Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

PERCHE’ FROSINONE E’ UNA DELLE CITTA’ PIU’ INQUINATE D’ITALIA

L’ampio uso delle auto, i mezzi pubblici scarsi e la sua conformazione geografica hanno portato la città laziale a sforare i limiti di legge sulle polveri sottili più della Pianura Padana

di Angelo Mastrandrea

Frosinone, città del Lazio che è tra le più inquinante d’Italia a causa di alti livelli di polveri sottili o nanoparticolato atmosferico PM10 (smog)
https://www.ilpost.it/2024/03/12/frosinone-inquinamento/

Mercoledì 28 febbraio la centralina per il monitoraggio dell’aria che l’ARPA del Lazio (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) ha installato lungo viale Mazzini, nel centro di Frosinone, ha rilevato 52 microgrammi per metro cubo di PM10, le particelle più fini prodotte soprattutto dagli scarichi delle automobili e dai riscaldamenti domestici. Un secondo sensore, piazzato all’angolo tra via Puccini e via Verdi, nella parte bassa della città, ha segnalato poco meno e ciò è bastato a evitare l’ennesimo blocco del traffico.

La soglia massima prevista dalla legge italiana infatti è di 50 microgrammi per metro cubo, cinque in più dei 45 indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’OMS. Quando viene superata, i sindaci devono prendere delle misure di emergenza per far abbassare la concentrazione di PM10 nell’atmosfera ed evitare rischi per la salute dei cittadini, in particolare delle persone anziane, dei bambini e di chi è affetto da malattie respiratorie. Queste particelle, infatti, spesso sono composte da metalli pesanti, nitriti e solfati, e quando vengono respirate possono provocare problemi respiratori come asma o bronchiti croniche, malattie cardiovascolari e tumori come quello al polmone.

Secondo un rapporto di Legambiente, nel 2023 Frosinone è stata la città italiana che ha sforato più volte il limite dei 50 microgrammi al metro cubo di PM10. La stazione di monitoraggio dell’aria di Frosinone Scalo ha rilevato che la soglia critica è stata superata per 70 giorni, più o meno un giorno a settimana, mentre una direttiva europea del 2008 e la legge del 2010 che l’ha recepita stabiliscono che il limite non vada superato per più di 35 giorni all’anno. Per la seconda volta negli ultimi dieci anni Frosinone è risultata più inquinata da polveri sottili, come vengono definite queste particelle, di città come Milano, Napoli, Roma e Torino, e della Pianura Padana, dove a Gennaio la soglia dei 50 microgrammi per metro cubo d’aria è stata superata per diversi giorni.

La stazione di monitoraggio dell’aria a Frosinone Scalo (Angelo Mastrandrea/il Post)

A Frosinone Scalo vive la maggior parte dei 44mila abitanti di Frosinone, che è la città più importante della regione storica del Lazio chiamata Ciociaria. Quasi altrettanti ci vanno ogni giorno dai paesi vicini per lavorare. Lo svincolo dove si trova la centralina è uno dei punti più trafficati della città. Per questo molti abitanti ritengono che i dati sull’inquinamento siano falsati e che in realtà il resto della città non sia poi così inquinato. Il sindaco Riccardo Mastrangeli, di Forza Italia, però li smentisce. «Negli ultimi tempi abbiamo rilevato un alto livello di polveri sottili anche nella parte alta della città, che in genere ha l’aria più pulita di quella bassa, dove lo smog ristagna perché si trova in una conca tra i monti Lepini e i monti Ernici», dice.

Gli unici giorni in cui il PM10 è tornato al di sotto dei limiti di legge sono stati quelli in cui il vento o la pioggia ne hanno ridotto la concentrazione.

Frosinone Scalo (Fabio Cuttica/Contrasto)

Mastrangeli, che è anche un farmacista, dice che Frosinone è la prima città nel Lazio per vendita di farmaci cortisonici inalatori. Ogni mattina Mastrangeli controlla su un’app i livelli di polveri sottili presenti nell’aria, secondo i dati rilevati dalle due centraline, e sulla base di questi decide i provvedimenti per ridurne rapidamente la quantità. I continui sforamenti della soglia considerata pericolosa per la salute umana lo hanno costretto a decretare in diverse occasioni il blocco del traffico per le auto più inquinanti e hanno convinto la giunta comunale di centrodestra a programmare alcuni interventi strutturali, per cambiare la mobilità cittadina e gli impianti di riscaldamento.

Tra i provvedimenti adottati ci sono l’acquisto di bus elettrici, che saranno pagati con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) finanziato dall’Unione Europea, la realizzazione di una rete di parcheggi di scambio in cui lasciare l’auto e prendere un mezzo pubblico, e l’invio di tecnici del comune in case e palazzi per controllare ed eventualmente sostituire le vecchie caldaie con altre meno inquinanti.

Una veduta dall’alto di Frosinone con il grattacielo Zeppieri (Angelo Mastrandrea/il Post)

Il PM10 viene chiamato in questo modo perché le particelle di cui è composto, che possono essere liquide o solide, hanno un diametro uguale o non superiore ai 10 micron, cioè 10 millesimi di millimetro. Si distingue dal PM2.5, che è costituito da polveri ancora più fini, che se vengono respirate penetrano più in profondità nelle vie respiratorie. Il Ministero della Salute spiega che può avere «sia un’origine naturale, come l’erosione dei venti sulle rocce, le eruzioni vulcaniche e l’autocombustione di boschi e foreste, sia antropica», cioè dagli scarichi delle automobili o dei riscaldamenti domestici, compresi i vecchi camini a legna. Per questo Mastrangeli ha anche vietato l’uso di camini e stufe a legna nelle case che hanno già altri impianti di riscaldamento e ha proibito ai contadini «l’odiosa abitudine» di bruciare le sterpaglie all’aperto (roghi agricoli) «nonostante abbiamo predisposto un servizio di raccolta gratuita».

Il segretario locale di Legambiente Stefano Ceccarelli sostiene che per abbattere la quantità di polveri sottili sia necessario cambiare radicalmente la mobilità cittadina e abbassare i limiti di velocità sulla vicina autostrada nel tratto in cui attraversa la provincia di Frosinone. L’associazione ambientalista si appella a una legge del 2023, firmata dal Ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che ha concesso alle Regioni la facoltà di imporre l’abbassamento dei limiti di velocità sulle autostrade proprio per ridurre l’inquinamento. «Ogni giorno sulla Roma-Napoli passano circa 50mila vetture e a queste si aggiungono quelle delle decine di migliaia di persone che vengono a lavorare in città con la propria automobile», spiega. Secondo dati ISTAT, a Frosinone c’è il numero di automobili più alto in Italia, 829 ogni 1.000 abitanti.

«Bisogna convincere i cittadini che molti percorsi si possono fare anche a piedi ed è necessario rivedere la frequenza e la capillarità del trasporto pubblico», dice Marina Testa, coordinatrice della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB) nel Lazio. Secondo Ceccarelli, l’«abitudine consolidata» di prendere l’auto spesso è obbligata, perché «la conformazione urbanistica caotica di Frosinone», che è fatta nella parte bassa di centinaia di villette e palazzine sparse nelle campagne, rende quasi impossibile il ricorso a un mezzo diverso da quello privato. «Purtroppo la città dagli anni Sessanta è stata costruita in maniera disordinata e senza alcuna sensibilità ambientale e ora non è facile rimediare ai danni fatti», dice Testa. La misura di tutto questo secondo lei è il modo in cui venne trattato un antico anfiteatro romano: alla metà degli anni Sessanta fu scoperto dalle ruspe che lavoravano per costruire un palazzo. La costruzione fu interrotta ma poi riprese, e quello che rimane è nascosto sotto un edificio di via Roma, una delle strade principali di Frosinone.

Una stazione di bike sharing abbandonata a Frosinone (Angelo Mastrandrea/il Post)

La Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB) si sta battendo contro la riapertura dell’unica strada chiusa al traffico. È lunga 450 metri e collega la villa comunale alla via che porta sui vicini monti Lepini, attraversando un parco e una pista di pattinaggio abbandonata: è stata chiusa per via di un ponticello pericolante che non è mai stato sistemato. Testa la definisce «un piccolo polmone incastonato tra gli edifici, uno dei pochi posti della città in cui si può respirare». Lungo la strada si vedono persone a passeggio, di corsa o in bicicletta, «perché altri percorsi utilizzabili non ci sono a meno che non si faccia una fuga tra i campi».

Una fermata dell’autobus vicino alla stazione di Frosinone (Angelo Mastrandrea/il Post)

I bus del trasporto pubblico locale vengono utilizzati poco perché in molte zone della città non arrivano e passano molto di rado. Per andare dalla stazione ferroviaria al grattacielo Zeppieri nel quartiere De Matthaeis, che è il centro economico della città bassa, ci vorrebbero non più di una decina di minuti. Una linea diretta verso il centro storico avrebbe più o meno gli stessi tempi di percorrenza. Ma i tempi di attesa degli autobus vanno da mezzora a un’ora, e inoltre fanno percorsi tortuosi per coprire con le poche corse a disposizione più territorio possibile.

L’«ascensore inclinato», una sorta di funivia con una cabina da 30 posti che dovrebbe portare alla parte alta superando un dislivello di 170 metri, è rotto da tre anni. La giunta comunale ha appaltato i lavori per potenziarlo, mentre i nuovi bus elettrici dovrebbero collegarlo direttamente alla stazione. «Per rendere appetibile il trasporto pubblico locale ti devi muovere dalla stazione al centro storico in dieci minuti, per questo è necessario raddoppiare l’ascensore inclinato e inserirlo in un piano urbano sostenibile», ha detto il sindaco Mastrangeli in consiglio comunale. Al momento, però, il mezzo più veloce per andare nel centro storico, dove si trovano l’Accademia di Belle Arti e il Museo Archeologico, rimane l’automobile.

L’ingresso chiuso dell’ascensore inclinato a Frosinone Scalo (Angelo Mastrandrea/il Post)

Fonte: Il Post

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WHY FROSINONE IS ONE OF THE MOST POLLUTED CITIES IN ITALY

The widespread use of cars, limited public transport and its geographical conformation have led the Lazio city to exceed the legal limits on fine particles more than the Po Valley

by Angelo Mastrandrea

Frosinone, a city in Lazio which is among the most polluting in Italy due to high levels of fine dust or atmospheric nanoparticles PM10 (smog)

On Wednesday 28 February the air monitoring unit that the ARPA of Lazio (Regional Agency for Environmental Protection) installed along Viale Mazzini, in the center of Frosinone, detected 52 micrograms per cubic meter of PM10, the finest particles produced mainly by car exhaust and home heating. A second sensor, placed on the corner between via Puccini and via Verdi, in the lower part of the city, reported slightly less and this was enough to avoid yet another traffic block.

The maximum threshold established by Italian law is in fact 50 micrograms per cubic meter, five more than the 45 indicated by the World Health Organization, the WHO. When it is exceeded, mayors must take emergency measures to lower the concentration of PM10 in the atmosphere and avoid risks to the health of citizens, in particular elderly people, children and those suffering from respiratory diseases: these particles, in fact, are often composed of heavy metals, nitrites and sulphates, and when they are breathed in they can cause respiratory problems such as asthma or chronic bronchitis, cardiovascular diseases and tumors such as lung cancer.

According to a Legambiente report, in 2023 Frosinone was the Italian city that exceeded the limit of 50 micrograms per cubic meter of PM10 several times. The Frosinone Scalo air monitoring station found that the critical threshold was exceeded for 70 days, more or less one day a week, while a 2008 European directive and the 2010 law that implemented it establish that the limit must not be exceeded for more than 35 days per year. For the second time in the last ten years, Frosinone was more polluted by fine dust, as these particles are defined, than cities such as Milan, Naples, Rome and Turin, and the Po Valley, where in January the threshold of 50 micrograms per cubic meter of air was exceeded for several days.

The air monitoring station in Frosinone Scalo (Angelo Mastrandrea/il Post)

Most of the 44 thousand inhabitants of Frosinone live in Frosinone Scalo, which is the most important city in the historical region of Lazio called Ciociaria. Almost as many go there every day from neighboring towns to work. The junction where the control unit is located is one of the busiest points in the city. For this reason, many inhabitants believe that the pollution data are distorted and that in reality the rest of the city is not that polluted. Mayor Riccardo Mastrangeli, of Forza Italia, however, denies them. «Recently we have detected a high level of fine dust even in the upper part of the city, which generally has cleaner air than the lower part, where smog stagnates because it is located in a valley between the Lepini and Ernici mountains», he says.

The only days in which PM10 returned to below legal limits were those in which wind or rain reduced its concentration.

Frosinone Scalo

Mastrangeli, who is also a pharmacist, says that Frosinone is the first city in Lazio for the sale of inhaled cortisone drugs. Every morning Mastrangeli checks the levels of fine dust present in the air on an app, according to the data collected by the two control units, and on the basis of these decides on measures to quickly reduce the quantity. The continuous exceeding of the threshold considered dangerous for human health have forced him to decree on several occasions the blocking of traffic for the most polluting cars and have convinced the centre-right municipal council to plan some structural interventions to change city mobility and systems of heating.

Among the measures adopted are the purchase of electric buses, which will be paid for with funds from the National Recovery and Resilience Plan (PNRR) financed by the European Union, the creation of a network of exchange car parks where you can leave your car and taking public transport, and sending municipal technicians to houses and buildings to check and possibly replace old boilers with less polluting ones.

A view from above of Frosinone with the Zeppieri skyscraper (Angelo Mastrandrea/il Post)

PM10 is called in this way because the particles of which it is composed, which can be liquid or solid, have a diameter equal to or no greater than 10 microns, i.e. 10 thousandths of a millimetre. It’s distinguished from PM2.5, which is made up of even finer dust, which if breathed penetrates deeper into the respiratory tract. The Ministry of Health explains that it can have “both a natural origin, such as the erosion of winds on rocks, volcanic eruptions and spontaneous combustion of woods and forests, and anthropic“, i.e. from car exhaust or home heating, including old wood-burning fireplaces. For this reason Mastrangeli also banned the use of fireplaces and wood stoves in homes that already have other heating systems and prohibited farmers from “the hateful habit” of burning brushwood in the open air (agricultural fires) “despite the fact that we have set up a collection service free.”

The local secretary of Legambiente Stefano Ceccarelli claims that to reduce the quantity of fine particles it’s necessary to radically change city mobility and lower the speed limits on the nearby motorway in the stretch where it crosses the province of Frosinone. The environmentalist association is appealing to a 2023 law, signed by the Minister of Transport Matteo Salvini, which garanted the Regions the power to impose the lowering of speed limits on motorways precisely to reduce pollution. «Every day about 50 thousand cars pass on the Rome-Naples route and to these must be added those of the tens of thousands of people who come to work in the city with their own cars», he explains. According to ISTAT data, in Frosinone there is the highest number of cars in Italy, 829 per 1,000 inhabitants.

«We need to convince citizens that many routes can also be done on foot and it is necessary to review the frequency and capillarity of public transport», says Marina Testa, coordinator of the Italian Environment and Bicycle Federation (FIAB) in Lazio. According to Ceccarelli, the «consolidated habit» of taking the car is often obligatory because «the chaotic urban layout of Frosinone», which is made up of hundreds of villas and buildings scattered in the countryside in the lower part, makes it almost impossible to use a means other than private. «Unfortunately, since the 1960s the city has been built in a disorderly manner and without any environmental sensitivity and now it’s not easy to remedy the damage done», says Testa. According to her, the measure of all this is the way in which an ancient Roman amphitheater was treated: in the mid-1960s it was discovered by bulldozers working to build a palace. Construction was interrupted but then resumed, and what remains is hidden under a building on Via Roma, one of Frosinone’s main streets.

An abandoned bike sharing station in Frosinone (Angelo Mastrandrea/il Post)

The Italian Environment and Bicycle Federation (FIAB) is fighting against the reopening of the only road closed to traffic. It’s 450 meters long and connects the municipal villa to the road that leads to the nearby Lepini mountains, crossing a park and an abandoned ice rink: it was closed due to a small unsafe bridge that was never repaired. Testa defines it as “a small lung nestled between the buildings, one of the few places in the city where you can breathe”. Along the road you can see people walking, running or cycling, “because there are no other usable routes unless you escape through the fields”.

A bus stop near the Frosinone station (Angelo Mastrandrea/il Post)

Local public transport buses are rarely used because they rarely arrive or pass through many areas of the city. To go from the train station to the Zeppieri skyscraper in the De Matthaeis district, which is the economic center of the lower city, would take no more than about ten minutes. A direct line to the historic center would have more or less the same travel times. But bus waiting times range from half an hour to an hour, and they also take tortuous routes to cover as much territory as possible with the few trips available.

The “inclined lift”, a sort of cable car with a 30-seater cabin that should lead to the upper part over a difference in height of 170 metres, has been broken for three years. The municipal council has contracted the works to upgrade it, while the new electric buses should connect it directly to the station. «To make local public transport attractive you have to move from the station to the historic center in ten minutes, which is why it’s necessary to double the inclined lift and insert it into a sustainable urban plan», Mayor Mastrangeli said in the city council. At the moment, however, the fastest way to go to the historic centre, where the Academy of Fine Arts and the Archaeological Museum are located, remains the car.

The closed entrance of the inclined lift in Frosinone Scalo (Angelo Mastrandrea/il Post)

Source: Il Post

Frosinone, 44000 inhabitants, Ciociaria Lazio
https://www.google.it/maps/place/03100+Frosinone+FR/@41.6346093,13.2964801,8945m/data=!3m2!1e3!4b1!4m6!3m5!1s0x13255a94c5214bd7:0xc5572b2113e85906!8m2!3d41.6396009!4d13.3426341!16s%2Fg%2F11bc5v280r?entry=ttu

https://x.com/bralex84/status/1768746642792906886

Smog alle stelle, quattro giorni di stop alle auto in centro a Frosinone

I divieti applicati dopo l’ennesimo sforamento dei limiti delle polveri sottili. Quattro giorni di limitazioni alla circolazione da oggi fino a lunedì. E il 25 torna anche la domenica ecologica

Frosinone nella morsa dello smog
https://www.rainews.it/tgr/lazio/articoli/2024/02/smog-alle-stelle-quattro-giorni-di-stop-alle-auto-in-centro-a-frosinone-583d72de-2acb-4e03-85b9-771f24267804.html

Lo smog non accenna ad abbandonare l’aria di Frosinone. Le centraline di rilevamento dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente hanno registrato un nuovo sforamento dei limiti delle polveri sottili. Per questo il sindaco Riccardo Mastrangeli ha firmato un provvedimento con il quale ancora una volta viene limitata la circolazione dei mezzi più inquinanti nel centro cittadino. Lo stop è partito questa mattina 23 febbraio e si estenderà fino a tutto il 26.

A Frosinone la centralina di via Puccini ha misurato nella giornata di sabato 61 microgrammi al metro cubo di pm10, il limite è 50 microgammi. E mentre la pioggia tornata a scendere in città proprio questa mattina dopo tanti giorni di assenza, lascia ben sperare, il comune di Frosinone intende continuare a promuovere comportamenti virtuosi a favore dell’ecosistema e per tutelare la salute della collettività. Così domenica 25 febbraio torna la seconda domenica ecologica. In particolare la città ospiterà nell’area di via Aldo Moro una serie di iniziative al cui centro ci sono il benessere e gli stili di vita. Sarà possibile partecipare a lezioni dimostrative di pizzica, danza, hip hop e canottaggio indoor.

Nel servizio di Gemma Giovannelli l’intervista a Giancarlo Pizzutelli – Direttore Dipartimento Prevenzione ASL Frosinone.

Fonte: Rainews

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Skyrocketing smog, four days of car closures in the center of Frosinone

The bans applied after yet another violation of the limits of fine dust. Four days of traffic restrictions from today until Monday. And ecological Sunday also returns on the 25th

Frosinone in the grip

The smog shows no signs of abandoning the air of Frosinone. The detection stations of the Regional Agency for Environmental Protection have recorded a new violation of the limits of fine particles. For this reason, the mayor Riccardo Mastrangeli has signed a provision with which the circulation of the most polluting vehicles in the city center is once again limited. The stop started this morning February 23rd and will extend until the end of the 26th.

In Frosinone the control unit in via Puccini measured 61 micrograms per cubic meter of pm10 on Saturday, the limit is 50 microgammas. And while the rain returned to the city this morning after many days of absence gives rise to hope, the municipality of Frosinone intends to continue to promote virtuous behavior in favor of the ecosystem and to protect the health of the community. So on Sunday February 25th the second Ecological Sunday returns. In particular, the city will host a series of initiatives in the Via Aldo Moro area whose focus is on wellbeing and lifestyles. It will be possible to participate in demonstration lessons of pizzica, dance, hip hop and indoor rowing.

Source: Rainews

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

LONG COVID: TESTIMONIANZA ESCLUSIVA DI TRACEY THOMPSON DA TORONTO, ONTARIO CANADA SU AL JAZEERA, 14 MARZO 2024

Minelli, ‘Long Covid non è malattia immaginaria, vasculiti fenomeno chiave’

di Adnkronos   14-03-2024 

https://notizie.tiscali.it/salute/articoli/minelli-long-covid-non-a-malattia-immaginaria-vasculiti-fenomeno-chiave-00001/

Roma, 14 Marzo (Adnkronos Salute) – Oggi chi porta gli effetti del Long Covid “non ha segni oggettivabili (tampone, esami radiologici) di un’infezione virale in corso o di una condizione infiammatoria (Pcr, Ves, D-Dimero), ma questo non vorrà dire affatto che quei pazienti, dopo un’infezione da Sars Cov-2, siano psichicamente tarati o abbiano somatizzato o siano malati immaginari. Di quei pazienti, diversi continueranno a manifestare sensazione generale di malessere, turbe cognitive, astenia e facile stancabilità, dolori articolari di varia intensità assimilabili a quella che più comunemente viene chiamata fibromialgia, discomfort intestinale. Ma sono le vasculiti ad essere un fenomeno cruciale”. Lo afferma all’Adnkronos Salute l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione per la Medicina personalizzata (FMP), in occasione della Giornata Mondiale dedicata al Long Covid che si celebra domani.

“Fin dagli esordi della pandemia non abbiamo mai smesso di sottolineare, sul versante strettamente clinico, la valenza sistemica della malattia da nuovo coronavirus, dopo aver scartato a priori ogni ipotesi poggiata sul semplicistico sillogismo deduttivo che vorrebbe un virus respiratorio, quindi assunto attraverso le vie aeree, linearmente responsabile di una polmonite e basta. E proprio questa visione allargata del fenomeno Covid ha messo in evidenza alcuni aspetti clinici che hanno finito per rivelarsi di grande rilevanza epidemiologica e che sembrano più fortemente coinvolgere il distretto cardiovascolare”, aggiunge Minelli.

“Ma d’altro canto – osserva – che la storia della Covid-19 non fosse proprio linearmente banale ce l’avevano anche detto i cinesi, quelli di Wuhan e dintorni, che in uno studio pubblicato sul ‘Chinese Journal of Tuberculosis and Respiratory Diseases’ ci avevano parlato di una ‘tempesta citochinica’ caratterizzata da un aumento dei livelli ematici di diversi mediatori della cosiddetta immunoflogosi. Queste citochine, delle quali i medici di Wuhan raccontavano gli effetti, altro non sono se non veri e propri ‘segnali di comunicazione’ tra sistema immunitario e cellule e tessuti dell’organismo e, in alcuni casi, sono in grado di promuovere e mantenere importanti processi infiammatori a carico di diversi organi e apparati. Figura tra questi ultimi il sistema cardiovascolare con possibile diffuso coinvolgimento dei vasi sanguigni, da quelli polmonari a quelli cerebrali, cardiaci, renali e fino ai più periferici”.

Fonte: Adnkronos

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Minelli, ‘Long Covid is not an imaginary disease, vasculitis is a key phenomenon’

Rome, March 14 (Adnkronos Health) – Today those who suffer from the effects of Long Covid “have no objective signs (swab, radiological tests) of an ongoing viral infection or an inflammatory condition (Pcr, ESR, D-Dimer), but this does not mean at all that those patients, after an infection with Sars Cov-2, are psychically impaired or have somatization or are imaginary illnesses. Of those patients, several will continue to demonstrate a general feeling of malaise, cognitive disorders, asthenia and easy tiredness, joint pain of varying intensity similar to what is more commonly called fibromyalgia, intestinal discomfort. But it’s the vasculitis that is a crucial phenomenon.” Immunologist Mauro Minelli, responsible for the South of the Foundation for Personalized Medicine (FMP), stated this to Adnkronos Salute on the occasion of the World Day dedicated to Long Covid which will be celebrated tomorrow.

“Since the beginning of the pandemic we have never stopped underlining, on a strictly clinical side, the systemic value of the new coronavirus disease, after having discarded a priori every hypothesis based on the simplistic deductive syllogism that would have a respiratory virus, therefore assumed through the aerial, linearly responsible for pneumonia and that’s it. And precisely this broadened vision of the Covid phenomenon has highlighted some clinical aspects which have ended up proving to be of great epidemiological relevance and which seem to more strongly involve the cardiovascular district”, adds Minelli.

“But on the other hand – he observes – the Chinese, those from Wuhan and surrounding areas, had also told us that the story of Covid-19 was not exactly linearly banal, in a study published in the ‘Chinese Journal of Tuberculosis and Respiratory Diseases ‘they told us about a ‘cytokine storm’ characterized by an increase in the blood levels of various mediators of the so-called immunophlogosis. These cytokines, whose effects the Wuhan doctors described, are nothing other than real ‘communication signals’ between the immune system and the cells and tissues of the organism and, in some cases, they are able to promote and maintain important inflammatory processes affecting various organs and systems. Among the latter, the cardiovascular system with possible widespread involvement of blood vessels, from those from the lungs to those in the brain, heart, kidneys and up to the most peripheral ones”.

Source: Adnkronos

15 MARZO: LONG COVID DAY

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a firma di Marta Esperti (MA, PhD candidate), ricercatrice e Long COVID advocate, fondatrice del collettivo di supporto Italiano “Long Covid Italia”, ed Elisa Perego (MA, PhD), ricercatrice e Long Covid advocate.

Il 15 Marzo 2024 i pazienti di tutto il mondo affetti da long Covid organizzano la seconda Giornata internazionale per la sensibilizzazione sulla patologia. Questa importante iniziativa è volta a tenere alta l’attenzione sui rischi di medio e lungo termine dell’infezione da SARS-CoV-2.

Per l’occasione, gli hashtag maggiormente usati sui social media sono: #LongCovidAwareness, #LongCovidAwarenessMonth e #LongCovidAwarenessDay. Numerose le iniziative in tutto il mondo per mobilitare l’opinione pubblica sulla gravità e la persistenza della malattia long Covid, con particolare enfasi sulla richiesta di trattamenti efficaci da parte dell’advocacy mondiale. 

https://nursetimes.org/15-marzo-long-covid-day/173547

Il SARS-CoV-2 è un virus che continua a circolare a livello consistente su scala globale, con continue mutazioni e con conseguenze di alta mortalità e morbilità.

Molti pazienti affetti da long Covid, ancora dalla prima ondata del Febbraio-Marzo 2020, non sono mai guariti e non sono mai potuti tornare alla vita precedente, inclusa quella lavorativa. Inoltre, una percentuale significativa di persone continua a sviluppare la malattia, o a subire peggioramenti di questa patologia, a seguito delle reinfezioni.

E’ importante ricordare che il contributo dei pazienti della prima ondata pandemica è stato pionieristico per la sensibilizzazione, il riconoscimento e la ricerca sull’infezione da SARS-CoV-2, con il prolungamento del Covid-19 in una malattia cronica.

Cosa è il Long Covid? Il termine e il concetto nascono dall’unione dei pazienti colpiti dalla prima ondata pandemica. Il termine “long Covid” viene condiviso per la prima volta su Twitter nella primavera del 2020. In pochi mesi, la comunità internazionale dei pazienti riesce a portare la propria voce davanti all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Il Long Covid viene riconosciuto formalmente dall’OMS il 21 Agosto 2020. La ricercatrice Marta Esperti, fondatrice nel Luglio 2020 del collettivo di sostegno italiano “Long Covid Italia”, e la ricercatrice Elisa Perego (PhD), che ha coniato il termine “Long Covid”, hanno rappresentato l’Italia a questo incontro chiave con l’OMS, e hanno guidato in Italia il riconoscimento del Long COVID con l’Istituto Superiore di Sanità ed il ministero della Salute, nell’ambito della prima giornata italiana dedicata alla sensibilizzazione sulla ricerca bio-medica sul Long Covid, avvenuta il 30 gennaio 2021, alla quale fa seguito una nota dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel Luglio 2021, l’Istituto Superiore di Sanità diffonde un report sulla definizione e gestione del Long Covid nei pazienti adulti e pediatrici.

A partire dall’ottobre 2021 l’OMS comunicava una definizione ufficiale della patologia Long COVID sotto il nome di “post Covid-19 condition” o “condizione post Covid” tramite il metodo DELPHI che vede la partecipazione anche dei pazienti, tra cui per l’Italia, Marta Esperti.

Il Covid-19 è ormai tra le patologie più studiate nella storia della medicina. Ad oggi, 13 marzo 2024, una ricerca sul repository per pubblicazioni medico-scientifiche PubMed, sotto il termine *Covid, produce oltre 410.000 risultati. Tra queste, migliaia sono le pubblicazioni dedicate al Long Covid.

Il Covid-19, con il suo prolungamento nel long Covid, sono stati associati scientificamente a danno e disfunzione in molteplici organi e sistemi organici, dal sistema nervoso a quello cardiovascolare. Sono ben attestati disturbi della coagulazione con micro-coaguli diffusi, macro-embolie e micro-embolie, danni cardiaci e cardio-vascolari, fibrosi e danni multi-organo, conseguenze autoimmuni sistemiche, disfunzione prolungata del sistema immunitario, gravi eventi trombo-embolici ben oltre la fase acuta dell’infezione, patologie metaboliche come il diabete, danni a carico del sistema nervoso centrale e periferico, e patologie gastrointestinali, solo per citare alcune condizioni associate all’infezione da SARS-CoV-2.

Nell’ultimo anno le evidenze scientifiche a favore di una persistenza virale si sono avvalorate, aprendo piste per nuove terapie con anticorpi monoclonali ed antivirali. La patologia Long Covid può presentare un decorso non lineare, con fasi di aggravamento e miglioramento che si alternano, ma con possibile patologia sub-clinica o paucisintomatica.

Decine, se non centinaia di milioni di persone al mondo, soffrono o hanno sofferto di Long Covid. Le ricadute sulla vita personale dei pazienti e sull’economia sono severe. E’ dunque cruciale una presa in carico dei pazienti Long Covid da parte del sistema sanitario nazionale. Questo, anche per evitare ulteriori aggravamenti di condizioni, come le coagulopatie o le patologie endocrine, autoimmuni o cardiometaboliche, per cui possono esistere dei trattamenti clinici adeguati, già disponibili in attesa di una cura risolutiva. 

Auspichiamo un incentivo nel finanziamento della ricerca, in modo da incrementare ulteriormente le nostre conoscenze sulla malattia Long Covid e supportare lo sviluppo di una cura. Il riconoscimento, nei casi opportuni, della disabilità, di codici di esenzione ed altre forme di supporto per il Long Covid e le patologie ad esse associate, è urgente.

Inoltre la possibilità, nel mondo del lavoro, di legittimare la malattia, usufruire di flessibilità degli orari o accesso da remoto è fondamentale per assicurare una vita dignitosa ai malati, allo scopo di una partecipazione quanto più estesa possibile alla vita sociale e lavorativa.

Redazione Nurse Times

Fonte: Nurse Times

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15 MARCH LONG COVID DAY

We receive and publish a press release signed by Marta Esperti (MA, PhD candidate), researcher and Long COVID advocate, founder of the Italian support collective “Long Covid Italia”, and Elisa Perego (MA, PhD), researcher and Long Covid advocate.

On March 15, 2024, patients from all over the world suffering from long Covid will organize the second International Day for Awareness of the Pathology. This important initiative is aimed at keeping attention high on the medium and long-term risks of SARS-CoV-2 infection.

For the occasion, the most used hashtags on social media are: #LongCovidAwareness, #LongCovidAwarenessMonth and #LongCovidAwarenessDay. Numerous initiatives around the world to mobilize public opinion on the severity and persistence of the long Covid disease, with particular emphasis on the request for effective treatments by global advocacy.

SARS-CoV-2 is a virus that continues to circulate at a consistent level on a global scale, with continuous mutations and with high mortality and morbidity consequences.

Many patients suffering from long Covid, even from the first wave of February-March 2020, have never recovered and have never been able to return to their previous life, including working life. Furthermore, a significant percentage of people continue to develop the disease, or experience worsening of the disease, following reinfections.

It’s important to remember that the contribution of patients of the first pandemic wave was pioneering for awareness, recognition and research on SARS-CoV-2 infection, with the prolongation of Covid-19 into a chronic disease.

What is Long Covid? The term and concept arise from the union of patients affected by the first pandemic wave. The term “long Covid” was shared for the first time on Twitter in the spring of 2020. In a few months, the international patient community managed to bring its voice to the World Health Organization (WHO).

Long Covid was formally recognized by the WHO on 21 August 2020. The researcher Marta Esperti, founder of the Italian support collective “Long Covid Italia” in July 2020, and the researcher Elisa Perego (PhD), who coined the term “long Covid”, represented Italy at this key meeting with the WHO, and led the recognition of Long COVID in Italy with the Istituto Superiore di Sanità and the Ministry of Health, as part of the first Italian day dedicated to raising awareness on bio-medical research on long Covid, which took place on 30 January 2021, which was followed by a note from the Istituto Superiore di Sanità. In July 2021, the Istituto Superiore di Sanità released a report on the definition and management of long Covid in adult and pediatric patients.

Starting from October 2021, the WHO communicated an official definition of the long COVID pathology under the name of “post Covid-19 condition” or “post Covid condition” through the DELPHI method which also sees the participation of patients, including for ‘Italy, Marta Esperti.

Covid-19 is now among the most studied pathologies in the history of medicine. To date, March 13, 2024, a search on the repository for medical-scientific publications PubMed, under the term *Covid, produces over 410,000 results. Among these, there are thousands of publications dedicated to Long Covid.

Covid-19, with its extension into long Covid, have been scientifically associated with damage and dysfunction in multiple organs and organic systems, from the nervous to the cardiovascular system. Coagulation disorders with diffuse micro-clots, macro-embolisms and micro-embolisms, cardiac and cardio-vascular damage, fibrosis and multi-organ damage, systemic autoimmune consequences, prolonged dysfunction of the immune system, serious thrombo-embolic events are well established beyond the acute phase of the infection, metabolic pathologies such as diabetes, damage to the central and peripheral nervous system, and gastrointestinal pathologies, just to name a few conditions associated with SARS-CoV-2 infection.

Over the last year, the scientific evidence in favor of viral persistence has gained ground, opening paths for new therapies with monoclonal and antiviral antibodies. Long Covid pathology can present a non-linear course, with alternating phases of aggravation and improvement, but with possible sub-clinical or paucisymptomatic pathology.

Tens, if not hundreds of millions of people in the world suffer or have suffered from Long Covid. The repercussions on patients’ personal lives and on the economy are severe. It is therefore crucial for the national healthcare system to take charge of Long Covid patients. This is also to avoid further worsening of conditions, such as coagulopathies or endocrine, autoimmune or cardiometabolic pathologies, for which there may be adequate clinical treatments, already available while awaiting a definitive cure.

We hope for an incentive to fund research, so as to further increase our knowledge of the Long Covid disease and support the development of a cure. The recognition, in appropriate cases, of disability, exemption codes and other forms of support for Long Covid and associated pathologies is urgent.

Furthermore, the possibility, in the world of work, to legitimize the illness, take advantage of flexible working hours or remote access is essential to ensure a dignified life for the sick, with the aim of participating as widely as possible in social and working life.

Source: Nurse Times

Long Covid Day, mix Arginina e Vitamina C funziona in 8 pazienti su 10 anche contro insonnia e disturbi gastrici

https://nursetimes.org/long-covid-day-mix-arginina-e-vitamina-c-funziona-in-8-pazienti-su-10-anche-contro-insonnia-e-disturbi-gastrici/153317

Lo dimostra uno studio sul Long Covid che ha coinvolto oltre 20 centri di ricerca, coordinato dal Consorzio International Translational Medical Education (ITME), che coinvolge l’Università Federico II di Napoli, l’Albert Einstein College di New York e il Cardiovascular Research Center di Ahalst (Belgio). Secondo la ricerca l’utilizzo di un cocktail di Arginina e Vitamina C è in grado di migliorare la percezione dei sintomi più comuni legati alla sindrome post-Covid nell’87% dei pazienti con disturbi gastrici e nell’80% dei pazienti con insonnia. Alla vigilia di quella che per moltissimi pazienti dovrebbe essere la Giornata internazionale sulla consapevolezza sul Long Covid, la ricerca offre dunque un approccio integrativo, sicuro ed efficace, per contrastare i più comuni sintomi della sindrome post-Covid.

Roma, martedì 14 marzo 2023 – A tre anni di distanza dalla scoperta del Long Covid, dagli Stati Uniti si è diffuso un movimento social che unisce migliaia di pazienti in tutto il mondo e che oggi chiedono alle Nazioni Unite di ufficializzare l’istituzione del Long Covid Awareness Day, Giornata internazionale della consapevolezza sul Long Covid, da celebrare il 15 marzo. L’obiettivo è quello di richiamare l’attenzione su questa “pandemia nella pandemia” che si stima riguardi globalmente ben 63 milioni di persone e che continua ad avere un impatto molto negativo sulla qualità della vita di un esercito di “ex-positivi”. I pazienti chiedono di non essere lasciati soli ad affrontare quella che ancora oggi è a tutti gli effetti una sindrome per molti aspetti misteriosa. Ma la scienza continua a lavorare alla ricerca di nuovi approcci per il Long Covid, contro il quale oggi non esistono terapie mirate.

E’ in questo contesto che si inserisce un nuovo studio multicentrico, pubblicato sulla rivista Pharmacological Research, che ha coinvolto 20 centri italiani, tra cui università ed ospedali, coordinato da un consorzio internazionale composto dall’Università Federico II di Napoli, l’Albert Einstein College of New York e il Cardiovascular Research Center di Ahalst (Belgio). Secondo questa ricerca il mix di Arginina e Vitamina C, dopo essersi rivelato efficace nel contrastare la perdita di forza muscolare nei pazienti post-Covid, ha dimostrato di migliorare in modo marcato anche altri sintomi legati al Long Covid, tra cui in particolare insonnia e disturbi gastrointestinali.

Lo studio

Nello studio sono stati coinvolti in totale 1.390 pazienti con Long Covid, intervistati in relazione ai sintomi manifestati e divisi in due gruppi:  un primo che ha ricevuto una combinazione multivitaminica (tra cui Vitamina B, B1, B2, B6 e acido folico) e un secondo che ha ricevuto il mix di Arginina e Vitamina C liposomiale. “Dopo 30 giorni abbiamo osservato che nell’87% dei pazienti a cui è stato dato il mix di Arginina e Vitamina C, i disturbi gastrici erano assenti contro il 64% dei pazienti che invece ha ricevuto il composto multivitaminico – spiega Gaetano Santulli, tra i principali autori dello studio e professore di Cardiologia dell’Albert Einstein College di New York -. Allo stesso modo per l’insonnia il disturbo è risultato assente nell’80% dei pazienti trattati con il cocktail Arginina + Vitamina C, contro il 40% dei pazienti che ha ricevuto l’altro composto a base di Vitamina B”.

“E’ ormai noto che il Long Covid determina disturbi neurologici, tra cui l’insonnia, e colpisce anche l’intestino con lo sviluppo di sintomi gastrointestinali persistenti, come nausea, diarrea e dolori addominali – spiega Bruno Trimarco, co-autore dello studio e professore emerito di Cardiologia all’Università Federico II di Napoli -. Tra i possibili meccanismi coinvolti vi è l’alterazione della barriera ematoencefalica costituita da cellule endoteliali che può comportare una disregolazione del sistema neurovegetativo. Questa disfunzione altera il ritmo sonno-veglia con sviluppo dell’insonnia e implicazioni anche a livello gastrico-metabolico con l’insorgenza di nausea e crampi addominali”.

 L’arginina è un amminoacido essenziale che ha molteplici funzioni nella reattività endoteliale in risposta all’esigenza dei diversi tessuti. Di conseguenza, ripristinare i valori di Arginina porta a un miglioramento significativo dei sintomi associati alla sindrome post-infezione”, concludono gli esperti.

Redazione NurseTimes

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Long Covid Day, Arginine and Vitamin C mix works in 8 out of 10 patients also against insomnia and gastric disorders

This is demonstrated by a study on Long Covid involving over 20 research centers, coordinated by the International Translational Medical Education (ITME) Consortium, which involves the Federico II University of Naples, the Albert Einstein College of New York and the Cardiovascular Research Center of Ahalst (Belgium). According to research, the use of a cocktail of Arginine and Vitamin C is able to improve the perception of the most common symptoms linked to post-Covid syndrome in 87% of patients with gastric disorders and in 80% of patients with insomnia. On the eve of what for many patients should be the International Long Covid Awareness Day, the research therefore offers an integrative, safe and effective approach to combat the most common symptoms of post-Covid syndrome.

Rome, Tuesday 14 March 2023 – Three years after the discovery of Long Covid, a social movement has spread from the United States which unites thousands of patients around the world and who are today asking the United Nations to formalize the institution of Long Covid Awareness Day, International Long Covid Awareness Day, to be celebrated on March 15th. The objective is to draw attention to this “pandemic within the pandemic” which is estimated to affect 63 million people globally and which continues to have a very negative impact on the quality of life of an army of “ex-positives”. Patients ask not to be left alone to face what is still to all intents and purposes a mysterious syndrome in many respects. But science continues to work on finding new approaches for Long Covid, against which there are no targeted therapies today.

It’s in this context that a new multicenter study is inserted, published in the Journal Pharmacological Research, which involved 20 Italian centers, including universities and hospitals, coordinated by an international consortium composed of the Federico II University of Naples, the Albert Einstein College of New York and the Cardiovascular Research Center of Ahalst (Belgium). According to this research, the mix of Arginine and Vitamin C, after proving effective in counteracting the loss of muscle strength in post-Covid patients, has also been shown to markedly improve other symptoms linked to Long Covid, including in particular insomnia and gastrointestinal disorders.

The study

A total of 1,390 patients with Long Covid were involved in the study, interviewed in relation to the symptoms experienced and divided into two groups:  a first who received a multivitamin combination (including Vitamin B, B1, B2, B6 and folic acid) and a second who received the mix of Arginine and liposomal Vitamin C. “After 30 days we observed that in 87% of the patients who were given the mix of Arginine and Vitamin C, gastric disorders were absent compared to 64% of the patients who instead received the multivitamin compound – explains Gaetano Santulli, among the main authors of the study and professor of Cardiology at Albert Einstein College in New York-. Similarly, for insomnia, the disorder was absent in 80% of patients treated with the Arginine + Vitamin C cocktail, compared to 40% of patients who received the other Vitamin B-based compound.”

“It is now known that Long Covid causes neurological disorders, including insomnia, and also affects the intestine with the development of persistent gastrointestinal symptoms, such as nausea, diarrhea and abdominal pain – explains Bruno Trimarco, co-author of the study and professor emeritus of Cardiology at the Federico II University of Naples -. Among the possible mechanisms involved is the alteration of the blood-brain barrier made up of endothelial cells which can lead to a dysregulation of the autonomic nervous system. This dysfunction alters the sleep-wake rhythm with the development of insomnia and also has implications at a gastric-metabolic level with the onset of nausea and abdominal cramps.”

“Arginine is an essential amino acid that has multiple functions in endothelial reactivity in response to the needs of different tissues. Consequently, restoring Arginine values ​​leads to a significant improvement in the symptoms associated with post-infection syndrome”, conclude the experts.

Source: Nurse Times

Long Covid: nuove possibilità di cura da farmaci antistaminici e antiulcera

https://nursetimes.org/long-covid-nuove-possibilita-di-cura-da-farmaci-antistaminici-e-antiulcera/162674

Una combinazione di vecchi farmaci antistaminici e antiulcera accende la speranza in coloro che soffrono della sindrome del Long Covid, una malattia multisistemica conseguenza dell’infezione da SARS-Cov-2. A dimostrarlo è uno studio multicentrico coordinato dal professor Carmine Gazzaruso, responsabile Centro di Ricerca Clinico (Ce.R.C.A.) dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano (Gruppo San Donato) e professore di Endocrinologia dell’Università Statale di Milano, che indaga il ruolo dei mastociti, cellule del sangue, nella fisiopatologia del Long Covid e l’efficacia del trattamento con bloccanti dei recettori dell’istamina, che è una delle sostanze rilasciate dai mastociti.

Il Long Covid è una patologia, talvolta invalidante, che ad oggi non ha una terapia standard ed efficace e può presentare una grande varietà di sintomi: cardiovascolari, psicologici, neurologici, respiratori, gastrointestinali, dermatologici e muscoloscheletrici. Tra queste manifestazioni le più comuni sono tachicardia, palpitazioni, ipotensione posturale, affaticamento, deterioramento cognitivo, mancanza di respiro e tosse.

Il team dei ricercatori guidati dal professor Gazzaruso ha preso in esame quattro gruppi di sintomi caratteristici nel Long Covid: stanchezza e astenia, alterazione cardiaca, nebbia mentale e alterazione della memoria, disturbi gastrointestinali (dolore, meteorismo, gonfiore). È stato quindi selezionato un campione di 27 soggetti affetti da questa condizione, che presentavano però caratteristiche comuni: soffrire di Long Covid da oltre sei mesi, essersi sottoposti a diversi trattamenti – come ad esempio aver assunto multivitaminici, betabloccanti e aver affrontato percorsi riabilitativi – con risultati fallimentari.

“Inoltre i pazienti arruolati per il nostro trial non erano vaccinati contro il SARS-CoV-2, perché il vaccino potrebbe modificare i sintomi del Long Covid, non erano soggetti allergici e non avevano mai sofferto, prima della infezione da SARS-CoV-2, di uno dei sintomi presi in considerazione nello studio – afferma Gazzaruso, principal investigator del lavoro, pubblicato sulla rivista Frontiers in Cardiovascular Medicine -. La stanchezza, che accomunava tutto il campione preso in esame, doveva essere accompagnata, per la validità dello studio, da almeno uno degli altri sintomi. Nella media dei pazienti esaminati il dato è stato confermato, registrando, anzi, la presenza di tre sintomi, se non addirittura dell’intera sintomatologia”.

Studi precedenti, condotti a livello nazionale e internazionale, avevano evidenziato come nei pazienti con Long Covid vi fosse una maggiore attivazione dei mastociti rispetto al normale, reazione simile a quanto avviene nei soggetti allergici con i quali vi è, effettivamente, anche un’assonanza di sintomi. Nel paziente allergico si verifica una grande produzione di istamina e prostaglandine, sostanze liberate in eccesso dai mastociti, esattamente come rilevato anche nel campione dello studio. Si evince quindi che nei pazienti con Long Covid si scateni una reazione cronica infiammatoria sostenuta con un meccanismo tipico dell’allergia.

Questa evidenza ha generato nei ricercatori l’idea di inibire la reazione prodotta, bloccando due dei quattro recettori dell’istamina, detti H1 e H2, mediante l’impiego di due farmaci datati, ormai poco utilizzati nella pratica clinica quotidiana: un antistaminico (la fexofenadina) e un antiulcera (la famotidina), molto usato prima dell’avvento dell’omeprazolo. Nello specifico, l’antistaminico bloccava il recettore H1 dell’istamina, mentre il secondo inibiva il recettore H2.

Il campione è stato poi suddiviso in due gruppi: il primo, formato da 14 persone, ha ricevuto la terapia farmacologica combinata, mentre al secondo, il gruppo di controllo formato da 13 persone, non è stato somministrato nulla. I risultati sono stati promettenti: i sintomi del Long Covid sono scomparsi completamente nel 29% dei pazienti del primo gruppo, dopo soli 20 giorni di trattamento. In tutti gli altri pazienti trattati si è comunque rilevato un miglioramento significativo di ciascuno dei sintomi considerati. Nel gruppo di controllo, invece, non si sono registrate variazioni in merito allo stato di salute.

Lo studio è stato condotto grazie al contributo dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano (Pavia), dell’Università Statale di Milano, dell’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni (Milano) e del Centro Medico Ticinello di Pavia.

“Questa scoperta permetterà alle persone affette da Long Covid, che presentano questo disturbo legato ai mastociti, di guarire o migliorare la propria condizione di salute, attraverso una terapia molto semplice e anche facilmente reperibile – afferma Gazzaruso –. La nostra intuizione è frutto anche del lavoro di tanti colleghi sparsi per il mondo che stanno cercando delle risposte e delle cure per tutti coloro che, a distanza di anni, vivono ancora le conseguenze, talvolta molto gravi e invalidanti, dell’infezione da Covid-19”.

Redazione Nurse Times

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Long Covid: new treatment possibilities from antihistamine and antiulcer drugs

A combination of old antihistamine and anti-ulcer drugs kindles hope in those suffering from Long Covid syndrome, a multisystem disease resulting from SARS-Cov-2 infection. This is demonstrated by a multicenter study coordinated by Professor Carmine Gazzaruso, head of the Clinical Research Center (Ce.R.C.A.) of the Beato Matteo Clinical Institute of Vigevano (San Donato Group) and professor of Endocrinology at the State University of Milan, which investigates the role of mast cells, blood cells, in the pathophysiology of Long Covid and the effectiveness of treatment with blockers of histamine receptors, which is one of the substances released by mast cells.

Long Covid is a pathology, sometimes disabling, which to date has no standard and effective therapy and can present a wide variety of symptoms: cardiovascular, psychological, neurological, respiratory, gastrointestinal, dermatological and musculoskeletal. Among these manifestations, the most common are tachycardia, palpitations, postural hypotension, fatigue, cognitive impairment, shortness of breath and cough.

The team of researchers led by Professor Gazzaruso examined four groups of characteristic symptoms in Long Covid: tiredness and asthenia, cardiac alteration, mental fog and memory alteration, gastrointestinal disorders (pain, meteorism, swelling). A sample of 27 subjects affected by this condition was therefore selected, who however had common characteristics: suffering from Long Covid for over six months, having undergone various treatments – such as having taken multivitamins, beta blockers and having undergone rehabilitation programs – with unsuccessful results.

“Furthermore, the patients enrolled in our trial were not vaccinated against SARS-CoV-2, because the vaccine could modify the symptoms of Long Covid, they were not allergic subjects and had never suffered, before the SARS-CoV-2 infection , of one of the symptoms taken into consideration in the study – says Gazzaruso, principal investigator of the work, published in the journal Frontiers in Cardiovascular Medicine -. Fatigue, which was common to the entire sample examined, had to be accompanied, for the study to be valid, by at least one of the other symptoms. In the average of the patients examined the data was confirmed, recording, indeed, the presence of three symptoms, if not even the entire symptomatology”.

Previous studies, conducted at a national and international level, had highlighted how in patients with Long Covid there was a greater activation of mast cells compared to normal, a reaction similar to what happens in allergic subjects with whom there is, effectively, also an assonance of symptoms. In the allergic patient, there is a large production of histamine and prostaglandins, substances released in excess by the mast cells, exactly as also found in the study sample. It is therefore clear that in patients with Long Covid a sustained chronic inflammatory reaction is triggered with a typical mechanism of allergy.

This evidence generated in researchers the idea of ​​inhibiting the reaction produced, blocking two of the four histamine receptors, called H1 and H2, through the use of two dated drugs, now little used in daily clinical practice: an antihistamine (the fexofenadine) and an antiulcer (famotidine), widely used before the advent of omeprazole. Specifically, the antihistamine blocked the histamine H1 receptor, while the second inhibited the H2 receptor.

The sample was then divided into two groups: the first, made up of 14 people, received the combined drug therapy, while the second, the control group made up of 13 people, was administered nothing. The results were promising: the symptoms of Long Covid disappeared completely in 29% of patients in the first group, after just 20 days of treatment. However, in all the other patients treated, a significant improvement was detected in each of the symptoms considered. In the control group, however, there were no changes in health status.

The study was conducted thanks to the contribution of the Beato Matteo Clinical Institute of Vigevano (Pavia), the State University of Milan, the IRCCS MultiMedica of Sesto San Giovanni (Milan) and the Ticinello Medical Center of Pavia.

“This discovery will allow people suffering from Long Covid, who have this disorder linked to mast cells, to heal or improve their health condition, through a very simple and easily available therapy – says Gazzaruso -. Our intuition is also the result of the work of many colleagues around the world who are looking for answers and treatments for all those who, years later, are still experiencing the consequences, sometimes very serious and disabling, of the Covid19 infection.”

Source: Nurse Times

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

MALATTIA X: COS’E’ IL MORBO IPOTIZZATO DALL’OMS NEL FEBBRAIO DEL 2018 E QUALI SONO I RISCHI

https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2024/01/17/malattia-x-covid#02

Gli studi sull’eventuale morbo potrebbero facilitare la prevenzione in modo da preparare azioni flessibili e trasversali per arginare la diffusione di malattie, tra cui la preparazione di un vaccino efficace in breve tempo. La malattia X è anche entrata nell’agenda del Word Economic Forum di Davos in Svizzera.

MALATTIA X

Già nel 2018, quindi prima dell’emergenza Covid, l’Organizzazione mondiale della sanità ha ipotizzato l’arrivo di una pandemia causata da una malattia ancora sconosciuta, chiamata genericamente Disease X ovvero malattia X. Si tratta quindi di una malattia che non esiste, ma il cui studio potrebbe facilitare la prevenzione in modo da preparare azioni flessibili e trasversali per arginare la diffusione di malattie tra cui appunto anche un ipotetico morbo a oggi non noto.

L’INCONTRO AL FORUM DI DAVOS

La malattia X è entrata anche nell’agenda del World Economic Forum di Davos con un incontro coordinato dal direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus. L’evento è dedicato a come affrontare una nuova pandemia da malattia X. Gli esperti – oltre 300 scienziati sono stati radunati dall’Oms già nel novembre 2022 – ipotizzano che questa futura patologia potrebbe causare 20 volte più decessi del Covid.

GHEBREYESUS: “DOBBIAMO AVERE UN SISTEMA DI ALLERTA PRECOCE”

“Abbiamo conosciuto il virus Zika, Ebola e sappiamo cosa può accadere – ha dichiarato Ghebreyesus -, ma dobbiamo avere un piano per una futura e sconosciuta malattia X, di cui parliamo da tanti anni. Il Covid è stata la prima malattia X, ma può riaccadere e dobbiamo essere in grado di anticipare e preparaci a questo”. Per il DG dell’Oms è necessario “avere un sistema di allerta precoce, saper espandere velocemente i sistemi sanitari e investire di più nelle cure primarie”

L’OBIETTIVO

Il direttore esecutivo del Programma per le emergenze sanitarie dell’Oms, Michael Ryan, ha spiegato che accendere i riflettori su virus e agenti patogeni per ricercare e sviluppare contromisure è “essenziale per una risposta rapida ed efficace alle epidemie e alle pandemie”. Parlare di ‘malattia X’, in sostanza, serve ad identificare “lacune di conoscenza e priorità di ricerca” per un elenco di virus e agenti patogeni identificati come prioritari come il COVID19, la febbre emorragica Crimea-Congo e il virus Ebola.

RICERCA E PREVENZIONE

In generale, gli sforzi degli esperti si concentrano sull’eventuale risposta contro l’ipotetica malattia, in particolare su vaccini che dovranno essere creati e somministrati per contrastare rapidamente l’emergenza. L’obiettivo è quindi fornire una risposta celere ed efficace soprattutto in caso di una diffusione su larga scala della malattia.

I RISCHI

È importante quindi arrivare preparati a una tale evenienza. “Mettiamola così – spiega al Mail Online Kate Bingham, una degli esperti che ha presieduto la task force sui vaccini nel Regno Unito tra maggio e dicembre del 2020 -, la pandemia influenzale del 1918-1919 uccise almeno 50 milioni di persone in tutto il mondo, il doppio di quante furono uccise nel corso della prima guerra mondiale. Oggi, potremmo aspettarci un numero di vittime simile causato da uno dei tanti virus già esistenti“.

“NON TUTTI VIRUS MINACCIANO L’UOMO”

Bingham ha precisato che “non tutti rappresentano una minaccia per gli esseri umani, ovviamente, ma alcuni sì”. La professoressa ha poi spiegato che gli scienziati sono attualmente a conoscenza di 25 famiglie di virus, ciascuna delle quali comprende fino a migliaia di singoli virus che hanno tutti il ​​potenziale per evolversi in una pandemia.

I TRE FATTORI CHIAVE

Spiegando l’eventualità di un aumento del rischio pandemie, Bingham ha individuato tre fattori chiave come la globalizzazione, il sovrappopolamento delle città e la deforestazione, i quali hanno creato le “condizioni ideali affinché i virus possano passare da una specie all’altra”

PROTOTIPI DI VACCINI

Bingham ha sottolineato l’importanza di realizzare una raccolta di “diversi prototipi di vaccini (trials, come quelli iniettati alle persone contro il COVID19) per ogni famiglia di virus minacciosi” di cui siamo a conoscenza prima che inizi l’eventuale prossima pandemia. Con questo “vantaggio” i vaccini potrebbero essere progettati per “prendere di mira le caratteristiche molto specifiche della malattia X”.

I COSTI

Per l’esperta è necessario “fare i primi passi per affrontare la prossima pandemia in questo momento e questo implica mettere soldi sul tavolo. Eppure ci sono pochissime prove che siamo disposti a spendere qualcosa di lontanamente paragonabile per proteggerci dai virus reali”. Il costo monetario dell’inazione è però “sismico: il Covid, un virus probabilmente più lieve dell’eventuale Malattia X, è riuscito a lasciarci con un conto di 16mila miliardi di dollari sia in termini di perdita di produzione che di spesa sanitaria pubblica”, ha affermato Bingham.

IL LABORATORIO

Qualcosa però si sta muovendo. Nel Regno Unito è stato aperto un laboratorio dove verranno studiati possibili vaccini sia per contrastare l’infezione ancora sconosciuta che virus già noti, ma ritenuti pericolosi per il loro potenziale epidemico.

LA RICERCA DELL’ANTIDOTO

La sfida degli scienziati britannici è riuscire a fermare i nuovi virus con un antidoto ad hoc entro cento giorni dall’identificazione. Si tratta di un obiettivo globale fissato dal G7 nel 2021 che mira a distribuire un vaccino contro qualsiasi nuova minaccia pandemica entro questa finestra temporale.

MALATTIE CON POTENZIALE EPIDEMICO

Ma quali sono le malattie che hanno un potenziale epidemico? La lista OMS delle malattie che presentano il maggior rischio per la salute pubblica comprende COVID19, febbre emorragica Congo-Crimea, malattia da virus Ebola e malattia da virus di Marburg, febbre di Lassa, sindrome respiratoria da coronavirus Medio Orientale (MERS-CoV) e Sindrome Acuta Respiratoria grave (SARS), infezione da virus Nipah e malattie causate da henipavirus, febbre della Rift Valley, infezione da virus Zika e infine malattia X.

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DISEASE X: WHAT IS THE DISEASE HYPOTHEZED BY THE WHO IN FEBRUARY 2018 AND WHAT ARE THE RISKS

Studies on the possible disease could facilitate prevention in order to prepare flexible and transversal actions to stem the spread of diseases, including the preparation of an effective vaccine in a short time. Disease X also entered the agenda of the World Economic Forum in Davos, Switzerland.

DISEASE X

Already in 2018, therefore before the COVID emergency, the World Health Organization hypothesized the arrival of a pandemic caused by a still unknown disease, generically called Disease but the study of which could facilitate prevention in order to prepare flexible and transversal actions to stem the spread of diseases, including a hypothetical disease not known to date.

THE MEETING AT THE DAVOS FORUM

Disease X also entered the agenda of the World Economic Forum in Davos with a meeting coordinated by WHO Director General Tedros Adhanom Ghebreyesus. The event is dedicated to how to deal with a new disease.

GHEBREYESUS: “WE MUST HAVE AN EARLY WARNING SYSTEM”

“We have known the Zika virus, Ebola and we know what can happen – declared Ghebreyesus -, but we must have a plan for a future and unknown disease X, which we have been talking about for many years. Covid was the first disease happen again and we need to be able to anticipate and prepare for that.” For the WHO directorate it is necessary “to have an early warning system, to be able to quickly expand health systems and invest more in primary care”.

THE TARGET

Executive Director of the WHO Health Emergencies Programme, Michael Ryan, explained that shining a spotlight on viruses and pathogens to research and develop countermeasures is “essential for a rapid and effective response to epidemics and pandemics.” Talking about ‘disease.

RESEARCH AND PREVENTION

In general, experts’ efforts focus on the possible response against the hypothetical disease, in particular on vaccines that will have to be created and administered to rapidly counteract the emergency. The objective is therefore to provide a rapid and effective response especially in the event of a large-scale spread of the disease.

THE RISKS

It is therefore important to be prepared for such an eventuality. “Let’s put it this way – explains to Mail Online Kate Bingham, one of the experts who chaired the vaccine task force in the United Kingdom between May and December 2020 -, the 1918-1919 influenza pandemic killed at least 50 million people around the world , twice as many as were killed during World War I. Today, we might expect a similar death toll caused by one of the many viruses that already exist.”

“NOT ALL VIRUSES THREATEN HUMANS”

Bingham clarified that “not all pose a threat to humans, of course, but some do.” The professor then explained that scientists are currently aware of 25 virus families, each comprising up to thousands of individual viruses that all have the potential to evolve into a pandemic.

THE THREE KEY FACTORS

Explaining the possibility of an increased risk of pandemics, Bingham identified three key factors such as globalization, the overpopulation of cities and deforestation, which have created the “ideal conditions for viruses to pass from one species to another”.

VACCINE PROTOTYPES

Bingham stressed the importance of making a collection of “several vaccine prototypes (trials, like those injected into people against COVID19) for every family of threatening viruses” that we know of before the possible next pandemic begins. With this “advantage” vaccines could be designed to “target very specific characteristics of disease X.”

COSTS

For the expert it is necessary “to take the first steps to face the next pandemic right now and this means putting money on the table. Yet there is very little evidence that we are willing to spend anything remotely comparable to protect ourselves from real viruses”. The monetary cost of inaction, however, is “seismic: Covid, a virus probably milder than the eventual Disease , Bingham said.

THE LAB

But something is moving. A laboratory has been opened in the United Kingdom where possible vaccines will be studied both to combat the still unknown infection and viruses already known, but considered dangerous due to their epidemic potential.

THE SEARCH FOR THE ANTIDOTE

The challenge for British scientists is to be able to stop new viruses with an ad hoc antidote within one hundred days of identification. This is a global target set by the G7 in 2021 to deliver a vaccine against any new pandemic threat within this time window.

DISEASES WITH EPIDEMIC POTENTIAL

But what are the diseases that have epidemic potential? The WHO list of diseases posing the greatest risk to public health includes COVID19, Crimean Congo haemorrhagic fever, Ebola virus disease and Marburg virus disease, Lassa fever, Middle East respiratory syndrome coronavirus (MERS-CoV), and Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS), Nipah virus infection and diseases caused by henipavirus, Rift Valley fever, Zika virus infection and finally disease X.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

SMOG, SONO 18 LE CITTA’ ITALIANE FUORILEGGE PER L’INQUINAMENTO

Sebbene ci siano stati leggeri miglioramenti, il report Mal’Aria 2024 di Legambiente sottolinea la necessità di azioni urgenti contro l’inquinamento atmosferico

Matteo Paolini Giornalista Verde

Sebbene ci siano stati leggeri miglioramenti, il report Mal’Aria 2024 di Legambiente sottolinea la necessità di azioni urgenti contro l’inquinamento atmosferico
https://quifinanza.it/green/smog-citta-italiane/792245/

Nonostante un leggero calo dell’inquinamento atmosferico nel 2023, le città italiane rimangono ingabbiate nella morsa dello smog. Il nuovo report di Legambiente “Mal Aria di città 2024“, realizzato nell’ambito della Clean City Campaigns https://cleancitiescampaign.org/, evidenzia come la lotta contro questo nemico invisibile sia ancora in salita.

Se da un lato i dati del 2023 mostrano una timida discesa dei livelli di inquinanti, dall’altro emerge una preoccupante stasi: i valori si attestano su livelli stabili da anni, seppur in linea con la normativa vigente. Tuttavia, la distanza dai limiti europei previsti per il 2030 e, soprattutto, dai parametri suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è ancora abissale.

Il report di Legambiente suona come un campanello d’allarme: è tempo di accelerare il passo verso un futuro più sostenibile e libero dallo smog. La salute dei cittadini è in gioco e non ammette ulteriori ritardi. Serve un impegno concreto e duraturo da parte di tutti gli attori coinvolti, dalle istituzioni ai cittadini, per attuare misure incisive che favoriscano una mobilità più pulita e un ambiente più sano.

Indice

Miglioramenti nel 2023, ma servono azioni concrete

I dati raccolti mettono in luce un miglioramento rispetto all’anno precedente, principalmente dovuto alle condizioni meteorologiche “favorevoli” che hanno caratterizzato il 2023. Tuttavia, questi risultati incoraggianti non sono tanto il risultato di azioni politiche efficaci nel contrastare l’emergenza smog, quanto piuttosto il frutto di fattori climatici.

Nonostante ciò, le città italiane, dall’estremo Nord al Sud, rimangono indietro rispetto ai parametri più rigorosi proposti dalla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria che entrerà in vigore dal 2030 (20 µg/mc per il PM10, 10 µg/mc per il PM2.5 e 20 µg/mc per l’NO2). Questo evidenzia una necessità urgente di rafforzare le politiche e le azioni per affrontare la sfida dell’inquinamento atmosferico.

Smog: 18 città italiane ancora fuorilegge nel 2023

Il recente studio condotto da Legambiente ha esaminato i dati relativi al 2023 nei capoluoghi di provincia, focalizzandosi sui livelli di polveri sottili (PM10, PM2.5) e biossido di azoto (NO2). In sintesi, su 98 città monitorate, ben 18 hanno superato attualmente i limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo).

Frosinone (con la centralina di Frosinone Scalo) si posiziona al vertice della classifica con 70 giorni di sforamento, il doppio rispetto ai valori consentiti. Seguono Torino (Grassi) con 66 giorni, Treviso (strada S. Agnese) con 63 e Mantova (via Ariosto), Padova (Arcella) e Venezia (via Beccaria) con 62 giorni di superamento dei limiti. Anche Rovigo (Centro), Verona (B.go Milano) e Vicenza (Ferrovieri), tutte città venete, superano i 50 giorni, rispettivamente 55, 55 e 53.

Milano (Senato) registra 49 giorni, Asti (Baussano) 47, Cremona (P.zza Cadorna) 46, Lodi (V.le Vignati) 43, Brescia (Villaggio Sereno) e Monza (via Machiavelli) 40. Chiudono la lista Alessandria (D’Annunzio) con 39, Napoli (Ospedale Pellerini) e Ferrara (Isonzo) con 36 giorni di sforamento.

Allarme smog: nel 2030 molte città italiane sarebbero fuorilegge

Se i limiti di legge per l’inquinamento atmosferico previsti per il 2030 fossero già in vigore, molte città italiane si troverebbero in una situazione di grave illegalità. Per il PM10, il 69% delle città supererebbe i limiti, con concentrazioni particolarmente elevate a Padova, Verona e Vicenza (32 µg/mc), Cremona e Venezia (31 µg/mc), e Brescia, Cagliari, Mantova, Rovigo, Torino e Treviso (30 µg/mc).

Ancora peggiore la situazione per il PM2.5, con l’84% delle città che non rispetterebbe i nuovi limiti. I valori più alti si registrerebbero a Padova (24 µg/mc), Vicenza (23 µg/mc), Treviso e Cremona (21 µg/mc), Bergamo e Verona (20 µg/mc).

L’NO2 è l’unico inquinante in calo negli ultimi 5 anni, ma il 50% delle città resterebbe comunque fuori legge nel 2030. Le città con i livelli più alti di NO2 sono Napoli (38 µg/mc), Milano (35 µg/mc), Torino (34 µg/mc), Catania e Palermo (33 µg/mc), Bergamo e Roma (32 µg/mc), Como (31 µg/mc), Andria, Firenze, Padova e Trento (29 µg/mc).

L’inquinamento atmosferico nelle città italiane: un problema irrisolto

“Ancora una volta l’obiettivo di garantire un’aria pulita nei centri urbani italiani sembra un miraggio, come evidenziato dalla fotografia scattata dal nostro rapporto ‘Mal’Aria di città’ – afferma Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – Le fonti di inquinamento sono conosciute, così come sono note le azioni e le misure per ridurre le emissioni, ma continuiamo a constatare ritardi significativi e ingiustificati nell’adozione di soluzioni trasversali.”

Si rende necessario un cambiamento radicale, con l’attuazione di misure strutturali ed integrate, in grado di influire efficacemente sulle diverse fonti di smog: dal riscaldamento degli edifici, all’industria, all’agricoltura e alla zootecnia, fino alla mobilità. In questo contesto, Zampetti sottolinea che le misure di riduzione del traffico e dell’inquinamento possono armonizzarsi con una maggiore sicurezza per pedoni e ciclisti, come dimostra l’importante intervento di Bologna, che ha fissato il limite di velocità a 30 km/h, una pratica già adottata con successo in diverse città europee e che Legambiente auspica venga diffusa sempre di più anche in Italia.

Inquinamento atmosferico: le città italiane ancora troppo inquinate

Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, ha spiegato che “I dati del 2023 ci indicano che il processo di riduzione delle concentrazioni è inesistente o comunque troppo lento. Attualmente, ben 35 città devono intensificare gli sforzi per ridurre le loro concentrazioni di PM10 entro il 2030, con una percentuale di riduzione compresa tra il 20% e il 37%. Per il PM2.5, il numero di città coinvolte sale addirittura a 51, con una riduzione necessaria tra il 20% e il 57%. Anche per l’NO2, la situazione non è migliore: 24 città devono ridurre le emissioni tra il 20% e il 48%”.

Minutolo sottolinea che alla luce degli standard dell’OMS, che suggeriscono valori limite molto più stringenti dei valori di legge attuali, diventa ancora più critica la situazione. È essenziale determinare una svolta a livello nazionale e territoriale per ridurre l’impatto sanitario sulla popolazione italiana, il costo ad esso associato, e il danno agli ambienti naturali.

L’OMS ha aggiornato le linee guida sulla qualità dell’aria, abbassando drasticamente i limiti per proteggere la salute

Nel 2021 l’OMS ha pubblicato nuove linee guida sulla qualità dell’aria, evidenziando come l’inquinamento atmosferico sia un problema di salute pubblica molto più grave di quanto si pensasse in precedenza. I nuovi limiti, drasticamente più bassi rispetto a quelli in vigore in Europa, sono stati stabiliti per proteggere i cittadini da una serie di gravi danni, tra cui malattie cardiache, ictus, cancro e malattie respiratorie.

La Commissione Europea ha proposto una revisione delle direttive sulla qualità dell’aria

Nel 2022 la Commissione Europea ha pubblicato una proposta di revisione delle direttive sulla qualità dell’aria, recependo le raccomandazioni dell’OMS. La proposta prevede una riduzione graduale delle emissioni di inquinanti atmosferici, con l’obiettivo di raggiungere i nuovi limiti dell’OMS entro il 2030.

Il Parlamento europeo ha votato a favore di una posizione più stringente

A settembre 2023, il Parlamento europeo ha votato a favore di una posizione negoziale più stringente rispetto alla proposta della Commissione. Il Parlamento ha infatti chiesto di allineare completamente i nuovi limiti europei a quelli dell’OMS, senza alcuna proroga.

Il Consiglio europeo ha chiesto una proroga al 2040

Il Consiglio europeo, invece, ha adottato una posizione più flessibile, chiedendo una proroga al 2040 per l’entrata in vigore dei nuovi limiti. A febbraio 2024 si terrà il trilogo, l’ultima fase del processo di revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria. In questa sede, Commissione Europea, Parlamento europeo e Consiglio europeo dovranno trovare un accordo sui nuovi limiti per gli inquinanti atmosferici.

L’Italia ha una responsabilità importante. Nel nostro Paese, l‘inquinamento atmosferico causa 47.000 decessi prematuri ogni anno, principalmente a causa del PM2.5. È fondamentale, quindi, che il Governo italiano non ostacoli il percorso di revisione della Direttiva, evitando di richiedere deroghe o clausole che potrebbero ritardare il raggiungimento degli obiettivi.

Bambini vittime dell’inquinamento: L’allarme dell’UNICEF

Nel corso del 2019, oltre 5.800 bambini e adolescenti residenti in Europa e Asia centrale hanno tragicamente perso la vita a causa dell’inquinamento dell’aria. Questo dato impressionante rivela che l’85% di questi giovani non è nemmeno riuscito a celebrare il loro primo compleanno, corrispondente a una media di 90 bambini ogni settimana. Queste drammatiche statistiche emergono da un recente studio condotto dall’UNICEF e presentate in un Policy Brief odierno.

Regina de Dominicis, Direttore regionale dell’UNICEF per l’Europa e l’Asia centrale, ha messo in luce l’impatto devastante dell’inquinamento atmosferico sui più giovani. Ha affermato: “I polmoni dei bambini, essendo più fragili, subiscono le conseguenze più gravi dell’inquinamento atmosferico, causando danni alla loro salute e al loro sviluppo, talvolta costando loro la vita. Ridurre l’inquinamento dell’aria e limitare l’esposizione dei bambini a sostanze tossiche è cruciale per la loro salute, ma anche per la società nel suo complesso. Ciò comporta una diminuzione dei costi sanitari, un miglioramento nell’apprendimento, un aumento della produttività e un ambiente più sicuro e pulito per tutti”.

I bambini, a causa di specifiche caratteristiche fisiche e fisiologiche, risultano maggiormente esposti all’inquinamento atmosferico rispetto agli adulti. Innanzitutto, essi respirano a una velocità due volte superiore rispetto agli adulti e spesso tendono a farlo attraverso la bocca, aumentando così l’assunzione di inquinanti. Inoltre, essi si trovano generalmente più vicini al suolo, dove gli agenti inquinanti si concentrano in maggior misura. Dal punto di vista fisiologico, i bambini sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento atmosferico poiché durante un periodo di rapido sviluppo possono subire infiammazioni e danni al cervello, ai polmoni e agli altri organi.

Come combattere l’inquinamento atmosferico in Italia: le proposte di Legambiente

L’inquinamento atmosferico è un problema grave che affligge molte aree del nostro Paese, con conseguenze negative sulla salute e sull’ambiente. Per uscire da questa situazione, Legambiente, l’associazione ambientalista più diffusa in Italia, ha elaborato una serie di proposte concrete e differenziate, tenendo conto delle diverse realtà territoriali e delle diverse fonti di emissioni. Queste proposte si basano su quattro direzioni principali:

  • Muoversi in libertà e sicurezza per le città: per ridurre le emissioni dei trasporti, Legambiente chiede investimenti massicci nel trasporto pubblico locale, incentivi all’uso dei mezzi pubblici, mobilità elettrica condivisa anche nelle periferie, implementazione di zone a traffico limitato (ZTL), a basse emissioni e a zero emissioni, elettrificazione anche dei veicoli merci, digitalizzazione dei servizi pubblici, promozione del lavoro da casa, ampliamento delle reti ciclo-pedonali e ridisegno dello spazio urbano, a misura di persona con limiti di velocità a “città 30”. L’obiettivo è rendere la mobilità non solo più pulita, ma anche più sicura e realmente inclusiva.
  • Riscaldarsi bene e meglio: per ridurre le emissioni del riscaldamento domestico, Legambiente propone di vietare progressivamente le caldaie e i generatori di calore a biomassa nei territori più inquinati; negli altri invece supportare l’installazione di tecnologie a emissioni “quasi zero”, con sistemi di filtrazione integrati o esterni, o soluzioni ibride. Inoltre, Legambiente promuove l’efficienza energetica degli edifici e l’uso di fonti rinnovabili per il riscaldamento e il raffrescamento.
  • Occuparsi anche delle campagne: per ridurre le emissioni dell’agricoltura e dell’allevamento, Legambiente richiede il rispetto dei regolamenti per lo spandimento e il rapido interramento dei liquami, e promuove investimenti agricoli verso pratiche che riducano le emissioni ammoniacali da ione ammonio (NH4+), come la copertura delle vasche di liquami e la creazione di sistemi di trattamento, soprattutto per la produzione di biometano. Inoltre, Legambiente sostiene la transizione verso un’agricoltura biologica e sostenibile, che tuteli la biodiversità e il paesaggio.
  • Monitorare per la tutela della salute: per garantire il controllo della qualità dell’aria, Legambiente chiede di cambiare la strategia di monitoraggio sinora impiegata, aumentando il numero di centraline di monitoraggio in modo da coprire tutte le principali aree urbane del Paese. Con la prossima adozione di nuovi limiti più allineati con quelli dell’OMS, infatti, molte delle aree che ora sono in regola non lo saranno più e la verifica costante e puntuale della situazione sarà ancora una volta quanto mai necessaria. Oggi sono disponibili sensori a basso costo che si possono affiancare alle centraline tradizionali, rendendo il monitoraggio distribuito, capillare e scientificamente fondato secondo il paradigma delle città intelligenti (smart cities).

Città2030: una campagna itinerante per la mobilità sostenibile

Quest’anno, Legambiente lancia la campagna itinerante “Città2030: le città e la sfida del cambiamento”, che si svolgerà dall’8 Febbraio al 6 Marzo. L’iniziativa, realizzata nell’ambito della Clean Cities Campaign, una coalizione europea di ONG e organizzazioni della società civile, includendo il cigno verde, farà tappa in 18 città italiane per promuovere una mobilità sostenibile e a zero emissioni e per chiedere città più vivibili e sicure.

Le tappe includono Avellino (13/02), Reggio Calabria (14/02), Messina (14/02), Napoli (15/02), Lodi (19/02), Trieste (20/02), Pescara (21-22/02), Bologna (23/02), Padova (24/02), Perugia (24/02), Roma (26/02), Milano (27/02), Latina (28/02), Firenze (29/02-1/03), Torino (1-2/03), Catania (1-2/03), Lecce (3-5/03) e Genova (04-05/03).

Durante le tappe, saranno organizzati incontri con rappresentanti delle amministrazioni locali, esperti e cittadini per discutere delle sfide legate alla mobilità sostenibile nei vari contesti urbani, oltre a iniziative di piazza come flash mob, presidi, e attività di bike to school. Argomenti principali affrontati includeranno Zero Emission, sharing mobility, Trasporto Pubblico Locale (TPL) elettrico e Città30.

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Fonte: Qui Finanza

English translate

Although there have been slight improvements, Legambiente‘s Mal’Aria 2024 report highlights the need for urgent action against air pollution

Despite a slight drop in air pollution in 2023, Italian cities remain trapped in the grip of smog. The new Legambiente report “Mal Aria di città 2024”, created as part of the Clean Cities Campaign, highlights how the fight against this invisible enemy is still uphill.

If on the one hand the 2023 data show a timid decrease in pollutant levels, on the other hand a worrying stasis emerges: the values ​​have remained at stable levels for years, albeit in line with current legislation. However, the distance from the European limits expected for 2030 and, above all, from the parameters suggested by the World Health Organization is still abysmal.

The Legambiente report sounds like an alarm bell: it is time to accelerate the pace towards a more sustainable and smog-free future. The health of citizens is at stake and does not allow further delays. We need a concrete and lasting commitment from all the actors involved, from institutions to citizens, to implement incisive measures that promote cleaner mobility and a healthier environment.

