Buonanotte amici ed amiche del mondo della bicicletta e della mobilità sostenibile che salverà presto questo Mondo ormai in rovina e che punta verso la direzione del collasso ecoclimatico, dal quale soltanto la bicicletta e lo sfruttamento delle energie rinnovabili ci salveranno. Ieri 25 Settembre il nostro indimenticato campione Michele Scarponi avrebbe compiuto 44 anni, per cui noi della Fondazione Michele Scarponi Onlus intitolata alla sua memoria da suo fratello Marco a Filottrano (AN) nelle Marche, vogliamo ricordarlo nella gioia del suo sorriso che sta permettendo a molte persone in Italia di andare avanti nella loro vita, compresi me ed i miei genitori Massimo e Carla che viviamo anche per mantenere alta la sua memoria qui a Vasto, basti soltanto pensare che mio padre, pochi giorni fà, mi ha chiesto di acquistargli il completo dell’Astana UCI Pro Cycling Team e l’ho accontentato, procurandogli un team replica cinese che somiglia in maniera incredibile a quello originale!
Ricordiamo questo giorno speciale per una persona altrettanto speciale, anche se non c’è più fisicamente, ovunque sia nell’Altra Dimensione la sua anima veglia sempre su di noi lui veglia sempre su di noi, ciclisti e non, come ha fatto con me il 18 Aprile 2019, quando fui protagonista di una bruttissima caduta lungo la Strada Statale 5 Tiburtina Valeria dentro Avezzano (AQ) all’altezza del Motel Salviano durante un allenamento in bici da corsa di 2 ore e 30 minuti, a causa di un problema meccanico nel mio mezzo a due ruote ed ad una pressione di gonfiaggio dei miei pneumatici Continental Ultra Sport II quasi finiti, a 8 bar invece di 6.8-7 bar.
Ora e sempre grazie di tutto, Michele, il mio santo protettore e di tutti i ciclisti d’Italia!
Il 25 Settembre del 1979 nasceva #MicheleScarponi. Oggi 25 Settembre 2023 avrebbe compiuto 44 anni ed ogni giorno ci dona tutta l’energia per andare avanti con il sorriso. Buon compleanno, Michele!!!
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus
Buonasera a tutti e a tutte, questo articolo voglio dedicarlo ad un interessantissimo ultimo video educativo uscito dal canale youtube dello youtuber toscano Davide Petrini dal titolo “Non ci vogliono in strada”, chiara allusione agli automobilisti che con le loro macchine adottano lungo le nostre strade italiane un atteggiamento criminale da mafiosi adottato nei riguardi dell’intera categoria dei ciclisti amatoriali ed anche professionisti che capitano in mezzo in questi incidenti che accadono costantemente lungo le nostre strade italiane, si sentono invulnerabili dentro macchine di 900 kg una tonnellata 1000 kg ed oltre se si tratta di SUV, alle volte basta un minimo tocco per far finire a terra i ciclisti, accelerare e scappare, il più delle volte senza neanche prestare soccorso agli stessi.
Questo video sapientemente realizzato da Davide, dovrebbe indurre una seria riflessione a tutti quegli italiani che si mettono al volante e, o per motivi di distrazione legati all’uso improprio dello smartphone in auto o di proposito, falciano uno o più ciclisti possibili. E’ proprio a voi che mi rivolgo anch’io, perché è proprio grazie a voi massa di teste di cazzo frustrate di merda che dal 2019 non mi sento né più libero, né più padrone di prendere la mia bicicletta da corsa per allenarmi da solo, come facevo ad Avezzano, ma da quando sono qui a Vasto per questioni legate alla pandemia attualmente ancora imperversante tra noi ed anche per il motivo che il traffico veicolare nel post-lockdown è 4-5 volte superiore a quella del pre-lockdown e del periodo pre-pandemico di COVID19, sono costretto ad allenarmi esclusivamente a piedi per 3-4 volte a settimana e a uscire in mountain bike con mio padre solo per 1-2 volte a settimana e non tutte le settimane consecutivamente. Sappiate che da oggi in poi se verrete beccati alla guida con il cellulare, le sanzioni sono state inasprite a 660 euro ed il ritiro della patente di guida. https://assicurazioni.segugio.it/news-assicurazioni/cellulare-alla-guida-quali-sanzioni-per-il-2023-00037378.html
Nella viva speranza che l’attuale situazione legata alla diffusione pandemica del COVID19 possa almeno ridursi e che come entreranno in vigore le nuove sanzioni che il Governo italiano ha riservato agli automobilisti indisciplinati, forse un giorno, non molto lontano, sarà possibile tornare a vedermi sfrecciare con la mia bicicletta da corsa anche per le strade di Vasto, dopo quelle di Avezzano.
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network
È successo lungo l’alzaia del Naviglio Pavese nel pomeriggio di lunedì 11 settembre, grave una ciclista di 55 anni.
Prima la caduta a terra, poi l’urto con l’auto. Lotta tra la vita e la morte la ciclista di 55 anni che è rimasta gravemente ferita in un incidente con un’auto, una Toyota Chr, in via Ascanio Sforza a Milano nel pomeriggio di lunedì 11 settembre.
Tutto è accaduto intorno alle 17.30 all’altezza del civico 73, lungo l’alzaia del Naviglio Pavese. L’esatta dinamica del sinistro è al vaglio della polizia locale di Milano, ma secondo una prima ricostruzione dei ghisa sembra che la donna stesse procedendo dal centro verso la periferia e l’automobile fosse alle sue spalle (e viaggiasse nella stessa direzione); la 55enne – per cause in via di accertamento – sarebbe rovinata a terra autonomamente(?) e il conducente dell’automobile, un 60enne, non avrebbe fatto in tempo a frenare per evitarla.
Le sue condizioni sono subito apparse gravi, tanto che la centrale operativa del 118 ha inviato un’ambulanza e un’automedica in codice rosso, oltre ai vigili del fuoco del comando provinciale di Milano. La donna, estratta dai soccorritori, è stata intubata e trasportata in codice rosso al pronto soccorso del Niguarda.
Secondo quanto trapelato avrebbe riportato un importante trauma cranico e sarebbe in coma. Le sue condizioni sono particolarmente delicate. I ghisa stanno cercando di accertare la dinamica del sinistro sia attraverso le testimonianze delle persone presenti, qualche elemento utile potrebbe arrivare dalle telecamere a circuito chiuso della zona.
Fonte: Milano Today
A Milano sensori obbligatori sui camion per proteggere ciclisti e pedoni dall’angolo cieco
Da pochi giorni a Milano è attivo l’obbligo per camion e mezzi pesanti di dotarsi di sensori che avvertano il conducente della presenza di ciclisti o pedoni vicino al mezzo, soprattutto nelle situazioni di angolo cieco, quando in curva si possono verificare situazioni di rischio. La decisione è stata presa alla luce di quanto sta accadendo a Milano da diversi mesi: ci riferiamo agli incidenti mortali in cui le vittime sono state gli utenti attivi della strada. Come ha riportato una ricercacondotta dall’Università IULM, a Milano gli spostamenti in bicicletta sarebbero diminuiti del 20%. Cosa è cambiato e cambierà dunque nei prossimi mesi per quanto riguarda i mezzi pesanti a Milano?
A Milano l’area interessata dall’obbligo di sensori e adesivi sui camion è la Area B, che copre buona parte del territorio urbano. Si tratta di un’estesa zona a traffico limitato a cui è proibito l’accesso ai mezzi più inquinanti. Tutti i camion che circolano in queste vie dovranno anzitutto esporre un adesivo ad altezza ciclisti e pedoni, che avverta questi ultimi del pericolo angolo cieco. Per quanto riguarda i sensori c’è una precisazione da fare: sono sì obbligatori, ma per ora basterà dimostrare di averli ordinati e poter circolare senza fino a dicembre 2024.
“Per la prima volta in Italia Milano introduce l’obbligo di installazione del sensore per l’angolo cieco per i mezzi pesanti a protezione dei pedoni, dei ciclisti e di tutti gli utenti più deboli sulla carreggiata”, ha commentato l’assessora alla Mobilità AriannaCensi. In città più volte le associazioni e i cittadini sono scesi in piazza per chiedere maggiore sicurezza (ricordiamo il flash mob a febbraio 2023 in Piazzale Loreto). Nei piani del comune resta l’intenzione di trasformare Milano in una città 30 sul modello di Parigi, con progettiambiziosi portati avanti. Ma per ora i dati sugli incidenti rallentano questa transizione verso un modello acquisito di mobilità davvero dolce.
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network
Un italiano su due è favorevole all’introduzione del limite a 30 km/h sulle strade urbane. Un dato più che incoraggiante per FIAB che su questa proposta politica sta svolgendo un costante lavoro di advocacy nelle istituzioni, a tutti i livelli. Secondo una recente rilevazione Quorum/YouTrend per Sky TG24, il 51% di un campione rappresentativo della popolazione italiana è a favore di una misuracostitutiva delle città 30: ridurre il limite massimo di velocità. La Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta ribadisce che le politiche di moderazione del traffico sommate agli incentivi alla mobilità attiva (più ciclabili e trasporto pubblico locale potenziato) sono strumenti per ridurre drasticamente il numero di collisioni letali e di decessi che purtroppo rappresentano ancora un’emergenza nazionale.
Il sondaggio
Il sondaggio in questione pubblicato da Sky TG24 ha toccato numerose tematiche di transizione ecologica e di mobilità. Una delle città portate ad esempio e che promette di fare scuola in Italia è Bologna, divenuta da pochi giorni città 30 sul modello di altre realtà europee come Parigi. Il sondaggio evidenzia che, tra coloro che si sono espressi a favore, ci sono cittadine e cittadini di ogni orientamento politico, mostrando dunque che l’Italia è pronta a un cambio di passo concreto per aumentare la sicurezzastradale nelle nostre città. La città 30 non è un tema ideologico o divisivo, ma rappresenta un miglioramento della qualità della vita sotto tutti i punti di vista. L’Italia, lo ricordiamo, detiene il primato in Europa per numero di morti in ambito urbano, dove avviene il 70% degli incidenti.
L’appello di FIAB al governo
«Le statistiche dimostrano chiaramente che la prima causa della strage stradale è la velocità in ambito urbano e questo sondaggio certifica che gli italiani lo hanno compreso. La vita è un diritto, la velocità no, e le cittadine e i cittadini ne sono finalmente consapevoli – afferma Alessandro Tursi, presidente di FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta che aggiunge -. Ci appelliamo al Governo, alla premier Meloni e al ministro Salvini, oltre che alla maggioranza tutta, affinché ne prendano atto e agiscano per portare a 30 km/h il limite di velocità in città, tutelando così il diritto alla vita e alla salute delle persone».
FIAB ricorda alle istituzioni come la “moderazione della velocità” sia la grande assente dal disegno di legge Salvini di modifica del Codice della Strada. Aggiunge il presidente Tursi: «Rinnoviamo la richiesta di stralciare i dieci punti che colpiscono la mobilità sostenibile, tra cui le limitazioni alle corsie ciclabili, alle ZTL e all’impiego degli autovelox, tutte misure che aggraverebbero la strage stradale anziché contrastarla. In questa direzione FIAB mette come sempre a disposizione del Paese e delle istituzioni, in maniera costruttiva e collaborativa, la propria esperienza e competenza».
Fonte: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB)
CITTA’ 30, PRESENTATO IL DISEGNO DI LEGGE IN PARLAMENTO. OBIETTIVO: AZZERARE LE VITTIME DELLA STRADA
«Ringraziamo i parlamentari che hanno voluto presentare la proposta alla Camera dei deputati perché è urgente una legge quadro nazionale per azzerare le vittime della strada e recuperare il ritardo nella mobilità delle città italiane». Le associazioni che da tempo stanno animando la piattaforma #Città30Subito, tra cui anche la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, hanno accolto con ottimismo il passaggio avvenuto nelle scorse ore. La proposta di legge nazionale sulle Città 30 avanzata nei mesi scorsi è stata presentata alla Camera dei Deputati.
Qui potete scaricare il PDF con le slide che presentano i punti della proposta di legge.
I firmatari della legge
La legge firmata dai diversi deputati come Roberto Morassut (primo firmatario), Francesca Ghirra, Giulia Pastorella, Anthony Barbagallo, Valentina Ghio, Filiberto Zaratti, Angelo Bonelli, Ouidad Bakkali, Andrea Casu propone in un corpus di 18 articoli una visione organica di Città 30. Perché questa rivoluzionenecessaria non riguarda soltanto l’abbassamento del limite di velocità. Servono maggiori controlli ed educazione.
Perché servono Città 30
Sulla sicurezza stradale FIAB continua a chiedere un intervento da parte della politica a tutti i livelli per ridurre drasticamente il numero dei decessi e degli incidenti. In città avviene il 73% degli incidenti, che per oltre la metà dei casi vede come cause principali l’eccesso di velocità, la mancata precedenza ai pedoni sugli attraversamenti e la guida distratta.
Mentre sulle stradeitaliane si registra un morto ogni tre ore e un ferito ogni 2,5 minuti – il 50% delle vittime appartiene alle categorie di pedoni e ciclisti – le cittàeuropee che hanno scelto di investire sulla moderazione della velocità registrano dati rilevanti a breve termine. In Italia il 44% delle vittime perde la vita in incidenti in città, contro una media europea del 38%.
Il cuore della proposta di legge è l’inversione fra regola ed eccezione nei limiti di velocità urbani rispetto al codice della strada attuale: al posto dei 50 km/h validi in generale eccetto le “zone 30”, la norma in città diventano i 30 km/h, eccetto solo gli assi classificati dai Comuni come di scorrimento veloce, con almeno due corsie per senso, mantenuti a 50 km/h.
Ma la legge indica anche risorse, strumenti e semplificazioni per adeguare le norme sulla viabilità e sull’infrastruttura stradale alla moderazione del traffico e della velocità, al rafforzamento dei controlli, all’aumento del rispetto delle regole di comportamento sulla strada e alla diffusione di campagne di educazione, informazione e comunicazione rivolte alla cittadinanza e a tutti gli utenti.
Il commento delle associazioni
Questo è il commento da parte delle associazioni della piattaforma #Città30Subito: «Le città 30, attraverso la moderazione della velocità e la condivisione di strade e spazi pubblici in modo sicuro, offrono una soluzione sistemica a diversi ordini di problemi che affliggono le nostre città, come la circolazione urbana, la crisi climatica, lo spazio pubblico e la violenza stradale. Grazie a questa pratica innovativa, sarà possibile fornire risposte alle stragi che ogni giorno si consumano nelle nostre strade attraverso la prevenzione e la rivoluzione del paradigma della mobilità urbana, come insegna da tempo l’esempio positivo delle città europee che già l’hanno introdotta, dando attuazione al Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030 approvato la scorsa legislatura che identifica la sicurezza stradale come un prerequisito per garantire una vita sana, promuovere il benessere e rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili. Al contrario della proposta del Ministro Salvini, che colpisce solo gli abusi alla guida e si accanisce contro la mobilità sostenibile, le città 30 km/h possono svolgere efficacemente la funzione di colmare un imperdonabile ritardo tutto italiano che costa ogni giorno vite umane».
Fonte: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB)
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus
Ancora una tragedia a colpire il ciclismo. È morto ieri il 17enne Magnus White, già campione nazionale juniores nel ciclocross e tra i talenti più attesi del ciclismo statunitense. Impegnato in uno dei suoi ultimi allenamenti in preparazione ai Mondiali di Glasgow a cui avrebbe partecipato alla prova di Cross Country, in MTB, il giovanissimo corridore americano è stato investito da una macchina mentre si allenava a Boulder, in Colorado, non lontano dalla sua casa. A darne l’annuncio è stata la sua federazione ciclistica, con la quale stava crescendo in questi anni, avendo corso anche molto già in Europa, specialmente nel ciclocross.
Non si conoscono attualmente le dinamiche dell’incidente che ha strappato al mondo un ragazzo brillante che stava inseguendo i suoi sogni, ma purtroppo è solo l’ennesima morte sulla strada, l’ennesimo ragazzo che non torna a casa mentre sta pedalando sulla sua bici. Incidenti che capitano troppo spesso, a qualsiasi latitudine del mondo e che lasciano sempre sgomenti e senza parole. Da parte di tutta la redazione di SpazioCiclismo le più sentite condoglianze alla famiglia, agli affetti e a tutti coloro che lo conoscevano.
Fonte: Cycling Pro
Ciclismo: nuovo lutto, investito lo statunitense Magnus White. Aveva 17 anni
Il mondo del ciclismo viene colpito da un nuovo lutto. Dagli Stati Uniti arriva la notizia della morte di Magnus White, specialista del ciclocross e della mountain bike. Un lutto particolarmente doloroso in quanto White aveva solo 17 anni al momento della morte, avvenuta a Boulder, in Colorado.
White si stava allenando vicino casa sua quando è stato investito da un auto, una dinamica purtroppo tristemente nota a chiunque segua il ciclismo. A dare la notizia la Federazione Ciclistica Statunitense: “È con il cuore a pezzi che condividiamo la notizia che il 17enne Magnus White è deceduto in seguito ad un incidente in allenamento”.
“Domenica 30 luglio abbiamo ricevuto la notizia che l’atleta della Nazionale Magnus White è stato investito da un’auto durante un allenamento in bici vicino alla sua casa di Boulder, Colorado. White era concentrato sui suoi ultimi preparativi prima di partire per Glasgow, Scozia, per competere ai campionati mondiali junior maschili di mountain bike cross-country, gara in programma il 10 agosto 2023”.
Noi non possiamo che porgere le nostre condoglianze alla famiglia ed al suo team, augurandoci, seppur con poca speranza, di non dover più pubblicare articoli di questo genere.
Foto: Eurosport
Fonte: Oasport
INVESTITO IN ALLENAMENTO, MUORE IL 17ENNE BIKER STATUNITENSE MAGNUS WHITE
Un altro lutto nel mondo del ciclismo, un’altra giovane vita spezzata sulle strade. L’annuncio terribile arriva da Usa Cycling, la Federazione Ciclistica Statunitese: «È con grande tristezza che condividiamo la notizia che il 17enne Magnus White è deceduto in seguito ad un incidente in allenamento.
Domenica 30 luglio abbiamo ricevuto la notizia che l’atleta della Nazionale Magnus White è stato investito da un’auto durante un allenamento in bici vicino alla sua casa di Boulder, Colorado. White era concentrato sui suoi ultimi preparativi prima di partire per Glasgow, Scozia, per competere ai campionati mondiali junior maschili di mountain bike cross-country, gara in programma il 10 agosto 2023.
White si è innamorato del ciclismo in tenera età entrando a far parte della Boulder Junior Cycling. Era una stella nascente nel ciclismo off-road e la sua passione per il ciclismo si è esaltata nelle corse e nella vita di squadra. Ha vinto i Campionati Nazionali Junior 17-18 di ciclocross 2021, poi ha gareggiato con la Nazionale USA di ciclismo per un’intera stagione di gare europee di ciclocross e ha chiuso l’anno al Campionato del Mondo UCI di ciclocross 2022 a Fayetteville, Arkansas. Ha rappresentato orgogliosamente gli Stati Uniti e la comunità Boulder ad un altro campionato del mondo di ciclocross nel gennaio del 2023 a Hoogerheide. E quest’estate si è guadagnato un posto nella squadra per i Campionati Mondiali di Mountain Bike.
Porgiamo le nostre sentite condoglianze alla famiglia White, ai suoi compagni di squadra, agli amici e alla comunità di Boulder in questo momento incredibilmente difficile.
Pedaleremo per Magnus».
Fonte: Tuttobiciweb
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus
Gli automobilisti percepiscono i ciclisti come “non umani”? Questa è la triste conclusione di uno studio scientifico australiano. Perché gli automobilisti percepiscono i ciclisti come “non umani” e che implicazione ha questo sulla sicurezza stradale?
Pedali su bici da corsa e indossi il casco? Sei un “non umano”
Lo studio è “The effect of safety attire on perceptions of cyclist dehumanisation”(Transportation Research Part F: Traffic Psychology and Behaviour, 2023). Gli studiosi australiani hanno intervistato 563 automobilisti. Da queste interviste è emerso che gli automobilisti ritengono che i ciclisti non siano degli esseri umani ma dei semplici “intralci” sulla strada, allo stesso modo di un semaforo o di una rotonda. Ma questa non è una novità: chi di noi ciclisti non ha mai vissuto il pericolo di un’auto che sterza all’improvviso e rischia di travolgerci e il conducente ci urla “non ti ho visto”?
Quel “non ti ho visto” non dipende solo dal mare di distrazioni che l’automobile moderna propone al conducente o al fatto che il cuore di un’automobilista batta così intensamente da attivare una risposta fuggi o lotta del sistema nervoso. Quel “non ti ho visto” nasce dal fatto che gli automobilisti percepiscono i ciclisti come “non umani”, quindi come un qualcosa che non dovrebbe essere sulla strada. E questo fa sì che l’attenzione dell’automobilista non si concentri sulla bicicletta che si trova a fianco all’automobile.
Lo studio però sottolinea che la deumanizzazione del ciclista – da parte di chi guida un’auto – aumenta in due casi:
Quando il ciclista è vestito in maniera sportiva. Quando sono state mostrate agli automobilisti delle foto di ciclisti differenti, la massima deumanizzazione veniva percepita quando questo indossava abiti in lycra. I ciclisti stradisti vengono infatti percepiti come meno umani dei ciclisti urbani;
Se il ciclista indossa il casco. Il casco infatti tende a occultare il viso, gli occhi e la testa, che sono considerati inconsciamente come segni di umanità. Il fatto che il caschetto riduca la percezione di umanità del ciclista paradossalmente aumenta il rischio di investimento anziché ridurlo.
Il pericolo della deumanizzazione del ciclista
Dallo studio si può comprendere come misure quali l’obbligatorietà del casco, tanto cara al nostro ministro dei trasporti Matteo Salvini, oltre ad essersi rivelata una mossa controproducente dove è stata implementata, portando a una riduzione del numero di ciclisti, non apporta una soluzione concreta al tema dell’incidentalità.(FALSO! Il casco se reso obbligatorio, può salvare la vita a migliaia di ciclisti urbani e sportivi, lungo le strade italiane: su questo punto il sottoscritto Alessio Brancaccio non è d’accordo né con Bike Italia né con FIAB Italia in merito alla racomandazione all’uso del casco protettivo e resta dello stesso parere del Ministro Salvini circa l’introduzione dell’obbligo, pur non potendolo vedere per questioni politiche, ma per questioni legate alla sicurezza dei ciclisti su strade italiane che ad oggi non sono mai state a prova di ciclisti, si è sulla stessa linea di pensiero, tendo bene a specificare questo punto che per me è essenziale, dal momento che io sono vivo per miracolo proprio grazie all’aver avuto in testa un ottimo casco, dopo aver subito una caduta in bicicletta da corsa il 19 Aprile 2019, lungo la SS5 Tiburtina Valeria ad Avezzano nella Marsica in Abruzzo).
Infatti la diffusione dell’obbligatorietà del caschetto tenderà a rendere meno umano il ciclista da parte dell’automobilista e allo stesso tempo ad aumentare la percezione di sicurezza di quest’ultimo. In sostanza, incosciamente, l’automobilista, vedendo il ciclista con il caschetto, si sentirà più sicuro nel fare manovre avventate, poiché presupporrà che il ciclista sia più “sicuro”.
Oltre a questo nasce un altro problema: come racconta benissimo l’antropologo Robert Sapolsky nel libro “Behave: The Biology of Humans at Our Best and Worst”,la deumanizzazione è la base dei comportamenti violenti verso una determinata categoria di persone. In passato è successo con l’Olocausto degli ebrei durante il nazismo, con l’eccidio degli armeni da parte degli ottomani durante la prima guerra mondiale o con la brutale pulizia etnica in Rwanda. Le persone vittime di queste brutalità non erano più mostrate come persone bensì come non umani (i nazisti chiamavano gli ebrei “untermenschen”, cioè sub-umani). Non si trattava più di Mario, Filippo, Rachele ma di un ebreo, un’armena, un tutsi. La deumanizzazione e la spersonalizzazione di questi gruppi ha legittimato rabbia e azioni violente, poiché non veniva più compiute contro persone reali ma contro “oggetti”.
E lo stesso potrebbe avvenire con i ciclisti. Ogni mattina, quando salgo in bici per venire al lavoro, per l’automobilista medio io non sarò Omar, uomo di 38 anni, papà di Fabio, marito di Elena, specialista nel ciclismo per Bikeitalia, bensì sarò “un ciclista” che occupa la strada, che impedisce di arrivare in tempo all’appuntamento e che quindi deve essere punito.
Gli automobilisti percepiscono i ciclisti come “non umani”?
Dallo studio australiano pare proprio di sì. Ve lo ricordate il comico Omar Fantini che aveva basato un intero sketch sul fatto che avrebbe avuto gusto nel montare un mirino sul suo Mercedes e colpire uno per uno tutti i ciclisti sulla strada? Ecco, quello è un caso emblematico di deumanizzazione.
E ciò che emerge dallo studio è che non sarà obbligarci a mettere casco, luci e frecce a risolvere il problema della sicurezza dei ciclisti sulle strade italiane.
Autore: Omar Gatti
Fonte: Bikeitalia
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus
comunico con immensa gioia l’arrivo via mail in formato .pdf, della mia nuova tessera socio partecipante ordinario numero 1045 della Fondazione Michele Scarponi Onlus, realizzata da Diego, uno dei ragazzi disabili appartenenti al progetto Franky per l’educazione e la sensibilizzazione della collettività ai temi della sicurezza stradale.
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus
Protesta dell’associazione Eco Schools – Ambiente e Cultura onlus per le bici elettriche che sfrecciano nel centro di Vasto. Il presidente Paolo Leonzio ha scritto al prefetto di Chieti, al procuratore dell’Aquila e al sindaco della città per chiedere un intervento in merito. Leonzio nella missiva descrive un episodio accaduto ieri 27 aprile quando, intorno alle ore 17, in corso Italia, all’altezza della sede della polizia municipale, «un ciclista a bordo di una bici elettrica di colore nero, seguito da altri, provenienti da direzione Corso De Parma a gran velocità ha sfiorato un gruppo di persone anziane».
Secondo Leonzio, non si tratterebbe del primo episodio del genere: «Si fa presente che non è la prima segnalazione che viene inoltrata alle autorità competenti, si precisa che Corso De Parma, piazza Rossetti e metà di Corso Italia sono isole pedonali. Questo tratto è frequentato da persone anziane anche over novanta e anche da genitori con neonati e cani da compagnia. L’associazione da me rappresentata insieme a persone di una certa età e altri volontari è disposta a creare uno sbarramento umano per evitare il transito di questi ciclisti sopra menzionati dato il mancato interessamento da parte delle autorità suddette».
«Vista l’autorità del prefetto di salvaguardare l’incolumità delle persone chiediamo di intervenire per evitare irreparabili conseguenze – si chiude la lettera – Ricordiamo che a noi interessa la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini. L’associazione si costituirà parte civile in caso di incidenti a persone e cose provocati da chi usa questi mezzi vietati su un isola pedonale se non si prenderanno provvedimenti a riguardo».
Fonte: Chiaro Quotidiano
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus
Avrete tutti fatto caso che la morte di Cristina a Milano, morta questo aprile sotto le ruote di una betoniera in curva, ricalca la stessa dinamica dell’altra orribile fine della […]
Avrete tutti fatto caso che la morte di Cristina a Milano, morta questo aprile sotto le ruote di una betoniera in curva, ricalca la stessa dinamica dell’altra orribile fine della sua coetanea Veronica, sempre a Milano a febbraio scorso. I ciclisti milanesi, instancabili quanto impotenti e senza la forza di dare fuoco a un qualsiasi edificio pubblico, hanno manifestato l’ennesima volta.
Ne parlo perché mi ha colpito l’intervento di uno dei compagni della locale Critical Mass, Angelo: «Almeno abbiate il coraggio di vietare le biciclette in città, se non siete capaci di intervenire per proteggerci». Per chi non è un cicloattivista, come invece lo è Angelo, vorrei sottolineare che questa frase è terrificante nella sua innocuità, e deve risultare piacevole solo a un qualunque presidente dell’Aci locale di ogni territorio. Per chi invece segue queste vicende come me e mi auguro un numero crescente di persone qui si è toccato un limite – anche piuttosto pericoloso se fossimo francesi: l’utilizzo sempre peggiore delle nostre strade ci sta portando al nucleo della questione, ovvero è del tutto evidente l’impossibilità di convivenza in strada della mobilità attuale con quella del futuro.
Intendiamoci, i mezzi pesanti da lavoro in città non sono come le auto private usate per lo spostamento personale da quasi 700 persone su mille in Italia: hanno per ora una loro funzione. E non è la velocità in questo caso a uccidere ma l’ingombro e la presenza degli angoli morti di manovra. Cioè un altro parametro con cui chi ha scelto di muoversi in bici deve fare i conti a ogni dannato metro che percorre. Non bastavano i milioni di matti che corrono solitari in città nelle auto private.
«Vietare le biciclette»: ma non si accorge nessuno di quanta disperazione ci sia in questa frase? A me pare impossibile, e infatti credo che – siccome è stata sentita bene dentro Palazzo Marino – sia stata accolta con il consueto sonorissimo niente di fatto.
Perché questa ormai risulta essere la cifra degli amministratori moderni italiani: non scegliere. Mai. Qualsiasi cosa accada. Soprattutto se porta fatica, sottrae consenso nell’immediato (leggi: in corso di mandato), dunque non conviene. Lo vedo bene a Roma, dove il sindaco, da noi chiamato «il cartonato» per la sua bidimensionalità, non prende posizione se non sull’inceneritore o su circenses come lo stadio, giochi vari tipo il Giubileo, l’Expo.
Apro il dizionario alla voce «governare». L’etimo, mi ricorda Treccani, viene da gubernum, il timone della nave in latino, da cui governo come lo conosciamo noi, ed è il significato più antico. So andare per mare e l’ultima cosa che va fatta in barca, a parte abbandonarla se affonda, è lasciare il timone senza alcuno al governo. Apro quindi il Guglielmotti, vocabolario marittimo: «Reggere, Aver cura, Provvedere col pensiero e coll’opera ai bisogni presenti e futuri di ciò che è sotto la sua custodia o giurisdizione».
A me sembra che oggi a ogni timone italiano ci sia il nocchier della livida palude, ovvero Caronte. E allora vietate le bici e fateci traghettare agl’Inferi, come già avviene. Fate ridere il mondo, su.
Fonte: Il Manifesto
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus
Dalla normativa di riferimento, agli standard minimi previsti di legge per il corretto dimensionamento di piste e percorsi ciclabili. Una rassegna dei principali dettagli progettuali da non trascurare per garantire sicurezza alla mobilità ciclistica.
Raffaele di Marcello, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, FIAB, FIAB Italia
La normativa di riferimento
Nella progettazione di piste e percorsi ciclabili le norme principali sono costituite dal D.M. Lavori Pubblici del 30 novembre 1999, n. 557.
Tale norma individua le diverse tipologie di itinerari ciclabili e, nel Capo II, definisce le norme da rispettare per la progettazione e la realizzazione delle piste ciclabili, mentre per i percorsi promiscui fornisce solo alcune indicazioni rimandando, implicitamente, ad altre normative quali, ad esempio, il Codice della Strada o il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 5 novembre 2001 contenente le norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade.
Corretto dimensionamento delle piste ciclabili
Il tema delle dimensioni, in larghezza, delle piste ciclabili, sembrerebbe banale ma il fatto che, a tutt’oggi, si vedano infrastrutture ciclabili realizzate con dimensioni ben sotto ai limiti previsti dalla normativa, fa nascere la necessità di ricordare quali sono gli standard minimi di legge.
L’art. 7- Larghezza delle corsie e degli spartitraffico -del D.M. 557/99, stabilisce:
Tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e dei velocipedi, nonché dello spazio per l’equilibrio e di un opportuno franco laterale libero da ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile, comprese le strisce di margine, è pari ad 1,50 m; tale larghezza è riducibile ad 1,25 m nel caso in cui si tratti di due corsie contigue, dello stesso od opposto senso di marcia, per una larghezza complessiva minima pari a 2,50 m.
Per le piste ciclabili in sede propria e per quelle su corsie riservate, la larghezza della corsia ciclabile può essere eccezionalmente ridotta fino ad 1,00 m, sempreché questo valore venga protratto per una limitata lunghezza dell’itinerario ciclabile e tale circostanza sia opportunamente segnalata.
Le larghezze di cui ai commi precedenti rappresentano i minimi inderogabili per le piste sulle quali è prevista la circolazione solo di velocipedi a due ruote. Per le piste sulle quali è ammessa la circolazione di velocipedi a tre o più ruote, le suddette dimensioni devono essere opportunamente adeguate tenendo conto dei limiti dimensionali dei velocipedi fissati dall’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
La larghezza dello spartitraffico fisicamente invalicabile che separa la pista ciclabile in sede propria dalla carreggiata destinata ai veicoli a motore, non deve essere inferiore a 0,50 m.
Quindi le dimensioni minime per le piste ciclabili a corsia monodirezionale sono pari a m 1,50 di larghezza, e per le piste ciclabili bidirezionali a m 2,50 di larghezza, eventualmente riducibili, solo per piste ciclabili in sede propria e su corsia riservata, per brevi tratti, rispettivamente a 1,00 m e 2,00 metri. Tale dimensioni, che, giova sottolineare, costituiscono parametro minimo, vanno opportunamente adeguate, aumentandole, in caso di possibilità di percorrenza di velocipedi a tre o più ruote.
Le piste ciclabili, qualora non protette da elementi in elevazione sulla pavimentazione, sono separate dalle corsie di marcia mediante due strisce continue affiancate, una bianca di 12 cm di larghezza ed una gialla di 30 cm distanziate tra loro di 12 cm; la striscia gialla deve essere posta sul lato della pista ciclabile. Si ricorda che le strisce di margine vengono considerate all’interno della misurazione della larghezza minima della pista.
Per quanto riguarda lo spartitraffico fisicamente invalicabile, che deve essere posto a separazione tra la carreggiata stradale destinata ai veicoli motorizzati e la pista ciclabile in sede propria, un parere del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, il n. 6573, del 29 ottobre 2013, suggerisce una misura minima di almeno 15 cm.
Si suggerisce di adottare, almeno per la parte adiacente la pista ciclabile, un angolo smussato in modo da evitare l’impatto tra pedale della bicicletta e cordolo.
Inoltre le ciclabili realizzate a quota inferiore del marciapiede e/o con cordolo fiancheggiante dovrebbero avere una dimensione maggiore rispetto ai minimi di legge, in modo da evitare, il più possibile, pericolosi impatti tra parti della bicicletta e gradini.
Raggi di curvatura nel progetto delle piste ciclabili
I raggi di curvatura orizzontale lungo il tracciato delle piste ciclabili devono essere commisurati alla velocità di progetto prevista e, in genere, devono risultare superiori a 5,00 m (misurati dal ciglio interno della pista); eccezionalmente, in aree di intersezione ed in punti particolarmente vincolati, detti raggi di curvatura possono essere ridotti a 3,00 m, purché venga rispettata la distanza di visuale libera e la curva venga opportunamente segnalata, specialmente nel caso e nel senso di marcia rispetto al quale essa risulti preceduta da una livelletta in discesa.
Il sovralzo in curva deve essere commisurato alla velocità di progetto ed al raggio di curvatura adottato, tenuto conto sia di un adeguato coefficiente di aderenza trasversale, sia del fatto che per il corretto drenaggio delle acque superficiali è sufficiente una pendenza trasversale pari al 2%, con riferimento a pavimentazioni stradali con strato di usura in conglomerato bituminoso.
Tali elementi progettuali vengono, troppo spesso, ignorati, realizzando percorsi ciclabili con raggi di curvatura non a norma e pendenze trasversali insufficienti.
Caratteristiche delle superfici ciclabili
Sulle piste ciclabili deve essere curata al massimo la regolarità delle superfici per garantire condizioni di agevole transito ai ciclisti, specialmente con riferimento alle pavimentazioni realizzate con elementi autobloccanti che vanno, il più possibile, evitate.
Il conglomerato bituminoso resta il tipo di pavimentazione più efficace ed economico. La sua resa estetica può essere migliorata utilizzando una miscela di pietrischetti e graniglie di natura mineralogica variabile a seconda degli effetti cromatici desiderati, sabbie di frantumazione, additivo minerale (filler), pigmenti coloranti, impastati a caldo con legante trasparente di derivazione petrolifera.
Anche l’uso di resine colorate, in caso di particolari esigenze, può migliorare l’impatto estetico e/o paesaggistico della pista ciclabile o migliorarne la percepibilità, ad esempio negli attraversamenti o nelle intersezioni. In caso di pista ciclabile in sede propria, a meno di precise esigenze estetiche, non è necessario ricorrere a colorazioni particolari, tenendo in considerazione il fatto che anche la resina più duratura, con il tempo, tende ad usurarsi e a scolorire. Si evidenzia che eventuali resine o vernici, utilizzate per la colorazione del fondo delle piste ciclabili, devono essere antisdrucciolo.
Anche per le piste ciclabili, come previsto dall’art. 137 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada, i segnali orizzontali devono essere realizzati con materiali antisdrucciolevoli e non devono sporgere più di 3 mm dal piano della pavimentazione. In caso di strisce longitudinali continue realizzate con materie plastiche, a partire da spessori di strato di 1,5 mm, il deflusso dell’acqua deve essere garantito mediante interruzioni delle stesse.
Particolare attenzione deve essere posta all’installazione di griglie per la raccolta delle acque meteoriche. Non è, infatti, consentita la presenza di griglie con elementi principali paralleli all’asse delle piste stesse, né con elementi trasversali tali da determinare difficoltà di transito ai ciclisti. Le ruote più strette, come quelle delle biciclette da strada, potrebbero infilarsi negli spazi tra gli elementi e provocare la caduta dal mezzo.
Si consiglia, pertanto, di utilizzare griglie antisdrucciolo e antitacco con barre portanti e/o barre trasversali di interasse uguale o inferiore a mm 15.
In conclusione, per la progettazione e realizzazione di piste ciclabili vanno adottati gli stessi accorgimenti utilizzati per le strade carrabili, avendo l’accortezza di considerare le peculiarità dei mezzi che dovranno percorrere i tracciati ed utilizzando, congiuntamente, le indicazioni del Codice della Strada e del relativo Regolamento e le disposizioni del D.M. 557/1999.
Le dimensioni di larghezza delle piste ciclabili, indicate nelle normative, si riferiscono sempre ai minimi di legge, ed è utile utilizzare dimensioni maggiori anche in considerazione delle tipologie di utenza e dei flussi di traffico previsti.
Particolare attenzione dovrà essere posta alla regolarità del manto stradale ed alla sua facile manutenzione, evitando discontinuità, avvallamenti ed eventuali elementi che potrebbero provocare, considerata la ridotta sezione degli pneumatici delle biciclette, incidenti anche gravi.