Europa

URSULA VON DER LEYEN CONTRO LA PROTEZIONE DEL LUPO IN EUROPA – URSULA VON DER LEYEN AGAINST THE WOLF PROTECTION IN EUROPE

Il WWF chiede agli Stati membri di ascoltare la Scienza e respingere la grave proposta di declassare lo status di protezione del Lupo Appenninico in Europa

WWF calls on member states to listen to the Science and reject the serious proposal to downgrade the protection status of the Appennine Wolf in Europe
Ursula Von Der Leyen contro la protezione del Lupo Appenninico in Europa per l’uccisione di uno dei suoi pony usato come pretesto per togliere lo status di specie protetta
https://www.wwf.it/pandanews/animali/von-der-leyen-contro-la-protezione-del-lupo-in-europa/

Chiediamo agli Stati di respingere questa proposta che declassa lo status di protezione della specie

Contro ogni evidenza scientifica, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha proposto di declassare lo status di protezione del lupo nella Convenzione di Berna, da specie “rigorosamente protetta” (Allegato II) a specie “protetta” (Allegato III). Il WWF sottolinea la sua assoluta contrarietà e invita gli Stati membri dell’UE a respingere questa proposta.

La Convenzione di Berna del Consiglio d’Europa è la più antica convenzione al mondo nel campo della conservazione della natura ed è in vigore dal 1979. È considerata la fonte originaria di diritto internazionale che ha portato all’adozione della Direttiva Habitat dell’UE, pietra miliare dei programmi di conservazione europei.

“Questa è una decisione grave, senza alcuna giustificazione scientifica, motivata da ragioni puramente personali e politiche, che va a minare gli straordinari sforzi di conservazione messi in campo negli ultimi decenni e che hanno permesso la ripresa numerica e spaziale delle popolazioni di lupo in molti paesi dell’UE– dichiara Isabella Pratesi, direttrice del programma di Conservazione al WWF Italia-. La Presidente von der Leyen sta deliberatamente sacrificando decenni di lavoro di conservazione per il suo tornaconto politico, dando eco ai tentativi dei suoi alleati politici di strumentalizzare il lupo come capro espiatorio dei problemi socio-economici delle comunità rurali e del settore zootecnico. Questo approccio è inaccettabile e può creare un pericoloso precedente”.

La mossa della von der Leyen rappresenta un’inversione di rotta nelle politiche di conservazione che hanno fino ad oggi caratterizzato l’UE, ed è dettata da motivi puramente politici. A sostegno di questa interpretazione, lo scorso novembre l’UE aveva respinto il tentativo della Svizzera di declassare lo status di protezione del lupo, sostenendo che, sulla base dei dati più recenti, il lupo non aveva raggiunto uno stato di conservazione favorevole nella maggior parte degli Stati membri dell’UE.

Questo ripensamento è ancora più ingiustificato se si considera che i risultati dell’analisi approfondita della Commissione sulle popolazioni di lupi nell’UE, pubblicata oggi, non forniscono alcuna prova scientifica che lo stato della popolazione dei lupi sia cambiato in modo significativo nel giro di un anno. Questo annuncio è anche in contrasto con l’opinione pubblica, così come rilevato dall‘indagine recentemente pubblicata sulla percezione delle comunità rurali riguardo la coesistenza con i grandi carnivori. I risultati mostrano che il 68% degli abitanti delle zone rurali ritiene che i lupi debbano essere rigorosamente protetti e più di due terzi (72%) concordano sul fatto che abbiano il diritto di coesistere con l’uomo e le sue attività.

Per il WWF la proposta indebolisce il ruolo dell’UE come partner affidabile e leader nei forum internazionali, oltre a mettere in dubbio l’autenticità dei suoi sforzi per raggiungere gli obiettivi globali di biodiversità. Solo un anno fa, la Presidente von der Leyen aveva pronunciato un’importante dichiarazione a sostegno dell’accordo storico sull’azione globale per la natura per il 2030, insieme al resto della comunità internazionale. L’annuncio di oggi mette in discussione questi impegni internazionali dell’UE.

Una modifica alla Convenzione di Berna richiede una decisione del Consiglio e quindi una maggioranza qualificata degli Stati membri per approvare la proposta della Commissione. All’inizio del 2023, 12 Ministri dell’Ambiente hanno scritto al Commissario Sinkevičius assumendo una chiara posizione contro il declassamento dello status di protezione del lupo. L’Italia al contrario, con il Ministro Lollobrigida, ha recentemente presentato un documento, sostenuto anche da Francia, Austria, Polonia, Romania, Grecia, Finlandia e Lettonia, in cui ignorando le più recenti evidenze scientifiche che soottolineano quanto gli abbattimenti non rappresentino una soluzione a lungo termine per la mitigazione dei conflitti con la zootecnia, viene chiesto alla Commissione UE di aggiornare lo status di protezione dei grandi carnivori, lupo compreso, nel quadro della Direttiva Habitat 92/43/CEE.  

In diverse regioni europee è stata dimostrata che la coesistenza tra lupo e attività umane è possibile grazie a misure preventive efficaci, come l’installazione di diversi tipi di recinzioni, l’utilizzo di cani da guardiania per il bestiame e altre tecniche innovative in sperimentazione negli ultimi anni. Le linee guida dell’Unione Europea consentono agli Stati membri di risarcire pienamente agricoltori e allevatori per i danni causati da specie protette, come il lupo, e di rimborsare interamente i costi di investimento per le misure di prevenzione. Anche il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) potrebbe fornire un sostegno alla coesistenza, ma gli Stati membri non hanno sfruttato appieno questa opportunità di finanziamento.

La proposta di diminuire il grado di protezione del lupo e di aprire a modalità di gestione cruente rappresenta dunque una strategia inaccettabile e populista, che mette a serio rischio il futuro della conservazione di una specie chiave degli ecosistemi europei senza risolvere i potenziali conflitti.

Fonte: WWF Italia

English translate

We call on states to reject this proposal which downgrades the species' protection status.

Against all scientific evidence, the President of the European Commission Ursula von der Leyen has proposed to downgrade the protection status of the wolf in the Bern Convention, from a "strictly protected" species (Annex II) to a "protected" species (Annex III). WWF underlines its absolute opposition and calls on EU Member States to reject this proposal.

The Council of Europe's Bern Convention is the world's oldest convention in the field of nature conservation and has been in force since 1979. It is considered the original source of international law that led to the adoption of the EU Habitats Directive, cornerstone of European conservation programs.

“This is a serious decision, without any scientific justification, motivated by purely personal and political reasons, which undermines the extraordinary conservation efforts implemented in recent decades and which have allowed the numerical and spatial recovery of wolf populations in many EU countries - declares Isabella Pratesi, director of the Conservation program at WWF Italy -. President von der Leyen is deliberately sacrificing decades of conservation work for her own political gain, echoing her political allies' attempts to scapegoat the wolf for the socio-economic problems of rural communities and the livestock sector. This approach is unacceptable and may set a dangerous precedent."

Von der Leyen's move represents a reversal of direction in the conservation policies that have characterized the EU to date, and is dictated by purely political reasons. In support of this interpretation, last November the EU had rejected Switzerland's attempt to downgrade the protection status of the wolf, arguing that, based on the most recent data, the wolf had not achieved a favorable conservation status in most of the EU member states.

This change of heart is even more unjustified when you consider that the results of the Commission's in-depth analysis of wolf populations in the EU, published today, provide no scientific evidence that the status of the wolf population has changed significantly in the space of a year. year. This announcement is also at odds with public opinion, as revealed by the recently published survey on the perception of rural communities regarding coexistence with large carnivores. The results show that 68% of rural residents believe that wolves should be strictly protected and more than two-thirds (72%) agree that they have the right to co-exist with humans and their activities.

For the WWF, the proposal weakens the EU's role as a reliable partner and leader in international forums, as well as casting doubt on the authenticity of its efforts to achieve global biodiversity goals. Just a year ago, President von der Leyen made an important statement in support of the historic agreement on global action for nature 2030, together with the rest of the international community. Today's announcement calls into question these international commitments of the EU.

An amendment to the Bern Convention requires a Council decision and therefore a qualified majority of member states to approve the Commission's proposal. In early 2023, 12 Environment Ministers wrote to Commissioner Sinkevičius taking a clear position against downgrading the protection status of the wolf. Italy, on the contrary, with Minister Lollobrigida, recently presented a document, also supported by France, Austria, Poland, Romania, Greece, Finland and Latvia, in which, ignoring the most recent scientific evidence which underlines how culling does not represent a long-term solution for the mitigation of conflicts with livestock, the EU Commission is asked to update the protection status of large carnivores, including wolves, within the framework of the Habitats Directive.

In several European regions it has been demonstrated that the coexistence between wolves and human activities is possible thanks to effective preventive measures, such as the installation of different types of fences, the use of livestock guardian dogs and other innovative techniques being tested in last years. European Union guidelines allow member states to fully compensate farmers and breeders for damage caused by protected species, such as the wolf, and to fully reimburse investment costs for prevention measures. The European Agricultural Fund for Rural Development (EAFRD) could also provide support for coexistence, but Member States have not fully exploited this funding opportunity.

For the WWF, the proposal weakens the EU's role as a reliable partner and leader in international forums, as well as casting doubt on the authenticity of its efforts to achieve global biodiversity goals. Just a year ago, President von der Leyen made an important statement in support of the historic agreement on global action for nature 2030, together with the rest of the international community. Today's announcement calls into question these international commitments of the EU.

An amendment to the Bern Convention requires a Council decision and therefore a qualified majority of member states to approve the Commission's proposal. In early 2023, 12 Environment Ministers wrote to Commissioner Sinkevičius taking a clear position against downgrading the protection status of the wolf. Italy, on the contrary, with Minister Lollobrigida, recently presented a document, also supported by France, Austria, Poland, Romania, Greece, Finland and Latvia, in which, ignoring the most recent scientific evidence which underlines how culling does not represent a long-term solution for the mitigation of conflicts with livestock, the EU Commission is asked to update the protection status of large carnivores, including wolves, within the framework of the Habitats Directive EEC/92/43.

In several European regions it has been demonstrated that the coexistence between wolves and human activities is possible thanks to effective preventive measures, such as the installation of different types of fences, the use of livestock guardian dogs and other innovative techniques being tested in last years. European Union guidelines allow member states to fully compensate farmers and breeders for damage caused by protected species, such as the wolf, and to fully reimburse investment costs for prevention measures. The European Agricultural Fund for Rural Development (EAFRD) could also provide support for coexistence, but Member States have not fully exploited this funding opportunity.

The proposal to reduce the level of protection of the wolf and to open up cruel management methods therefore represents an unacceptable and populist strategy, which puts the future of the conservation of a key species of European ecosystems at serious risk without resolving potential conflicts.



Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

LA NUOVA VARIANTE JN.1 DEL COVID19 SI DIFFONDE RAPIDAMENTE IN 41 PAESI: QUANTO PUO’ PREOCCUPARCI? PER L’OMS E’ “VARIANTE DI INTERESSE”

New COVID strain JN.1 is spreading fast. How worried should we be?

The new variant has spread across 41 countries as the WHO categorises it as a ‘variant of interest’.

JN.1 has been detected in the US, India, China, France, Canada and many other countries [File: Petr David Josek/AP Photo]
https://www.aljazeera.com/news/2023/12/22/new-jn-1-covid-variant-how-worried-should-we-be

A new strain of SARS-CoV-2the virus that caused the coronavirus pandemic four years ago, has been detected in dozens of countries.

The World Health Organization (WHO) on Tuesday categorised the JN.1 as a “variant of interest”. After first being spotted in the United States in September, the variant has spread across 41 countries.

The new variant is now being closely monitored by public health agencies across the world due to its increased transmission rate.

Here’s what there is to know about the strain and its current risk.

What is the new COVID-19 strain JN.1?

The new coronavirus strain, JN.1, has arisen from the most recent variant before it, named BA 2.86. The latter is itself part of the lineage of the “Omicron” variant – a more severe strain of COVID-19 that peaked last year.

Each virus has its own unique “spike proteins” enabling them to infect cells and cause certain symptoms. Additional changes or “mutations” in the DNA sequence of those spikes indicate the emergence of a new “variant” of the virus.

Variants can differ in terms of their severity, contagion and response to treatments for symptoms.

“The new variant exhibits a greater genetic divergence from its predecessors, signifying an ongoing evolution of the virus,” said Laith Abu-Raddad, professor of healthcare policy and research, at Weill Cornell Medicine in Qatar.

While BA 2.86 has 20 mutations in its spike proteins, JN.1 has 21. The Centers for Disease Control and Prevention (CDC) in the United States have named this additional mutation L455S and said it may be helping the virus to evade responses from our immune systems.

Experiencing a COVID-19 infection or getting vaccinated typically enables the immune system’s antibodies to fight off the virus when exposed to it again.

Where has JN.1 been detected?

JN.1 was first detected in the US in September, a month after its parent variant, BA 2.86, was recorded in the country. It has since spread across 41 countries, the WHO reported on Monday, based on 7,344 sequences that were submitted to them.

Sequences of viruses from PCR tests are regularly analysed to detect new strains.

For the first month or so, JN.1 only accounted for 0.1 percent of coronavirus transmissions in the US. As of December 8, however, it is responsible for between 15 and 29 percent of COVID cases, according to the CDC.

However, the agency also noted that the coronavirus has a pattern of peaking around the new year.

Other countries with a large number of cases include France, Singapore, Canada, the United Kingdom and Sweden, according to WHO. China also detected seven cases last week.

In early December, JN.1 was also found in the Indian state of Kerala. A 79-year-old female patient had mild, influenza-like symptoms and has since recovered. On Monday, neighbouring Karnataka state’s health minister made masks mandatory for those above the age of 60, as well as people with heart or breathing issues. India has reported 21 cases of the JN.1 virus so far.

Should we be concerned about JN.1?

The CDC has not found evidence suggesting that JN.1 poses an increased risk to public health compared with other variants, and experts say the rise in cases may be part of winter season trends and conditions.

For instance, people across the world are spending more time indoors allowing pathogens to spread more efficiently. “The need for heating often leads to reduced ventilation in homes, presenting an environment conducive to increased virus transmission,” said Abu-Raddad.

Types of symptoms are expected to be the same as COVID-19, and pandemic-era measures such as social distancing and wearing masks have been encouraged as precautions.

“While there may be an increase in infections, the vast majority of cases are not anticipated to be severe,” noted Abu-Raddad.

What has the WHO said about JN.1?

The WHO also said on Tuesday that its risk in terms of severity is currently evaluated as low and will be updated if needed. Its growth advantage has been categorised as “high” owing to the rising number of cases over the last few weeks.

The agency noted that other respiratory diseases such as influenza are also on the rise amid the onset of winter in the northern hemisphere, and that JN.1 transmission may further burden health facilities.

The WHO’s technical lead for COVID-19, Maria Van Kerkhove, said in a public statement that the agency has asked member states to closely monitor coronavirus cases and share data on samples when available so that they can better assess circulation and “potentially modify what we are advising to the world”.

Vaccines will also continue to protect from severe effects of the variant, said WHO.

What are the symptoms of JN.1?

Like other COVID-19 variants, symptoms will differ based on a person’s immunity and overall health, according to the CDC.

Common symptoms include fever or chills, cough, fatigue and body aches.

Source: Al Jazeera

Il nuovo tipo covid JN1 si sta diffondendo rapidamente. Quanto dovremmo preoccuparci? | Notizie sulla salute

Dicembre 22, 2023 Arzu

Spiegatore

La nuova variante si è diffusa in 41 paesi, e l’OMS la classifica come “variante di interesse”.

Un nuovo ceppo di SARS-CoV-2, che causò la pandemia di coronavirus quattro anni fa, è stato rilevato in decine di paesi.

Martedì l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato JN.1 come una “variante di interesse”. Dopo essere stata individuata per la prima volta negli Stati Uniti a settembre, la variante si è diffusa in 41 paesi.

Questa nuova variante viene ora attentamente monitorata dalle agenzie sanitarie pubbliche di tutto il mondo poiché il suo tasso di prevalenza aumenta.

Ecco cosa sapere sul ceppo e sul suo pericolo attuale.

Qual è il nuovo ceppo covid-19 JN.1?

Il nuovo ceppo di coronavirus, JN.1, è stato denominato BA 2.86 da una recente variante che lo ha preceduto. Quest’ultimo fa parte del lignaggio della variante “Omicron”, il ceppo più virulento di COVID-19 che ha raggiunto il picco lo scorso anno.

Ogni virus ha le sue “proteine ​​​​spike” uniche che infettano le cellule e causano determinati sintomi. Ulteriori cambiamenti o “mutazioni” nella sequenza del DNA di questi picchi indicano l’emergere di una nuova “variante” del virus.

Le varianti possono differire in base alla gravità, all’infezione e alla risposta al trattamento sintomatico.

“La nuova variante mostra una maggiore diversità genetica rispetto ai suoi predecessori, indicando la continua evoluzione del virus”, ha affermato Laith Abu-Radat, professore di politica sanitaria e ricerca presso la Weill Cornell Medicine in Qatar.

BA 2.86 ha 20 mutazioni nelle sue proteine ​​​​spike, rispetto alle 21 di JN.1. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) negli Stati Uniti hanno chiamato questa ulteriore mutazione L455S e affermano che aiuta il virus a eludere le risposte dei nostri sistemi immunitari.

Dove viene rilevato JN.1?

JN.1 è stato rilevato per la prima volta negli Stati Uniti a settembre, un mese dopo che la sua variante madre, BA 2.86, era stata registrata nel paese. Si è diffuso in 41 paesi, ha affermato lunedì l’OMS, sulla base di 7.344 sequenze presentate loro.

Le sequenze di virus provenienti dagli esperimenti PCR vengono costantemente analizzate per rilevare nuovi ceppi.

Nel primo mese JN.1 Negli Stati Uniti si è diffuso solo lo 0,1% dei contagi da coronavirus. Tuttavia, secondo il CDC, all’8 dicembre è responsabile dal 15 al 29% di tutti i casi di Covid-19.

Tuttavia, l’azienda ha anche notato che nel nuovo anno si verificherà un picco del coronavirus.

Secondo l’OMS, altri paesi con il maggior numero di casi sono Francia, Singapore, Canada, Regno Unito e Svezia. Anche la Cina ha segnalato sette casi la scorsa settimana.

All’inizio di dicembre il JN.1 è stato rilevato anche nello stato indiano del Kerala. Una paziente di 79 anni presentava lievi sintomi simil-influenzali e da allora si è ripresa. Lunedì, il ministro della sanità del vicino stato del Karnataka ha reso obbligatorie le mascherine per le persone con più di 60 anni e per coloro che hanno problemi cardiaci o respiratori. Finora in India sono state infettate dal virus JN.1 21 persone.

Dovremmo preoccuparci di JN1?

Il CDC non ha trovato prove che JN1 rappresenti un rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ad altri ceppi e gli esperti affermano che l’aumento dei casi potrebbe essere dovuto in parte alle tendenze e alle condizioni invernali.

Ad esempio, le persone in tutto il mondo trascorrono più tempo in ambienti chiusi consentendo agli agenti patogeni di diffondersi in modo più efficiente. “La necessità di riscaldamento spesso porta a una ridotta ventilazione nelle case, fornendo un ambiente favorevole alla diffusione del virus”, ha affermato Abu-Radat.

Si prevede che i tipi di sintomi saranno simili a quelli del COVID-19 e le misure del periodo pandemico come il distanziamento sociale e l’uso di maschere sono state incoraggiate a titolo precauzionale.

“Potrebbe esserci un aumento delle infezioni e non si prevede che la maggior parte dei casi sarà grave”, ha osservato Abu-Radat.

Cosa ha detto l’OMS su JN.1?

Martedì l’OMS ha dichiarato che il rischio in termini di gravità è attualmente basso e verrà aggiornato se necessario. Il suo vantaggio di crescita è stato classificato come “elevato” poiché il numero di casi è aumentato nelle ultime settimane.

L’agenzia ha osservato che anche altre malattie respiratorie, come l’influenza, sono in aumento con l’arrivo dell’inverno nell’emisfero settentrionale, e la diffusione di JN.1 potrebbe gravare ulteriormente sulle strutture sanitarie.

Il responsabile tecnico dell’OMS per il COVID-19, Maria van Kerkhove, ha dichiarato in una dichiarazione pubblica che l’agenzia ha chiesto agli Stati membri di monitorare da vicino i casi di coronavirus e condividere i dati sui campioni quando disponibili in modo che possano valutare meglio la circolazione e “possiamo adattarci, consigliare il mondo.” (Adattarci? Ancora con questa storia della convivenza col virus! Conviveteci voi virologi che ci lavorate ogni giorno con queste merde artificiali di laboratorio, io non ci voglio convivere, lo voglio combattere e voi non avete volontà ancora di combatterlo, con tutte le tecnologie sanitarie che abbiamo oggi a disposizione, bastardi!)

Secondo l’OMS i vaccini continuano a proteggere dagli effetti gravi della variante.

Quali sono i sintomi di JN.1?

Come con altri tipi di COVID-19, secondo il CDC, i sintomi varieranno in base al sistema immunitario e alla salute generale di una persona.

