Pubblico di seguito la nota del Segretario Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista Dott. Maurizio Acerbo di Pescara in Abruzzo riguardo la coalizione militare del Patto Atlantico NATO del suo Capo Jens Stoltenberg, considerato giustamente un pazzo malato di mente dal Prof. Alessandro Orsini, Professore di Sociologia del Terrorismo Internazionale all’Università LUISSGuido Carli di Roma e di quanto questa coalizione stia mettendo in serio pericolo la pace in Europa da Febbraio del 2022!
I publish below the note from the National Secretary of the Communist Refoundation Party Dr. Maurizio Acerbo of Pescara in Abruzzo regarding the military coalition of the NATO Atlantic Pact of its leader Jens Stoltenberg, rightly considered a mentally ill madman by Prof. Alessandro Orsini, Professor of Sociology of International Terrorism at the LUISSGuido Carli University of Rome and how this coalition is seriously endangering peace in Europe since February 2022!
NATO MINACCIA PER LA PACE
Non ci uniamo al coro di sostenitori della NATO. Il superamento della NATO e la costruzione di un sistema di sicurezza comune in Europa come quello progettato ai tempi di Gorbaciov dovrebbero essere obiettivi di chiunque tenga alla pace.
Va restituita centralità all’ONU che va riformata e che dovrebbe essere la sede per la risoluzione delle controversie e anche l’unico soggetto legittimato a svolgere interventi di polizia sulla base del diritto internazionale.
Il sempre più stretto legame tra NATO e UE sta conducendo alla militarizzazione dell’Europa con l’industria bellica che diventa “pilastro” e l’intenzione proclamata di proseguire la guerra in Ucraina per i prossimi 5-10 anni con la previsione di una spesa di 100 miliardi destinata a gravare sui conti degli Stati e quindi sui popoli europei. Si comincia persino a parlare dell’invio di truppe in Ucraina con la possibilità di ritornare alla leva obbligatoria e/o di costituire nuove legioni straniere che garantiscano la cittadinanza a migranti trasformati in mercenari che accettino di combattere per la NATO.
L’Unione Europea doveva essere un’unione di pace, ma se mai lo è stata, ora certo non lo è più. La subalternità dell’Unione Europea all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) rafforza principalmente il rapporto dell’UE con gli Stati Uniti e la protezione militare dell’agenda neoliberista globale che è il “cemento” che tiene insieme questi “fratelli d’armi”. Seguendo la strategia degli USA la NATO prima ha assunto la Russia come nemico e dall’ultimo summit di Madrid ha esplicitamente menzionato la minaccia della Cina secondo lo spartito della nuova guerra fredda di Washington.
La NATO costituisce la principale minaccia alla pace e la causa della ripresa, in dimensioni mai viste, della corsa agli armamenti. La NATO avrebbe dovuto sciogliersi nel 1991 dopo la fine del Patto di Varsavia e invece si è trasformata in un’alleanza militare che si arroga il diritto di intervenire in tutto il mondo marginalizzando il ruolo dell’ONU.
Non temiamo di dire la verità: la NATO è un’alleanza imperialista che ha come scopo l’affermazione di un antistorico dominio unipolare degli Stati Uniti e dei suoi alleati sul pianeta.
Dal 1991 ha svolto un ruolo assolutamente negativo. Lo stesso revascismo nazionalista in Russia può essere imputato all’aggressività e all’espansionismo NATO che ha creato anche le condizioni per l’esplosione del conflitto in Ucraina. La NATO ormai ha allargato il suo raggio d’azione dall’America Latina all’Africa all’Oceano Pacifico trascinandoci in una spirale che rende sempre più realistico il rischio della guerra nucleare.
Purtroppo i governi europei, e nel nostro paese i due poli dell’alternanza, sono allineati in maniera irresponsabile su una linea bellicista e di riarmo assai pericolosa. L’Occidente è passato dal bombardare Iraq, Serbia, Libia, Afghanistan e altri paesi del sud globale alla guerra per procura contro la Russia e prepara quella con la Cina.
Rifiutiamo la narrativa volta a presentare la NATO come baluardo della libertà, della democrazia e dei diritti umani.
La NATO è la più potente macchina militare sul pianeta e i paesi che la compongono negli ultimi 75 anni hanno causato milioni di morti.
Nel 75° anniversario della nascita della NATO ricordiamo all’opinione pubblica antifascista il ruolo che svolse nella destabilizzazione della nostra democrazia durante la strategia della tensione. Dalle inchieste sulle bombe fasciste emerge sempre il ruolo della NATO e dei servizi USA in quello che Pasolini definì “romanzo delle stragi”.
Rifondazione Comunista propone da sempre l’uscita dell’Italia dalla NATO e con le altre formazioni della Sinistra Europea e del gruppo La Sinistra si batte per liberare l’Europa dai vincoli atlantici e contrastare la militarizzazione del continente.
Oggi può apparire inattuabile il superamento della NATO e il sogno di un’Europa autonoma, neutrale e senza armi nucleari dall’Atlantico agli Urali.
Ma chi si riconosce nella Costituzione nata dalla Resistenza non può non rivendicare a tutti i livelli il rispetto del principio del ripudio della guerra sancito dall’Articolo 11.
Per questo non condividiamo la proposta dell’esercito europeo che va nell’immediato nella direzione dello sviluppo delle logiche di guerra della NATO e che sarebbe negativa anche nel caso di un ruolo autonomo dell’Europa come ulteriore polo della guerra.
Per questo nell’immediato bisogna costruire il più largo fronte pacifista contro ogni allargamento della NATO, ogni intervento non difensivo al di fuori dei confini dell’alleanza, ogni aumento della spesa militare, ogni invio di armi a paesi belligeranti.
Lavoriamo per un’Europa che svolga un ruolo di pace nel mondo. Con la lista Pace Terra Dignità intendiamo portare nella campagna elettorale per il parlamento europeo la voce di chi, con differenti storie e culture, condivide con noi il ripudio della guerra e la richiesta di una politica di pace per fermare la deriva bellicista delle classi dirigenti europee.
Maurizio Acerbo, Segretario Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, candidato di Pace Terra Dignità alle Elezioni Europee 2024
We do not join the chorus of NATO supporters. Overcoming NATO and building a common security system in Europe like the one designed in Gorbachev’s time should be the objectives of anyone who cares about peace.
Centrality must be restored to the UN which must be reformed and which should be the forum for the resolution of disputes and also the only body legitimated to carry out police interventions on the basis of international law.
The increasingly close bond between NATO and the EU is leading to the militarization of Europe with the arms industry becoming a “pillar” and the proclaimed intention to continue the war in Ukraine for the next 5-10 years with the forecast of an expense of 100 billion destined to burden the accounts of the States and therefore the people of Europe. We are even starting to talk about sending troops to Ukraine with the possibility of returning to compulsory military service and/or establishing new foreign legions that will guarantee citizenship to migrants transformed into mercenaries who agree to fight for NATO.
The European Union was supposed to be a union of peace, but if it ever was, it certainly isn’t anymore. The subordination of the European Union to the North Atlantic Treaty Organization (NATO) mainly strengthens the EU’s relationship with the United States and the military protection of the global neoliberal agenda which is the “cement” that holds these “brothers of ‘weapons”. Following the US strategy, NATO first assumed Russia as an enemy and since the last Madrid summit has explicitly mentioned the threat of China according to Washington’s new cold war score.
NATO constitutes the main threat to peace and the cause of the resumption, on an unprecedented scale, of the arms race. NATO should have dissolved in 1991 after the end of the Warsaw Pact and instead it was transformed into a military alliance that claims the right to intervene throughout the world, marginalizing the role of the UN.
We are not afraid to tell the truth: NATO is an imperialist alliance whose aim is the affirmation of an anti-historic unipolar domination of the United States and its allies on the planet.
Since 1991 it has played an absolutely negative role. The same nationalist revascism in Russia can be attributed to NATO aggressiveness and expansionism which also created the conditions for the explosion of the conflict in Ukraine. NATO has now expanded its range of action from Latin America to Africa to the Pacific Ocean, dragging us into a spiral that makes the risk of nuclear war increasingly realistic.
Unfortunately, European governments, and in our country the two poles of alternation, are irresponsibly aligned on a very dangerous war-mongering and rearmament line. The West has gone from bombing Iraq, Serbia, Libya, Afghanistan and other countries in the global south to a proxy war against Russia and is preparing for one with China.
We reject the narrative that presents NATO as a bastion of freedom, democracy and human rights.
NATO is the most powerful military machine on the planet and its member countries have caused millions of deaths over the last 75 years.
On the 75th anniversary of the birth of NATO we remind anti-fascist public opinion of the role it played in the destabilization of our democracy during the strategy of tension. From investigations into fascist bombs, the role of NATO and the US services always emerges in what Pasolini defined as the “novel of massacres”.
Rifondazione Comunista has always proposed Italy’s exit from NATO and with the other formations of the European Left and the La Sinistra group it fights to free Europe from Atlantic constraints and counter the militarization of the continent.
Today, overcoming NATO and the dream of an autonomous, neutral and nuclear-weapon-free Europe from the Atlantic to the Urals may appear unachievable.
But those who recognize themselves in the Constitution born from the Resistance cannot fail to demand respect at all levels for the principle of repudiation of war enshrined in Article 11.
For this reason we do not agree with the proposal of the European army which immediately goes in the direction of the development of NATO’s war logic and which would be negative even in the case of an autonomous role for Europe as a further pole of war.
For this reason, we must immediately build the broadest pacifist front against any enlargement of NATO, any non-defensive intervention outside the borders of the alliance, any increase in military spending, any shipment of weapons to belligerent countries.
We work for a Europe that plays a role in peace in the world. With the Pace Terra Dignità list we intend to bring into the electoral campaign for the European Parliament the voice of those who, with different histories and cultures, share with us the repudiation of war and the request for a policy of peace to stop the warlike drift of the European ruling classes .
Maurizio Acerbo, National Secretary of the Communist Refoundation Party, candidate of Pace Terra Dignità at European Elections 2024
La NATO espelle personale diplomatico russo dal quartier generale, Stoltenberg: “Svolgevano attività d’intelligence”
Scoppia un nuovo caso di spionaggio dentro la NATO e ancora una volta, una consuetudine che si ripete ormai ogni tre anni, coinvolge la Russia. In un’intervista alla Bild, il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha annunciato che l’Alleanza Atlantica ha “espulso personale russo dal quartier generale della NATO. Stavano svolgendo attività che non erano diplomatiche, ma di intelligence. Stiamo adottando misure per rendere più difficile ai servizi segreti russi svolgere attività illegali tra i Paesi della NATO o al loro interno”.
La notizia arriva in un momento di tensione massima all’interno degli organismi internazionali occidentali, non solo per il conflitto in Ucraina ma anche per l’avvicinarsi di elezioni di grande importanza, tra cui quelle europee e americane, con l’ingerenza russa che viene considerata il primo pericolo allo svolgimento corretto e dmocratico delle consultazioni. Così, il Patto Atlantico opta di nuovo per una pulizia del personale diplomatico della Federazione Russa.
“Abbiamo visto che i servizi segreti russi operano nei Paesi europei da molti anni. Abbiamo anche assistito a tentativi di intensificare le loro attività ma gli alleati della NATO li stanno monitorando, seguendoli molto da vicino“, ha spiegato Stoltenberg. Il segretario generale “ha fatto riferimento ai passi compiuti negli ultimi anni” ricordando che la Russia ha sospeso la sua missione presso la NATO nell’ottobre 2021.
La stessa cosa era già avvenuta anche nel 2021, quando vennero espulsi otto funzionari russi in seguito a “prove accumulate” su azioni passate, come l’avvelenamento Skripal a Salisbury e altre “attività ostili“, come spiegò all’epoca lo stesso Stoltenberg aggiungendo che i diplomatici russi facevano parte del Gru, i servizi segreti di Mosca. “Una minaccia di questo tipo non può restare senza risposta”.
Esattamente come nel 2018, quando ancora l’attuale segretario generale annunciò la cacciata di 7 funzionari di Mosca. “Questo invia un chiaro messaggio che ci sono costi e conseguenze per il pericoloso comportamento della Russia e in realtà credo che questa abbia sottovalutato l’unità degli alleati NATO”, disse allora il segretario generale. Al tempo era passato meno di un mese dall’avvelenamento di Skripal. Oggi, la minaccia russa per la NATO si è spostata sul fianco est e nel campo della propaganda.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
English translate
NATO expels Russian diplomatic personnel from headquarters, Stoltenberg: “They were carrying out intelligence activities”
A new case of espionage breaks out within NATO and once again, a habit that is now repeated every three years, involves Russia. In an interview with Bild, the secretary general, Jens Stoltenberg, announced that the Atlantic Alliance has “expelled Russian personnel from NATO headquarters. They were carrying out activities that were not diplomatic, but intelligence . We are taking measures to make it more difficult for Russian intelligence services to carry out illegal activities between or within NATO countries.”
The news comes at a time of maximum tension within Western international bodies, not only due to the conflict in Ukraine but also due to the approaching elections of great importance, including the European and American ones, with Russian interference which comes considered the first danger to the correct and democratic conduct of consultations. Thus, the Atlantic Pact once again opts for a cleansing of the diplomatic personnel of the Russian Federation.
“We have seen that Russian secret services have been operating in European countries for many years. We have also seen attempts to intensify their activities but NATO allies are monitoring them, following them very closely,” Stoltenberg explained. The secretary general “referred to the steps taken in recent years” recalling that Russia suspended its mission to NATO in October 2021.
The same thing had already happened in 2021, when eight Russian officials were expelled following “accumulated evidence” on past actions, such as the Skripal poisoning in Salisbury and other “hostile activities”, as Stoltenberg himself explained at the time, adding that Russian diplomats were part of the GRU, Moscow’s secret services. “A threat of this kind cannot go unanswered.”
Exactly like in 2018, when the current secretary general announced the expulsion of 7 Moscow officials. “This sends a clear message that there are costs and consequences to Russia’s dangerous behavior and I actually believe that Russia has underestimated the unity of NATO allies,” the secretary general said at the time. At the time, less than a month had passed since Skripal’s poisoning. Today, the Russian threat to NATO has moved to the eastern flank and into the field of propaganda.
Source: Il Fatto Quotidiano
“Intelligence, SI IN CULO A TE!”
“Intelligence, YES, IN YOUR ASS!”
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente
EUROPE’S PLAN FOR GAZA: A PEACE CONFERENCE AND UE SOLDIERS FOR GUARANTEE THE TWO STATES BORNING
Il summit dovrebbe disegnare una road map per arrivare alla tregua, al rilascio degli ostaggi e a una nuova amministrazione per Gaza
Bruxelles – Una «pace globale» stabile da raggiungere attraverso la costituzione di «Due Stati». Ecco il Piano europeo per provare a trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese. Il documento è stato presentato ieri dall’Alto rappresentante UE ai 27 ministri degli Esteri. Un piano che prevede una tregua da siglare in tempi brevi per consentire l’arrivo degli aiuti umanitari a Gaza, il rilascio degli ostaggi e il rafforzamento dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e della sicurezza per gli israeliani.
English translate
The summit should draw a road map to reach a truce, the release of the hostages and a new administration for Gaza
Brussels – A stable «global peace» to be achieved through the establishment of «Two States». Here is the European plan to try to find a solution to the Israeli-Palestinian conflict. The document was presented yesterday by the EU High Representative to the 27 Foreign Ministers. A plan that provides for a truce to be signed quickly to allow humanitarian aid to arrive in Gaza, the release of the hostages, the strengthening of the Palestinian National Authority (PNA) and security for the Israelis.
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente
Anche FIAB entra nella lista delle tante organizzazioni europee che aderiscono all’iniziativa dei cittadini europei per i 30 km/h. Fiab comuque sostiene questa campagna da tempo, poichè la Federazione Europea di cui fa parte, la ECF (European Cyclist Federation) vi ha aderito sin dall’inizio.
L’adesione diretta di FIAB per rinforzare anche in Italia una campagna importante non solo per i ciclisti ma per tutti gli utenti della strada e per la qualità della vita dei cittadini. Il limite 30 km/h è un modo popolare a basso costo per aumentare la sicurezza, abbattere l’inquinamento e incoraggiare scelte di trasporto intelligenti.
E’ dimostrato che i 30 km/h funzionano in teoria e in pratica. Facciamo sì che i limiti di velocità nelle nostre città diventino una priorità a livello europeo. La ECF (European Cyclist Federation) ha sostenuto e continuerà a sostenere l’ iniziativa dei cittadini europei per i 30 km/h. L’iniziativa vuole impegnare la Commissione Europea a verificare la possibilità di istituire il limite di 30 km/h come velocità standard nelle aree urbane.
Sono molte le ragioni per cui stiamo facendo ciò, sostenendo questo progetto insieme a molte altre organizzazioni in Europa.
Attualmente in genere i limiti di velocità stabiliti nelle aree urbane europee sono di 50 km/h, nonostante in molti casi i limiti siano inferiori. Da una recente analisi sugli incidenti mortali di ciclisti a Londra risulta che praticamente tutti gli incidenti mortali si sono verificati su strade con un limite di velocità di 48 km/h (30 miglie all’ora) o maggiore. La velocità eccessiva costituisce una causa diretta in un quinto circa di tutti gli incidenti ed è uno dei principali fattori che contribuiscono ad un terzo di tutti i morti sulla strada.
E’ stata calcolata la probabilità di incidente mortale se si viene investiti da un’auto a velocità differenti:
Se è investito a 40 miglie all’ora (64,4 km/h), il 90 per cento dei pedoni viene ucciso
Se è investito a 30 miglie all’ora, (48,3 km/h), il 20 per cento dei pedoni viene ucciso
Se è investito a 20 miglie all’ora, (32 km/h), il 3 per cento dei pedoni viene ucciso
I 30 km/h funzionano
Uno studio norvegese ha dimostrato che una riduzione del 10% della velocità media del traffico produce una riduzione del 37,8% del numero delle vittime di incidente.
Secondo il British Medical Journal l’introduzione di zone a 20 miglie all’ora (32 km/h) su un periodo di vent’anni (1986 – 2006) ha migliorato in modo significativo la sicurezza stradale per tutti gli utenti di tutte le modalità di trasporto ed età. In particolare, per quanto riguarda i bambini, il dato è che il numero di bambini sotto i 15 anni rimasto ucciso o ferito gravemente si è ridotto della metà nelle aree in cui il limite di velocità è ridotto a 20 miglie all’ora (32 km/h).
Se guardiamo all’esperienza di una città, Graz ne è l’esempio perfetto. Graz è stata la prima città in Europa ad introdurre una zona 30 a km/h per tutta l’area urbana. E’ stato moderato il traffico per circa 800 km su un totale di 1000 km di strade urbane. Con quali risultati? Dopo i primi 6 mesi c’è stata una riduzione del 24% degli incidenti gravi.
Ma è interessante anche il fatto che in città si sia verificato un incremento della mobilità ciclabile e delle altre forme di trasporto attivo.
L’attuazione convinta del limite di 30 km/h è stata importante per far funzionare il progetto, e sembra aver prodotto risultati positivi senza dover ricorrere a infrastrutture costose. Se le strade sono libere da un traffico veloce, ciò incoraggia più ciclisti a inforcare la propria bici, e allo stesso tempo produce un ambiente più sicuro. La percezione del rischio si è ridotta quanto il rischio stesso: tutti e due sono elementi essenziali per la promozione della mobilità ciclabile.
Sarà sempre più importante trovare modi nuovi e migliori per offrire ai cittadini città più vivibili e sostenibili e ambienti vitali. I nostri sistemi di trasporto giocano e giocheranno un ruolo chiave. Proprio i nostri sistemi di trasporto costituiscono la principale minaccia alle nostre vite nelle aree urbane. Più del crimine o degli incendi o degli incidenti industriali, eppure è dai nostri sistemi di trasporto che dipendiamo per la vita quotidiana.
I 30 km/h possono essere uno strumento utile per affrontare il traffico motorizzato nelle aree urbane e residenziali. Non abbiamo bisogno di andare più veloci di 30 km/h, e dobbiamo valorizzare le forme attive di mobilità per combattere i problemi di salute, le questioni di sicurezza stradale, la congestione e rendere più piacevoli e vivibili i luoghi in cui si cresce e si vive.
Fonte: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB)
Italiani favorevoli al limite dei 30 km/h in città. Appello di FIAB a Governo e maggioranza: ve lo chiedono i cittadini
Un italiano su due è favorevole all’introduzione del limite a 30 km/h sulle strade urbane. Un dato più che incoraggiante per FIAB che su questa proposta politica sta svolgendo un costante lavoro di advocacy nelle istituzioni, a tutti i livelli. Secondo una recente rilevazione Quorum/YouTrend per Sky TG24, il 51% di un campione rappresentativo della popolazione italiana è a favore di una misuracostitutiva delle città 30: ridurre il limite massimo di velocità. La Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta ribadisce che le politiche di moderazione del traffico sommate agli incentivi alla mobilità attiva (più ciclabili e trasporto pubblico locale potenziato) sono strumenti per ridurre drasticamente il numero di collisioni letali e di decessi che purtroppo rappresentano ancora un’emergenza nazionale.
Il sondaggio
Il sondaggio in questione pubblicato da Sky TG24 ha toccato numerose tematiche di transizione ecologica e di mobilità. Una delle città portate ad esempio e che promette di fare scuola in Italia è Bologna, divenuta da pochi giorni città 30 sul modello di altre realtà europee come Parigi. Il sondaggio evidenzia che, tra coloro che si sono espressi a favore, ci sono cittadine e cittadini di ogni orientamento politico, mostrando dunque che l’Italia è pronta a un cambio di passo concreto per aumentare la sicurezzastradale nelle nostre città. La città 30 non è un tema ideologico o divisivo, ma rappresenta un miglioramento della qualità della vita sotto tutti i punti di vista. L’Italia, lo ricordiamo, detiene il primato in Europa per numero di morti in ambito urbano, dove avviene il 70% degli incidenti.
L’appello di FIAB al governo
«Le statistiche dimostrano chiaramente che la prima causa della strage stradale è la velocità in ambito urbano e questo sondaggio certifica che gli italiani lo hanno compreso. La vita è un diritto, la velocità no, e le cittadine e i cittadini ne sono finalmente consapevoli – afferma Alessandro Tursi, presidente di FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta che aggiunge -. Ci appelliamo al Governo, alla premier Meloni e al ministro Salvini, oltre che alla maggioranza tutta, affinché ne prendano atto e agiscano per portare a 30 km/h il limite di velocità in città, tutelando così il diritto alla vita e alla salute delle persone».
FIAB ricorda alle istituzioni come la “moderazione della velocità” sia la grande assente dal disegno di legge Salvini di modifica del Codice della Strada. Aggiunge il presidente Tursi: «Rinnoviamo la richiesta di stralciare i dieci punti che colpiscono la mobilità sostenibile, tra cui le limitazioni alle corsie ciclabili, alle ZTL e all’impiego degli autovelox, tutte misure che aggraverebbero la strage stradale anziché contrastarla. In questa direzione FIAB mette come sempre a disposizione del Paese e delle istituzioni, in maniera costruttiva e collaborativa, la propria esperienza e competenza».
Fonte: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB)
30 km all’ora, calmare il traffico, calmare il clima
ECF, la Federazione Europea dei Ciclisti alla quale FIAB aderisce, durante la settimana della mobilità sostenibile rilancia la campagna “velocità 30”, e sarà presente il 18 con uno stand di fronte il Parlamento Europeo. FIAB chiede agli italiani di firmare, con un proprio volantino.
Un limite di 30 chilometri all’ora renderebbe le nostre città molto più sicure, riducendo anche le emissioni di carbonio. E di certo non ti farebbe arrivare in ritardo al lavoro.
Essere investiti da un’auto che viaggia a 50 chilometri all’ora corrisponde alla caduta dal terzo piano di un edificio: solo il 50% di probabilità di sopravvivere all’impatto. Invece, se investiti da una che corre a 30 km, le probabilità di sopravvivenza sono del 95%. Eppure i 50 km/h sono il limite di velocità generale nelle città europee, con solo alcune zone o strade che fanno eccezione.
Inutile dire che tu, se devi saltare, scegli il primo piano.
Questa potrebbe essere una ragione sufficiente per ridurre il limite di velocità generale in città a 30 chilometri all’ora, ma c’è di più. In realtà, andando a basse velocità si potrebbe anche contribuire al risparmio di CO2 e di altre emissioni.
Un gruppo di ricercatori della “Rete Globale delle Scienze e Tecnologie Ambientali”, guidati da a Jesus Casanova, ha scoperto che, la riduzione del limite di velocità a 30 km/h sulle strade urbane, non solo non ha alcun impatto sul tempo necessario per completare un viaggio in auto, ma riduce anche le emissioni nocive delle auto, perché meno di carburante viene bruciato.
I ricercatori concludono che la riduzione del limite di velocità non è solo un modo efficiente per rendere più sicuri i pedoni, ma anche per aiutare l’ambiente.
Il limite di 30 km/h è una delle misure promosse dalla campagna Settimana europea della mobilità, con il motto “L’aria pulita: è la tua mossa”. Per ridurre le emissioni e aumentare il numero di persone in bicicletta, quindi meno in auto, l’opzione 30Km/h sembra quasi un trucco di magia.
ECF ha condotto una lunga campagna per i limiti di velocità più bassi in città e sostiene la campagna europea per 30 chilometri all’ora come limite di velocità in città. Una modifica del limite di velocità “di default” è molto più conveniente per le città di attuare zone 30, in quanto non necessita di alcuna infrastruttura, lavori e segnaletica .
Nel corso della settimana della mobilità (16-22 Settembre), ECF farà altre iniziative per convincere i cittadini a firmare la petizione e promuovere il limite di velocità a 30 km/h.
Uno stand di fronte al Parlamento europeo a Bruxelles, in occasione della manifestazione Sustainable 2Wheels il 18 settembre – per portare le nostre istanze ai politici giusto davanti al loro posto di lavoro.
Articolo tratto dal sito ECF
Fonte: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB)
Perchè sosteniamo il limite di velocità di 30 km/h
La European Cyclists Federation, di cui FIAB onlus fa parte, sostiene attivamente l’introduzione del limite di velocità di 30 km/h in tutti gli stati facenti parte dell’Unione.
Il limite 30 km/h è un modo popolare a basso costo per aumentare la sicurezza, abbattere l’inquinamento e incoraggiare scelte di trasporto intelligenti. In tal modo si può migliorare il flusso del traffico e diminuire la congestione nelle città, dando ai cittadini la possibilità di sentirsi più sicuri negli spostamenti.
ECF vuole ottenere questi benefici per tutta l’Europa. 30 km/h dovrebbero diventare lo standard della velocità nei villaggi, nelle cittadine e nelle grandi città, con la possibilità per le autorità locali di decidere sulle eventuali esenzioni.
Per questa ragione ECF chiederà alla Commissione Europea di mettere all’ordine del giorno la proposta di introduzione dei limiti 30 km/h in tutti gli stati facenti parte dell’Unione.
ECF sostiene la European Citizen’s Initiative (Iniziativa dei Cittadini Europei o ICE), un’affascinante strumento innovativo previsto dal Trattato di Lisbona. Verrà fatto ogni sforzo per raccogliere il milione e più di firme necessarie entro un anno provenienti da almeno sette stati membri della EU.
Perchè sostenere questa iniziativa dei 30 km/h ?
Rod King, ciclista inglese convinto e attivista nella campagna per la sicurezza stradale propone alcune considerazioni a favore dei limiti 30.