Index

  • Improvements in 2023, but concrete actions are needed
  • Smog: 18 Italian cities still outlawed in 2023
  • Smog alert: in 2030 many Italian cities would be outlawed
  • Air pollution in Italian cities: an unsolved problem
  • Air pollution: Italian cities still too polluted
  • WHO has updated air quality guidelines, dramatically lowering limits to protect health
  • The European Commission has proposed a revision of the air quality directives
  • The European Parliament voted in favor of a more stringent position
  • The European Council has asked for an extension to 2040
  • Children victims of pollution: UNICEF warns
  • How to fight air pollution in Italy: Legambiente’s proposals
  • Città2030: a traveling campaign for sustainable mobility

Improvements in 2023, but concrete actions are needed

The data collected highlights an improvement compared to the previous year, mainly due to the “favorable” weather conditions that characterized 2023. However, these encouraging results are not so much the result of effective political actions in combating the smog emergency, but rather the result of climatic factors.

Despite this, Italian cities, from the far North to the South, remain behind the more rigorous parameters proposed by the revision of the European Air Quality Directive which will come into force from 2030 (20 µg/m3 for PM10, 10 µg/ mc for PM2.5 and 20 µg/mc for NO2). This highlights an urgent need to strengthen policies and actions to address the challenge of air pollution.

Smog: 18 Italian cities still outlawed in 2023

The recent study conducted by Legambiente examined the data relating to 2023 in the provincial capitals, focusing on the levels of fine particles (PM10, PM2.5) and nitrogen dioxide (NO2). In summary, out of 98 cities monitored, 18 have currently exceeded the regulatory limits for PM10 exceedances (35 days a year with a daily average above 50 micrograms/cubic meter).

Frosinone (with the Frosinone Scalo control unit) is positioned at the top of the ranking with 70 days of overrun, double the allowed values. This is followed by Turin (Grassi) with 66 days, Treviso (strada S. Agnese) with 63 and Mantua (via Ariosto), Padua (Arcella) and Venice (via Beccaria) with 62 days of exceeding the limits. Even Rovigo (Centre), Verona (B.go Milano) and Vicenza (Ferrovieri), all Venetian cities, exceed 50 days, 55, 55 and 53 respectively.

Milan (Senate) records 49 days, Asti (Baussano) 47, Cremona (P.zza Cadorna) 46, Lodi (V.le Vignati) 43, Brescia (Villaggio Sereno) and Monza (via Machiavelli) 40. Closing the list are Alessandria (D’Annunzio) with 39, Naples (Pellerini Hospital) and Ferrara (Isonzo) with 36 days of overrun.

Smog alert: in 2030 many Italian cities would be outlawed

If the legal limits for air pollution foreseen for 2030 were already in force, many Italian cities would find themselves in a situation of serious illegality. For PM10, 69% of cities would exceed the limits, with particularly high concentrations in Padua, Verona and Vicenza (32 µg/m3), Cremona and Venice (31 µg/m3), and Brescia, Cagliari, Mantua, Rovigo, Turin and Treviso (30 µg/m3).

The situation is even worse for PM2.5, with 84% of cities not respecting the new limits. The highest values ​​would be recorded in Padua (24 µg/m3), Vicenza (23 µg/m3), Treviso and Cremona (21 µg/m3), Bergamo and Verona (20 µg/m3).

NO2 is the only pollutant that has decreased in the last 5 years, but 50% of cities would still remain outlawed in 2030. The cities with the highest levels of NO2 are Naples (38 µg/m3), Milan (35 µg /m3), Turin (34 µg/m3), Catania and Palermo (33 µg/m3), Bergamo and Rome (32 µg/m3), Como (31 µg/m3), Andria, Florence, Padua and Trento (29 µg /mc).

Air pollution in Italian cities: an unsolved problem

“Once again the objective of guaranteeing clean air in Italian urban centers seems like a mirage, as highlighted by the photograph taken by our report ‘Mal’Aria di città’ – says Giorgio Zampetti, general director of Legambiente – The sources of pollution are known, as are the actions and measures to reduce emissions, but we continue to see significant and unjustified delays in the adoption of transversal solutions.”

A radical change is necessary, with the implementation of structural and integrated measures, capable of effectively influencing the various sources of smog: from building heating, to industry, agriculture and livestock, up to mobility. In this context, Zampetti underlines that traffic and pollution reduction measures can be harmonized with greater safety for pedestrians and cyclists, as demonstrated by the important intervention of Bologna, which set the speed limit at 30 km/h, a practice already successfully adopted in several European cities and which Legambiente hopes will be increasingly spread in Italy too.

Air pollution: Italian cities still too polluted

Andrea Minutolo, scientific manager of Legambiente, explained that “”The 2023 data show us that the process of reducing concentrations is non-existent or in any case too slow. Currently, as many as 35 cities need to step up efforts to reduce their PM10 concentrations by 2030, with a reduction rate of between 20% and 37%. For PM2.5, the number of cities involved even rises to 51, with a reduction needed between 20% and 57%. Even for NO2, the situation is no better: 24 cities must reduce emissions by between 20% and 48%.”

Minutolo underlines that in light of the WHO standards, which suggest much more stringent limit values ​​than the current legal values, the situation becomes even more critical. It is essential to determine a turning point at a national and territorial level to reduce the health impact on the Italian population, the cost associated with it, and the damage to natural environments.

WHO has updated air quality guidelines, dramatically lowering limits to protect health

In 2021, the WHO published new guidelines on air quality, highlighting how air pollution is a much more serious public health problem than previously thought. The new limits, drastically lower than those in place in Europe, were set to protect citizens from a range of serious harms, including heart disease, stroke, cancer and respiratory diseases.

The European Commission has proposed a revision of the air quality directives

In 2022, the European Commission published a proposal to revise the air quality directives, implementing the WHO recommendations. The proposal provides for a gradual reduction in emissions of air pollutants, with the aim of reaching the new WHO limits by 2030.

The European Parliament voted in favor of a more stringent position

In September 2023, the European Parliament voted in favor of a more stringent negotiating position than the Commission’s proposal. Parliament has in fact asked for the new European limits to be completely aligned with those of the WHO, without any extension.

The European Council has asked for an extension to 2040

The European Council, however, adopted a more flexible position, asking for an extension to 2040 for the new limits to come into force. The trilogue will be held in February 2024, the last phase of the revision process of the European Air Quality Directive. Here, the European Commission, the European Parliament and the European Council will have to find an agreement on new limits for air pollutants.

Italy has an important responsibility. In our country, air pollution causes 47,000 premature deaths every year, mainly due to PM2.5. It is essential, therefore, that the Italian Government does not hinder the process of reviewing the Directive, avoiding requesting exemptions or clauses that could delay the achievement of the objectives.

Children victims of pollution: UNICEF warns

During 2019, over 5,800 children and adolescents living in Europe and Central Asia tragically lost their lives due to air pollution. This impressive figure reveals that 85% of these young people did not even manage to celebrate their first birthday, corresponding to an average of 90 children every week. These dramatic statistics emerge from a recent study conducted by UNICEF and presented in today’s Policy Brief.

Regina de Dominicis, UNICEF Regional Director for Europe and Central Asia, highlighted the devastating impact of air pollution on young people. She said: “Children’s lungs, being more fragile, suffer the most serious consequences of air pollution, causing damage to their health and development, sometimes costing them their lives. Reducing air pollution and limiting children’s exposure to toxic substances is crucial for their health, but also for society as a whole. This leads to decreased healthcare costs, improved learning, increased productivity and a safer and cleaner environment for all.”

Children, due to specific physical and physiological characteristics, are more exposed to air pollution than adults. First, they breathe twice as fast as adults and often tend to do so through their mouths, thus increasing their intake of pollutants. Furthermore, they are generally located closer to the ground, where pollutants are concentrated to a greater extent. From a physiological point of view, children are particularly vulnerable to air pollution because during a period of rapid development they can suffer inflammation and damage to the brain, lungs and other organs.

How to fight air pollution in Italy: Legambiente’s proposals

Air pollution is a serious problem that affects many areas of our country, with negative consequences on health and the environment. To get out of this situation, Legambiente, the most widespread environmental association in Italy, has developed a series of concrete and differentiated proposals, taking into account the different territorial realities and the different sources of emissions. These proposals are based on four main directions:

  • Moving freely and safely for cities: to reduce transport emissions, Legambiente calls for massive investments in local public transport, incentives for the use of public transport, shared electric mobility even in the suburbs, implementation of limited traffic, low-emission zones and zero emissions, electrification of freight vehicles too, digitalisation of public services, promotion of working from home, expansion of cycle-pedestrian networks and redesign of urban space, tailored to people with “city 30” speed limits. The goal is to make mobility not only cleaner, but also safer and truly inclusive.
  • Heating well and better: to reduce emissions from domestic heating, Legambiente proposes to progressively ban biomass boilers and heat generators in the most polluted areas; in others, instead supporting the installation of “nearly zero” emissions technologies, with integrated or external filtration systems, or hybrid solutions. Furthermore, Legambiente promotes the energy efficiency of buildings and the use of renewable sources for heating and cooling.
  • Also take care of the countryside: to reduce emissions from agriculture and livestock farming, Legambiente requires compliance with the regulations for the spreading and rapid burial of sewage, and promotes agricultural investments towards practices that reduce ammonia emissions, such as covering tanks of sewage and the creation of treatment systems, especially for the production of biomethane. Furthermore, Legambiente supports the transition towards organic and sustainable agriculture, which protects biodiversity and the landscape.
  • Monitoring for health protection: to guarantee control of air quality, Legambiente asks to change the monitoring strategy used so far, increasing the number of monitoring stations in order to cover all the main urban areas of the country. In fact, with the forthcoming adoption of new limits more aligned with those of the WHO, many of the areas that are now in compliance will no longer be so and constant and timely verification of the situation will once again be more necessary than ever. Today, low-cost sensors are available that can be combined with traditional control units, making monitoring distributed, widespread and scientifically based according to the smart cities paradigm.

Città2030: a traveling campaign for sustainable mobility

This year, Legambiente launches the traveling campaign “Città2030: cities and the challenge of change”, which will take place from 8 February to 6 March. The initiative, carried out within the Clean Cities Campaign, a European coalition of NGOs and civil society organisations, including the green swan, will stop in 18 Italian cities to promote sustainable and zero-emission mobility and to ask for more livable cities and safe.

Stops include Avellino (13/02), Reggio Calabria (14/02), Messina (14/02), Naples (15/02), Lodi (19/02), Trieste (20/02), Pescara (21- 22/02), Bologna (23/02), Padua (24/02), Perugia (24/02), Rome (26/02), Milan (27/02), Latina (28/02), Florence (29 /02-1/03), Turin (1-2/03), Catania (1-2/03), Lecce (3-5/03) and Genoa (04-05/03).

During the stages, meetings will be organized with representatives of local administrations, experts and citizens to discuss the challenges related to sustainable mobility in various urban contexts, as well as street initiatives such as flash mobs, demonstrations, and bike to school activities. Main topics addressed will include Zero Emission, sharing mobility, electric LPT and Città30.

Source: Qui Finanza

https://www.msn.com/it-it/notizie/milano/pm10-alle-stelle-da-domani-scattano-le-prime-misure-antismog-in-9-province-lombarde-su-12/ar-BB1ix0tG

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

LA NUOVA VARIANTE JN.1 DEL COVID19 SI DIFFONDE RAPIDAMENTE IN 41 PAESI: QUANTO PUO’ PREOCCUPARCI? PER L’OMS E’ “VARIANTE DI INTERESSE”

New COVID strain JN.1 is spreading fast. How worried should we be?

The new variant has spread across 41 countries as the WHO categorises it as a ‘variant of interest’.

JN.1 has been detected in the US, India, China, France, Canada and many other countries [File: Petr David Josek/AP Photo]
https://www.aljazeera.com/news/2023/12/22/new-jn-1-covid-variant-how-worried-should-we-be

A new strain of SARS-CoV-2the virus that caused the coronavirus pandemic four years ago, has been detected in dozens of countries.

The World Health Organization (WHO) on Tuesday categorised the JN.1 as a “variant of interest”. After first being spotted in the United States in September, the variant has spread across 41 countries.

The new variant is now being closely monitored by public health agencies across the world due to its increased transmission rate.

Here’s what there is to know about the strain and its current risk.

What is the new COVID-19 strain JN.1?

The new coronavirus strain, JN.1, has arisen from the most recent variant before it, named BA 2.86. The latter is itself part of the lineage of the “Omicron” variant – a more severe strain of COVID-19 that peaked last year.

Each virus has its own unique “spike proteins” enabling them to infect cells and cause certain symptoms. Additional changes or “mutations” in the DNA sequence of those spikes indicate the emergence of a new “variant” of the virus.

Variants can differ in terms of their severity, contagion and response to treatments for symptoms.

“The new variant exhibits a greater genetic divergence from its predecessors, signifying an ongoing evolution of the virus,” said Laith Abu-Raddad, professor of healthcare policy and research, at Weill Cornell Medicine in Qatar.

While BA 2.86 has 20 mutations in its spike proteins, JN.1 has 21. The Centers for Disease Control and Prevention (CDC) in the United States have named this additional mutation L455S and said it may be helping the virus to evade responses from our immune systems.

Experiencing a COVID-19 infection or getting vaccinated typically enables the immune system’s antibodies to fight off the virus when exposed to it again.

Where has JN.1 been detected?

JN.1 was first detected in the US in September, a month after its parent variant, BA 2.86, was recorded in the country. It has since spread across 41 countries, the WHO reported on Monday, based on 7,344 sequences that were submitted to them.

Sequences of viruses from PCR tests are regularly analysed to detect new strains.

For the first month or so, JN.1 only accounted for 0.1 percent of coronavirus transmissions in the US. As of December 8, however, it is responsible for between 15 and 29 percent of COVID cases, according to the CDC.

However, the agency also noted that the coronavirus has a pattern of peaking around the new year.

Other countries with a large number of cases include France, Singapore, Canada, the United Kingdom and Sweden, according to WHO. China also detected seven cases last week.

In early December, JN.1 was also found in the Indian state of Kerala. A 79-year-old female patient had mild, influenza-like symptoms and has since recovered. On Monday, neighbouring Karnataka state’s health minister made masks mandatory for those above the age of 60, as well as people with heart or breathing issues. India has reported 21 cases of the JN.1 virus so far.

Should we be concerned about JN.1?

The CDC has not found evidence suggesting that JN.1 poses an increased risk to public health compared with other variants, and experts say the rise in cases may be part of winter season trends and conditions.

For instance, people across the world are spending more time indoors allowing pathogens to spread more efficiently. “The need for heating often leads to reduced ventilation in homes, presenting an environment conducive to increased virus transmission,” said Abu-Raddad.

Types of symptoms are expected to be the same as COVID-19, and pandemic-era measures such as social distancing and wearing masks have been encouraged as precautions.

“While there may be an increase in infections, the vast majority of cases are not anticipated to be severe,” noted Abu-Raddad.

What has the WHO said about JN.1?

The WHO also said on Tuesday that its risk in terms of severity is currently evaluated as low and will be updated if needed. Its growth advantage has been categorised as “high” owing to the rising number of cases over the last few weeks.

The agency noted that other respiratory diseases such as influenza are also on the rise amid the onset of winter in the northern hemisphere, and that JN.1 transmission may further burden health facilities.

The WHO’s technical lead for COVID-19, Maria Van Kerkhove, said in a public statement that the agency has asked member states to closely monitor coronavirus cases and share data on samples when available so that they can better assess circulation and “potentially modify what we are advising to the world”.

Vaccines will also continue to protect from severe effects of the variant, said WHO.

What are the symptoms of JN.1?

Like other COVID-19 variants, symptoms will differ based on a person’s immunity and overall health, according to the CDC.

Common symptoms include fever or chills, cough, fatigue and body aches.

Source: Al Jazeera

Il nuovo tipo covid JN1 si sta diffondendo rapidamente. Quanto dovremmo preoccuparci? | Notizie sulla salute

Dicembre 22, 2023 Arzu

Spiegatore

La nuova variante si è diffusa in 41 paesi, e l’OMS la classifica come “variante di interesse”.