Fonte: Telepace

https://telepacenews.it/il-nuovo-tipo-covid-jn1-si-sta-diffondendo-rapidamente-quanto-dovremmo-preoccuparci-notizie-sulla-salute/

Covid, variante JN.1 aumenta il rischio contagio a Natale: la nota dell’OMS

20 Dicembre 2023 – 09:04

“Sulla base delle prove disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato dalla variante JN.1 è attualmente valutato come basso – ha spiegato l’Organizzazione Mondiale della Sanità -. Nonostante ciò, con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, la variante potrebbe fare aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi”

Rischio basso, ma potenziale aumento dei contagi. È in sintesi il contenuto della nota pubblicata dall’Oms in merito alla variante del Covid JN.1 che si sta diffondendo rapidamente e che ora è stata classificata come ‘Variante di interesse’ (Voi), separatamente dagli altri membri della famiglia BA.2.86.

La nota dell’OMS

“Sulla base delle prove disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato dalla variante JN.1 è attualmente valutato come basso – ha spiegato l’Organizzazione Mondiale della Sanità -. Nonostante ciò, con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, JN.1 potrebbe fare aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi”. L’Oms sta comunque “monitorando continuamente le evidenze e aggiornerà la valutazione del rischio JN.1 se necessario”.

La raccomandazione

L’Oms ha poi ricordato che al momento “i vaccini continuano a proteggere dalle malattie gravi e dalla morte dovute a JN.1 e ad altre varianti circolanti”. In ogni caso, è sempre opportuno “adottare misure per prevenire infezioni e malattie gravi utilizzando tutti gli strumenti disponibili (Dispositivi di Protezione Individuali DPI)”, tra cui “indossare una maschera quando ci si trova in aree affollate, chiuse o scarsamente ventilate e mantenere il più possibile una distanza di sicurezza dagli altri (3-4 metri ed oltre)”.

Covid, arriva la nuova variante JN.1: i sintomi e cosa sappiamo

Inizialmente diffusasi in Lussemburgo, poi emersa con parecchi casi in Gran Bretagna fino ad arrivare in Francia, ha la peculiare abilità di agganciarsi con facilità alle cellule umane. Si tratta della variante Covid JN.1, al vaglio degli esperti per comprenderne meglio caratteristiche e specificità.

DAL LUSSEMBURGO

  • Con tratti distintivi simili alle varianti che hanno colpito più duramente all’inizio della pandemia, ovvero Alpha e Beta, la variante Covid JN.1 in arrivo dal Lussemburgo, si sta diffondendo dalla Gran Bretagna al resto d’Europa

DIFFUSIONE

  • Al momento in Italia la principale sottovariante diffusa è Eris EG5, discendente di Omicron che rappresenta quasi il 60% dei casi, seguono altre sottovarianti della stessa Omicron, ovvero JG.3, XBB 1.5 (Kraken),  XBB 1.9, HV.1 e BA.2.86 (Pirola)

JN.1

  • Tra queste si va a inserire quindi anche JN.1, che in Gran Bretagna la UK Health Security Agency ha sottocategorizzato il 4 dicembre scorso a causa della mutazione della proteina spike che la caratterizza e della crescente prevalenza nei dati del Regno Unito e internazionali

DA OMICRON

  • La sottovariante JN.1 è una sottocategoria della variante Omicron Pirola BA 2.86, dopo essere emersa in Lussemburgo nello scorso agosto si è diffusa negli Stati Uniti, Regno Unito poi principalmente in Francia

MUTAZIONE

  • JN.1 ha una mutazione nella sua proteina spike che le permette di infettare facilmente le cellule, riuscendoci anche con un certo successo, considerando che al 4 dicembre scorso, si contano 302 casi sequenziati di JN.1 nel Regno Unito e 3.618 globalmente, ma con tendenza ad un forte rialzo

SISTEMA IMMUNITARIO

  • Le varie mutazioni di JN.1, comprese alcune mai viste dalle varianti Alpha (inglese) e Beta (sudafricana) nel 2020 e 2021, potrebbero significare che JN.1 sfugga più facilmente al sistema immunitario, riuscendo a replicarsi più velocemente

NESSUN ALLARME

  • Secondo quanto gli esperti hanno evidenziato sino ad oggi, JN.1 tuttavia non genererebbe una sintomatologia più grave o fondamentalmente diversa rispetto a quella innescata da altre varianti Covid (da verificare maggiormente in caso di pazienti affetti da comorbosità e dal quadro clinico medico alterato o compromesso, come nel caso di fragili immunodepressi ed anziani)

SINTOMI

  • In pratica, causerebbe generalmente gli stessi sintomi di Omicron o Pirola, ossia febbre e brividi, tosse, stanchezza, mancanza di respiro o difficoltà a respirare, dolore muscolare (mialgia), mal di testa (cefalea), perdita del gusto (disgeusia), oppure perdita dell’olfatto (anosmia), congestione nasale e diarrea

Fonte: Sky TG24

Covid, i nuovi sintomi che colpiscono l’intestino della variante JN.1. «Ecco come il virus aggira l’immunità ibrida»

Storia di Simone Pierini  

Variante JN.1, i nuovi sintomi che colpiscono l’intestino. «Ecco come il Covid aggira l’immunità ibrida»
https://www.msn.com/it-it/salute/other/variante-jn1-i-nuovi-sintomi-che-colpiscono-lintestino-ecco-come-il-covid-aggira-limmunit%C3%A0-ibrida/ar-AA1lTy2c

Gli scienziati di tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, stanno rilevando tracce di Covid in quantità molto maggiori nelle acque reflue. Questo elemento li sta spingendo a considerare se il virus stia ora prendendo di mira l’intestino delle persone. Il Covid infetta tradizionalmente le persone attraverso il naso e la bocca e si moltiplica nelle vie respiratorie, talvolta migrando verso i polmoni. Ma alcuni virologi ritengono che il virus abbia alterato le sue esigenze per entrare nelle cellule, il che significa che può infettare più facilmente l’intestino

Le acque reflue

Marc Johnson, virologo molecolare e professore di microbiologia molecolare e immunologia presso l’Università del Missouri, parlando con il Daily Mail ha dichiarato che «ci sono stati alcuni enormi picchi nelle acque reflue in Europa, e molti di noi stavano riflettendo su quali potrebbero essere le possibili spiegazioni, se si tratta di solo un aumento di casi o se ci sia qualche altra spiegazione». In Austria, ad esempio, i livelli di Covid nelle acque reflue sono aumentati da quasi zero nel luglio di quest’anno a circa 700 copie genetiche per persona, il che indica la carica virale. Una delle idee è che la nuova variante JN.1 abbia modificato i suoi requisiti per entrare nelle cellule, forse per aggirare l’immunità vaccinale o delle infezioni precedenti. 

L’intestino

Il professor Johnson ha ammesso come sia possibile che la nuova variante JN.1 sia più focalizzata sull’intestino, ma ha aggiunto che vi erano ancora prove dirette per confermare teoria. «Ma molti altri coronavirus infettano l’intestino, quindi non sarebbe così sorprendente», ha sottolineato.

Le caratteristiche di JN.1

A causa della sua rapida diffusione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato la variante di Sars-CoV-2 JN.1 come ‘ variante di interesse’ (VOI) separata dal lignaggio BA.2.86, alias Pirola. In precedenza era stata classificata Voi come parte dei sottolignaggi BA.2.86. Lo rende noto l’Oms sottolineando che, «sulla base delle evidenze disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato da JN.1 è attualmente valutato come basso. Nonostante ciò – ammonisce però l’agenzia – con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, JN.1 potrebbe aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi». 

Fonte: MSN

Covid, arriva la variante JN.1 che mette in crisi il Natale. L’OMS la classifica come “di interesse”

Emersa in Lussemburgo, è osservata speciale in Gran Bretagna dove i contagi stanno aumentando

21/12/2023 Mariavittoria Savini

Non solo COVID, in aumento anche RSV e polmoniti

A causa della sua rapida diffusione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato la variante di Sars-CoV-2 JN.1 come “variante di interesse” (Voi) separata dal lignaggio BA.2.86, alias Pirola. In precedenza era stata classificata Voi come parte dei sottolignaggi BA.2.86. Lo rende noto l’Oms sottolineando che, “sulla base delle evidenze disponibili, il rischio aggiuntivo per la salute pubblica globale rappresentato da JN.1 è attualmente valutato come basso. Nonostante ciò – ammonisce però l’agenzia – con l’inizio dell’inverno nell’emisfero settentrionale, JN.1 potrebbe aumentare il carico di infezioni respiratorie in molti Paesi“.

L’OMS “sta monitorando continuamente le evidenze e aggiornerà la valutazione del rischio JN.1 se necessario”, riferisce la nota. L’agenzia ONU sottolinea inoltre che “gli attuali vaccini continuano a proteggere dalla malattia grave e dalla morte, da JN.1 e da altre varianti circolanti di SarS-CoV-2″. 

Non solo Covid, in aumento anche Rsv e polmoniti

L’OMS ammonisce infine che “Covid-19 non è l’unica malattia respiratoria in circolazione. L’influenza, il virus respiratorio sinciziale (Rsv) e la polmonite infantile comune sono in aumento“. 

Quasi un milione gli italiani a letto durante le feste

Quasi un milione di italiani, “passeranno le feste di Natale a letto ammalati, tra Covid e influenza”. A dirlo è il virologo Fabrizio Pregliasco, Direttore IRCSS dell’Istituto San Raffaele di Milano. “Siamo in una fase di crescita di tutte le infezioni, soprattutto di quelle respiratorie. Specialmente il virus H1N1 è in costante crescita e anche il Covid è molto più contagioso ma più buono, anche se non troppo. Soprattutto questi ultimi casi sono sottostimati, perché il tampone non viene eseguito”, continua Pregliasco che spiega come “nonostante il leggero arresto della scorsa settimana anche il dato dell’occupazione degli ospedali, dei ricoveri e delle morti è in crescita e desta preoccupazione”.

Le misure di prevenzione

La Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (SIMG) e della Società italiana malattie infettive e tropicali (SIMIT) raccomandano una prevenzione vaccinale e una gestione mirata dei pazienti con Covid-19. Da qui il consiglio alla popolazione di adottare misure per prevenire infezioni e malattie gravi, utilizzando tutti gli strumenti disponibili: indossare una mascherina quando ci si trova in aree affollate, chiuse o scarsamente ventilate e mantenere una distanza di sicurezza dagli altri se possibile; pratica il ‘galateo respiratorio’, coprendo con il gomito tosse e starnuti; lavarsi le mani regolarmente; tenersi aggiornato con le vaccinazioni anti Covid e l’influenza, soprattutto se sei ad alto rischio di malattia grave; restare a casa se si è malati e sottoporsi al test se si hanno sintomi o se si è stati vicini o a contatto con qualcuno con Covid-19 o influenza.