Ho iniziato a fare compagna per i limiti 20 e 30 km/h dopo una gita in bicicletta a Hilden, una città tedesca nel Nord-Reno-Westfalia. Lì, grazie all’introduzione nel 1991 del limite 30 su quasi tutte le strade della città sono riusciti ad ottenere che il 23% degli spostamenti avvenissero in bicicletta.
Diminuire la velocità relativa tra automobili e biciclette fu ritenuto come il modo migliore per rendere più sicuro e più attraente l’uso della bici. Per un ciclista che procede a 22 km/h la differenza di velocità tra i 40km/h di un auto è di 18 km/h, che scende a 8 km/h se l’auto procede a 30 km/h. Ciò significa più del doppio del tempo e della distanza per evitarsi l’un l’altro.
Strade Vivibili
Ci sono però ben altre ragioni per cui la velocità 30 km/h in strade urbane e residenziali è così importante. Una tale misura ha effetti benefici, infatti, sia sui pedoni che sugli automobilisti oltre che sui ciclisti. E’ una misura che si riflette in maniera positiva sulla maggior parte della popolazione e non solo su una minoranza di ciclisti. E’ una misura che può migliorare la vivibilità delle strade con benefici in particolare per i bambini e gli anziani, che magari non hanno la prontezza mentale o l’agilità per giudicare la velocità dei veicoli e quindi per evitarli.
E’ anche una misura che fa riflettere sul modo di concepire le strade, sulla condivisione degli spazi pubblici per il bene di tutta la comunità. Pone la questione dei vantaggi di una velocità di 40 km/h+ in strade residenziali e urbane, contrapponendoli a quelli che ne derivano diminuendo tale velocità con la possibilità di camminare e di pedalare con un rischio minore e di avere strade meno rumorose, meno inquinate e una qualità di vita molto migliore.
Benefici per tutti
Naturalmente ridurre la velocità dei veicoli richiede un cambiamento di comportamento e questo può accadere solo quando porta dei vantaggi a coloro che devono operare questo cambiamento.
Il conducente è anche il padre del bambino che vuole andare a scuola a piedi o in bici o è la figlia della persona anziana che vuole poter continuare a recarsi a piedi nei negozi che è abituato a visitare. Si tratta di vedere il conducente come un cittadino che crea una società migliore, avendo capito quali sono i vantaggi che guidare più piano porta all’intera comunità.
Ancora più importante è il fatto che concentrarsi su un’unica, ampiamente benefica iniziativa, unisce ciclisti, pedoni, bambini, anziani, disabili e gruppi che lavorano per il benessere della comunità, tutti insieme, a sostegno di un cambiamento di comportamento. Diventa il catalizzatore per un fondamentale riesame di come condividere lo spazio pubblico. Naturalmente questo non esclude il bisogno di strutture adeguate per la bici, ma fornisce un fondamento per politiche di trasporto più sicure ed eque nelle nostre città.
Ma i benefici universali del limite 30 km/h e il desiderio di cambiare vanno al di là di quelli del singolo paese e possono essere allargati ad un intero continente. Questo è lo scopo della European Cicitizen’s Initiative, che vuole raccogliere e mostrare il sostegno di tutta l’Europa. I ciclisti possono contribuire a fare la differenza non solo per se stessi, ma anche per tutta la società aderendo a questa importante iniziativa.
Fonte: Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB)
30 km/h- Alcuni esempi in Italia e in Europa
CHAMBERY, ALTA SAVOIA FRANCIA – La palma di prima città europea ad avere introdotto zone 30 va alla città francese di Chambery, comune francese di circa 60.000 abitanti nella regione del Rodano-Alpi. Le prime zone 30, poste inizialmente in una parte molto ristretta della città, risalgono al 1979. Sono state gradualmente estese e ricoprono oggi gran parte del territorio urbano. I risultati, dal punto di vista della sicurezza stradale, sono veramente entusiasmanti: se nel 1979 vi erano 453 incidenti all’anno, nel 2006 questa cifra era scesa a 32.
GRAZ, AUSTRIA – Graz è una città di 250.000 abitanti, capoluogo della regione della Stiria in Austria. Quando si parla di città 30, viene spesso nominata: è stata infatti la prima a introdurre questa misura di rallentamento del traffico in tutta la superficie urbana, con l’eccezione delle strade di scorrimento. Nel 1992 si cominciò a parlare a Graz di “mobilità dolce” (sanfte Mobilität), fra i cui principi vi è una distribuzione equilibrata dei mezzi di trasporto, compatibilmente con le esigenze della società e dell’ambiente e una pianificazione dell’infrastruttura urbana con la partecipazione dei cittadini.
LONDRA, REGNO UNITO – Fra le grandi città europee che stanno introducendo misure di moderazione del traffico, Londra è una delle più attive. Negli ultimi anni, con una grande impennata a partire dal 2000, sono state introdotte più di 400 zone 30 (20 mph), coprendo ormai l’11% della rete stradale. Esse sono presenti soprattutto in strade di quartiere che presentavano una pericolosità maggiore della media. Si è scelto quasi sempre di usare l’approccio più costoso, ma più efficace, quello che prevede una totale riprogettazione della viabilità nelle zone 30, con dossi, chicane, e altre misure che impongono agli automobilisti velocità più basse.
PARIGI, FRANCIA – Data la storica competizione fra Francia e Inghilterra, Parigi non vuole essere da meno rispetto a Londra. Anche qui infatti le zone 30 sono ai primi posti nell’agenda dell’amministrazione locale. Coprono ormai il 20% del territorio cittadino e nel luglio 2013 è stato deciso di estenderle con l’annuncio di una grande espansione delle zone 30 e la creazione di 21 nuove “zone 20″, oltre alle 15 già esistenti. Le “zone 20″, dette anche “Zone di incontro”, si trovano principalmente nei dintorni delle scuole: qui pedoni e ciclisti hanno sempre la precedenza e i primi non sono obbligati a camminare solo sul marciapiede. Dopo il successo dell’esperimento compiuto nel decimo arrondissement, in cui dall’aprile 2012 alle bici è permesso girare a destra anche a semaforo rosso, questa misura è stata introdotta nel resto delle zone 30. Le zone a velocità ridotta nella capitale francese interessano 560 km di strade urbane, cifra che si traduce in ben il 37% del territorio.
BERLINO, GERMANIA – Anche a Berlino le zone 30 sono diffuse in tutta la città. Qui l’impulso sembra venire principalmente dalle preoccupazioni relative all’inquinamento ambientale: la città infatti va spesso oltre i limiti di inquinamento posti dall’Unione Europea, in particolare quello secondo il quale, facendo una media annuale delle misurazioni, in un metro cubo d’aria non ci devono essere più di 40 microgrammi di diossido d’azoto (NO2). Ma le zone 30 a Berlino non sono una novità. Esse sono state introdotte inizialmente nei dintorni di scuole e asili, e nelle zone in cui erano più frequenti gli incidenti. Oggi coprono circa l’80% delle strade secondarie, e coinvolgono in parte persino le strade principali.
AMBURGO, GERMANIA – L’esperimento che Berlino ha iniziato nel 2007, quando si è deciso di ridurre, durante le ore notturne, la velocità a 30 km/h anche in alcune strade principali, viene ripreso anche da Amburgo: nel luglio 2013 la città anseatica ha avviato la sperimentazione su una sola strada nell’ambito di un progetto che include 100 strade colpite dal problema e candidate a diventare Zone 30 notturne. In generale comunque le zone 30 sono presenti ad Amburgo fin dal 1983. Nel 2011 sono state create 50 nuove zone 30, e oggi dei 4000 chilometri di strade urbane solo in 500 si può andare a 50 km/h.
GRENOBLE, FRANCIA – A metà del 2016 nella maggior parte delle strade nella zona di Grenoble la velocità dei mezzi a motore sarà limitata a 30 km/h. Lo hanno deciso i sindaci dei 42 comuni membri dell’area Grenoble-AlpesMétropole – in sintesi la “Metro” – impegnandosi a invertire la logica che oggi prevale nelle aree urbane, come ha sottolineato l’ecologista Yann Mongaburu, vicepresidente della “Metro”: “Il limite di 30 km/h sarà la regola, quello di 50 km/h l’eccezione”. Lo riporta il sito del quotidiano francese Le Monde.
CASERTA – Con un’ordinanza dedicata, il sindaco di Caserta, Pio del Gaudio, ha annunciato nel luglio 2013 l’immediata istituzione del limite di 30 km/h in tutte le strade urbane del capoluogo campano.
VICENZA – Mezzi a motore più lenti, bici e pedoni più sicuri. Nel centro storico di Vicenza è entrato in vigore il limite di velocità di 30 chilometri all’ora: una “zona 30” che era stata annunciata già da qualche tempo e che – con la posa dei segnali stradali – è diventata operativa il 30 luglio 2015.
AREZZO – Anche Arezzo rallenta: nel pieno dell’inchiesta Bikeitalia sulle città 30 e la loro importanza per la sicurezza stradale e per la promozione della mobilità ciclistica, anche l’amministrazione del Comune toscano, dopo Caserta, ha reso noto nel luglio 2013 l’introduzione del limite di velocità a 30 km/h all’interno della zona racchiusa dalle mura. L’obiettivo è quello di favorire la mobilità alternativa all’automobile ed in particolare gli spostamenti in bicicletta.
TREVISO – Dopo Arezzo e Caserta, il Comune di Treviso è il terzo nel giro di pochi mesi a introdurre il limite di velocità a 30 km/h all’interno del centro urbano. Durante la presentazione del piano (nel settembre 2013), il vicesindaco Roberto Grigoletto ho sottolineato come l’estensione della zona 30 e le nuove piste ciclabili dimostrino la considerazione dell’amministrazione verso ciclisti e pedoni e che questo è solo il primo passo verso la definitiva pedonalizzazione del centro storico.
Informazioni aggiuntive, dati statistici e documenti sul tema 30km/h anche ai seguenti link:
L’incidentalità stradale in Italia è la prima causa di morte per i giovani al di sotto dei 25 anni. In un paese a crescita zero, la tutela dei più giovani dovrebbe essere un dovere morale imprescindibile. Proprio il senso di pericolo che la strada ci trasmette si traduce in una forma di iper-protezione nei confronti dei bambini che finiscono per vivere come sotto scorta e perdere ogni forma di indipendenza: nella mobilità, nel gioco, nella fruizione degli spazi pubblici. Ridurre la pericolosità delle strade è una condizione necessaria per fare in modo che i nostri bambini possano tornare a fruire dello spazio pubblico muovendosi e giocando in libertà. La riduzione della velocità nelle aree urbane non avrebbe la sola funzione di tutelare i più piccoli: portare il limite di velocità a 30 km/h può avere dei grandi vantaggi anche per tutti: ragazzi, adulti, anziani. Ecco perché:
30 km/h significa maggiore sicurezza perché una minore velocità significa meno incidenti stradali. Mediamente lo spazio di frenata per un’auto che procede a 50 km/h è di 30 metri. Lo spazio di frenata per un’auto che procede a 30 km/h è di soli 15 metri. Per rendersi conto di quanto questa differenza sia effettiva, basta andare a Torino nel quartiere Mirafiori Nord: qui la realizzazione di una zona 30 ha ridotto l’incidentalità del 74% e ha provocato zero incidenti gravi invece della media di 15 all’anno del periodo precedente l’introduzione del limite di 30 km/h.
– 30 km/h significa maggiore sicurezza perché una minore velocità comporta impatti meno violenti. Un impatto tra un’auto e un pedone a 50 km/h equivale a una caduta da 9 metri di altezza, come dal 3° piano di un palazzo, con una probabilità di morte pari al 55%. Un impatto a 30 km/h equivale, invece, a una caduta da 3,6 metri di altezza che può essere fatale “solamente” nel 5% dei casi.
– 30 km/h significa maggiore visuale sulla strada. “Non l’ho visto” è il commento che più spesso gli automobilisti coinvolti in incidenti stradali pronunciano. Non si tratta di una scusa o di una ricerca di un’attenuante, ma è davvero così perché la velocità tende a restringere il campo visivo: ridurre la velocità significa rendere gli automobilisti maggiormente reattivi ai piccoli inconvenienti che avvengono nelle vicinanze del veicolo.
– 30 km/h significa meno rumore. L’introduzione del limite di 30 km/h in diverse aree della città di Amburgo ha comportato una diminuzione del rumore, con picchi anche di 7 dbA; la diminuzione del rumore nelle zone 30 dipende sia dalla riduzione di volume (esclusione del traffico di transito) sia dalla guida calma (diminuzione del limite di velocità).
– 30 km/h significa meno inquinanti Il cambio dello stile di guida, prima fatto di rapide accelerazioni e brusche frenate, sostituito poi da una guida più calma, con minori picchi di velocità ma più fluida, ha effetti benefici sia sull’ambiente che sul traffico. Le rilevazioni effettuate ad Amburgo hanno dimostrato che la velocità ridotta (meno frenate e accelerazioni) riduce l’inquinamento dell’aria: – 30% di ossidi di azoto, -20% di monossido di carbonio, – 10% di idrocarburi. A beneficiarne sono anche le tasche degli automobilisti poiché anche i consumi di carburante sono diminuiti del 12%.
– A 30 km/h, la capacità delle strade è superiore. Velocità elevate richiedono distanze di sicurezza maggiori, non solo longitudinali, ma anche latitudinali. Diminuendo la velocità, il bisogno di spazio è minore: per esempio, due mezzi pesanti che si incrociano a una velocità di 50 Km/h hanno bisogno di una carreggiata di 6,25 metri. A 40 Km/h è sufficiente una carreggiata di 5,50 metri.
– A 30 km/h aumentano i parcheggi, gli spazi pedonali e il verde. Poiché una minore velocità richiede spazi minori, lo spazio rimanente può essere utilizzato per creare parcheggi, spazi per chi si sposta a piedi oppure piantare alberi.
– 30 km/h è una soluzione a minimo costo. Modificare la segnaletica stradale ha un costo minimo, soprattutto se pensiamo a quanto costerebbe mettere in sicurezza gli altri utenti della strada attraverso interventi infrastrutturali come la costruzione di marciapiedi e piste ciclabili separate. Oltre a questo c’è un vantaggio economico: si stima che nel solo quartiere Mirafiori di Torino, l’introduzione del limite di 30 km/h faccia risparmiare ogni anno 965 mila euro in spese mediche grazie alla riduzione dell’incidentalità.
– 30 km/h significa maggiori introiti per il commercio locale. La riduzione della velocità fa aumentare la sicurezza in strada e questo aumenta il numero di persone che si muovo a piedi e ciclisti. Come dimostrano diversi casi in giro per il mondo, pedoni e ciclisti spendono più denaro degli automobilisti nei negozi di prossimità (fino al 15% in più), a tutto vantaggio delle economie locali.
– 30 km/h significa città più piacevoli da vivere. Non si tratta di un giudizio arbitrario o ideologico, ma il risultato di un sondaggio realizzato a Mirafiori Nord dopo la creazione della zona 30: i giudizi negativi sul quartiere sono passati dal 17% al 9%.
Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha un indubbio – per quanto involontario – merito: le sue esternazioni hanno l’effetto di portare all’attenzione dell’italiano medio argomenti prima confinati a pochi ben informati e agli addetti ai lavori. Così è stato, nei giorni scorsi, per il tema delle “Città30”, quelle città dove nella gran parte delle strade il limite di velocità è portato a 30 all’ora. Parlando di Bologna, il ministro si è espresso con questo tweet. Un tweet (di Salvini) contro i tweet (degli uccellini), e potremmo finirla qui. Oppure ironizzare sul fatto che l’intervento del ministro arriva all’indomani del giorno in cui, mesi dopo l’annuncio e il via alla ‘transizione’ di Bologna Città30, sono arrivate le prime multe per eccesso di velocità causato dai nuovi limiti: da sempre multe e tasse sono vessazioni che tolgono il sonno al nostro e all’Italia che rappresenta.
Ma finalmente, grazie al ministro, il percorso di Bologna verso la Città30, familiare a chi frequenta il nostro sito e ai lettori di BC, è sulle prime pagine dei media, ‘trend topic’, argomento da bar. E allora prima di tutto invitiamo a leggere e diffondere (come si diceva una volta) questo vademecum Città 30 promosso da un ventaglio di associazioni ambientaliste, Fiab e Legambiente in testa. Lo hanno curato Edoardo Galatola, reponsabile sicurezza Fiab, e Andrea Colombo, esperto di mobilità sostenibile della Fondazione innovazione urbana (consulente di Bologna Città30). E poi proviamo a confutare alcune delle grossolane fake news sulle Città30 messe in circolo in questi giorni.
Lasciamo lavorare chi deve lavorare, dice il ministro (sottinteso: invece di farlo rallentare con il limite di 30 all’ora). Ignorando il fatto che la velocità media delle auto in città oscilla già (rilevazioni 2022) tra le 17 km/ora di Milano, i 19 di Roma, i 20 di Torino. E più ancora ignorando, commenta Galatola, “che vari studi condotti in Città30 come Bologna danno su un percorso di 5 km un incremento di tempo variabile tra i 10 secondi, in ora di punta, e i 2 minuti, in situazione di traffico scorrevole.” Farò lavorare il mio ministero a una direttiva, aggiunge, che circoscriva i casi concreti in cui sarà ammesso abbassare il limite standard dei 50 all’ora. Ignorando il fatto – sottolineato dall’assessora alla mobilità di Bologna Valentina Orioli – che il ministero di cui parla è lo stesso che ha collaborato con il comune di Bologna alla definizione delle zone 30. È un limite ideologico, un’imposizione tipica della sinistra, lamenta. Ma in tutta Europa le Città30 si diffondono con amministrazioni di ogni tendenza politica, da Bruxelles a Bordeaux, da Amsterdam a Madrid, da Zurigo a Parigi. E di centrodestra sono le giunte di città italiane che hanno messo in pratica i 30 all’ora come Olbia e Treviso, e che ora sono solidali con la “rossa” Bologna.
Tra i più rapidi alla controffensiva, il Codacons si è detto ieri pronto a denunciare il ministro Salvini e annuncia il ricorso al Tar per annullare i suoi (per ora solo annunciati) provvedimenti. Chiederemo al ministero, ha dichiarato, un risarcimento danni di 500mila euro da versare al fondo vittime della strada. Anche facendo tara a una dichiarazione che alza il volume per portarla al livello dell’interlocutore, anche il Codacons – come già Fiab e tutte le altre associazioni – ha il merito di riportare il discorso sul più urgente dei motivi che rendono necessarie le Città30. Ha ricordato il verde Angelo Bonelli che in un anno circa 1400 persone lasciano la vita nelle strade dei nostri centri urbani. Oltre 5 morti ogni 100mila abitanti. In maggioranza si tratta di soggetti deboli, ciclisti, pedoni, anziani. Viaggiando a 30 all’ora si riduce il tempo di frenata, aumenta il campo visivo di chi guida. E cambiano radicalmente anche le conseguenze di un’eventuale collisione. Si calcola che essere investiti da un’auto che viaggia a 30 all’ora equivale a cadere dal primo piano, ci si salva nove volte su dieci; se la stessa auto corre a 50 all’ora l’impatto è quello di chi precipita dal terzo piano: fatale otto volte su dieci. Prima ancora che una misura di civiltà, la città 30 è un salvavita.
Fonte: Rivista BC
Come smontare le bufale del ministro Salvini contro le Città 30
23 Gennaio 2024
Il limite di velocità generalizzato di 30 km/h in ambito urbano, in un paese normale, non farebbe neanche notizia. Ma in Italia il tema delle “Città 30” viene considerato da molti – in primis dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini – come un limite vessatorio per chi guida un’auto. Quindi, secondo costoro, sì a qualche sporadica “Zona 30” vicino a scuole e asili; ma assolutamente no a estendere i 30 km/h a tutte le strade cittadine, ad eccezione di pochi assi di scorrimento a 50 km/h.
È una questione politica…
La questione – già divisiva di suo in un paese con uno tra i tassi di motorizzazione più alti al mondo (681 auto ogni 1000 abitanti, dati Isfort 2023) – è diventata squisitamente politica in queste settimane, esattamente dal 16 gennaio 2024 e cioè da quando Bologna ha cominciato a fare controlli (e multe)ad hoc per far rispettare il nuovo limite di velocità di 30 km/h voluto dal sindaco Matteo Lepore. Il primo a scagliarsi veementemente contro questo nuovo corso bolognese è stato proprio il ministro Salvini. Sì, proprio da lui che come primo atto da ministro aveva tolto la “sostenibilità” dal nome del suo dicastero.
Le bufale contro le Città 30
Le motivazioni addotte per contestare le Città 30 sono sempre le stesse e pescano tutte nel calderone delle chiacchiere da bar, delle sparate sui social e delle cose per sentito dire: “così aumentano i tempi di percorrenza”, “è un limite impossibile da rispettare”, “così le auto consumano di più”, “si crea più traffico”, “le autoambulanze non riusciranno più a circolare”… e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.
Si tratta di obiezioni che non trovano un riscontro oggettivo nella realtà dei fatti e nelle decine di studi scientifici sul tema: d’altra parte il limite di 30 km/h – oltreché in tutte le città della Spagna – è già presente a Bruxelles, Parigi, Amsterdam e in numerose altre città del mondo; e nessuna tornerebbe indietro ai 50 km/h perché i vantaggi – sia in termini di vivibilità delle strade sia per quanto riguarda la sicurezza stradale – sono enormi.
Il fact checking di Legambiente e Altroconsumo
Legambiente ha raccolto in un articolo di debunking tutte le fake news contro le Città 30, smontandole una per una riportando dati oggettivi e fonti ufficiali. Anche la rivista Altroconsumo ha creato un contenuto analogo intitolato Quante bufale sulla “Città 30”. Per quanti non avessero la pazienza di andare a leggere – cosa che comunque consigliamo di fare – pubblichiamo qui di seguito due infografiche autosplicative.
1. Il cono visivo di una persona alla guida di un’auto a 30 km/h (in verde) e a 50 km/h (in rosso)
2. Le probabilità di sopravvivenza di una persona investita a 30, 50, 70 km/h
Basterebbero queste due semplici infografiche a far comprendere a chi è contrario alle Città 30 per partito preso perché l’estensione generalizzata di questo limite di velocità in ambito urbano sia una misura da sostenere e replicare ovunque.
Salvare vite umane non dovrebbe essere LA priorità per chi governa, in un paese civile?
Il limite di 30 km all’ora, ecco il dossier: «Meno vittime, meno smog, più sani»
di Alessandro Fulloni
Gli effetti delle sperimentazioni. Olbia: «Non siamo pentiti». Le altre città italiane che hanno introdotte parzialmente le norme e come si stanno regolando in Europa: il caso Parigi, Helsinki e la Spagna. E per il traffico nelle metropoli non si va oltre i 20 km/h
«Adesso la cittadinanza è più sana e felice. E poi certo, siamo anche molto orgogliosi che Olbia, con il limite di velocità dei 30 chilometri orari in vigore già dal 2021, sia un esempio a livello nazionale e speriamo che la nostra esperienza possa aiutare a portare avanti l’iniziativa in altri comuni o, meglio ancora, la legge nazionale». Settimo Nizzi, 67 anni, sindaco della cittadina in Gallura — poco più di 60mila abitanti — affacciata sul turchese del Tirreno, parla anche come medico. Fama di decisionista, ex campione di judo, specializzazione in ortopedia, di Forza Italia e un lungo rapporto «di fraterna amicizia cominciata nel 1982 con Silvio Berlusconi», racconta di quando, primo in Italia e anticipando quanto accaduto a Bologna, nel giugno di tre anni fa sorprese tutti annunciando «il limite dei trenta all’ora su ogni strada di competenza comunale, a eccezione degli assi principali dove è rimasto il divieto di superare i 50 orari. Nel primo periodo fummo elastici, ci fu un anno di accompagnamento».
«I dati ci dicono che è cambiata la tipologia degli incidenti»
E poi? «I dati ci dicono che è cambiata la tipologia degli incidenti: prima erano causati soprattutto dalla velocità, adesso avvengono soprattutto per distrazione oppure per mancato rispetto della precedenza. Lo dico da medico, anzi da ortopedico: a 50 all’ora si muore. A trenta no. Come mi venne l’idea? Girando altri Paesi, la Spagna viaggia a 30 all’ora dal giugno 2021, come Olbia. Non c’è paragone tra la qualità della vita in quelle città in cui si cammina, si chiacchiera sul marciapiede, si va in bici, si guardano le vetrine dei negozi in tranquillità e quelle in cui si corre in auto. Noi abbiamo meno smog, meno caos, più tranquillità». Curiosità inevitabile: ma del limite a 30 all’ora ne parlò anche con Berlusconi? «Certo! Silvio mi disse, testuale: “Bravo sindaco, hai fatto bene”. Amava l’ambiente, si sa».
Le strade d’Italia restano pericolose
Se Olbia è slow ovunque, altre città, chi prima e chi dopo, hanno introdotto i limiti nei quartieri. Parliamo di Cagliari, Reggio Emilia, Parma, Vicenza, Treviso, Verona, Arezzo, Firenze, Genova, Caserta, Bergamo, Cuneo. Per tutti l’obiettivo è lo stesso: e a delinearlo sono i dati dell’Istat e dell’Aci: ogni giorno i morti in incidenti stradali sono 8,65. È la media quotidiana nel 2022 (noi siamo nella parte alta della classifica europea), anno in cui le vittime sono state 3.159. Un trend in crescita. Quanto alle cause dei sinistri, la più diffusa resta la distrazione (15%). Al secondo posto (13%) c’è il mancato rispetto della precedenza, del semaforo, dello stop. Ed ecco al terzo la velocità troppo elevata che riguarda il 9,3% dell’analisi. Nel complesso, l’Europa pensa che ridurre i limiti in città equivalga a ridurre il pericolo. Dalla Spagna alla Finlandia in tanti si muovono, senza ripensamenti, entro i 30 all’ora già da un po’: Graz sin dal 1992, poi Helsinki dal 2019, Bruxelles e Parigi dal 2021 ma in Francia, va detto, le località slow sono molte, da Lille a Nantes, e Oltralpe affermano che i morti in certi posti siano scesi del 70%.
Da Nord a Sud, quanto si «corre» in città
Ma dentro le città italiane ora a che velocità si va? Un’idea arriva dalle cifre del 2023 inserite nel TomTom Traffic Index, statistica elaborata dalla società dei navigatori satellitare. A ben vedere dalla classifica condotta su 387 città in 55 Paesi — elaborata tenendo conto di numerose variabili tra cui consumi di benzina, emissioni, tempi di percorrenza ed effettivi chilometri percorsi — emerge che la velocità media, nelle ore di punta, da Nord a Sud, è quasi per tutti sempre sotto i 50 all’ora. Nella lista Milano vede spostamenti attorno ai 17 chilometri orari e per percorrere 10 chilometri dentro le circonvallazioni ci vogliono 28 minuti. Siamo lì con Londra, la più «lenta» nel Vecchio continente con 14 km/h. Nel «range» europeo, Roma è al 12° posto (19 chilometri orari). Poi a scendere Torino, diciottesima con 20, Messina con 21, e Firenze, sessantesima con i suoi 23 all’ora. Le ultime italiane? Modena (320° posto) viaggia a 43 km/h di media. Taranto a 53 all’ora.
