Regno Unito

INTERVENTI ALESSIO BRANCACCIO VIDEOCONFERENZE ULTIMA GENERAZIONE MARZO 2024

https://ultima-generazione.com/
Tutta l’attenzione di Alessio Brancaccio e degli altri membri della videoconferenza Ultima Generazione di domenica 24 Marzo 2024 alle parole di Alfredo Giordani da Roma

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

MALATTIA X: COS’E’ IL MORBO IPOTIZZATO DALL’OMS NEL FEBBRAIO DEL 2018 E QUALI SONO I RISCHI

https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2024/01/17/malattia-x-covid#02

Gli studi sull’eventuale morbo potrebbero facilitare la prevenzione in modo da preparare azioni flessibili e trasversali per arginare la diffusione di malattie, tra cui la preparazione di un vaccino efficace in breve tempo. La malattia X è anche entrata nell’agenda del Word Economic Forum di Davos in Svizzera.

MALATTIA X

Già nel 2018, quindi prima dell’emergenza Covid, l’Organizzazione mondiale della sanità ha ipotizzato l’arrivo di una pandemia causata da una malattia ancora sconosciuta, chiamata genericamente Disease X ovvero malattia X. Si tratta quindi di una malattia che non esiste, ma il cui studio potrebbe facilitare la prevenzione in modo da preparare azioni flessibili e trasversali per arginare la diffusione di malattie tra cui appunto anche un ipotetico morbo a oggi non noto.

L’INCONTRO AL FORUM DI DAVOS

La malattia X è entrata anche nell’agenda del World Economic Forum di Davos con un incontro coordinato dal direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus. L’evento è dedicato a come affrontare una nuova pandemia da malattia X. Gli esperti – oltre 300 scienziati sono stati radunati dall’Oms già nel novembre 2022 – ipotizzano che questa futura patologia potrebbe causare 20 volte più decessi del Covid.

GHEBREYESUS: “DOBBIAMO AVERE UN SISTEMA DI ALLERTA PRECOCE”

“Abbiamo conosciuto il virus Zika, Ebola e sappiamo cosa può accadere – ha dichiarato Ghebreyesus -, ma dobbiamo avere un piano per una futura e sconosciuta malattia X, di cui parliamo da tanti anni. Il Covid è stata la prima malattia X, ma può riaccadere e dobbiamo essere in grado di anticipare e preparaci a questo”. Per il DG dell’Oms è necessario “avere un sistema di allerta precoce, saper espandere velocemente i sistemi sanitari e investire di più nelle cure primarie”

L’OBIETTIVO

Il direttore esecutivo del Programma per le emergenze sanitarie dell’Oms, Michael Ryan, ha spiegato che accendere i riflettori su virus e agenti patogeni per ricercare e sviluppare contromisure è “essenziale per una risposta rapida ed efficace alle epidemie e alle pandemie”. Parlare di ‘malattia X’, in sostanza, serve ad identificare “lacune di conoscenza e priorità di ricerca” per un elenco di virus e agenti patogeni identificati come prioritari come il COVID19, la febbre emorragica Crimea-Congo e il virus Ebola.

RICERCA E PREVENZIONE

In generale, gli sforzi degli esperti si concentrano sull’eventuale risposta contro l’ipotetica malattia, in particolare su vaccini che dovranno essere creati e somministrati per contrastare rapidamente l’emergenza. L’obiettivo è quindi fornire una risposta celere ed efficace soprattutto in caso di una diffusione su larga scala della malattia.

I RISCHI

È importante quindi arrivare preparati a una tale evenienza. “Mettiamola così – spiega al Mail Online Kate Bingham, una degli esperti che ha presieduto la task force sui vaccini nel Regno Unito tra maggio e dicembre del 2020 -, la pandemia influenzale del 1918-1919 uccise almeno 50 milioni di persone in tutto il mondo, il doppio di quante furono uccise nel corso della prima guerra mondiale. Oggi, potremmo aspettarci un numero di vittime simile causato da uno dei tanti virus già esistenti“.

“NON TUTTI VIRUS MINACCIANO L’UOMO”

Bingham ha precisato che “non tutti rappresentano una minaccia per gli esseri umani, ovviamente, ma alcuni sì”. La professoressa ha poi spiegato che gli scienziati sono attualmente a conoscenza di 25 famiglie di virus, ciascuna delle quali comprende fino a migliaia di singoli virus che hanno tutti il ​​potenziale per evolversi in una pandemia.

I TRE FATTORI CHIAVE

Spiegando l’eventualità di un aumento del rischio pandemie, Bingham ha individuato tre fattori chiave come la globalizzazione, il sovrappopolamento delle città e la deforestazione, i quali hanno creato le “condizioni ideali affinché i virus possano passare da una specie all’altra”

PROTOTIPI DI VACCINI

Bingham ha sottolineato l’importanza di realizzare una raccolta di “diversi prototipi di vaccini (trials, come quelli iniettati alle persone contro il COVID19) per ogni famiglia di virus minacciosi” di cui siamo a conoscenza prima che inizi l’eventuale prossima pandemia. Con questo “vantaggio” i vaccini potrebbero essere progettati per “prendere di mira le caratteristiche molto specifiche della malattia X”.

I COSTI

Per l’esperta è necessario “fare i primi passi per affrontare la prossima pandemia in questo momento e questo implica mettere soldi sul tavolo. Eppure ci sono pochissime prove che siamo disposti a spendere qualcosa di lontanamente paragonabile per proteggerci dai virus reali”. Il costo monetario dell’inazione è però “sismico: il Covid, un virus probabilmente più lieve dell’eventuale Malattia X, è riuscito a lasciarci con un conto di 16mila miliardi di dollari sia in termini di perdita di produzione che di spesa sanitaria pubblica”, ha affermato Bingham.

IL LABORATORIO

Qualcosa però si sta muovendo. Nel Regno Unito è stato aperto un laboratorio dove verranno studiati possibili vaccini sia per contrastare l’infezione ancora sconosciuta che virus già noti, ma ritenuti pericolosi per il loro potenziale epidemico.

LA RICERCA DELL’ANTIDOTO

La sfida degli scienziati britannici è riuscire a fermare i nuovi virus con un antidoto ad hoc entro cento giorni dall’identificazione. Si tratta di un obiettivo globale fissato dal G7 nel 2021 che mira a distribuire un vaccino contro qualsiasi nuova minaccia pandemica entro questa finestra temporale.

MALATTIE CON POTENZIALE EPIDEMICO

Ma quali sono le malattie che hanno un potenziale epidemico? La lista OMS delle malattie che presentano il maggior rischio per la salute pubblica comprende COVID19, febbre emorragica Congo-Crimea, malattia da virus Ebola e malattia da virus di Marburg, febbre di Lassa, sindrome respiratoria da coronavirus Medio Orientale (MERS-CoV) e Sindrome Acuta Respiratoria grave (SARS), infezione da virus Nipah e malattie causate da henipavirus, febbre della Rift Valley, infezione da virus Zika e infine malattia X.

English translate

DISEASE X: WHAT IS THE DISEASE HYPOTHEZED BY THE WHO IN FEBRUARY 2018 AND WHAT ARE THE RISKS

Studies on the possible disease could facilitate prevention in order to prepare flexible and transversal actions to stem the spread of diseases, including the preparation of an effective vaccine in a short time. Disease X also entered the agenda of the World Economic Forum in Davos, Switzerland.

DISEASE X

Already in 2018, therefore before the COVID emergency, the World Health Organization hypothesized the arrival of a pandemic caused by a still unknown disease, generically called Disease but the study of which could facilitate prevention in order to prepare flexible and transversal actions to stem the spread of diseases, including a hypothetical disease not known to date.

THE MEETING AT THE DAVOS FORUM

Disease X also entered the agenda of the World Economic Forum in Davos with a meeting coordinated by WHO Director General Tedros Adhanom Ghebreyesus. The event is dedicated to how to deal with a new disease.

GHEBREYESUS: “WE MUST HAVE AN EARLY WARNING SYSTEM”

“We have known the Zika virus, Ebola and we know what can happen – declared Ghebreyesus -, but we must have a plan for a future and unknown disease X, which we have been talking about for many years. Covid was the first disease happen again and we need to be able to anticipate and prepare for that.” For the WHO directorate it is necessary “to have an early warning system, to be able to quickly expand health systems and invest more in primary care”.

THE TARGET

Executive Director of the WHO Health Emergencies Programme, Michael Ryan, explained that shining a spotlight on viruses and pathogens to research and develop countermeasures is “essential for a rapid and effective response to epidemics and pandemics.” Talking about ‘disease.

RESEARCH AND PREVENTION

In general, experts’ efforts focus on the possible response against the hypothetical disease, in particular on vaccines that will have to be created and administered to rapidly counteract the emergency. The objective is therefore to provide a rapid and effective response especially in the event of a large-scale spread of the disease.

THE RISKS

It is therefore important to be prepared for such an eventuality. “Let’s put it this way – explains to Mail Online Kate Bingham, one of the experts who chaired the vaccine task force in the United Kingdom between May and December 2020 -, the 1918-1919 influenza pandemic killed at least 50 million people around the world , twice as many as were killed during World War I. Today, we might expect a similar death toll caused by one of the many viruses that already exist.”

“NOT ALL VIRUSES THREATEN HUMANS”

Bingham clarified that “not all pose a threat to humans, of course, but some do.” The professor then explained that scientists are currently aware of 25 virus families, each comprising up to thousands of individual viruses that all have the potential to evolve into a pandemic.

THE THREE KEY FACTORS

Explaining the possibility of an increased risk of pandemics, Bingham identified three key factors such as globalization, the overpopulation of cities and deforestation, which have created the “ideal conditions for viruses to pass from one species to another”.

VACCINE PROTOTYPES

Bingham stressed the importance of making a collection of “several vaccine prototypes (trials, like those injected into people against COVID19) for every family of threatening viruses” that we know of before the possible next pandemic begins. With this “advantage” vaccines could be designed to “target very specific characteristics of disease X.”

COSTS

For the expert it is necessary “to take the first steps to face the next pandemic right now and this means putting money on the table. Yet there is very little evidence that we are willing to spend anything remotely comparable to protect ourselves from real viruses”. The monetary cost of inaction, however, is “seismic: Covid, a virus probably milder than the eventual Disease , Bingham said.

THE LAB

But something is moving. A laboratory has been opened in the United Kingdom where possible vaccines will be studied both to combat the still unknown infection and viruses already known, but considered dangerous due to their epidemic potential.

THE SEARCH FOR THE ANTIDOTE

The challenge for British scientists is to be able to stop new viruses with an ad hoc antidote within one hundred days of identification. This is a global target set by the G7 in 2021 to deliver a vaccine against any new pandemic threat within this time window.

DISEASES WITH EPIDEMIC POTENTIAL

But what are the diseases that have epidemic potential? The WHO list of diseases posing the greatest risk to public health includes COVID19, Crimean Congo haemorrhagic fever, Ebola virus disease and Marburg virus disease, Lassa fever, Middle East respiratory syndrome coronavirus (MERS-CoV), and Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS), Nipah virus infection and diseases caused by henipavirus, Rift Valley fever, Zika virus infection and finally disease X.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

IN ITALIA ARIA PIU’ INQUINATA IN CASA CHE ALL’APERTO PER 6 MESI L’ANNO. LA RICERCA

16 Gennaio 2024 – 14:39

Milano maglia nera a livello mondiale. A rivelarlo è il primo progetto globale Air Quality Connected Data di Dyson che ha esaminato i dati relativi alla qualità dell’aria indoor provenienti da oltre 2,5 milioni di purificatori d’aria connessi

Dyson ha recentemente presentato i risultati del suo progetto globale Air Quality Connected Data, che ha analizzato le informazioni relative alla qualità dell’aria indoor raccolte da oltre 2,5 milioni di purificatori d’aria Dyson tra il 2022 e il 2023, per delineare un quadro dettagliato della qualità dell’aria nelle abitazioni in tutto il mondo. Tutti i Paesi esaminati (ad esclusione di quattro) hanno registrato livelli di PM2,5 indoor superiori a quelli outdoor per sei mesi o più, inclusa l’Italia dove i valori medi mensili interni di PM2,5 hanno superato quelli esterni per sette mesi nel 2022, la Cina, l’Australia, la Francia, l’Austria, il Canada e la Spagna, le cui abitazioni hanno sperimentato una qualità dell’aria peggiore rispetto a quella outdoor per ogni singolo mese dell’anno. Solo nelle case di India, Norvegia, Polonia e Finlandia i livelli di PM2,5 sono stati generalmente inferiori rispetto a quelli esterni, superandoli per meno di sei mesi nel corso del 2022.

Milano maglia nera

Dal punto di vista delle singole città, il confronto tra l’inquinamento da PM2,5 outdoor e indoor è stato particolarmente negativo a Milano, che ha registrato il peggiore risultato globale: i livelli medi annui di PM2,5 indoor nel 2022 sono stati di 2,63 volte superiori rispetto a quelli outdoor, una discrepanza maggiore rispetto a qualsiasi altra città studiata, con picchi nei mesi di dicembre (3,46) e gennaio (3,48), fino al record di 4,17 volte oltre i valori outdoor a marzo. Dopo Milano, altri record negativi sono stati quelli di Shenzhen (con livelli annui di PM2,5 indoor superiori del 97% rispetto all’outdoor), Amsterdam (76%), Seoul (53%), Madrid (50%), Melbourne (40%), Vienna (37%), Singapore (36%) e New York (35%). 21 città (su 35 esaminate) hanno registrato livelli medi annui di PM2,5 negli ambienti chiusi superiori rispetto a quelli all’aperto. Analizzando i dati mensili, sono otto le città che hanno registrato livelli di PM2,5 indoor superiori rispetto all’outdoor per ogni singolo mese dell’anno: Shenzhen, New York, Melbourne, Milano, Roma, Seoul, Vienna e Amsterdam.

La situazione nel mondo

Se si prendono in considerazione i dati provenienti dai purificatori connessi Dyson a livello globale e relativi a tutto il 2022, stilando una classifica dei Paesi in base al loro livello medio di PM2,5, i risultati sono sorprendenti. Mentre India e Cina occupano i primi due posti, probabilmente a causa della relazione tra la qualità dell’aria interna ed esterna, la Romania si è classificata al sesto posto, l’Italia all’ottavo, la Polonia al nono e l’Austria al decimo. Il Regno Unito (22°) ha superato gli Stati Uniti (26°), il Canada (27°) e l’Australia (28°), ma la Germania e la Francia si sono classificate ancora più in alto, rispettivamente al 17° e al 19° posto. I valori medi annui indoor hanno superato le linee guida annuali dell’OMS per il PM2,5 (5 µg/m3) in tutti i Paesi coinvolti nello studio: in India il valore è stato di 11 volte superiore a quello raccomandato, in Cina di 6 volte, in Turchia e negli Emirati Arabi Uniti di 4 volte e in Corea del Sud, Romania, Messico e Italia di 3 volte. L’Italia è tra i primi 10 Paesi (8° posto) per livello medio annuo di PM2,5, insieme a India, Cina, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Corea del Sud, Romania, Messico, Polonia e Austria; tutti mercati che nella classifica superano Paesi più “tipicamente” inquinati come Thailandia, Malesia, Filippine, Germania.

Valori medi annui di COV (Composti Organici Volatili o VOC Volatil Organic Compounds)

A differenza di quanto rilevato per il PM2,5, secondo i purificatori connessi Dyson sono i Paesi europei a registrare i livelli annui di COV (Composti Organici Volatili) più alti. I 10 Paesi con valori più elevati sono infatti Austria, Romania, Germania, Svizzera, Polonia, Turchia, India, Italia, Cina e Irlanda. Roma si colloca anche tra le 10 città più inquinate dai COV al mondo, insieme a Monaco, Pechino, Colonia, Berlino, Vienna, Delhi, Istanbul, Shanghai e Città del Messico. Vale la pena sottolineare che Dublino, Parigi e Milano (quest’ultima, in questo caso, con livelli inferiori alla media nazionale) hanno comunque superato in classifica megacittà come Tokyo e Seoul, oltre a tutte le città degli Stati Uniti e persino Londra.

L’impatto di meteo e orario

Nella maggior parte dei Paesi presi in esame da Dyson, i livelli di PM2,5 negli ambienti interni erano più elevati durante le ore serali e notturne, in coincidenza con il tempo che la maggior parte delle persone trascorre in casa, anziché al lavoro, a scuola o altrove. I dati suggeriscono quindi che questo lasso di tempo più lungo e con maggiore inquinamento potrebbe essere responsabile di una maggiore esposizione al PM2,5 nelle abitazioni. Le ore di picco a livello globale sono state tra le 18:00 e le 24:00 nella maggior parte delle aree geografiche, mentre in Italia le ore più inquinate sono quelle tra le 20:00 e le 24:00, in cui vengono superate le linee guida giornaliere dell’OMS sul PM2,5 (15 µg/m3) con un minimo di 15,43 e un massimo di 17,32 µg/m3. Tuttavia, guardando al lato positivo, l’Italia è tra le aree geografiche che hanno superato i livelli raccomandati per meno del 50% della giornata, insieme a Berlino, Austria, Israele, Polonia, Spagna (tutte le città, inclusa la media nazionale) e Romania. Analogamente a quanto accade per le diverse ore della giornata, anche le stagioni corrispondono a periodi in cui trascorriamo più o meno tempo al chiuso. Durante l’anno, fino al 90% del nostro tempo totale viene trascorso indoor, che sia a casa, al lavoro, o per svolgere attività di svago. I dati provenienti dai purificatori connessi Dyson hanno evidenziato che nel 2022 il periodo invernale è stato la stagione più inquinata a livello globale. Una delle ragioni dietro i livelli più elevati di PM2,5 all’interno quando il clima è più freddo è il fatto che si tendano a “sigillare” maggiormente le abitazioni, tenendo le finestre chiuse e possibilmente utilizzando fonti di riscaldamento a combustione, come il riscaldamento a gas, stufe a legna o anche l’accensione di candele.

Fonte: Sky TG 24

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IN ITALY THE AIR IS MORE POLLUTED IN HOMES THAN OUTDOORS FOR 6 MONTHS A YEAR. RESEARCH

Milan black jersey at world level. This was revealed by Dyson's first global Air Quality Connected Data project which examined indoor air quality data from over 2.5 million connected air purifiers

Dyson recently presented the results of its global Air Quality Connected Data project, which analyzed indoor air quality information collected from more than 2.5 million Dyson air purifiers between 2022 and 2023, to outline a detailed picture of air quality in homes around the world. All but four of the countries examined recorded indoor PM2.5 levels higher than outdoor ones for six months or more, including Italy - where average monthly indoor PM2.5 values ​​exceeded outdoor ones for seven months in 2022, China, Australia, France, Austria, Canada and Spain, whose homes experienced worse air quality than outdoors for every single month of the year. Only in homes in India, Norway, Poland and Finland were PM2.5 levels generally lower than outside, exceeding them for less than six months during 2022.

Milan black jersey

From the point of view of individual cities, the comparison between outdoor and indoor PM2.5 pollution was particularly negative in Milan, which recorded the worst overall result: the average annual indoor PM2.5 levels in 2022 were 2.63 times higher than those outdoors, a greater discrepancy than any other city studied, with peaks in the months of December (3.46) and January (3.48), up to the record of 4.17 times higher than the values outdoors in March. After Milan, other negative records were those of Shenzhen (with annual indoor PM2.5 levels 97% higher than outdoors), Amsterdam (76%), Seoul (53%), Madrid (50%), Melbourne (40%), Vienna (37%), Singapore (36%) and New York (35%). 21 cities (out of 35 examined) recorded average annual levels of PM2.5 indoors that were higher than outdoors. Analyzing the monthly data, there are eight cities that recorded indoor PM2.5 levels higher than outdoors for every single month of the year: Shenzhen, New York, Melbourne, Milan, Rome, Seoul, Vienna and Amsterdam.

World situation

If you take into consideration the data from Dyson connected purifiers globally for the whole of 2022, ranking countries based on their average PM2.5 level, the results are surprising. While India and China occupy the top two places, probably due to the relationship between indoor and outdoor air quality, Romania ranked sixth, Italy eighth, Poland ninth and Austria tenth. The UK (22nd) overtook the US (26th), Canada (27th) and Australia (28th), but Germany and France ranked even higher, at 17th respectively and in 19th place. The average annual indoor values ​​exceeded the annual WHO guidelines for PM2.5 (5 µg/m3) in all countries involved in the study: in India the value was 11 times higher than the recommended one, in China by 6 times, in Turkey and the United Arab Emirates by 4 times and in South Korea, Romania, Mexico and Italy by 3 times. Italy is among the top 10 countries (8th place) for average annual level of PM2.5, together with India, China, Turkey, United Arab Emirates, South Korea, Romania, Mexico, Poland and Austria; all markets that in the ranking surpass more "typically" polluted countries such as Thailand, Malaysia, the Philippines and Germany.

Average annual values ​​of VOC (Volatile Organic Compounds or VOC Volatil Organic Compounds)

Unlike what was found for PM2.5, according to Dyson connected purifiers, European countries record the highest annual levels of VOCs (Volatile Organic Compounds). The 10 countries with the highest values ​​are in fact Austria, Romania, Germany, Switzerland, Poland, Turkey, India, Italy, China and Ireland. Rome also ranks among the 10 most polluted cities by VOCs in the world, together with Munich, Beijing, Cologne, Berlin, Vienna, Delhi, Istanbul, Shanghai and Mexico City. It's worth highlighting that Dublin, Paris and Milan (the latter, in this case, with levels lower than the national average) still outranked megacities such as Tokyo and Seoul, as well as all US cities and even London.

The impact of weather and time

In most countries surveyed by Dyson, indoor PM2.5 levels were highest during the evening and night hours, coinciding with the time most people spend at home, rather than at work, at school or elsewhere. The data therefore suggests that this longer, more polluted time frame could be responsible for greater exposure to PM2.5 in homes. The peak hours globally were between 6:00 PM and midnight in most geographical areas, while in Italy the most polluted hours are those between 8:00 pm and midnight, in which they are exceeded the WHO daily guidelines on PM2.5 (15 µg/m3) with a minimum of 15.43 and a maximum of 17.32 µg/m3. However, looking on the bright side, Italy is among the geographical areas that exceeded the recommended levels for less than 50% of the day, together with Berlin, Austria, Israel, Poland, Spain (all cities, including the national average) and Romania. Similarly to what happens with the different hours of the day, the seasons also correspond to periods in which we spend more or less time indoors. During the year, up to 90% of our total time is spent indoors, whether at home, at work, or carrying out leisure activities. Data from Dyson connected purifiers highlighted that in 2022 the winter period was the most polluted season globally. One of the reasons behind the higher levels of PM2.5 indoors in colder weather is the fact that we tend to “seal” homes more, keeping windows closed and possibly using combustion heating sources, such as gas heating, wood stoves or even the lighting of candles.

Source: SkyTG24



https://tg24.sky.it/ambiente/2024/01/16/inquinamento-italia-qualita-aria

Aria malsana nel Lazio: cittadini sempre più insofferenti. Cresce interesse verso azione collettiva Consulcesi

Il 2024 inizia con un boom di interesse verso l’azione collettiva di Consulcesi: +14% nell’ultimo mese. Tortorella: “Blocco auto e ‘stare a casa’ non sono soluzioni. Cittadini stanchi chiedono azioni più concrete”

https://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=119531


17 GENNAIO 2024 

Aumenta l’inquinamento e di pari passo il malessere dei cittadini laziali. Nella regione l’azione collettiva targata Consulcesi registra un aumento del +14%, passando da circa 20mila ad oltre 23.300 solo negli ultimi 30 giorni, tra dicembre 2023 e le prime due settimane del nuovo anno. La mobilitazione diventa un grido pressante per il riconoscimento del diritto fondamentale a respirare aria salubre, con un numero sempre maggiore di cittadini che manifestano interesse per l’iniziativa collettiva Aria Pulita.

“Sarà per la stanchezza di fronte ai bollettini sempre più critici delle centraline di monitoraggio, per le restrizioni del traffico che complicano una mobilitazione già difficile, o per le crescenti evidenze sugli impatti devastanti sulla salute fisica e mentale, ma dal Lazio arriva un segnale chiaro: la popolazione è preoccupata e chiede azioni più incisive per migliorare la qualità dell’aria”, commenta Massimo Tortorella, Presidente Consulcesi.

“Che quanto è stato fatto finora per salvaguardare la salute dei cittadini non sia abbastanza è purtroppo cosa certa ormai, – aggiunge Tortorella – lo confermano i dati sulla riduzione degli inquinanti e lo ribadisce ancora una volta la Commissione Europea, tornata ad esprimersi sugli sforamenti dei limiti nella Valle del Sacco, registrati in questi giorni”.

La popolazione della zona, infatti, da anni respira aria malsana, ha più volte accertato e condannato la stessa Commissione, che recentemente si è detta preoccupata per i nuovi sforamenti di polveri sottili registrati nella Valle, con concentrazioni pari a 133 microgrammi per metro cubo, contro una soglia massima di 10 µg/m³.

Non solo la Valle del Sacco però, è soffocata dall’inquinamento. Secondo gli ultimi dati Legambiente contenuti nei due report 2023 “Mal’Aria di Città” ed “Ecosistema Urbano”, Frosinone con i suoi 17 microgrammi/m3 di PM2.5 si classifica tra le città con una qualità dell’aria considerata “insufficiente”, mostrandosi in miglioramento negli ultimi dieci anni, ma ben lontana dalla riduzione del 41% necessaria per rientrare nei nuovi limiti UE, da raggiungere quanto prima e non oltre il 2030.

Male, anzi malissimo, la situazione di Roma se si guarda al biossido di azoto (NO2). Per questo inquinante, la città mostra un tasso medio annuo di decrescita pari al -6%, mentre con una concentrazione media annua pari a 33 microgrammi/metro cubo, deve puntare a una riduzione del 39% entro il 2030. All’attuale trend di riduzione, la Capitale impiegherebbe 11 anni, circa il doppio del tempo dettato in sede UE.

Come concludono anche le analisi di Legambiente, i miglioramenti ci sono ma sono troppo piccoli: di questo passo raggiungere i nuovi obiettivi fissati dall’Unione Europea per i livelli di inquinanti atmosferici entro il 2030 risulta irrealizzabile per le città italiane, molto di più si può e si deve fare.

Il Lazio è tra le regioni italiane che ospita più cittadini candidabili all’azione collettiva Aria Pulita. Sono infatti oltre cinque milioni e mezzo i laziali eleggibili per l’iniziativa legale tra i 3.384 comuni e città italiane individuate dal team di Consulcesi tra quelli per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (PM10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre 110 i comuni laziali in cui la popolazione è stata costretta a respirare aria cattiva e potenzialmente dannosa per la loro salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento alla Stato, aderendo all’azione collettiva Aria Pulita di Consulcesi.

Per partecipare all’azione collettiva, è sufficiente dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per informazioni su come aderire, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria Pulitawww.aria-pulita.it.

17 Gennaio 2024

Fonte: Quotidiano Sanità

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Unhealthy air in Lazio: increasingly impatient citizens. Interest is growing in Consulcesi collective action

2024 begins with a boom in interest in Consulcesi's collective action: +14% in the last month. Tortorella: “Car lock and 'staying at home' are not solutions. Tired citizens ask for more concrete actions".

Pollution increases and at the same time the discomfort of Lazio citizens. In the region, the collective action by Consulcesi recorded an increase of +14%, going from around 20 thousand to over 23,300 in the last 30 days alone, between December 2023 and the first two weeks of the new year. The mobilization becomes a pressing cry for the recognition of the fundamental right to breathe healthy air, with an ever-increasing number of citizens showing interest in the collective initiative Aria Pulita.

"It may be due to tiredness in the face of increasingly critical bulletins from monitoring stations, due to traffic restrictions that complicate an already difficult mobilisation, or due to the growing evidence on the devastating impacts on physical and mental health, but a clear signal is coming from Lazio region: the population is worried and asks for more incisive actions to improve air quality", comments Massimo Tortorella, President of Consulcesi.

“Unfortunately, it is now certain that what has been done so far to safeguard the health of citizens is not enough,” adds Tortorella. limits in the Sacco Valley, recorded in recent days".

The population of the area, in fact, has been breathing unhealthy air for years, as the Commission itself has repeatedly ascertained and condemned, which recently said it was concerned about the new exceedances of fine particles recorded in the Valley, with concentrations equal to 133 micrograms per cubic meter, against a maximum threshold of 10 µg/m³.

However, not only the Sacco Valley is suffocated by pollution. According to the latest Legambiente data contained in the two 2023 reports "Mal'Aria di Città" and "Ecosistema Urbano", Frosinone with its 17 micrograms/m3 of PM2.5 ranks among the cities with an air quality considered "insufficient", showing improvement over the last ten years, but far from the 41% reduction needed to fall within the new EU limits, to be achieved as soon as possible and no later than 2030 (in line with Agenda 2030 objectives).

The situation in Rome is bad, or rather very bad, if you look at nitrogen dioxide (NO2). For this pollutant, the city shows an average annual rate of decrease of -6%, while with an average annual concentration of 33 micrograms/cubic meter, it must aim for a reduction of 39% by 2030. At the current trend of reduction, the Capital would take 11 years, approximately double the time dictated by the EU.

As Legambiente's analyzes also conclude, there are improvements but they are too small: at this rate, reaching the new objectives set by the European Union for the levels of air pollutants by 2030 is unachievable for Italian cities, much more is possible and it must be done.

Lazio is among the Italian regions that hosts the most citizens eligible for the collective action Aria Pulita. In fact, over five and a half million people from Lazio are eligible for the legal initiative among the 3,384 municipalities and Italian cities identified by the Consulcesi team among those for which the European Court of Justice has fined Italy for violating the threshold values ​​of fine particles (PM10) and nitrogen dioxide (NO2). In total there are over 110 municipalities in Lazio where the population has been forced to breathe bad air that is potentially harmful to their health and which, for this reason, can request compensation from the State by joining the collective action Aria Pulita of Consulcesi.

To participate in the collective action, it is sufficient to demonstrate, through a historical certificate of residence, that you have resided between 2008 and 2018 in one or more of the territories involved. For information on how to join, Consulcesi makes the Aria Pulita website available: www.aria-pulita.it

Source: Quotidiano Sanità


Da smog a salute mentale, i nemici 3.0 del cuore e come difendersi

18 Gennaio 2024 | 13.19 Redazione Adnkronos

Un’ampia review coordinata dal Gemelli Roma: “Il 15% degli infartuati non presenta fattori di rischio noti”

Lo smog in una città

I nemici del cuore e delle coronarie sono tanti e vanno ben al di là di quelli tradizionali, i cosiddetti fattori di rischio modificabili o ‘Smurfs’ (colesterolo, diabete, ipertensione, fumo). Se di certo i ‘grandi classici’ non sono da trascurare, va considerato che almeno il 15% degli infartuati non presenta alcun fattore di rischio noto. E’ dunque necessario allargare la visuale e far luce sui nuovi pericoli dai quali proteggersi. E’ quanto ha cercato di fare una review pubblicata sull”European Heart Journal’, coordinata da ricercatori di Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs-Università Cattolica di Roma, in collaborazione con prestigiosi esperti americani (Deepak Bhatt del Mount Sinai di New York e Sanjay Rajagopalan della Case Western Reserve University di Cleveland).

I risultati dello studio

Lo studio riassume i principali ‘nuovi’ rischi per il cuore nel nome-ombrello di ‘esposoma’. Tra le ‘new entry’ vanno considerati l’inquinamento (dell’aria, del suolo, dell’acqua, esposizione a sostanze chimiche), fattori socio-economici e psicologici (stress, depressione, isolamento sociale), ma anche malattie infettive come l’influenza e il Covid-19, con le quali facciamo pesantemente i conti ogni inverno.

“Sebbene negli anni i trattamenti contro i fattori di rischio tradizionali siano diventati sempre più efficaci e abbiano contribuito non poco a ridurre incidenza e conseguenze della cardiopatia ischemica – sottolinea Rocco Montone, cardiologo presso la UOC Cardiologia intensiva del Gemelli – questa resta la principale causa di morte nel mondo. Per questo l’attenzione si sta allargando dai fattori di rischio tradizionale a tutto ciò che ci circonda, al mondo del quale siamo immersi, fatto di inquinamento, virus, problemi economici e psicologici che, a loro volta, possono contribuire in maniera sostanziale a determinare e perpetuare il problema ‘cardiopatia ischemica’”.

“Questi fattori di rischio – prosegue Montone – interagiscono in modo imprevedibile, spesso potenziandosi tra loro. Ecco perché è necessario considerarli nella loro totalità, includendoli in questo nuovo paradigma dell’esposoma. La nostra review fa dunque il punto su come l’esposizione a lungo termine all’esposoma possa contribuire alla comparsa di cardiopatia ischemica e suggerisce quali potenziali strategie di mitigazione del rischio andrebbero messe in atto”.

Il ruolo dell’inquinamento

Primo fattore analizzato dagli esperti: l’inquinamento ambientale. L’inquinamento atmosferico (soprattutto da Pm2.5 o particolato fine) da solo può ridurre l’aspettativa di vita di 2,9 anni (il fumo di tabacco la riduce di 2,2 anni). Lo studio Global Burden of Disease (Gbd) ha stimato che nel 2019 fossero direttamente riconducibili all’inquinamento nel mondo 7 milioni di decessi (4,1 da inquinamento ambientale e 2,3 da inquinamento domestico). “Questi decessi da inquinamento – spiega Montone – sono causati soprattutto da malattie cardiovascolari (arresto cardiaco, scompenso, aritmie, ictus ischemico e soprattutto infarti) e agiscono su vari meccanismi. L’esposizione all’aria inquinata ad esempio ‘ossida’ il colesterolo cattivo (Ldl), rendendolo più pericoloso, e altera la funzionalità del colesterolo ‘buono’ (Hdl), rendendo così meno efficaci anche le statine. L’esposizione acuta a Pm2.5 proveniente dagli scappamenti dei veicoli diesel può determinare un rialzo improvviso della pressione. Gli inquinanti atmosferici inoltre possono alterare la sensibilità all’insulina e promuovere la comparsa di diabete, attraverso stress ossidativo e infiammazione cronica; secondo il Gbd, fino al 22% dei casi di diabete di tipo 2 potrebbero essere imputati all’inquinamento”.

Pesa anche lo stress sociale

Altri problemi vengono dall’inquinamento acustico, da quello luminoso e dallo stress sociale, che alterando gli ormoni dello stress e i ritmi circadiani (con la deprivazione o frammentazione del sonno) possono peggiorare lo stress ossidativo e la risposta infiammatoria, portando a disfunzione endoteliale, ad una maggior aggregabilità delle piastrine e promuovendo così la comparsa di cardiopatia ischemica.

L’inquinamento del suolo infine, come quello da metalli pesanti (cadmio, piombo e arsenico), pesticidi o particelle di plastica, può contaminare l’acqua e il cibo che mangiamo, contribuendo anch’esso alla comparsa di eventi cardiaci avversi. Anche i cambiamenti climatici, che sono strettamente correlati all’inquinamento, hanno un impatto importante sulla salute del cuore. “Le ondate di caldo – ricorda Montone – sono sempre più frequenti; una prolungata esposizione al caldo è stata di recente correlata ad aumentato rischio di mortalità cardiovascolare”.

Cuore e cervello legati a doppio filo

Da non sottovalutare poi la salute mentale, legata a doppio filo a quella del cuore. Stress cronico, depressione, isolamento sociale e solitudine possono dare un importante contributo alle malattie cardiovascolari. Lo stress determina una iper-attivazione del sistema nervoso simpatico che può portare a ipertensione arteriosa, mentre l’aumentata produzione di cortisolo dai surreni può promuovere insulino-resistenza e favorire la comparsa di obesità viscerale.

Lo stress infine si associa spesso ad alterate abitudini di vita (dieta poco sana, sedentarietà, fumo) che potenziano i fattori di rischio cardio-vascolari tradizionali. C’è poi il capitolo malattie infettive. Molte infezioni respiratorie come l’influenza e il Covid-19, ma anche le parodontiti e le infezioni da Helicobacter pylori e Chlamydia, sono correlate ad un aumento rischio cardiovascolare; aumentano l’infiammazione sistemica, lo stress ossidativo, l’attivazione piastrinica e possono danneggiare direttamente le cellule del cuore (miociti), evidenzia lo studio.

“Trattare l’esposoma per proteggere il cuore – osservano gli esperti – di certo non è facile come assumere pillola contro il colesterolo o la pressione. E se la responsabilità individuale ha comunque uno spazio importante, sono necessarie anche azioni di politica ambientale e di mitigazione più alte. E’ importante tuttavia essere consapevoli dei rischi e contribuire, ognuno per la nostra parte, alla riduzione di questi fattori di rischio che impattano non solo sul singolo ma su tutta la collettività”.

“Sul fronte dell’inquinamento ambientale – suggerisce Montone – sarebbe opportuno velocizzare la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, mettere in atto politiche per la riduzione del traffico nei centri cittadini e promuovere i trasporti con veicoli a basse o a zero emissioni. Importante anche ripensare le città, evitando la commistione di aree industriali e residenziali.

Se l’esercizio fisico all’aperto è sempre raccomandabile, è importante che venga fatto in aree verdi, lontane dal traffico. Nelle giornate a maggior tasso di inquinamento, potrebbe essere opportuno indossare una mascherina quando si esce o restare in casa con le finestre chiuse, usando dei purificatori d’aria. L’inquinamento acustico si riduce adottando tecnologie per ridurre il rumore dei trasporti, regolamentando il traffico, incoraggiando l’uso di veicoli elettrici, disegnando edifici a prova di rumore, creando aree verdi che fanno da ‘tampone’ naturale dei rumori. L’inquinamento luminoso si combattere a livello pubblico e personale; oltre a ricordarci di spegnere le luci, per favorire l’igiene del sonno, è bene ricordarsi di serrare le tapparelle o di indossare una mascherina sugli occhi”. A livello internazionale sta crescendo il movimento di sensibilizzazione al problema che celebrerà la settimana internazionale ‘DarkSky’, dal 2 all’8 aprile.

L’importanza dell’alimentazione

Anche a tavola bisogna ricordarsi di adottare una dieta da fonti sostenibili, come la dieta mediterranea; ridurre il consumo di carne rossa fa bene alla salute personale e a quella dell’ambiente. Mentre “sul fronte della protezione dalle malattie infettive che mettono a rischio il cuore”, per Montone “è importante insistere nelle campagne vaccinali autunnali contro influenza e Covid-19, promuovere misure l’igiene delle mani, la sanificazione delle superfici e degli ambienti, indossare una mascherina facciale nei luoghi chiusi e affollati”.

“Sebbene la consapevolezza sociale del problema sia in aumento e le principali linee guida cardiovascolari stiano ora prendendo in considerazione l’importanza di ridurre l’esposizione a questi nuovi fattori di rischio cardiovascolare – commenta Filippo Crea, Editor-in-Chief dell’European Heart Journal, direttore del Centro di eccellenza di Scienze cardiovascolari ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola, già ordinario di Cardiologia all’Università Cattolica – c’è ancora molta strada da fare per implementare strategie preventive e di gestione. In questo contesto, gli operatori sanitari e le organizzazioni pubbliche in generale dovrebbero essere consapevoli della necessità di affrontare questo cambio di paradigma”.

“Infine – conclude Crea – sarà fondamentale promuovere ulteriori ricerche per studiare il modo in cui questi fattori di rischio emergenti, da soli e in combinazione, influiscono sull’integrità del sistema cardiovascolare. E’ importante iniziare a esplorare in profondità il ‘lato nascosto della luna’ in quanto, come dimostrato in un recente lavoro epidemiologico pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’, i fattori di rischio noti (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia e fumo) spiegano solo metà delle malattie cardiovascolari”.

Fonte: Adnkronos

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From smog to mental health, the 3.0 enemies of the heart and how to defend yourself

An extensive review coordinated by Gemelli Rome: "15% of heart attack patients have no known risk factors"

The enemies of the heart and coronary arteries are many and go far beyond the traditional ones, the so-called modifiable risk factors or 'Smurfs' (cholesterol, diabetes, hypertension, smoking). While the 'great classics' are certainly not to be overlooked, it should be considered that at least 15% of heart attack victims do not present any known risk factor. It is therefore necessary to broaden the view and shed light on the new dangers from which to protect ourselves. This is what a review published in the 'European Heart Journal', coordinated by researchers from Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs-Catholic University of Rome, attempted to do, in collaboration with prestigious American experts (Deepak Bhatt of Mount Sinai in New York and Sanjay Rajagopalan of Case Western Reserve University in Cleveland).

The results of the study

The study summarizes the main 'new' risks for the heart under the umbrella name of 'exposome'. Among the 'new entries' we must consider pollution (of air, soil, water, exposure to chemical substances), socio-economic and psychological factors (stress, depression, social isolation), but also infectious diseases such as flu and Covid-19, which we deal with heavily every winter.

"Although over the years the treatments against traditional risk factors have become increasingly effective and have contributed significantly to reducing the incidence and consequences of ischemic heart disease - underlines Rocco Montone, cardiologist at the Gemelli Intensive Cardiology Unit - this remains the main cause of death in the world. For this reason, attention is broadening from traditional risk factors to everything that surrounds us, to the world in which we are immersed, made up of pollution, viruses, economic and psychological problems which, in turn, can contribute in substantial way to determine and perpetuate the problem of 'ischemic heart disease'".

"These risk factors - continues Montone - interact in an unpredictable way, often enhancing each other. This is why it is necessary to consider them in their entirety, including them in this new paradigm of the exposome. Our review therefore takes stock of how exposure to long-term exposure to the exposome may contribute to the onset of ischemic heart disease and suggests which potential risk mitigation strategies should be implemented".

The role of pollution

First factor analyzed by experts: environmental pollution. Air pollution (especially PM2.5 or fine particulate matter) alone can reduce life expectancy by 2.9 years (tobacco smoking reduces it by 2.2 years). The Global Burden of Disease (GBD) study estimated that in 2019, 7 million deaths in the world were directly attributable to pollution (4.1 from environmental pollution and 2.3 from domestic pollution). "These deaths from pollution - explains Montone - are caused above all by cardiovascular diseases (cardiac arrest, heart failure, arrhythmias, ischemic strokes and above all heart attacks) and act on various mechanisms. Exposure to polluted air, for example, 'oxidizes' bad cholesterol (LDL), making it more dangerous, and alters the functionality of 'good' cholesterol (HDL), thus making even statins less effective. Acute exposure to PM2.5 coming from diesel vehicle exhausts can cause a sudden rise in blood pressure Atmospheric pollutants can also alter insulin sensitivity and promote the onset of diabetes, through oxidative stress and chronic inflammation; according to the Gbd, up to 22% of cases of type 2 diabetes could be attributed to pollution".

Social stress also weighs heavily

Other problems come from noise pollution, light pollution and social stress, which by altering stress hormones and circadian rhythms (with sleep deprivation or fragmentation) can worsen oxidative stress and the inflammatory response, leading to endothelial dysfunction, greater aggregability of platelets and thus promoting the appearance of ischemic heart disease.

Finally, soil pollution, such as that from heavy metals (cadmium, lead and arsenic), pesticides or plastic particles, can contaminate the water and food we eat, also contributing to the onset of adverse cardiac events. Climate change, which is closely related to pollution, also has a major impact on heart health. "Heat waves - recalls Montone - are increasingly frequent; prolonged exposure to heat has recently been correlated with an increased risk of cardiovascular mortality".

Heart and brain closely linked

Mental health should not be underestimated, as it is closely linked to that of the heart. Chronic stress, depression, social isolation and loneliness can be major contributors to cardiovascular disease. Stress causes hyper-activation of the sympathetic nervous system which can lead to arterial hypertension, while the increased production of cortisol from the adrenals can promote insulin resistance and favor the onset of visceral obesity.

Finally, stress is often associated with altered lifestyle habits (unhealthy diet, sedentary lifestyle, smoking) which enhance traditional cardiovascular risk factors. Then there is the chapter on infectious diseases. Many respiratory infections such as influenza and Covid-19, but also periodontitis and Helicobacter pylori and Chlamydia infections, are related to an increased cardiovascular risk; they increase systemic inflammation, oxidative stress, platelet activation and can directly damage heart cells (myocytes), the study highlights.

"Treating the exposome to protect the heart - the experts observe - is certainly not as easy as taking pills against cholesterol or blood pressure. And if individual responsibility still has an important place, environmental policy and mitigation actions are also necessary higher. However, it is important to be aware of the risks and contribute, each of us for our part, to the reduction of these risk factors which impact not only on the individual but on the entire community".

"On the environmental pollution front - suggests Montone - it would be appropriate to speed up the transition from fossil fuels to renewable energy, implement policies to reduce traffic in city centers and promote transport with low or zero emission vehicles. It is also important to rethink cities, avoiding the mixing of industrial and residential areas.

While outdoor physical exercise is always recommended, it is important that it is done in green areas, away from traffic. On days with higher levels of pollution, it may be appropriate to wear a mask when going out or stay indoors with the windows closed, using air purifiers. Noise pollution is reduced by adopting technologies to reduce transport noise, regulating traffic, encouraging the use of electric vehicles, designing noise-proof buildings, creating green areas that act as a natural 'buffer' against noise. Light pollution must be fought on a public and personal level; in addition to reminding us to turn off the lights, to promote sleep hygiene, it is good to remember to close the shutters or wear an eye mask". At an international level, the movement to raise awareness of the problem is growing and will celebrate the international 'DarkSky' week ', from 2 to 8 April.

The importance of nutrition

Even at the table we must remember to adopt a diet from sustainable sources, such as the Mediterranean diet; Reducing the consumption of red meat is good for personal health and that of the environment. While "on the front of protection from infectious diseases that put the heart at risk", for Montone "it is important to insist on autumn vaccination campaigns against influenza and Covid-19, promote hand hygiene measures, the sanitisation of surfaces and environments, wear a face mask in closed and crowded places".

"Although social awareness of the problem is increasing and major cardiovascular guidelines are now taking into consideration the importance of reducing exposure to these new cardiovascular risk factors - comments Filippo Crea, Editor-in-Chief of the European Heart Journal, director of the Center of Excellence for Cardiovascular Sciences at the Isola Tiberina-Gemelli Isola hospital, former full professor of Cardiology at the Catholic University - there is still a long way to go to implement preventive and management strategies. In this context, health workers and public organizations in general should be aware of the need to address this paradigm shift."

"Finally - concludes Crea - it will be essential to promote further research to study the way in which these emerging risk factors, alone and in combination, influence the integrity of the cardiovascular system. It is important to begin to explore in depth the 'hidden side of moon' because, as demonstrated in a recent epidemiological work published in the 'New England Journal of Medicine', the known risk factors (hypertension, diabetes, hypercholesterolemia and smoking) explain only half of cardiovascular diseases".

Source: Adnkronos

Altro che deumidificatore, per purificare l’aria in casa ti basterà mettere questa pianta: è ‘magica’

15 Gennaio 2024 di Manuela La Martire

Una pianta con grandi effetti purificanti: ecco cosa devi avere in casa a tutti i costi per un’aria più respirabile.

Non servirà più acquistare un deumidificatore o un purificatore per respirare un’aria migliore nella propria abitazione. Basterà una piantina, anche molto bella esteticamente, che ti aiuterà a vivere meglio in casa. Ecco qual è.

https://ascoli.cityrumors.it/lifestyle/altro-che-deumidificatore-per-purificare-laria-in-casa-ti-bastera-mettere-questa-pianta-e-magica.html

Si tratta di una pianta che non occupa molto spazio, si adatta ad un vaso piccolo, ma può crescere in lunghezza a dismisura. Ecco perché è meglio posizionarla in un punto alto, per permetterle di crescere senza ostacoli. E’ da sempre utilizzata come pianta ornamentale, ma negli ultimi anni sempre più persone stanno apprezzando le sue proprietà.

Stiamo parlando del Pothos, chiamato anche “Ivy del Diavolo”, è capace anche di assorbire sostanze tossiche tra cui il benzene (C6H6) e la formaldeide (CH2O). Si adatta a qualsiasi condizione di luce, qualsiasi luogo ed è anche facile da accudire.

E’ anche un ottimo alleato per coloro che soffrono di allergie respiratorie, soprattutto perché mantiene bassi i livelli di umidità nell’aria. Permette anche di creare un ambiente rilassante e confortevole, riportando al contatto con la natura. Ma come ci si prende cura di questa pianta?

Come prendersi cura di un Pothos

Prendersi cura di questa pianta è davvero semplice, anche per coloro che non hanno il pollice verde. Bisogna solo rispettare alcuni piccoli accorgimenti per permettere al tuo Pothos di crescere rigoglioso e aiutarti nella quotidianità.

Il Pothos o “Ivi del Diavolo” è la pianta che sarà tua complice in casa – Ascoli.CityRumors.it

E’ importante posizionare il Pothos in un punto illuminato ma da luce indiretta, come un ripiano esposto a nord, perché la luce solare diretta potrebbe bruciare le sue foglie. Inoltre, prima di poter procedere con una nuova irrigazione con acqua a temperatura ambiente, è fondamentale aspettare che il terreno si sia completamente asciugato.

E’ essenziale anche procedere con una potatura regolare, che permette alla piantina di sviluppare nuove foglie, oltre a mantenere una dimensione contenuta. Non necessita di concimi particolari, anche se si può fertilizzare il Pothos con un concime liquido bilanciato in primavera ed estate. In inverno non è necessario, perché cresce più lentamente. E’ importante a questo punto controllare la piantina dall’eventuale infestazione da acari o cocciniglie.

Accogliere un Pothos nella tua abitazione non solo ti permetterà di avere una casa decorata in modo naturale ed accogliente, ma ti permetterà di dire addio agli elettrodomestici che controllano la qualità dell’aria, a prescindere se tu sia pratico con le piante o un neofita. Prova per credere, il tuo organismo ti ringrazierà.

Fonte: Ascoli Cityrumors

Other than a dehumidifier, to purify the air in your home you just need to place this plant: it's 'magic'

A plant with great purifying effects: here's what you must have in your home at all costs for more breathable air.

You will no longer need to buy a dehumidifier or purifier to breathe better air in your home. A plan will be enough, even a very aesthetically beautiful one, which will help you live better at home. Here's what it is.

It is a plant that does not take up much space, it fits in a small pot, but can grow enormously in length. This is why it is better to place it in a high point, to allow it to grow without obstacles. It has always been used as an ornamental plant, but in recent years more and more people are appreciating its properties.

We are talking about the Pothos, also called "Devil's Ivy", it is also capable of absorbing toxic substances including benzene (C6H6) and formaldehyde (CH2O). It adapts to any light condition, any location and is also easy to look after.

It's also an excellent ally for those who suffer from respiratory allergies, especially because it keeps humidity levels in the air low. It also allows you to create a relaxing and comfortable environment, bringing you back into contact with nature. But how do you take care of this plant?

How to Care for a Pothos

Taking care of this plant is really simple, even for those who don't have a green thumb. You just need to respect a few small precautions to allow your Pothos to grow lush and help you in everyday life.

It's important to place the Pothos in a spot that is illuminated but provides indirect light, such as a shelf facing north, because direct sunlight could burn its leaves. Furthermore, before proceeding with a new irrigation with water at room temperature, it is essential to wait until the soil has completely dried.

It's also essential to proceed with regular pruning, which allows the plant to develop new leaves, as well as maintaining a contained size. It does not require special fertilizers, although Pothos can be fertilized with a balanced liquid fertilizer in spring and summer. In winter it is not necessary, because it grows more slowly. At this point it is important to check the seedling for any infestation by mites or scale insects.

Welcoming a Pothos into your home will not only allow you to have a home decorated in a natural and welcoming way, but will allow you to say goodbye to appliances that control the quality of the air, regardless of whether you are familiar with plants or a novice. Try it for yourself, your body will thank you.

Source: Ascoli Cityrumors

Tieni queste piante in casa per purificare l’aria: ecco quali coltivare

https://www.travelglobe.it/tieni-queste-piante-in-casa-per-purificare-laria-ecco-quali-coltivare/

18/01/2024 di Vincenzo Galletta

Il ruolo delle nostre amate piante, anche quelle non da appartamento come gli alberi, oltre a quelle da tenere in casa è conosciuto da svariati secoli, in quanto è essenziale per trasformare l’anidride carbonica in ossigeno puro da respirare e più in grande questo importante ruolo è divenuto sempre più importante anche nella sensibilità corale. Ma anche nel nostro “piccolo” alcune piante risultano essere particolarmente importanti da avere in casa, e per purificare l’aria.

Non tutte infatti sono dotate delle medesime capacità di purificazione dell’aria, e diversi esperti botanici ne hanno evidenziate alcune in particolare.

E non si tratta di una forma di “vezzo” o quant’altro ma una questione che viene anche utilizzata nella sua conoscenza ad esempio per coloro che per condizioni lavorative sono costretti a lavorare lontano dal verde.

Quali sono le piante più efficaci per purificare l’aria infatti è qualcosa di assolutamente utile da capire: addirittura alcuni studi della NASA hanno selezionato alcune tipologie di verde da selezionare per le stazioni spaziali e per la vita nello spazio dove ovviamente si è lontani dal pianeta.

Quasi sempre anche le piante da appartamento che possono anche replicate sia con la semina ma anche con la tecnica della talea hanno enormi capacità di “purificazione” dell’aria a partire dalla tradizionale felce, che riesce a “ripulire” l’ossigeno da tracce di componenti sintetici come formaldeide e xilene. In questo senso la felce, che esiste in centinaia di tipologie maggiormente presenta foglie grandi e più riesce a regolarizzare l’umidità del luogo dove si trova.

Anche la tradizionale Dracena, conosciuta anche volgarmente come il tronchetto della felicità può rivelarsi eccellente per capacità anche in spazi ampi come possono esere quelli di un salotto, di trasformare l’anidride carbonica in ossigeno ed anche fornire la capacità di eliminare il tricloroetilene che viene utilizzato per la pulizia, nei solventi, della casa specie per i metalli.

In tal senso anche il tradizionale ficus ha un ruolo importante, in quanto può essere impiegato per elimianare oltre il già menzionato tricloroetilene  anche il benzene, considerato un elemento da tempo potenzialmente cancerogeno.

Molto interessante anche la capacità di “purificazione” dell’aria della lingua di suocera, nome comune della pianta conosciuta in realtà come Dracaena trifasciata, dalle caratteristiche foglie che vanno verso l’alto: è in grado di eliminare facilmente le tipiche sostanze artificiali contenute nelle varie profumazioni ed è perfetta anche da mantenere in bagno visto che non ha bisogno di tantissima luce ma soprattutto di umidità.

Fonte: Travelglobe

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Keep these plants at home to purify the air: here's which ones to grow

The role of our beloved plants, even non-indoor plants such as trees, as well as those to be kept indoors, has been known for several centuries, as it is essential for transforming carbon dioxide into pure oxygen to breathe and, more importantly, this important role has also become increasingly important in choral sensitivity. But even in our "small" world, some plants are particularly important to have at home, and to purify the air.

In fact, not all of them have the same air purification capabilities, and several botanical experts have highlighted some of them in particular.

And it is not a form of "habit" or anything else but an issue that is also used in its knowledge, for example for those who, due to working conditions, are forced to work away from the greenery.

In fact, which plants are the most effective for purifying the air is something absolutely useful to understand: some NASA studies have even selected some types of greenery to select for space stations and for life in space where obviously we are far from the planet .

Almost always even house plants which can also be replicated both with sowing but also with the cutting technique have enormous "purification" capabilities of the air starting from the traditional fern, which manages to "clean" the oxygen from traces of synthetic components such as formaldehyde and xylene. In this sense, the fern, which exists in hundreds of types, has larger leaves and is more able to regulate the humidity of the place where it is found.

Even the traditional Dracena, also commonly known as the log of happiness, can prove to be excellent for its ability even in large spaces such as those of a living room, to transform carbon dioxide into oxygen and also provide the ability to eliminate the trichlorethylene which is used for cleaning the house, in solvents, especially for metals.

In this sense, the traditional ficus also has an important role, as it can be used to eliminate not only the aforementioned trichlorethylene but also benzene, which has long been considered a potentially carcinogenic element.

Also very interesting is the ability of "mother-in-law's tongue" to "purify" the air, the common name of the plant actually known as Dracaena trifasciata, with the characteristic leaves that go upwards: it is able to easily eliminate the typical artificial substances contained in various fragrances and is also perfect to keep in the bathroom since it doesn't need a lot of light but above all humidity.

Source: Travelglobe

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente

IN EUROPA RESPIRIAMO ARIA PESSIMA. COLPA DELL’INQUINAMENTO DA NANOPARTICOLATO FINE ATMOSFERICO PM2.5

In Europa respiriamo tutti un’aria pessima

Un’indagine del Guardian dimostra che solo il 2 per cento della popolazione europea vive in aree in cui l’inquinamento dell’aria rientra nei limiti suggeriti dall’OMS

Una centrale a carbone in Polonia Sean Gallup/Getty Images
https://www.wired.it/article/europa-inquinamento-aria/

Secondo una recente indagine del Guardian, circa il 98% della popolazione dell’Europa vive in zone dall’aria altamente inquinata. In collaborazione con alcuni accademici dell’università di Utrecht e dello Swiss Tropical and Public Health Institute nell’ambito del progetto Expanse finanziato dall’Unione Europea, il quotidiano britannico ha condotto la sua ricerca analizzando immagini satellitari e misurazioni ottenute da più di 1.400 stazioni di monitoraggio ambientale. Secondo i dati emersi, gran parte del territorio europeo è fortemente soggetto all’inquinamento da particolato fine (PM2.5).

Il particolato fine

Il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare spiega che le cellule di particolato fine che si disperdono nell’aria sono generate da quasi tutti i tipi di combustione, comprese quelle di motori di auto e motoveicoli, degli impianti per la produzione di energia, della legna per il riscaldamento domestico, degli incendi boschivi e di molti altri processi industriali. Anche detto PM 2,5, il particolato fine ha la caratteristica di rimanere sospeso nell’atmosfera tanto a lungo da poter entrare in circolazione nel corpo umano attraverso l’apparato respiratorio e sanguigno, provocando rischi per la salute.

L’Organizzazione mondiale della sanità spiega che ogni anno questo tipo di inquinamento provoca sette milioni di morti in tutto il mondo. L’istituto ONU ha offerto anche delle linee guida che stabiliscono la quantità limite di particolato fine nell’aria. Secondo queste direttive, “le concentrazioni medie annuali di particolato fine non dovrebbero superare i 5 microgrammi per metro cubo (μg/m3)”. Lo studio del Guardian, tuttavia, dimostra che “solo il 2% della popolazione europea vive in aree che rispettano questo limite”, mentre quasi i due terzi delle persone del continente vivono in aree in cui questi valori sono di almeno due volte superiori a quelli consigliati.

L’inquinamento in Europa

L’area più inquinata del continente sembra essere l’Europa orientale, con la Macedonia del Nord al primo posto per concentrazione di particolato fine nell’aria, con due terzi del paese che superano di quattro volte i limiti suggeriti dall’OMS.

Seguono Serbia, Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia e Albania, dando fondamento alle parole della docente dell’Università di Dusseldorf Barbara Hoffmann, per la quale l’inquinamento atmosferico è un problema di “ingiustizia ambientale”, dato che “i paesi più colpiti sono anche quelli con il reddito medio più basso”.

Anche in Europa occidentale è possibile trovare aree fortemente inquinate: la mappa interattiva prodotta dal Guardian segnala alti tassi di particolato fine in Italia, specialmente nella Pianura Padana, zona fortemente industrializzata. Anche in Germania e Regno Unito la maggior parte della popolazione vive in aree dove l’inquinamento sfonda i limiti suggeriti dall’OMS. Attualmente il limite di particolato fine stabilito dall’Unione Europea è di 25 microgrammi per metro cubo ma una settimana fa il Parlamento europeo ha votato per raggiungere, entro il 2030, la soglia stabilita dall’OMS.

Fonte: Wired

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

RIDE FOR GAZA, RIDE FOR PALESTINE

The Israeli state continues to pummel Gaza violating international law and perpetrating genocide. Palestinians in the West Bank are being attacked in refugee camps and villagers forced from their land by violent armed settlers. Palestinians in Israel face danger and relentless persecution. 

In our local areas we continue to Ride for Gaza and Palestine. Join one of the rides below or organise one of your own. Riding together with flags in numbers large or small sends a message of solidarity locally and to our friends in Palestine. Please share our graphics.

Please make sure that your bike is roadworthy and that you are happy with the ride distance. All welcome.
Join a local ride or set up a local TBR supporters group
We have a number of growing and enthusiastic local Big Ride groups who go out on social and solidarity rides. If you are interested in joining one of our existing local groups in Birmingham, Bristol, London, Manchester, Sheffield and Swindon email us here.

If you are forming a local TBR group and want to be on our list of groups to invite new riders or you want help setting up a local TBR group, reply to the email to let us know.
https://docs.google.com/document/d/1N01jjocogwO0ceJsKoFO2ivm8p_OGzKohbfkSsD4oDk/edit?pli=1

#ShutElbitDown

Other Events

MAP fundraiser – 18 November, London. Coffee morning with cakes, plants & books on sale. 10 mins from Honor Oak Overground.  Email here for info.

Webinar: The Luxury of Despair
Tuesday 21st November at 6pm

With Abdelfattah Abusrour, Director and founder of Alrowwad in Aida camp & Karim Ali, co-founder of the Gaza Sunbirds

https://us02web.zoom.us/webinar/register/WN_T3Le14WXTXyqg4duhvJYKQ#/registration

Amos Trust Christmas Tour

With Elias D’eis and Said Zarzar from Holy Land Trust, Bethleham  performers from PalArt Collective.  Register here 

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

I GRANCHI PELOSI CINESI STANNO INVADENDO IL REGNO UNITO: SONO GRANDI COME PIATTI E PIZZICANO CHIUNQUE SI AVVICINI TROPPO

Granchio peloso cinese, una specie aliena sta invadendo il Regno Unito
https://www.lastampa.it/la-zampa/2023/10/12/news/granchi_cinesi_invadono_regno_unito_mordono_cimici_letti-417539050/

di Daniela Borghi 12 Ottobre 2023 Aggiornato alle 16:34

Mentre Parigi è alle prese con una vera e propria invasione quella delle “punaises de lit“, le cimici dei letti, e l’Italia cerca una soluzione per il granchio blu, il Regno Unito sta affrontando l’emergenza dei granchi pelosi cinesi. Questi crostacei sono stati avvistati lungo i corsi d’acqua nel Cambridgeshire, compresi luoghi come una diga a Whittlesea e il Nene Park a Peterborough. 

Grandi come un piatto e aggressivi: ecco i granchi pelosi cinesi

I granchi pelosi cinesi stanno creando problemi significativi, come scrive il Daily Mail: erodono le sponde dei fiumi scavando all’interno e danneggiano anche l’industria della pesca nutrendosi di pesci e rovinando le reti. Questi granchi sono tra le 30 specie non autoctone classificate come preoccupanti a causa della loro invasività e capacità di stabilirsi in diverse nazioni in tutta Europa. Dal 2016, sono stati classificati come “ampiamente diffusi” in tutta la Gran Bretagna. La specie, che deve il nome ai suoi artigli pelosi (Eriocheir sinensis), si ritiene abbia viaggiato dalla Cina orientale all’Europa e al Nord America nei sedimenti trovati sul fondo delle cisterne di zavorra delle navi. Il Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali ha affermato che questi granchi si sono stabiliti nel Tamigi a Londra nel 1973 e da allora si sono diffusi ulteriormente.

Il Museo di Storia Naturale ha avvertito che i granchi invasivi potrebbero crescere fino alle dimensioni di un piatto piano. Ci sono stati avvistamenti di granchi pelosi cinesi in diverse parti della Gran Bretagna, compreso un parco reale a Londra. Andy Litchfield ha raccontato di aver visto un granchio mentre passeggiava con il suo cane a Bushy Park, a Sud-Ovest di Londra, definendo l’incontro come sorprendente. Ha persino girato un video in cui il granchio sollevava gli artigli in aria in modo difensivo.

Il Nene Park Trust ha informato di avvistamenti di granchi intorno a Orton Water a Peterborough e ha affermato che poiché i granchi si stanno diffondendo naturalmente attraverso i corsi d’acqua del Regno Unito, non c’è molto che possano fare per fermarli. Nonostante non costituiscano una minaccia per le persone o i cani, i granchi cinesi possono pizzicare se ci si avvicina troppo, quindi è consigliabile mantenerne le distanze. Il Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali ha invitato le persone a segnalare gli avvistamenti per monitorare il movimento delle uova di questi granchi e ha incoraggiato a scattare foto. È importante notare che nel Regno Unito non è prevista alcuna pesca legale per questa specie, e se un granchio peloso cinese viene catturato non può essere venduto vivo per il consumo umano.

Fonte: La Stampa

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

URANIO IMPOVERITO: COS’E’, DOVE SI TROVA E QUALI SONO LE IMPLICAZIONI CHE DA’ ALLA SALUTE UMANA

Vasto (CH), lì 3 Ottobre 2023 ore 15.52

Buon pomeriggio a tutti e a tutte. La guerra in Ucraina che imperversa da più di un anno e mezzo e dopo aver appreso notizie in merito a munizioni all’uranio impoverito per i proiettili perforanti in dotazione ai carri armati americani Abraham affidati dagli inglesi ai neonazisti ucraini, che annoverano tra le loro fila militari del battaglione Azov (Azob), nato a Mariupol sul Mare di Azov sin dagli albori di questo conflitto che non vede ancora la fine, è bene che da tecnico ambientale da parte mia venga avviato uno studio su cos’è l’uranio impoverito, dove si trova e soprattutto quali sono le implicazioni che dà alla salute umana non solo dei militari, ma anche sulla popolazione civile a breve, medio e lungo termine. L’Uranio (Uranium) è un metallo pesante avente numero atomico 92 e peso atomico 238 grammi appartenente alla serie degli Attinidi, elementi chimici preparati artificialmente a partire dall’Attinio, elemento del settimo periodo e terzo gruppo della tavola periodica di Mendeleev, avente numero atomico 89 e peso atomico pari a 227 grammi. L’Uranio impoverito è un isotopo radioattivo avente peso atomico 235, è composto dalla forma stabile dell’Uranio naturale al quale vengono tolti tre neutroni che si trovano nel nucleo dell’atomo ed è un sottoprodotto instabile dell’Uranio stesso e quindi altamente reattivo: esso è un metallo pesante presente naturalmente in rocce, montagne e acqua, derivato dal suo processo di arricchimento. Il termine Uranio impoverito deriva dall’inglese depleted uranium, tradotto in italiano uranio depleto.

Come è stato utilizzato l’uranio impoverito?

L’uranio arricchito si utilizza come combustibile nelle centrali nucleari. La sua rimanenza, detta uranio impoverito, si utilizza sia in ambiti civili che militari. Il motivo è il basso costo uranio, la sua alta densità e facile reperibilità, la sua duttilità e capacità di assorbire radiazioni.

In campo medico, questo sottoprodotto si utilizza, infatti, per la schermatura da radiazioni. Nel campo aerospaziale, invece, si usa come contrappeso o per le superfici di controllo. In ambito sportivo, è ampiamente utilizzato per le frecce del tiro con l’arco e per le mazze da golf.

In campo militare, si utilizzava (ora come allora) nelle munizioni, nei proiettili e nelle corazzature.

Dato l’utilizzo eccessivo di uranio impoverito nel mondo, piano piano ci si è domandati se fosse un materiale atossico o potenzialmente pericoloso. Il primo a preoccuparsene fu un prete. Padre Jean-Marie Benjamin si fece testimone delle atrocità subite dalle popolazioni irachene in guerra.

Gli armamenti contenenti uranio impoverito, infatti, hanno effetti radioattivi e persistenza ambientale molto elevata. Per questo motivo non possono essere categorizzate come armi convenzionali, perché violano l’articolo 23 della Convenzione dell’Aia del 1899 e la Convenzione di New York del 1976.

Nel 2001, il capo del tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia Carla del Ponte, decretò che l’utilizzo delle armi uranio impoverito da parte della NATO era assimilabile a un crimine di guerra. Il suo predecessore, però, tale Louise Arbour, cercò di smantellare questa teoria. Affermò la non esistenza di un trattato ufficiale a riguardo.

Come avviene la contaminazione da uranio impoverito

L’uranio impoverito non è particolarmente pericoloso, nella sua forma originaria. Quando, però, prende fuoco a seguito del suo utilizzo. Si frammenta in piccole particelle polverose e potenzialmente tossiche. Queste particelle rischiano di diffondersi nell’aria con una facilità estrema. Mette così a rischio un numero elevatissimo di persone.

L’uranio impoverito, infatti, è altamente tossico se inalato, ingerito o se entra in contatto diretto con ferite, ad esempio, nel caso di proiettile uranio impoverito.

La sua pericolosità, a differenza dell’amianto, è circoscritta al breve termine. Non esistono studi che dimostrino la sua tossicità a lungo termine. L’inalazione rimane, tuttavia, il pericolo di contaminazione principale. Le polveri sono sottilissime e intaccano gli alveoli polmonari in pochissimo tempo.

La radioattività dell’uranio impoverito, invece, è definita di basso livello. Infatti l’uranio radioattivo arricchito ha un potenziale di radioattività molto più elevato.

I danni potenziali dati dall’esposizione a uranio impoverito, in ogni caso e a prescindere dalla sua radioattività, riguardano i reni, il pancreas, lo stomaco e l’intestino.

Un nesso di causalità tra esposizione a uranio impoverito e malattie tumorali è accertato. Tuttavia la pericolosità a lungo termine non ha ancora prove effettive. Per uranio impoverito malattie più diffuse rimangono il Linfoma di Hodgkin e la leucemia.

Uranio impoverito: le vittime militari

Durante una conferenza stampa, svoltasi a Lecce il 4 Gennaio 2010, l’Associazione Vittime Uranio ha comunicato i dati del bilancio di militari italiani morti per potenziale contaminazione da uranio impoverito. I casi di morte sono circa 216.

In un’intervista rilascia all’ANSA, Francesco Palese, giornalista responsabile di vittimeuranio.com, nonché portavoce dell’Associazione Vittime Uranio, ha dichiarato che si tratta di un numero approssimato per difetto, perché alcuni dati sono imparziali o incompleti.

In data 1 Marzo 2010, il Consiglio dei Ministri ha concesso l’erogazione delle indennità ai soldati impiegati in missione di pace, nei poligoni e nei siti di stoccaggi e a tutti quelli che in un modo o nell’altro abbiano contratto malattie durante il servizio militare.

Il caso più eclatante è quello di Paolo Mucelli, il marinaio ogliastrino di Baunei deceduto a Cagliari il 28 Marzo del 2011 per via di una leucemia fulminante (contratta probabilmente a causa dell’uranio impoverito).

Tutti i lavoratori delle forze armate che, per motivi di servizio, sono entrate in contatto con uranio impoverito hanno subito danni permanenti. Le malattie uranio impoverito più diffuse sono il linfoma di Hodgin e la laucemia. Per queste vittime del lavoro deve essere riconosciuta la causa di servizio e la loro qualità di vittime del dovere.

Secondo l’art. 1, comma 1 lettera C del DPR 243/2006, emanato sulla base dell’art. 1, comma 564, legge 266/2005, questi lavoratori sono equiparati alle vittime del dovere. Quindi per uranio impoverito soldati italiani possono ottenere un risarcimento per i danni subiti.

Il caso Lorenzo Motta

Un caso eclatante è degno di nota è quello che vede protagonista il militare Lorenzo Motta. Durante il suo servizio nella Marina Militare è entrato in contatto con uranio impoverito. Ha ricevuto la somministrazione di vaccini contaminati, contraendo il Linfoma di Hodgkin.

La battaglia legale è ancora in corso. Il Ministero della Difesa – Marina Militare è stato condannato. Ma rifiuta di eseguire la sentenza. Lorenzo Motta, nel frattempo, ha affrontato un lungo periodo di malattia, alla fine del quale ha ripreso il suo posto all’interno dell’ONA. È stato nominato dall’Avv. Ezio Bonanni coordinatore del Dipartimento Tutela Esposti Uranio Impoverito.

L’Avv. Bonanni è intervenuto sulla delicata questione dell’esposizione dei militari italiani ai pericoli dell’uranio impoverito nel quarto appuntamento di ONA News “Uranio impoverito, la dura battaglia dei militari italiani“.

La sindrome dei Balcani: uranio dove si trova?

Dove si trova uranio? L’uranio impoverito è stato impiegato in moltissime zone di guerra, soprattutto nei Balcani, ma anche in Afghanistan e in Iraq. Per via delle sue caratteristiche piroforiche e per la sua alta densità, ha trovato largo impiego nella produzione di proiettili uranio impoverito, munizioni e ordigni di vario genere. Per questo motivo, tutti i militari coinvolti nelle guerre del Golfo e dei Balcani hanno contratto malattie e patologie correlate all’esposizione a uranio impoverito.

La Sindrome dei Balcani indica una serie di malattie che hanno colpito i militari italiani di ritorno dalle missioni di pace internazionali. I primi casi risalgono alla fine degli anni Novanta. Le vittime sono state più di 50 e 500 i malati superstiti.

I vertici militari italiani, in collaborazione con la NATO, hanno istituito una commissione di inchiesta presso il Senato. Il fine è identificare i responsabili, laddove presenti, e accertare il nesso causale tra esposizione a uranio impoverito e malattie contratte (come linfomi e leucemie).

Sia l’ONU che i vertici militari italiani erano al corrente del largo uso di uranio impoverito nelle missioni in Bosnia tra il ’94 e il ’95. Ma nessuno ha mai preso una posizione definita a riguardo.

La Sindrome dei Balcani è causata, pare, dalla radioattività dei proiettili ad uranio impoverito mista alla tossicità rappresentata dalle particelle risultanti dalle esplosioni. Queste microparticelle, come abbiamo già accennato, sono pericolose se inalate perché provocano infiammazioni che portano, a lungo andare, alla formazione di tumori e patologie varie, più o meno gravi.

Il decreto ministeriale del 27 Agosto 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ha previsto l’attuazione di un programma di monitoraggio per la ricerca di uranio impoverito e arsenico nelle derrate alimentari provenienti da Bosnia-Erzegovina e anche per la presenza di uranio impoverito Kosovo.

Il ruolo nella tutela delle vittime

L’Osservatorio Vittime del Dovere si occupa anche della tutela di tutte le vittime, civili e militari, che hanno lavorato a contatto con l’uranio impoverito.

A tal proposito, offre assistenza gratuita a tutte le vittime del dovere a causa dell’uranio impoverito. Inoltre si occupa di tutelare e sostenere anche i loro familiari.

Assicura anche assistenza medica, oltre che legale. Si batte perché le vittime del lavoro ottengano un riconoscimento della causa di servizio per militari e civili esposti a uranio impoverito, un riconoscimento dello status di vittima del dovere per le vittime da uranio impoverito, un risarcimento danni per le vittime del dovere da uranio impoverito anche per i familiari, in caso di morte del lavoratore in conseguenza alla malattia.

Uranio impoverito: cos’è, cosa provoca e dove si trova. Il metallo pesante usato in guerra che terrorizza l’Europa

Giulio Pinco Caracciolo — 19 Maggio 2023

Uranio Impoverito: cos’è, cosa provoca e dove si trova il metallo pesante usato nella guerra che terrorizza l’Europa.
https://www.ilriformista.it/uranio-impoverito-cose-cosa-provoca-e-dove-si-trova-il-metallo-pesante-usato-in-guerra-che-terrorizza-leuropa-357757/

Alcuni mesi fà era stata data notizia della circolazione di una nube radioattiva di Uranio sopra la Polonia, un paese che confina ad est con la Germania ed appartenente all’Art.5 del Patto Atlantico della NATO, ma la notizia non ha per il momento trovato alcun fondamento, ma il pericolo di un’esplosione di proiettili o di attacchi a depositi di munizioni all’Uranio impoverito esiste, perché effettivamente di proiettili perforanti con punte di uranio impoverito ne esistono eccome. Ma facciamo un po’ di chiarezza. 

Uranio impoverito. Di cosa parliamo?

Esistono due tipi di uranio radioattivo: l’uranio 235 e l’uranio 238.

L’Uranio 235 – è fortemente radioattivo e per tali ragioni viene utilizzato dalle industrie del combustibile nucleare e delle armi che cercano di estrarlo dal metallo naturale. Appena estratto è nella forma 237, esso prende il nome di “uranio arricchito” e viene impiegato nelle barre di combustibile e nelle armi nucleari. Dall’Uranio 237 arricchito si tolgono due neutroni dal nucleo atomico e diviene Uranio 235 impoverito.

L’Uranio 238 – è ottenuto dagli scarti del processo estrattivo ed è composto principalmente da uranio 238. L’industria bellica americana ed inglese ha utilizzato l’uranio impoverito durante le missioni, inclusa la Guerra del Golfo e nei Balcani.

Innanzitutto bisogna sapere che l’Uranio si divide in due tipi:

  • Uranio 235
  • Uranio 238

L’Uranio 235 è fortemente radioattivo e si usa come combustibile nucleare. Questo metallo naturale, una volta stato estratto, prende il nome di Uranio Arricchito.

È composto per la maggior parte da Uranio 238. Si usava molto nell’industria bellica inglese e americana, soprattutto nella guerra dei Balcani e del Golfo.

La miscela di Uranio 235 e 238 si utilizza come combustibile nelle centrali nucleari e come principale elemento detonante nelle armi nucleari. L’uranio impoverito è lo scarto del procedimento di arricchimento dell’uranio. Il termine (o uranio depleto) è una traduzione dall’inglese depleted uranium.

Per via dell’alta densità riesce a penetrare l’armatura massiccia di un carro armato. Una volta esploso, la punta dell’uranio si disintegra per via del calore creato e le particelle di uranio impoverito iniziano a bruciare. L’uso del sottoprodotto derivato dall’arricchimento dell’uranio come rinforzo per i proiettili anticarro è una pratica comune in uso in molti paesi, comprese Russia ed Ucraina.

L’utilizzo dell’uranio in guerra, viola le convenzioni internazionali?

Questo genere di munizioni è classificato tra le armi convenzionali, la cui applicazione in guerra non è vietata da alcuna convenzione internazionale. Data la sua densità pari al doppio rispetto a quella del piombo, che rende le punte particolarmente resistenti, è in grado di perforare le corazze.

Il loro uso è quindi completamente legittimo. Al contrario di molte altre armi già usate da Mosca in Ucraina, come le bombe a grappolo, vietate dalla Convenzione sulle munizioni a grappolo del 2010, o quelle incendiarie contro obiettivi non militari, così come i proiettili perforanti all’Uranio impoverito forniti dal Regno Unito ai carri armati americani Abraham in dotazione all’esercito ucraino, impegnati nella controffensiva contro i russi, violazioni e crimini di guerra sia da una parte che dall’altra.

I proiettili perforanti con uranio impoverito non hanno nulla a che fare con le armi nucleari ed hanno una bassa radioattività, ma comunque sempre importante da non sottovalutare, soprattutto per quanto riguarda gli effetti sulla salute umana a medio e a lungo termine. Mentre dal punto di vista chimico, il particolato che si genera all’impatto di un proiettile può avere effetti sulla salute umana se inalato, come la maggior parte dei metalli pesanti usati nell’artiglieria e negli esplosivi.

Cosa succede all’organismo a contatto con l’uranio?

Gli effetti sull’essere umano sono devastanti. A cominciare dall’equipaggio che si trova all’interno dei carri armati. Oltre al rischio derivante dalle schegge di metallo, la possibilità di morire per soffocamento è molto alta. Anche a lungo termine le conseguenze sull’ambiente e sugli esseri umani sono terribili, sia per la sua radioattività sia per la tossicità del metallo. La conseguenza più probabile a lungo termine è che il metallo radioattivo si depositi all’interno dei polmoni provocando varie forme di cancro.

Per rilevare la presenza o meno di uranio impoverito, basta prelevare un campione di urina. Se il test è positivo si dovranno effettuare controlli sui reni, poiché il metallo tende a concentrarsi lì e potrebbe influenzarne la funzione.

Proiettili all’uranio impoverito, cosa sono e dove sono stati usati in precedenza

07 set 2023 – 12:16

https://tg24.sky.it/mondo/approfondimenti/proiettili-uranio-impoverito

Queste armi perforanti sono in dotazione a diversi Paesi del mondo, malgrado le polemiche sulla legalità del loro utilizzo in scenari di guerra passati, come nei Balcani o in Iraq. Molte patologie dei reduci sono state associate a queste munizioni, ma nessuno studio ha confermato con certezza il legame diretto con le malattie

Nello scenario della guerra in Ucraina uno degli aspetti che ha creato più tensione è la decisione di diversi Paesi, fra cui Gran Bretagna e Stati Uniti, di fornire a Kiev munizioni all’uranio impoverito.

GUARDA IL VIDEO: Cosa sono i proiettili all’uranio impoverito

I proiettili all’uranio impoverito hanno origine dagli scarti della produzione del combustile per le centrali atomiche e delle testate per le bombe nucleari. Questo materiale a bassa radioattività fu “riciclato” dal Pentagono negli anni Settanta come arma e trasformato in proiettili, destinati ai cannoni di carri armati Abrams e agli Avenger. In pochi si sono preoccupati della tossicità.

Uranio impoverito, cosa sappiamo sui possibili rischi

Munizioni di questo tipo sono in grado di perforare i mezzi corazzati e si incendiano al momento dell’impatto. Al momento dell’esplosione vengono liberate particelle di uranio, che possono essere inalate o rimanere sul terreno

Ucraina, Lavrov: “Proiettili uranio impoverito causeranno escalation”

Nei mesi scorsi Londra aveva spiegato che i proiettili sono “altamente efficaci” per sconfiggere i moderni carri armati e veicoli blindati, affermando che la ricerca scientifica mostra che qualsiasi impatto sulla salute personale e sull’ambiente derivante dall’uso di munizioni all’uranio impoverito è “probabilmente basso”

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Le armi perforanti contenenti uranio impoverito – bombe o granate per carri armati che siano – restano in dotazione a diversi Paesi del mondo, malgrado le polemiche sulla legalità del loro utilizzo in scenari di guerra passati: come ad esempio in ex Jugoslavia o in Iraq da parte delle forze Usa e alleate.

Armi di questo tipo sono state usate dopo la fine della Guerra Fredda in scenari come il Kuwait e l’Iraq, contri i tank di Saddam Hussein. E ancora nei Balcani. Molti reduci hanno iniziato a manifestare sintomi e malattie (anche tra i militari italiani). L’impatto delle pallottole genera la diffusione di microparticelle di uranio che anche se “impoverito”, continua ad emettere radiazioni. Molti studi però hanno negato un legame diretto tra proiettili e malattie. E finora queste armi non sono mai state messe al bando.

Il Regno Unito, stando a un rapporto pubblicato sul sito di un’organizzazione non governativa che si batte per il loro divieto definitivo (l’International Coalition to Ban Uranium Weapons, o Icbuw), ne ha almeno di due tipi nei propri arsenali attuali; e ha ripetutamente rivendicato per bocca dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni il diritto a possederli e a farvi ricorso: evidenziandone l’efficacia e insistendo a minimizzarne l’impatto radioattivo come asseritamente trascurabile.

I proiettili in questione sono denominati Charm 1 e Charm 3 e possono essere usati come munizioni per i cannoni da 120 millimetri montati su alcuni carri armati dell’esercito di Sua Maestà Carlo III. I Charm 1 sono stati sviluppati a inizio anni ’90, mentre i Charm 3 sono in servizio dal 1999. Entrambi sono a disposizione dei Challenger 2, carri armati pesanti da combattimento di standard NATO.

Secondo le informazioni non ufficiali raccolte dall’Icbuw, Londra ha avviato nei mesi scorsi un programma di modernizzazione dei Challenger 2 e dei loro armamenti, destinato a dar vita a un nuovo modello, Challenger 3, che non dovrebbe essere dotato di vecchi proiettili Charm. Ma questo modello non è previsto sia operativo prima del 2030: con il prevedibile mantenimento almeno fino ad allora delle scorte di Charm 1 e Charm 3

UK, Shoigu: “Se l’Ucraina avrà proiettili con uranio impoverito, guerra nucleare vicina”

Cosa sono le munizioni all’uranio impoverito

MONDO GIOVEDÌ 7 SETTEMBRE 2023

Che gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina: sono usate soprattutto per distruggere mezzi corazzati, ma si discute da tempo dei possibili effetti nocivi sulla salute

https://www.ilpost.it/2023/09/07/uranio-impoverito-ucraina-stati-uniti/

Mercoledì gli Stati Uniti hanno annunciato un nuovo pacchetto di aiuti umanitari e militari all’Ucraina del valore totale di circa 1 miliardo di dollari (930 milioni di euro) che comprenderà, tra le altre cose, munizioni all’uranio impoverito. L’annuncio è stato fatto nel corso di una visita del segretario di Stato statunitense Antony Blinken a Kiev. Le munizioni all’uranio impoverito sono proiettili con cui verranno dotati i carri armati M1 Abrams che a gennaio gli Stati Uniti avevano deciso di inviare all’Ucraina e che dovrebbero essere consegnati in autunno. Gli Stati Uniti sono il secondo paese ad annunciare l’invio di munizioni all’uranio impoverito all’Ucraina, dopo che lo aveva già fatto il Regno Unito a marzo.

In entrambi i casi ci sono state reazioni molto dure dalla Russia: l’ambasciata russa a Washington ha definito il piano statunitense «un segno di disumanità», per via della radioattività dell’uranio impoverito e degli effetti nocivi che le munizioni avrebbero sulla salute delle persone non coinvolte nella guerra.

L’uranio impoverito è un sottoprodotto ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell’uranio (che serve per produrre energia o armi nucleari). È molto meno radioattivo dell’uranio naturale, e non ha alcuna utilità per le reazioni nucleari. Essendo uno scarto è piuttosto economico, e viene usato in ambito militare dagli anni Sessanta, specialmente per la realizzazione di munizioni anticarro. Ha il vantaggio di avere un’altissima densità (19 grammi per centimetro cubo) e per questo motivo è particolarmente efficace per colpire e distruggere carri armati avversari.

Oltre a essere in grado di perforare i mezzi corazzati con facilità, le munizioni all’uranio impoverito hanno la caratteristica di incendiarsi al momento dell’impatto, aumentando quindi l’effetto distruttivo dell’arma. Nell’esplosione si liberano particelle di uranio, che possono essere inalate o rimanere al suolo. Sugli effetti nocivi per la salute dell’uranio impoverito usato in ambiti militari si discute da anni: munizioni all’uranio impoverito furono largamente usate dagli Stati Uniti nel corso della Guerra del Golfo, in ex Jugoslavia e in Iraq, e diversi soldati nel corso degli anni hanno sostenuto di aver contratto malattie di vario tipo (in particolare forme di cancro) per aver inalato uranio impoverito polverizzato nelle esplosioni. Finora però non è mai stata dimostrata una correlazione diretta tra l’uranio impoverito e le malattie dei soldati.

La reazione della Russia è comunque stata estremamente dura: «Gli Stati Uniti sono pienamente consapevoli delle conseguenze: le esplosioni di tali munizioni provocano la formazione di una nuvola radioattiva. Piccole particelle di uranio si depositano nelle vie respiratorie, nei polmoni, nell’esofago, si accumulano nei reni e nel fegato, causano il cancro e portano all’inibizione delle funzioni dell’intero organismo», ha scritto l’ambasciata russa in un comunicato.

Benché in molti ne critichino l’uso in guerra e ne chiedano un divieto, l’uranio impoverito non è soggetto alle regole sulle armi nucleari. Le munizioni all’uranio impoverito sono infatti considerate armi come tutte le altre. Ciononostante l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), l’organizzazione dell’ONU incaricata di controllare il settore dell’energia nucleare, ne raccomanda cautela nell’uso per via della tossicità. L’uranio impoverito si comporta esattamente come l’uranio naturale: secondo l’agenzia le particelle possono essere inalate o ingerite, entrare nel flusso sanguigno e causare danni ai reni.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

I DUE GEMELLI SUPERSONICI NATI A FINE ANNI ’60: L’ANGLO-FRANCESE CONCORDE ED IL SOVIETICO TUPOLEV TU-144

CONCORDE (1969-2003)

Nel 1968, nelle sale di tutto il mondo usciva 2001: Odissea nello spazio. L’immaginario era ben definito: la guerra fredda aveva contribuito a spingere l’uomo nello spazio e con esso a una concreta possibilità di futuro. Infatti, quel futuro, fatto di navicelle spaziali e viaggi interstellari, si sarebbe avverato a distanza di appena un anno, nel 1969 con lo sbarco sulla luna. Ma giusto pochi mesi prima di Neil Armstrong e del sogno spaziale che fece sognare tutto il mondo, il Concorde fece il suo primo volo. Il Concorde era un jet supersonico: un aereo civile progettato dai migliori ingeneri e designer del mondo per il trasporto dei passeggeri e che poteva volare a una velocità due volte superiore a quella del suono. Il programma di costruzione di questo aereo supersonico era stato iniziato in piena guerra fredda mentre l’entrata in servizio è stata effettuata il 21 gennaio 1976. Nei decenni successivi il Concorde venne utilizzato sia da British Airways sia da Air France, in particolare per le tratte dall’Europa verso gli Stati Uniti. Grazie alle sue caratteristiche tecniche era in grado di compiere il viaggio da Londra a New York in sole tre ore e venti, a differenza del normale Boeing 747 che ce ne metteva oltre sette.

La regina Elisabetta davanti a un prototipo del Concorde

Il Concorde, con le sue caratteristiche tecniche ed estetiche incarnava una visione del futuro, audace come quella dell’Apollo 11, ma di gran lunga migliore in quanto, potenzialmente, alla portata di tutti. Non proprio tutti, in realtà: un viaggio su questo prestigioso jet, per un solo biglietto di andata e ritorno, poteva raggiungere il prezzo di dodicimila dollari, giustificati tra le altre cose dagli elevati costi di manutenzione dell’aereo. In tutto questo, un unico design che rimane tuttora nell’immaginario comune: in un mondo esteticamente omogeneo – per quanto riguarda gli aerei civili – il Concorde era una distrazione che toglieva il fiato con le ali a forma triangolare e un muso appuntito come un jet da combattimento – elementi vantaggiosi per i viaggi supersonici – il design del Concorde era tutto basato sulla fisica diventando subito un simbolo del lusso. Gli arredi interni furono inizialmente assegnati a Raymond Loewy, che ne progettò ogni singolo aspetto. Nel 1985 e nel 1988, Gautier-Delaye ha invece abbellito la cabina con una striscia in tessuto rosso, blu e beige. Più tardi, il turno di Andrée Putman, per commemorare il ventesimo anniversario dell’aereo supersonico: il suo concetto si basava sull’idea di aggiungere le fodere per i poggiatesta e adornare il corridoio con un tappeto a motivo geometrico bianco e nero.

Una hostess all’interno del Concorde

Ma l’esperienza di un viaggio sul Concorde iniziava molto prima del viaggio in sé. I passeggeri prima dell’imbarco si rilassavano in una lounge dedicata, curata anch’essa nei minimi particolari e impreziosita con elementi di design come le sedie disegnate da Le Corbusier. Con solo circa 100 posti e i prezzi dei biglietti più alti mai visti per un viaggio civile, l’aereo ha rapidamente acquisito un’aura di esclusività. Durante un volo si poteva infatti condividere il viaggio con Paul McCartney o Phil Collins, il quale prese l’aereo per suonare al Live Aid nel Regno Unito e negli Stati Uniti lo stesso giorno oppure con i reali d’Inghilterra assieme a innumerevoli capi di stato.

Quella del Concorde, però, fu una favola da un tragico finale. Il 25 luglio del 2000, infatti, il Concorde Air France F-BTSC 4590, ebbe un incidente a Gonesse, in Francia, in cui morirono tutti i cento passeggeri, i nove membri dell’equipaggio e quattro persone a terra nell’hotel dell’aeroporto che colpì. Fu l’unico, fatale, incidente che capitò nella storia del Concorde e che ne decretò la chiusura definitiva. Infatti, l’ultimo volo passeggeri fu quello del 24 ottobre 2003, da New York a Londra.

CONCORDE BRITISH AIRWAYS

Cabina pilotaggio di un Concorde

Fonte: Harpers Bazaar https://www.harpersbazaar.com/it/lifestyle/viaggi/a39499739/concorde-aereo-storia/

TUPOLEV TU-144, THE RUSSIAN CONCORDE (1968-1978)

Tupolev TU-144, il gemello diverso del Concorde

Se pensiamo ad un aereo passeggeri supersonico la mente corre subito al Concorde, che ha segnato un epoca dell’aviazione civile. Ma il jet anglo-francese non è stato ne l’unico e nemmeno il primo aereo passeggeri capace di superare il muro del suono. Il Tupolev TU-144, realizzato in Unione Sovietica, debuttò due mesi prima del Concorde ed era persino più veloce.

L’aereo supersonico sovietico Tupolev TU-144

C’è stato un momento, alla fine degli anni ’60, in cui il futuro del trasporto aereo sembrava indirizzato prepotentemente verso il volo supersonico. Quando gli ingegneri della Boeing progettarono il 747, collocarono la cabina di pilotaggio nella caratteristica gobba per poter riconvertire rapidamente i Jumbo da passeggeri in cargo senza intaccare la capacità di carico.

Tutto questo perché si prevedeva un rapido declino dei velivoli subsonici a vantaggio di modelli capaci di superare il muro del suono.

Un Tupolev TU-144 in fase di decollo

Una convinzione condivisa anche in Unione Sovietica, ed è proprio in quest’ottica che l’OBK 156 (Opytnoe konstructorskoe bjuro, l’Ufficio di Progettazione Sperimentale) diretto da Andrej Nikolaevič Tupolev progettò il Tupolev TU-144 nel suo quartier generale di Mosca.

Per assemblare il nuovo portabandiera della flotta civile sovietica fu scelto lo stabilimento VASO di Voronež, nella Russia europea sud-occidentale. Il prototipo del TU-144 (matricola CCCP-68001) volò per la prima volta il 31 dicembre 1968, due mesi prima del Concorde che spiccò il primo volo il 2 marzo 1969. Il 5 giugno 1969 il Tu-144 superò per la prima volta il muro del suono, il 15 luglio successivo divenne il primo aereo commerciale a superare la velocità di Mach 2.

Primo volo del Tupolev TU-144 (1968)

Le prime versioni (TU-144 e TU-144S) erano dotate di motori Kuznetsov NK-144, che avevano bisogno dei post-bruciatori per volare a Mach 2; senza, la velocità massima era di Mach 1,65 ma limitata a Mach 1. La versione TU-144D fu dotata dei più potenti motori Kolesov RD-36-51 che garantivano maggiore efficienza, maggiore raggio d’azione e una velocità di crociera di Mach 2,17 senza l’uso dei post-bruciatori.

Con una velocità massima di Mach 2,35 (2.500 km/h) Il Tu-144 era più veloce del Concorde, che raggiungeva una velocità di crociera di Mach 2,02 e una massima di Mach 2,04 (2.179 km/h). Ancora oggi, il TU-144 detiene il record di aereo non militare più veloce della storia.

Particolare dei propulsori

A prima vista la somiglianza tra il TU-144 e il Concorde è notevole, tanto che i commentatori ribattezzarono l’aereo sovietico Concordski.

In realtà i due aerei erano molto diversi, il Tupolev era tecnologicamente più avanzato nei comandi, nell’avionica e nei motori grazie all’applicazione degli studi fatti sul bombardiere sperimentale Sukhoi T-4. Il Tu-144 era dotato di alette Canard retrattili sopra il muso che ne aumentavano la portanza e la manovrabilità a bassa velocità, permettendo corse di decollo e atterraggio inferiori del 15% rispetto al Concorde.

Le alette Canard poste sopra il muso

Altra differenze erano nelle ali: quelle del Concorde erano a «delta» ogivali mentre quelle del Tupolev a «doppia delta».

L’alloggiamento dei motori era differente con i Kolesov RD-36-51 del russo maggiormente «annegati» nelle ali rispetto ai Rolls-Royce/Snecma Olympus 593 dell’anglo francese. In comune avevano, invece, il muso reclinabile per aumentare la visibilità durante le manovre a terra e il volo a bassa velocità.

Il Concorde e il TU-144 esposti insieme al Museo della Tecnologia Aerea di Sinsheim in Germania

Lo sviluppo del TU-144 subì una grave (e forse fatale) battuta d’arresto il 3 giugno 1973, quando – al Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio di Paris-Le Bourget – il primo TU-144S di serie si schiantò al suolo durante l’esibizione.

L’aereo eseguì una ripida picchiata e il successivo tentativo del pilota di richiamare l’aereo verso l’alto portò lo sforzo sulla carlinga oltre i limiti strutturali. Il TU-144 si spezzò in volo uccidendo i 6 membri dell’equipaggio e 8 persone a terra.

Le cause dell’incidente sono ancora oggi molto controverse, una teoria vuole che il pilota sovietico abbia effettuato quella manovra così violenta e repentina per evitare un Mirage francese avvicinatosi troppo con l’intenzione di scattare delle foto alle alette Canard, molto avanzate per l’epoca. Secondo altre fonti, invece, l’incidente fu causato da un errore nel settaggio dell’aereo effettuato prima del volo, che portò ad un angolo di salita eccessivo durante la manovra e il conseguente cedimento strutturale. Questo incidente rovinò la reputazione del TU-144 e ne segnò il destino commerciale.

Il TU-144 entrò in servizio con Aeroflot il 26 dicembre 1975. Si iniziò trasportando posta e merci tra Mosca e Alma-Ata; poi, nel novembre 1977, i primi passeggeri volarono finalmente sull’ammiraglia della flotta sovietica. Purtroppo però non durò molto, il 23 maggio 1978 un altro grave incidente funestò la tormentata vita del Concordski: il primo TU-144D (matricola 77111) precipitò durante un volo di prova causando la morte dell’equipaggio.

L’incidente portò alla sospensione del servizio passeggeri, mentre quello merci e postale continuò per gran parte degli anni ’80 grazie anche all’adozione dei motori Kolesov, in grado di allungare il raggio d’azione dell’aereo e raggiungere destinazioni più lontane come Chabarovsk.

Il cockpit dei TU-144

Complessivamente, i vari Tupolev TU-144 hanno compiuto 102 voli, 55 dei quali operati con passeggeri. Durante gli anni ’80, due aerei (matricole 77114 e 77115) sono stati utilizzati come piattaforme per compiere studi sul buco nell’ozono.

Nel 1990 la Tupolev offrì alla Nasa il TU-144 come laboratorio da utilizzare nel programma di Alta Velocità Commerciale. Nel 1995 il TU-144D con matricola 77114 venne recuperato dal magazzino, profondamente modificato con nuovi motori Kuznetsov NK-321, ribattezzato TU-144LL Supersonic Flying Laboratory e consegnato alla Nasa, che investì complessivamente 350 milioni di dollari nel progetto. Nel 1999, dopo 27 voli, il progetto venne abbandonato e l’aereo riconsegnato alla Tupolev.

TU-144LL Supersonic Flying Laboratory

Il ritiro dal servizio del Concorde, avvenuto nel 2003, riaccese i riflettori sul TU-144 e su un suo possibile utilizzo sulle rotte transatlantiche.

Purtroppo però gli altissimi costi di gestione e l’opposizione dei vertici militari russi a concedere ad operatori stranieri l’uso dei motori Kuznetsov NK-321 – installati anche sul bombardiere strategico TU-160 – bloccarono il tentativo di riportare in volo il Tu-144.

Dei 16 aerei prodotti, 8 sono stati demoliti, 5 sono custoditi in università e istituti di ricerca in Russia e 3 sono esposti in musei, due in Russia (a Monino e a Ul’janovsk) e uno a Sinsheim in Germania, esposto insieme ad un Concorde.

Il Tu-144 è stato un aereo tecnologicamente avanzatissimo ma con qualche pecca e tanta sfortuna, senza l’incidente di Le Bourget forse la sua storia sarebbe stata più simile a quella del Concorde, il suo gemello diverso.

Fonte: Motori 360 https://www.motori360.it/tupolev-tu-144-gemello-diverso-concorde/

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

CALL TO ACTION TO ALL UNIVERSITY VICE CHANCELLORS IN THE UK

https://juststopoil.org/2023/09/18/open-letter-to-all-university-vice-chancellors-in-the-uk/

Press / September 18, 2023

Just Stop Oil students are calling on all University Vice Chancellors in the UK to read this open letter, and then sign the ultimatum that we’ve included below so that we may send it on to Rishi Sunak and Gillian Keegan. New oil and gas are genocide, and students are demanding that their universities do not continue being complicit.

Dear Vice Chancellors,

We are the student wing of Just Stop Oil. We are writing to you because we are disgusted by your failure to act to stop mass murder being committed by the UK government as it plans to “max out” the UK’s oil and gas reserves. 

On 15th September the education secretary, Gillian Keegan, wrote a letter urging you to warn your students of the consequences that engaging in civil resistance could have for their futures. This letter urges you to face up to the far worse consequences coming down the line as a result of the government’s genocidal policies.

Paper after academic paper spells out the annihilation that we now face: hundreds of millions starving to death, billions of people being forced to leave their homes. Students and young people face a future of global economic collapse, war, and social breakdown.

You are complicit in this genocide. By partnering with fossil fuel companies, undertaking research for industrial agriculture, auto, aviation and defence industries, and sending delegates to useless COP conferences, your universities give the government and carbon corporations the veneer of respectability, and the social licence to carry on their project of mass death. You have failed to speak the truth about what is happening, and you have utterly failed to uphold the duty of care you have for your students.

Contrast your cowardice with what happened in Norway, in 1942. Ten thousand teachers went on strike in resistance to the occupying Nazi regime. One thousand were rounded up and imprisoned, many sent to concentration camps, but they refused to comply. The resistance movement wrote in a pamphlet: “The calling of the teacher is not only to give them knowledge but also teach them to believe and strive for what’s true and right. Therefore they cannot, without failing their calling, teach what contradicts their conscience”. 

They knew that there are lines no government must ever cross.

Now comes your moment to stand up against evil. It is time for you to put your head above the parapet and publicly announce that the government’s policies are criminal and condemn the next generation to obliteration. It is time for you to tell the truth, that new oil and gas means the end of everything. It is time for you to engage in civil resistance.

In November, thousands of students will be arrested for marching in London. Many may be imprisoned. We demand that you sign the attached letter* which gives the government a clear ultimatum: either they stop new oil and gas licences, or you will be duty bound to join your students in slow marches across London to the point that you too will be arrested and imprisoned.

If you do not sign and return the attached letter by Friday 22nd September, students will have no choice but to bring a wave of civil disobedience to their campuses.

It is time for you to pick a side. Either you side with the government, and the education secretary who is responsible for allowing the UK’s places of education to physically crumble into disrepair – or you side with your students as they take action to protect their lives and their futures.

You knew this moment was coming. We will not be complicit. Will you?

Yours sincerely,

JUST STOP OIL STUDENTS

ULTIMATUM LETTER LINKED HERE AND AVAILABLE AS PDF BELOW – SIGN AND RETURN TO JSOSTUDENTS@PROTONMAIL.COM AND JUSTSTOPOILPRESS@PROTONMAIL.COM

Other ways to support:

Contribute to our fundraiser to help transport and accommodate students taking action in London:

https://chuffed.org/project/mx9-just-stop-oil-students-buses-beds

Join our next student meeting, every Wednesday, 6PM:

https://us02web.zoom.us/meeting/register/tZIkf–grjgrE9VebLqfVYT8mQYu12ttBTp4#/registration

Fonte: Just Stop Oil A22 Network that act against Climate Change in the Planet Earth

https://x.com/bralex84/status/1703769878077780237

#Jamiroquai#CorneroftheEarth

https://x.com/bralex84/status/1703772985717317632

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

CICLISTA URBANA MORTA TRAVOLTA DA UN CAMION A MILANO IN VIALE CALDARA, AVEVA 28 ANNI

INCIDENTI STRADALI

Ciclista travolta da un camion in viale Caldara: muore donna di 28 anni

L’incidente in zona Porta Romana a Milano. La vittima aveva 28 anni. Inutile ogni tentativo di soccorso

Alessandro Rovellini, Alessandro Gemme 29 agosto 2023

Il camion sul luogo dell’incidente (foto Gemme/MilanoToday)
https://amp.milanotoday.it/cronaca/incidente-stradale/viale-caldara-camion-morta-donna.html

Una ciclista di 28 anni è stata colpita da un camion in viale Caldara (a pochi passi da Porta Romana, nei pressi dell’incrocio di largo Medaglie d’oro e dell’attraversamento pedonale). Il fatto è avvenuto intorno alle 10. La 28enne è deceduta. Secondo i primi riscontri, il tir e la ciclista viaggiavano nella medesima direzione lungo viale Caldara verso via Filippetti. La ciclista era davanti, con il traffico fermo. A una ventina di metri dal semaforo, per cause da accertare, la bicicletta è finita sotto le ruote dell’autocarro. Da quanto è trapelato sembra che, alla ripartenza del semaforo, il mezzo non si sia accorto della donna. Ma è tutto al vaglio. L’autista, 54 anni, si è subito fermato, era però troppo tardi. La giovane ha riportato traumi su tutto il corpo che le sono risultati fatali.

Il mezzo è di una ditta specializzata nei trasporti per scavi, demolizioni, movimento terra. Il cassone era vuoto, non è chiaro se il mezzo stesse andando a caricare del materiale o lo avesse appena scaricato.

Le sue condizioni erano gravissime, non c’è stato nulla da fare nonostante la rapidità dei soccorsi. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 con un’ambulanza e un’automedica, insieme ai vigili del fuoco. La polizia locale sta effettuando i rilievi per ricostruire l’esatta dinamica del sinistro: l’incrocio ha molte telecamere di sorveglianza. Il camionista, sotto choc, è stato portato al Policlinico per accertamenti.

La strage dei morti in bici

È l’ennesimo incidente grave di questo tipo – con camion e bici – a Milano. A giugno una ciclista di 60 anni, Alfina D’Amato, è stata travolta e uccisa da un camion betoniera in piazza Francesco Durante, non lontano da piazzale Loreto. L’8 maggio, un lunedì, un incidente fotocopia aveva stroncato la vita di Li Tianjiao, investito da un mezzo pesante in via Comasina. Il 20 aprile a perdere la vita è stata la 39enne Cristina Scozia, mamma di una bimba di 6 anni: travolta e uccisa da una betoniera in via Francesco Sforza mentre andava in bici. Prima di lei, a febbraio, era toccato alla mamma 38enne Veronica Francesca D’Incà, investita da un mezzo pesante all’angolo tra Loreto e viale Brianza. Prima ancora, a novembre, a perdere la vita era stata Silvia Salvarani, trascinata da una betoniera – di nuovo – sui Bastioni di Porta Nuova. Anche lei era in bici.

Da ottobre l’obbligo di telecamere per i tir

Solo pochi giorni fa, il Comune ha ufficializzato l’obbligo di circolazione dei mezzi pesanti, a partire dal 1 ottobre, con strumenti per la rilevazione di ciclisti e pedoni (sensori e telecamere per l’angolo cieco). La decisione maturata dopo la morte di Valentina Caso, travolta da un autocarro, culmine di una serie di incidenti che hanno coinvolto furgoni e tir. Serie, purtroppo, oggi non ancora interrotta.

Fonte: Milano Today

Incidenti in bici a Milano, già 5 morti nel 2023: chi sono le vittime

29 ago 2023 – 13:35

https://tg24.sky.it/cronaca/2023/08/29/morti-incidenti-bici-milano

La 28enne travolta e uccisa martedì 29 agosto da un camion in zona Porta Romana allunga l’elenco dei ciclisti investiti da mezzi pesanti mentre circolavano in città, una strage silenziosa che allontana l’obiettivo dei decessi zero.

Non si ferma la scia di morti causate da incidenti in bicicletta a Milano. Questa mattina, 29 agosto, una donna di 28 anni è deceduta dopo essere stata colpita da un camion in viale Caldara, a pochi passi da Porta Romana. Nei primi otto mesi del 2023 sono 5 le vittime in bici in città. Ed è allarme sicurezza per chi si sposta con questo mezzo di trasporto.

29 AGOSTO – Secondo i primi riscontri, il tir e la ciclista 28enne viaggiavano nella medesima direzione lungo viale Caldara verso via Filippetti. A una ventina di metri dal semaforo, per cause da accertare, la bicicletta è finita sotto le ruote del camion.

22 GIUGNO – Nel secondo giorno d’estate, la 60enne Alfina D’Amato muore investita da una betoniera in piazza Durante, nella zona nord-est della città. Mentre svoltava a destra il camion ha colpito la donna in bici.

8 MAGGIO – Tianjiao Li, operaio di 55 anni di origini cinesi, viene ucciso da un tir in via Comasina. Ogni giorno percorreva in bici 7km da Cormano, dove risiedeva. Il ciclista è stato trascinato per alcune centinaia di metri prima che l’autoarticolato fermasse la sua corsa.

20 APRILE – Intorno a mezzogiorno Cristina Scozia, 39 anni, muore dopo essere stata travolta da una betoniera nella centralissima via Sforza, davanti alla biblioteca Sormani. La donna è stata urtata dal mezzo pesante che stava svoltando a destra verso Corso di Porta Vittoria.

1° FEBBRAIO – Nel primo pomeriggio Veronica Francesca d’Incà, 38 anni, perde la vita investita da un mezzo pesante in viale Brianza, a due passi da piazza Loreto (nella foto, la protesta dei milanesi che chiedono più sicurezza per i ciclisti).

Altri morti in bici – Fin qui il 2023, ma anche l’anno precedente si era chiuso con una scia di sangue. A novembre era morta, dopo un’agonia di due settimane, Silvia Salvarani: l’insegnante di yoga 66enne era stata travolta da una betoniera mentre pedalava sui Bastioni di Porta Nuova, all’incrocio con via Solferino. Sempre a novembre 2022 ha perso la vita Luca Marengoni, 14enne morto in via Tito Livio, travolto da un tram, mentre stava andando a scuola in bici

STRAGE SILENZIOSA – Secondo i dati Istat negli ultimi vent’anni le vittime annue su strada sono diminuite ma il numero resta alto e a rischiare di più sono pedoni e ciclisti. Nel 2021 hanno perso la vita 229 ciclisti, di cui 141 all’interno di contesti urbani

COSA FARE – Per contrastare la scia di morti su strada, la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB) sottolinea la necessità di adottare la strategia “Safety in numbers”, nata nel Regno Unito, che prevede un aumento delle bici circolanti in strada per diminuire gli incidenti

LO STOP A MILANO – Come deciso dalla giunta comunale a partire dal 1° ottobre a Milano scatterà lo stop alla circolazione dei mezzi pesanti, con peso superiore alle 3,5 tonnellate, privi di sensori per la rilevazione dell’angolo cieco nello specchietto.

Fonte: Sky TG24

FIAB al sit-in in Piazzale Loreto a Milano. Le soluzioni: città 30 e Safety in Numbers

https://fiabitalia.it/fiab-al-sit-in-in-piazzale-loreto-a-milano-le-soluzioni-citta-30-e-safety-in-numbers/

Seduti sull’asfalto, su quella strada che è di tutti, a cominciare da pedoni e ciclisti. Sono più di mille gli attivisti e le attiviste che si sono riuniti venerdì 4 febbraio in Piazzale Loreto a Milano per un sit-in pacifico a pochi giorni dalla morte di Veronica D’Incà, 38enne uccisa dal conducente di un mezzo pesante il primo febbraio. “Basta morti in strada” è la richiesta che si è sollevata per l’ennesima volta attorno a un argomento che, purtroppo, fatica a salire in cima all’agenda politica: la sicurezza stradale.

C’era anche FIAB a Milano con il consigliere nazionale Valerio Montieri per far sentire la voce di chi pedala tutti i giorni e non è più disposto a rinunciare al diritto a muoversi in bicicletta. Tra le soluzioni citiamo misure per favorire le città 30 e la strategia Safety in Numbers (più biciclette ci sono, meglio è per la sicurezza di tutti).

Le immagini di questo articolo sono state scattate dal fotografo Andrea Cherchi, che ringraziamo.

A fine gennaio FIAB è stata tra le realtà che hanno reso possibili le ciclabili umane in mezza Italia. In quel caso il messaggio rivolto alle amministrazioni e alle istituzioni mirava alla realizzazione di infrastrutture bike friendly al servizio del numero crescente di persone che potrebbero e vorrebbero pedalare per andare al lavoro e a scuola. Inoltre si è chiesto il rispetto di quegli spazi che spesso vengono utilizzati da auto e furgoni per il “parcheggio selvaggio”.

Il sit-in a Milano ci ha commosso, così come lo ha fatto la manifestazione organizzata da FIAB a Pavia nei giorni scorsi. Anche in quel caso, tutto è partito dalla morte di Daniele Marchi, il 49enne investito da una persona alla guida di un’automobile. “Basta morti sulle strade” non è uno slogan, ma un impegno che tutta la politica dovrebbe assumersi per il bene di tutti e tutte.

Come FIAB il lavoro di advocacy nelle istituzioni per rispondere all’emergenza cronica della sicurezza stradale continuerà grazie soprattutto al sostegno di soci, socie, attivisti e attiviste che da oltre 30 anni stanno portando avanti quella rivoluzione bici di cui mai come oggi ci sarebbe bisogno.

Fonte: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta

Basta morti in strada: 4 agosto – via Colletta

https://www.ciclobby.it/cms/7-notizie/1012-basta-morti-in-strada-4-agosto-via-colletta

Luciano Avigliano aveva 73 anni quando – il 15 luglio scorso – una persona alla guida di una moto l’ha travolto e ucciso mentre attraversava viale Fulvio TestiKarl Nasr di anni ne aveva solo 18 quando – due giorni fa – una persona alla guida di un’auto, in seguito allo scontro con un’altra auto, l’ha ucciso schiacciandolo contro un palo, mentre era sul marciapiede, fra via Colletta e viale Umbria. Non importa sapere altro: nel 2023 non si può e non si deve morire così. Per questo diamo appuntamento in strada: per ricordare insieme chi ha perso la vita, per urlare ‘basta morti in strada’ e per chiedere a tutte le istituzioni – dal Governo fino al Comune – di agire subito per mettere fine a questa strage. Ci vediamo in strada, sperando che sia l’ultima volta.

Venerdì 4 agosto 2023 ore 18:30 – Presidio in via Colletta angolo viale Umbria

Fonte: Ciclobby Milano

Ciclista investita e uccisa a Milano: è la quinta vittima in bici dall’inizio dell’anno

29 Agosto 2023 

La quinta morte violenta in bicicletta sulle strade di Milano nel 2023 è avvenuta questa mattina, intorno alle 9:55 in Viale Emilio Caldara, all’incrocio con Piazza Medaglie d’Oro nella zona centrale di Porta Romana. Una giovane donna di 28 anni in bicicletta è stata investita dalla persona alla guida di un mezzo pesante finendo schiacciata dal veicolo.

Ciclista investita e uccisa a Milano il 29 agosto 2023 in Viale Emilio Caldara (fonte SkyTg24)
https://www.bikeitalia.it/2023/08/29/ciclista-investita-e-uccisa-a-milano-e-la-quinta-vittima-in-bici-dall-inizio-dell-anno/

L’investimento mortale in zona Porta Romana

Secondo quanto ricostruiscono le cronache, il camion stava procedendo da Piazza Cinque Giornate in direzione Viale Filippetti e dalle prime informazioni emerse la donna in bicicletta percorreva la strada sul lato sinistro del mezzo pesante, mantenendo una traiettoria parallela al veicolo. Al momento le autorità stanno visionando le registrazioni delle telecamere presenti nella zona per ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente. Le indagini sono condotte dalla polizia locale.

La quinta vittima in bici a Milano nel 2023

L’investimento mortale di questa mattina si somma alla serie di incidenti mortali che hanno coinvolto ciclisti a Milano nel corso del 2023. La giovane di 28 anni è la quinta vittima ciclista dall’inizio dell’anno. La sequenza ha avuto inizio il 1° febbraio con la morte di Veronica D’Incà, 38 anni, travolta dalla persona alla guida di un camion mentre pedalava lungo l’angolo tra Piazzale Loreto e Viale Brianza. Il 20 aprile, nel cuore della città, Cristina Scozia, 39 anni, è stata uccisa dalla persona alla guida di una betoniera di fronte alla biblioteca Sormani. Poi, l’8 maggio, Li Tianjiao – cittadino cinese di 55 anni residente a Milano – è stato investito e ucciso dalla persona alla guida di un camion in Via Comasina, all’incrocio con via per Novate. Infine, il 22 giugno scorso, la sessantenne Alfina D’Amato è morta dopo essere stata travolta dalla persona alla guida di una betoniera in Piazza Durante.

Mezzi pesanti: pericolo costante sulle strade di Milano

Tutte le cinque persone in bicicletta investite e uccise nel corso del 2023 a Milano sono state colpite da un mezzo pesante e la questione della circolazione di questo tipo di veicoli in città continua a rappresentare un grave problema di sicurezza per chi pedala in città.

Sit-in dei ciclisti alle 19 sul luogo dell’investimento

Intanto la comunità ciclistica milanese, scossa per l’ennesima morte violenta di una persona in bicicletta sulle strade di Milano, si è data appuntamento per questa sera – martedì 29 agosto – alle ore 19 sul luogo dell’incidente per chiedere ancora una volta all’Amministrazione azioni concrete per poter pedalare in sicurezza e non dover più piangere altri morti violente sulle strade.

Fonte: Bikeitalia

Ancora una ciclista coinvolta a Milano in un incidente stradale

In corso XXII Marzo un’auto si ribalta e travolge una donna di 42 anni che stava passando in bicicletta

La bicicletta e l’auto coinvolte nell’incidente di Corso XXII Marzo a Milano
https://www.rainews.it/tgr/lombardia/articoli/2023/08/ancora-un-incidente-stradale-a-milano-con-un-un-ciclista-coinvolto–db6e43a4-59d3-4bc0-86dc-0ebce69a0381.html

Una ciclista di 42 anni versa in gravi condizioni a seguito di un incidente avvenuto a Milano, in corso XXII Marzo. Stando a una prima ricostruzione un’automobile ha urtato contro un palo e si è ribaltata travolgendo un ciclista attualmente incastrato e in condizioni gravi. Le due persone che viaggiavano nell’auto si trovano ancora nell’abitacolo ma sono coscienti. Sul posto vigili del fuoco e ambulanze.

Martedì un’altra ciclista era stata travolta da un camion in Porta Romana.

Fonte: Rainews

https://www.rainews.it/tgr/lombardia/articoli/2023/08/ancora-un-incidente-stradale-a-milano-con-un-un-ciclista-coinvolto–db6e43a4-59d3-4bc0-86dc-0ebce69a0381.html

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network