Tornano i tamponi per entrare in ospedali e RSA

Torna l’indicazione per i test alle persone con sintomi Sars-CoV-2 che accedono alle strutture sanitarie. Lo prevede la nuova circolare ‘Indicazioni per l’effettuazione dei test diagnostici per Sars-CoV-2 per l’accesso e il ricovero nelle strutture sanitarie’, firmata dal direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute, Francesco Vaia. L’obiettivo è ampliare e potenziare il monitoraggio dei virus per andare a rintracciare tutte le malattie respiratorie che stanno circolando.

Fonte: Rainews

Covid e Voce – Patologie vocali come conseguenza del virus

10 Mar 2021

https://istitutosantachiara.it/covid-e-voce-patologie-vocali-come-conseguenza-del-virus/

Intervista alla dott.ssa Rosanna De Vita, foniatra presso Istituto Santa Chiara di Roma

La dottoressa De Vita si occupa di prevenzione, diagnosi e trattamento delle patologie e delle malattie della voce parlata e cantata, con particolare interesse per la foniatria artistica.

La trasmissione per via aerea, probabilmente, rappresenta la maggior parte della diffusione del virus SARS-CoV-2.
Quali sono le particelle più pericolose e perché?

Il SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, può essere trasmesso in tre modi: contatto direttocontatto indiretto o attraverso le particelle sospese in aria.
La trasmissione per contatto diretto avviene attraverso il contatto da persona a persona (una stretta di mano).
Il contatto indiretto si verifica quando le particelle virali atterrano su oggetti che vengono comunemente toccati.
La trasmissione per via aerea probabilmente rappresenta la maggior parte della diffusione della SARS-CoV-2.
La carica virale (ovvero la quantità di virus a cui una persona è esposta), il tempo di esposizione e la suscettibilità individuale giocano un ruolo determinante nella trasmissione.
Gli spazi più piccoli, con meno ventilazione e carica virale più elevata e con più persone presenti, portano a tassi di infezione più elevati tramite aerosol.
Gli aerosol, particelle più piccole delle goccioline, trasmettono SARS-CoV-2 su distanze e tempi maggiori perché galleggiano e possono rimanere sospesi nell’aria per ore.
Inoltre, più piccola è la particella, più è probabile che raggiunga il tratto respiratorio inferiore quando viene inalata.
Le particelle di medie dimensioni sono in grado di galleggiare per ore e presentano una maggiore probabilità di infettare con successo un ospite sensibile.

Perché i cantanti potrebbero essere a rischio di trasmissione?

Le particelle di “medie dimensioni” (tra 1 e 5 µm) sono prodotte in proporzione maggiore durante il discorso e il canto. Respirare e parlare, poi, portano all’aerosol delle particelle.
La vibrazione delle corde vocali contribuisce alla generazione di particelle di medie dimensioni.
Questo potrebbe essere il motivo per cui gli atti del parlare e cantare producono più aerosol di medie dimensioni e perché i cantanti potrebbero essere a rischio di trasmissione.

Quali potrebbero essere gli effetti del Covid a lungo termine, in particolare per gli artisti della voce?

Gli effetti a lungo termine includono problemi respiratori, fisici, cognitivi e psicologici.
L’87,4% dei pazienti ha manifestato almeno un sintomo dopo il recupero, con affaticamento (53%) e dispnea (43%).
Gli studi suggeriscono che possono verificarsi conseguenze respiratorie anche a seguito di infezione da COVID-19 in persone senza sintomi gravi.
Le evidenze hanno mostrato che molti soffrono di una persistente riduzione della funzione respiratoria e fonatoria.
Le lesioni polmonari associate a COVID-19 possono causare fibrosi polmonare che può irrigidire i polmoni e causare difficoltà respiratorie.
Riduzioni lievi o moderate della funzione respiratoria potrebbero essere non debilitanti, tuttavia potrebbero determinare importanti problematiche per cantanti e insegnanti di canto.
Gli effetti cronici di lesioni da intubazione includono anomalie della mucosa, della vibrazione delle corde vocali, cicatrici e insufficienza fonatoria.
La paralisi e la ipomotilità delle corde vocali possono derivare anche da brevi periodi di intubazione o da un danno virale al nervo vago. Le neuropatie sensoriali della laringe sono associate a infezioni virali.
Le manifestazioni più comuni della neuropatia sensoriale laringea sono la tosse cronica, la disfunzione della deglutizione la perdita di sensibilità e propriocezione nella laringe, che potrebbe portare a una diminuzione del controllo motorio fine con effetti negativi sulle capacità di cantare.

Come cambia la voce?

L’affaticamento cronico post COVID-19 può rivelarsi abbastanza comune e, logicamente, può avere un impatto significativo sui cantanti con elevate esigenze vocali, mentali ed emotive e, quindi esso, può essere associato a disturbi della voce.

Dal punto di vista medico, così come a livello di best practice da osservare nel quotidiano, cos’è consigliato fare per chi abbia contratto l’infezione da coronavirus e sia guarito?  

Fondamentale è che, chi abbia contratto l’infezione da coronavirus e sia guarito, effettui, tra gli altri controlli, una visita foniatrica con una laringostroboscopia per valutare quanto prima un eventuale coinvolgimento delle corde vocali, soprattutto se si presentano sintomi quali disfonia, raucedine, abbassamento di voce, stanchezza e fonoastenia e difficoltà nel canto.

Fonte: Istituto Santa Chiara

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

SEGNALETICA EUROVELO: GUIDA LA TUA STRADA CICLABILE IN TUTTA EUROPA

https://en.eurovelo.com/news/2023-11-24_eurovelo-signs-leading-your-cycle-way-across-europe

Anche se viviamo nell’era delle tracce GPX e delle app di routing, la segnaletica fisica rimane essenziale sulle piste ciclabili a lunga percorrenza. È necessario che gli utenti trovino la strada ma anche che i percorsi EuroVelo siano visibili e facilmente riconoscibili sul terreno. In questo articolo facciamo il punto sullo stato di avanzamento della segnaletica EuroVelo in tutta Europa, diamo uno sguardo ad alcuni dei progetti che si possono trovare lungo la strada e suggeriamo ulteriori letture per i nerd della segnaletica tra voi!

Sapevi che puoi trovare i cartelli EuroVelo in 24 paesi?

24 paesi e 24 tipologie di segnaletica EuroVelo, che coprono oltre 33.000 km di piste ciclabili. Si tratta del 37% dell’intera rete EuroVelo. Non sarebbe una grande sfida realizzare una raccolta di immagini di segnali provenienti da tutti i paesi? E chi lo sa, se inizi adesso, i 14 paesi ancora privi di segnaletica EuroVelo potrebbero installarli prima che finisca! Per aiutarti a iniziare, guarda la mappa qui sotto che mostra le sezioni segnalate della rete EuroVelo. Come puoi vedere, alcuni paesi sono più coperti di giallo di altri. È il caso della Francia, vincitrice incontrastata per quanto riguarda il numero di segnaletica EuroVelo installata: puoi seguire più di 8.000 km di piste ciclabili senza guardare la mappa o lo schermo per trovare indicazioni stradali! Seguono Irlanda (quasi 2.400 km di percorsi segnalati), Austria e Spagna (circa 2.100 km di percorsi segnalati per entrambe).

Sezioni della rete EuroVelo firmate con i segnali EuroVelo nel 2023.

Ma non abbiamo gli stessi vincitori se guardiamo alle percentuali. In effetti, solo due paesi della rete hanno firmato l’intero percorso EuroVelo: Belgio ed Estonia. Francia e Irlanda non sono però molto indietro, con oltre il 90% dei rispettivi percorsi EuroVelo già segnalati. Non è questo un buon argomento per inserire questi paesi nella tua lista dei desideri per le vacanze in bicicletta del prossimo anno?

Tasso di segnaletica EuroVelo dei percorsi EuroVelo, paese per paese.

Ora, se il tuo sogno è percorrere in bicicletta un intero percorso EuroVelo abbandonando ogni paura di perderti, guarda i percorsi segnalati al 100% – EuroVelo 17 – Ciclabile del Rodano e EuroVelo 19 – Ciclabile della Mosa – e parti per oltre 1.000 km di pedalate, simpatiche e guidate dalla segnaletica EuroVelo! Curiosi di saperne di più? Il rapporto sullo stato di sviluppo delle rotte EuroVelo di quest’anno elenca fatti e cifre sullo stato della rete nel 2023, come le rotte EuroVelo e i paesi con le percentuali più alte di tratte sviluppate, i progressi compiuti dal 2022 e dove sono più urgenti miglioramenti per raggiungere un rete completamente sviluppata entro il 2030.

Tutti amano le mappe e non tutti amano le statistiche, ma come sono realmente questi segni?

Guardandoci intorno, ci siamo resi conto che il sito web di EuroVelo è curiosamente privo di immagini dei cartelli EuroVelo. Come primo passo per rimediare a questo problema, abbiamo deciso di includere alcuni esempi in questo articolo. Osserva attentamente l’immagine qui sotto: riesci a indovinare da dove proviene ogni segno? Troverai le risposte in fondo a questo articolo!

Controlla qui sotto per le risposte!

Come puoi vedere da queste immagini, i segnali EuroVelo non sono sempre uguali nei diversi paesi. Possono essere trovati come segnali autonomi con sfondi di vari colori, integrati nella segnaletica urbana, sui pali di legno, sui pannelli informativi del percorso… Ciò che hanno in comune è il pannello informativo del percorso EuroVelo, che mostra il numero univoco associato a ciascun percorso EuroVelo e include i seguenti elementi: Colore di sfondo blu del Consiglio d’Europa Numero del percorso EuroVelo in bianco Stelle gialle del Consiglio d’Europa Nome del percorso EuroVelo (facoltativo, può essere nella lingua locale) Nome della rete EuroVelo (opzionale) I pannelli informativi sul percorso EuroVelo possono essere trovati in diverse versioni come descritto nella Guida del marchio EuroVelo: la versione completa, con o senza nomi di percorso e rete, o la versione con cornice (come nella figura 21), per l’uso combinato con altri pannelli informativi sul percorso . E questo è tutto ciò che devi sapere per non perdere mai un segnale EuroVelo in natura!

Esempio: versione standard di un cartello segnaletico percorso Eurovelo

Per tutti gli appassionati di segnaletica: scopri di più nel Manuale di firma transnazionale EuroVelo!