Bologna Città 30: ecco chi sono i vip favorevoli e contrari
Bologna Città 30 è un tema che divide l’opinione pubblica: da un lato i sostenitori del provvedimento che ha abbassato la velocità a 30 km/h sul 70% delle strade urbane, fortemente voluto dal sindaco Matteo Lepore; dall’altro i detrattori che non perdono occasione per manifestare il proprio disappunto. Per i cittadini il Comune di Bologna, in collaborazione con la Fondazione Innovazione Urbana, ha creato una lista delle domande con i dubbi più frequenti e le relative risposte puntuali da parte dei tecnici esperti della materia.
Bologna Città 30: il tema del momento
Ma la questione Bologna Città 30, soprattutto da quando il Ministro Salvini l’ha presa di petto emanando una direttiva che di fatto mette dei paletti all’abbassamento generalizzato dei limiti di velocità in città, è diventata un “tema del momento” su cui hanno detto la loro personaggi famosi, giornalisti, e “vip” la cui opinione “fa notizia”. Vediamo, in una rapida carrellata che non ha la pretesa di essere esaustiva, quali sono le posizione emerse nei confronti di Bologna Città 30 elencando i favorevoli e i contrari.
I favorevoli a Bologna Città 30
Milena Gabanelli: “Vuoi andare in centro in macchina? Vai a 30!”
La giornalista Milena Gabanelli, volto storico di Report oggi penna del Corriere della Sera e autrice della videorubrica Dataroom su La7, vive a Bologna ed è favorevole al provvedimento: “Abito a Bologna e non c’è nessun caos. Si va a 30 km/h a Londra, Bruxelles, Helsinki, Barcellona, Zurigo, Madrid, Graz… dove hanno pensato che la vita di un bambino, un pedone, un ciclista valgono più dei 5 minuti persi a rallentare. Vuoi andare in centro in macchina? Vai a 30!”
Mario Tozzi: “Velocità massima 30 km/h, come si fa già in molte città europee e italiane”
Tra i sostenitori dell’abbassamento del limite di velocità di 30 km/h a Bologna anche il geologo Mario Tozzi, primo ricercatore del CNR e divulgatore scientifico oltreché autore e conduttore di numerosi programmi televisivi su scienza e natura, che sui social scrive: “In città niente autovetture private, questa dovrebbe essere la regola, che, peraltro, consentirebbe maggiore puntualità e frequenza dei mezzi pubblici di superficie. Ma, se ancora le dobbiamo sopportare, almeno facciano meno danni e vittime possibili: velocità massima 30 km/h, come si fa già in molte città europee e italiane”.
Stefano Boeri promuove la Città 30
L’architetto Stefano Boeri, progettista dell’iconico Bosco Verticale di Milano e tra i professionisti italiani più famosi, è uno dei 130 tecnici esperti di mobilità che ha sottoscritto la lettera aperta indirizzata al Ministro Salvini per chiedere di ritirare la direttiva contro le Città 30. Una missiva in cui si sottolineano – dati alla mano – i vantaggi indiscutibili dei 30 km/h in ambito urbano per la sicurezza stradale: “L’esperienza accumulata da ormai molte città ha dimostrato come la riduzione correttamente attuata della velocità in ambito urbano non sia in contrasto con una mobilità efficiente, dato che l’aumento dei tempi di percorrenza è sempre risultato del tutto marginale se non addirittura inesistente. Di fronte a questi effetti sulla componente veicolare è necessario considerare anche i vantaggi che la riduzione delle velocità comporta per tutti gli altri utenti della strada, dato che le migliori condizioni di sicurezza e il minor inquinamento acustico e atmosferico favoriscono un maggior utilizzo dello spazio pubblico da parte di soggetti altrimenti penalizzati, come pedoni, ciclisti, bambini, anziani e disabili. Ne deriva che il limite a 30 km/h, se correttamente applicato, non solo non confligge, ma anzi favorisce il diritto alla mobilità e la libera circolazione delle persone”.
I contrari a Bologna Città 30
Matteo Salvini prende di mira Bologna
Il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini ormai da settimane ha preso di mira il provvedimento di Bologna: “Nel dispositivo del Comune di Bologna ho letto che grazie alla riduzione di 20 chilometri orari del limite massimo, si sentirà meglio il canto degli uccellini. Penso che il diritto al canto degli uccellini e all’udibilità del loro canto debba essere contemperato con il diritto al lavoro di centinaia di migliaia di persone, perché multare chi va a 36 chilometri allora non vuol dire tutela dell’ambiente”.
Poi ha emanato una direttiva per mettere i paletti alle Città 30, secondo la quale le amministrazioni devono giustificare strada per strade la motivazione per cui abbassano il limite di velocità da 50 a 30 km/h. E non perde occasione per ribadire in ogni occasione che le “Zone 30” limitate a strade vicino a scuole e asili vanno bene, le “Città 30” dove il limite è generalizzato a suo avviso no.
Giuseppe Cruciani vuole alzare i limiti di velocità in città
Il conduttore radiofonico della trasmissione “La Zanzara” su Radio24Giuseppe Cruciani fin da subito si è schierato contro Bologna Città 30, chiedendo di alzare (e non di abbassare) i limiti di velocità in città: “Allora ragazzi, qui è la voce dell’opposizione alla giunta rossa di Bologna che ha imposto i trenta all’ora in larghe parti della città. Qui siamo a favore di una cosa: alzate i limiti di velocità in città anche a 70-80km/h. E se qualcuno li infrange? Sequestro della macchina. Niente multe, sequestro. Ma alzate i limiti di velocità che non serve un ca**o andare più piano. Non si salvano vite umane e non si evitano gli incidenti”.
Nel corso della sua trasmissione Cruciani ha contattato telefonicamente il primo multato per aver superato il limite di 30 km/h (il pensionato Sergio Baldazzi, che andava a 39 km/h, ndr) e si è offerto di pagargli la multa: “Voglio pagare la multa, voglio risarcirlo: farò un bonifico personale a questo signore”, ha detto Cruciani.
Mario Giordano: “Se vai a 35 o36 zac e ti arriva già la multa”
Il giornalista e conduttore della trasmissione “Fuori dal coro” di Rete4Mario Giordano in una puntata ha attaccato il limite di 30 km/h in ambito urbano, partendo dal caso di Bologna: “Non si può più andare veloce. Bisogna andare piano per essere verdi, per essere green. per essere giusti bisogna andare a 30 all’ora. Il green ce lo chiede e in tutta la città di Bologna entra in vigore il limite dei 30 all’ora. Se vai a 35 o 36 zac e ti arriva già la multa”.
E, ancora: “Troppo veloce perché il Comune di Bologna dice che ridurre la velocità delle auto consente di dare più spazio ad altri suoni come il canto degli uccellini. In questi giorni a Bologna si siano sentite più le imprecazioni e le parolacce che non il canto degli uccellini. Ma i green niente. I fan del green vanno avanti perché dicono che così si riducono gli incidenti. Ma sarà vero che si riducono gli incidenti?”.
Intanto proprio oggi davanti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a Roma si è tenuto il presidio delle associazioni aderenti alla Piattaforma #Città30subito“A 30 km/h non si muore” per chiedere a Salvini di ritirare la direttiva e di inserire il tema della moderazione della velocità nella Riforma del Codice della Strada ormai in dirittura d’arrivo in primavera.
Fonte: Bike Italia
130 tecnici contro Salvini: è scontro totale sulla Città 30
1 Febbraio 2024
Architetti, ingegneri, urbanisti, economisti che lavorano nelle città, in aziende di consulenza, nelle università non ci stanno alla repressione della Città 30 da parte di Matteo Salvini e fanno sentire la propria voce attraverso una lettera aperta che pubblichiamo di seguito integralmente.
Tra i nomi più noti a firmare l’appello: Stefano Boeri, Marco Ponti e tutto lo staff tecnico della Città Metropolitana di Bologna.
Lettera aperta al Ministro dei Trasporti Matteo Salvini
Come gruppo di esperti e tecnici impegnati nel settore della pianificazione e progettazione della mobilità e del traffico stiamo assistendo a una dura presa di posizione da parte del Ministro dei Trasporti avversa alle politiche di moderazione delle velocità dei veicoli nelle aree urbane.
Con l’emanazione della “Direttiva sulla disciplina dei limiti di velocità nell’ambito urbano ai sensi dell’art.142 del Nuovo Codice della Strada” il Ministro si è infatti opposto in modo esplicito all’iniziativa assunta dal Comune di Bologna di applicare su un’ampia parte (70%) delle strade comunali il limite di velocità di 30 km/h (Città 30).
Si tratta di una posizione poco comprensibile, non basata su alcuna evidenza tecnica o sperimentale, che si pone in netto contrasto con quanto viene suggerito dai massimi istituti sovranazionali come l’OMS e il Parlamento Europeo, oltre che dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale dello stesso MIT, e che ignora quanto è da tempo ampiamente praticato con risultati innegabilmente positivi in molte altre città nel mondo.
Contemporaneamente il MIT si è fatto portatore delle modifiche al Codice della Strada attualmente in discussione in Commissione Trasporti, in particolare per le parti destinate a depotenziare le norme sulla ciclabilità introdotte dalla legge 120/2020, comprese le strade ciclabili, le corsie ciclabili, gli attestamenti avanzati e il doppio senso ciclabile. Anche in questo caso si tratta di una posizione priva di qualunque giustificazione tecnica, che non tiene conto dell’esperienza di moltissime realtà estere e che dimentica che, da quando sono stati introdotti, questi dispositivi hanno consentito al nostro paese di compiere significativi progressi verso il recupero della ciclabilità come modo di trasporto alternativo.
È inoltre opportuno sottolineare come gli interventi citati, in diversi casi, sono stati in tutto o parzialmente finanziati con fondi del PNRR per la Missione 2-Rivoluzione verde e transizione ecologica- in capo allo stesso MIT; ne consegue che le ventilate modifiche alla normativa vigente comporterebbero una ridefinizione dei progetti in atto e delle risorse, pena la mancata erogazione dei finanziamenti da parte del Programma NEXT Generation EU.
Come tecnici ed esperti da anni impegnati sui temi della pianificazione e della progettazione della mobilità e dei trasporti con specifica attenzione alle aree urbane esprimiamo dunque la nostra profonda preoccupazione per l’involuzione che il nostro paese sta subendo e che lo allontana sempre più dalle scelte attuate da tutti i paesi dell’Unione Europea e dalla comunità internazionale.
È al proposito necessario ricordare l’obbligo di perseguire gli obiettivi indicati sia dagli organismi internazionali a cui l’Italia aderisce (ONU, OMS) che dagli strumenti di politica dei trasporti dell’Unione Europea e Nazionale (Piano Nazionale della Sicurezza Stradale), in particolare la riduzione del 50% degli incidenti al 2030. Tale obiettivo non può essere raggiunto senza poter intervenire con efficacia nell’ambito urbano, dove in Italia si registrano i tre quarti degli incidenti stradali, con un tasso di mortalità che si mantiene costante ormai da un decennio ovvero (pari a 1,1 morti ogni 100 incidenti) e un costo economico che supera i 13 miliardi di euro all’anno.
In questo ambito, dove si concentrano elevati flussi di mobilità motorizzata e non motorizzata, un’alta densità di immissioni e intersezioni e diffuse “interferenze” con altri usi della strada, la velocità rappresenta quasi sempre causa, concausa o aggravante dell’incidentalità: da essa infatti dipendono le distanze di arresto, le energie di impatto, la possibilità di effettuare manovre di emergenza e il restringimento del cono visuale dei guidatori.
Peraltro l’esperienza accumulata da ormai molte città ha dimostrato come la riduzione correttamente attuata della velocità in ambito urbano non sia in contrasto con una mobilità efficiente, dato che l’aumento dei tempi di percorrenza è sempre risultato del tutto marginale se non addirittura inesistente. Di fronte a questi effetti sulla componente veicolare è necessario considerare anche i vantaggi che la riduzione delle velocità comporta per tutti gli altri utenti della strada, dato che le migliori condizioni di sicurezza e il minor inquinamento acustico e atmosferico favoriscono un maggior utilizzo dello spazio pubblico da parte di soggetti altrimenti penalizzati, come pedoni, ciclisti, bambini, anziani e disabili. Ne deriva che il limite a 30 km/h, se correttamente applicato, non solo non confligge, ma anzi favorisce il diritto alla mobilità e la libera circolazione delle persone.
Sono questi gli elementi di cui come tecnici siamo chiamati a tenere in conto quando nell’ambito delle attività di redazione dei piani di settore (Piani Urbano del Traffico e Piani Urbani della Mobilità Sostenibile) identifichiamo le misure atte a conseguire gli obiettivi e i target riconosciuti e sottoscritti in ambito nazionale e internazionale.
Il Ministro e il suo Ministero dovrebbero dire come pensano altrimenti di conseguire gli obiettivi indicati dallo stesso Decreto Ministeriale 396 del 28 agosto 2019 con riferimento alla redazione dei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile e, soprattutto, l’obbligo sancito dallo stesso Codice della Strada che all’art.1 pone la sicurezza delle persone tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato.
Sempre nella logica dei PUMS è inoltre essenziale che sia riconosciuto agli abitanti delle singole città, attraverso le istituzioni che li rappresentano, il diritto di decidere all’interno delle proprie politiche di governo della mobilità i tempi e i modi di tali interventi, ricordando che ai sindaci è attribuito il compito di tutela della incolumità pubblica e la sicurezza urbana, che è “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
Chiediamo pertanto:
che il Ministero non solo non contrasti, ma agevoli l’iniziativa di Bologna e delle altre città che intendono adottare il modello di Città 30, che possono costituire un importante esperimento sulla cui base formulare norme e indirizzi in modo più corretto e informato;
che non si approvino le modifiche del Codice della Strada avverse alle norme introdotte dalla L.120/2020 sulla ciclabilità, norme che finalmente ci allineano alle modalità adottate negli altri paesi europei;
che non si riduca ma anzi si ampli la possibilità di utilizzare sistemi avanzati di telecontrollo delle infrazioni, compreso il limite dei 30 km/h in ambito urbano;
che si emani una normativa nazionale sui dispositivi di moderazione del traffico, sulla base di quanto sperimentato dai paesi che presentano tassi di incidentalità e mortalità stradale ben inferiori a quello italiano.
31/01/2024
Promuovono l’appello:
1
Maria Silvia
Agresta
architetto
urbanista – Milano
2
Francesco
Alberti
architetto
professore associato di Urbanistica – Università degli Studi di Firenze
3
Franco
Aprà
urbanista
libero professionista – Milano
4
Francesco
Avesani
Ingegnere
libero professionista – Verona
5
Mauro
Baioni
urbanista
libero professionista – Venezia
6
Alessandra
Baldi
dott.arch.
collaboratrice In.Co.Set e referente del Centro Urbano per la Transizione Energetica – Cava dè Tirreni
7
Dario
Balotta
analista dei trasporti
presidente Osservatorio Trasporti ONLIT
8
Valter
Baruzzi
pedagogista
esperto in educazione alla sicurezza stradale e alla mobilità sostenibile – Imola/Bologna
9
Silvia
Basenghi
tecnico esperto in mobilità sostenibile
servizio Pianificazione della Mobilità – Città metropolitana di Bologna
10
Stefano
Battaiotto
ingegnere
libero professionista – Milano
11
Luigi
Benevolo
ingegnere
pianificatore urbanista – Brescia
12
Maria
Berrini
architetto
ex Amministratore Unico Agenzia Mobilità Ambiente Territorio Comune Milano
13
Sivia
Bertoni
ingegnere
pianificazione della mobilità sostenibile ed attuazione PUMS
14
Paolo
Bertozzi
ingegnere
libero professionista Parma
15
Lorenzo
Bertuccio
ingegnere
associazione Euromobility
16
Guia
Biscaro
architetto
libera professionista
17
Daniela
Bittini
ingegnere
referente Ufficio Mobilità e Mobility Manager – Imola
18
Francesca
Boeri
ingegnere
responsabile Settore Ambiente – Centro Studi PIM Milano
19
Stefano
Boeri
architetto e urbanista
professore ordinario presso il Politecnico di Milano
20
Andrea
Boitani
economista
professore ordinario di Economia politica all’Università Cattolica di Milano
21
Gabriele
Bollini
urbanista
presidente Associazione Analisti Ambientali
22
Filippo
Bonali
ingegnere
libero professionista – Fiab Cremona
23
Tommaso
Bonino
ingegnere
dirigente SRM — Agenzia mobilità Bologna
24
Carlottta
Bonvicini
architetto pianificatore
libera professionista – Reggio Emilia
25
Mauro
Borioni
ingegnere
funzionario pubblica amministrazione
26
Patrizia
Bottaro
architetto
PCAint PICA CIAMARRA ASSOCIATI SRL
27
Bianca
Bozzi
ingegnere
libera professionista – Milano
28
Andrea
Bruschi
dott.arch.
pianificatore trasporti e mobilità – Metropolitana Milanese Spa
29
Tatiana
Brusco
ingegnere
tecnico esperto in mobilità sostenibile – Città Metropolitana di Bologna
30
Sandro
Capra
ingegnere
Metropolitana Milanese Spa
31
Giovanni
Cardinale
ingegnere
libero professionista , consulente di Confindustria Toscana Sud per le infrastrutture strategiche
32
Teresa
Cardona
architetto
libera professionista – Milano
33
Tiziano
Carducci
ingegnere
libero professionista – Chieri (TO)
34
Stefano
Caserini
ingegnere
Professore Cambiamenti Climatici Università di Parma
35
Francesco
Castelnuovo
ingegnere
libero professionista – Milano
36
Paola
Cavallini
architetto
Città studio associato – Parma
37
Angela
Ceresoli
architetta
presidente Agenzia TPL Bergamo
38
Enrico
Chiarini
ingegnere
libero professionista – Brescia
39
Cosimo
Chiffi
economista dei trasporti
TRT Trasporti e Territorio – Milano
40
Andrea
Colombo
consulente legale
esperto in sicurezza stradale – Bologna
41
Simone
Conte
economista ambientale
project manager ambiente, mobilità, territorio
42
Cristiana
Cristiani
architetto
Edilizia Pubblica – Comune di Pisa
43
Alberto
Croce
ingegnere
ex Direttore Settore Traffico e Trasporti in Comune di Bologna e Agenzia TPL Brescia, ex Presidente AIIT Lombardia
44
Fiorenza
Dal Zotto
architetto
responsabile settore pianificazione e tutela del territorio Comune di Spinea
45
Marco
De Mitri
ingegnere
Trafficlab – Alba (CN)
46
Andrea
Debernardi
ingegnere
META srl – Monza
47
Lorenza
dell’Erba
architetta
Istruttore Tecnico Servizio Pianificazione della Mobilità Area Pianificazione Territoriale e Mobilità Sostenibile – Città Metropolitana Bologna
48
Raffaele
Di Marcello
architetto
presidente sezione Abruzzo UNITEL – Unione Nazionale Italiana Tecnici Enti Locali
49
Matteo
Dondè
architetto
libero professionista – Milano
50
Mauro
Donzelli
ingegnere
libero professionista – Bologna
51
Alfredo
Drufuca
ingegnere
libero professionista – Milano
52
Marco
Engel
architetto
urbanista pianificatore – Milano
53
Roberto
Farina
ingegnere
urbanista – Bologna
54
Edoardo
Fenocchhio
ingegnere
studio Progectolab
55
Emanuele
Ferrara
urbanista
libero professionista – Milano
56
Carla
Ferrari
architetto
architetto pianificatore – Modena
57
Giorgio
Fiorillo
ingegnere
responsabile funzioni di Agenzia presso la SRM l’Agenzia per la mobilità ed il trasporto pubblico locale del Comune di Bologna e della Città metropolitana di Bologna.
58
Luigi
Fregoni
architetto
direttore area pianificazione territoriale Comune di Rho
59
Georg
Frisch
architetto
urbanista pianificatore
60
Giorgio
Gagliardi
architetto
progettista di mobilità ciclistica – Verona
61
Edoardo
Galatola
ingegnere
esperto di rischi industriali e del trasporto, responsabile sicurezza stradale FIAB
62
Paolo
Gandolfi
architetto
direttore Area Sviluppo territoriale – Dirigente Servizio di Mobilità Urbana comune di Reggio Emilia
63
Caterina
Gfeller
architetto
esperta in comunicazione – Milano
64
Elena
Granata
architetto
docente urbanistica Politecnico Milano
65
Emilio
Grassi
ingegnere
ex direttore Agenzia TPL Bergamo
66
Chiara
Gruppo
urbanista
pianificatrice dei trasporti – Brugherio (MI)
67
Emilio
Guastamacchia
architetto
urbanista pianificatore – Milano
68
Lorenzo
Fabian
architetto
docente Urbanistica – IUAV Venezia
69
Giuseppe
Inturri
professore Associato di Trasporti
Università degli studi di Catania
70
Marco
La Viola
ingegnere
libero professionista – Saronno
71
Eliot
Laniado
ingegnere
coordinatore scientifico Poliedra – Politecnico di Milano
72
Arturo Sergio
Lanzani
architetto
professore di Tecnica e Pianificazione Urbanistica – Politecnico Milano
73
Salvatore
Leonardi
professore
professore associato di Ingegneria delle infrastrutture viarie e dei trasporti presso l’Università degli Studi di Catania
74
Antonio
Locci
geometra
libero professionista – Treviso
75
Giovanna
Longhi
architetto
paesaggista, progettista di opere pubbliche
76
Fabio
Lopez Nunes
architetto
ex direttore ciclabilità del Comune di Milano
77
Giampiero
Lupatelli
economista territoriale
Vice Presidente CAIRE Consorzio
78
Robert
Maddalena
architetto
libero professionista – Thiene (VI)
79
Alessandro
Maderna
dott.agr.
Specialista progettazione e consulenza ambientale, autorizzazioni e permitting
80
Patrizia
Malgieri
architetto
TRT Trasporti e Territorio – Milano
81
Giorgia
Mancinelli
ingegnere
funzionario tecnico del Comune di Rimini
82
Giovanni
Mandelli
architetto
servizio Mobilità Sostenibile – Comune di Reggio Emilia
83
Paolo
Maneo
urbanista
libero professionista
84
Andrea
Marella
ingegnere
Trafficlab – Alba (CN)
85
Alberto
Marescotti
architetto
Comune di Padova
86
Giulia
Maroni
architetto
tecnico esperto in mobilità sostenibile – Città metropolitana di Bologna
87
Italo Roberto
Maroni
architetto
urbanista
88
Angelo
Martino
ingegnere
TRT Trasporti e Territorio – Milano
89
Silvia
Mazza
geografa
esperta mobilità sostenibile
90
Francesco
Mazza
ingegnere
AIRIS Srl – Ingegneria per l’ambiente – Modena
91
Eduardo
Missoni
medico
docente salute globale e sviluppo SDA Bocconi e Un.Milano Bicocca
92
Valerio
Montieri
architetto
libero professionista – Milano
93
Massimo G.
Moro
dottore in giurisprudenza
coordinatore Centro Studi FIAB
94
Danilo
Odetto
architetto
libero professionista – Torino
95
Jacopo
Ognibene
architetto
NET Engineering
96
Lorenzo
Pagliano
fisico
professore associato di Fisica dell’Edificio – Politecnico Milano
97
Federico
Parolotto
architetto
Ceo MIC-Mobility In Chain
98
Marco
Passigato
ingegnere
Coordinatore didattico corso EPMC – Esperto Promotore della Mobilità Ciclistica di UniVr
99
Carla
Poloniato
ingegnere
Funzionario Settore mobilità – Comune di Vicenza
100
Marco
Ponti
architetto economista
Responsabile di BRT onlus (Bridges Research Trust)
ex funzionario Direzione Trasorti e Mobilità Sostenibile – Regione Lombardia
105
Andrea
Remoto
geometra
libero professionista – Avigliana (TO)
106
Giulio
Rigotti
architetto
Coop.Arch G1 – Novara
107
Riccardo
Rocco
architetto
libero professionista. Presidente Commissione Paesaggio Comune di Sesto San Giovanni
108
Gianni
Rondinella
urbanista
professore di Pianificazione della mobilità, Università Europea di Madrid
109
Guido
Rossi
Ingegnere
Dottore di ricerca in ingegneria dei trasporti e libero professionista – Verona
110
Paolo
Ruffino
urbanista, economista
Consulente politiche di mobilità, trasporti e sviluppo territoriale
111
Nicola
Sacco
professore
Ordinario di Trasporti presso l’Università degli Studi di Genova
112
Ivan
Saracca
ingegnere
libero professionista – Busseto (PR)
113
Stefano
Sbardella
ingegnere
dirigente Comune di Brescia
114
Joerg
Schweizer
ingegnere
ricercatore e docente in Transport System Design and Planning presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali, Università di Bologna.
115
Francesco
Seneci
Ingegnere
CEO e Direttore Tecnico NetMobilitty srl
116
Giancarlo
Sgubbi
ingegnere
dirigente Unità intermedia Rete tram e piani e progetti per la mobilità sostenibile – Comune di Bologna
117
Marco
Stagni
ingegnere
libero professionista – Bologna
118
Claudia
Stanzani
architetto
pianificazione Territoriale e Urbanistica – Comune di Castelfranco Emilia
119
Chiara
Taiariol
ingegnere
META srl – Monza
120
Davide
Tessarollo
ingegnere
libero professionista Milano
121
Samuel
Tolentino
dottore in ingegneria
META srl – Monza
122
Luigi
Torriani
matematico
analista dei trasporti
123
Alessandro
Trevisan
architetto
libero professionista – Voghera
124
Claudio
Troisi
ingegnere
docente a contratto di Pianificazione dei Trasporti presso l’Università Telematica “Giustino Fortunato”
125
Stefano
Vaudagna
ingegnere
libero professionista – Ciriè (TO)
126
Luca
Velo
architetto
Ricercatore in Urbanistica IUAV Venezia
127
Lorenzo
Vignono
ingegnere
esperto mobilità ciclabile SERTEC – Lorenzè (TO)
128
Mario
Zambrini
esperto ambientale
direttore Ambiente Italia – Milano
129
Federico
Zanfi
architetto
professore associato DAStU – Politecnico Milano
130
Giulio
Zilli
Pianificatore territoriale
libero professionista – Milano
131
Alessio
Brancaccio
tecnico ambientale
Università degli Studi di L’Aquila
Bologna Città 30: nelle prime quattro settimane calano gli incidenti stradali
Bologna Città 30: i dati confermano il trend in atto sul calo di incidenti stradali, da quando sono entrati in vigore i controlli per far rispettare il limite generalizzato di 30 km/h in ambito urbano. Nelle prime quattro settimane di Città 30 (15 gennaio – 11 febbraio 2024), sulle strade urbane di Bologna si sono verificati in totale 186 incidenti, di cui 1 mortale, 122 incidenti con feriti (che hanno provocato 144 persone ferite), nessuno con feriti in prognosi riservata e 63 incidenti senza feriti.
Bologna Città 30: calano gli incidenti stradali
Nelle stesse settimane dell’anno scorso (16 gennaio – 12 febbraio 2023) gli incidenti erano stati in totale 221, di cui 3 mortali, 139 incidenti con feriti (che avevano provocato 178 persone ferite), 1 con ferito in prognosi riservata e 78 senza feriti. Lo riporta una nota del Comune Bologna.
Pedoni coinvolti ridotti di un quarto
In termini percentuali si tratta quindi di un calo del 15,8% degli incidenti totali, -12,2% di incidenti con feriti, -19,1% persone ferite, -19,2% di incidenti senza feriti, due incidenti mortali in meno (1 nel 2024 mentre erano 3 nel 2023) e un incidente con ferito in prognosi riservata in meno (0 nel 2024, 1 nel 2023). Da sottolineare inoltre il calo di pedoni coinvolti in incidenti che è del 25,6% (39 erano quelli coinvolti nel 2023, 29 nel 2024).
Il commento dell’assessora alla Mobilità
L’assessora alla Mobilità di Bologna Valentina Orioli commenta così i dati: “I numeri rilevati dalla Polizia locale in queste prime 4 settimane ci confermano che il trend continua ad essere positivo. Quello che appare chiaro è il calo degli incidenti più gravi e il calo delle persone ferite, che è più rilevante di quello di incidenti con feriti, a conferma del fatto che gli incidenti sono tendenzialmente meno gravi”.
E, prosegue: “Altro aspetto da sottolineare è la diminuzione di pedoni coinvolti, come del resto si è già verificato in tutte le città europee che hanno adottato questo provvedimento prima di noi. Per questo è importante continuare a rispettare i limiti e mantenere alta la guardia. Vorrei rivolgere un ringraziamento alla Polizia Locale, che sta facendo un ottimo lavoro di sensibilizzazione su questo, e a tutti i cittadini bolognesi, che stanno dimostrando ancora una volta senso civico e grande collaborazione. Un impegno fondamentale per salvare vite sulle strade”.
Fonte: Bike Italia
English translate
Bologna Città 30: road accidents drop in the first four weeks
Bologna Città 30: the data confirm the ongoing trend in the decline in road accidents since the controls to enforce the general limit of 30 km/h in urban areas came into force. In the first four weeks of Città 30 (15 January – 11 February 2024), a total of 186 accidents occurred on the urban roads of Bologna, of which 1 was fatal, 122 accidents with injuries (which caused 144 people to be injured), none with injuries with a reserved prognosis and 63 accidents without injuries.
Bologna Città 30: road accidents decrease
In the same weeks last year (16 January – 12 February 2023) there were a total of 221 accidents, of which 3 were fatal, 139 accidents with injuries (which had caused 178 injured people), 1 with an injured person with a guarded prognosis and 78 without wounded. This was reported in a note from the Bologna Municipality.
Pedestrians involved reduced by a quarter
In percentage terms, this is therefore a 15.8% drop in total accidents, -12.2% in accidents with injuries, -19.1% people injured, -19.2% in accidents without injuries, two fatal accidents in fewer (1 in 2024 while there were 3 in 2023) and one fewer accident with an injured person with a reserved prognosis (0 in 2024, 1 in 2023). Also worth highlighting is the drop in pedestrians involved in accidents which is 25.6% (39 were involved in 2023, 29 in 2024).
The comment of the Mobility councilor
Bologna’s Mobility Councilor Valentina Orioli comments on the data as follows: “The numbers recorded by the local police in these first 4 weeks confirm that the trend continues to be positive. What appears clear is the drop in the most serious accidents and the drop in injured people, which is more significant than that in accidents with injured people, confirming the fact that accidents tend to be less serious”.
And he continues: “Another aspect to underline is the decrease in pedestrians involved, as has already occurred in all European cities that have adopted this measure before us. This is why it is important to continue to respect limits and keep your guard up. I would like to thank the Local Police, who are doing an excellent job of raising awareness on this, and to all the citizens of Bologna, who are once again demonstrating civic sense and great collaboration. A fundamental commitment to saving lives on the roads.”
Source: Bike Italia
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università degli Studi di L’Aquila, membro della Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo e membro del movimento ambientalista Ultima Generazione A22 Network per contrastare il Riscaldamento Globale indotto artificialmente
Ah, l’Europa! Storia e cultura ricca di magia. Le magnifiche città europee attirano ogni anno milioni di turisti desiderosi di fare un viaggio bello e sicuro alla scoperta della magia che offre. Tuttavia, attenzione! Alcune città europee non sono così sicure come ci si potrebbe aspettare.
In questa galleria abbiamo stilato una classifica delle città più pericolose d’Europa in base al loro tasso di criminalità. Questi tassi di criminalità sono calcolati dividendo il numero di crimini denunciati per la popolazione totale. Il risultato viene poi moltiplicato per 100.000.
Potrebbe sorprendervi trovare alcune delle vostre città preferite (o quella in cui vivete!) in questa lista, ma se sono lì, c’è un buon motivo…
Siete curiosi? Allora cliccate qui!
Tolosa, nota per la sua industria aerospaziale, deve fare i conti con i problemi di sicurezza che le hanno fatto raggiungere un tasso di criminalità del 50,6. Prestate attenzione, specialmente nelle aree affollate e sui mezzi di trasporto pubblico, per evitare borseggi e furti mentre esplorate la città.
Barcellona, una popolare destinazione turistica, è teatro di crimini come scippi e truffe che hanno fatto salire il suo tasso di criminalità al 50,6. Evitate le zone sconosciute di notte, tenete d’occhio i vostri effetti personali e siate prudenti nei bar per evitare di essere drogati.
Rennes, una pittoresca città della Francia, ha dovuto affrontare un aumento della delinquenza, con un tasso di criminalità che è salito al 50,8. Fate attenzione ai borseggi e ai furti ed evitate le zone a rischio. Limitatevi ai luoghi ben illuminati e, se possibile, viaggiate in gruppo.
Torino deve fare i conti con i problemi di sicurezza, tra cui i borseggi, che hanno visto il suo tasso di criminalità salire al 51,9. Godetevi le attrazioni della città, ma rimanete vigili nelle aree affollate e sui mezzi pubblici.
Lille, un’incantevole città francese, deve affrontare problemi di sicurezza come i borseggi, con un tasso di criminalità del 52,2. State attenti, soprattutto nelle aree affollate, e proteggete i vostri oggetti di valore mentre esplorate questa incantevole destinazione.
Roma, una città ricca di storia, ha regolarmente a che fare con furti e scippi con un tasso di criminalità del 52,3%. Rimanete vigili, soprattutto nei siti turistici affollati come il Colosseo. Tenete al sicuro i vostri effetti personali, anche nelle camere d’albergo.
Dublino, la vivace capitale irlandese, deve far fronte a crescenti problemi di sicurezza, con un tasso di criminalità pari al 52,6. Tenete d’occhio i vostri effetti personali, soprattutto nelle aree affollate. Godetevi la cordiale ospitalità irlandese, pur prendendo le dovute precauzioni.
Minsk, con un tasso di criminalità del 52,6, è indubbiamente interessata dal fenomeno della criminalità. La città, tuttavia, pone l’accento sulla sicurezza. Bisogna comunque fare attenzione ai borseggi e agli scippi. Inoltre, fate attenzione agli automobilisti locali spericolati ed evitate di fotografare gli edifici statali.
Bilbao, nota per il suo Museo Guggenheim, deve fare i conti con una piaga criminale che ha visto il suo tasso di criminalità salire al 52,9. State attenti ai borseggi, soprattutto nelle zone turistiche. Godetevi la cultura basca salvaguardando i vostri effetti personali.
Salonicco, famosa destinazione per le vacanze al mare, deve affrontare problemi di microcriminalità e un tasso di criminalità in crescita del 53,8. Fate attenzione agli scippi e ai furti, soprattutto nelle zone affollate. Pianificate i vostri percorsi prima di avventurarvi in questa città.
Odessa, una città costiera, deve affrontare molteplici problemi di sicurezza che hanno portato a un tasso di criminalità del 53,9, tra cui borseggi e truffe.
Londra è generalmente sicura, ma presenta aree con tassi di criminalità più elevati (soprattutto di notte), il che ha portato al suo tasso di criminalità di 54,0. Fate attenzione ai furti e agli scippi. Evitate di uscire da soli dopo il tramonto.
Lione deve affrontare problemi di sicurezza con un tasso di criminalità del 54,2. Fate attenzione ai borseggi, soprattutto nelle zone affollate.
Dnipro ha qualche problema di sicurezza, con un tasso di criminalità del 54,2. Fate attenzione ai borseggi e alle truffe ed evitate i luoghi appartati di notte.
Bruxelles, città nota per la sua importanza politica, presenta aree ad alto tasso di delinquenza che hanno contribuito a farle raggiungere un tasso di criminalità del 54,2. Siate prudenti, soprattutto nei pressi dei luoghi turistici e degli snodi dei trasporti pubblici. Prestate attenzione a ciò che vi circonda, soprattutto di notte.
Manchester, una città vivace, ha dovuto affrontare numerose sfide in materia di sicurezza, dato che il suo tasso di criminalità è salito al 54,9. Rimanete in zone ben illuminate, evitate di girare da soli e tenete d’occhio i vostri effetti personali mentre vi godete le offerte culturali della città.
Anche la pittoresca città di Nizza deve fare i conti con la sicurezza, con un tasso di criminalità del 55,1. Fate attenzione ai borseggi, soprattutto nei luoghi affollati. Godetevi il fascino mediterraneo salvaguardando i vostri effetti personali.
Atene, la culla della civiltà occidentale, ha qualche problema di sicurezza, dato che il suo tasso di criminalità ha raggiunto il 55,9. Siate prudenti nelle aree affollate e state attenti ai borseggi. Esplorate i suoi tesori storici in tutta sicurezza.
Malmo, nonostante il suo aspetto pacifico, affronta le questioni legate alla sicurezza con un tasso di criminalità del 56,3. Possono verificarsi piccoli furti, borseggi e incidenti legati alle bande. Evitate le zone isolate di notte e rimanete vigili.
La Città della Luce presenta problemi di sicurezza, con un tasso di criminalità del 57,4, in particolare nelle zone turistiche come Montmartre e il Louvre. Fate attenzione ai borseggi e rimanete in zone ben illuminate, soprattutto di notte.
Nantes, una delle città più belle della Francia, affronta problemi di sicurezza, con un tasso di criminalità pari al 58,9. Siate prudenti in alcuni quartieri e state lontani dalle manifestazioni che possono diventare violente. Esplorate il suo fascino in tutta sicurezza.
Grenoble, immersa nelle Alpi francesi, è nota per le sue bellezze naturali. Tuttavia, è bene essere prudenti, poiché Grenoble ha un tasso di criminalità pari al 59,1. Godetevi le attività all’aperto e i paesaggi mozzafiato stando attenti a ciò che vi circonda.
Liegi, una città con un ricco patrimonio culturale, presenta un tasso di criminalità pari a 59,6. Prendete precauzioni, soprattutto di notte, per evitare potenziali rischi. Esplorate la sua storia e il suo fascino tenendo a mente la sicurezza.
Montpellier, nota per la sua architettura storica, non è immune dalla delinquenza, con un tasso di criminalità pari a 61,8. Borseggi e furti sono problemi comuni per i turisti. State attenti, soprattutto nei luoghi affollati, e godetevi la città in tutta sicurezza.
Napoli, con la sua ricca storia e la sua cucina, deve affrontare molti problemi di sicurezza, con un tasso di criminalità pari al 62,6. Fate attenzione ai borseggi, soprattutto nelle aree turistiche affollate.
Charleroi potrebbe non essere nel radar di tutti i turisti, ma è essenziale essere prudenti, poiché la città ha un tasso di criminalità del 62,9 circa. Come in molte città, possono verificarsi piccoli reati come i borseggi.
Coventry, nota per la sua storia e l’innovazione, registra un tasso di criminalità che necessita di attenzione, raggiungendo il 63,3. Per stare al sicuro, evitate le aree abbandonate di notte e tenete al sicuro i vostri effetti personali mentre esplorate questa città storica.
Con un tasso di criminalità del 63,5, Birmingham, la seconda città più grande d’Inghilterra, presenta una serie di problemi di sicurezza. Siate prudenti in alcuni quartieri, soprattutto di notte.
Catania deve far fronte a problemi di sicurezza con un tasso di criminalità del 64,2. Piccoli furti e borseggi sono comuni, soprattutto nelle aree affollate.
Con un tasso di criminalità del 64,5, Marsiglia, adagiata sulla costa mediterranea, è una città di contrasti. Se da un lato il suo splendido lungomare e la sua vibrante cultura attraggono i visitatori, dall’altro è anche nota per il suo alto tasso di criminalità. Siate prudenti, soprattutto in alcuni quartieri, e tenete al sicuro le vostre cose.
Call for abstracts for Velo-City 2024 Ghent is open! Next Velo-City conference will gather people interested in ways that cycling connects – places, people, industries and different modes of transport. Apply here: https://www.velo-city-conference.com/en/programme/call-for-abstracts/
Our members @dublincycling have turned 30 last week. Congratulations! As part of a national body @cyclistie, they have campaigned for decades to make cycling part of political decision-making. Read their press release.
Theme: ‘European Year of Skills’ with a focus on transport skills. Join ECF CEO, @JillWarrenECF, discussing cycling’s vital role in sustainable transport. Stay updated, register now!
@CivinetCYEL is innovating traffic safety with art! A Cities & Regions for Cyclists member in Athens, created a 30 meter mural to slow down cars and make protect road users.
Tomorrow at 10am, @EU_Commission will release the European Cycling Declaration! As a milestone policy proposal with 30+ recommendations to boost cycling in Europe, it’s a big win for ECF & @Cycling_Ind_EU Stay tuned for updates! #EuropeanCyclingDeclaration
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network
On 21 September 2023, the first-ever PATH (Partnership for Active Travel and Health) symposium brought together members of the coalition, a line up of expert speakers on active travel and an audience of walking and cycling advocates to exchange on how we can help confront the climate crisis. The online symposium was held from 14.00 – 16.30 UK time (BST). The symposium was an occasion to:
• Hear from high-level policy and decision makers who are leading the way on active travel.
• Learn about effective walking and cycling actions by PATH partners and supporters that are helping to reach the climate goals.
• Brief PATH partners and supporters on activities and upcoming reports.
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network
Aumentano le piste ciclabili in moltissime città del mondo come “antidoto” al coronavirus e al problema dell’inquinamento.
L’emergenza coronavirus ha spinto molte persone, residenti in città particolarmente affollate, a preferire la bicicletta ai mezzi pubblici, considerati più a rischio, per raggiungere il posto di lavoro o semplicemente il supermercato. Ma questo aumento del ciclismo “per necessità” ha messo in luce la scarsità di piste ciclabili.
Tant’è che numerose città, durante il lockdown, sono corse ai ripari: basti pensare a Bogotà che, secondo quanto riporta la BBC, ha introdotto circa 80 Km di piste ciclabili temporanee proprio per incentivare gli spostamenti su due ruote e ha chiuso temporaneamente 117 km di strade per le auto al fine di facilitare il ciclismo e le passeggiate.
O a Città del Messico, che è intenzionata a quadruplicare le piste ciclabili, e a Parigi, che sta costruendo 650 chilometri di nuove piste ciclabili destinate a diventare permanenti. Il motivo? Incentivare le persone a preferire la bici alle auto, visto che i mezzi pubblici probabilmente verranno evitati per paura del contagio.
Anche a Budapest sono state aperte nuove piste ciclabili temporanee e l’intenzione è di mantenerle anche dopo l’emergenza.
Secondo l’articolo della BBC, “a marzo l’uso dei sistemi di bike sharing è aumentato di circa il 150% a Pechino e del 67% a New York, dove il ciclismo sulle strade principali è aumentato del 52%.” Finanziamenti per piste ciclabili sono stati concessi ai governi della Nuova Zelanda e della Scozia, a Bruxelles si è deciso di trasformare l’intero nucleo cittadino in una zona prioritaria per ciclisti e pedoni, e in varie città come Brighton, Bogotá, Colonia, Vancouver e Sydney si è optato per la chiusura temporanea delle auto.
In Italia non siamo da meno, per fortuna: Roma ha approvato la costruzione di 150 chilometri di percorsi ciclabili temporanei e permanenti sulle strade principali della città e lungo altri percorsi chiave, a Milano sono in arrivo 23 km di nuove piste ciclabili, a Bologna si sta lavorando alla realizzazione della cosiddetta Bicipolitana, una metropolitana in bicicletta, a Torino ci saranno zone aperte solo alle bici e sono previsti, per la fase 2, gli incentivi per l’acquisto di bici e monopattini.
L’accademica statunitense Anne Lusk, sul British Medical Journal, ha sottolineato l’importanza delle infrastrutture ciclistiche, che rappresentano un vero e proprio investimento per il futuro del Pianeta, dell’economia e delle persone, anche dal punto di vista sanitario.
Preferire la bici all’auto è infatti un modo per contrastare l’inquinamento che tanti danni continua a fare, e che forse un ruolo chiave ce l’ha anche in materia coronavirus, come dimostrato da una ricerca di Harvard secondo la quale la letalità del COVID-19 aumenta dove l’aria è più inquinata.
Senza contare che camminare e andare in bicicletta sono considerate le modalità di spostamento più sicure per ridurre l’esposizione a COVID-19.
Insomma, la pandemia potrebbe essere l’occasione per cambiare rotta e iniziare, davvero, a privilegiare mezzi di trasporto più sostenibili come la bicicletta.
Dott. Alessio Brancaccio, tecnico ambientale Università di L’Aquila, membro partecipante ordinario Fondazione Michele Scarponi Onlus, ideologo ed attivista del movimento ambientalista italiano Ultima Generazione A22 Network
Bruxelles, in 50mila alla manifestazione no vax contro le restrizioni anti Covid: scontri e assalto alle sedi Ue. 70 arresti e 15 in ospedale
È stata un’altra domenica di proteste contro le misure sanitarie e scontri con la polizia a Bruxelles: una manifestazione organizzata nella capitale belga ha coinvolto circa 50mila persone, alcune delle quali sono venute a contatto con gli agenti: lanci di oggetti, fumogeni e cariche per buona parte del pomeriggio. Il bilancio, provvisorio, parla di 70 arresti e decine di feriti. La manifestazione era organizzata da tempo e comprendeva diversi movimenti critici verso le misure sanitarie introdotte dal governo federale belga. Non è la prima del suo genere: nella città, sede delle principali istituzioni dell’Ue, si svolgono proteste di questo tipo ogni domenica dallo scorso autunno.
Bruxelles, in 50mila alla manifestazione no vax contro le restrizioni anti Covid: scontri e assalto alle sedi Ue. 70 arresti e 15 in ospedale
È stata un’altra domenica di proteste contro le misure sanitarie e scontri con la polizia a Bruxelles: una manifestazione organizzata nella capitale belga ha coinvolto circa 50mila persone, alcune delle quali sono venute a contatto con gli agenti: lanci di oggetti, fumogeni e cariche per buona parte del pomeriggio. Il bilancio, provvisorio, parla di 70 arresti e decine di feriti. La manifestazione era organizzata da tempo e comprendeva diversi movimenti critici verso le misure sanitarie introdotte dal governo federale belga. Non è la prima del suo genere: nella città, sede delle principali istituzioni dell’Ue, si svolgono proteste di questo tipo ogni domenica dallo scorso autunno.
Bruxelles, violenze e scene di guerriglia urbana alla manifestazione contro le restrizioni anti-Covid19.
In questo caso, però, hanno aderito anche organizzazioni straniere, come World Wide Demonstration for Freedom e Europeans United for Freedom. Lungo il corteo, partito intorno alle 11 dalla Stazione Nord di Bruxelles, si vedevano bandiere di numerosi Paesi europei e diversi manifestanti sono arrivati dall’estero. Un partecipante svizzero, intervistato dalla tv belga LN24, ha spiegato che l’obiettivo della protesta era la “riconquista della libertà”, sottratta dai governi. Numerosi gli striscioni contro l’attuale Primo ministro Alexander De Croo e il pass sanitaire, l’equivalente del green pass italiano, che in Belgio è necessario per accedere a bar, ristoranti ed eventi pubblici.
Le attuali misure in vigore sono “un ricattoper costringere la popolazione a vaccinarsi”, secondo una delle partecipanti. La manifestazione si è svolta inizialmente in modo pacifico per la maggior parte della giornata: nel punto d’arrivo del corteo, il Parco del Cinquantenario, era stato allestito un palco, dove erano previsti gli interventi dei rappresentanti delle organizzazioni coinvolte. Appena terminati i discorsi, intorno all’una, la polizia ha cercato di disperdere i manifestanti, circa 50mila in totale secondo le cifre fornite dalle autorità. A questo punto, nella strada che collega l’ingresso del parco alla rotonda Schuman, sede della Commissione europea, sono cominciati i primi scontri. Alcune persone hanno cominciato a scagliare contro gli agenti sassi, mattoni e altri oggetti conducenti. La polizia ha risposto utilizzando i lacrimogeni: la situazione è rapidamente degenerata e i manifestanti hanno danneggiato veicoli ed edifici vicini, tra cui anche il palazzo che ospita l’Eaas, il Servizio europeo per l’azione esterna.
Lo stesso Josep Borrell ha pubblicato su Twitter la foto di un vetro in frantumi nell’edificio: “Condanniamo fermamente l’insensata distruzione e la violenza alla manifestazione di oggi”, scrive l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri. “I manifestanti gridavano ‘liberté, liberté’, mentre gli altoparlanti della polizia chiedevano ai presenti di disperdersi”, racconta a Il Fatto un testimone oculare. Verso le 17, la polizia in assetto anti-sommossa è riuscita a sgomberare l’ingresso del parco, ma gli scontri sono continuati nelle vie laterali. Diversi veicoli delle forze dell’ordine sono stati oggetto di sassaiole e i manifestanti hanno incendiato bidoni della spazzatura e provato a erigere barricate nelle strade della zona. I video presenti in rete mostrano roghi, vetrine distrutte e staccionate divelte. L’ordine è stato ristabilito completamente soltanto dopo il tramonto, grazie a un massiccio intervento delle forze dell’ordine in assetto anti-sommossa, che con lacrimogeni e cannoni ad acqua hanno disperso gli ultimi presenti. Una settantina di persone sono state arrestate, secondo quanto indica un comunicato della polizia di Bruxelles diramato in serata. Tre agenti di polizia e 12 manifestanti sono stati portati in ospedale: nessuno di loro è in pericolo di vita.
Bruxelles, scontri tra polizia e no vax (che arrivavano da tutta Europa)
di Redazione Online
Decine di migliaia di manifestanti, alcuni dei quali provenienti da Francia, Germania e altri Paesi europei, sono scesi in piazza a Bruxelles: la polizia ha usato lacrimogeni
Decine di migliaia di persone — 50 mila, secondo fonti di polizia citate dal quotidiano Le Soirsono scese in piazza oggi a Bruxelles per protestare contro le restrizioni sanitarie contro la pandemia di Covid19. Ci sono stati violenti scontri tra manifestanti e la polizia, sullo sfondo delle principali sedi delle organizzazioni dell’Unione europea.
Alcuni manifestanti hanno tirato oggetti contro gli agenti, che hanno risposto con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni, strumenti deliberati di repressione delle masse popolari opportunamente collaudati da anni. Alcuni veicoli ed edifici hanno subito danni.
A segnare un elemento di novità destinato a preoccupare le forze dell’ordine in diversi Paesi europei è il fatto che a manifestare — all’urlo di «Libertà» e «Questa non è una pandemia, è una dittatura» — sono stati manifestanti appartenenti al movimento no Green Pass provenienti non solo dal Belgio, ma anche da Francia e Germania e Portogallo. In manifestazione erano visibili anche bandiere olandesi, polacche o rumene.
Manifestazioni si sono tenute nella giornata di domenica anche a Barcellona in Spagna.
Alcuni manifestanti hanno anche colpito reporter della Associated Press, picchiandoli, minacciandoli e danneggiando le loro attrezzature video.
Pochi tra i no vax in piazza — sia a Bruxelles, sia a Barcellona — indossavano mascherine (che sono obbligatorie, all’aperto, in Spagna).
Da diverse settimane nella capitale belga si svolgono manifestazioni contro il green pass, necessario per accedere a ristoranti ed eventi culturali in particolare. Gli organizzatori, tra cui il movimento World Wide Demonstration for Freedom e Europeans United for Freedom, hanno invitato manifestanti di altri Paesi europei a partecipare questa domenica.
La manifestazione arriva in un momento in cui in diversi Paesi dell’Europa occidentale i contagi derivanti dalla variante Omicron sono in calo. La nuova variante — che sembra, al momento, causare sintomi meno severi — è ora dominante nell’Unione europea.
Il Belgio ha registrato un aumento dei casi giornalieri di oltre 60.000 la scorsa settimana.
Bruxelles, violenti scontri alla manifestazione no Green pass
Si è conclusa con scontri tra forze dell’ordine e dimostranti la protesta contro le restrizioni sanitarie che, secondo le forze dell’ordine, ha raccolto stamane a Bruxelles circa 50 mila persone. Giunti nei pressi della sede dell’Unione Europea sono iniziate le violenze, con lancio di oggetti contro la polizia che ha risposto con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. Alcuni veicoli ed edifici hanno subito danni. I dimostranti portavano striscioni che criticavano i governi, la vaccinazione o il certificato COVID digitale e la maggior parte di loro non indossava la mascherina.
Expanding #Freedom and #Democracy Freedom House is founded on the core conviction that freedom flourishes in democratic #nations where #governments are accountable to their #people.
Freedom House si fonda sulla convinzione fondamentale che la libertà fiorisca nelle #nazioni democratiche in cui i #governi sono responsabili nei confronti del loro #popolo.
Cari amici ed amiche simpatizzanti ed appassionati di mobilità sostenibile, desidero sottoporre alla vostra sempre gradita e gentile attenzione, alcune metodiche utilizzate dagli olandesi di Dutch Urban Index (DUI) per migliorare la qualità della vita delle loro comunità nelle città, ottimizzando gli spazi urbani e tenendo conto la logica della Democrazia dello Spazio, lo spazio in cui ci si rende visibili: https://www.casadellacultura.it/795/lo-spazio-in-cui-ci-si-rende-visibili- concetto assai chiaro e tenuto sempre in forte considerazione dalla Federazione Ciclistica Europea, la European Cyclists Federation di Bruxelles in Belgio, https://ecf.com concetto che però stenta ancora a decollare dall’essere preso in considerazione nel nostro Bel Paese. Vi mostro qui di seguito dei tweet che ho ritenuto veramente interessanti e ve ne consiglio la lettura per comprendere meglio come potremmo riapplicare questi concetti anche in Italia, magari quando il Governo Italiano deciderà di essere meno complice delle politiche portate avanti dalle multinazionali che sfruttano le energie non rinnovabili e cominciare a prendere seriamente in considerazione lo sfruttamento delle energie rinnovabili, in Italia sarebbe opportuno sviluppare l’energia solare dato che il sole non manca mai, specialmente al Sud come anche il geotermico sempre a Sud Italia per la presenza di vulcani come il Vesuvio, i Campi Flegrei e l’Etna meno l’eolico, soltanto in quelle zone dove vi è maggiore indice di ventosità, mentre nel Nord Italia andrebbe sviluppato soprattutto l’eolico ed il solare.
Ecco a voi i tweet di Dutch Urban Index in cui mi sono imbattuto e consigliati da Bikeitalia.it
E in Italia cosa prevede il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato dal Presidente del Consiglio ancora una volta non eletto dal Popolo, Mario Draghi, in merito allo sviluppo delle piste ciclabili e della mobilità sostenibile in bicicletta? Poco e niente, come al solito, dei 240 miliardi di euro che dovrebbero arrivare a breve dalla Comunità Europea, se arriveranno perché c’è anche questo discorso ulteriore da fare: un conto è stanziare dei soldi e farli arrivare a destinazione dove servono, un conto è stanziarli e tenerseli per sé per paura del modo in cui poi vengono gestiti dagli amministratori italiani ladri, non penso sia proprio uguale!