Fonte: CNR-ISAC
Uno studio, coordinato dal CNR-ISAC e svolto in collaborazione con l’Università ‘Sapienza’ di Roma e le Università ‘Bicocca’ e ‘La Statale’ di Milano, dimostra che l’esposizione a nanoparticelle da traffico veicolare in ambiente urbano può generare risposte pro-infiammatorie nell’epitelio polmonare anche a basse concentrazioni di materiale particolato fine, le cosiddette polveri sottili (PM10 e PM2.5). Lo studio è pubblicato su Scientific Reports.
L’esposizione a nanoparticelle di origine urbana, anche a bassi valori di materiale particolato fine (PM2.5), può generare risposte pro-ossidative ed infiammatorie, alla base dello sviluppo di malattie polmonari. È quanto emerge da uno studio, condotto e coordinato dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISAC), in collaborazione con le Università ‘Bicocca’ e ‘La Statale’ di Milano, l’Università ‘Sapienza’ di Roma, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, pubblicato su Scientific Reports (Nature).
“La metodologia, da noi messa a punto nel 2017 per la prima volta, si basa sull’esposizione diretta di cellule bronchiali umane in campo (laddove è possibile caratterizzare online il PM2.5, in questo caso in Pianura Padana), ed è stata sviluppata per studiare gli impatti sulla salute alle basse concentrazioni di particolato fine”, spiega Francesca Costabile, ricercatrice Cnr-Isac.
I risultati indicano che esiste una significativa probabilità che le risposte pro-ossidative e infiammatorie possano essere alte (aumentando, quindi, il rischio di malattie polmonari) a concentrazioni molto basse di PM2.5 se queste sono accompagnate da alte concentrazioni di nanoparticelle e composti tossici.
“Significa che, se ci sono particelle ‘grandi’, come quelle delle polveri sottili che hanno un diametro maggiore di quelle delle nanoparticelle, eventuali molecole tossiche in aria tendono a condensare su di esse. In tal modo, diminuisce la probabilità di penetrazione nel polmone e quindi nel circolo sanguigno, poiché più piccole sono le particelle, maggiore è la loro probabilità di penetrazione nel polmone”, chiarisce la ricercatrice. “Invece, un ridotto numero di particelle di grandi dimensioni può favorire l’arricchimento di composti tossici, come alcuni metalli ed alcune molecole organiche, in nanoparticelle. In tali condizioni, la risposta pro-infiammatoria può essere ben più forte rispetto al caso di un loro arricchimento in particelle di dimensioni più grandi; ciò grazie alla notevole mobilità, efficienza di deposizione polmonare e capacità di attraversare le membrane cellulari delle nanoparticelle. Quindi, a basse concentrazioni di PM2.5, le nanoparticelle possono fungere ‘da cavallo di Troia’ nel polmone per alcuni composti tossici e, di conseguenza, aumentare la probabilità di malattie polmonari.”
Ma quali sono le situazioni che attivano tale meccanismo? “Sicuramente in inverno, durante le ore di punta del traffico veicolare in aree urbane, subito dopo una forte pioggia che, solitamente, tende a ripulire l’aria dalle particelle ‘grandi’, e ad abbassare, quindi, la concentrazione di PM2.5”, prosegue Costabile. “Così, aumentando la probabilità che le nanoparticelle generate dalle automobili si arricchiscano delle sostanze tossiche che altrimenti andrebbero su particelle più grosse, aumenta anche la probabilità che tali sostanze tossiche possano penetrare nel polmone e all’interno del circolo sanguigno”.
Lo studio propone raccomandazioni per nuove linee guida sul PM2.5, che potranno essere di supporto alla stesura della nuova normativa sulla qualità dell’aria. “Il nostro studio si unisce ad altri studi precedenti che richiedono di andare oltre la misura della concentrazione in massa di PM2.5. È fondamentale considerare come il potenziale ossidativo ed i composti potenzialmente tossici del PM2.5 si distribuiscano fra nanoparticelle e particelle di dimensioni maggiori”, conclude Costabile.
Fonte: Le Scienze
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A study, coordinated by the CNR-ISAC and carried out in collaboration with the ‘Sapienza’ University of Rome and the ‘Bicocca’ and ‘La Statale’ Universities of Milan, demonstrates that exposure to nanoparticles from vehicular traffic in an urban environment can generate pro-inflammatory responses in the lung epithelium even at low concentrations of fine particulate matter, the so-called fine particles (PM10 and PM2.5). The study is published in Scientific Reports.
Exposure to nanoparticles of urban origin, even at low values of fine particulate matter (PM2.5), can generate pro-oxidative and inflammatory responses, underlying the development of lung diseases. This is what emerges from a study, conducted and coordinated by the Institute of Atmospheric and Climate Sciences of the National Research Council (CNR-ISAC), in collaboration with the ‘Bicocca’ and ‘La Statale’ Universities of Milan, the ‘Sapienza’ University of Rome, the National Institute of Nuclear Physics, published in Scientific Reports (Nature).
“The methodology, developed by us for the first time in 2017, is based on the direct exposure of human bronchial cells in the field (where it is possible to characterize PM2.5 online, in this case in the Pianura Padana Po river Valley), and was developed to study the impacts on health at low concentrations of fine particulate matter”, explains Francesca Costabile, Cnr-Isac researcher. The results indicate that there is a significant likelihood that pro-oxidative and inflammatory responses may be high (thereby increasing the risk of lung disease) at very low concentrations of PM2.5 if these are accompanied by high concentrations of nanoparticles and toxic compounds. “It means that, if there are ‘large’ particles, such as those of fine dust which have a larger diameter than those of nanoparticles, any toxic molecules in the air tend to condense on them. In this way, the probability of penetration into the lung and therefore into the blood circulation decreases, since the smaller the particles, the greater their probability of penetrating the lung”, clarifies the researcher. “Instead, a small number of large particles can favor the enrichment of toxic compounds, such as some metals and some organic molecules, into nanoparticles. In these conditions, the pro-inflammatory response can be much stronger than in the case of their enrichment in larger particles; this is thanks to the remarkable mobility, efficiency of pulmonary deposition and ability to cross cell membranes of the nanoparticles. Thus, at low concentrations of PM2.5, nanoparticles may act as a ‘Trojan horse’ in the lung for some toxic compounds and, consequently, increase the likelihood of lung disease.”
But what are the situations that activate this mechanism? “Certainly in winter, during the peak hours of vehicular traffic in urban areas, immediately after a heavy rain which usually tends to clean the air of ‘large’ particles, and therefore lower the concentration of PM2.5 ”, continues Costabile. “Thus, by increasing the likelihood that nanoparticles generated by cars will be enriched with toxic substances that would otherwise go onto larger particles, it also increases the likelihood that these toxic substances can penetrate the lung and into the bloodstream.” The study proposes recommendations for new guidelines on PM2.5, which could support the drafting of the new legislation on air quality. “Our study joins other previous studies that require going beyond measuring the mass concentration of PM2.5. It is essential to consider how the oxidative potential and potentially toxic compounds of PM2.5 are distributed among nanoparticles and larger particles”, concludes Costabile.
Source: Le Scienze
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione appartenente alla Rete Internazionale A22 in contrasto del Cambiamento Climatico in atto