Il Manuale di segnaletica transnazionale EuroVelo è stato scritto nel quadro del progetto AtlanticOnBike, concentrandosi su EuroVelo 1 – Atlantic Coast Route, ma copre l’intera rete EuroVelo. Questo manuale presenta i principi più generali per la segnaletica dei percorsi ciclabili a lunga percorrenza e i requisiti specifici per l’integrazione dei pannelli informativi sui percorsi EuroVelo. Senza entrare nei dettagli, possiamo già dirvi che esistono nove principi d’oro per la segnaletica dei percorsi ciclabili a lunga percorrenza, validi ovunque in EuroVelo e oltre: La firma dovrebbe essere in linea con gli standard e i regolamenti (trans)nazionali pertinenti; Le piste ciclabili a lunga percorrenza dovrebbero essere segnalate in entrambe le direzioni; La segnaletica dovrebbe essere continua e coerente durante tutto l’itinerario; I segnali dovrebbero essere facilmente leggibili dai ciclisti, posizionati nel campo visivo dei ciclisti, avere dimensioni sufficienti e un contrasto adeguato; Le informazioni sulla segnaletica dovrebbero essere corrette, sufficienti e facili da comprendere; Dovrebbero essere fornite informazioni adeguate ai valichi di frontiera e ai principali incroci; Le informazioni dovrebbero essere fornite in anticipo agli incroci complessi; Dopo gli incroci dovranno essere predisposti segnali di conferma; Sui tratti lunghi senza incroci dovranno essere previsti segnali di conferma Il manuale descrive dettagliatamente questi principi, includendo molti esempi e buone pratiche. Collega inoltre i requisiti di segnaletica per i percorsi EuroVelo con i criteri pertinenti della metodologia dello standard di certificazione europeo, fornendo linee guida concrete per percorsi ciclabili di alta qualità. Mettiamo qui i riflettori su una buona pratica citata nel manuale, che è molto rilevante per l’identità transnazionale di EuroVelo. Sapevi che pedalando sulla EuroVelo 12 – Percorso ciclabile del Mare del Nord, potresti facilmente perdere il confine tra i Paesi Bassi e le Fiandre? Scorri verso l’alto e guarda di nuovo la grande immagine piena di cartelli EuroVelo nel paragrafo precedente. Vedrai che i segnali nelle immagini 12 e 17 sembrano molto simili: questo perché la segnaletica delle piste ciclabili a lunga percorrenza è stata armonizzata oltre confine, garantendo un’esperienza ciclistica continua lungo il percorso! Se solo i confini potessero essere sempre trasparenti come sui percorsi EuroVelo…

Articolo di Florence Grégoire

Ed ora, i risultati del gioco: da dove vengono questi cartelli EuroVelo?

1 – Danzica, Polonia

2- Finlandia

3 – Assia, Germania

4 – È un trucco! Forse l’unico cartello EuroVelo in Svezia…

5 – Portogallo

6 – Vicino a Zara, in Croazia

7 – Svizzera

8 – Irlanda

9 – Vicino a Belgrado, in Serbia

10 – Ungheria

11 – Danimarca

12 – Fiandre, Belgio

13 – Pianura Padana, Italia

14 – Austria

15 – Castilla y Léon, Spagna

16 – Nordkapp, Norvegia – questo è il segnale più settentrionale di EuroVelo 1 – Atlantic Coast Route!

17 – Paesi Bassi

18 – Bruxelles, Belgio

19 – Efeso, Turchia

20 – Slovenia

21 – Francia

22 – Regno Unito

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

IN EUROPA RESPIRIAMO ARIA PESSIMA. COLPA DELL’INQUINAMENTO DA NANOPARTICOLATO FINE ATMOSFERICO PM2.5

In Europa respiriamo tutti un’aria pessima

Un’indagine del Guardian dimostra che solo il 2 per cento della popolazione europea vive in aree in cui l’inquinamento dell’aria rientra nei limiti suggeriti dall’OMS

Una centrale a carbone in Polonia Sean Gallup/Getty Images
https://www.wired.it/article/europa-inquinamento-aria/

Secondo una recente indagine del Guardian, circa il 98% della popolazione dell’Europa vive in zone dall’aria altamente inquinata. In collaborazione con alcuni accademici dell’università di Utrecht e dello Swiss Tropical and Public Health Institute nell’ambito del progetto Expanse finanziato dall’Unione Europea, il quotidiano britannico ha condotto la sua ricerca analizzando immagini satellitari e misurazioni ottenute da più di 1.400 stazioni di monitoraggio ambientale. Secondo i dati emersi, gran parte del territorio europeo è fortemente soggetto all’inquinamento da particolato fine (PM2.5).

Il particolato fine

Il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare spiega che le cellule di particolato fine che si disperdono nell’aria sono generate da quasi tutti i tipi di combustione, comprese quelle di motori di auto e motoveicoli, degli impianti per la produzione di energia, della legna per il riscaldamento domestico, degli incendi boschivi e di molti altri processi industriali. Anche detto PM 2,5, il particolato fine ha la caratteristica di rimanere sospeso nell’atmosfera tanto a lungo da poter entrare in circolazione nel corpo umano attraverso l’apparato respiratorio e sanguigno, provocando rischi per la salute.

L’Organizzazione mondiale della sanità spiega che ogni anno questo tipo di inquinamento provoca sette milioni di morti in tutto il mondo. L’istituto ONU ha offerto anche delle linee guida che stabiliscono la quantità limite di particolato fine nell’aria. Secondo queste direttive, “le concentrazioni medie annuali di particolato fine non dovrebbero superare i 5 microgrammi per metro cubo (μg/m3)”. Lo studio del Guardian, tuttavia, dimostra che “solo il 2% della popolazione europea vive in aree che rispettano questo limite”, mentre quasi i due terzi delle persone del continente vivono in aree in cui questi valori sono di almeno due volte superiori a quelli consigliati.

L’inquinamento in Europa

L’area più inquinata del continente sembra essere l’Europa orientale, con la Macedonia del Nord al primo posto per concentrazione di particolato fine nell’aria, con due terzi del paese che superano di quattro volte i limiti suggeriti dall’OMS.

Seguono Serbia, Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia e Albania, dando fondamento alle parole della docente dell’Università di Dusseldorf Barbara Hoffmann, per la quale l’inquinamento atmosferico è un problema di “ingiustizia ambientale”, dato che “i paesi più colpiti sono anche quelli con il reddito medio più basso”.

Anche in Europa occidentale è possibile trovare aree fortemente inquinate: la mappa interattiva prodotta dal Guardian segnala alti tassi di particolato fine in Italia, specialmente nella Pianura Padana, zona fortemente industrializzata. Anche in Germania e Regno Unito la maggior parte della popolazione vive in aree dove l’inquinamento sfonda i limiti suggeriti dall’OMS. Attualmente il limite di particolato fine stabilito dall’Unione Europea è di 25 microgrammi per metro cubo ma una settimana fa il Parlamento europeo ha votato per raggiungere, entro il 2030, la soglia stabilita dall’OMS.

Fonte: Wired

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto

NOTIZIE EURES, FORMAZIONE E LAVORO EUROPA

EURES TV: un viaggio nel mondo della mobilità del lavoro in Europa

EURES TV, una serie online dedicata alla mobilità del lavoro in Europa, ha conquistato il palcoscenico digitale, suscitando l’interesse delle persone in cerca di lavoro, dei datori di lavoro e dei membri della rete EURES.

Varato da EURES Paesi Bassi il 1º Luglio 2022, questo innovativo programma mira a collegare le persone al di là delle frontiere fornendo informazioni sui mercati del lavoro europei, offrendo consigli preziosi sul lavoro all’estero e illustrando i vantaggi dei servizi EURES.

Nei vari episodi EURES TV esplora un’ampia gamma di argomenti con ospiti diversi, che possono essere lavoratori mobili o consulenti EURES, datori di lavoro o rappresentanti di sindacati e organizzazioni. Questo articolo esplora il mondo di EURES TV, esaminandone la creazione, gli obiettivi, i retroscena e la sua visione del futuro.

Le origini di EURES TV: essere collegati nonostante la distanza

Il concetto di EURES TV si è evoluto dopo il successo della trasmissione di EURESvision 2021, iniziata durante la pandemia di COVID-19. Come ci spiega l’allora consulente EURES Kevin Sikma, una delle forze trainanti di EURES TV, la necessità di collegarsi nell’ambito della rete EURES è diventata evidente durante questo periodo. Kevin, un cittadino di origine tedesca che lavora per il servizio pubblico per l’impiego dei Paesi Bassi (UWV) come consulente nazionale per i servizi ai datori di lavoro, ha raccontato come ai membri della rete fosse mancata la presenza dei colleghi. È questo che ha spinto Kevin e la sua collega, Tamara van de Moosdijk, a studiare modalità più coinvolgenti per interagire, cosa che è sfociata nella creazione di EUREStv. Marleen Houtman, un altro consulente EURES, è poi entrata nel team del progetto, contribuendo con la sua esperienza alla nascita del primo episodio della serie.

La missione di EUREStv: promuovere i collegamenti e la collaborazione

EUREStv funge da piattaforma vitale all’interno della rete EURES, promuovendo la collaborazione e delineando un quadro dei mercati del lavoro di diversi paesi. La trasmissione aspira ad agevolare lo scambio di conoscenze, a mettere in evidenza le migliori pratiche e a fare conoscere i punti di vista delle persone in cerca di lavoro e degli stessi datori di lavoro mediante interviste. Si sforza di promuovere scambi reciproci tra i membri e i partner di EURES, agevolando una mobilità del lavoro libera ed equa all’interno dei 27 Stati membri dell’UE e dei paesi del SEE. EUREStv si rivolge a tutti gli interessati alla mobilità del lavoro in Europa. Gli episodi trattano temi diversi in modo da coinvolgere un pubblico vasto, promuovendo la collaborazione transfrontaliera.

La collaborazione al primo episodio

Nel primo episodio di EUREStv è stata trasmessa una serie di servizi appassionanti, tra cui un’intervista a Stefania Garofalo di EURES Italia, che ha parlato dell’iniziativa EURESinterACTION. Inoltre, Toine Witters, responsabile nazionale EURES dei servizi ai datori di lavoro, ha intervistato Minouche Den Doelder della Den Doelder Recruitment, un membro EURES del settore privato. Infine, il consulente EURES Gordon Moir ha condotto una motivante intervista con un lavoratore mobile spagnolo recentemente trasferitosi nei Paesi Bassi. La collaborazione e la motivazione sono state al centro del primo episodio di EUREStv e i suoi creatori sperano di confermare questa tendenza coinvolgendo colleghi di tutta Europa negli episodi futuri.

Le problematiche e i prossimi passi

Promuovere la trasmissione si è dimostrata una delle maggiori difficoltà. Sebbene EUREStv utilizzi diversi canali, c’è ancora margine di miglioramento in questo senso. Il sostegno della rete EURES nella promozione degli episodi può fare una differenza sostanziale, in quanto la rete offre preziose informazioni alle persone in cerca di lavoro e ai datori di lavoro. I creatori di EUREStv sottolineano l’importanza di uno scambio reciproco per fare della loro serie un successo duraturo e invitano gli altri membri della rete EURES a entrare nel team e a collaborare a questo progetto entusiasmante.

Il futuro di EUREStv: una seconda stagione in arrivo

Mentre festeggia il suo primo anniversario e si lancia nella seconda stagione, EUREStv non smette certo di evolversi. Kevin Sikma e Marleen Houtman dirigono il team di produzione, con un cast di supporto a rotazione. La pianificazione di un episodio inizia con circa tre mesi di anticipo con riunioni intermedie per valutare l’avanzamento dei lavori. Il team profonde un notevole impegno nella preparazione dei contenuti coordinando le relazioni in loco e le parti ambientate in studio. Nonostante la loro dedizione a EUREStv, Kevin e Marleen sottolineano che il loro compito principale è quello di consulenti.

Un’occhiata dietro le quinte

Se da una parte gli episodi di EUREStv sono pianificati con mesi di anticipo, dall’altra la serie è arricchita anche da interazioni spontanee e momenti fuori copione. Il fatto che il team sia attrezzato per le registrazioni audio durante il lavoro in studio aggiunge una vena di humour e di autenticità alla produzione, in quanto il personale tecnico può sentire tutto ciò che viene detto, anche prima dell’inizio della registrazione. Kevin Sikma, il carismatico conduttore del programma, apprezza la spontaneità e la diversità del proprio ruolo e la possibilità di offrire agli spettatori una prospettiva unica.

Incoraggiamento agli aspiranti creatori

Per i team EURES che valutano di prendere iniziative sotto forma di registrazioni video Kevin riserva alcuni utili consigli, incoraggiando la creatività, l’autenticità e la soddisfazione per i risultati del proprio lavoro creativo. Se da una parte è molto utile farsi ispirare da altri, è anche importante essere fedeli a se stessi e valorizzare l’individualità, aspetti che Kevin non manca di sottolineare.

In conclusione, EUREStv sta colmando le lacune nel settore della mobilità del lavoro in Europa mettendo in contatto le persone nonché promuovendo la condivisione delle conoscenze e la collaborazione. Lanciandosi nella seconda stagione la serie promette di continuare a informare, ispirare e unire le persone in cerca di lavoro, i datori di lavoro e i membri della rete EURES in tutta Europa.

Entra a fare parte dell’avventura di EUREStv su YouTube e contribuisci a questo entusiasmante viaggio nel mondo della mobilità del lavoro nell’Unione europea.

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Dettagli

Data di pubblicazione 6 ottobre 2023

Autori Autorità europea del lavoro | Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione

Il lavoro da remoto: una guida per neoassunti

Il lavoro da remoto è la nuova normalità: molte imprese offrono questa opportunità ai propri dipendenti. Tuttavia, può essere difficile orientarsi, soprattutto per i neoassunti. Proponiamo alcuni suggerimenti per riuscire a lavorare bene a distanza.

https://eures.ec.europa.eu/remote-work-guide-new-employees-2023-09-21_it

Creare uno spazio di lavoro confortevole e produttivo

Lavorare a distanza può essere complicato, soprattutto se è la prima volta che lo si fa. È importante riflettere sul modo in cui intendi allestire il tuo ambiente di lavoro. Se lavori da casa, cerca di scegliere un’area di lavoro dedicata che non presenti distrazioni. Idealmente, non lavorare nella tua camera, per poter avere una chiara distinzione tra vita professionale e vita privata. Sarebbe una buona idea investire in mobili ergonomici: considera questo aspetto come un investimento piuttosto che un costo aggiuntivo. Una sedia confortevole farà meraviglie per la tua produttività. Devi fare in modo che il tuo spazio di lavoro diventi un luogo in cui non vedi l’ora di lavorare. Prova a personalizzare il tuo spazio con piante, oggetti artistici o di altro genere che siano di ispirazione e stimolino la produttività.

Mantenere un sano equilibrio tra vita professionale e vita privata

Un sano equilibrio tra vita professionale e vita privata è importante, indipendentemente dal fatto che lavori a distanza o meno. Tuttavia, vi sono alcune cose da prendere in considerazione nel tuo nuovo assetto lavorativo. Quando si lavora a distanza, il confine tra lavoro e vita privata si fa sempre più labile, per cui è fondamentale stabilire dei confini chiari tra il tempo da dedicare al lavoro e il tempo per la vita personale. Stabilisci degli orari di lavoro ben definiti e cerca di rispettarli: può essere facile lavorare oltre l’orario di lavoro, soprattutto dalla comodità di casa. Lavorare in uno spazio ristretto può portare al burnout e alla stanchezza, quindi potrebbe essere una buona idea sfruttare la pausa pranzo per prendere un po’ d’aria fresca e fare esercizio fisico. Questo ti aiuterà a darti la carica e a rimanere in salute.

Essere consapevoli delle distrazioni

Le distrazioni e le interruzioni sono comuni quando si lavora a distanza. Potresti condividere la casa con la famiglia o con dei coinquilini, il che può rivelarsi difficile se gli orari di lavoro sono diversi dai tuoi. L’intrusione di animali domestici o la consegna della posta sono situazioni che non dobbiamo affrontare lavorando in ufficio. Quindi, se lavori in un ambiente rumoroso, utilizza gli auricolari con cancellazione del rumore per concentrarti meglio sul tuo lavoro. È importante stabilire dei limiti con la famiglia o i coinquilini. Comunica loro i tuoi orari di lavoro e i momenti in cui puoi socializzare.

I nostri telefoni costituiscono una grande distrazione, quindi disattiva le notifiche delle app e gli avvisi dei social media durante l’orario di lavoro: ti sorprenderà scoprire quanto tempo perdiamo scorrendo le app.

Rimanere concentrati e motivati

Il lavoro a distanza può portare la flessibilità e la libertà che i lavoratori cercano nell’attuale mercato del lavoro. Tuttavia, può essere difficile rimanere concentrati e motivati a causa dell’isolamento, della procrastinazione e della stanchezza. Esistono alcune strategie da adottare per combattere questo problema. Devi vestirti con decoro e cura così da avere il giusto atteggiamento per rimanere concentrati. Per combattere l’isolamento, dovresti rimanere in contatto con i tuoi colleghi favorendo un clima di affiatamento. Pianifica riunioni a cadenza regolare, collabora con i tuoi clienti e approfitta degli eventi sociali per sentire la tua appartenenza e mantenere la motivazione.

Il riscontro del tuo dirigente è essenziale per lo sviluppo della tua carriera e la tua crescita professionale. In questo articolo condividiamo le migliori modalità per rispondere e agire in maniera positiva ed efficace al riscontro ricevuto.

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Dettagli

Data di pubblicazione 21 settembre 2023

Autori Autorità europea del lavoro | Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus

OCCUPAZIONE, AFFARI SOCIALI ED INCLUSIONE IN EUROPA

La normativa europea:

  • consente ai cittadini europei di lavorare facilmente in un altro paese dell’UE
  • tutela i diritti previdenziali dei cittadini che si spostano all’interno dell’UE.

Lavorare in un altro paese dell’UE

La libera circolazione dei lavoratori è un principio fondamentale dell’UE.

I cittadini europei hanno il diritto di:

  • cercare lavoro in un altro paese dell’UE
  • lavorare in tale paese senza bisogno di un permesso di lavoro
  • viverci per motivi di lavoro
  • restarvi anche quando l’attività professionale è giunta a termine
  • godere della parità di trattamento rispetto ai cittadini nazionali per quanto riguarda l’accesso al lavoro, le condizioni di lavoro, nonché qualsiasi altro beneficio sociale e fiscale.

Per saperne di più sulla libera circolazione dei lavoratori

Coordinamento dei regimi di sicurezza sociale

La normativa europea prevede il coordinamento dei regimi di sicurezza sociale a tutela dei diritti di coloro che si spostano all’interno dell’UE (27 Stati membri + Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera).

Si fonda su quattro principi fondamentali:

  • si è coperti dalla legislazione di un paese alla volta per cui si pagano i contributi soltanto in un paese
  • gli stranieri hanno gli stessi diritti e doveri dei cittadini del paese in cui sono assicurati
  • quando si richiede una prestazione, vengono eventualmente presi in considerazione i precedenti periodi di assicurazione, lavoro o soggiorno in altri paesi
  • chi ha diritto ad una prestazione in danaro da un paese può generalmente riceverla anche se vive in un altro paese.

Grazie al coordinamento dei regimi di sicurezza sociale, chi si ammala o è vittima di un infortunio quando si sposta all’interno dell’UE e in Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera o Regno Unito, ha diritto alle cure necessarie presentando la tessera europea di assicurazione malattia.

Per saperne di più sul coordinamento dei regimi di sicurezza sociale

Non fate caso ai due piccoli errori di ortografia, ma sto talmente incazzato morto che fosse per me me ne andrei pure domani stesso dall’Abruzzo per emigrare all’estero!

Living and working conditions: Portugal

https://eures.ec.europa.eu/living-and-working/living-and-working-conditions/living-and-working-conditions-portugal_it

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO MANDA IN CRISI LA PRODUZIONE DI OLIO IN EUROPA

di Paola Arosio

https://www.repubblica.it/green-and-blue/2023/09/19/news/cambiamenti_climatici_produzione_olio-414581953/

Le stime si avranno a fine raccolto ma le previsioni sono negative. La siccità e le alte temperature, dalla Spagna alla Grecia e all’Italia, rischiano di far abbassare la raccolta di olive di un terzo rispetto agli anni passati con un conseguente aumento dei prezzi

19 SETTEMBRE 2023 ALLE 03:44

Con l’autunno alle porte, gli agricoltori si preparano per la tradizionale raccolta delle olive, a mano o con l’ausilio di macchinari. Convogliate nelle reti, le drupe finiscono poi nelle ceste o nei sacchi di iuta, iniziando così il loro viaggio verso il frantoio. Quest’anno, però, a causa del caldo estremo e della siccità provocati dai cambiamenti climatici, in Europa la realizzazione di olio è a rischio. In particolare, nonostante l’entità del danno non sarà nota fino al termine del raccolto, gli esperti sostengono che la produzione europea potrebbe diminuire di 700mila tonnellate, un calo di oltre il 30% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.


I problemi dell’Andalusia

La nazione più colpita è la Spagna, il maggiore fornitore mondiale di olio di oliva. Qui le ondate di calore sono cominciate ad aprile e si sono susseguite per tutta l’estate, con picchi superiori ai 40 gradi. La situazione era tale che, a maggio, il vescovo Sebastián Chico Martínez della città di Jaén, in Andalusia, ha guidato una processione religiosa durante la quale i fedeli hanno invocato la pioggia per gli uliveti. “Senza acqua non c’è ulivo e, senza ulivi, la nostra provincia soffre”, disse allora il presule. Fatto sta che il prossimo raccolto non promette nulla di buono. “Il clima resta sfavorevole”, considera Kyle Holland, analista di Mintec, azienda di ricerche di mercato. “Pertanto si prevede che la resa sarà di nuovo molto scarsa, ancora una volta al di sotto della media storica”.

Da Creta alla Tracia

Anche in Grecia i produttori sono scoraggiati. “L’aumento termico ha favorito sia la diffusione della mosca dell’olivo, sia la scarsa fruttificazione”, lamenta Ioannis Kampouris, produttore della regione della Corinzia, nel Peloponneso. Secondo le stime, durante la prossima stagione verranno probabilmente prodotte circa 200mila tonnellate di olio, a fronte delle oltre 300mila dello scorso anno. Nel frattempo, a Creta, gli agricoltori attendono uno dei peggiori raccolti mai registrati sull’isola. “Consiglio ai consumatori di risparmiare l’olio di quest’anno per usarlo anche l’anno prossimo”, suggerisce l’agronomo Manolis Gelasakis. Problemi riscontrati anche a Lesbo, dove gli ultimi tre inverni sono stati particolarmente caldi. “La fioritura degli ulivi è ridotta. Anzi, peggio, non tutti i fiori si sono trasformati in frutti”, constata il produttore Stratis Sloumatis. Non va meglio in Tracia, dove scarseggiano le olive Makri, una varietà autoctona che produce l’omonimo olio, certificato con la Denominazione di origine protetta.

Precarietà in Italia

Rispetto a Spagna e Grecia, nel nostro Paese la situazione è meno critica. “Ancora non disponiamo di proiezioni esatte”, spiega Nicola Di Noia, direttore generale del Consorzio olivicolo italiano Unaprol, amministratore delegato di Fondazione Evoo School e presidente del Centro assistenza agricola Coldiretti. “Se prossimamente pioverà la produzione sarà in linea con le aspettative e le annate precedenti. Se, invece, non pioverà avremo difficoltà. Anche se la realtà italiana è a macchia di leopardo, con rilevanti differenze tra le varie regioni e province. Tuttavia, visti i cambiamenti del clima, è ormai indispensabile contrastare l’andamento altalenante e l’incertezza della produzione con politiche più attente all’impiego dell’acqua. Da anni la nostra associazione chiede di mettere in atto procedure finalizzate a raccogliere e conservare l’acqua piovana, per poterla utilizzare nei momenti di criticità. Per fare ciò servono investimenti, attrezzature, infrastrutture, che speriamo vengano implementati grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”.


Il “nodo” dei prezzi

Carenze e incertezza avranno effetti sul mercato, facendo probabilmente lievitare i prezzi. Gli analisti si chiedono se, a questo punto, i consumatori continueranno ad acquistare l’olio d’oliva o preferiranno optare per altri oli. “In proposito ci vuole una politica culturale che promuova i prodotti di qualità presso gli acquirenti”, sostiene Di Noia, “perché certamente l’olio extravergine costa di più rispetto alle miscele di oli, ma è un insostituibile alleato del gusto e della salute”. Non per niente è considerato il re della dieta mediterranea, che – portafoglio permettendo – non dovrebbe mai mancare sulla nostra tavola.

Fonte: Repubblica

https://x.com/bralex84/status/1704428845691031588

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network

MERCATO DELLA BICICLETTA, ANCHE IN EUROPA VOLANO LE E-BIKE

Da Alberto Innocenzi – 20 Giugno 2023

Le vendite di e-bike in tutta Europa hanno assorbito il calo di quelle tradizionali dimostrando la vitalità del settore.
https://www.rivistabc.com/mercato-della-bicicletta-report-conebi/

Mercato della bicicletta in buona salute in Europa. Volano le vendite di e-bike, calano quelle delle muscolari e crescono, nel complesso investimenti, posti di lavoro e volume complessivo di affari. Il report annuale di Conebi (Confederazione Europea dell’Industria Bici, E-Bike, Componenti ed Accessori) conferma i dati sul mercato 2022 forniti da Ancma Confindustria che, ribadiscono ancora una volta, l’importanza crescente della bicicletta anche per quel settore crescente dell’economia e della produzione che guarda alla transizione ecologica.

Dopo anni di notevole sviluppo del mercato, il 2022 ha visto infatti un rallentamento complessivo delle vendite di biciclette, passate da 17,1 milioni di unità nel 2021 a 14,7 milioni di unità, ma anche un continuo aumento della domanda di biciclette elettriche, che hanno superato i 5,5 milioni di unità vendute nel 2022. Le vendite totali di biciclette e biciclette elettriche hanno raggiunto un valore di 21,2 miliardi di euro, pari a un +7,4% rispetto al 2021.

Mercato della bicicletta, 180mila i posti di lavoro

Per quanto riguarda i dati di produzione, nel 2022 sono state assemblate in Europa 15,2 milioni di biciclette, di cui 5,4 milioni e-bike. Anche la produzione di parti e accessori per biciclette ha registrato un aumento sostanziale nel 2022, che porta il suo valore ad oltre 4,8 miliardi di euro dai 3,6 miliardi di euro del 2021. Nel 2022 gli investimenti dell’industria hanno raggiunto i 2 miliardi di euro, +14% rispetto agli 1,75 miliardi di euro del 2021. I posti di lavoro diretti nel settore hanno registrato un aumento costante del 3% dal 2021, il che porta il totale dei posti di lavoro diretti/indiretti in Europa a circa 180mila.

Cifre confortanti, che prospettano un futuro promettente grazie anche alla capacità del settore di rinnovarsi e di sviluppare nuove professionalità, ma che vede nelle politiche della Ue e in quelle dei singoli stati una chiave determinante per garantire lo sviluppo del mercato. In questo senso si è anche espresso Paolo Magri, presidente di Ancma che ha diffuso in Italia il report Conebi. “Appare evidente che quello del ciclo è un settore trainante di cui tener conto con maggiore lungimiranza, valorizzando la domanda sul mercato interno, soprattutto alla luce della leadership produttiva che il nostro Paese detiene nell’Eurozona”.

Fonte: Rivista BC

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus

CHE COS’E LA COMMISSIONE TRILATERALE

Il simbolo della Commissione Trilaterale rappresentata da Rockefeller, Brzezinski e Carter: ha una divisa economica, una divisa politica ed una divisa culturale

La Commissione Trilaterale è un “potere forte”, o per dir meglio: la somma dei poteri forti dell’Occidente. E’ un’organizzazione semi-ufficiale (le notizie fornite dalla pubblica informazione sono sempre state rare e discontinue) creata nel Luglio del 1973 a New York e che ha sede a Parigi in Francia, che riunisce altissime personalità della finanza e della politica, docenti universitari, esponenti sindacali e giornalisti. Questi personaggi provengono da Stati Uniti, Europa e Giappone.
Il nome rimanda all’idea di un’azione comune delle élites (ma non elette dal popolo) delle tre grandi aree del mondo industrializzato in vista di un “nuovo ordine mondiale, il NWO“: né più e né meno che un governo del mondo in seduta permanente. Ispiratore e creatore dell’organizzazione è stato David Rockefeller.
Nel 1973, all’atto della fondazione, il direttore operativo era Zbigniew Brzezinski, che sarebbe poi divenuto consigliere speciale per la sicurezza degli Stati Uniti sotto la presidenza di Jimmy Carter. Quest’ultimo personaggio è il simbolo vivente di cosa sia e come operi la Trilateral: Carter – la cosa era del tutto risaputa, al tempo – era letteralmente una “creatura” del gruppo Rockefeller, un servitore docile e puntuale dei progetti della Commissione.
Naturalmente non è il solo. Una decina d’anni fa il periodico americano F.R.E.E. pubblicò l’organigramma degli uomini del CFR e della Trilateral operanti all’interno delle istituzioni americane. Sotto il titolo “1992 Presidential Candidates” figura Bill Clinton, uomo sia del CFR che della Trilateral.
In economia, la divisa della Trilateral è la globalizzazione, cui essa mira riunendo soggetti “privati”- finanzieri, banchieri e multinazionali – che rappresentano da soli più della metà del potenziale economico dell’intero pianeta.
In politica, la divisa del potentato è quella “liberal”: anglofila, massonica, cosmopolita.
La logica d’azione è quella, classica, dei “poteri forti”: una conduzione discreta e silenziosa dell’economia e della politica occidentali.

La nascita della Trilateral Commission

Nel 1972, nell’ambito del Council on Foreign Relations (CFR), David Rockefeller abbozzò l’idea di una nuova organizzazione, che avrebbe dovuto perpetuare la staffetta dei poteri forti cosmopoliti che dall’inizio del secolo avevano eletto gli Stati Uniti come “patria”.
L’anno successivo l’organizzazione fu ufficialmente presentata in Giappone.
Nel 1975 contava circa 200 membri.
La nascita della Trilaterale ebbe una funzionalità ben precisa. Gli altri potentati, CFR e Bilderberg Group, erano stati strumenti di un’egemonia americana che fino agli anni sessanta appariva incontrastata. Ma gli anni 70 segnarono la fine della ledaership economico-militare, non meno che “morale” degli Stati Uniti d’America.
Non solo la sconfitta in Vietnam e lo scandalo Watergate avevano fortemente agito in tal senso, ma il crescente sviluppo economico-finanziario di Europa e Giappone indicavano chiaramente che gli Stati Uniti non sarebbero mai più stati i soli padroni del mondo. La Trilateral servì quindi a riqualificare il potere statunitense, che strinse alleanze con quelle aree che non era più in grado di controllare.
Ma i progetti della Trilateral, andavano al di là dell’economia, fino ad un orizzonte “globale” del potere.
Sin dalla fondazione la Trilateral ha esteso il suo controllo a segmenti della pubblica informazione americana (CBS, Time Magazine, Foreign Policy), giapponese (Japan Broadcasting Incorporated), italiana (Arrigo Levi della Stampa), tedesca (Die Ziet), del mondo sindacale (United Steelworkers of America, United Automobile workers, AFL-CIO), della politica, della ricerca scientifica.
Scriveva Gianni Agnelli, della “Trilateral”: “Un gruppo di privati cittadini, studiosi, imprenditori, politici, sindacalisti, delle tre aree del mondo industrializzato…che si riuniscono per studiare e proporre soluzioni equilibrate a problemi di scottante attualità internazionale e di comune interesse”.
Forse sfugge, all’avvocato Agnelli, che il “comune interesse”, nel mondo industrializzato è già rappresentato e garantito dai governi eletti dal popolo. In quale veste i “privati” di cui egli parla si affiancano all’azione economica e politica dei poteri legittimamente costituiti attraverso elezioni?
Osserviamo le direttrici di marcia di questo potere “privato”, che con grande evidenza altro obiettivo non si prefigge se non quello di sostituire i poteri “pubblici”.
La Trilateral mostra una divisa economica, una divisa politica e una divisa culturale.

La Trilateral in economia

La Commissione Trilaterale è il centro motore della globalizzazione.
Richard Falk ( dal periodico Monthly Review di New York, gennaio 1978): “Le idee della Commissione Trilaterale possono essere sintetizzate come l’orientamento ideologico che incarna il punto di vista sovranazionale delle società multinazionali, che cerca di subordinare le politiche territoriali a fini economici non territoriali”.
Un ordine di idee, quello dei fini economici “non territoriali”, che ha avuto modo di esprimersi pienamente attraverso l’operato delle due grandi istituzioni che presiedono alla globalizzazione: la Banca Mondiale e il Fondo Monetario, entrambi sotto lo stretto controllo, come è noto, del “Sistema” liberal della Costa Orientale americana. Entrambe le istituzioni agiscono a tutto campo nell’emisfero meridionale del pianeta, impegnate nella conduzione e nella “assistenza” economica ai paesi in via di sviluppo.
Ebbene, la logica del “mercato unico” mondiale, della movimentazione delle merci regolate dal solo criterio della “competitività” dei prezzi, hanno indotto Banca Mondiale e Fondo Monetario a orientare interamente all’esportazione la produzione alimentare del Sud, facendo leva sul ricatto del debito contratto dai paesi poveri col Nord ( la Banca Mondiale ai paesi in via di sviluppo: noi teniamo sotto controllo il vostro debito e voi accettate di “ristrutturare” le vostre economie secondo le nostre direttive) Il primo risultato è stato – il fenomeno dura ormai da decenni – la distruzione delle economie agricole di sussistenza, interamente sacrificate alle esportazioni verso il Nord, sotto il rigoroso controllo delle multinazionali.
Ecco perché, ormai, la remissione del debito del Terzo Mondo non basterebbe più per risollevarne le sorti. E’ dalla dittatura delle multinazionali, del Fondo Monetario e della Banca Mondiale che il Sud del mondo deve liberarsi.
Diversamente, con le sue economie alla catena, non potrà che perpetuarsi una situazione che il più recente rapporto FAO ha indicato con sufficiente chiarezza: nel 1998 30 milioni di esseri umani morti per fame nell’emisfero meridionale del pianeta.
Le più importanti multinazionali legate alla Trilateral: Coca Cola, IBM, Pan Am American Airways, Hewlett Packard, FIAT, Sony, Toyota, Exxon ( già Standard Oil, la capostipite delle compagnie petrolifere americane, di personale proprietà Rockfeller), Mobil, Dunlop, Texas Istruments, Mitsubishi.

La Trilateral in politica

La “Trilateral” colloca i suoi uomini nei governi occidentali per realizzare i suoi programmi.
Da una rassegna stampa, qualche nome dei suoi emissari italiani.
“il Giorno”, 16 aprile 1983: “Per la prima volta a Roma la misteriosa Trilateral: 320 big dell’economia mondiale”. Sottotitolo: “Tra essi Kissinger, Rockefeller, Agnelli e i potenti del Giappone” Da “il Giornale”, 18 aprile 1983: “..il professor Romano Prodi, presidente dell’Iri e membro della Trilaterale…”.
Non sarà inutile gettare uno sguardo anche sul sodalizio che ha generato la Trilaterale, e che tuttavia continua a vivere di vita propria (è caratteristica la doppia o tripla appartenenza, per i personaggi più influenti del “Sistema”, tra CFR, Bilderberg e Trilateral.).
“il Giorno” del 24 aprile 1987, nel servizio su una riunione del Bilderberg che si era tenuto presso la Villa d’Este di Cernobbio, registrò, tra gli altri, la presenza di Carlo Azeglio Ciampi.
La vita organizzativa del sodalizio è scandita da riunioni plenarie, da gruppi di studio condotti dai responsabili delle tre aree, da “rapporti” che di volta in volta palesano il pensiero dell’organizzazione su questioni di particolare rilevanza.
Nel 1975 il Rapporto di Kyoto presentava un titolo ammiccante, ricco di promesse per il futuro: “La crisi della democrazia”, pubblicato in Italia con la prefazione di Gianni Agnelli.
Lo studio denunciava una debolezza strutturale delle democrazie uscite dagli anni sessanta (cioè dalle crisi, a partire dal 68, organizzate e dirette dai poteri forti): debolezza degli esecutivi, perdita di credibilità e di autorità. La Trilaterale auspicava , come rimedio, una maggiore dose di autorità.
Una maggiore autorità dei governi controllati da “loro”. Gianni Agnelli, da un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” il 30 gennaio 1975.
“Probabilmente dovremo avere dei governi molto forti, che siano in grado di far rispettare i piani cui avranno contribuito altre forze oltre a quelle rappresentate in parlamento; probabilmente il potere si sposterà dalle forze politiche tradizionali a quelle che gestiranno la macchina economica; probabilmente i regimi tecnocratici di domani ridurranno lo spazio delle libertà personali. Ma non sempre tutto ciò sarà un male. La tecnologia metterà a nostra disposizione un maggior numero di beni e più a buon mercato”.

Le radici culturali della Trilateral

Brzezinski, direttore della Trilateral e contestualmente alto dirigente del CFR, definì l’organizzazione: “Il gruppo delle potenze intellettuali e finanziarie più forti che il mondo abbia mai conosciuto”. Una società di pensiero, prima che una società per azioni.
Il 17 maggio 1997, in seconda serata, un’inchiesta televisiva condotta da tre giornalisti definì la Trilaterale, “organizzazione massonica” impegnata in un’azione neo-colonialista nei paesi dell’America Latina.
Erano presenti i tre Gran Maestri delle principali comunioni massoniche italiane, che nulla ebbero da ridire né sulla definizione della Trilateral né sulla sostanza del suo impegno in Sudamerica, dunque, la Massoneria.
Tesa sin dalla sua fondazione alla distruzione della civiltà cristiano-cattolica, in vista di un “nuovo ordine”. Scriveva Leone XIII, nel 1884, nella sua enciclica “Humanum genus” contro la massoneria: “L’ultimo e il principale dei suoi intenti è (…) distruggere dalle fondamenta tutto l’ordine religioso e sociale nato dalle istituzioni cristiane e creare un nuovo ordine”.
E’ il nuovo ordine disegnato da Gianni Agnelli: un popolo concepito come una grande mandria di vacche, da gestire quindi secondo le regole dell’allevamento animale e non secondo quelle che stanno a fondamento di una società di uomini.
Un popolo sradicato dalla sua fede e tradizioni, e quindi trasformato in massa, inebetita da sport di massa, dall’erotismo di massa e, più recentemente, da programmi televisivi di una tale idiozia da garantire un autentico colpo di grazia agli intelletti già indeboliti degli utenti: una massa di “profani” governati da un vertice di “iniziati” cui spetti un superiore ordine di idee e di decisioni.
Decisioni che riguarderanno le “ingegnerie sociali” che sono già sotto i nostri occhi: quanti uomini far nascere, quanti farne morire per mezzo dell’aborto.
Il gruppo Rockefeller, attraverso l’omonima Fondazione, ha generato una cultura abortista sin dagli anni 20 e successivamente finanziato e diretto le campagne abortiste in tutto il mondo (lo apprendiamo dalle organizzazioni anti-abortiste francesi che sin dagli anni 70 avvertivano che l’operazione andava ricondotta alla massoneria in genere e al gruppo Rockefeller in particolare).
A questo riguardo non parliamo di ipotesi ma di certezze, sulla base di documentazioni originali, massoniche e trilateraliste, del tutto esplicite.
Decisioni dei “vertici” che riguarderanno quanti uomini far morire, attraverso l’eutanasia e quanti farne vivere, attraverso un’oculata distribuzione delle risorse alimentari, come accade, con i risultati che conosciamo, presso i Paesi in via di sviluppo (Cina, India).
Decisioni che riguarderanno l‘ingegneria genetica, per “intervenire” nella nuova Umanità.
Decisioni sulla famiglia da distruggere e sulla transessualità da esaltare, in una parola, tutto ciò che definitivamente distrugga il “vecchio” ordine sociale, cristiano, per la creazione di un nuovo ordine, ma tutto questo senza particolari scossoni. Non vi sarà bisogno di dittature, visto che le democrazie laiche e progressiste, condotte da governi di “centro-sinistra”, servono già così efficacemente allo scopo.
Governi che riproducono una formula già sperimentata lungo l’intero corso del XX secolo, e plasticamente rappresentata dal passato Governo Prodi-d’Alema: l’alleanza tra la borghesia massonica e la sinistra, rivoluzionaria o meno. Un comune sistema di pensiero: il materialismo assoluto. E un comune nemico, da sempre: il cattolicesimo.
Chi comprende questo, comprenderà tutto del mondo in cui oggi vive e sarà libero, ma chi non comprende questo, non capirà mai nulla e sarà sempre schiavo. Scriveva sin dagli anni sessanta un docente universitario americano, Kenneth Bouldin: “Si può perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura invisibile nel quale tuttavia siano state mantenute le forme esteriori del governo democratico”.

Autore: Mario Di Giovanni

DA http://globalorder.8k.com/trilateral.htm

Fonte: Libero Digiland

NEL CUORE DELLE ISTITUZIONI EUROPEE: AL VIA LA TERZA EDIZIONE DELL’INTERNATIONAL COVID SUMMIT

2 Maggio 2023 Miriam Gualandi

https://www.byoblu.com/2023/05/02/nel-cuore-delle-istituzioni-europee-al-via-la-terza-edizione-dellinternational-covid-summit/

Siamo nel cuore delle istituzioni europee: nel Parlamento europeo. Da qui sono partite molte delle indicazioni che durante tutta l’emergenza sanitaria si sono trasformate in vere e proprie restrizioni alla libertà personale, da qui sono partiti i famosi sms tra la presidente Ursula von der leyen e il Ceo di Pfizer, Albert Bourla.

Ed è proprio qui che domani, mercoledì 3 maggio, si terrà la terza edizione dell’International Covid Summit, che Byoblu segue dalla sua prima edizione. Per la seconda volta medici e ricercatori indipendenti che hanno curato e salvato vite quando il protocollo imponeva la vigile attesa tornano a confrontarsi all’interno di una istituzione, grazie anche alla mediazione di quei pochi parlamentari che da subito hanno scelto un approccio aperto e non di bieca sudditanza ai diktat calati dall’alto.

Si parlerà non solo di Covid e cure, di trattamenti efficaci sul campo ma non riconosciuti dalla comunità scientifica ma anche di vaccinazioni, effetti avversi e danni permanenti a medio e lungo termine.

Spazio anche al ruolo ricoperto dai media e dei giornalisti in tutto il mondo, soprattuto nella dimostrata parzialità con cui i media mainstream hanno veicolato a reti unificate le stesse informazioni.  Non è un caso che ciò avvenga proprio nella giornata mondiale della libertà di stampa.

Fonte: Byoblu, la TV libera dei cittadini canale 262 DTV

Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, ideologo e consulente tecnico movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network e membro attivo della Fondazione Michele Scarponi Onlus