TWO-WAY CYCLE PATH, ITALY LACK OF LIGHT
A tre anni dall’introduzione nel Codice della Strada, il doppio senso ciclabile (definito dall’articolo 3, comma 1 n. 12-ter “corsia ciclabile per il doppio senso ciclabile”) è ancora applicato pochissimo nel nostro Paese. Lo scorso dicembre, la European Cyclists’ Federation https://ecf.com ha pubblicato un articolo in cui si analizza la situazione in Europa con il sistema QECIO* e l’Italia risulta agli ultimi posti, con una percentuale inferiore all’1% a livello nazionale, pari a 221 km di doppio senso ciclabile su oltre 30mila km di strade a senso unico. Uniche eccezioni Bolzano con il 14,4% e Reggio Emilia con il 5,8%.
Eppure, si tratta di una soluzione (a basso costo) applicata in vari paesi europei da oltre 20 anni, con risultati molto positivi e nessuna controindicazione in termini di sicurezza per gli utenti della strada. ECF afferma quindi che la percentuale di doppio senso ciclabile sul totale delle strade a senso unico può essere considerata è una misura di quanto la gestione del traffico in un’area è “amica” delle biciclette.
Grazie al contributo del nostro Centro Studi in questo articolo cerchiamo di comprenderne i vantaggi a partire dai risultati raggiunti in molte città europee, per scoprire infine le ragioni del nostro ritardo.
La diffusione del doppio senso ciclabile in Europa
La media europea è del 10%, ma i paesi all’avanguardia per ciclabilità superano il 50% e alcune regioni addirittura il 70%. I Paesi Bassi hanno la quota più alta di strade a senso unico con doppio senso ciclabile, seguiti da vicino dal Belgio. Bruxelles e gran parte delle Fiandre sono al di sopra della media olandese. In scia troviamo Austria, Svizzera e Germania e successivamente Liechtenstein, Lussemburgo, Francia e Danimarca.
La media nazionale non sempre rappresenta le performance delle singole città. Ad esempio, anche se la Polonia non è entrata nella top ten, le città principali sono già abbastanza avanti. Danzica, ispirandosi ai modelli belgi, è stata la prima a introdurre sistematicamente il doppio senso ciclabile, con 127 strade aperte nel 2009. Radom ha applicato il doppio senso ciclabile a tutte le sue strade a senso unico nel 2014. È interessante notare che, dopo aver vinto un voto popolare, il “Radom Contraflow Revolution” è stato finanziato dal bilancio partecipativo locale ed è costato solo circa 17mila euro.
In Germania il dato medio di applicazione del doppio senso ciclabile sulle strade a senso unico è del 26%, ma ad esempio il distretto di Gießen svetta con il 69%. Anche Brema, Francoforte sul Meno, Oldenburg, Rosenheim o Wiesbaden possono facilmente competere con le città olandesi.
Doppio senso ciclabile, i vantaggi
Il doppio senso ciclabile consente la circolazione delle biciclette in entrambe le direzioni su strade a senso unico. Una strada potrebbe essere troppo stretta perché due auto possano incrociarsi, ma comunque abbastanza larga per un’auto e una bicicletta.
Nella maggior parte dei paesi europei, viene attuato sulle strade locali applicando solo un pannello integrativo con la specifica “eccetto biciclette” sotto i cartelli di senso unico o di divieto di accesso. Se c’è spazio si può tracciare una corsia per il doppio senso ciclabile con la segnaletica orizzontale. In alcuni casi, viene offerta una separazione fisica mediante una pista ciclabile.
Riduzione del traffico automobilistico e aumento dell’uso della bici
Il doppio senso ciclabile permette spostamenti in bici più diretti e consente a chi pedala di evitare strade principali e incroci pericolosi. Rendere alcuni tratti a senso unico (preferibilmente a tratti alternati) con il doppio senso per le biciclette, consente di creare corridoi ciclabili più lunghi attraverso strade locali tranquille.
In Belgio, il doppio senso ciclabile ha dato un forte impulso alla rete ciclabile della regione di Bruxelles-Capitale: i percorsi che collegano diversi quartieri lungo le strade locali, grazie al doppio senso ciclabile hanno contribuito a triplicare il traffico ciclistico. A Lovanio questa soluzione è parte essenziale del piano del traffico, che ha eliminato il traffico automobilistico di attraversamento dal centro e ha aumentato il numero di spostamenti in bicicletta del 32% in un anno.
Anche in Lussemburgo, il tratto a senso unico di Rue des Romains con doppio senso ciclabile, breve ma in posizione strategica, filtra il traffico automobilistico e permette ai ciclisti di accedere in sicurezza al centro città da ovest.
A Cracovia, in Polonia, il doppio senso ciclabile di via Kopernika è tra i tratti più utilizzati con oltre 400 ciclisti/ora nelle ore di punta. A Londra, il sistema delle Quietways ha utilizzato sistematicamente il doppio senso ciclabile.
È una soluzione sicura? I casi di Bruxelles e Londra
Nel doppio senso ciclabile, i conducenti degli autoveicoli e i ciclisti che arrivano dalla direzione contraria si vedono molto meglio reciprocamente.
La sicurezza del doppio senso ciclabile non dipende da una cultura ciclistica consolidata: Bruxelles ha autorizzato il doppio senso ciclabile su 404 km di strade a senso unico tra il 2004 e il 2007, quando la bicicletta copriva appena l’1,7% di tutti gli spostamenti. L’Istituto Belga per la Sicurezza Stradale (BRSI) ha valutato l’impatto nello studio “Aspetti di sicurezza del doppio senso ciclabile. Analisi dettagliata degli incidenti che coinvolgono ciclisti nel doppio senso ciclabile nella regione di Bruxelles-Capitale” e ha concluso che nelle strade con il doppio senso ciclabile si sono verificati proporzionalmente meno collisioni rispetto al ciclista che viaggia nel senso dei veicoli.
Un altro studio più recente ha analizzato i dati raccolti in ben 22 anni riguardanti 508 strade a senso unico di Londra e – che sorpresa! – è arrivato a risultati simili. In conclusione, le evidenze scientifiche e chi si occupa di questi temi raccomandano questa soluzione.
Perché l’Italia è così indietro?
In Italia il doppio senso ciclabile è stato introdotto nel Codice della Strada soltanto nel 2020, con un ritardo di quasi vent’anni rispetto ai paesi europei guida. Però non sono mancati i precursori: a Reggio Emilia, ad esempio, tutte le strade a senso unico del centro storico sono a doppio senso per le bici dal 2005. E non è un caso isolato.
Nel 2011, su sollecitazione di FIAB, il Ministero dei Trasporti ha espresso un parere favorevole all’applicazione del doppio senso ciclabile, a certe condizioni.
Nel 2020, sull’onda della pandemia Covid-19, il Decreto Legge n. 76 del 16 luglio ha innovato il Codice della Strada con alcune misure a favore della mobilità ciclistica, fra le quali il doppio senso ciclabile, normato nell’articolo 3 comma 1, numero 12-ter: “Corsia ciclabile per doppio senso ciclabile: parte longitudinale della carreggiata urbana a senso unico di marcia, posta a sinistra rispetto al senso di marcia, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi in senso contrario a quello di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede. La corsia ciclabile è parte della carreggiata destinata alla circolazione dei velocipedi in senso opposto a quello degli altri veicoli;”.
Ma allora perché le strade a senso unico con doppio senso ciclabile sono ancora pochissime? A rispondere è Massimo Gaspardo Moro, Responsabile del Centro Studi FIAB. “Il fattore culturale gioca un ruolo fondamentale. Da un lato, molte amministrazioni locali, dirigenti delle polizie locali e degli uffici tecnici comunali hanno una scarsa conoscenza dei vantaggi che questa soluzione offre, delle positive esperienze europee e italiane e dei dati relativi all’incidentalità. Dall’altro lato, anche i portatori di interessi, cioè le organizzazioni ciclistiche locali e i gruppi ambientalisti non agiscono con molta convinzione per spingere i comuni ad applicare la norma”. Inoltre aggiunge: “A ciò si aggiunge un orientamento del governo centrale che, invece di rassicurare le amministrazioni locali, alimenta resistenze e perplessità. L’aggiornamento del Codice della Strada in itinere, infatti, tende a depotenziare la norma, rimandando a un successivo adeguamento del regolamento di attuazione le disposizioni sulla realizzazione in concreto del doppio senso ciclabile”.
Insomma, per la mobilità ciclistica in Italia il doppio senso ciclabile sembra essere un’opportunità molto promettente e a portata di mano, che però non viene colta per un “errore di valutazione” che ci allontana sempre più dai risultati raggiunti da molti paesi europei.
*Quantifying Europe’s Cycling Infrastructure using OpenStreetMap
English translate
Three years after its introduction into the Highway Code, the two-way cycle path (defined by article 3, paragraph 1 no. 12-ter “cycle lane for two-way cycle paths”) is still applied very little in our country. Last December, the European Cyclist’s Federation published an article analyzing the situation in Europe with the QECIO* system and Italy was in the last places, with a percentage of less than 1% at a national level, equal to 221 km of two-way cycling on over 30 thousand km of one-way roads. The only exceptions are Bolzano with 14.4% and Reggio Emilia with 5.8%.
Yet, it is a (low-cost) solution applied in various European countries for over 20 years, with very positive results and no contraindications in terms of safety for road users. ECF therefore states that the percentage of two-way cycling on the total number of one-way streets can be considered as a measure of how “bicycle-friendly” traffic management in an area is.
Thanks to the contribution of our Study Center in this article we try to understand the advantages starting from the results achieved in many European cities, to finally discover the reasons for our delay.
The spread of two-way cycling in Europe
The European average is 10%, but the countries at the forefront in terms of cycling exceed 50% and some regions even 70%. The Netherlands has the highest share of one-way streets with two-way cycling, followed closely by Belgium. Brussels and much of Flanders are above the Dutch average. In the wake we find Austria, Switzerland and Germany and subsequently Liechtenstein, Luxembourg, France and Denmark.
The national average does not always represent the performance of individual cities. For example, even though Poland didn’t make it into the top ten, the major cities are already quite far ahead. Gdansk, inspired by Belgian models, was the first to systematically introduce two-way cycling, with 127 streets opened in 2009. Radom applied two-way cycling to all its one-way streets in 2014. Interestingly, after having won a popular vote, the “Radom Contraflow Revolution” was financed by the local participatory budget and only cost around 17 thousand euros.
In Germany the average figure for the application of two-way cycling on one-way streets is 26%, but for example the district of Gießen stands out with 69%. Even Bremen, Frankfurt am Main, Oldenburg, Rosenheim or Wiesbaden can easily compete with Dutch cities.
Two-way cycle path, the advantages
The two-way cycle path allows the circulation of bicycles in both directions on one-way streets. A road might be too narrow for two cars to pass each other, but still wide enough for a car and a bicycle.
In most European countries, it is implemented on local roads by applying only an additional panel with the specification “except bicycles” under one-way or no-entry signs. If there is space, a lane can be traced for the two-way cycle path with horizontal signs. In some cases, physical separation is offered via a cycle path.
Reduction of car traffic and increase in bicycle use
The two-way cycle path allows for more direct cycling and allows cyclists to avoid main roads and dangerous intersections. Making some sections one-way (preferably alternating sections) with two-way for bicycles allows you to create longer cycle corridors through quiet local streets.
In Belgium, two-way cycling has given a strong boost to the cycling network of the Brussels-Capital Region: routes connecting different neighborhoods along local roads have contributed to tripling cycling traffic thanks to two-way cycling. In Leuven this solution is an essential part of the traffic plan, which eliminated through-car traffic from the center and increased the number of bicycle trips by 32% in one year.
Also in Luxembourg, the one-way stretch of Rue des Romains with two-way cycling, short but strategically located, filters car traffic and allows cyclists to safely access the city center from the west.
In Krakow, Poland, the two-way cycle path on Kopernika Street is among the most used sections with over 400 cyclists/hour during rush hour. In London, the Quietways system systematically used two-way cycling.
Is it a safe solution? The cases of Brussels and London
In the two-way cycle route, car drivers and cyclists arriving from the opposite direction can see each other much better.
Two-way cycling safety does not depend on an established cycling culture: Brussels authorized two-way cycling on 404km of one-way streets between 2004 and 2007, when cycling covered just 1.7% of all travel. The Belgian Road Safety Institute (BRSI) assessed the impact in the study “Safety aspects of two-way cycling. Detailed analysis of accidents involving cyclists in two-way cycling in the Brussels-Capital Region” and concluded that proportionately fewer collisions occurred on two-way cycling streets compared to cyclists traveling in the direction of vehicles.
Another more recent study analyzed data collected over 22 years covering 508 one-way streets in London and – what a surprise! – arrived at similar results. In conclusion, the scientific evidence and those who deal with these issues recommend this solution.
Why is Italy so behind?
In Italy, the two-way cycle path was introduced into the Highway Code only in 2020, with a delay of almost twenty years compared to the leading European countries. However, there has been no shortage of precursors: in Reggio Emilia, for example, all the one-way streets in the historic center have been two-way for bicycles since 2005. And this is not an isolated case.
In 2011, at the request of FIAB, the Ministry of Transport expressed a favorable opinion on the application of two-way cycling, under certain conditions.
In 2020, in the wake of the Covid-19 pandemic, Legislative Decree no. 76 of 16 July innovated the Highway Code with some measures in favor of cycling mobility, including two-way cycling, regulated in article 3 paragraph 1, number 12-ter: “Cycle lane for two-way cycling: longitudinal part of the one-way urban roadway, located to the left with respect to the direction of travel, delimited by a discontinuous white stripe, crossable and for mixed use, suitable for allowing bicycles to circulate on urban roads in the opposite direction to that of others vehicles and marked by the bicycle symbol. The cycle lane is part of the roadway intended for the circulation of bicycles in the opposite direction to that of other vehicles;”.
But then why are there still very few one-way streets with two-way cycling? The answer is Massimo Gaspardo Moro, Head of the FIAB Study Center. “The cultural factor plays a fundamental role. On the one hand, many local administrations, managers of local police forces and municipal technical offices have little knowledge of the advantages that this solution offers, of the positive European and Italian experiences and of the data relating to accidents. On the other hand, even the stakeholders, i.e. local cycling organizations and environmental groups, do not act with much conviction to push municipalities to apply the rule”. He also adds: “Added to this is a central government orientation which, instead of reassuring local administrations, fuels resistance and perplexity. The ongoing updating of the Highway Code, in fact, tends to weaken the rule, postponing the provisions on the concrete implementation of the two-way cycle path to a subsequent adaptation of the implementing regulation”.
In short, for cycling mobility in Italy the two-way cycle path seems to be a very promising and within reach opportunity, which however is not seized due to an “error of evaluation” which takes us further and further away from the results achieved by many European countries.
Source: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB)
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente