Protezione Civile

ROMA, INCENDIO DISCARICA MALAGROTTA: ALTA COLONNA DI FUMO ED ODORE ACRE. LA PROTEZIONE CIVILE: «CHIUDETE LE FINESTRE»

di Redazione Roma

Nessun ferito ma il rogo è esteso e l’alta colonna di fumo potrebbe essere tossica. Diramata raccomandazione alla popolazione: «Condizionatori e finestre chiusi». I numeri verdi per l’emergenza: 800 854 854; 06.67109200

L’impianto di  smaltimento rifiuti a Malagrotta in fiamme
https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/23_dicembre_24/malagrotta-incendio-nel-sito-della-discarica-vigili-del-fuoco-in-azione-2af49788-583b-4542-b914-746e58542xlk.shtml

A fuoco la discarica di Malagrotta. Un densa colonna di fumo, dalle 15.30 di domenica 24 dicembre, si è alzata sul sito di stoccaggio. Sei le squadre dei vigili del fuoco in azione. Non si registrano feriti ma l’incendio, che intorno alle 19 è rientrato sotto controllo, rimane molto esteso. E la nube scura, che potrebbe condurre diossina, si sta spostando verso le zone abitate. Intanto, in attesa delle rilevazioni di Arpa sulla qualità dell’aria la raccomandazione diramata della protezione civile alla popolazione presente nel raggio di un chilometro dalla zona del rogo è di «tenere chiuse le finestre a titolo precauzionale, di non sostare nei pressi dell’area interessata dall’incendio; mantenere chiuse le finestre in caso di fumi persistenti e maleodoranti; non utilizzare al momento i condizionatori d’aria; in caso di emergenza contattare il numero unico emergenze 112 o la Sala operativa h24 della Protezione civile di Roma Capitale al numero verde 800 854 854 o al numero 06.67109200». Intanto si teme per un’emergenza rifiuti – proprio nei giorni già critici delle festività di Natale – in quanto l’impianto andato a fuoco trattava e differenziava fino a 600 tonnellate di rifiuti al giorno, provenienti dal quadrante sud-est della Capitale. 

Maxi operazione dei vigili del fuoco

La sala operativa del comando di Roma ha inviato in via di Malagrotta n. 257 sei squadre dei vigili del fuoco con al seguito due autobotti, un’autoscala, il carro schiuma, il carro autoprotettori. L’impianto interessato è il Tmb 1: si tratta dell’impianto che si era salvato nel maxi incendio che aveva colpito la discarica a giugno del 2022.  Sul posto, oltre a 40 vigili del fuoco con 13 automezzi, anche gli agenti di polizia e del commissariato dei carabinieri di Monteverde, i sanitari del 118. È stato richiesto inoltre alla direzione regionale dei vigili del fuoco del Lazio l’invio di personale Gos-Gruppo operativo speciale con i mezzi di movimento terra. Le operazioni di spegnimento sono ancora in corso. Secondo quanto si apprende, ci vorrà tempo perché le fiamme siano domate del tutto. «L’intervento – spiega Adriano De Acutis comandante provinciale dei vigili del fuoco di Roma – è piuttosto importante perché le temperature all’interno sono elevatissime. Quindi dobbiamo intervenire dall’esterno. Per domare l’incendio spero si tratti di ore però purtroppo se l’accumulo del materiale all’interno è vasto potrebbe essere necessario più tempo. Siamo in contatto con Arpa Lazio. E consigliamo ai cittadini di chiudere le finestre per evitare che possano entrare fumi nelle abitazioni».

Le indagini

Ancora al vaglio le cause del rogo, su cui indaga la polizia. Non si esclude un atto doloso e si va largo pure l’ipotesi che le fiamme possano essere partite da un silos. Ma sono in corso anche verifiche sul funzionamento dell’impianto antincendio e per individuare il punto di innesco delle fiamme. Al vaglio anche i filmati delle telecamere di vigilanza interni ed esterni al complesso. Negli ultimi anni episodi analoghi si sono verificati non soltanto a Malagrotta ma anche in altri impianti capitolini di Trattamento meccanico biologico. L’11 dicembre 2018 era andato a fuoco il Tmb di via Salaria e a marzo 2019 un rogo colpì quello di Rocca Cencia. I vigili del fuoco hanno installato Malagrotta un posto di comando avanzato per gestire le operazioni di soccorso ed intervento in maniera più rapida. Non si esclude che già nelle prossime ore possono essere sentiti i responsabili del deposito insieme con gli operai che erano di turno nel pomeriggio di domenica per capire se siano state rispettate le misure di sicurezza sul lavoro e se siano entrati in funzione tutti gli apparati di sicurezza installati per evitare eventi del genere.

Incognita sostanze tossiche

Alle operazioni di spegnimento partecipano anche squadre specializzate dei vigili del fuoco nella rilevazione di sostanze tossiche nell’aria. E si attende l’intervento degli operatori dell’Arpa Lazio con il posizionamento di centraline per capire se la nube che si è sprigionata dall’incendio e che copre una vasta area sopra la discarica contenga sostanze nocive e soprattutto la direzione dei venti per scongiurare il rischio che le esalazioni possano raggiungere zone abitate. Al momento non si registrano feriti né intossicati.  Il sindaco Roberto Gualtieri ha sentito il prefetto Lamberto Giannini e i comandanti nazionale e provinciale dei vigili del fuoco in merito all’incendio di Malagrotta. Sul posto sono arrivati l’assessora ai Rifiuti Sabrina Alfonsi, il dg di Ama Alessandro Filippi e i presidenti dei Municipi Gianluca Lanzi (XI) e Elio Tomassetti (XII). Il sindaco è in costante contatto e segue la vicenda tenendosi in aggiornamento continuo.

Alfonsi: «Incendio grave, rifiuti a rischio»

L’Assessora Sabrina Alfonsi ha dichiarato: «Siamo in attesa di conoscere l’entità dei danni, anche se sembra certo che l’impianto non potrà essere operativo per un tempo non breve da stabilire. Si tratta del secondo impianto in ordine di importanza per il trattamento dei rifiuti di Roma, presso il quale Ama conferisce ogni giorno circa 650 tonnellate di rifiuti, per un totale di 200 mila tonnellate all’anno. Certamente si tratta di un evento non privo di conseguenze sul regolare svolgimento dell’attività di gestione dei rifiuti, in un periodo in cui la produzione aumenta». L’assessora si è  subito attivata «con l’azienda per minimizzare l’impatto di questo evento, individuando sbocchi alternativi per mettere in sicurezza il conferimento dei rifiuti nei prossimi giorni. In corso anche le valutazioni sugli eventuali interventi da adottare per la salvaguardia della salute dei cittadini».

Le testimonianze social

«È preoccupante, soprattutto per chi abita nei dintorni e potrebbe respirare le particelle che arrivano dalle correnti». Lo scrive, in un post sui social, Mariagrazia M., una cittadina che abita a Malagrotta, a pochi metri dal luogo dove oggi pomeriggio intorno alle 15 si è sviluppato un incendio nell’impianto di trattamento dei rifiuti di Roma e provincia. Un’altra donna, che ha immortalato la scena in un video, non ha nascosto lo spavento: «Ci sono fiamme altissime».

Riunione Centro operativo comunale su ulteriori restrizioni

«Appena appresa la notizia insieme all’assessora capitolina Sabrina Alfonsi e al direttore generale di Ama Alessandro Filippi ci siamo recati presso l’impianto di Malagrotta. L’incendio che ha coinvolto il Tmb 1, grazie all’intervento dei vigili del fuoco, della Protezione Civile e delle forze dell’ordine, al momento è sotto controllo. Tuttavia, alle ore 20 si aprirà il Centro Operativo Comunale presso la Protezione civile di Roma Capitale e si valuteranno eventuali ulteriori restrizioni», dichiarano i presidenti del municipio XI e XII, Gianluca Lanzi ed Elio Tomassetti. E nelle prossime ore alla Procura di Roma si attende una prima informativa di polizia e carabinieri in relazione all’incendio. I pm apriranno quindi un fascicolo di indagine. Nei prossimi giorni, sono attesi anche gli esiti degli accertamenti dei vigili del fuoco.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

COVID, I MORTI A BERGAMO: INDAGATI CONTE E SPERANZA. COINVOLTI ANCHE FONTANA E GALLERA

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid, la Procura ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa

https://www.ilmessaggero.it/politica/covid_conte_speranza_indagati_fontana_brusaferro_locatelli_pandemia_morti_bergamo_zona_rossa-7261270.html

All’inizio di marzo del 2020 il Covid non era più solo un misterioso virus importato dalla Cina. Stava mietendo vittime nella Bergamasca, le proiezioni indicavano un’accelerazione del numero di contagi e delle vittime. Ma la sua diffusione è stata sottovalutata: i mezzi dell’esercito erano pronti però la zona rossa non è stata mai istituita, l’ospedale di Alzano (un focolaio) chiuso e riaperto nel giro di poche ore, il piano pandemico non è mai stato aggiornato né applicato. A quasi tre anni di distanza la Procura di Bergamo chiude l’inchiesta: diciannove gli indagati per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio. 

LE INDAGINI

Tra i nomi spiccano quelli dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’allora ministro della Salute Roberto Speranza, indagati, le cui posizioni saranno trasmesse al Tribunale dei ministri che dovrà valutare gli atti a loro carico. Ci sono poi il rieletto governatore della Lombardia Attilio Fontana, il suo ex assessore al Welfare Giulio Gallera, il presidente del Consiglio superiore della sanità Franco Locatelli, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il coordinatore del Comitato tecnico scientifico nella prima fase dell’emergenza Agostino Miozzo. E ancora, l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli, ex dirigenti del Comitato tecnico scientifico e Francesco Maraglino, ex direttore Prevenzione delle Malattie trasmissibili e Profilassi internazionale. Le indagini, spiega il procuratore capo Antonio Chiappani, «sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti» informatici e cartacei «nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti». Un’analisi che ha consentito di ricostruire i fatti a partire dal 5 gennaio 2020, quando l’Oms ha lanciato l’allarme globale a tutti i Paesi per poi diffondere, cinque giorni dopo, «un pacchetto completo di linee guida su come rilevare, testare e gestire potenziali casi e proteggere gli operatori sanitari». Gli inquirenti si sono avvalsi della maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd: basata su un modello matematico, ha stabilito che se fosse stata istituita la zona rossa in Val Seriana, al 27 febbraio i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno. E invece è stata una strage, con le terapie intensive al collasso e i medici costretti a scegliere tra chi intubare e chi lasciare morire, con le file di camion che trasportavano le bare nei crematori di altre regioni poiché nei cimiteri lombardi non c’era più posto. 

«GRAVI OMISSIONI»


Il procuratore Chiappani, a fine gennaio, aveva anticipato che le risultanze investigative «hanno accertato gravi omissioni nella valutazione dei rischi pandemici e nella gestione della prima fase della pandemia». Cioè a primavera di tre anni fa quanto, ricorda, il Covid «cagionò oltre tremila vittime nella Bergamasca». E si tratta solo dei numeri ufficiali, perché in base alle stime i morti a causa del virus non intercettati dalle statistiche sarebbero almeno il doppio. Per i parenti delle vittime la chiusura delle indagini è una vittoria, benché amara. «Da oggi si riscrive la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni. Da sempre ci siamo battuti per la verità per i nostri cari, nonostante l’omertà che ha sempre contraddistinto questa storia. Siamo andati avanti senza mai scoraggiarci nel percorso di memoria e di giustizia». Intanto l’ex premier Conte, ora a capo del M5s, anticipa «la massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica». E l’ex ministro Speranza in una nota afferma di aver «sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto», aggiungendo di essere «molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina ed onore nell’esclusivo interesse del Paese». 

Fonte: Il Messaggero

Covid nella Bergamasca, chiusa l’inchiesta sulla mancata zona rossa: indagati Conte, Speranza, Fontana e Gallera

https://milano.repubblica.it/cronaca/2023/03/01/news/covid_inchiesta_bergamo_indagati_conte_speranza_fontana_gallera-390144883/

dal nostro inviato Paolo Berizzi

Si chiude la maxi inchiesta su quanto accadde nella Bergamasca nella primavera 2020 con la mancata zona rossa in Valle Seriana. Indagati anche Brusaferro, Locatelli, Miozzo e Borrelli. Conte: “Tranquillo di fronte ai cittadini”

BERGAMO – Dopo tre anni e migliaia di croci, dopo gli ospedali al collasso, le bare sui camion militari e le altre immagini simbolo della strage silenziosa, il Covid a Bergamo si deposita sulle carte giudiziarie. La Procura – sono passati 1102 giorni dal primo caso di contagio nella bergamasca, la provincia più colpita d’Italia – ha chiuso l’indagine sulla gestione del virus nei primi mesi della pandemia.

Fonte: Repubblica

Chiusa l’inchiesta di Bergamo sulla gestione della prima ondata Covid: indagati Conte, Speranza, Fontana, Gallera. Il leader M5s: “Tranquillo di fronte al Paese”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/01/chiusa-lindagine-di-bergamo-sulla-gestione-della-prima-ondata-covid/7082350/

ESCLUSIVO – La Guardia di Finanza ha avviato le notifiche per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio per venti indagati. Per l’ex premier Conte e l’ex ministro Speranza si prepara la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri. Tra gli indagati anche il presidente dell’Iss Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Locatelli, l’allora presidente del Cts Miozzo e quello della Protezione civile Borrelli.

di Alessandro Mantovani | 1 MARZO 2023

Indagati l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente appena riconfermato della Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare, Giulio Gallera, rimasto fuori dal Consiglio regionale nell’ultima tornata elettorale. E ancora. Indagati diversi dirigenti chiave del ministero della Salute, non tutti ex; il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro; il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo; l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli.

A tre anni dall’inizio della pandemia la Procura di Bergamo ha chiuso l’indagine sulla gestione della prima ondata. La Guardia di Finanza ha avviato le notifiche degli avvisi conclusivi per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio per venti indagati. Per l’ex premier Conte – a cui i pm contestano epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo – e l’ex ministro Speranza – a cui i pm contestano epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio – si prepara la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri.

L’inchiesta, condotta da un pool di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota e dagli investigatori della Guardia di finanza, riguarda tra l’altro il mancato aggiornamento e la mancata attuazione dei piani pandemici a livello nazionale e regionale, ma anche la rinuncia a istituire alla fine di febbraio 2020 la zona rossa nei Comuni di Alzano lombardo e Nembro. La Val Seriana, nella Bergamasca, per numero di morti e contagi passerà alla storia per la Wuhan d’Europa, e le immagini di tre anni fa dei camion dell’esercito piene di bare faranno il giro del mondo. Le accuse formulate dai pm in merito alla mancata zona rossa hanno potuto contare sulla famosa consulenza del microbiologo Andrea Crisanti, oggi senatore Pd, assieme all medico legale Ernesto D’Aloja e all’ex direttore della Asl di Pavia Daniele Donati.

Di recente il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il 28 gennaio scorso, aveva tracciato il quadro delle indagini per delineare la portata delle risultanze investigative che “hanno accertato gravi omissioni nella valutazione dei rischi pandemici e nella gestione della prima fase della pandemia”. Ovvero, nella primavera del 2020, quando, come ha rimarcato Chiappani, il Covid-19 nella Bergamasca “cagionò oltre tremila vittime” per stare solo ai numeri accertati, visto che tra fine febbraio e aprile 2020 l’eccesso di mortalità registrato in quella zona fu di 6.200 persone rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti.

Il leader M5s ha diffuso una nota per commentare la notizia: “Apprendo notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica”.

TUTTA L’INCHIESTA SUL FATTO QUOTIDIANO IN EDICOLA GIOVEDI’ 2 MARZO

Covid, chiusa a Bergamo l’inchiesta sulla gestione della prima ondata: indagati anche Conte e Speranza

Secondo la Procura di Bergamo, “il disastro si sarebbe potuto evitare”. Nel registro compaiono anche i nomi di Attilio Fontana, Giulio Gallera, Silvio Brusaferro, Franco Locatelli, Agostino Miozzo e Angelo Borrelli

01 MARZO 2023 22:20

L’inchiesta sulla prima ondata Covid condotta dalla Procura di Bergamo giunge alla conclusione.

Tra gli indagati figurebbero l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare Giulio Gallera. Nel registro compaiono anche il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Secondo i pm bergamaschi, “il disastro si sarebbe potuto evitare”.

Le posizioni di Conte e Speranza saranno trasmesse al Tribunale dei ministri, che dovrà valutare gli atti a loro carico. Non figurano, dunque, nell’avviso di conclusione indagini, non ancora notificato agli altri 17 indagati, tra cui ci sono pure alcuni ex dirigenti del Comitato Tecnico Scientifico e Francesco Maraglino, ex direttore dell’Ufficio 5 – Prevenzione delle Malattie trasmissibili e Profilassi internazionale.

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato il territorio di Bergamo con oltre 6mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente, la Procura ha chiuso l’inchiesta. Gli indagati sarebbero 17. Le ipotesi di reato sono di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti d’ufficio e falso.

Coronavirus, l’esercito porta bare da Bergamo fuori regione per cremazione

Le indagini

 Al di là del numero degli indagati e dell’eventuale invio di alcuni filoni ad altre Procure, gli accertamenti, che si sono avvalsi di una maxi-consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd, hanno riguardato tre livelli. Uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale. L’inchiesta, che già contava alcuni indagati come i vertici dell’Ats di Bergamo e dirigenti dell’assessorato regionale alla Sanità, come scrive in una nota il Procuratore Chiappani, “sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti” informatici o cartacei “nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti”.

Dalle morti in Rsa alla zona rossa

 Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della guardia di finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano. Sotto la lente delle autorità anche i mancati aggiornamenti del piano pandemico, fermo al 2006, e l’applicazione di quello esistente anche se datato che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.

Le famiglie delle vittime: “Pm onorano chi non c’è più”

 “Ringrazio a nome dei familiari la procura di Bergamo che con questi risultati di indagine dà onore ai deceduti – commenta l’avvocato Consuelo Locati, referente del team legale dell’associazione dei familiari delle vittime del Covid ‘Sereniesempreuniti’ -. Noi familiari delle vittime ci abbiamo sempre creduto, la procura di Bergamo è stata l’unica istituzione che ha ascoltato la nostra voce”.

“Si riscrive la storia della strage”

 “Da oggi – si legge in una nota dell’associazione – si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni”.

Fonte: Tgcom24

Dott. Alessio Brancaccio, Università degli Studi di L’Aquila, ideologo movimento ambientalista Ultima Generazione, membro attivo Fondazione Michele Scarponi Onlus

TURCHIA, TERREMOTO DI MAGNITUDO 7.9: RIENTRA ALLARME TSUNAMI IN SUD ITALIA

Decine le vittime e si segnalano persone intrappolate sotto gli edifici, più di 80 morti anche in Siria. Il sisma ha avuto ipocentro a circa 25 km di profondità ed epicentro nella provincia di Gaziantep. Sulla base dei dati elaborati dal Centro allerta tsunami (Cat) dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il Dipartimento della Protezione civile ha diramato un’allerta per possibili onde di maremoto in arrivo sulle coste italiane parzialmente ridimensionato dal direttore operativo D’Angelo

Una scossa di terremoto di magnitudo 7.9 è stata registrata alle 4:17 ora locale (le 2:17 in Italia) nel sud della Turchia, non lontano dal confine con la Siria. Secondo i dati dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) italiano e del servizio di monitoraggio geologico statunitense Usgs, il sisma ha avuto ipocentro a circa 25 km di profondità ed epicentro nella provincia di Gaziantep. Sulla base dei dati elaborati dal Centro allerta tsunami (Cat) dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il Dipartimento della Protezione civile ha diramato un’allerta per possibili onde di maremoto in arrivo sulle coste italiane in seguito alla scossa di terremoto di magnitudo 7.9 con epicentro tra Turchia e Siria delle ore 2:17. In un comunicato, la Protezione civile “raccomanda di allontanarsi dalle zone costiere, di raggiungere l’area vicina più elevata e di seguire le indicazioni delle autorità locali”.  In seguito il direttore operativo Luigi D’Angelo a Rainews ha dichiarato il ridimensionamento dell’allerta: “Continuiamo a monitorare la situazione”.  L’onda di impatto dovrebbe arrivare sulla costa siciliana alle 6:35 su Siracusa‚ alle 6:39 a Catania e alle 6:40 a Messina. A seguire l’onda potrebbe impattare su Portopalo, Ginostra, Strombolicchio, Milazzo, Palermo, Marettimo, Gela, Pantelleria, Lampedusa, Porto Empedocle, Sciacca e Mazara del Vallo. Il Dipartimento regionale Protezione civile (Drpc) della Sicilia “invita i cittadini ad allontanarsi dal litorale basso‚ da zone portuali‚ e di avvisare la popolazione e porre la massima attenzione”. 

Decine le vittime, almeno 135 edifici crollati

Dieci persone sono morte nella provincia turca meridionale di Urfa in seguito al terremoto di magnitudo 7.9 che ha colpito la regione, ha detto il governatore provinciale Salih Ayhan alla televisione turca Ntv. L’agenzia statale turca Anadolu poco prima aveva riportato un bilancio iniziale di cinque morti a causa del forte sisma, nella provincia di Osmaniye. Anche in Siria si segnalano più di 80 morti.

Una foto dei danni del sisma a Malatya – ©Getty
Le prime immagini che arrivano dalla provincia di Gaziantep in Turchia dove ieri notte alle 3.17 locali si è verificato un devastante terremoto di magnitudo 7.8 Richter che ha già fatto 2600 morti con un bilancio delle vittime in costante aumento https://tg24.sky.it/mondo/2023/02/06/allerta-tsunami-italia-terremoto-turchia

La nota della protezione civile

“Il maremoto – spiega la nota della Protezione civile – consiste in una serie di onde marine prodotte dal rapido spostamento di una grande massa d’acqua. L’allerta indica la possibilità di un pericolo reale per le persone che si trovano vicino alla costa, specialmente se in zone poco alte, o addirittura più basse, rispetto al livello del mare. Anche un’onda di solo 0,5 metri di altezza – viene sottolineato nel comunicato – può generare pericolose inondazioni e fortissime correnti”. “Il Dipartimento della Protezione civile, in raccordo con l’Ingv, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e le strutture del Servizio nazionale di protezione civile (Snpc), continuerà a fornire tutti gli aggiornamenti disponibili sull’evoluzione dell’evento”, conclude la nota. In seguito il direttore operativo della Protezione civile Luigi D’Angelo ha ridimensionato a Rainews l’allerta con la prudenza del caso: “L’onda dovrebbe essere di una quindicina di centimetri, ma continuiamo a monitorare la situazione”.

Terremoto in Turchia, le immagini della devastazione. FOTO

La scossa di magnitudo 7.8 è stata registrata nella notte nel sud del Paese, non lontano dal confine con la Siria. Sono seguite diverse forti repliche e in mattinata una nuova forte scossa. Il sisma ha innescato anche una allerta tsunami nel Mediterraneo, anche per le coste italiane. Oltre 2.650 le vittime già accertate e migliaia i feriti.

Fonte: Sky TG24

Terremoto in Turchia e Siria: i video della devastazione

06 FEBBRAIO 2023 18:49

di Federica Morandi

Gli edifici, nei video, che crollano in pochi secondi, con le persone ancora allʼinterno. Poi, la devastazione lasciata dalle scosse di terremoto, i soccorsi, le ricerche dei superstiti. Il terremoto che ha colpito nella notte Turchia e Siria ha provocato centinaia di morti in entrambi i Paesi

https://www.tgcom24.mediaset.it/2023/video/terremoto-in-turchia-e-siria-i-video-della-devastazione_60783676-02k.shtml

Terremoto di magnitudo 7.9 devasta Turchia e Siria: morte oltre 3600 persone. Oms: “Potrebbero essere superiori di otto volte” – la diretta

Erdogan: “Il sisma più forte dal 1939”. Soccorritori lavorano senza sosta per estrarre le persone dalle macerie. Solidarietà e offerte di aiuto da Ue, Usa, Russia e anche Ucraina. La stima dall’United States Geological Survey: “Fino a 10mila morti”. Nuova scossa di magnitudo 7.5

https://www.ilfattoquotidiano.it/live-post/2023/02/06/terremoto-di-magnitudo-7-9-devasta-turchia-e-siria-morte-oltre-3600-persone-oms-potrebbero-essere-superiori-di-otto-volte-la-diretta/6991136/

Terremoto Turchia e Siria, le ultime notizie in diretta. Nuova ondata di scosse, i morti sono oltre 5.000. Un italiano tra i dispersi

Gli aggiornamenti dopo le scosse che hanno devastato i due Paesi

https://www.ilmessaggero.it/mondo/terremoto_turchia_siria_ultime_notizie_diretta-7216069.html

Terremoto al confine tra Turchia e Siria, i morti sono più di 5mila | Un italiano disperso | Oms: fino a 23 milioni le persone colpite dal sisma

Incendio in un porto nel sud-est. Una donna e i suoi tre figli recuperati dopo 28 ore sotto le macerie. Squadre di soccorso da tutto il mondo: arrivato anche il team dei nostri Vigili del fuoco

I droni catturano immagini di distruzione nelle città della Turchia colpite dal terremoto. Anche le fiamme sono divampate in un porto nel sud-est del Paese, a Iskenderun. Da tutto il mondo arrivano squadre di soccorso per cercare di recuperare, in una disperata corsa contro il tempo.

Terremoto in Turchia e Siria, le ultime notizie. In molte città ritardi nei soccorsi: “Sopravvissuti ci inviano messaggi vocali da sotto le macerie”. Bilancio aggiornato: oltre 7mila morti

Ad Adana i superstiti accolgono tra le urla il ministro dell’Agricoltura: “Perché non siete venuti prima?”. Si cerca ancora un italiano. Le condizioni meteo rendono difficili le operazioni. Siria: “Gli aiuti passino soltanto per Damasco”

07 FEBBRAIO 2023 AGGIORNATO ALLE 20:08

Al momento sono più di 5mila le vittime accertate del terremoto che ha distrutto intere zone della Turchia e della Siria. Il numero resta provvisorio, si continua a scavare tra le macerie delle migliaia di edifici venuti giù in entrambi i Paesi. L’Oms non lascia molte illusioni: le vittime del sisma alla fine potrebbero essere più di 20mila.

https://www.repubblica.it/esteri/2023/02/07/diretta/terremoto_turchia_siria_morti_ultime_notizie-386795321/

Terremoto al confine tra Turchia e Siria, oltre 7.100 morti: devastata un’area di 450 chilometri | Decine di scuole e ospedali distrutti

Colpite 23 milioni di persone. Un 15enne è stato salvato dopo essere rimasto sepolto 35 ore sotto le macerie. Il ministro Musumeci: “Dall’Italia una nave della Marina Militare (San Marco) e un ospedale da campo”

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/terremoto-turchia-siria-morti-diretta_60796884-202302k.shtml

Terremoto Turchia e Siria, i morti sono migliaia. “Ad Aleppo una catastrofe”. LIVE

Il presidente turco Erdogan ha dichiarato lo stato di emergenza per tre mesi nelle 10 province del sud est della Turchia che sono state colpite dal terremoto. Oltre 300 le scosse di assestamento, più di 5.600 gli edifici crollati. Danni e incendi ai gasdotti, forniture sospese. Squadre di medici e soccorritori anche da Russia e Cina.  Il ministro Tajani: “La Farnesina non è riuscita a entrare in contatto con un connazionale”

È salito a più di 7.000 i morti accertati il bilancio provvisorio del terremoto in Turchia e Siria. Le rispettive autorità hanno fatto sapere che le vittime accertate in Turchia sono 5.434 e in Siria 1.832.  L’Usgs stima fino a 10mila vittime. Dopo 28 ore dal sisma, una donna e i suoi tre figli sono stati estratti dalle macerie di un edificio crollato nel distretto Nizip di Gaziantep, nel Sud della Turchia. Il ministro degli Esteri Tajani su Twitter: “L’Unità di Crisi del ministero degli Esteri ha rintracciato tutti gli italiani che erano nella zona del sisma. Tranne uno. Si sta cercando ancora un nostro connazionale, in Turchia per ragioni di lavoro. La Farnesina, fino ad ora, non è riuscita ad entrare in contatto con lui”. Il suolo dell’Anatolia si è spostato di almeno 3 metri. Il presidente turco Erdogan ha proclamato 7 giorni di lutto nazionale. La scossa è stata avvertita fino in Groenlandia. Scattata l’allerta tsunami per l’Italia, poi revocata. In arrivo soccorritori da tutto il mondo. 

https://tg24.sky.it/mondo/2023/02/07/turchia-terremoto-diretta

Sisma Turchia-Siria: nuova faglia, suolo slittato 10 metri

Amato (Ingv), spostamento orizzontale verso l’Egeo

Schema delle principali faglie attive in Turchia. Nel terremoto del 6 febbraio 2023 si è attivata quella Est Anatolica (fonte: Mikenorton da Wikipedia) – RIPRODUZIONE RISERVATA https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/terra_poli/2023/02/07/sisma-turchia-siria-nuova-faglia-suolo-slittato-10-metri_2559ecf4-9897-4db7-b86f-53f08711bc64.html

Ha provocato uno spostamento del suolo fino a 10 metri, la nuova faglia che si è attivata ieri al confine fra Turchia e Siria.

Lo ha detto all’ANSA il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

“E’ avvenuto un movimento di tipo trascorrente”, ossia il suolo è slittato orizzontalmente lungo i due lembi della faglia, “con un orientamento verso sinistra, in direzione dell’Egeo”, ha detto ancora Amato. “Su alcune parti della faglia è stato calcolato uno spostamento della faglia fino a 10 metri”.

6 Febbraio 2023 ore 2.17 ora italiana, ore 4.17 ora turca. Allineamento celeste lungo l’eclittica dei Pianeti Gioviani con presenza di Luna in Plenilunio

Scrivo questo aggiornamento per mantenere sempre alta la memoria di due illustri personaggi che conoscevano entrambi molto bene le fasi lunari e le forze che la Luna esercita sulla Terra: mio nonno materno Carmine Palermo, il quale da giovane aveva studiato agraria in collegio a Città di Castello in provincia di Perugia e quindi conosceva molto bene le fasi lunari per sapere quando era il momento di effettuare delle precise tecniche agronomiche ed il Prof. Raffaele Bendandi, l’unico uomo che nel Novecento era in grado di prevedere i terremoti in Italia e nel Mondo, grazie alle sue profonde conoscenze del calcolo fisico vettoriale e di come l’allineamento dei Pianeti Gioviani (Giove e Saturno) lungo l’eclittica, il moto apparente del Sole e con la Luna presente in fase di Plenilunio o Luna Piena, possano determinare le condizioni ideali per lo scatenamento di un terremoto in un luogo nel Mondo.

Carmine Palermo, nato a Scurcola Marsicana (AQ) il 25 Novembre 1930 e morto a Pescina (AQ) il 30 Gennaio 2015, l’Uomo appassionato di agricoltura che conosceva molto bene le fasi lunari per sapere quando fosse il momento ideale per lavorare le sue terre adottando precise tecniche agronomiche e nonno materno del Dott. Alessio Brancaccio, grande storico appassionato di astrofisica ed astronomia
Raffaele Bendandi, il mago dei Terremoti
Raffaele Bendandi
Raffaele Bendandi ritratto assieme ad un modellino in scala della nostra Terra
Il Prof. Raffaele Bendandi ritratto nel suo studio a Faenza (RN) che poi è diventato la sede dell’Osservatorio La Bendandiana, gestito dalla Dott.ssa Paola Lagorio

Adesso vi mostro di seguito quello che la Scienza ufficiale rappresentata per i terremoti dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in Italia, ma anche altri organismi scientifici in tutto il Mondo negheranno sempre, perché non avendo conoscenze di calcolo fisico vettoriale come aveva Bendandi, essi non sono in grado di stabilire con precisione quando e dove avverrà un terremoto potente nel Mondo, per cui temono sia di dover riscrivere la storia della sismologia e sia perché non ne saranno mai in grado.

Questo che vedete è il cielo dell’emisfero boreale Nord risalente al giorno 6 Febbraio 2023 alle ore 2.17 ora italiana (le 4.17 ora turca) in cui è avvenuto il devastante terremoto nella provincia di Gaziantep in Turchia: quello che risalta subito all’occhio è l’allineamento dei principali pianeti gioviani (Giove e Saturno), compresi tutti gli altri pianeti che compongono il nostro Sistema Solare, ovvero Mercurio, Venere, Marte ed Urano, con la presenza della Luna lungo il piano dell’eclittica, il moto apparente con cui il Sole si muove attraverso la volta celeste. Voglio ricordare in questa sede che il Prof. Bendandi asseriva che era possibile prevedere un terremoto semplicemente verificando la posizione dei pianeti gioviani maggiori lungo l’eclittica, assieme alla presenza della Luna in fase di Plenilunio o Luna Piena: la combinazione di questi due fattori, i corpi celesti planetari, assieme al Sole sono la causa dei movimenti della crosta terrestre, attraverso l’esercitazione di un’attrazione gravitazionale diretta sul nostro pianeta Terra, compresa la Luna che era in grado di poter creare una forza di corrugazione diretta sulle placche tettoniche e di farle spostare mediante precisi movimenti, causando il fenomeno dei terremoti sul nostro pianeta. Se ci pensate bene, come la Luna causa il fenomeno delle maree in mare, è in grado esattamente di comportarsi allo stesso modo anche con la crosta terrestre sulla terraferma.

La volta celeste di quel giorno è stata ricostruita da me Alessio Brancaccio grazie alla consultazione dell’atlante celeste online Stellarium, disponibile al seguente link: https://stellarium-web.org

Il ricercatore aquilano recentemente scomparso Giampaolo Giuliani parla di Raffaele Bendandi e della sua previsione del terremoto dell’11 Maggio 2011

23 Ottobre 2011: violento terremoto a Van in Turchia, 217 morti e centinaia di dispersi

Scossa di magnitudo 7,2 nella provincia orientale con capoluogo Van, 380mila abitanti. Una prima stima parla di 500-1000 vittime. Appello del primo cittadino: “Ci sono molti morti, abbiamo bisogno di medici e aiuti”. Israele offre sostegno umanitario, Ankara rifiuta. Oltre mille feriti

ANKARA – Un forte terremoto è stato registrato in una provincia orientale turca con capoluogo nella città di Van, 380mila abitanti, vicina al confine con l’Iran. Il bilancio sarebbe drammatico: i morti accertati sono 217 (con 1090 feriti), ma i dispersi sono centinaia. Secondo una stima dell’istituto di sismologia Kandill di Istanbul le vittime sarebbero tra 500 e mille.

I morti accertati a Ercis sono 117, 100 quelli nella città di Van. Mezzi dell’esercito e della mezzaluna rossa sono all’opera nell’area colpita, dove si è recato anche il premier Erdogan. Israele, in crisi diplomatica con la Turchia, offre il suo aiuto umanitario, ma Ankara ha rifiutato.

Il terremoto è avvenuto alle 13:41 locali (le 12:41 italiane) ed è stato avvertito fra l’altro a Diyarbakir, Sirnak, Siirt, Batman e Mardin. La scossa è stata di magnitudo 7,2, con profondità di 20 chilometri ed epicentro a 16 chilometri a Nord-Est di Van.

Il sindaco del capoluogo, Bekir Kaya, ha parlato di “molto morti – ha riferito alla televisione turca Ntv – parecchi edifici sono crollati, c’è tanta distruzione. Abbiamo urgente bisogno di aiuto, di medici”. La televisione rende chiaramente la misura del dramma: edifici di più piani crollati, gente che scava con le mani o invoca aiuto sbracciandosi in una lotta contro il tempo per cercare di tirare fuori dalle macerie le persone intrappolate.

In un’intervista all’emittente locale Ntv, anche il sindaco del distretto di Ercis, Zulfikar Arapoglu, ha detto che ci sono “molti morti e feriti” e ha chiesto aiuti immediati. La mezzaluna rossa fa sapere che un suo team in zona sta cercando di estrarre vivi i residenti di una casa per studenti e che sono in arrivo tende, coperte e cibo per gli sfollati della regione.

Il vicepremier turco Besir Atalay ha riferito che il sisma nell’est della Turchia ha abbattuto circa dieci edifici a Van e tra i 25 e i 30 nel vicino distretto di Ercis. Anche la rete telefonica è seriamente danneggiata, l’aeroporto invece è aperto e attivo.

Attraverso il consolato di Smirne, l’ambasciata italiana ad Ankara si è accertata delle condizioni dell’unica famiglia di nostri connazionali residente a Van: originario di Pisa, il nucleo composto di padre, madre e figlia sta bene. Al momento del sisma i tre erano nel loro appartamento al quinto piano di un edificio: hanno avuto appena il tempo di afferrare l’indispensabile e allontanarsi in auto. Mentre fuggivano c’è stata una scossa di assestamento e hanno visto “crollare palazzi” mentre tutto intorno si scatenava “il caos”. Il loro edificio non è crollato ma è inagibile e quindi i tre hanno dovuto trovare alloggio in un albergo della zona del lago di Van.

Nella provincia di Van si sono susseguite una ventina di scosse di assestamento. Una in particolare, con epicentro a 20 chilometri a Nord-Est di Van, ha raggiunto magnitudo 6,0 secondo l’Usgs. Le scosse sono state avvertite anche nelle province limitrofe, creando forte panico nella popolazione e scatenando la fuga in massa dalle abitazioni.

Le conseguenze del terremoto potrebbero essere davvero disastrose in un paese come la Turchia, dove molte case sono state edificate non nel pieno rispetto delle norme, è il commento dei sismologi citati dalle televisioni. La Turchia è un paese notoriamente a rischio terremoto. Nei mesi di agosto e novembre del 1999, due forti scosse provocarono la morte di circa 20mila persone.

Secondo una stima di Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti (Cnt) dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), le vittime del sisma in Turchia potrebbero essere circa 10mila, con un tasso di mortalità oscillante tra tra l’1% e il 5% della popolazione. “Calcolando che gli abitanti colpiti dal terremoto sono 370 mila – afferma lo studioso – in base ai precedenti sismi in Turchia, Pakistan, Afghanistan e Iraq, si può ragionevolmente stimare in circa 10mila il numero di vittime, ovvero tra l’1% il 5% degli abitanti”.

Attraverso il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione, Manuel Barroso, hanno espresso le condoglianze dell’Unione europea “al popolo e alle autorità della Turchia. La Nato, di cui la Turchia è membro, attraverso il segretario generale Anders Fogh Rasmussen si è detta disposta ad “assistere, se necessario, il nostro alleato turco”.

Di fronte alla tragedia, anche Israele ha offerto il suo aiuto umanitario alla Turchia, sebbene le relazioni tra i due paesi siano congelate. Oltre al ministro degli esteri Avigdor Lieberman, anche il ministro della Difesa di Tel Aviv, Ehud Barack, ha comunicato ad Ankara la disponibilità a fornire “tutto l’aiuto di cui ha bisogno”.

Recentemente la Turchia ha espulso l’ambasciatore di Israele e ha congelato le relazioni militari con Tel Aviv per protesta contro il rifiuto israeliano di scusarsi per le vittime causate nel 2010 dal blitz delle sue teste di cuoio su un battello turco della Freedom Flotilla che cercava di forzare il blocco navale per portare aiuti a Gaza.

La Turchia, comunque, ha fatto sapere di aver respinto tutte le offerte di aiuto, non solo quella di Israele, ma anche quelle di tutti gli altri Stati.

https://www.repubblica.it/esteri/2011/10/23/news/sisma_turchia-23718544/

17 agosto 1999, un devastante terremoto di Mw 7.6 colpisce la Turchia ad Izmit: 17000 morti

17000 vittime sorprese nel sonno dalla scossa, circa 50.000 feriti, migliaia di dispersi, circa 500.000 senza tetto

http://www.blueplanetheart.it/2018/08/17-agosto-1999-un-devastante-terremoto-mw-7-6-colpisce-la-turchia/

Poco dopo le 3 del mattino ora locale un terremoto di Mw 7,6 della scala Richter colpisce la Turchia nord-occidentale, dove vive un terzo della popolazione e hanno sede metà delle industrie del paese. L’epicentro del sisma è a Izmit, situata a 65 miglia da Istanbul sulla linea di faglia dell’Anatolia settentrionale. L’orario del sisma è tragico, la gente è addormentata nelle case, e i crolli uccidono migliaia di persone. Moltissime altre muoiono per lesioni, soffocamento o disidratazione prima che le squadre di soccorso riescano ad estrarle dalle macerie. Complessivamente restarono uccise 17.000 persone, circa 50.000 feriti, migliaia di dispersi, circa 500.000 senza tetto e hanno stimato danni da 3 a 6,5 ​​miliardi di dollari nelle province di Istanbul, Kocaeli e Sakarya. e i danni ammontano a 6 miliardi e mezzo di dollari: uno dei terremoti più devastanti del secolo.

A Izmit, nel nord ovest della Turchia, interi edifici furono rasi al suolo e le linee elettriche e telefoniche furono interrotte costringendo i residenti colti dal panico a riversarsi nelle strade.

L’epicentro fu localizzato tra Izmit e Bursa, circa 100 km a est di Istanbul, dove si incendiò una raffineria di petrolio. Il numero di feriti fu molto elevato non solo a Golcuk, ma anche nelle città di Derince e Darica, entrambe ad ovest di Izmit. Anche il grosso centro di Adapazari, a nord est del lago di Sapanca, fu colpito seriamente dal sisma.

A poche ore dall’evento il numero delle vittime cresceva significativamente e cominciavano a giungere anche le prime valutazioni dei danni, mentre si continuava a lavorare per ripristinare le linee di comunicazione con città e villaggi interrotte dal terremoto.

Il 18 agosto, mentre le unità di soccorso erano impegnate incessantemente nell’opera di rimozione dei detriti, i vigili del fuoco furono costretti a lottare contro un incendio di grosse proporzioni, scatenatosi nella raffineria di petrolio di Izmit, la più grande della Turchia. Furono anche impiegati aerei che scaricarono ritardanti chimici sulle fiamme che minacciavano l’intero impianto. Se le fiamme non fossero state contenute immediatamente, il rischio di un’esplosione sarebbe stato molto elevato.

La durata del forte scuotimento è stata di 37 secondi con accelerazione massima di 0,3-0,4 g.

Siria, un Paese in guerra e senza soccorsi. E Assad blocca gli aiuti internazionali

di Daniele Raineri

Distrutte le strade che portano all’unico valico disponibile per i convogli. Sì Usa alla solidarietà, ma senza passare da Damasco: “Massacra i civili”

08 FEBBRAIO 2023 ALLE 02:00

Dalla prima scossa del terremoto più potente degli ultimi cento anni in Turchia e Siria, nessun aiuto organizzato è ancora arrivato nel Nord-Ovest siriano, in una regione abitata da quasi quattro milioni di persone. Settanta governi hanno fatto richiesta di aiutare la Turchia, quattordici richieste sono state già accolte e tremila specialisti internazionali in operazioni di soccorso sono già al lavoro.

https://www.repubblica.it/esteri/2023/02/08/news/siria_isolata_terremoto_turchia-386904865/

Ora Istanbul ha paura: la faglia a 20 chilometri dalla città e l’attesa di un «Big One» come in California

di Giovanni Caprara

Amato (Ingv): placca anatolica, spostamenti fino a dieci metri. La sismologa turca Aybige Akinci: alta sismicità nel 90 per cento del Paese

https://www.corriere.it/cronache/23_febbraio_08/terremoto-istanbul-rischio-big-one-b948158c-a72a-11ed-b9c4-8c4ac5be6a91.shtml

«La situazione sismica in Turchia e in Siria continua ad essere critica. La scossa di lunedì con magnitudo 7.5 sulla placca anatolica (che ha provocato, secondo l’ultimo bilancio oltre 11mila morti in Turchia e Siria) si è distribuita per circa cento chilometri nella direzione est-ovest e nella zona centrale ha mostrato, sia pure in un’area limitata, uno spostamento di dieci metri» spiega Alessandro Amato, dirigente di ricerca all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). L’energia accumulata negli ultimi anni richiede ancora tempo per essere liberata, come dimostra il continuo ripetersi delle scosse che anche ieri è continuato con un ritmo sostenuto mantenendosi ad un livello di 4.7 della scala Richter.

La placca

«Del resto la placca anatolica si muove due centimetri all’anno rispetto alla placca arabica e le forze in gioco alimentano l’accumulo di energia — aggiunge —. Si cerca di studiare l’andamento del fenomeno con i modelli teorici di trasferimento di stress, ma i risultati non aiutano a decifrare bene ciò che potrebbe accadere nel sottosuolo. Certo negli ultimi anni esaminando i dati storici e valutando con nuovi strumenti come i satelliti le deformazioni dei suoli abbiamo maggiore conoscenza. Possiamo quindi migliorare la prevenzione mentre la previsione resta impossibile». La storia sismica della Turchia offre bollettini con numeri di vittime pesanti. «È un Paese vulnerabile ai terremoti trovandosi al crocicchio di tre grandi placche in continuo movimento» precisa Aybige Akinci, sismologa turca ora ricercatrice all’Ingv ma impegnata anche in progetti in collaborazione con i colleghi in Turchia. «Negli ultimi vent’anni — prosegue la scienziata — tre sismi oltre i sette gradi della scala Richter certificano un territorio che per il 90 per cento è ad alta sismicità e uno dei più attivi del Mediterraneo e del mondo.

Le faglie

Si stima che siano circa 400 le faglie attive, alcune giudicate più pericolose come quella ben nota a sud di Istanbul, poco distante dalla città, per la quale i dati raccolti ci dicono che un giorno si romperà generando un serio terremoto». Nella successione degli eventi che hanno caratterizzato il secolo scorso il 1939 rimane un punto di riferimento sul quale i sismologi di tutto il mondo concentrano anche oggi l’attenzione. Un sisma con magnitudo 7.8 (la stessa dell’attuale) colpì Erzican nella Turchia orientale provocando l’imponente numero di 33 mila vittime mentre la città fu quasi rasa al suolo. «Allora — dice Akinci — si verificò la rottura della faglia nell’Anatolia settentrionale per oltre mille chilometri andando quasi da un’estremità all’altra del Paese innescando una serie di terremoti violenti nei successivi 60 anni».

Una rete sismica copre quasi interamente il territorio raccogliendo informazioni e monitorando le zone più pericolose. «Si potrebbe fare di più — aggiunge la scienziata turca — ed essere ancora più capillari per migliorare la prevenzione. Le ricerche mostrano che la distribuzione delle faglie nell’Anatolia sono regolari mentre in Italia sono più complesse. Ciò significa che si può capire più facilmente la distribuzione delle forze e l’effetto domino che si può generare nei territori circostanti.

Per questa ragione si guarda con apprensione alla faglia a soli 20 chilometri da Istanbul lungo la quale sono già avvenuti nel tempo 12 terremoti e dove la gente vive in una condizione ad alto rischio aspettando un Big One come in California». Se le previsioni restano purtroppo impossibili, un’analisi della situazione può fornire qualche indizio sull’evoluzione del fenomeno. «L’intensità delle scosse che continuano suggeriscono che l’attività sismica proseguirà. Non è irragionevole pensare a una continuazione per giorni o settimane o forse qualche mese». Guardando alla mitigazione del rischio nel 2018 il governo ha varato il regolamento alla legge approvata sei anni prima per le costruzioni antisismiche. «Ma non sempre viene rispettata» conclude con amarezza Aybige Akinci.

terremoti.ingv.it/event/34160411

Terremoto in Turchia e Siria: terminate le attività delle squadre per ricerca e soccorso

Pienamente operativo, invece, l’ospedale da campo italiano ad Antiochia

https://www.protezionecivile.gov.it/it/notizia/terremoto-turchia-e-siria-terminate-le-attivita-delle-squadre-ricerca-e-soccorso

Si è chiusa oggi, a seguito delle comunicazioni ricevute dalle autorità turche e dopo quasi due settimane di interventi sul campo, la missione dei team italiani specializzati in ricerca e soccorso in ambiente urbano (USAR) che dal 6 febbraio, a seguito del forte terremoto di magnitudo 7.9 che ha coinvolto la Turchia meridionale e la Siria settentrionale, si sono succeduti sul campo, insieme al personale del Dipartimento della Protezione civile, per supportare le autorità locali.

L’Italia, a seguito della richiesta di aiuti arrivata al Meccanismo Unionale di Protezione Civile da parte delle autorità turche, si era subito attivata attraverso il Servizio nazionale della protezione civile.
Gli operatori USAR dei Vigili del Fuoco, i medici e gli infermieri dei servizi sanitari di Lazio, Lombardia e Toscana, hanno operato ad Antiochia, nel sud della Turchia, a un centinaio di chilometri con il confine siriano, in raccordo con le autorità locali e affiancandosi alle altre squadre di soccorritori internazionali con la base operativa nell’area del campo sportivo Hatay Stadium. Realizzando interventi estremamente complicati anche a causa delle numerose scosse di assestamento, l’8 febbraio i vigili del fuoco italiani erano riusciti a salvare due ragazzi, estratti dalle macerie di due palazzine crollate.

In queste ore, quindi, grazie a due ATR72 della Guardia di Finanza e a un volo con KC767 dell’Aeronautica Militare, stanno rientrando in Italia i vigili del fuoco e i sanitari del modulo USAR insieme al personale del Dipartimento della Protezione civile che operava al campo base insediato all’Hatay Stadium e al team DVI (Disaster Victim Identification), composto da esperti appartenenti all’Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato e Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, che ha operato nella zona di Kahramanmaras per supportare le autorità locali nelle attività di identificazione delle vittime.

Resta, invece, sul campo l’ospedale da campo italiano EMT2, messo a disposizione dalla Regione Piemonte, attivato sempre nell’ambito del Meccanismo unionale di protezione civile e giunto in Turchia trasportato da Nave San Marco della Marina Militare, che da ieri, venerdì 17 febbraio, è pienamente operativo ad Antiochia, con un team di oltre 70 persone tra logisti, medici e infermieri supportati da personale del Dipartimento della Protezione civile.
In particolare, grazie a chirurghi, un infettivologo, medici urgentisti, un pediatra, ortopedici, ginecologi, un’ostetrica, un fisioterapista, tecnici di laboratorio e radiologia e un pool di infermieri, sono attive la zona per il triage, il pronto soccorso, aree per pazienti con codici rossi e verdi, quella per la degenza, una sala operatoria, la radiologia e una tenda separata destinata ai pazienti infettivi. L’ospedale resterà attivo il tempo necessario a fornire tutta l’attività di supporto alle comunità locali.

Per saperne di più

Foto e video

Terremoto Turchia-Siria, attivato il fondo solidale per sostenere le popolazioni colpite

La proposta degli enti locali e di svariate parti economico-sociali è stata accolta dalla Provincia che ne ha approvato l’avvio. L’obiettivo è contribuire anche al finanziamento degli interventi di ricostruzione territoriale 

https://www.ladige.it/cronaca/2023/03/03/terremoto-turchia-siria-attivato-il-fondo-solidale-per-sostenere-le-popolazioni-colpite-1.3439694

TRENTO. La Provincia Autonoma di Trento, gli enti locali e moltissime parti economico-sociali hanno attivato il fondo di solidarietà «Emergenza terremoto Turchia e Siria 2023» per il finanziamento di interventi di ripristino e sostegno a favore dei territori e delle popolazioni turca e siriana colpite dall’emergenza umanitaria. L’esecutivo provinciale – informa una nota – ha approvato l’accordo di solidarietà per promuovere l’iniziativa.

«Nell’apposito fondo – spiega il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti – confluiranno i contributi versati da lavoratori, datori di lavoro, da associazioni e singoli cittadini trentini». L’iniziativa si affianca agli interventi pubblici di emergenza, ripristino e ricostruzione. Gli interessati possono effettuare un versamento diretto sul conto della tesoreria della Provincia autonoma di Trento.

Terremoto in Turchia e Siria, la rete Caritas potenzia gli aiuti

È trascorso un mese dal sisma che ha devastato i due Paesi. A fronte di un dolore immenso, la solidarietà si muove in modo capillare e si prepara al lungo periodo

https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/turchia-e-siria-sconvolte-dal-sisma-ecco-i-primi-aiuti-2-1677839.html

È trascorso quasi un mese dal devastante terremoto che ha sconvolto la Turchia centro-meridionale e la Siria settentrionale, ma l’emergenza umanitaria resta acutissima, nonostante l’onda dell’attenzione mediatica sia ormai scemata. Almeno 50 mila morti, circa 120 mila feriti, centinaia di migliaia di edifici distrutti o danneggiati, almeno 2 milioni di persone sfollate e 15 milioni in qualche modo colpite dagli effetti del sisma: numeri impietosi, che solo in parte riescono a rappresentare il dolore, le angosce e i disagi che stanno vivendo intere popolazioni.

In questo scenario di devastazione, la rete internazionale Caritas ha attivato una fitta trama di interventi, cui Caritas Italiana e Caritas Ambrosiana stanno dando un concreto contributo, nella consapevolezza che – come già avvenuto in passato, in occasione di altre emergenze umanitarie “maggiori” – il pur doveroso aiuto d’urgenza rappresenta il preludio di un impegno di soccorso, accompagnamento, riabilitazione e ricostruzione, a favore dei gruppi sociali più vulnerabili, destinato a durare nel tempo, per anni, e in vista del quale ci si sta attrezzando da subito.

Un campo di sfollati in Turchia

In Turchia

Nell’immediato, in Turchia la rete Caritas Internationalis ha operato nelle aree di Hatay, Iskenderun e Mersin, distribuendo pasti caldi, coperte, kit per l’igiene e medicinali a migliaia di persone, e organizzando attività educative per i minori sfollati. Nel frattempo è stato messo a punto un programma d’intervento per i prossimi due mesi, mirato a sostenere 5 mila persone, cui verranno forniti accoglienza temporanea in strutture adeguate e sicure, kit alimentari e pasti caldi (sia alle persone accolte da Caritas, sia a soggetti vulnerabili ospitati in altri luoghi), prodotti per l’igiene di base, vestiario e altri prodotti necessari per la quotidianità.

In Siria

In Siria, Paese che contava già 6 milioni di sfollati interni (molti dei quali nell’area colpita dal terremoto) e altri milioni di rifugiati all’estero, a causa della guerra civile scoppiata nel 2011, la Caritas nazionale, supportata dalla rete internazionale Caritas e grazie anche al contributo di 15 volontari provenienti dal confinante Libano, è intervenuta soprattutto a sostegno delle tante parrocchie che hanno accolto nelle loro strutture famiglie rimaste senza casa. La distribuzione di beni di sostentamento (alimenti, acqua, materassi, coperte, kit per l’igiene) si è concentrata in particolare nelle zone di Aleppo e di Littoral, raggiungendo anche gli sfollati in scuole, moschee, palestre e campi spontanei.

Operatori Caritas in azione in Siria

Anche in questo caso, si sta approntando un programma di interventi per i prossimi mesi: nell’area terremotata Caritas Siria conduceva già progetti di accoglienza, di assistenza sanitaria e di riabilitazione psico-sociale per gli sfollati di guerra, che saranno potenziati o rimodulati, mentre per il medio-lungo periodo si stanno ipotizzando interventi di ricostruzione delle abitazioni e delle infrastrutture (in particolare scuole), azioni di riabilitazione economica, progetti di sostegno a individui e comunità.

Colletta nazionale il 26 marzo

Caritas Italiana ha sostenuto il primo mese l’intervento in Turchia e Siria inviando propri operatori, con i quali è in continuo contatto anche Caritas Ambrosiana. Dopo che la Conferenza episcopale italiana ha stanziato 500 mila euro per far fronte agli aiuti immediati e di promuovere una colletta nazionale che si svolgerà domenica 26 marzo in tutte le Chiese italiane, Caritas Ambrosiana ha deciso di elevare a 100 mila euro il proprio contributo alle azioni supportate da Caritas Italiana.

Nelle prossime settimane verranno definiti obiettivi più specifici per l’intervento di media e lunga prospettiva: l’appello alla generosità di fedeli e cittadini rimane vivo, le donazioni di oggi sono un piccolo ma determinante mattone, per consentire un domani di aiuto fraterno, di ricostruzione sostenibile, di ricomposizione delle comunità e di riconciliazione oltre i conflitti.

Caritas Ambrosiana ha predisposto una pagina internet dedicata, finalizzata a illustrare e aggiornare le modalità di donazione e il contenuto degli aiuti.

Come sostenere la raccolta fondi

  • CON CARTA DI CREDITO ONLINE: www.caritasambrosiana.it
  • IN POSTA C.C.P. n. 000013576228 intestato Caritas Ambrosiana Onlus – Via S. Bernardino 4 – 20122 Milano
  • CON BONIFICO C/C presso il Banco BPM Milano, intestato a Caritas Ambrosiana Onlus IBAN:IT82Q0503401647000000064700

Causale: Terremoto Turchia-Siria 2023 / Le offerte sono detraibili fiscalmente

Leggi anche:

Turchia, una terra in piena emergenza

Turchia e Siria sconvolte dal sisma, ecco i primi aiuti

Vai allo speciale PUBBLICATO VENERDÌ 3 MARZO 2023

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila

TERREMOTO DELL’AQUILA, GOVERNO ITALIANO CONDANNATO A RISARCIRE I FAMILIARI DELLE VITTIME

Otto milioni di euro per 30 parti civili, il tutto a causa delle dichiarazioni dell’ex numero 2 della Protezione Civile, che tranquillizzò la popolazione alle prese da mesi con uno sciame sismico

L’Aquila, distruzione dopo il sisma (Ansa)
https://www.unionesarda.it/news/italia/terremoto-dellaquila-governo-condannato-a-risarcire-i-familiari-delle-vittime-u6qxki82

Il Tribunale civile dell’Aquila ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri a risarcire otto milioni di euro alle 30 parti civili per le rassicurazioni prospettate dall’ex numero due del Dipartimento nazionale di Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, già condannato con sentenza passata in giudicato a 2 anni di reclusione.

L’iniziativa legale riguarda il lavoro della Commissione Grandi Rischi riunita all’Aquila il 31 marzo 2009, a cinque giorni dalla tragica scossa, che avevano tranquillizzato la popolazione alla prese con uno sciame sismico da alcuni mesi

La battaglia legale è stata portata avanti dagli avvocati Maria Teresa di Rocco e Silvia Catalucci, che nel 2010 avevano deciso di intraprendere l’azione civile anziché quella penale nei riguardi della stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri perché la Commissione Grandi Rischi è organo consultivo della stessa.

Il risarcimento ai familiari delle vittime non è stato suddiviso in parti uguali, ma in base ai danni subiti.

«Accertata quindi almeno potenzialmente l’idoneità delle dichiarazioni del De Bernardinis ad incidere causalmente sulla condotta dei cittadini dell’Aquila, si tratta di verificare in questa sede, se tale efficacia causale sia stata anche dimostrata, all’esito dell’istruttoria civile, nei confronti degli attori non costituitisi parte civile nel processo penale, si legge nella sentenza del giudice del Tribunale civile dell’Aquila.

Quelle frasi rassicuranti erano state rese una settimana prima del sisma dell’Aquila il 6 aprile del 2009, (309 morti, migliaia di feriti e decine di migliaia di sfollati) dall’ex numero due del Dipartimento di protezione civile, che secondo lo stesso Tribunale condizionò le abitudini della stessa popolazione che rimase in casa invece di trovare riparo all’esterno.

«In particolare Bernardo De Bernardinis – si legge in un passaggio della sentenza – aveva affermato a proposito dello sciame sismico che “non c’è pericolo, l’ho detto anche al sindaco, la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole, perciò, uno scarico di energia continuo…”. Tali dichiarazioni sono state ritenute in sede penale idonee ad incidere sul comportamento dei cittadini e conseguentemente siccome frutto di negligenza, imperizia, ed imprudenza anche a fondare la responsabilità penale dello stesso e la conseguente condanna del responsabile civile odierno convenuto al risarcimento dei danni subiti dalle vittime».

È stato inoltre ritenuto che «la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva ed ha avuto la concreta possibilità di verificare la correttezza dell’operato degli imputati sia in ossequio a precisi doveri normativi sia in applicazione delle generiche regole di diligenza prudenza e perizia. Tale dovere di controllo si esplicava certamente nei confronti del De Bernardinis stante il suo ruolo di Vice Capo Dipartimento Nazionale di protezione civile, organo facente capo proprio alla Presidenza del Consiglio dei ministri».

Fonte: Unione Sarda

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo

NUBIFRAGIO NELLE MARCHE, LA PROCURA INDAGA PER OMICIDIO E INONDAZIONE COLPOSA. LA PREFETTURA: «9 MORTI, 4 DISPERSI»

https://www.open.online/2022/09/16/marche-alluvione-ancona-morti-dispersi/

Il bilancio è in continuo aggiornamento e si teme possa aggravarsi sul fronte delle vittime. Emanata per domani l’allerta gialla

La procura di Ancona ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e inondazione colposa a carico di ignoti per indagare sull’alluvione che ha colpito le Marche, e in particolare i comuni nella provincia del capoluogo, nella notte. In una nota la prefettura ha confermato che al momento sono 9 i morti accertati e 4 i dispersi, due dei quali minorenni. Il bilancio è in continuo aggiornamento, anche in virtù del fatto che due delle vittime non sono ancora state identificate e, si legge nel comunicato, i dispersi «potrebbero rientrare fra i soggetti in via di identificazione». Precedentemente, il presidente del Consiglio Mario Draghi, nella conferenza stampa tenuta prima di recarsi nelle Marche, aveva dichiarato che il bilancio dei morti era salito a 10. La prefettura ha inoltre reso noto che sono 150 le persone sfollate, spiegando che «la maggior parte di queste persone si trova nel comune di Senigallia, ma il numero è in crescita». «Sono stati predisposti dalle forze di polizia dedicati servizi di prevenzione e controllo sugli immobili evacuati», si legge nella nota, che non esclude altre possibili evacuazioni. Per domani, intanto, è stata emanata l’allerta gialla per rischio idrogeologico e idraulico.

Quattro delle 9 vittime sono a Ostra (Ancona), una a Trecastelli (Ancona), una a Bettolelle e due a Barbara (Ancona). In quest’ultimo comune risultano anche tre dispersi. «Sono caduti circa 420 millimetri di pioggia in circa due o tre ore – spiega Luigi D’Angelo del Dipartimento nazionale della Protezione Civile -, c’è il massimo impegno sul territorio». Interessato il territorio attraversato dal fiume Misa. «Stanno operando protezione civile volontariato, vigili del fuoco e forze dell’ordine – aggiunge D’Angelo – elicotteri messi a disposizione della Difesa con capacità operative nelle ore notturne». In poco tempo le vie cittadine «si sono trasformate in fiumi». Preoccupante anche la situazione a Senigallia. Nella serata di ieri una bomba d’acqua aveva colpito la provincia di Pesaro-Urbino. In mattinata i vigili del fuoco hanno recuperato a Bettolelle, una frazione del comune di Senigallia, il corpo di un uomo che è stato travolto dall’acqua mentre era a bordo della sua auto. Salvo, invece, un altro uomo, che i vigili del fuoco hanno soccorso su un albero.

La situazione nell’Anconetano

L’ondata di piena del fiume Misa minaccia la cittadina in provincia di Ancona già colpita dall’alluvione nel 2014. Il comune ha invitato i cittadini a tenersi lontano dagli argini e a rimanere in casa, possibilmente spostandosi nei piani alti. Il maltempo ha trascinato a valle parecchi tronchi di alberi che hanno ostruito il ponte GaribaldiStefano Stefani della Protezione Civile delle Marche ha detto che ci sono esondazioni anche nella zona di Bettolelle e vicino al Ponte 2 giugno (ora dedicato alle vittime dell’alluvione del 2014). Alcune zone (il centro storico, BettolelleMolino Marazzana) del centro abitato sono invase dal fango, ma – secondo uno dei residenti – il mare «sta ricevendo bene l’acqua della piena». In tarda serata è stato evacuato il ristorante dello chef stellato Uliassi, nella zona del porto. Il comune di Senigallia ha aperto un centro di accoglienza nel centro vescovile.

Il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli ha fatto sapere che sta «seguendo dalla sala della Protezione civile regionale, insieme a tutte le altre autorità, l’evolversi della gravissima crisi meteorologica che si è abbattuta sulla nostra regione e l’azione di soccorso di tutti gli operatori. Sono momenti di estrema apprensione». A Sassoferrato si racconta di persone rimaste bloccate nelle abitazioni e che cercano rifugio nei piani più alti, allagamenti. Il torrente Sanguerone è esondato, ci sono alberi caduti, smottamenti e blackout. Molte le richieste di aiuto da parte di persone rimaste bloccate in casa, in particolare in alcune zone di campagna. Per domani scuole chiuse nella zona, dove stanno operando anche i sommozzatori dei vigili del fuoco.

https://twitter.com/TgLa7/status/1570545364700377090

Una mamma e un bambino dispersi a Barbara

Barbara tra i dispersi ci sono anche una mamma con la figlia di 8 anni e un bambino. Sarebbero stati trascinati dall’acqua vicino a Molino Mariani. L’agenzia di stampa Ansa fa sapere che la donna sarebbe riuscita a lasciare l’auto con il figlio in braccio, ma poi sarebbe stata nuovamente travolta. I vigili del fuoco l’hanno soccorsa e salvata nella notte ma al momento del bambino non c’è traccia. «Che Dio ci aiuti», ha scritto su Facebook il sindaco Riccardo Pasqualini. La situazione, aggiunge, «sia lato Castelleone sia lato Serra de Conti, è veramente drammatica e tragica. Invito, se non assolutamente urgente e necessario, di non uscire e di non utilizzare la macchina, è troppo pericoloso e a rischio vita».

Disagi anche sulle strade, con il casello di Senigallia sull’A14 chiuso al traffico. Tutte le arterie principali e i ponti della città sono chiusi al traffico. Il maltempo ha provocato situazioni critiche anche a Corinaldo. Il fiume Nevola è esondato in zona Burello.

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Alluvione nelle Marche, si indaga su allerta e manutenzione

Il fascicolo è stato aperto all’indomani del disastro. Una situazione che ricorda l’esondazione del fiume Misa del 2014

Nubifragio nelle Marche
https://www.rainews.it/articoli/2022/09/marche-si-indaga-su-allerta-e-manutenzione-da-domani-ci-potrebbero-essere-i-primi-indagati-748dfea1-3d3c-4be9-8a0e-ee9c9cdee695.html

Mentre vanno avanti le ricerche dei due dispersi: Mattia, il bimbo di 8 anni, e Brunella Chiu’, 56 anni, domani si inizia una settimana importante per l’inchiesta aperta dalla procura di Ancona sull’alluvione di giovedì notte che ha causato 11 morti, 50 feriti e 150 sfollati.

Il fascicolo è stato aperto già nella mattinata di venerdì, a poche ore dal disastro che ha colpito le aree di Senigallia (Ancona) e di Cantiano, nel centro-nord delle Marche.   

Per ora non ci sono indagati e gli atti che sono in mano ai Carabinieri forestali di Ancona, frutto di due visite presso la Regione Marche, rappresentano documenti conoscitivi che non sono stati posti sotto sequestro. Da domani la situazione potrebbe cambiare e ci potrebbero essere i primi indagati, sia pure come atto dovuto. Il procuratore aggiunto Valeria D’Agostino e la pm Valeria Cigliola hanno ipotizzato i reati di omicidio colposo plurimo e inondazione colposa, in attesa di ricevere altre informazioni utili anche da coloro che hanno partecipato direttamente alle operazioni di soccorso.

Due gli obiettivi dei magistrati: il primo riguarda la ricostruzione delle fasi di allertamento dei comuni, con l’allarme giallo della Protezione Civile che è stato contestato a gran voce dai sindaci dei paesi coinvolti dall’alluvione; il secondo guarda alla manutenzione dei corsi d’acqua: il Misa, che sfocia a Senigallia, e il suo affluente Nevola. 

Nubifragio nelle Marche

Mentre vanno avanti le ricerche dei due dispersi: Mattia, il bimbo di 8 anni, e Brunella Chiu’, 56 anni, domani si inizia una settimana importante per l’inchiesta aperta dalla procura di Ancona sull’alluvione di giovedì notte che ha causato 11 morti, 50 feriti e 150 sfollati.

Il fascicolo è stato aperto già nella mattinata di venerdì, a poche ore dal disastro che ha colpito le aree di Senigallia (Ancona) e di Cantiano, nel centro-nord delle Marche.   

Per ora non ci sono indagati e gli atti che sono in mano ai Carabinieri forestali di Ancona, frutto di due visite presso la Regione Marche, rappresentano documenti conoscitivi che non sono stati posti sotto sequestro. Da domani la situazione potrebbe cambiare e ci potrebbero essere i primi indagati, sia pure come atto dovuto. Il procuratore aggiunto Valeria D’Agostino e la pm Valeria Cigliola hanno ipotizzato i reati di omicidio colposo plurimo e inondazione colposa, in attesa di ricevere altre informazioni utili anche da coloro che hanno partecipato direttamente alle operazioni di soccorso.

Due gli obiettivi dei magistrati: il primo riguarda la ricostruzione delle fasi di allertamento dei comuni, con l’allarme giallo della Protezione Civile che è stato contestato a gran voce dai sindaci dei paesi coinvolti dall’alluvione; il secondo guarda alla manutenzione dei corsi d’acqua: il Misa, che sfocia a Senigallia, e il suo affluente Nevola.   

Nubifragio nelle MarcheVVF

Nubifragio nelle Marche

I precedenti del 2014

È un tema che era già emerso all’indomani della piena del 2014 (allora i morti furono 4 e i danni calcolati in 180 milioni) e per il quale esistono le soluzioni, le vasche di espansione e l’innalzamento degli argini, ci sono le risorse ma sinora poco si è fatto. Il processo sul disastro del 2014 è finito davanti al giudice monocratico dell’Aquila (prossima udienza l’1 dicembre) dopo l’incompetenza territoriale dichiarata dal tribunale di Ancona e la decisione del gup abruzzese, Guendalina Bucella, per il non luogo a procedere per i reati di omicidio colposo, lesioni personali, omissione di atti di ufficio e falso per gli 8 indagati, tra i quali gli e sindaci di Senigallia Luana Angeloni e Maurizio Mangialardi, rinviati tutti a giudizio solo per il capo di imputazione relativo all’inondazione colposa.   

Proprio in relazione alla manutenzione delle aste fluviali delle Marche, nel giugno scorso, i carabinieri forestali avevano scoperto un giro di tangenti per pilotare gli appalti della Regione: il blitz portò all’arresto di un funzionario regionale, Euro Lucidi, attivo all’ex genio Civile, e di 7 imprenditori; questi, secondo l’accusa, avrebbero pagato al dipendente pubblico pranzi, cene e una festa di laurea, in cambio dell’ottenimento dei lavori, durante i quali sarebbero stati effettuati “estesi tagli alla vegetazione” intorno ai corsi d’acqua per ricavarne biomasse combustili. L’inchiesta, nelle mani del pm di Ancona, Andrea Laurino, risulta ancora aperta e potrebbe dare altro materiale utile alle colleghe D’Agostino e Cigliola.

Esonda il fiume Misa

Secondo gli esperti, il disastro si sarebbe potuto evitare con l’innalzamento degli argini e la realizzazione di casse di espansione, già indicati in alcuni documenti del 2009 e tornati prioritari dopo l’alluvione di Senigallia del 2014. 

In quell’occasione vengono infatti stanziati i primi fondi per i lavori: secondo Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio. C’erano i soldi per fare la cassa di espansione, un’opera che avrebbe consentito  di ridurre la portata di piena del corso d’acqua: a disposizione 45 milioni ed era anche pronto il progetto

Quattro anni dopo, nel 2018, vengono bandite due gare d’appalto per la manutenzione del fiume, con rifacimento degli argini e pulizia dell’alveo. Ma un anno e mezzo dopo il progetto si ferma per problemi sulle procedure di Via, la Valutazione di impatto ambientale. Nel 2021, la Regione Marche, per non perdere uno stanziamento di oltre 900mila euro, rimodula il finanziamento con un nuovo progetto esecutivo a cura del Genio civile e finalmente, lo scorso aprile, viene consegnato il cantiere per le vasche di espansione in zona Bettolelle a Senigallia. Ma gli appalti in questo caso finiscono, insieme a quelli per altri fiumi, sotto la lente della Procura di Ancona, che arresta funzionari pubblici e imprenditori privati per turbativa d’asta. L’inchiesta è ancora in corso. 

 Il sindaco di Senigallia Massimo Olivetti ha dichiarato: “in tanti anni è stato fatto troppo poco”. “Nel 2015 abbiamo fatto un lavoro di ricognizione delle risorse, mettendo insieme quelle delle Province, statali, regionali e anche fondi Ue -spiega l’ex presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli -, non abbiamo mai tolto un euro per quell’intervento, anzi li abbiamo aggiunti. Ma la verità è che in Italia è impossibile fare lavori, c’è troppa burocrazia”. E così, lavori dichiarati urgenti e prioritari 13 anni fa, sono a stento partiti.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo