclude, «non siamo stati interpellati: ancora una volta non si ascolta il territorio». 

Autore: Marta Bicego

Fonte: L’Arena

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

IL SARGASSO, L’ALGA BRUNA MALEODORANTE PRESENTE NEI MARI TROPICALI DI TUTTO IL MONDO E CHE SI STA RINVENENDO ANCHE NEI MARI ITALIANI

MESSICO E SARGASSO: LA VERITÀ SUL PROBLEMA CHE AFFLIGGE LA RIVIERA MAYA

https://www.guidaviaggi.it/2023/09/08/messico-e-sargasso-in-riviera-maya/

Una grande quantità di alghe continua a flagellare le coste del Messico, e in particolare quelle dello Stato di Quintana Roo dove si trovano alcune delle destinazioni turistiche più popolari al mondo.

L’alga in questione si chiama sargasso e quando arriva sulle spiagge della Riviera Maya oltre a rappresentare un serio problema per la balneazione, le trasforma in distese brune maleodoranti a causa del cattivo odore che l’alga stessa emette quando si secca al sole. Per non parlare degli effetti collaterali per l’ambiente, visto che quando si deposita sul fondale il sargasso soffoca il corallo tipico della costa caraibica e accumulandosi sulla sabbia impedisce la nidificazione delle tartarughe.

Anche se non è un problema sorto quest’anno quello delle alghe in Messico, è certo che rappresenta ormai un gran bel cruccio per la destinazione, considerando che queste fioriture anomale di piante marine sono aumentate spropositatamente nel corso degli ultimi 10 anni e proprio non sembrano arrestarsi.

In questo scenario, non è difficile comprendere come la domanda turistica stia mostrando segni di sofferenza. Per questa ragione abbiamo chiesto ad alcuni tour operator che propongono la Riviera Maya di aiutarci a comprendere le reali dimensioni del fenomeno e di chiarirci in che modo stia impattando sulla richiesta di viaggi da parte della clientela italiana.

Un problema discontinuo e imprevedibile

“Il fenomeno dell’arrivo del sargasso sulle spiagge della Riviera Maya si è intensificato negli ultimi 5 anni – spiega Matteo Bolognesi, Caribbean & South America destination manager per il cluster Mainstream di Alpitour – si tratta di un fenomeno occasionale, per lo più estivo, ma che in forma sporadica si presenta anche nella stagione invernale, generalmente dopo forti temporali per via delle importanti maree che ne conseguono. Lo scorso inverno fortunatamente è risultato abbastanza raro. L’area dove il fenomeno si intensifica maggiormente è verso il sud della Riviera Maya, inclusa l’area di Tulum, dove l’evidenza maggiore è anche generata dall’assoluto divieto di ogni intervento da parte dell’uomo, trattandosi di una zona naturale protetta, la più estesa di tutto il Messico caraibico. Meno colpita risulta invece l’area nord della Riviera Maya, tra cui la zona di Punta Maroma dove è presente uno dei nostri principali prodotti”.

L’effetto sulle prenotazioni

“Effettivamente abbiamo assistito ad un periodo di flessione – ha spiegato ancora Mattei Bolognesi – ma oggi troviamo un cliente più informato e preparato e nelle ultime stagioni l’interesse verso una delle destinazioni più eclettiche dei Caraibi sta tornando perché cresce la consapevolezza di poter visitare in Messico anche splendide città coloniali, scoprire usi e costumi delle haciendas, avventurarsi tra i siti Maya immersi nella natura, tuffarsi in cenotes unici al mondo oltre a rilassarsi sulle spiagge di sabbia bianca”.

“Fortunatamente l’area in cui si trovano le nostre strutture quest’anno non è stata particolarmente colpita dal sargasso, ad eccezione forse di 2-3 settimane – ha detto Simone Cacciotti, operation manager della Divisione Villaggi Veraclub -. Solitamente il momento più critico cade sui mesi di aprile e maggio, sui quali ne consegue un rallentamento della domanda. Il periodo che va da ottobre a dicembre invece, è quello meno interessato”.

La balneazione non è mai stata a rischio

È importante sottolineare che la balneabilità di fronte ai resort commercializzati dai tour operator italiani è sempre garantita, perché vengono predisposti costanti e rapidi interventi di rimozione delle alghe in caso di eventuale presenza di sargasso. Tutti gli alberghi sono organizzati infatti con trattorini specializzati e personale addetto. Va detto inoltre che le spiagge di Isla Mujeres, Cozumel ed Hollbox, le tre isole di fronte alla Riviera Maya, fino ad oggi non sono mai interessate dalla presenza di sargasso, e sono da considerarsi quindi validissime mete per le escursioni balneari.

Alessandra Tesan

Fonte: Guida Viaggi

Sargasso, una macchia nera soffoca il Caribe messicano

REPORTAGE. Una quantità mai vista prima di un’alga fluttuante sta sconvolgendo l’ecosistema marino. Tra le cause le acque sempre più calde, la deforestazione e lo sversamento di petrolio.

https://ilmanifesto.it/sargasso-una-macchia-nera-soffoca-il-caribe-messicano

Autore: Giuditta Pellegrini

Dalla sua casetta spoglia di fronte ai Caraibi messicani Maria Aguilar, venditrice di cocchi, ha visto i profondi cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nella cittadina di Mahahual. L’orizzonte le ha riservato parecchie sorprese, come la costruzione del porto in cui ogni giorno approdano una decina di navi da crociera, riversando gruppi di turisti a bordo di monopattini elettrici sulla strada sterrata che costeggia il mare. Ma non è niente a confronto con il mutato paesaggio causato dall’arrivo massivo del sargasso, l’alga che dal 2011 ha invaso la costa messicana fino a cambiarne profondamente l’aspetto.

«È ARRIVATA E DA ALLORA NE ABBIAMO AVUTA sempre di più» racconta mentre affonda il machete nel frutto per estrarne il  succo, con lo sguardo che sbircia il mare trasformato in un prato galleggiante. In circa un decennio una quantità mai conosciuta prima di macroalghe fluttuanti del tipo Sargassum natans e Sargassum fluitans si è estesa in un’ampia zona che comprende anche le coste brasiliane, della Florida e dell’Africa occidentale. Le cause della crescita eccezionale del vegetale marino sono ancora al vaglio dei ricercatori che sono però unanimi nel riconoscere l’importanza nel favorirla dell’innalzamento della temperatura superficiale del mare osservata nell’Atlantico tropicale.

«QUESTE CONDIZIONI FAVOREVOLI SONO STATE poi alimentate da ulteriori apporti di nutrienti continentali, provenienti principalmente dal Rio delle Amazzoni», come «conseguenza della deforestazione e delle attività agroindustriali nella foresta amazzonica», puntualizza il report On the potential causes of the recent Pelagic Sargassum blooms events in the tropical North Atlantic Ocean pubblicato nel 2017 su Biogeosciences. Le fonti più ufficiose citano anche un’altra possibile causa scatenante: quella correlata all’incidente che nel 2010 causò l’esplosione della piattaforma BP Deepwater Horizon, causando la fuoriuscita di circa 500 milioni di litri di petrolio nel golfo del Messico, in uno dei disastri ambientali più gravi della storia contemporanea. Il proliferare delle alghe potrebbe essere scaturito, secondo alcuni ricercatori, dalla presenza di idrocarburi e dai batteri in grado di degradare alcune componenti del petrolio che qui sono stati impiegati per limitare i danni dello sversamento. Le correnti che avrebbero favorito il movimento dei «nutrienti» verso la costa messicana sono le stesse che la rendono particolarmente soggetta al fenomeno del sargasso, spingendo la massa di alghe dall’Atlantico orientale verso l’Africa e la foce del fiume Congo, passando per il litorale brasiliano e entrando all’altezza di Cozumel.

IL SISTEMA DI ALLERTA PRECOCE SATELLITARE Sargassum (SATsum) messo a punto dalla Comisión Nacional para el Conocimiento y Uso de la Biodiversidad (CONABIO) del Governo messicano e ora integrato con il sistema di monitoraggio Sentinel 3, ha permesso di identificare 4 milioni di tonnellate di massa algale che giornalmente si accumulano lungo gli 800 km di spiagge della regione del Quintana Roo. Avvistato per la prima volta da Colombo nell’omonimo mare al largo della costa orientale degli Stati Uniti, il sargasso, con grappoli di foglie rigide e piccoli frutti rotondi, si raccoglie in gigantesche isole galleggianti, habitat di un ricco ecosistema che fornisce nutrimento ai pesci e rifugio alle tartarughe appena nate. Il problema quindi non è la pianta in sé, ma le quantità anomale che sta raggiungendo, grazie alla sua capacità di riprodursi velocemente e ricoprire 20 metri quadrati di superficie in soli 15 giorni.

LE CONSEGUENZE SONO ENORMI. Le analisi delle acque in cui permane il sargasso hanno rivelato la presenza di arsenico e metalli pesanti rilasciati dalla pianta. Per il momento le concentrazioni non si sono mostrate pericolose per il corpo umano, ma il dato è di particolare rilevanza in una zona come quella della cosiddetta Riviera Maya, una delle più battute dal turismo di massa. L’impatto sui 5 milioni di visitatori che vi approdano ogni anno di trovare un mare nero e spiagge ricoperte di alghe maleodoranti al posto del tipico paesaggio caraibico rischia di infondere un colpo profondo all’economia dell’intero Paese, in cui il turismo del Quintana Roo incide sul Pil in maniera determinante.

A POCO SERVONO I NUMEROSI OPERAI che raccolgono montagne di sargasso per nasconderlo alla vista dei lussuosi resort. Il problema è anche quello di smaltire una tale massa vegetale che, in fase di decomposizione, oltre a emanare un odore pungente, rilascia liquami tossici e sostanze nocive come l’idrogeno solforato e gas a effetto serra quali il metano: una presenza ingombrante che coinvolge l’intero ecosistema marino, dalle scogliere alle zone umide, come i boschi di mangrovie, con un impatto diretto su pesca e fauna.

IL SARAGASSO, CHE SPESSO DOPO ESSERE STATO RACCOLTO viene abbandonato sulla spiaggia e ricoperto di sabbia, diviene un pericoloso ostacolo alla deposizione delle uova delle tartarughe marine, come ha spiegato Hector Antonio Lizárraga Cubedo, oceanologo e Direttore esecutivo del centro ecologico di Akumal. Per cercare di produrre un’agenda standardizzata di azioni coerenti nel trattamento del sargasso, il Governo ha creato, sotto la supervisione del Consejo Nacional de Humanidades, Ciencias y Tecnologías (Conahcyt), un gruppo di lavoro formato da esperti di diverse discipline che si confrontano a cadenza regolare. Numerose sono le ricerche sullo sfruttamento del sargasso in termini monetari, dall’utilizzo per la produzione di biodiesel all’impiego nell’industria alimentare e cosmetica, ma per il momento la presenza dei metalli pesanti e l’incapacità di verificare la disponibilità nel tempo dell’alga non hanno ancora prospettato una valida soluzione.

L’IMPORTANZA DI STILARE UN PROTOCOLLO comune che agisca sia sulla contingenza che sulle cause più profonde del problema è stato ribadito da più voci: «Molte specie di fauna compiono almeno una parte del loro ciclo vitale associata al sargasso, il quale sta assorbendo la grande eccedenza di nutrienti che altrimenti permarrebbero creando problemi ancora peggiori per le specie marine» ha fatto notare Jose Adan Caballero Vasquez, del Centro de Investigación Científica dello Yucatán. Secondo Sergio Cerdeira Estrada, vicedirettore del Sistema di Informazione e Análisi Marina di Conabio, «non è corretto parlare di invasione, ma è importante osservare il problema da un punto di vista della complessità del mondo naturale in cui viviamo», portando attenzione su come il fenomeno necessiti di essere affrontato a livello internazionale. Osservandolo come una sorta di risposta immunitaria che la natura mette in atto per difendersi, il fenomeno del sargasso diviene emblematico della necessità di volgere uno sguardo più complesso sui territori globali, che siano terrestri o marini, per ripensarli non solo in base alle emergenze, ma secondo una visione più lungimirante verso un modello non più vorace a livello di turismo, estrattivismo e fruizione.

Fonte: Il Manifesto

Florida, dietro l’invasione di alghe nel mare due azioni dell’uomo sulla terraferma

https://resoilfoundation.org/ambiente/alghe-sargasso-fertilizzanti-deforestazione/

Le coste dello Stato USA e di altri stati caraibici sono invase da quantità abnormi di sargassi: si stima che le alghe sfiorino i 9mila chilometri di lunghezza e le 20mila tonnellate di peso. Alla base del fenomeno però ci sono l’abuso di fertilizzanti agricoli e la deforestazione. Una conferma del legame che unisce la salute dei suoli con quella degli oceani

di Emanuele Isonio

Che la porzione di Oceano Atlantico settentrionale, compresa tra le Azzorre a Est e le Antille a Ovest fosse caratterizzata dalla presenza di grandi banchi di alghe non lo scopriamo certo oggi. Il Mar dei Sargassi, che rimanda alle storie fantastiche di pirati ed esploratori, deve il suo nome proprio a quel tipo di vegetali. Talmente diffusi in alcuni periodi dell’anno da rallentare la navigazione dei velieri. Se ne lamentava già Cristoforo Colombo: sembra – raccontava nei suoi diari di bordo il navigatore genovese – di essersi arenati su immensi banchi di sabbia.

Un “blob” galleggiante

Secoli dopo, però, la presenza di queste leggendarie alghe appare però fuori controllo: molto più grande in quantità (la marea di sargassi si protrae per circa 8850 chilometri, per un peso approssimativo di 22 milioni di tonnellate di materia). E soprattutto si sta moltiplicando in periodi insoliti. Troppo presto, in mesi che dovrebbero ancora essere tardo invernali. Tanto da aver invaso, nei giorni e settimane scorse, molte spiagge della Florida e dei Caraibi settentrionali.

Da risorsa a patologia

E così, la presenza dei sargassi – che in quantità “normali” sono essenziali per la biodiversità di quella porzione di Atlantico, producendo ossigeno e garantendo un habitat ideale per la fauna marina. – diventa patologica. Mettendo a rischio la salute dei coralli, delle spiagge, delle preziose mangrovie, ma anche della salute umana e dell’indotto economico assicurato in quelle aree da pesca e turismo. Lo sanno bene i titolari delle strutture ricettive delle coste interessate, che hanno constatato una diminuzione di turisti e prenotazioni man mano che il fenomeno è cresciuto. Lungo le spiagge tra Miami a Jacksonville temono che quest’anno verrà superato il record (22 milioni di tonnellate) registrato l’anno scorso.

L’immagine satellitare mostra l’estensione dell’area coinvolta dalla crescita anormale delle alghe nell’Oceano Atlantico a gennaio 2023. I colori più caldi indicano una presenza più massiccia di sargassi. FOTO: South Florida University.

Ma che cosa c’è alla base di questa insolita proliferazione? I ricercatori del Dipartimento di biologia marina dell’University of South Florida stanno studiando il fenomeno da diversi anni. Utilizzando anche i dati satellitari forniti dalla NASA, hanno oosservato un aumento della fioritura dei sargassi almeno dal 2011. Secondo il team guidato dai professori Mengqiu Wang e Chuanmin Hu, il fenomeno è collegato con quanto accade in Amazzonia.

I principali indiziati sono infatti l’aumento della deforestazione (ripresa a pieno regime in Brasile con il presidente Bolsonaro) per far posto ad ampie distese di suolo coltivabile e l’uso massiccio di fertilizzanti chimici. Questi ultimi infatti, sono progettati per favorire la crescita rapida dei prodotti agricoli. Ma quelle stesse sostanze finiscono poi per arrivare nei corsi d’acqua fino al grande Rio delle Amazzoni. E da lì fino al mare. Le correnti oceaniche hanno fatto il resto, provocando un aumento incontrollato delle alghe sargasso. Fattori che fanno dire al professor Hu che “le fioriture ricorrenti dei saraggi nell’Atlantico tropicale e nel Mar dei Caraibi possono diventare la nuova norma”.

I collegamenti con lo slash and burn africano

Un altro ateneo della Florida – quello di Miami – ha aggiunto un ulteriore tassello alla ricerca delle cause principali della proliferazione dei sargassi. E l’avrebbe individuato in Africa, dove è molto utilizzata ancora la pratica dello slash and burn: una superficie forestale viene sottoposta a taglio e ripulita del sottobosco; la ramaglia viene disposta a strisce e bruciata, mentre con la legna viene prodotto del carbone. Le superfici aperte vengono coltivate per uno/due anni sfruttando la fertilità del suolo ereditata durante la fase forestale, per essere poi abbandonate alla ricolonizzazione della vegetazione naturale fino al ripristino di livelli di fertilità idonei a una nuova coltivazione.

Ma tale pratica, oltre a stressare i suoli (la crescita demografica ha ridotto il tempo tra un taglio e l’altro, rendendo difficile il recupero forestale), causerebbe il rilascio in atmosfera di nutrienti, a partire dal fosforo. L’ipotesi è stata avanzata da Cassandra Gaston, professore associato all’università di Miami ed esperta di chimica atmosferica. “Il fumo sprigionato da quegli incendi sta certamente apportando nutrienti che sono prontamente disponibili dopo che, trasportati dai venti, si depositano nell’oceano” spiega Gaston. E così facendo diventano un involontario acceleratore della moltiplicazione delle alghe sargasso.

Fonte: Re Soil Foundation

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

GAZA RELIEF TEAM

Vasto (CH), lì 27 Dicembre 2023 ore 15.05

Articolo dedicato all’associazione caritatevole Gaza Relief Team, fondata nel 1444 ed arrivata al suo 579 esimo anno di servizio, un’associazione che opera a Gaza e nell’intera Striscia di Gaza in Palestina per recapitare alla popolazione civile generi di prima necessità (cibo, acqua potabile, medicine, materassi per la notte).

Article dedicated to the charitable association Gaza Relief Team, founded in 1444 and now in its 579th year of service, an association that operates in Gaza and in the entire Gaza Strip in Palestine to deliver basic necessities (food, drinking water, medicines, mattresses for the night).
Gaza Relief Team, mercy charitable association founded in 1444 in Gaza, Palestine https://twitter.com/GazaReliefTeam
https://gogetfunding.com/emergency-relief-program-for-the-poorest-families-in-the-occupied-lands-h-n-4/

Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto