Energie non rinnovabili

IL GOVERNO SPOSTA IL RIGASSIFICATORE A VADO LIGURE: LA POPOLAZIONE LOCALE INSORGE

5 Settembre 2023 Michele Crudelini

https://www.byoblu.com/2023/09/05/il-governo-sposta-il-rigassificatore-a-vado-ligure-la-popolazione-locale-insorge/

La scelta dei Governi Draghi e Meloni di partecipare attivamente al conflitto contro la Russia sta togliendo soldi dalle tasche dei cittadini, ma non solo.

Il costo della guerra alla Russia

Fin dall’inizio della guerra vi abbiamo infatti raccontato come la scelta di rinunciare al gas della Russia, nostro principale fornitore, abbia avuto un effetto diretto sul costo di questa materia prima. I proclami iniziali sulla ricerca dell’indipendenza energetica si sono poi nel tempo trasformati nella semplice ricerca di un cambio di fornitore.

Il nostro Paese oggi non dipende più da Mosca, ma in misura ancora maggiore dall’Algeria e dagli immancabili Stati Uniti d’America. Mentre per il paese nordafricano viene utilizzato il gasdotto già esistente per il trasporto della materia prima, il gas americano deve essere invece trasportato via nave in forma liquida per poi essere rigassificato in prossimità della costa italiana, da dove poi verrà reimmesso all’interno delle tubature.

I problemi ambientali del rigassificatore

In questo la volontà politica di emanciparsi dalla Russia comporta un secondo problema del tutto a carico dei cittadini: il gas liquefatto americano non solo costa di più, ma l’infrastruttura per la conversione ha un impatto ambientale non indifferente per la popolazione locale. Aveva fatto discutere nei mesi scorsi per esempio l’attivazione del rigassificatore di Piombino. Si trattava nello specifico della nave Golar Tundra della lunghezza di 292,5 metri.

Su Byoblu avevamo sottolineato come il Governo avesse snobbato la questione ambientale di questa infrastruttura: di solito infatti i rigassificatori rimangono lontani dalla costa, mentre in questo caso la nave era stata posta nel porto di Piombino per risparmiare tempo e costi di produzione. Inoltre non è stata autorizzata nessuna valutazione sull’impatto ambientale. Nonostante l’atteggiamento del Governo, la cittadinanza locale insieme allo stesso sindaco di Piombino Francesco Ferrari si sono mobilitati contro questa grande opera che è comunque entrata in funzione nel maggio scorso.

Il rigassificatore naviga verso Vado Ligure

E oltre a Piombino il Governo sembra aver designato un’altra vittima della russofobia: il comune di Vado Ligure. Nei piani dell’esecutivo c’è infatti la volontà di trasferire entro il 2026 il rigassificatore di Piombino dalla località Toscana lungo la costa del comune di Vado Ligure. Insomma un modo per alleviare i malumori toscani e trasferirli in un altro luogo.

Una prospettiva che non è stata però digerita anche in questo caso dalla cittadinanza locale che, come nel caso di Piombino, non è stata per nulla coinvolta dal Governo. C’è infatti una raccolta firme che ha già raggiunto oltre 5mile sottoscrizioni ed è prevista una manifestazione a Savona per questo fine settimana: una catena umana in spiaggia contro il mostro del gas.

Un’altra iniziativa di protesta interessante arriva poi da un istituto scolastico del comune di Quiliano, luogo dove dovrebbero essere posati diversi chilometri di tubature proprio per il rigassificatore. Bene, la dirigente scolastica e il gruppo docenti hanno approvato una delibera: con questa la scuola diserterà “qualsiasi proposta di educazione ambientale, civica e di salute che pervenga dalla Regione Liguria o dagli enti ad essa collegati ritenendo ipocrita la richiesta di formare le coscienze degli studenti a valori che nella realtà vengono disattesi e calpestati”.

Insomma l’educazione ambientale di potere viene dipinta finalmente per quello che è: una grande operazione di ipocrisia imposta per altro con la forza della legge. La coraggiosa ribellione della scuola non è però andata giù alla Regione Liguria che ha risposto con toni decisamente aggressivi: “Con questo atto, la dirigente dell’istituto insieme a tutti i firmatari è andata contro un principio costituzionale. La Regione informerà il ministro Valditara per chiedere chiarimenti e, successivamente, provvedimenti volti a restituire alla scuola la totale libertà di apprendimento dei suoi studenti”.

La vicenda del rigassificatore rappresenta così in maniera plastica quello che è oggi il potere in Italia: un leone rabbioso contro i cittadini pronto a trasformarsi in un timido agnellino nei consessi internazionali che impongono all’Italia scelte dannose.

Fonte: Byoblu, la TV libera dei cittadini, canale 262 del Digitale Terrestre

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

ULTIMA GENERAZIONE, TRENTA AVVOCATI LANCIANO UN APPELLO: ” NO ALLA CRIMINALIZZAZIONE DEGLI ECOATTIVISTI”

Le ecoattiviste di Ultima Generazione a corpo nudo per richiamare l’attenzione delle Istituzioni all’importanza del contrasto al cambiamento climatico e per azzerare i finanziamenti ai combustibili fossili, responsabili dell’avvelenamento del nostro Pianeta
https://roma.repubblica.it/cronaca/2023/05/07/news/ultima_generazione_trenta_avvocati_lanciano_un_appello__no_alla_criminalizzazione_degli_ecoattivisti-399171725/

di Marino Bisso

La presa di posizione contro la linea dura di alcune procure che hanno contestato agli attivisti green il grave reato di associazione per delinquere

07 MAGGIO 2023 AGGIORNATO 09 MAGGIO 2023 ALLE 21:14

Per ora sono una trentina di avvocati ma si stanno organizzando per raccogliere nuove adesioni all’appello lanciato contro la criminalizzazione degli ecoattivisti.  “Siamo avvocate ed avvocati da sempre impegnati nella difesa dei diritti di libertà e di manifestazione del pensiero. In questi campi, a fronte dell’emergere di nuove forme di contestazione da parte di nuovi movimenti, dai sindacati di base ai movimenti ambientalisti, le attività delle Procure hanno a volte assunto caratteri fortemente repressivi, con contestazioni di reati spropositate rispetto ai fatti realmente accaduti e con la costruzione talvolta di “indagini-teorema”. Perciò riteniamo significativo e importante mettere a disposizione la nostra professionalità nella difesa di attiviste ed attivisti che, di volta in volta, siano colpiti da queste azioni repressive”.

Il riferimento alla linea dura dei pm riguarda la recente decisione della Procura della Repubblica di Padova di contestare ad alcuni attivisti di Ultima Generazione non solo una serie di reati che essi avrebbero commesso nel protestare contro l’inerzia istituzionale di fronte al cambiamento climatico, ma addirittura il grave reato di associazione per delinquere per aver organizzato blocchi stradali, imbrattamenti, interruzioni di pubblico servizio, manifestazioni non comunicate.

“Come avvocati, e quindi giuristi, non possiamo non notare come le legittime ragioni di queste proteste, tutte condotte con metodo non violento, non abbiano evidentemente avuto alcuno spazio, essendo il tutto ricondotto ad una “associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati”, come se si trattasse di una banda di rapinatori seriali – spiegano ancora gli avvocati – Con le loro azioni di protesta, gli attivisti che oggi sono sotto indagine intendono mettere in luce che il disastro ambientale è ormai in corso e non c’è più altro tempo, o si agisce subito o la situazione diventerà irreversibile; sono mossi, in altre parole, dalla ferma volontà di costringere i pubblici poteri a fare quanto ancora possibile ed indispensabile per salvare la vita dell’umanità su questo pianeta. Le azioni (non violente) che essi compiono, proprio per la loro finalità, sono però imposte dalla necessità di salvare non solo se stessi, ma l’umanità così come la conosciamo dal pericolo di un danno grave ed irreversibile, tale da portare alla fine della civiltà, non avendo altro modo per tentare tale ultima difesa, e con azioni certamente non sproporzionate rispetto al pericolo che tutti vorrebbero fosse scongiurato. Le attiviste e gli attivisti di Ultima Generazione non si limitano ad agitare lo spettro del disastro climatico ed ecologico, ma avanzano proposte concrete per invertire questa deriva, quali la definitiva uscita dal fossile e massicci investimenti per fonti alternative di energia”.

Secondo i giuristi promotori dell’appello “le azioni di Ultima Generazione sono inoltre un atto dovuto di difesa della legalità costituzionale, laddove l’art. 9 della Costituzione tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Per questo, in quanto avvocate ed avvocati ci impegniamo a sostenere, nella società e nelle aule dei Tribunali, le ragioni di chi si batte per il futuro del pianeta, opponendoci al tentativo di criminalizzazione dei movimenti ecologisti”.
Tra i primi firmatari molti anche gli avvocati romani tra i quali: Francesco Romeo, Simonetta Crisci, Arturo Salerni, Caterina Calia. E poi: Gilberto Pagani, Gianluca Vitale, Nicola Canestrini, Cesare Antetomaso,Ivonne Panfilo, Luigi Galloni, Tatiana Montella, Ludovica Formoso, Antonello Ciervo, Paola Bevere, Flavio Rossi Albertini, Isabella Cacciari, Veronica Dini, Filippo Paterniti, Luca Saltalamacchia,Roberto De Angelis, Leonardo De Luca, Daniela Torro, Leonardo Pompili.  Per sottoscrivere, avvocate ed avvocati possono inviare una mail a: stop416ecoattivisti@gmail.com  SEGUI La Città che resiste

Fonte: La Repubblica

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

SULLE MONTAGNE DEL FOGGIANO SI TRIVELLA MA NESSUNO NE PARLA. “NOSTRA TERRA SFRUTTATA PER ESTRAZIONE IDROCARBURI”

Di Redazione  24 Marzo 2023  ECONOMIA

Il sindaco di Biccari: “Con scelte del genere è evidente che le aree più deboli come la nostra non sono solo penalizzate, ma anche umiliate e condannate definitivamente alla marginalità ed allo spopolamento”

Biccari's Mayor: "With choices like this it is clear that the weakest areas like ours are not only penalized, but also humiliated and definitively condemned to marginalization and depopulation"

Milioni di euro ricavati grazie alle estrazioni di idrocarburi sui Monti Dauni per finanziare progetti che riguardano altre zone della provincia di Foggia e alcune città del Tarantino. Sulle montagne del Foggiano si trivella ma nessuno ne parla. “Ancora una volta – tuona il sindaco di Biccari, Gianfilippo Mignogna – come accade già per l’energia eolica, le ricchezze prodotte nella nostra Area Interna sono destinate ad altri beneficiari scelti. Da una parte il paradosso dei Monti Dauni che continuano ad essere uno dei territori energeticamente più produttivi, ma al tempo stesso anche uno dei più poveri d’Italia, evidentemente a causa di scelte politiche penalizzanti e sbagliate. Un vero e proprio sfruttamento per la nostra Terra che subisce gli impatti ambientali dell’estrazione degli idrocarburi, mentre altri godono delle relative royalties. Con scelte del genere è evidente che le aree più deboli come la nostra non sono solo penalizzate, ma anche umiliate e condannate definitivamente alla marginalità ed allo spopolamento, visto che non riescono ad ottenere risorse neanche quando le producono”. 

Mignogna aggiunge: “L’altro elemento di grande preoccupazione se non di fastidio è la disparità di trattamento che i Monti dauni continuano ad avere. La Regione ha dato in carico ad una task force di esperti per studiare possibili impatti delle trivelle in mare, quando i nostri territori continuano ad essere trivellati da 60 anni senza nessun tipo di attenzione e di accorgimento. Chiediamo pari dignità. Se le trivelle in mare spaventano, non vedo per quale motivo dobbiamo accettarle pacificamente nei territori dei Monti Dauni”.

Millions of euros obtained thanks to the extraction of hydrocarbons on the Dauni Mountains to finance projects involving other areas of the province of Foggia and some cities in the Tarantino area. In the mountains of Foggiano they drill but nobody talks about it. "Once again - the mayor of Biccari, Gianfilippo Mignogna thunders - as is already the case with wind energy, the wealth produced in our Internal Area is destined for other selected beneficiaries. On the one hand, the paradox of the Dauni Mountains which continue to be one of the most energetically productive areas, but at the same time also one of the poorest in Italy, evidently due to penalizing and wrong political choices. A real exploitation for our Earth that suffers the environmental impacts of hydrocarbon extraction, while others enjoy the related royalties. With such choices it is evident that the weakest areas like ours are not only penalized, but also humiliated and definitively condemned to marginalization and depopulation, given that they are unable to obtain resources even when they produce them".

Mignogna adds: “The other element of great concern if not annoyance is the unequal treatment that the Monti dauni continue to have. The Region has entrusted a task force of experts to study the possible impacts of the drills at sea, when our territories have continued to be drilled for 60 years without any kind of attention and precautions. We demand equal dignity. If drilling at sea is frightening, I don't see why we have to accept them peacefully in the territories of the Monti Dauni".
https://www.google.it/maps/place/Subappennino+Dauno/@41.3666822,15.1412452,2246m/data=!3m2!1e3!4b1!4m6!3m5!1s0x1339f0eaad8b9709:0xdf57b27a50a1468c!8m2!3d41.366667!4d15.15!16s%2Fm%2F04q6kwh

https://www.instagram.com/immediatonet/

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo movimento ambientalista Ultima Generazione e membro attivo Fondazione Michele Scarponi Onlus

CAMPAGNA NON PAGHIAMO IL FOSSILE DI ULTIMA GENERAZIONE

https://ultima-generazione.com/nonpaghiamoilfossile/
https://linktr.ee/ultimagenerazione

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo movimento ambientalista Ultima Generazione e membro attivo Fondazione Michele Scarponi Onlus

DOMANDA DI ELETTROTECNICA POSTA DA FILIPPO LICARI, ELETTROTECNICO ED AMBIENTALISTA COME IL SOTTOSCRITTO

Vasto (CH), lì 27 Gennaio 2023 ore 18.54

Amici ed amiche che seguite da tempo il mio blog, buonasera a tutti e a tutte.

In questo articolo parlerò di una domanda molto stimolante che mi è stata posta via Twitter dall’elettrotecnico Filippo Licari e che riguarda l’ideazione, progettazione e realizzazione di un motore a propulsione magnetica che fa uso di una Forza Elettro Motrice (FEM) che poi porta alla produzione di un campo magnetico variabile in grado poi di generare una corrente elettrica, un tipo di motore che per molte persone, anche tecnici del settore non è chiaro come possa esistere un tipo di motore del genere, perché è ritenuto ancora un modello di motore ideale e non reale, ma negli ultimi cento anni la ricerca in questo settore sta facendo enormi passi da gigante, dapprima grazie alle intuizioni delle scienziato serbo di Smiljan Nikola Tesla, il Genio Dimenticato che inventò il XX Secolo e che probabilmente conosceva già la chiave di volta che permetteva di poter erogare energia libera per tutti, sfruttando la capacità di conduzione elettrica della nostra Terra, il problema è che questa intuizione avrebbe troppo compromesso affari miliardari alle multinazionali le quali per fare profitto, sfruttano petrolio, gas e carbone classificate delle energie non rinnovabili e che da anni inquinano il Pianeta, determinando un contributo aggiuntivo all’Effetto Serra ed al Cambiamento Climatico causato sia da fattori interni che esterni al Pianeta stesso, un Riscaldamento Globale al quale oggi tutti stiamo impotentemente assistendo.

Il nocciolo centrale della questione posta non sta tanto nell’incapacità di comprendere come far funzionare un tipo di motore del genere, ma più nella mancanza di volontà politica da parte dei nostri “degni” amministratori locali di impedire alle multinazionali che sfruttano da anni le energie non rinnovabili, di poter porre il veto su capacità ed invenzioni mostrate nell’immaginario scientifico di Tesla che possano realmente risolvere una volta per tutte la mancanza di approvvigionamento energetico sul nostro Pianeta. Quanto sarebbe bello poter un giorno vedere queste multinazionali cambiare logica e mentalità, convertirsi d’uso e fare miliardi di profitto non sulle energie non rinnovabili, ma sulle rinnovabili, ma dal momento che l’energia solare, eolica e geotermica secondo questi “galantuomini” prese nell’insieme non garantiscono loro di dare lo stesso rendimento dei combustibili fossili, da qui è facile comprendere il perché questa più che Transizione Ecologica io la chiamerei Conversione Ecologica, come la chiama Papa Francesco I, non ha ancora preso piede negli ultimi dieci anni, perché questa conversione andava fatta già dieci anni fà, non oggi, siamo in forte ritardo, meglio tardi che mai, ma per quanto mi riguarda sono certo che portando avanti la ricerca nella realizzazione di nuovi prototipi di motori a propulsione elettromagnetica, che si basa sulle intuizioni di Tesla in ambito elettromagnetico, sono certo che sfruttando questi motori ed i fulmini che dall’atmosfera si scaricano sulla terraferma dopo generazione di una differenza di potenziale, saremo in grado di soddisfare a tutte le nazioni la sempre più pressante richiesta energetica legata ad un Mondo capitalistico e globalizzato come il nostro, così si smetterà una volta per tutte di continuare a dichiararci guerra l’uno contro l’altro.

Di seguito elenco tutti i tweet della conversazione che c’è stata tra Filippo e me.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila

IL PORTOGALLO DECIDE DI CHIUDERE I PONTI CON LE ENERGIE NON RINNOVABILI: IL SOLARE GALLEGGIANTE E’ UN SISTEMA CON IL QUALE CI SONO RIUSCITI

IL SOLARE GALLEGGIANTE SULL’ACQUA: LA NUOVA TECNOLOGIA A ZERO EMISSIONI ADOTTATA DAL PORTOGALLO PER TRASFORMARE L’ENERGIA SOLARE IN ENERGIA ELETTRICA!
IL SOLARE GALLEGGIANTE USATO DAL PORTOGALLO PER TRASFORMARE L’ENEGIA SOLARE IN ENERGIA ELETTRICA
https://www.edpr.com

Presa Diretta Ritorno al Nucleare, 11 Settembre 2022

https://www.raiplay.it/video/2022/09/Presa-Diretta—Ritorno-al-nucleare—11092022-261f05d5-a0cd-439b-b41c-354d2cfc993f.html

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila e tecnico sportivo CSEN Abruzzo

DRAGHI VOLA IN ALGERIA E GUARDA ALL’AFRICA PER FARE A MENO DEL GAS RUSSO

Il premier italiano è ad Algeri insieme a Luigi di Maio e Roberto Cingolani, sul tavolo un accordo per aumentare di 9 miliardi le forniture. Ad aprile sono attese le visite in Mozambico, Congo e Angola.

Oggi Mario Draghi è ad Algeri, accompagnato da Luigi di Maio e Roberto Cingolani, per incontrare il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune. Sul tavolo c’è un accordo per il potenziamento delle forniture dal paese africano all’Italia per 9-10 miliardi di metri cubi di gas, volumi che sono pari a circa il 30 per cento del gas naturale che oggi Roma compra dalla Russia.

L’infrastruttura che dovrebbe portare in Italia questo gas è il gasdotto Transmed, che via Tunisia passa per il canale di Sicilia e arriva a Mazara del Vallo. Con gli attuali 21 miliardi di metri cubi, l’Algeria è il secondo fornitore italiano, ma grazie al potenziamento diventerebbe il primo. Già il 3 aprile Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, si era recato in Algeria per incontrare il primo ministro Aymen Benabderrahmane e il ministro dell’Energia Mohamed Arkab. In seconda battuta aveva incontrato l’amministratore dell’azienda petrolifera di stato Sonatrach, Toufik Hakkar.

La tappa algerina per l’indipendenza energetica è fondamentale perchè i benefici si potrebbero vedere a breve termine. Anzi, brevissimo. Già dal prossimo inverno, secondo Descalzi, le forniture potrebbero toccare i 30 miliardi di metri cubi. Per fare un confronto, prima di mettere a frutto i giacimenti nazionali Cassiopea e Argo nel canale di Sicilia bisognerà aspettare il 2024 e i metri cubi all’anno saranno “appena” 2,2 miliardi – lungaggini burocratiche permettendo. Dall’Algeria, poi, il percorso del premier e dei rappresentanti del governo prosegue a sud, oltre il Sahara. Già il 12 marzo Di Maio, con Descalzi al seguito, aveva visitato il Congo e l’Angola per mettere in cantiere degli accordi analoghi. Adesso anche Draghi dovrebbe visitare questi paesi entro la fine di aprile, con l’aggiunta del Mozambico

Appena un mese fa Eni aveva annunciato la scoperta di un giacimento di gas e petrolio nel deserto algerino, il cui sfruttamento avverrà in maniera congiunta con la Sonatrach. Le due aziende sono già legate da un contratto da un miliardo e mezzo di dollari per la cooperazione nel bacino del Berkine, nella parte orientale del paese. Le attività del cane a sei zampe in Africa hanno visto un cambio di passo a partire dal 2014, quando le tensioni con Mosca hanno spinto l’azienda a guardare altrove. A partire dal continente dove mosse i primi passi fuori dal territorio nazionale nel ’54. A sud del Sahara gli hub principali sono proprio il Congo (131 mila boe-barili equivalenti di petrolio al giorno), l’Angola (123 mila boe al giorno), la Nigeria e il Mozambico. Qui la presenza di Eni è recente, ma dal 2006, data di acquisizione del primo blocco offshore, è aumentata costantemente. L’attività estrattiva di Eni in Africa è strategica al punto che, per garantire la sicurezza delle sue infrastrutture nella regione la compagnia petrolifera ha sottoscritto un protocollo di intesa con la Marina militare italiana nel 2021.

La necessaria diversificazione energetica per mettersi al riparo dai “ricatti russi” del gas – come li ha definiti ieri Luigi di Maio, provocando la reazione della portavoce del ministero degli Esteri di Mosca Maria Zakharova – deve fare i conti con altri fattori. Secondo il rating Sovereign Transfer and Arbitrary Risk, stilato dal gruppo Atradius, i paesi che Draghi visiterà nei prossimi giorni rientrano in fasce di rischio comprese fra alto-moderato (Algeria) e alto/molto alto (Angola, Mozambico e Congo). A dimostrarlo è stato l’omicidio dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio nel 2021 a Goma e i violentissimi disordini (e relativa repressione) nella capitale dell’Angola, Luanda, nell’ultimo anno. 

L’Algeria è un caso a sé. Qui l’Italia può sfruttare le recenti tensioni con la Spagna, occorse quando il premier Pedro Sánchez ha abbandonato la consueta posizione di neutralità di Madrid sulla questione del Sahara occidentale, schierandosi a sostegno del Marocco, che ha rapporti complicati con Algeri. La Sonatrach ha deciso di rivedere al rialzo il prezzo di vendita del gas al paese iberico, con la possibilità di dirottare parte delle forniture altrove, dunque in Italia. D’altra parte ci sono elementi che potrebbero rendere più complessi i rapporti con Algeri. In primo luogo, negli anni scorsi i due paesi hanno avuto alcuni attriti a proposito della zona economica esclusiva che Algeri ha disegnato nel 2018 e che lambisce le coste della Sardegna. Nel 2019, 90 aziende ittiche avevano contestato la mossa dell’Algeria, spingendo l’allora governo italiano a depositare una protesta presso le Nazioni unite (poi caduta nel vuoto). C’è poi un altro tema che è quello della affidabilità del governo algerino, che ha da sempre canali diplomatici aperti con la Russia.

Grande punto interrogativo è quanto Mosca farà valere la sua influenza sul continente africano. Oltre alla storica cooperazione con Algeri, specie nel settore della Difesa, nessuno dei paesi in questione si è espresso positivamente sulla sospensione della Federazione russa dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu. Tutti astenuti, come anche il Qatar e l’Azerbaijan che dovrebbero completare la strategia di diversificazione energetica italia.

https://www.ilfoglio.it/esteri/2022/04/11/news/draghi-vola-in-algeria-e-guarda-all-africa-per-fare-a-meno-del-gas-russo-3897820/

“Invece di pensare a come rendere l’#Italia indipendente dalle #energienonrinnovabili entro 2 anni non 4, come dice il Ministro della #TransizioneEcologica #Cingolani, sfruttando il #geotermico a casa nostra, si pensa ancora a forniture esterne di #gas!” #AlessioBrancaccio

“Instead of thinking about how to make #Italy independent from #norenewableenergies within 2 years not 4, as the #Cingolani #EcologicalTransition Minister says, using #geothermal in our home, we are still thinking about external #gas supplies!” #AlessioBrancaccio

Transizione energetica. Perché l’Italia non investe sulla geotermia

Siamo stati tra i leader mondiali nella produzione di elettricità dal calore della terra. Ma è un sistema complesso, lo Stato non lo appoggia più e ci stiamo perdendo questa opportunità

“Inside the Tower”, scatto di Fabio Sartori all’interno di una torre di raffreddamento della centrale geotermica “Sasso 2” di Enel Green Power – Fabio Sartori

Quando si parla di rinnovabili, almeno in Italia, la geotermia – cioè lo sfruttamento del calore terrestre per produrre energia elettrica o termica – appare ancora piuttosto trascurata. Tra i non addetti ai lavori è praticamente sconosciuta o quasi, specie rispetto ad altri paesi europei con potenziale simile al nostro. Ma se ne discute poco anche in ambito di politiche energetiche nazionali. Eppure avrebbe considerevoli margini di sviluppo, anche solo per le caratteristiche geologiche di diverse aree del nostro territorio, adatte a questo tipo di impianti ma non ancora sfruttate a dovere.

I dati di consumo interno lordo di energia elettrica forniti da Terna (gli ultimi disponibili sul portale dell’azienda risalgono al 2019), sono eloquenti: a fronte di una crescita generale dell’utilizzo delle rinnovabili pari al 1,3% rispetto all’anno precedente, la geotermia ha registrato un calo dello 0,5%. Mentre l’eolico, il fotovoltaico e la bioenergia, sono tutti aumentati.

Per quanto riguarda la produzione invece, e stando ai numeri raccolti dall’Unione geotermica italiana, il contributo della geotermia al totale generato rispetto alle altre rinnovabili è pari al 3,5%, 5,4% se parliamo di produzione elettrica e 2% per quella termica. Ciononostante «l’Italia ha delle risorse straordinarie, in Toscana soprattutto, ma in tutta la zona tirrenica. Fino a non molti anni fa era al quarto posto nella produzione mondiale, ma è rimasta ferma e ora è calata all’ottavo – spiega Adele Manzella, presidente dell’Unione geotermica italiana (Ugi) e prima ricercatrice al Cnr –. Non dimentichiamo che il nostro Paese ha inventato il settore geotermoelettrico e fino alla seconda guerra mondiale eravamo gli unici a produrre energia in questo modo. Come competenze e risorse, quindi, saremmo all’avanguardia. Abbiamo una filiera industriale considerevole dedicata alla geotermia che però adesso lavora quasi sempre fuori. Non c’è uno sviluppo e non per mancanza di capacità, ma perché i progetti sono tutti fermi».


«Come competenze e risorse, saremmo all’avanguardia. Abbiamo una
filiera industriale considerevole dedicata alla geotermia che però
adesso lavora quasi sempre fuori. Non c’è uno sviluppo e non per
mancanza di capacità, ma perché i progetti sono tutti fermi»


In Italia, come detto, l’utilizzo più noto della geotermia è la produzione elettrica, ma occupa uno spazio importante anche l’applicazione termica. Il calore terrestre è estratto e utilizzato soprattutto per la climatizzazione di ambienti, che da sola copre il 52% della produzione nazionale, mentre un altro 32% è destinato alla balneoterapia o a uso termale. Vengono poi l’acquacoltura, l’agricoltura (in particolare per le serre) e altre applicazioni industriali.

Ma quali sono gli svantaggi che rendono così difficile la diffusione della geotermia? Innanzi tutto i costi iniziali: «La geotermia ha il grande problema di richiedere la perforazione di pozzi. Un processo molto oneroso che però viene recuperato dal costo generato durante il ciclo di vita degli impianti – continua Manzella – paragonabile e in alcuni casi inferiore a quello di altre energie. E questo vale sia per la produzione elettrica sia per gli usi termici. Senza contare che la geotermia può andare in produzione con continuità e la resa non dipende da fattori climatici, come la presenza di sole o vento. Un impianto geotermico produce sempre, 24 ore su 24».

A complicare le cose c’è però anche un certo grado di rischio, perché non si può essere certi delle caratteristiche della risorsa che si intende utilizzare prima di arrivarci e si potrebbe aver sovrastimato la resa. Inoltre perforare è un lavoro complesso e può avere importanti impatti ambientali.

Le torri della centrale geotermica di Larderello viste da lontano – CC Birgit Juel Martinsen

Lo Stato non aiuta, non più almeno e per il settore non ci sono più incentivi. La geotermia è stata sostenuta al pari delle altre rinnovabili fino al 2018 (con l’eccezione del fotovoltaico che è stato spinto decisamente di più delle altre). Poi è arrivata la prima grande esclusione con il Fer 1 (il decreto sulle rinnovabili). «Attualmente ancora non si vede la luce del Fer2 in cui, in diversi occasioni, si è detto che assieme alle altre tecnologie innovative e sostenibili sarebbe rientrata anche la geotermia – ragiona ancora la presidente dell’Ugi –. Ma al momento non c’è alcun sostegno incentivante, almeno non per gli impianti destinati alla produzione elettrica. Per il termico ci sarebbero alcuni strumenti di sostegno, ma non sono specifici per la geotermia. Quello che manca, insomma, è il riconoscimento delle sue peculiarità e un sistema di aiuti soprattutto nella fase iniziale. Perché una volta che sono avviati i progetti si tengono perfettamente in piedi in modo autonomo».

Ad aggravare la situazione c’è anche l’esiguo numero di professionisti con le competenze necessarie: «Mancano le condizioni per la crescita – conclude la ricercatrice –. Fondamentalmente parliamo di tecnologie poco conosciute e che richiedono professionalità specifiche. Basti pensare al fatto che un’esco interessata a un’installazione, oltre ad ingegneri e impiantisti, avrebbe bisogno anche di un geologo. Quindi servirebbero anche misure che favoriscano l’acquisizione delle competenze necessarie e facciano conoscere un po’ di più il settore».

https://www.avvenire.it/economiacivile/pagine/geotermia-italia

Geotermia e rinnovabili: perché sostenere la fonte più antica d’Italia

L’Italia è la culla della geotermia, fonte rinnovabile storica che può crescere molto. Ma è trascurata. Ecco cosa serve per il suo sviluppo: lo spiega la presidente UGI Adele Manzella

A cura di: Andrea Ballocchi

La geotermia rischia di rimanere sullo sfondo della politica energetica italiana. Peccato, perché il nostro Paese vanta una storia esemplare per quanto riguarda questa fonte parte integrante delle rinnovabili.

È dall’inizio del XX secolo che il Belpaese sfrutta il calore della Terra per produrre energia elettrica. Il primo impianto geotermico al mondo è stato costruito in Italia. Vanta una conoscenza tecnologica notevole: per esempio, nel 2016 è stato avviato in Toscana il primo impianto al mondo che unisce due fonti rinnovabili, ovvero geotermia e biomasse.

Diverse città contano molto sull’apporto geotermico: senza citare le città toscane dell’area storica, Ferrara conta sull’energia distribuita dalla rete di teleriscaldamento cittadina, che per più del 40% è prodotta dall’impianto geotermico locale.

«Ancora oggi l’energia geotermica italiana, per produzione elettrica è al settimo posto mondiale dei Paesi produttori – malgrado non molti anni fa eravamo quarti – e nei primi venti per uso termico. Ma nella realtà italiana, il contributo è assai limitato, stante la grande richiesta di energia nazionale», afferma Adele Manzella presidente Unione Geotermica Italiana (UGI) e Primo Ricercatore al CNR.

Adele Manzella

Geotermia e rinnovabili: il peso della fonte energetica nel mix green

Con geotermia vengono comprese molte applicazioni che fanno capo alla produzione elettrica e termica. A livello nazionale il consumo da produzione geotermica rappresenta circa il 3,5% del mix totale da rinnovabili, incidendo per il 5,4% per la produzione elettrica e per il 2% di termica.

Rispetto al consumo totale lordo italiano di energia, la geotermia conta solo lo 0,62%. «Purtroppo, anziché aumentare diminuisce», sottolinea Manzella.

È paradossale che in Italia, patria natale della geotermia, una delle fonti rinnovabili più antiche sia trascurata. Quando invece si pensa a centrare obiettivi sempre più ambiziosi al 2030 in tema di produzione energetica rinnovabile. Come pensiamo di raggiungerli, puntando alla transizione energetica, tralasciando la risorsa geotermica?

Presidente Manzella, quali potenzialità ha la geotermia italiana?

La geotermia ha delle potenzialità di sviluppo notevoli e di gran lunga superiori a molti Paesi, soprattutto per gli usi termici. Il problema, anzi uno dei tanti, è che manca una valutazione puntuale del potenziale geotermico. Dalla stima fatta da UGI, possiamo sicuramente affermare che oggi in Italia è possibile produrre 10 volte di più della quota attuale.

Il nostro Paese ha una geologia particolarmente favorevole all’accumulo di acque calde nel sottosuolo a profondità relativamente basse. Questo è un fattore positivo, tanto che in teoria potremmo decuplicare ulteriormente questa stima, per lo più grazie alla geotermia ad alta entalpia, ideale tanto per la produzione elettrica sia per il teleriscaldamento. Va inoltre considerato il valore delle pompe di calore geotermiche, che sfruttano la differenza di temperatura ambiente e sotterranea: anche se difficilmente quantificabile, è molto interessante questa tecnologia e andrebbe sfruttata maggiormente come fonte di energia termica, tra l’altro contando sulla loro maggiore efficienza rispetto alle pompe di calore tradizionali.

Quali sono i fattori che ostacolano lo sviluppo della geotermia tra le rinnovabili italiane?

Sono diversi, alcuni dei quali ricollegabili alla poca conoscenza delle tecnologie geotermiche. Innanzitutto, permangono molti veti alle autorizzazioni agli impianti. Negli ultimi dieci anni sono stati richiesti più di 100 permessi: a oggi non c’è ancora il benestare su nessuno di questi per procedere allo scavo di un pozzo. Gli impianti attualmente in funzione sono ancora frutto delle concessioni della geotermia storica, ovvero quelli di Enel nelle zone di Larderello e del monte Amiata. Lascio immaginare quanto sia oggi elevato l’indice di recessione dal proposito di andare avanti da parte degli operatori che hanno fatto richiesta.

Anche coloro che hanno ottenuto le autorizzazioni tecniche a procedere si scontrano poi con la mancanza di benestare provenienti o dalla regione di riferimento o dalla sovrintendenza, malgrado spesso non sussistano criteri oggettivi. In poche parole, è troppo facile opporre un veto. Il problema è che spesso non c’è accettabilità verso queste e altre infrastrutture. Tuttavia in geotermia ad aggravare la situazione e il pregiudizio c’è anche la questione della perforazione dei pozzi, quando sono profondi. Sono spesso visti con timore malgrado in Italia esistano impianti pienamente attivi da oltre un secolo. Da più di cinquant’anni la produzione è intensa e malgrado questo non sono stati segnalati terremoti o problemi ambientali irrisolti.

Su cosa si basano i timori che bloccano di fatto diverse opere geotermiche?

Chi accusa la geotermia lo fa sulla base di sporadici episodi avvenuti in altre epoche e risolti completamente o riferiti ad altri contesti e tecnologie. Questo quadro ha portato la geotermia a non ricevere autorizzazioni per impianti di geotermia a media ed alta entalpia e a non godere più degli incentivi per la produzione elettrica. Rispetto alle altre fonti rinnovabili, la fonte geotermica e idroelettrica sono quelle che hanno beneficiato meno di sussidi.

Tra l’altro, la geotermia ha un costo di produzione complessivo (LCoE) più basso rispetto ad altre fonti rinnovabili, garantito da contenuti costi di sistema, a fronte di più elevati costi di esplorazione e di installazione: extra-rete elettrica, stoccaggio ecc. e dal valore aggiunto di un output elettrico sicuro e costante.

A proposito del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, quali aspettative avete come UGI?

La geotermia, a differenza di fotovoltaico ed eolico, non è una fonte energetica rinnovabile intermittente: infatti, produce 24 ore su 24. Inoltre è indipendente dalle condizioni atmosferiche. Quindi è di per sé una fonte energetica dotata di resilienza rispetto ai cambiamenti climatici e alle necessità variabili del fabbisogno energetico. Ma a differenza di altre rinnovabili, richiede diversi anni prima di poter realizzare una grande centrale. A parte i tempi lunghissimi per l’autorizzazione, per la realizzazione dei pozzi e la costruzione della centrale trascorrono anche tre anni.

D’altro canto la geotermia ha necessità di finanziamenti più alti all’inizio del progetto, proprio per questo maggiore costo iniziale.

L’Italia non ha mai tenuto conto di queste peculiarità nel sostenere questa fonte: i piccoli operatori fanno fatica in queste condizioni, con politiche incentivanti che, quando ci sono state, non hanno mai offerto garanzie di stabilità o hanno avuto caratteristiche poco premianti per il geotermico.

Per questo, ci auspichiamo che il PNRR tenga in debita considerazione anche la geotermia, ma occorre essere realistici. Non ci si può aspettare che in 7 anni si raggiungano 150 MW installati dai progetti geotermoelettrici già proposti, ma speriamo di vedere partire almeno 50 MW e soprattutto di vedere dei dimostratori di tecnologie sostenibili. Sul fabbisogno termico nazionale, il geotermico può contribuire molto, ma nei piani non c’è distinzione tra modalità di pompe di calore. Quelle geotermiche sono più efficienti e vanno sostenute in una programmazione di medio e lungo periodo. A questo riguardo, lo stesso Superbonus 110% può aiutare molto l’implementazione di queste soluzioni. Ma non si sa quanto durerà e se sarà prolungato.

Cosa può dire sul teleriscaldamento geotermico?

È una tecnologia interessante su cui in Europa si sta investendo molto specie in aree urbane. Spero che il governo decida di crederci, anche perché questo sistema in città è molto efficiente e oltretutto permette il riscaldamento e il raffrescamento.

IL PNRR potrebbe essere un volano per lo sviluppo delle reti di distribuzione, a cui poi affiancare tecnologie mature e di comprovata efficacia.

A proposito di ricerca sulla geotermia, quella svolta in Italia che peculiarità ha?

La ricerca sviluppata a livello nazionale sulla geotermia è basata essenzialmente con finanziamenti europei o mediante attività di ricerca industriali. Questa fonte rinnovabile può contare su una filiera industriale molto consolidata in Italia, ma si sta progressivamente disperdendo per vari motivi. Anche in questo caso stiamo perdendo un primato. Non ci sono fondi pubblici per la geotermia.

Grazie ai finanziamenti UE ci dedichiamo alla esplorazione delle risorse, ma anche a nuovi modi per il loro impiego. C’è una grande attenzione alle implicazioni ambientali e di sostenibilità.

Cosa serve quindi perché si affermi la geotermia in Italia? 

Occorrono incentivi innanzitutto, in quantità e mirati per specificità tecnologiche. Servono, ma stabili e sul lungo periodo.

Serve, inoltre, lo sblocco dei decreti da tempo fermi da anni: uno è il FER 2, visto che nel FER 1 geotermia non è stata considerata incentivabile in quanto definita “matura”. Questo criterio non è considerato nel nuovo decreto in quanto disciplinerà gli incentivi alle rinnovabili innovative.

L’altro decreto, fermo anch’esso da anni senza alcuna motivazione logica, è il cosiddetto “posa sonde” ovvero il D.lgs. 28/2011. Entro tre mesi dalla sua entrata in vigore, doveva essere approvato un decreto ministeriale per regolare la posa in opera delle sonde geotermiche e le procedure abilitative. Senza l’ok, non solo c’è una difformità nelle procedure autorizzative, ma mancano dati sugli impianti in Italia.

Servono anche iter autorizzativi più snelli. Personalmente sto lavorando a un progetto UE a documenti per curare gli aspetti ambientali della geotermia su cui circolano informazioni errate e incontrollabili.

Occorre mettere in evidenza che non c’è una fonte rinnovabile migliore delle altre, ma tutte possono concorrere al raggiungimento della transizione energetica e degli obiettivi 2030.

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila

COMUNICATO CC 6/2022 NUOVO PCI – 13 MARZO 2022: CACCIARE IL GOVERNO DRAGHI

“Non siamo ancora in economia di guerra perché altrimenti avremmo già il razionamento, ma bisogna essere pronti”- Mario Draghi dalla reggia di Versailles dove il 10 e 11 marzo si è riunito con i suoi compari dell’UE

Altro che “prepararsi all’economia di guerra”

Cacciare il Governo Draghi!

Rendere l’Italia ingovernabile da Draghi e dai vertici della Repubblica Pontificia!

Creare le condizioni per la costituzione di un governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare!

Nessun sacrificio per mandare armi al governo di Kiev! Da giorni i media di regime riempiono le case di milioni di persone con immagini e notizie di città bombardate, di famiglie in fuga, di bambini e anziani disperati, di donne che partoriscono sotto le bombe.Noi non siamo in grado di dire se tutte o solo gran parte delle immagini e notizie sono frutto di manipolazione, intossicazione e diversione, come lo furono quelle diffuse dalle stesse agenzie per altre guerre USA e NATO: durante la guerra contro l’Iraq ciò emerse chiaramente. Certo però è cheognuno di quei bambini, di quelle donne, di quegli anziani è responsabilità delle autorità di Kiev e delle formazione armate che in modi diversi da esse dipendono e sono armate. Esse stanno usando la popolazione ucraina come carne da macello pur di assecondare le manovre di guerra degli imperialisti USA e della NATO contro la Federazione Russa.

A proposito dell’orientamento nazifascista di autorevoli gruppi politici e militari ucraini riportiamo in appendice un articolo di Lev Golinkin, pubblicato il 10 marzo su Nuove Resistenti 820 (www.resistenze.org), che raccoglie informazioni diffuse “non da Mosca, ma da media occidentali, tra cui Radio Free Europe (RFE), finanziata dagli Stati Uniti; organizzazioni ebraiche quali il World Jewish Congress e il Simon Wiesenthal Center; organizzazioni quali Amnesty International, Human Rights Watch e Freedom House…”. L’articolo è del 2019, prima che i media di regime sotto l’egida della NATO intonassero il coro della “santa alleanza” contro Putin e il governo della Federazione Russa, censurassero e scatenassero la “caccia alle streghe” contro docenti, giornalisti e intellettuali rei di non partecipare al coro (per coerenza, rigore e deontologia professionale) … o anche solo di aver programmato un corso universitario su Dostoevskij (è il caso del prof. Paolo Nori dell’università della Bicocca – Milano).

Ma la questione principale non è l’orientamento ideologico di autorevoli dirigenti politici e militari ucraini. All’origine della guerra alla quale il 24 febbraio l’intervento militare in Ucraina delle Forze Armate della Federazione Russa ha dato inizio, vi è la politica aggressiva contro la Federazione Russa che i gruppi imperialisti USA perseguono a partire dallo scioglimento dell’URSS nel 1991 e accentuata dopo la fine del governo Eltsin (1999). A proposito di questa politica aggressiva consigliamo di leggere almeno uno degli articoli L’America sconfigge la Germania per la terza volta in un secolo di Michael Hudson (La Città Futura 378), Il Memorandum di Budapest (1994) o le illuminazioni di Volodymyr (Zelensky) del Bulletin Comaguer n° 465 11 marzo 2022, E anche ‘il manifesto’ si allinea al “ministero della verità” di Manlio Dinucci (Contropiano, 11 marzo 2022) a proposito di Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp del 21 maggio 2019.

Nostro compito è porre fine alla partecipazione dell’Italia alla guerra in corso!

È l’azione più efficace che le masse popolari italiane possono fare a tutela dei propri particolari interessi e per porre fine o almeno ostacolare la continuazione della guerra e quindi venire in aiuto alle popolazioni colpite. Tutti i comunisti e i progressisti devono promuovere la mobilitazione delle masse popolari a questo scopo!

No alla prostituzione del nostro paese alla NATO! Non un uomo, non un soldo, non un’arma, non un lembo di terra per le guerre degli imperialisti USA e della NATO! Dal 1991 (lo documentano anche fonti americane come ad esempio il Servizio di Ricerca del Congresso USA) lo Stato USA ha fornito all’Ucraina assistenza militare per miliardi di dollari. A questi si sono aggiunti miliardi di dollari forniti dal Fondo Fiduciario NATO e direttamente dalla Gran Bretagna e dagli altri paesi NATO. La strategia USA-NATO si è sviluppata ancora di più nei primi mesi del 2022: hanno chiesto all’Ucraina di accentuare il suo impegno militare contro le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk nel Donbass (repubbliche che, per sottrarsi agli attacchi, chiedono da tempo il riconoscimento della loro indipendenza da parte di Mosca e, dunque, una protezione). Il governo italiano ha sistematicamente fatto e sta facendo la parte che la NATO e il governo USA gli hanno chiesto. Bisogna denunciare ogni episodio e organizzare tra le masse popolari e in particolare nelle Forze Armate italiane proteste e sabotaggi contro l’uso delle basi militari, il trasporto di armi, ecc.

Nessun sacrificio per arricchire chi specula sui prezzi del petrolio, del gas e dei minerali! L’aumento dei prezzi delle materie prime e dei beni energetici sta spingendo ad aumenti generalizzati dei prezzi dei beni di consumo e delle tariffe di luce e gas. Le scommesse fatte tramite i titoli derivati (hedge funds) sulle variazioni dei contratti originari incidono sul prezzo dei prodotti energetici. In larga misura sono esse che determinano i prezzi da cui partono i contratti successivi. Quindi è la speculazione che determina i prezzi al consumo più che le dinamiche della domanda e dell’offerta, le rendite degli Stati titolari delle concessioni alle aziende estrattrici e dei costi di trasporto, lavorazione e deposito. In un simile contesto le manovre politiche relative al sistema di relazioni internazionali diventano un fattore di cui le scommesse tengono conto per definire la propria direzione. In estrema sintesi la speculazione si combina con le manovre politiche nel generare la crisi energetica e l’aumento dei prezzi al consumo. Calmierare i prezzi è un dovere del governo, altro che economia di guerra! Denunciare gli aumenti e organizzare la sospensione del pagamento delle tariffe maggiorate. Sostenere ed estendere le proteste degli autotrasportatori, dei pescatori e dei lavoratori autonomi di altri settori.

Nessuna tolleranza e tanto meno contributi pubblici per chi usa la crisi ucraina per espandere il nucleare, le trivellazioni, l’uso del carbone. È dovere del governo incentivare una grande campagna di sviluppo delle energie rinnovabili sotto il controllo dei comitati ambientalisti!

Fare di ogni azienda che i capitalisti vogliono chiudere, delocalizzare o ridurre una centro di mobilitazione contro lo smantellamento dell’apparato produttivo. Per i grandi capitalisti ogni scusa è buona per portare a termine i loro piani, per delocalizzare, darsi alla speculazione finanziaria o spremere soldi pubblici: dai “sindacati ideologici” ai “lavoratori fannulloni”, dalla pandemia ai rincari dell’energia e delle materie prime.

Il governo deve sistematicamente impedire la vendita di aziende italiane a fondi di investimento e multinazionali straniere: già con le leggi attuali è possibile, vedi il caso di Alpi Aviation in questi giorni.

Abolire il reato di immigrazione clandestina. Contro la selezione razzista dei profughi in base al colore della pelle, alla religione, alla lingua e all’etnia, organizzare l’accoglienza di tutti i profughi delle guerre dirette o indirette degli imperialisti USA, della NATO e dei loro complici; requisire non solo le ville e yatch degli oligarchi russi, ma anche le proprietà delle grandi immobiliari e della Chiesa per assegnare un’abitazione; smetterla con le “missioni umanitarie” che devastano e sfruttano i paesi oppressi.

La manifestazione del 26 marzo “per questo, per altro e per tutto” indetta dal Collettivo di Fabbrica e dagli operai della GKN di Campi Bisenzio (FI) è l’occasione per unire a livello dell’intero paese e incentivare le mobilitazioni fino a rendere il paese ingestibile dal governo Draghi e da ogni governo di Larghe Intese dei partiti asserviti ai vertici della Repubblica Pontificia.

L’instaurazione del socialismo in un paese imperialista e per di più sede del Papato qual è l’Italia, anche solo un deciso salto di livello della rivoluzione socialista come la costituzione del Governo di Blocco Popolare, è l’unico modo per spezzare la spirale distruttiva di guerre, epidemie, devastazione ambientale, miseria, abbrutimento in cui il dominio della borghesia imperialista trascina le masse popolari del mondo intero ed è l’aiuto principale che noi comunisti italiani diamo alla rivoluzione negli altri paesi.

Il primo paese imperialista che romperà le catene della Comunità Internazionale degli affaristi, degli speculatori e dei guerrafondai USA, sionisti ed europei darà il via all’incendio che libererà il mondo dal sistema imperialista. Analogamente a come i comunisti russi con l’insurrezione dell’Ottobre 1917 spezzarono il corso delle cose che aveva portato i grandi gruppi imperialisti mondiali a scontrarsi per decidere chi avrebbe dominato e sfruttato il mondo intero e in questo modo diedero inizio alla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Oggi porre fine al sistema imperialista mondiale è diventata una questione di sopravvivenza del pianeta e dell’intera umanità.

Contro le manovre di guerra, contro gli aumenti delle tariffe e dei prezzi, contro la gestione criminale della pandemia, contro la distruzione del sistema pensionistico, dell’istruzione pubblica, del sistema sanitario e degli altri servizi pubblici, contro lo smantellamento del sistema produttivo del nostro paese, contro il ripristino dei licenziamenti e l’aumento della precarietà, contro l’inquinamento e la devastazione dell’ambiente: contro tutto questo l’unica via d’uscita è rendere il paese ingovernabile dal governo dei vertici della Repubblica Pontificia, moltiplicare lotte rivendicative e proteste, creare ovunque organismi operai e popolari e unirli intorno all’obiettivo di cacciare Draghi e instaurare un governo di emergenza popolare.

La rivoluzione socialista è possibile e necessaria!

I tempi dipendono principalmente da noi comunisti: dalla nostra assimilazione del marxismo-leninismo-maoismo e dalla nostra capacità di applicarlo concretamente in ogni situazione tenendo conto delle sue particolarità!

Il partito comunista è il fattore decisivo della vittoria!

Costituire Comitati di Partito clandestini in ogni azienda, scuola, istituzione pubblica e in ogni territorio!

Mettersi in contatto con il Centro del Partito usando il programma di criptazione PGP e il programma per la navigazione anonima TOR

Nuovo PCI Partito Comunista Italiano

L’AUSTRIA MINACCIA CAUSA LEGALE CONTRO L’UNIONE EUROPEA PER AVER DICHIARATO L’ENERGIA NUCLEARE UNA FONTE DI ENERGIA “SOSTENIBILE”

Austria: “Nucleare fonte sostenibile? Pronti a fare causa contro l’Ue”

 impianto nucleare
Una centrale nucleare di quarta generazione, come quella di Fukushima in Giappone in cui esplose uno dei reattori l’11 Marzo 2011. Una centrale di quarta generazione è considerata più “sicura” rispetto ad una di terza generazione qual’è stata quella di Chernobyl che provocò un’esplosione con fuoriuscita di materiale radioattivo con cui stiamo facendo i conti ancora oggi e li faremo per altri 2000 anni! Era il 26 Aprile del 1986

Se i piani della Commissione europea che includono il nucleare e il gas naturale tra le fonti sostenibili per gli investimenti a favore della transizione energetica “verranno attuati in questo modo, faremo causa”. Lo ha annunciato il ministro austriaco per il Clima, l’Ambiente e l’Energia, Leonore Gewessler, sottolineando che l’energia nucleare è “pericolosa e non rappresenta una soluzione nella lotta contro la crisi climatica”.

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/austria-nucleare-fonte-sostenibile-pronti-a-fare-causa-contro-l-ue_43932812-202202k.shtml

L’Austria pronta a fare causa alla Commissione europea se nucleare viene incluso tra le energie sostenibili

La ministra Leonore Gewessler: «Come il gas naturale, è dannosa per l’ambiente e distrugge il futuro dei nostri figli»

VIENNA – Se i piani della Commissione europea che includono il nucleare e il gas naturale tra le fonti sostenibili per gli investimenti a favore della transizione energetica «verranno attuati in questo modo, faremo causa». Lo ha scritto su Twitter la ministra federale austriaca per il clima, l’ambiente e l’energia, Leonore Gewessler.

Secondo la 44enne “l’energia nucleare è pericolosa e non rappresenta una soluzione nella lotta contro la crisi climatica. Esamineremo attentamente la bozza” presentata dalla Commissione Ue “e abbiamo già commissionato un parere legale sull’inclusione del nucleare nella tassonomia”, ha aggiunto.

La posizione dell’Austria è “molto chiara”, spiega la ministra, secondo la quale né l’energia nucleare né il gas naturale dovrebbero essere inserite tra le fonti sostenibili per gli investimenti come parte della lotta al cambiamento climatico “perché sono dannose per il clima e per l’ambiente e distruggono il futuro dei nostri figli”.

Al pari del suo omologo del Lussemburgo, Claude Turmes, Gewessler definisce l’azione della Commissione europea, che ha inviato ai governi la sua proposta nella serata di venerdì, «nebulosa», sostenendo che «il solo momento della pubblicazione mostra che la Commissione ovviamente non è convinta della sua stessa decisione».

For a nuclear free Europe! Greenpeace

https://www.tio.ch/dal-mondo/politica/1557221/nucleare-commissione-austria-causa-ministra

Nucleare, Austria e Germania contro la bozza Ue che lo propone nella tassonomia verde. Vienna: “Presenteremo azioni legali”

Nucleare, Austria e Germania contro la bozza Ue che lo propone nella tassonomia verde. Vienna: “Presenteremo azioni legali”

Berlino proprio in questi giorni ha scollegato dalla rete elettrica tre delle sei centrali del Paese, mentre la Francia, portato a casa un primo risultato, è alle prese con problemi tecnici legati all’energia dell’atomo da cui ricava il 70% dell’elettricità del Paesedi Luisiana Gaita | 2 GENNAIO 2022

Trapelati i contenuti della prima bozza dell’atto delegato con cui la Commissione Ue propone di includere, a determinate condizioni, anche alcuni investimenti in impianti nucleari e a gas nella Tassonomia Verde, si entra nel vivo del dibattito che accompagnerà l’iter del documento, tutt’altro che definitivo. Germania e Austria si schierano contro, con Berlino che proprio in questi giorni ha scollegato dalla rete elettrica tre delle sei centrali del Paese, mentre la Francia, portato a casa un primo risultato, è alle prese con problemi tecnici legati all’energia dell’atomo dalla quale ricava il 70% dell’elettricità del Paese. E che costa molto. Troppo per non pensare di attingere alle risorse europee, considerando anche l’indebitamento dell’EdF, la società che gestisce le centrali francesi. Ma la battaglia nel cuore dell’Europa, perché di questo si tratta, è tutt’altro che finita.

Dalla bozza alla decisione finale – Sulla bozza di documento, infatti, fino al 12 gennaio esperti degli Stati membri potranno fornire contributi e pareri. Poi la Commissione adotterà formalmente l’atto. Ma, anche in quel caso, non si tratterà del documento definitivo. Perché a quel punto sarà sottoposto all’esame di Parlamento e Consiglio (con presidenza francese) Ue che, a loro volta, avranno quattro mesi di tempo e potranno chiederne altri due. Se l’atto delegato riceverà l’appoggio della maggioranza degli Stati membri, entrerà in vigore dal 2023. Sia Parlamento che Consiglio Ue potranno opporsi, il primo a maggioranza semplice, quindi con il voto di almeno 353 deputati e il Consiglio con maggioranza qualificata, ossia almeno il 72% degli Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione Ue. Ma se la posizione della Commissione era ormai scontata, la strada per raggiungere un accordo in seno all’Ue è tutta in salita.

La presa di posizione di Germania e Austria – “Se questi piani dovessero essere attuati, presenteremo un’azione legale” ha minacciato su Twitter il ministro del Clima austriaco Leonore Gewessler, accusando la Commissione europea di “ambientalismo di facciata”, con il tentativo di “ripulire” nucleare e gas naturale. “L’energia nucleare è pericolosa e non è una soluzione nella lotta ai cambiamenti climatici” ha ribadito. Dura la presa di posizione anche del numero del due dell’Spd al Parlamento tedesco, Matthias Miersch: “La Germania dovrebbe esaurire tutte le possibilità per impedire di promuovere questa tecnologia a livello europeo. L’energia nucleare non è sostenibile e non ha assolutamente alcun senso economico. Il futuro – ha continuato Miersch – deve appartenere solo alle energie rinnovabili, specialmente a livello Ue”. D’altro canto già alla Cop 26 Germania, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Danimarca e Portogallo avevano firmato una dichiarazione congiunta contro l’inserimento del nucleare nella tassonomia Ue. Una risposta alla lettera inviata a metà ottobre, alla Commissione europea, da 12 Paesi che chiedevano l’esatto opposto. Insieme a Parigi, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Romania.

Salvini parla di referendum, Radicali e M5S dei nodi irrisolti – L’Italia, che ha molti più interessi nel gas che nel nucleare e ufficialmente non si è mai schierata con nessun documento sul fronte dell’energia atomica, ha però più volte manifestato una posizione di apertura, in primis attraverso la voce del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Che non è il solo. Basti pensare al leader della Lega, Matteo Salvini. “La Lega è pronta anche a raccogliere le firme per un referendum che porti il nostro Paese in un futuro energetico indipendente, sicuro e pulito” ha già annunciato, raccogliendo la reazione di Massimiliano Iervolino, segretario dei Radicali italiani. “Nella bozza del testo l’energia proveniente dall’atomo verrebbe considerata sostenibile a condizione che le centrali siano in grado di smaltire in sicurezza i rifiuti radioattivi e non causino danni significativi all’ambiente” ricorda Iervolino, sottolineando che “smaltire in sicurezza vuol dire avere un deposito unico per le scorie, cosa che l’Italia non ha. Quindi – commenta – qualcuno avverta Salvini che prima di avventurarsi in fantomatici referendum dovrebbe convincere i suoi amministratori locali e nazionali a non contestare le scelte che verranno fatte sul deposito unico”. Invece, come evidenziato anche di recente dalla Commissione Ecomafie nell’ultimo report pubblicato, sono diverse le fonti di preoccupazioni che riguardano l’iter per la costruzione del deposito. “A chi in Italia inizia ad esultare per le decisioni dell’Ue vorrei ricordare che è la stessa Europa che ha aperto nei nostri confronti la procedura di infrazione 2020_2266 – ancora Iervolino – contestando la mancata osservanza di alcune disposizioni della direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio con riferimento al programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi”. Per Davide Crippa, capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera “il nucleare non è una soluzione”, perché costa tanto e i tempi di realizzazione delle centrali sono incompatibili con la necessità immediata di ridurre i costi in bolletta e, al tempo stesso, le emissioni climalteranti”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/02/nucleare-austria-e-germania-contro-la-bozza-ue-che-lo-propone-nella-tassonomia-verde-vienna-presenteremo-azioni-legali/6443323/

Nucleare, levata di scudi contro l’inclusione nella “lista verde” Ue. Austria: “Pronti a fare causa”. Berlino: “Governo compatto contro atomo”

Nucleare, levata di scudi contro l’inclusione nella “lista verde” Ue. Austria: “Pronti a fare causa”. Berlino: “Governo compatto contro atomo”

L’inclusione del nucleare è fortemente sostenuta dalla Francia che sull’atomo ha sempre investito molto. Il documento della Commissione Ue che include l’atomo tra le fonti verdi raccoglie il sostegno del Partito popolare europeodi F. Q. | 3 GENNAIO 2022

Si allunga la lista dei paesi e che intendono dare battaglia. Dopo Germania, Spagna ed Austria anche il Lussemburgo esprime il suo dissenso verso la decisione della Commissione Ue di includere il nucleare (e il gas) tra le fonti meritevoli di ricevere sostegni finanziari in funzione dalla transizione verde. Il testo della Commissione è stato anticipato due giorni fa dal quotidiano britannico Financial Times che ne ha visionato la bozza.

Poco fa Vienna ha detto di essere pronta a fare causa se i piani della Commissione europea che includono il nucleare e il gas naturale tra le fonti sostenibili per gli investimenti a favore della transizione energetica “verranno attuati in questo modo”. Lo ha scritto su Twitter la ministra federale austriaca per il Clima, l’ambiente e l’energia, Leonore Gewessler, evidenziando che l’energia nucleare è “pericolosa e non rappresenta una soluzione nella lotta contro la crisi climatica”. “Esamineremo attentamente la bozza” presentata dalla Commissione Ue “e abbiamo già commissionato un parere legale sull’inclusione del nucleare nella tassonomia”, ha aggiunto.

Nucleare, Austria e Germania contro la bozza Ue che lo propone nella tassonomia verde. Vienna: “Presenteremo azioni legali”
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La bozza “è una provocazione dal punto di vista procedurale” e “in termini di contenuto nasconde il rischio di un greenwashing“, ha scritto su Twitter il ministro dell’Energia del Lussemburgo, Claude Turmes, dicendosi pronto a “esaminare la proposta nel dettaglio e a discutere ulteriori passi” insieme a Germania e Austria, altrettanto contrarie a includere il nucleare tra gli investimenti sostenibili. La proposta è stata inviata ai governi venerdì, “in un’azione notturna e nebulosa. Questo la dice lunga sulla trasparenza”, ha attaccato Turmes.https://platform.twitter.com/embed/Tweet.html?creatorScreenName=fattoquotidiano&dnt=false&embedId=twitter-widget-0&features=eyJ0ZndfZXhwZXJpbWVudHNfY29va2llX2V4cGlyYXRpb24iOnsiYnVja2V0IjoxMjA5NjAwLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X2hvcml6b25fdHdlZXRfZW1iZWRfOTU1NSI6eyJidWNrZXQiOiJodGUiLCJ2ZXJzaW9uIjpudWxsfSwidGZ3X3NwYWNlX2NhcmQiOnsiYnVja2V0Ijoib2ZmIiwidmVyc2lvbiI6bnVsbH19&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1477274541508505606&lang=it&origin=https%3A%2F%2Fwww.ilfattoquotidiano.it%2F2022%2F01%2F03%2Fnucleare-dopo-germania-austria-e-spagna-anche-il-lussemburgo-dice-no-allinclusione-nella-lista-verde-europea%2F6443875%2F&sessionId=abce82958dbc2d1d5f60d3ebd7f569e733683ef2&siteScreenName=fattoquotidiano&theme=light&widgetsVersion=9fd78d5%3A1638479056965&width=550px

“C’è una posizione unanime nel governo” di Berlino sulla valutazione della classificazione delle fonti di energia proposta dalle Ue, ha ribadito oggi il portavoce del governo tedesco Steffen Hebestreit, rispondendo a chi domandava se ci fossero discordanze tra i partiti della coalizione, in conferenza stampa a Berlino. Hebestreit ha ricordato che nel contratto di coalizione si concorda sull’addio all’energia atomica in quanto pericolosa e non sostenibile dal punto di vista ambientale, mentre si considera il ricorso al gas naturale come una “tecnologia di passaggio”, necessaria per arrivare ad altre forme di tecnologia pulita.

L’inclusione del nucleare è fortemente sostenuta dalla Francia che sull’atomo ha sempre investito molto. Il 70% dell’energia consumato nel paese deriva dalle sue centrali nucleari. Parigi deve però sopportare costi nell’ordine dei 50 miliardi di euro per procedere all’ammodernamento degli impianti, alcuni obsoleti e che proprio in questi giorni stanno dando diversi problemi. L’Italia sinora non ha preso posizione. La bozza della “tassonomia verde” include anche il gas, il combustibile fossile da cui Roma dipende maggiormente.

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Poco fa il Partito popolare europeo (Ppe) ha detto che sostiene il piano della Commissione europea di classificare con condizioni rigorose o transitorie anche il gas e l’energia nucleare tra le fonti sostenibili nell’elenco dei settori energetici dove indirizzare gli investimenti come parte della lotta al cambiamento climatico. “Per ridurre le emissioni di CO2 in Europa, abbiamo bisogno anche del gas. Non per sempre e ovunque, ma per un periodo di transizione e in determinate situazioni”, ha affermato in una nota la vicepresidente del gruppo al Parlamento europeo e incaricata del Green Deal, Esther de Lange. Per quanto riguarda il nucleare, il Ppe riconosce il ruolo che l’atomo può svolgere come tecnologia a basse emissioni di carbonio nel mix energetico nazionale, “a condizione che siano prese disposizioni sufficienti per i più elevati standard di sicurezza e per lo smantellamento, tenendo conto delle questioni transfrontaliere”.

“Inserire il nucleare e il gas nella tassonomia Ue degli investimenti sostenibili “sarebbe un duro colpo all’impegno europeo per il clima e per l’ambiente. L’energia nucleare genera infatti scorie radioattive ad alta attività molto pericolose e non è ancora stata trovata alcuna soluzione a lungo termine per il loro smaltimento. Il gas fossile è invece già oggi la principale fonte di emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di energia in Europa. Incoraggiare gli investimenti nel gas fossile assegnandogli un’etichetta verde non farà altro che aumentare il suo devastante impatto climatico”. Lo scrive Greenpeace in un comunicato.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/03/nucleare-dopo-germania-austria-e-spagna-anche-il-lussemburgo-dice-no-allinclusione-nella-lista-verde-europea/6443875/

In Europa è guerra aperta sul nucleare

La lotta per salvare il pianeta scade in una guerra di potere: l’Austria ha annunciato che se Bruxelles inserirà l’atomo nella tassonomia verde farà causa, con l’appoggio di Spagna e Germania

Protesta in Giappone contro l'utilizzo dell'energia nucleare

«Se l’energia nucleare sarà inclusa all’interno della tassonomia verde faremo causa». Lo ha dichiarato il ministro per l’Energia e l’ambiente del governo austriaco, Leonore Gewessler. Parlando con Euractiv, ha aggiunto che nella battaglia legale davanti alla Corte europea di giustizia l’Austria sarà probabilmente appoggiata da Spagna e Germania.

La tassonomia verde vale oro

La tassonomia verde è lo strumento fondamentale con cui l’Unione Europea definirà quali attività economiche possono essere considerate “sostenibili” e, di conseguenza, ricevere finanziamenti statali e investimenti speciali. Nelle prossime settimane la Commissione europea dovrebbe presentare agli Stati membri la sua proposta ufficiale e durante la Cop26 sembrava ormai fatta per l’inserimento nella lista di nucleare e gas naturale.

A capo di una cordata di dieci paesi (l’Italia non è inclusa anche se il governo guarda con favore al nucleare) che sostiene con forza l’importanza del ruolo dell’atomo nella lotta ai cambiamenti climatici c’è la Francia. Per Parigi, come scritto in un appello recapitato alla Commissione di Ursula von der Leyen a ottobre, «non esiste alcuna prova scientifica che l’atomo faccia più male alla salute umana o all’ambiente di altre tecnologie per la produzione di energia».

Aggiungo a titolo personale, che il gas è composto da metano ed altri idrocarburi come il butano ed il propano, ma specialmente il metano, il più semplice degli idrocarburi, è un gas serra altamente inquinante, poco meno del vapore acqueo e molto più dellanidride carbonica (CO2), come viene asserito da anni da autorevoli organizzazioni USA sul cambiamento climatico, come l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ed il National Oceanic and Air Administration (NOAA), finanziate direttamente dal Governo degli Stati Uniti, mentre in Italia ci sono ancora i soliti politici prezzemolini da Monopoli, quale il cinghialone milanese cattolico da Opus Dei, Matteo Salvini (“Salvini Horror”) della Lega, il quale continua ad inneggiare allo sfruttamento di energie non rinnovabili come il gas, tramite il Ministero della Transizione Ecologica del Ministro Cingolani, ma anche allo sfruttamento degli inceneritori e dell’energia nucleare, che vorrebbe rintrodurre nel nostro Paese attraverso un apposito referendum consultivo che per me sarebbe veramente assurdo, dato che gli italiani si erano già espressi in merito all’energia nucleare, con un referendum istituito nel 1987, ribadendo la loro totale contrarietà all’utilizzo di questa forma di energia che è altamente inquinante e dannosa alla salute umana poiché produce raggi X da decadimento radioattivo degli atomi delle sostanze chimiche utilizzate nella reazione di fusione nucleare all’interno di un reattore di una centrale nucleare. I reattori nucleari oggi sono di quarta generazione non più di terza come quello di Chernobyl, ma questo non significa che essi non possano periodicamente essere oggetti di incidenti più o meno gravi ed esplodere, rilasciando il materiale radioattivo all’esterno di queste strutture, oggi ritenute “sicure” ma non è così, perché comunque queste rilasciano scorie radioattive che ad oggi, non si sa più dove immagazzinarle perché al Mondo non esistono più centri di stoccaggio vuoti adibiti a farlo, la gran parte di essi sono già tutti pieni di scorie, per cui non si sa più dove metterle. Dal 1987 ad oggi, tutti i comuni italiani sono stati progressivamente denuclearizzati, ma in questi giorni, gli euroinomani dell’Unione Europea ha dichiarato assurdamente green questa forma di energia non rinnovabile, fortemente impattante ed inquinante per il nostro Pianeta.

Matteo Salvini, Lega: “Prima gli Italiani!” anche questa per quanto mi riguarda, è apologia, stigmatizzazione, discriminazione verso gli stranieri immigrati nel nostro Paese per carestie e guerre nei loro Paesi di origine
Gli “euroinomani” del Parlamento Europeo a Strasburgo

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/l-ue-apre-al-nucleare-come-fonte-green-la-lega-pronta-a-un-referendum-in-italia_43886860-202202k.shtml

LA MORTE DELLA DEMOCRAZIA IN DIRETTA: 25 AGOSTO 2015 VISITA NON UFFICIALE MATTEO RENZI A L’AQUILA

Vasto (CH) lì 20 Ottobre 2021 ore 21.03

Amici ed amiche, buonasera a voi.

In questo articolo desidero ripercorrere con voi una giornata di assoluta follia che ho vissuto il 25 Agosto 2015 a L’Aquila da membro del Coordinamento No Ombrina Mare assieme al suo Coordinatore Alessandro Lanci di Frisa (CH), che salutai appena arrivai nel capoluogo abruzzese, una giornata dove assistetti in diretta alla morte della democrazia, perché in uno Stato che si definisce civile e di diritto, non dovrebbe essere consentito ai reparti della Polizia Celere di attaccare un inerme comitato di manifestanti che si stava opponendo fermamente alla vista non ufficiale in città dell’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, colui che nel 2012 disse a Enrico Letta: “Stai sereno!” e gli sfilò da sotto il naso lo scettro imperiale di Imperatore del Governo Italiano, per cui già da allora presi le distanze verso le leggi che regolano uno Stato di cui non sento più da anni di farne parte, semplicemente perché non mi rappresenta. La visita di Renzi che è venuto in elicottero a L’Aquila, consisteva nel visitare la città per definire la delicata e spinosa questione della ricostruzione post-sisma dopo il terremoto del 6 Aprile 2009 e che di fatto, non è mai avvenuta da parte del Governo, complice anche il fatto che gli aquilani, invece di rimboccarsi le maniche e partire intanto da soli nella ricostruzione della città, stanno aspettando arrivino gli aiuti economici da parte di uno Stato che ad oggi ha un debito pubblico alle stelle e che sta aspettando come una manna dal cielo i fondi europei legati al PNRR, ma per il momento non si è visto ancora un centesimo in Abruzzo, figuriamoci al tempo dei fatti narrati! Quel 25 Agosto 2015 era un martedì e quindi i membri del Comitato “di accoglienza” a Renzi erano appena in 120, perché si trattava di una visita pianificata apposta in una giornata lavorativa normale e non d sabato, altrimenti saremmo stati presenti in numero decisamente maggiore! Quel giorno vi erano dislocati circa 2000 tra poliziotti e carabinieri in città a tutela della sicurezza pubblica, ma a mio modo di vedere, non serviva assolutamente dotare i poliziotti di manganelli e di equipaggiarli in assetto antisommossa, per il motivo che eravamo in pochi e si trattava di una manifestazione pacifica, anche se non autorizzata dal Prefetto di L’Aquila. Alle ore 12 io mi trovavo alla Fontana Luminosa assieme a tutti gli altri membri del Coordinamento No Ombrina Mare che in quel periodo stava lottando per impedire al Governo che, attraverso l’allora Ministro all’Ambiente Gianluca Galletti, proprio in quel periodo, aveva partorito l’indegna misura del Decreto SbloccaItalia, che di fatto concedeva il permesso alle multinazionali di poter sfruttare ancora le energie non rinnovabili, petrolio gas e carbone, permettendo ad esse di poter lucrare e speculare sui territori che periodicamente, tenta di concedere loro i vari Governi politici e/o tecnici, che si avvicendano alla guida dell’Italia e quindi, d’accordo con tutti gli altri membri del Coordinamento, decidemmo di fare visita anche noi al Presidente del Consiglio a L’Aquila proprio affinché potessimo sapere le sue intenzioni sulle sorti della regione Abruzzo, visto egli e tutto il suo entourage, avevano intenzione di concedere il nostro territorio alla multinazionale inglese Rockhopper Exploration Inc, che già gestisce centinaia di impianti di trivellazione di petrolio al largo delle Isole Falkland, di proprietà dell’Inghilterra, ma geograficamente si trovano a pochi km dalle coste dell’Argentina.

https://rockhopperexploration.co.uk

Quando ho saputo che la Rockhopper aveva l’intenzione di dislocare una nave petroliera raffinatrice di petrolio lunga ben 330 metri chiamata FPSO a 6,5 km dal largo delle coste di Vasto Marina, dove attualmente vi è uno dei mari più belli d’Italia, ne sono diretto testimone visto che vivo a Vasto ormai da 8 mesi, dal 16 Marzo scorso, e sicuramente lo avrebbe inquinato con tutti gli incidenti legati agli sversamenti di petrolio in mare che si sarebbero potuti determinare e dal momento che al tempo non avevo ancora casa a Vasto, ma i miei genitori avevano intenzione di prendere casa lì nell’immediato futuro, mi incazzai come una Tigre feroce e chiesi al mio Responsabile della Federazione della Coldiretti L’Aquila ad Avezzano (AQ) sig. Berardino Meschieri di Pescina, di poter prendere un permesso dal mio servizio di Tirocinante Tecnico Archivista di domande PAC nell’ambito del PSR Abruzzo 2014-2020 presso il Centro Assistenza Agricola della Coldiretti di Avezzano, sito in Piazza Castello 12/B e partecipare a questa manifestazione contro l’attecchimento del progetto Ombrina Mare e ovviamente, contro la visita non ufficiale di Renzi a L’Aquila, che è stata una conseguenza, ma l’intento mio principale era quello di non permettere al Governo Renzi di svendere il Mare Adriatico alla Rockhopper. Tendo a specificare in questa sede che la stessa Coldiretti non si è mai dichiarata né a favore né contraria al progetto Ombrina Mare, sono sempre stati neutrali, perché sono una massa di pesci in barile che difendono soltanto gli interessi degli agricoltori facenti parte al loro circuito con Impresa Verde Abruzzo Srl e se ne fregano sia della cultura al rispetto dell’ambiente che della salute delle Comunità Locali che vivono all’interno dei loro territori e ovviamente, trattandosi di una questione riguardante un potenziale inquinamento di un territorio situato nella provincia di Chieti, loro stando nella provincia di L’Aquila se ne sono ampiamente fregati, dimostrando una dose di menefreghismo, indifferenza ed omertà in stile mafioso senza pari! A me non è fregato un cazzo lo stesso, piglia e sono partito alla volta di L’Aquila assieme al mio allora compagno di partito locale di Rifondazione Comunista Marsica, Ciro Sabatino, che al tempo era in cassa integrazione alla Clean Room, un impianto industriale sito nel Nucleo Industriale di Avezzano nato dalle ceneri della Micron: anche Ciro condivise il mio punto di vista ed insieme decidemmo di recarci in macchina a L’Aquila dove arrivammo poco prima delle 12 e da lì in poi ho iniziato a girare dei video, per mostrare il numero effettivo dei partecipanti alla manifestazione contro il progetto di petrolizzazione del Mare Adriatico Ombrina Mare che mostro qui di seguito:

Questo è tutto il materiale video in mio possesso in merito a quella giornata di straordinaria follia, ecco a voi altri video realizzati dalle testate giornalistiche locali abruzzesi:

RENZI, RENZI, FUORI DALL’ABRUZZO!!!” IL GRIDO DI BATTAGLIA DEI MANIFESTANTI DEL COORDINAMENTO NO OMBRINA MARE A L’AQUILA IL 25 AGOSTO 2015

https://www.ilgiornale.it/news/politica/proteste-e-scontri-allaquila-renzi-annulla-tappa-1163298.html

In merito a quest’ultimo video, desidero fare una importante precisazione: Matteo Renzi si mostrò solidale con una Soprintendente di Polizia che ebbe spaccato il setto nasale, gli organi principali di stampa hanno fatto credere agli italiani che fosse stata aggredita selvaggiamente da dei manifestanti pacifici del Coordinamento No Ombrina, quando in realtà, lei davanti alle scale della Basilica di San Bernardino da Siena, durante il fuggi fuggi generale dei manifestanti dispersi dalla prima carica dei celerini al nostro corteo, inciampò in un masso di porfido, cadde e si fracassò il setto nasale da sola, come è stato riportato da diverse testimonianze di manifestanti e semplici passanti, seguenti ai fatti avvenuti nel capoluogo abruzzese. Io quel giorno mi trovai in terza fila nel corteo dei manifestanti, in seconda fila davanti a me vi era Maurizio Acerbo, al tempo Segretario Regionale del Partito della Rifondazione Comunista oggi Segretario Nazionale del partito e accanto a lui, Alessandro Lanci. La prima carica dei poliziotti in assetto antisommossa, avvenne in via Panfilo Tedeschi, una via stretta come un budello che collega i Quattro Cantoni alla Basilica di San Bernardino da Siena e lì venne ferito con una manganellata, un anziano signore che si trovava in prima fila e che rischiò un infarto miocardico fulmineo, quando vide i poliziotti caricare tutta la prima fila del corteo e crollare sotto i colpi dei poliziotti, mentre il resto del corteo dalla seconda fila, alla terza dov’ero io in poi venne disperso e dovette temporaneamente arretrare, ma quel giorno ricordo che non cedemmo di un centimetro, perché non volevamo che il nostro territorio venisse svenduto ad una multinazionale del petrolio che avrebbe senz’altro inquinato uno dei mari più belli di tutta Italia. Dopo la prima carica subita in via Tedeschi, decidemmo di non andare ad intercettare subito il Premier lungo Corso Vittorio Emanuele II, per cui tornammo indietro verso il Castello, prendemmo la salita di Costa Masciarelli e andammo verso la Villa Comunale dove si stavano dirigendo Renzi, la senatrice aquilana del PD Stefania Pezzopane e l’allora Presidente della Giunta Regionale PD, Luciano D’Alfonso il quale, a mio parere e non sono il solo a dirlo qui in Abruzzo, è stato il peggior Presidente che abbia mai avuto la Regione nella sua storia amministrativa, pari quasi al collelonghese Ottaviano Del Turco, il Presidente PD che nel 2005 divenne famoso per l’inchiesta gudiziaria di Sanitopoli, assieme ad Angelini delle cliniche private nel pescarese. Arrivammo tutti davanti la sede del Gran Sasso Institute, il Centro Studi Gran Sasso dove vi erano dentro Renzi, Pezzopane, D’Alfonso e la gioventù pdina piena di giovani incravattati e indoppiopettati, gioventù che io la equiparo da sempre a quella hitleriana, per il modo di guardare le persone dall’alto in basso, soprattutto semplici manifestanti come noi che stavano lottando per avere il diritto a mantenere la propria terra intatta dall’inquinamento ambientale. Faccio ulteriormente presente che la senatrice Pezzopane definì il nostro Coordinamento: “Un gruppo di quattro gatti violenti facinorosi che hanno lanciato pietre contro le Forze dell’Ordine!” A me non risulta proprio, essendo stato all’interno del corteo, non ho visto alcun manifestante prendere in mano pietre, bottiglie o altri oggetti che avrebbero potuto mettere a repentaglio l’incolumità dei poliziotti o dei carabinieri. In realtà vi erano alcuni ragazzi simpatizzanti del Movimento 5 Stelle infiltratisi nel corteo dei manifestanti che avevano in mano delle uova rigorosamente biologiche che ad un certo punto, sono state da essi lanciate verso le Forze dell’Ordine, le uova a contatto con le divise si sono rotte, le hanno imbrattate, i poliziotti non c’hanno visto più e lo hanno preso come pretesto per caricarci non una, ma per ben due volte, è bene che la Pezzopane sia correttamente informata dello svolgersi dei fatti, non raccontare verità di comodo atte a screditare in tutti i modi possibili, anche i più scorretti e sleali, una manifestazione che fu pacifica dall’inizio alla fine con me all’interno, tanto è vero che quando ho visto questi ragazzi prendere in mano le uova dissi ripetutamente: “Fermi, fermi, che cazzo tirate le uova? Non serve a niente, se gliele tirate questi ci attaccano!!! Stanno in assetto antisommossa, ci prendono a manganellate!” e così è stato! Io mi sono salvato perché uso il cervello: come ho visto i poliziotti caricarci una seconda volta alla Villa Comunale davanti al Centro Studi Gran Sasso, mi sono andato a mettere a lato della strada sul marciapiede ed ho scongiurato il peggio, ma il rischio fu comunque altissimo e per tutti, non soltanto per me. Voglio raccontare un altro aneddoto che fa trasparire l’assoluto dispotismo dei sostenitori del PD anche qui in Abruzzo: ad un certo punto della contestazione, davanti al Gran Sasso Institute, quando i manifestanti hanno visto assieme Renzi, Pezzopane, D’Alfonso ed il suo Vice Giovanni Lolli ricordo che il compagno Sabatino gli disse di tutto: “Lolli, come ti permetti di svendere la nostra terra alle multinazionali? L’Abruzzo, è sacro, non si tocca!” Io gli dissi: “Cì zitto che qua c’arestano!” Lui: “Non me ne frega un cazzo, m’hanno messo pure in cassa integrazione, mi hanno distrutto il diritto di lavorare, la mia dignità non è in vendita ai soliti politicanti di turno!” e aveva ragione, capì che dovevo stargli vicino e l’ho fatto in quel frangente. Ricordo che l’allora Sindaco di Pratola Peligna (AQ), sempre del PD, si diresse verso un manifestante mentre urlava dal megafono: “No Ombrina! Renzi, Renzi fuori dall’Abruzzo!” gli strappò il megafono dalle mani e non glielo volle dare indietro, il manifestante si inalberò e ne nacque un parapiglia che poi venne sedato ridando il maltolto al povero manifestante che stava semplicemente esprimendo una forma di dissenso popolare. Quando assistetti alle due cariche dei celerini della Polizia di Stato a dei manifestanti inermi e pacifici, in quel preciso istante capì che la libertà e la democrazia sono state uccise, ecco perché da quel giorno vissuto a L’Aquila, realtà che conosco molto bene perché ci ho studiato all’Università per anni dal 2003 al 2009, sono stati violati i Diritti Fondamentali dell’Uomo.

Di seguito inserisco l’intervista fatta da Radio Radicale all’allora Segretario Regionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo, intervistato sui fatti di L’Aquila:

https://www.radioradicale.it/scheda/451429/intervista-a-maurizio-acerbo-sulle-contestazioni-al-premier-matteo-renzi-in-visita-a?i=3449774

Posto di seguito degli articoli della stampa in merito al progetto Ombrina Mare ed il pericolo che per diversi anni, ha rappresentato per la vita delle specie vegetali, animali e delle comunità locali che vivono non soltanto nel territorio chietino, ma nell’intera Regione:

http://www.nuovosensocivico.it/ombrina-mare/

http://www.chietinuova3febbraio.it/sito/index.php

http://www.aknews.it/il-progetto-ombrina-mare-trivellazione-al-largo-delle-coste-abruzzesi-e-partito-ma-allitalia-tutto-questo-serve/

Via Panfilo Tedeschi, L’Aquila: la prima carica dei poliziotti della Celere in assetto antisommossa ai danni dei manifestanti pacifici del Coordinamento No Ombrina Mare stretti a collo di bottiglia tra i poliziotti provenienti dai Quattro Cantoni e la Basilica di San Bernardino da Siena dietro
Via Francesco Crispi, fronte Villa Comunale L’Aquila: la seconda carica dei poliziotti della Celere in assetto antisommossa ai danni degli inermi manifestanti del Coordinamento No Ombrina Mare

Di seguito i cartelloni da me realizzati e che mi ero portato alla manifestazione, ma non sono stati usati tutti:

Di seguito, eccomi ritratto con la bandiera No Ombrina del Coordinamento No Ombrina Mare e le mie scritte apposte sull’asta della bandiera, la stessa bandiera che sventolai durante la manifestazione No Ombrina, “la carica dei 60000” a Lanciano (CH) il 23 Maggio 2015:

ECCOMI CON IN MANO LA MIA BANDIERA NO OMBRINA MARE CHE SVENTOLAI ALLA MANIFESTAZIONE DI LANCIANO (CH) DEL 23 MAGGIO 2015
BANDIERA NO OMBRINA CON SCRITTA “RENZI, FUORI DALL’ABRUZZO” SULL’ASTA!
SCRITTA NO OMBRINA SULL’ASTA DELLA BANDIERA!
“RENZI, FUORI DALL’ABRUZZO” SCRITTA SULL’ASTA DELLA BANDIERA, DA VERO CONDOTTIERO!
“RENZI, FUORI DALL’ABRUZZO!” SCRITTA SU ASTA MIA BANDIERA NO OMBRINA

https://www.fattodiritto.it/ombrina-mare-il-progetto-della-piattaforma-al-largo-della-costa-abruzzese-tra-favoritismi-e-proteste/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/09/trivellazioni-abruzzo-non-accolta-richiesta-sospensione-di-ombrina-mare-regione-ricorreremo-al-tar/2204821/

http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2013/04/labruzzo-e-il-progetto-petrolifero-ombrina-mare/

Nel 2016, il Popolo abruzzese, grazie ai comitati cittadini che tutelano l’ambiente sul territorio Nuovo Senso Civico di Alessandro Lanci, il Forum H2O per l’Acqua Pubblica Augusto de Sanctis, le associazioni ambientaliste Legambiente, WWF Abruzzo e Italia Nostra, vinse questa battaglia ed il progetto di petrolizzazione del Mare Adriatico Ombrina Mare è stato momentaneamente scongiurato, nella viva speranza che in futuro le multinazionali delle energie non rinnovabili tornino ad avanzare delle proposte bestiali non compatibili con lo Sviluppo Sostenibile e con tutti gli altri obiettivi di Agenda 2030 dell’UE.

https://ilmanifesto.it/vittoria-degli-ambientalisti-chiude-la-piattaforma-ombrina/

Dott. Alessio Brancaccio