Un nuovo ceppo di SARS-CoV-2, che causò la pandemia di coronavirus quattro anni fa, è stato rilevato in decine di paesi.

Martedì l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato JN.1 come una “variante di interesse”. Dopo essere stata individuata per la prima volta negli Stati Uniti a settembre, la variante si è diffusa in 41 paesi.

Questa nuova variante viene ora attentamente monitorata dalle agenzie sanitarie pubbliche di tutto il mondo poiché il suo tasso di prevalenza aumenta.

Ecco cosa sapere sul ceppo e sul suo pericolo attuale.

Qual è il nuovo ceppo covid-19 JN.1?

Il nuovo ceppo di coronavirus, JN.1, è stato denominato BA 2.86 da una recente variante che lo ha preceduto. Quest’ultimo fa parte del lignaggio della variante “Omicron”, il ceppo più virulento di COVID-19 che ha raggiunto il picco lo scorso anno.

Ogni virus ha le sue “proteine ​​​​spike” uniche che infettano le cellule e causano determinati sintomi. Ulteriori cambiamenti o “mutazioni” nella sequenza del DNA di questi picchi indicano l’emergere di una nuova “variante” del virus.

Le varianti possono differire in base alla gravità, all’infezione e alla risposta al trattamento sintomatico.

“La nuova variante mostra una maggiore diversità genetica rispetto ai suoi predecessori, indicando la continua evoluzione del virus”, ha affermato Laith Abu-Radat, professore di politica sanitaria e ricerca presso la Weill Cornell Medicine in Qatar.

BA 2.86 ha 20 mutazioni nelle sue proteine ​​​​spike, rispetto alle 21 di JN.1. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) negli Stati Uniti hanno chiamato questa ulteriore mutazione L455S e affermano che aiuta il virus a eludere le risposte dei nostri sistemi immunitari.

Dove viene rilevato JN.1?

JN.1 è stato rilevato per la prima volta negli Stati Uniti a settembre, un mese dopo che la sua variante madre, BA 2.86, era stata registrata nel paese. Si è diffuso in 41 paesi, ha affermato lunedì l’OMS, sulla base di 7.344 sequenze presentate loro.

Le sequenze di virus provenienti dagli esperimenti PCR vengono costantemente analizzate per rilevare nuovi ceppi.

Nel primo mese JN.1 Negli Stati Uniti si è diffuso solo lo 0,1% dei contagi da coronavirus. Tuttavia, secondo il CDC, all’8 dicembre è responsabile dal 15 al 29% di tutti i casi di Covid-19.

Tuttavia, l’azienda ha anche notato che nel nuovo anno si verificherà un picco del coronavirus.

Secondo l’OMS, altri paesi con il maggior numero di casi sono Francia, Singapore, Canada, Regno Unito e Svezia. Anche la Cina ha segnalato sette casi la scorsa settimana.

All’inizio di dicembre il JN.1 è stato rilevato anche nello stato indiano del Kerala. Una paziente di 79 anni presentava lievi sintomi simil-influenzali e da allora si è ripresa. Lunedì, il ministro della sanità del vicino stato del Karnataka ha reso obbligatorie le mascherine per le persone con più di 60 anni e per coloro che hanno problemi cardiaci o respiratori. Finora in India sono state infettate dal virus JN.1 21 persone.

Dovremmo preoccuparci di JN1?

Il CDC non ha trovato prove che JN1 rappresenti un rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ad altri ceppi e gli esperti affermano che l’aumento dei casi potrebbe essere dovuto in parte alle tendenze e alle condizioni invernali.

Ad esempio, le persone in tutto il mondo trascorrono più tempo in ambienti chiusi consentendo agli agenti patogeni di diffondersi in modo più efficiente. “La necessità di riscaldamento spesso porta a una ridotta ventilazione nelle case, fornendo un ambiente favorevole alla diffusione del virus”, ha affermato Abu-Radat.

Si prevede che i tipi di sintomi saranno simili a quelli del COVID-19 e le misure del periodo pandemico come il distanziamento sociale e l’uso di maschere sono state incoraggiate a titolo precauzionale.

“Potrebbe esserci un aumento delle infezioni e non si prevede che la maggior parte dei casi sarà grave”, ha osservato Abu-Radat.

Cosa ha detto l’OMS su JN.1?

Martedì l’OMS ha dichiarato che il rischio in termini di gravità è attualmente basso e verrà aggiornato se necessario. Il suo vantaggio di crescita è stato classificato come “elevato” poiché il numero di casi è aumentato nelle ultime settimane.

L’agenzia ha osservato che anche altre malattie respiratorie, come l’influenza, sono in aumento con l’arrivo dell’inverno nell’emisfero settentrionale, e la diffusione di JN.1 potrebbe gravare ulteriormente sulle strutture sanitarie.

Il responsabile tecnico dell’OMS per il COVID-19, Maria van Kerkhove, ha dichiarato in una dichiarazione pubblica che l’agenzia ha chiesto agli Stati membri di monitorare da vicino i casi di coronavirus e condividere i dati sui campioni quando disponibili in modo che possano valutare meglio la circolazione e “possiamo adattarci, consigliare il mondo.” (Adattarci? Ancora con questa storia della convivenza col virus! Conviveteci voi virologi che ci lavorate ogni giorno con queste merde artificiali di laboratorio, io non ci voglio convivere, lo voglio combattere e voi non avete volontà ancora di combatterlo, con tutte le tecnologie sanitarie che abbiamo oggi a disposizione, bastardi!)

Secondo l’OMS i vaccini continuano a proteggere dagli effetti gravi della variante.

Quali sono i sintomi di JN.1?

Come con altri tipi di COVID-19, secondo il CDC, i sintomi varieranno in base al sistema immunitario e alla salute generale di una persona.

Fonte: Telepace

https://telepacenews.it/il-nuovo-tipo-covid-jn1-si-sta-diffondendo-rapidamente-quanto-dovremmo-preoccuparci-notizie-sulla-salute/

Covid, variante JN.1 aumenta il rischio contagio a Natale: la nota dell’OMS

20 Dicembre 2023 – 09:04

“Sulla base delle prove disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato dalla variante JN.1 è attualmente valutato come basso – ha spiegato l’Organizzazione Mondiale della Sanità -. Nonostante ciò, con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, la variante potrebbe fare aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi”

Rischio basso, ma potenziale aumento dei contagi. È in sintesi il contenuto della nota pubblicata dall’Oms in merito alla variante del Covid JN.1 che si sta diffondendo rapidamente e che ora è stata classificata come ‘Variante di interesse’ (Voi), separatamente dagli altri membri della famiglia BA.2.86.

La nota dell’OMS

“Sulla base delle prove disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato dalla variante JN.1 è attualmente valutato come basso – ha spiegato l’Organizzazione Mondiale della Sanità -. Nonostante ciò, con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, JN.1 potrebbe fare aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi”. L’Oms sta comunque “monitorando continuamente le evidenze e aggiornerà la valutazione del rischio JN.1 se necessario”.

La raccomandazione

L’Oms ha poi ricordato che al momento “i vaccini continuano a proteggere dalle malattie gravi e dalla morte dovute a JN.1 e ad altre varianti circolanti”. In ogni caso, è sempre opportuno “adottare misure per prevenire infezioni e malattie gravi utilizzando tutti gli strumenti disponibili (Dispositivi di Protezione Individuali DPI)”, tra cui “indossare una maschera quando ci si trova in aree affollate, chiuse o scarsamente ventilate e mantenere il più possibile una distanza di sicurezza dagli altri (3-4 metri ed oltre)”.

Covid, arriva la nuova variante JN.1: i sintomi e cosa sappiamo

Inizialmente diffusasi in Lussemburgo, poi emersa con parecchi casi in Gran Bretagna fino ad arrivare in Francia, ha la peculiare abilità di agganciarsi con facilità alle cellule umane. Si tratta della variante Covid JN.1, al vaglio degli esperti per comprenderne meglio caratteristiche e specificità.

DAL LUSSEMBURGO

  • Con tratti distintivi simili alle varianti che hanno colpito più duramente all’inizio della pandemia, ovvero Alpha e Beta, la variante Covid JN.1 in arrivo dal Lussemburgo, si sta diffondendo dalla Gran Bretagna al resto d’Europa

DIFFUSIONE

  • Al momento in Italia la principale sottovariante diffusa è Eris EG5, discendente di Omicron che rappresenta quasi il 60% dei casi, seguono altre sottovarianti della stessa Omicron, ovvero JG.3, XBB 1.5 (Kraken),  XBB 1.9, HV.1 e BA.2.86 (Pirola)

JN.1

  • Tra queste si va a inserire quindi anche JN.1, che in Gran Bretagna la UK Health Security Agency ha sottocategorizzato il 4 dicembre scorso a causa della mutazione della proteina spike che la caratterizza e della crescente prevalenza nei dati del Regno Unito e internazionali

DA OMICRON

  • La sottovariante JN.1 è una sottocategoria della variante Omicron Pirola BA 2.86, dopo essere emersa in Lussemburgo nello scorso agosto si è diffusa negli Stati Uniti, Regno Unito poi principalmente in Francia

MUTAZIONE

  • JN.1 ha una mutazione nella sua proteina spike che le permette di infettare facilmente le cellule, riuscendoci anche con un certo successo, considerando che al 4 dicembre scorso, si contano 302 casi sequenziati di JN.1 nel Regno Unito e 3.618 globalmente, ma con tendenza ad un forte rialzo

SISTEMA IMMUNITARIO

  • Le varie mutazioni di JN.1, comprese alcune mai viste dalle varianti Alpha (inglese) e Beta (sudafricana) nel 2020 e 2021, potrebbero significare che JN.1 sfugga più facilmente al sistema immunitario, riuscendo a replicarsi più velocemente

NESSUN ALLARME

  • Secondo quanto gli esperti hanno evidenziato sino ad oggi, JN.1 tuttavia non genererebbe una sintomatologia più grave o fondamentalmente diversa rispetto a quella innescata da altre varianti Covid (da verificare maggiormente in caso di pazienti affetti da comorbosità e dal quadro clinico medico alterato o compromesso, come nel caso di fragili immunodepressi ed anziani)

SINTOMI

  • In pratica, causerebbe generalmente gli stessi sintomi di Omicron o Pirola, ossia febbre e brividi, tosse, stanchezza, mancanza di respiro o difficoltà a respirare, dolore muscolare (mialgia), mal di testa (cefalea), perdita del gusto (disgeusia), oppure perdita dell’olfatto (anosmia), congestione nasale e diarrea

Fonte: Sky TG24

Covid, i nuovi sintomi che colpiscono l’intestino della variante JN.1. «Ecco come il virus aggira l’immunità ibrida»

Storia di Simone Pierini  

Variante JN.1, i nuovi sintomi che colpiscono l’intestino. «Ecco come il Covid aggira l’immunità ibrida»
https://www.msn.com/it-it/salute/other/variante-jn1-i-nuovi-sintomi-che-colpiscono-lintestino-ecco-come-il-covid-aggira-limmunit%C3%A0-ibrida/ar-AA1lTy2c

Gli scienziati di tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, stanno rilevando tracce di Covid in quantità molto maggiori nelle acque reflue. Questo elemento li sta spingendo a considerare se il virus stia ora prendendo di mira l’intestino delle persone. Il Covid infetta tradizionalmente le persone attraverso il naso e la bocca e si moltiplica nelle vie respiratorie, talvolta migrando verso i polmoni. Ma alcuni virologi ritengono che il virus abbia alterato le sue esigenze per entrare nelle cellule, il che significa che può infettare più facilmente l’intestino

Le acque reflue

Marc Johnson, virologo molecolare e professore di microbiologia molecolare e immunologia presso l’Università del Missouri, parlando con il Daily Mail ha dichiarato che «ci sono stati alcuni enormi picchi nelle acque reflue in Europa, e molti di noi stavano riflettendo su quali potrebbero essere le possibili spiegazioni, se si tratta di solo un aumento di casi o se ci sia qualche altra spiegazione». In Austria, ad esempio, i livelli di Covid nelle acque reflue sono aumentati da quasi zero nel luglio di quest’anno a circa 700 copie genetiche per persona, il che indica la carica virale. Una delle idee è che la nuova variante JN.1 abbia modificato i suoi requisiti per entrare nelle cellule, forse per aggirare l’immunità vaccinale o delle infezioni precedenti. 

L’intestino

Il professor Johnson ha ammesso come sia possibile che la nuova variante JN.1 sia più focalizzata sull’intestino, ma ha aggiunto che vi erano ancora prove dirette per confermare teoria. «Ma molti altri coronavirus infettano l’intestino, quindi non sarebbe così sorprendente», ha sottolineato.

Le caratteristiche di JN.1

A causa della sua rapida diffusione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato la variante di Sars-CoV-2 JN.1 come ‘ variante di interesse’ (VOI) separata dal lignaggio BA.2.86, alias Pirola. In precedenza era stata classificata Voi come parte dei sottolignaggi BA.2.86. Lo rende noto l’Oms sottolineando che, «sulla base delle evidenze disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato da JN.1 è attualmente valutato come basso. Nonostante ciò – ammonisce però l’agenzia – con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, JN.1 potrebbe aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi». 

Fonte: MSN

Covid, arriva la variante JN.1 che mette in crisi il Natale. L’OMS la classifica come “di interesse”

Emersa in Lussemburgo, è osservata speciale in Gran Bretagna dove i contagi stanno aumentando

21/12/2023 Mariavittoria Savini

Non solo COVID, in aumento anche RSV e polmoniti

A causa della sua rapida diffusione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato la variante di Sars-CoV-2 JN.1 come “variante di interesse” (Voi) separata dal lignaggio BA.2.86, alias Pirola. In precedenza era stata classificata Voi come parte dei sottolignaggi BA.2.86. Lo rende noto l’Oms sottolineando che, “sulla base delle evidenze disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato da JN.1 è attualmente valutato come basso. Nonostante ciò – ammonisce però l’agenzia – con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, JN.1 potrebbe aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi“.

L’OMS “sta monitorando continuamente le evidenze e aggiornerà la valutazione del rischio JN.1 se necessario”, riferisce la nota. L’agenzia ONU sottolinea inoltre che “gli attuali vaccini continuano a proteggere dalla malattia grave e dalla morte, da JN.1 e da altre varianti circolanti di SarS-CoV-2″. 

Non solo Covid, in aumento anche Rsv e polmoniti

L’OMS ammonisce infine che “Covid-19 non è l’unica malattia respiratoria in circolazione. L’influenza, il virus respiratorio sinciziale (Rsv) e la polmonite infantile comune sono in aumento“. 

Quasi un milione gli italiani a letto durante le feste

Quasi un milione di italiani, “passeranno le feste di Natale a letto ammalati, tra Covid e influenza”. A dirlo è il virologo Fabrizio Pregliasco, Direttore IRCSS dell’Istituto San Raffaele di Milano. “Siamo in una fase di crescita di tutte le infezioni, soprattutto di quelle respiratorie. Specialmente il virus H1N1 è in costante crescita e anche il Covid è molto più contagioso ma più buono, anche se non troppo. Soprattutto questi ultimi casi sono sottostimati, perché il tampone non viene eseguito”, continua Pregliasco che spiega come “nonostante il leggero arresto della scorsa settimana anche il dato dell’occupazione degli ospedali, dei ricoveri e delle morti è in crescita e desta preoccupazione”.

Le misure di prevenzione

La Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (SIMG) e della Società italiana malattie infettive e tropicali (SIMIT) raccomandano una prevenzione vaccinale e una gestione mirata dei pazienti con Covid-19. Da qui il consiglio alla popolazione di adottare misure per prevenire infezioni e malattie gravi, utilizzando tutti gli strumenti disponibili: indossare una mascherina quando ci si trova in aree affollate, chiuse o scarsamente ventilate e mantenere una distanza di sicurezza dagli altri se possibile; pratica il ‘galateo respiratorio’, coprendo con il gomito tosse e starnuti; lavarsi le mani regolarmente; tenersi aggiornato con le vaccinazioni anti Covid e l’influenza, soprattutto se sei ad alto rischio di malattia grave; restare a casa se si è malati e sottoporsi al test se si hanno sintomi o se si è stati vicini o a contatto con qualcuno con Covid-19 o influenza.

Tornano i tamponi per entrare in ospedali e RSA

Torna l’indicazione per i test alle persone con sintomi Sars-CoV-2 che accedono alle strutture sanitarie. Lo prevede la nuova circolare ‘Indicazioni per l’effettuazione dei test diagnostici per Sars-CoV-2 per l’accesso e il ricovero nelle strutture sanitarie’, firmata dal direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, Francesco Vaia. L’obiettivo è ampliare e potenziare il monitoraggio dei virus per andare a rintracciare tutte le malattie respiratorie che stanno circolando.

Fonte: Rainews

Covid e Voce – Patologie vocali come conseguenza del virus

10 Mar 2021

https://istitutosantachiara.it/covid-e-voce-patologie-vocali-come-conseguenza-del-virus/

Intervista alla dott.ssa Rosanna De Vita, foniatra presso Istituto Santa Chiara di Roma

La dottoressa De Vita si occupa di prevenzione, diagnosi e trattamento delle patologie e delle malattie della voce parlata e cantata, con particolare interesse per la foniatria artistica.

La trasmissione per via aerea, probabilmente, rappresenta la maggior parte della diffusione del virus SARS-CoV-2.
Quali sono le particelle più pericolose e perché?

Il SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, può essere trasmesso in tre modi: contatto direttocontatto indiretto o attraverso le particelle sospese in aria.
La trasmissione per contatto diretto avviene attraverso il contatto da persona a persona (una stretta di mano).
Il contatto indiretto si verifica quando le particelle virali atterrano su oggetti che vengono comunemente toccati.
La trasmissione per via aerea probabilmente rappresenta la maggior parte della diffusione della SARS-CoV-2.
La carica virale (ovvero la quantità di virus a cui una persona è esposta), il tempo di esposizione e la suscettibilità individuale giocano un ruolo determinante nella trasmissione.
Gli spazi più piccoli, con meno ventilazione e carica virale più elevata e con più persone presenti, portano a tassi di infezione più elevati tramite aerosol.
Gli aerosol, particelle più piccole delle goccioline, trasmettono SARS-CoV-2 su distanze e tempi maggiori perché galleggiano e possono rimanere sospesi nell’aria per ore.
Inoltre, più piccola è la particella, più è probabile che raggiunga il tratto respiratorio inferiore quando viene inalata.
Le particelle di medie dimensioni sono in grado di galleggiare per ore e presentano una maggiore probabilità di infettare con successo un ospite sensibile.

Perché i cantanti potrebbero essere a rischio di trasmissione?

Le particelle di “medie dimensioni” (tra 1 e 5 µm) sono prodotte in proporzione maggiore durante il discorso e il canto. Respirare e parlare, poi, portano all’aerosol delle particelle.
La vibrazione delle corde vocali contribuisce alla generazione di particelle di medie dimensioni.
Questo potrebbe essere il motivo per cui gli atti del parlare e cantare producono più aerosol di medie dimensioni e perché i cantanti potrebbero essere a rischio di trasmissione.

Quali potrebbero essere gli effetti del Covid a lungo termine, in particolare per gli artisti della voce?

Gli effetti a lungo termine includono problemi respiratori, fisici, cognitivi e psicologici.
L’87,4% dei pazienti ha manifestato almeno un sintomo dopo il recupero, con affaticamento (53%) e dispnea (43%).
Gli studi suggeriscono che possono verificarsi conseguenze respiratorie anche a seguito di infezione da COVID-19 in persone senza sintomi gravi.
Le evidenze hanno mostrato che molti soffrono di una persistente riduzione della funzione respiratoria e fonatoria.
Le lesioni polmonari associate a COVID-19 possono causare fibrosi polmonare che può irrigidire i polmoni e causare difficoltà respiratorie.
Riduzioni lievi o moderate della funzione respiratoria potrebbero essere non debilitanti, tuttavia potrebbero determinare importanti problematiche per cantanti e insegnanti di canto.
Gli effetti cronici di lesioni da intubazione includono anomalie della mucosa, della vibrazione delle corde vocali, cicatrici e insufficienza fonatoria.
La paralisi e la ipomotilità delle corde vocali possono derivare anche da brevi periodi di intubazione o da un danno virale al nervo vago. Le neuropatie sensoriali della laringe sono associate a infezioni virali.
Le manifestazioni più comuni della neuropatia sensoriale laringea sono la tosse cronica, la disfunzione della deglutizione la perdita di sensibilità e propriocezione nella laringe, che potrebbe portare a una diminuzione del controllo motorio fine con effetti negativi sulle capacità di cantare.

Come cambia la voce?

L’affaticamento cronico post COVID-19 può rivelarsi abbastanza comune e, logicamente, può avere un impatto significativo sui cantanti con elevate esigenze vocali, mentali ed emotive e, quindi esso, può essere associato a disturbi della voce.

Dal punto di vista medico, così come a livello di best practice da osservare nel quotidiano, cos’è consigliato fare per chi abbia contratto l’infezione da coronavirus e sia guarito?  

Fondamentale è che, chi abbia contratto l’infezione da coronavirus e sia guarito, effettui, tra gli altri controlli, una visita foniatrica con una laringostroboscopia per valutare quanto prima un eventuale coinvolgimento delle corde vocali, soprattutto se si presentano sintomi quali disfonia, raucedine, abbassamento di voce, stanchezza e fonoastenia e difficoltà nel canto.

Fonte: Istituto Santa Chiara

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

IN EUROPA RESPIRIAMO ARIA PESSIMA. COLPA DELL’INQUINAMENTO DA NANOPARTICOLATO FINE ATMOSFERICO PM2.5

In Europa respiriamo tutti un’aria pessima

Un’indagine del Guardian dimostra che solo il 2 per cento della popolazione europea vive in aree in cui l’inquinamento dell’aria rientra nei limiti suggeriti dall’OMS

Una centrale a carbone in Polonia Sean Gallup/Getty Images
https://www.wired.it/article/europa-inquinamento-aria/

Secondo una recente indagine del Guardian, circa il 98% della popolazione dell’Europa vive in zone dall’aria altamente inquinata. In collaborazione con alcuni accademici dell’università di Utrecht e dello Swiss Tropical and Public Health Institute nell’ambito del progetto Expanse finanziato dall’Unione Europea, il quotidiano britannico ha condotto la sua ricerca analizzando immagini satellitari e misurazioni ottenute da più di 1.400 stazioni di monitoraggio ambientale. Secondo i dati emersi, gran parte del territorio europeo è fortemente soggetto all’inquinamento da particolato fine (PM2.5).

Il particolato fine

Il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare spiega che le cellule di particolato fine che si disperdono nell’aria sono generate da quasi tutti i tipi di combustione, comprese quelle di motori di auto e motoveicoli, degli impianti per la produzione di energia, della legna per il riscaldamento domestico, degli incendi boschivi e di molti altri processi industriali. Anche detto PM 2,5, il particolato fine ha la caratteristica di rimanere sospeso nell’atmosfera tanto a lungo da poter entrare in circolazione nel corpo umano attraverso l’apparato respiratorio e sanguigno, provocando rischi per la salute.

L’Organizzazione mondiale della sanità spiega che ogni anno questo tipo di inquinamento provoca sette milioni di morti in tutto il mondo. L’istituto ONU ha offerto anche delle linee guida che stabiliscono la quantità limite di particolato fine nell’aria. Secondo queste direttive, “le concentrazioni medie annuali di particolato fine non dovrebbero superare i 5 microgrammi per metro cubo (μg/m3)”. Lo studio del Guardian, tuttavia, dimostra che “solo il 2% della popolazione europea vive in aree che rispettano questo limite”, mentre quasi i due terzi delle persone del continente vivono in aree in cui questi valori sono di almeno due volte superiori a quelli consigliati.

L’inquinamento in Europa

L’area più inquinata del continente sembra essere l’Europa orientale, con la Macedonia del Nord al primo posto per concentrazione di particolato fine nell’aria, con due terzi del paese che superano di quattro volte i limiti suggeriti dall’OMS.

Seguono Serbia, Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia e Albania, dando fondamento alle parole della docente dell’Università di Dusseldorf Barbara Hoffmann, per la quale l’inquinamento atmosferico è un problema di “ingiustizia ambientale”, dato che “i paesi più colpiti sono anche quelli con il reddito medio più basso”.

Anche in Europa occidentale è possibile trovare aree fortemente inquinate: la mappa interattiva prodotta dal Guardian segnala alti tassi di particolato fine in Italia, specialmente nella Pianura Padana, zona fortemente industrializzata. Anche in Germania e Regno Unito la maggior parte della popolazione vive in aree dove l’inquinamento sfonda i limiti suggeriti dall’OMS. Attualmente il limite di particolato fine stabilito dall’Unione Europea è di 25 microgrammi per metro cubo ma una settimana fa il Parlamento europeo ha votato per raggiungere, entro il 2030, la soglia stabilita dall’OMS.

Fonte: Wired

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

BYOBLU 24: APPROVATO IL PIANO DI PREVENZIONE VACCINALE 2023-2025: ECCO COSA PREVEDE

4 Agosto 2023 Arianna Graziato

https://www.byoblu.com/2023/08/04/via-libera-al-delirio-ipervaccinale-approvato-il-piano-di-prevenzione-vaccinale-2023-2025/

Non c’erano abbastanza fondi e la questione non era all’ordine del giorno. Eppure, con una mossa a sorpresa, la Conferenza Stato-Ragioni ha approvato il piano di prevenzione vaccinale 2023-2025.

Non si sa bene dove saranno reperite le risorse economiche richieste dai Presidenti di regione, ma il Mef ha assicurato che non ci saranno maggiori oneri per la finanza pubblica.

Le novità del piano vaccinale

Rispetto alla bozza, già circolata a marzo, il piano introduce la possibilità di essere aggiornato in itinere. In base agli sviluppi epidemiologici e alle evidenze scientifiche più aggiornate si potrà realizzare un rapido adeguamento. Così facendo si slega il piano dallo stesso calendario vaccinale.

Una scelta evidentemente figlia della sempre attuale minaccia di “future pandemie” e che fa gioco alle case farmaceutiche che vorranno immettere sul mercato nuovi prodotti.

Gli obiettivi

Per quanto riguarda gli obiettivi, il piano afferma di:

  • voler eliminare il morbillo e mantenere l’Italia “polio e rosolia free
  • accrescere il tasso di adesione degli adolescenti e dei ragazzi alla vaccinazione contro il Papillomavirus
  • promuovere nei professionisti sanitari la cultura delle vaccinazioni e la formazione in vaccinologia
  • completare l’informatizzazione delle anagrafi vaccinali regionali e mettere a regime l’anagrafe vaccinale nazionale, così da realizzare per ciascun cittadino un certificato con tutte le vaccinazioni svolte
  • promuovere interventi vaccinali nei gruppi di popolazione ad alto rischio per patologia, favorendo un approccio centrato sulle esigenze del cittadino/paziente.

Per riassumere, utilizzando le parole del medico Eugenio Serravalle, membro della commissione Medico-Scientifica Indipendente, si tratta di un delirio ipervaccinale”. Senza alcun discernimento, tutte le vaccinazioni vengono messe sullo stesso piano.

Con il consueto rimando alle agende sovranazionali, fra OMS e ONU, il piano italiano crede di risolvere ogni malattia con una semplice iniezione. Qualsiasi sia il problema, l’età e la storia del paziente, il vaccino è la risposta. Non solo, essendo questo un piano di prevenzione, assume che tutti siano comunque malati.  

La “morale”

Per convincerci di questo, il testo rimanda alle dichiarazioni del Comitato di bio-etica, risalenti tra l’altro al 2015. È quest’organo, che fa capo direttamente alla Presidenza del Consiglio, ad attuare il ricatto morale. Così come è stato fatto per la discutibile campagna vaccinale contro il Covid, anche qui si batte sul tema del “bene comune” e dell’altruismo.

Non è però lo strumentale uso delle emozioni a far raggelare, ma il fatto che questo Comitato di bio-etica rincari la dose di odio per quelle persone che con disprezzo vengono apostrofate come no-vax. Se il piano si prodiga infatti in un opera di convincimento pro vaccino, dall’altra demonizza “gli indecisi e i dubbiosi”. Questi andranno monitorati costantemente così da ”acquisire sistematicamente e con continuità dati sull’esitazione vaccinale con il massimo livello di granularità”.

Ma gli eventi avversi e i possibili danni post-vaccino? Il piano vaccinale non ne parla e non fa alcun accenno a sistemi di vaccino vigilanza.

“I MEDICI DEVONO OBBEDIRE ALLA POLITICA, NON ERA MAI ACCADUTO IN TREMILA ANNI” – DANIELE GIOVANARDI

4 Agosto 2023 Redazione

https://www.byoblu.com/2023/08/04/i-medici-devono-obbedire-alla-politica-non-era-mai-accaduto-in-tremila-anni/

La Conferenza Stato-Regioni ha approvato il Piano vaccinale 2023-2025, all’interno del quale è possibile leggere obiettivi come: “attuare, in caso di situazioni di allarme, azioni ripetute e adottare provvedimenti di urgenza ed eventuali interventi legislativi-necessari a ripristinare o raggiungere un livello accettabile di sicurezza sanitaria ottenibile mediante il mantenimento di elevate coperture vaccinali”; oppure attuare “il monitoraggio continuo dell’omessa vaccinazione (per dimenticanza o per ragioni mediche, ideologiche, religiose, psicologiche) sia complessivamente sull’intero territorio, sia a livello del singolo Comune, allo scopo di identificare coloro che necessitano di essere incoraggiati verso un percorso vaccinale.

Byoblu ha discusso di questo provvedimento con il dottor Daniele Giovanardi, già primario del pronto soccorso dell’ospedale di Modena, il quale ha sottolineato il capovolgimento della deontologia medica insita nelle affermazioni del Piano vaccinale. Giovanardi si è anche soffermato sulla diffida inviata all’Ordine dei medici di Genova per chiedere un provvedimento disciplinare contro il professor Matteo Bassetti.

NUOVO PIANO VACCINALE: “HANNO AUMENTATO LE VACCINAZIONI PEDIATRICHE MA NON ESISTE UNO STUDIO SUGLI EFFETTI” – EUGENIO SERRAVALLE

https://www.byoblu.com/2023/08/05/nuovo-piano-vaccinale-hanno-aumentato-le-vaccinazioni-pediatriche-ma-non-esiste-uno-studio-sugli-effetti-eugenio-serravalle/

Come già annunciato nel corso delle nostre trasmissioni la Conferenza Stato-Ragioni ha recentemente approvato il piano di prevenzione nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025. 

Più di 60 pagina che chiedono a gran voce alle Regioni e allo Stato di rafforzare la comunicazione in materia vaccinale sconfiggendo quella che definiscono disinformazione e accrescere il tasso di adesione degli adolescenti e dei ragazzi alla vaccinazione.

Byoblu ha chiesto un commento approfondito al pediatra Eugenio Serravalle di cui vi riportiamo per iscritto una parte.

“Il totale dei vaccini che vengono proposti è salito a 18, e per i bambini, specificamente, sono state proposte 32 vaccinazioni nei primi 12 mesi di vita che salgono a 34 se consideriamo anche le due covid e poi altre 21 per i bambini dai 12 mesi fino ai 13 anni.

Il totale fa 53 vaccinazioni che dovrebbero servire a tutelare la salute di questi bambini senza che sia stato mai fatto un bilancio reale sulla loro utilità e sicurezza. Non esiste infatti, e la chiediamo da tempo, una valutazione degli effetti aspecifici della vaccinazione. Con effetti aspecifici si intendono le azioni che questi farmaci hanno sulla salute dei bambini a distanza di tempo. Tali effetti possono essere positivi, neutri o negativi. Noi non abbiamo la possibilità di valutare cosa realmente facciano i vaccini sullo stato di salute complessivo della popolazione pediatrica, perché uno studio del genere non esiste.

Guarda il video e continua ad ascoltare il commento del dottor Serravalle.

Fonte: Byoblu, la TV libera dei cittadini canale 262 DTV

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus